Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Finanziaria 2008 A.C. 3256-A Schede di lettura (articoli 9bis - 60ter) Tomo II
Riferimenti:
AC n. 3256/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 292    Progressivo: 7
Data: 11/12/2007
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS n. 1817/XV     


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Finanziaria 2008
A.C. 3256-A

Schede di lettura

(articoli 9-bis – 60-ter)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 292/7

Tomo II

 

11 dicembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le schede sulle procedure di contenzioso in sede comunitaria sono state redatte a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica

 

 

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File: ID0018s2.doc

 


I N D I C E

 

Tomo II

Schede di lettura (articoli 9-bis – 60-ter)

§      Articolo 9-bis (Misure a favore dei consumatori in materia di prodotti energetici)3

§      Articolo 10 (Trasporto pubblico locale)........................................................... 7

§      Articolo 10-bis, commi 1-8 (Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali).......................................................................................... 25

§      Articolo 10-bis, comma 9 (Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali)................................................................................................ 32

§      Articolo 11 (Fondo per la mobilità alternativa nei centri storici)................... 36

§      Articolo 11-bis (Recupero dei centri storici)................................................. 39

§      Articolo 12 (Incentivazioni fiscali per il cinema)........................................... 41

§      Articolo 13 (Attribuzione di funzioni alla Agenzia delle entrate e dichiarazione sostitutiva unica)  58

§      Articolo 14, commi 1-3, 10-12 (Assunzioni di personale per il potenziamento dell’attività dell’amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali)............... 68

§      Articolo 14, comma 3-bis (Potenziamento dell’attività dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione)........................................................................... 78

§      Articolo 14, comma 4 (Contrasto all’immigrazione clandestina).................. 80

§      Articolo 14, commi 5-9 (Disposizioni in materia di potenziamento dell’attività di accertamento, ispettive e di controllo dell’Amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario)......................................................... 82

§      Articolo 14, commi 12-bis – 12-decies (Disposizioni in materia di potenziamento dell’attività di accertamento, ispettive e di controllo dell’Amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario)............................. 91

§      Articolo 15, commi 1-7 (Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Disposizioni concernenti l’applicabilità del regime speciale opzionale alle società di investimento immobiliare quotate.)........ 97

§      Articolo 15, comma 7-bis (Società di investimento immobiliare quotate). 102

§      Articolo 16 (Indennità membri Parlamento)............................................... 107

§      Articolo 17 (Norme sulla formazione e composizione del Governo)......... 113

§      Articolo 18 (Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo)    124

§      Articolo 19, comma 1 (Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali)127

§      Articolo 19 comma 2 (Patto di stabilità Regione Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano e Università non statali di Aosta e Bolzano)................................................. 141

§      Articolo 20 (Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari sottoscritti dagli enti territoriali)144

§      Articolo 21 (Saldo finanziario ai fini del patto di stabilità interno)................ 155

§      Articolo 22 (Esclusione del patto di stabilità interno per gli enti commissariati)     157

§      Articolo 23 (Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio)  159

§      Articolo 24, comma 1 (Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2008)     163

§      Articolo 24 comma 2 (Compartecipazione delle province al gettito IRPEF)168

§      Articolo 24 comma 2 bis (Esclusione di restituzioni di somme versate a fini ICI)171

§      Articolo 24, comma 2-ter (Disposizioni finanziarie per la regione Friuli-Venezia Giulia)173

§      Articolo 24, comma 3 (Soppressione norme sulla riqualificazione urbana)175

§      Articolo 24, comma 4 (Pubbliche affissioni)............................................... 177

§      Articolo 24, comma 5 (Utilizzo dei proventi delle concessioni e delle sanzioni in materia edilizia)    180

§      Articolo 24, comma 5-bis (Disposizioni varie per gli enti locali – Fondo delle entrate erariali per prestazioni di servizi non commerciali degli enti locali territoriali )............. 181

§      Articolo 24, comma 5-ter (Finanziamenti a favore dei piccoli comuni)...... 183

§      Articolo 24, comma 5-quater (Contributo ai comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE)  184

§      Articolo 24, comma 5-quinquies (Uffici unici di avvocatura degli enti locali)186

§      Articolo 24, comma 5-sexies (Utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti)........................................................................................................ 188

§      Articolo 24, comma 5-septies (Destinazione dei contributi residui per le alluvioni del 1994)   190

§      Articolo 24, comma 5-octies (Trasferimento ai comuni degli alloggi per i profughi)   192

§      Articolo 25 (Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)195

§      Articolo 26 (Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali).................................. 206

§      Articolo 27, commi 1 e 2 (Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).............................................................................. 236

§      Articolo 27, commi 2-bis-2-quinquies (Norme sui Consorzi di bonifica)... 238

§      Articolo 27, comma 3 (Rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali).. 242

§      Articolo 27, comma 3-bis (Proroga della disciplina transitoria per le discariche dei rifiuti)  247

§      Articolo 27-bis (Modifiche alla disciplina dei conti intrattenuti dal Tesoro per la gestione delle disponibilità liquide)..................................................................................... 249

§      Articolo 28, comma 1 (Fondo nazionale per la montagna)........................ 252

§      Articolo 28, commi 2-4 (Fondo di sviluppo delle isole minori)................... 254

§      Articolo 28, comma 4-bis (Integrazione del Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a statuto speciale)......................................................................................... 258

§      Articolo 28, comma 4-ter (Ente italiano montagna)................................... 261

§      Articolo 29, commi 1-4 (Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria)263

§      Articolo 29, comma 4-bis  (Modifiche al decreto-legge sull’emergenza rifiuti in Campania)    269

§      Articolo 30 (Condizioni di accesso al Fondo transitorio per i disavanzi regionali)  270

§      Articolo 30-bis (Ripartizione delle risorse rivenienti dalle riduzioni di cui all’articolo 1, comma 320, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.)...................................................... 273

§      Articolo 31 (Razionalizzazione degli organici e del personale utilizzato dagli uffici locali all’estero)   277

§      Articolo 32 (Organizzazione del vertice «G8» in Italia ed altri adempimenti internazionali)291

§      Articolo 33 (Collettività italiane all’estero)................................................... 300

§      Articolo 34, commi 1-4 (Sviluppo professionale delle Forze armate)........ 303

§      Articolo 34, commi 4-bis-4-quater (Nucleo operativo del corpo forestale dello Stato di tutela ambientale)................................................................................................. 308

§      Articolo 35 (Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari)........................................................ 311

§      Articolo 36 (Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica).................................................. 316

§      Articolo 37 (Misure in favore della giustizia minorile)................................. 321

§      Articolo 37-bis (Norme per il finanziamento dell’OIC, dell’IASB e dell’EFRAG)     323

§      Articolo 38 (Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)327

§      Articolo 39 (Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)....... 330

§      Articolo 40 (Sicurezza della navigazione)................................................... 334

§      Articolo 41 (Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica)..................................................................................................... 336

§      Articolo 41-bis (Istituzione del Fondo per la legalità).................................. 338

§      Articolo 41-ter (Benefici in favore delle vittime della criminalità organizzata e del dovere)  342

§      Articolo 41-quater (Modifiche alla legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice)......................................................................... 349

§      Articolo 42, commi 1-3 e 3-quater - 3-octies (Disposizioni in materia di protezione civile)  362

§      Articolo 42, commi 3-bis-commi 3-ter (Definizione automatica debiti tributari e previdenziali degli enti operanti nel settore sanitario e aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia)..... 373

§      Articolo 42, commi 3-novies e 3-decies (Interventi per contrastare gli incendi boschivi)    377

§      Articolo 42, commi 3-undecies e 3-duodecies (Modifica alla disciplina in materia di ammortizzatori sociali per particolari categorie di lavoratori).............................................. 381

§      Articolo 42-bis (Interventi a favore di zone colpite da eccezionali eventi alluvionali)  385

§      Articolo 43 (Pesca e vittime del mare)....................................................... 387

§      Articolo 44 (Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia).................................................................................... 391

§      Articolo 45 (Rafforzamento della filiera agroenergetica)............................ 394

§      Articolo 46 (Interventi per il settore dell’apicoltura)..................................... 396

§      Articolo 47 (Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)...................................................................................... 398

§      Articolo 48 (Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto dei prodotti alle fasce sociali di disagio. Contributo per l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare)     401

§      Articolo 49 (Interventi nel settore dell’irrigazione)....................................... 407

§      Articolo 49-bis (Sviluppo della multifunzionalità nel settore agroforestale)411

§      Articolo 49-ter (Interventi in favore delle aziende siciliane colpite da plasmopara viticola)  413

§      Articolo 50, commi 1-3 (Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)........... 417

§      Articolo 50, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater (Biodiesel)............................... 422

§      Articolo 51 (Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica)......................................................................................... 426

§      Articolo 52 (Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili)  430

§      Articolo 53 (Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)447

§      Articolo 53-bis (Misure per il contenimento delle emissioni di CO2)......... 458

§      Articolo 54 (Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili)462

§      Articolo 55 (Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni in materia di fonti rinnovabili)  467

§      Articolo 56 (Impianti fotovoltaici)................................................................ 472

§      Articolo 56-bis (Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas).................................................................................. 476

§      Articolo 56-ter (Istituzione del Fondo per Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile)........................................................................................... 484

§      Articolo 56-quater (Istituzione di fondi per l’agricoltura esente da organismi geneticamente modificati e nel campo delle biotecnologie)................................................................ 486

§      Articolo 57 (Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre)................................................................. 488

§      Articolo 58 (Sostegno all’imprenditoria femminile)..................................... 496

§      Articolo 58-bis (Modifica al comma 842 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296)500

§      Articolo 59 (Comitato nazionale italiano per il microcredito)...................... 502

§      Articolo 60 (Disposizioni in materia di autoimprenditorialità)...................... 505

§      Articolo 60-bis (Misure per la crescita della competitività dell’offerta del sistema turistico nazionale)511

§      Articolo 60-ter (Misure urgenti per la tutela dei consumatori in materia di prezzi)516


Schede di lettura
(articoli 9-bis – 60-ter)


 

Articolo 9-bis
(Misure a favore dei consumatori in materia di prodotti energetici)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 9-bis.

(Misure a favore dei consumatori in materia di prodotti energetici).

 

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai fini della tutela del cittadino consumatore, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, le misure delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili, stabilite dal testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, sono diminuite al fine di compensare le maggiori entrate dell'imposta sul valore aggiunto derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale, espresso in euro, del petrolio greggio.

 

2. Il decreto di cui al comma 1 può essere adottato, con cadenza trimestrale, se il prezzo di cui al medesimo comma aumenta in misura pari o superiore, sulla media del periodo, a due punti percentuali rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nel Documento di programmazione economico-finan­ziaria; il medesimo decreto non può essere adottato ove, nella media del semestre precedente, si verifichi una diminuzione del prezzo, determinato ai sensi del comma 1, rispetto a quello indicato nel Documento di programmazione economico-finanziar­ia. Il decreto di cui al comma 1 può essere adottato al fine di variare le aliquote di accisa, qualora il prezzo di cui al comma 1 abbia una diminuzione rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nel Documento di programmazione econo­mico-finanziaria.

 

3. Il decreto di cui al comma 1, da cui non devono in ogni caso derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, assicura che le eventuali variazioni di aliquote siano effettuate nel rispetto della normativa comunitaria in materia di livelli minimi delle accise.

 

4. La compensazione degli effetti derivanti dalle variazioni del prezzo di cui al comma 1, disposta ai sensi del presente articolo, non si applica nei settori per i quali è vigente un regime di accisa agevolato.

 

5. In sede di prima applicazione, il decreto di cui al comma 1 è adottato qualora le condizioni di cui al comma 2 ricorrano entro il 28 febbraio 2008.

 

 

L’articolo 9-bis, introdotto dalla Commissione bilancio della Camera, reca disposizioni fiscali dirette a sterilizzare gli effetti del maggior gettito IVA dovuto all’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi mediante la riduzione della misura dell’aliquota di accisa sui carburanti.

 

Le imposte che colpiscono benzina e gasolio per autotrazione sono:

-        l’accisa, il cui ammontare è determinato in base alla quantità ed è indipendente dal costo. L’aliquota vigente per la benzina senza piombo è di 564 euro per mille litri, mentre per il gasolio per autotrazione è di 423 euro per mille litri[1];

-        l’IVA, il cui ammontare è proporzionale al costo ed è determinato applicando l’aliquota ordinaria del 20% alla somma dell’accisa e del prezzo industriale.

 

Il comma 2 dispone che, in presenza di una crescita dei prezzi petroliferi superiore al 2% rispetto al valore del petrolio indicato nel Documento di programmazione economico finanziaria, le misure delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili sono ridotte al fine di compensare il maggiore gettito IVA dovuto all’incremento dei prezzi dei prodotti petroliferi.

A titolo esemplificativo, si illustra la ricomposizione del gettito Iva e accise sul prezzo della benzina in grado di garantire l’invarianza del relativo gettito fiscale, ipotizzando un incremento del costo di acquisto del 20% (senza tenere conto del parametro del 2% rispetto al prezzo indicato nel DPEF) e mantenendo invariate, per semplicità di simulazione, le altre componenti quali il trasporto, la produzione, ecc.

 

 

Prezzo base

Prezzo variato normativa vigente

Prezzo variato normativa proposta

Costo acquisto e produzione

567

680

680

Accisa (per mille litri)

564

564

545

Totale imponibile

1.131

1.244

1.225

IVA 20%

226

249

245

Prezzo alla pompa

1.357

1.493

1.470

Effetto fiscale (IVA + accise)

790

813

790

 

Il meccanismo consente, da un lato, di trasferire sul prezzo finale il solo incremento dei costi di acquisto (pari a 113 euro) e, dall’altro lato, non comporta effetti finanziari in termini di gettito fiscale provvedendo, a parità di gettito complessivo, ad una ricomposizione della quota Iva e della accisa.

 

La variazione della misura delle aliquote di accisa è determinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Tale decreto:

§      può essere adottato, per ridurre le accise, se il prezzo dei prodotti petroliferi usati come carburanti aumenta in misura non inferiore al 2 per cento rispetto al valore indicato nell’ultimo Documento di Programmazione economico-finanziaria. In tal caso, il decreto determinerà una riduzione di accisa in misura tale da assicurare la compensazione finanziaria del relativo minor gettito con la maggiore IVA;

§      non può essere adottato, per ridurre le accise, se il valore medio del semestre precedente registra una riduzione rispetto a quello indicato nel DPEF.

Tale precisazione sembrerebbe diretta a garantire la neutralità in termini di gettito fiscale della norma anche nell’ipotesi in cui, pur registrandosi un incremento nell’ultimo trimestre di riferimento si rileva, in un arco di tempo più ampio (il semestre) una riduzione del prezzo. Tale situazione, infatti, non assicura la presenza di un maggiore gettito IVA, rispetto alle previsioni delle entrate, in grado di garantire l’invarianza del gettito fiscale;

§      può essere adottato, per variare la misura delle accise, qualora il prezzo del petrolio registri una riduzione rispetto al valore indicato nel DPEF.

Questa ipotesi, che si basa su un andamento decrescente dei prezzi petroliferi, sembrerebbe diretta a salvaguardare, in ogni caso, la possibilità di intervenire sulle misure delle aliquote di accise, aumentandole o diminuendole, per motivi non necessariamente legati all’andamento dei prezzi petroliferi.

 

Il comma 5 stabilisce che il primo decreto di variazione, qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 2 dovrà essere emanato, in sede di prima applicazione, entro il 28 febbraio 2008.

 

Ai sensi del comma 3 si stabilisce che dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze non devono derivare, in ogni caso, nuovi o maggiori oneri per lo Stato. Tale decreto, inoltre, deve assicurare la compatibilità delle misure introdotte con quelle previste a livello comunitario.

 

La direttiva n. 2003/96/CE individua il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità. In particolare, fatte salve le disposizioni che autorizzano specifiche agevolazioni ed esenzioni, stabilisce nell’Allegato I i livelli minimi di imposizione relativi ai carburanti per motori e ai combustibili per riscaldamento ed elettricità come illustrati nelle seguenti tabelle (valori in euro).

Tabella A – carburanti per motori

 

1° gen 2004

1° gen 2010

Benzina (per mille litri)

359

359

Gasolio (per mille litri)

302

330

Cherosene (per mille litri)

302

330

GPL (per mille kg)

125

125

Gas naturale (per gigajoule, potere calorifico superiore)

2,6

2,6

 

Tabella C – combustibili per riscaldamento e elettricità

 

Imprese

Non imprese

Gasolio (per mille litri)

21

21

Olio combustibile pesante (per mille kg)

15

15

Cherosene (per mille litri)

0

0

GPL (per mille kg)

0

0

Gas naturale (per gigajoule, potere calorifico superiore)

0,15

0,3

Carbone e coke (per gigajoule)

0,15

0,3

Elettricità (per MWh)

0,5

1,0

 

Ai sensi del comma 4 la compensazione degli effetti fiscali in argomento non si applica ai settori per i quali è vigente un regime di accisa agevolato.


 

Articolo 10
(Trasporto pubblico locale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 10.

(Trasporto pubblico locale).

Art. 10.

(Trasporto pubblico locale).

1. Al fine di promuovere lo sviluppo del trasporto pubblico locale, nella prospettiva del processo di riforma del settore, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo di 500 milioni di euro per l'anno 2008.

1. Al fine di promuovere lo sviluppo dei servizi del trasporto pubblico locale, di attuare il processo di riforma del settore e di garantire le risorse necessarie per il mantenimento dell'attuale livello dei servizi, incluso il recupero dell'inflazione degli anni precedenti, alle regioni a statuto ordinario è riconosciuta la comparteci-pazione al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione.

2. La disponibilità del fondo di cui al comma 1 è destinata per 220 milioni di euro all'adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni al fine di garantire l'attuale livello dei servizi, ivi incluso il recupero dell'inflazione, per 150 milioni di euro per le finalità di cui al comma 1031 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per 130 milioni di euro per il finanziamento dell'articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211.

2. La compartecipazione di cui al comma 1 è attribuita mensilmente a ciascuna regione, per gli anni 2008-2010, nella misura complessiva indicata nella tabella 01 allegata alla presente legge. A decorrere dall'anno 2011 le quote di compartecipazione di ciascuna regione a statuto ordinario restano determinate nella misura stabilita per lo stesso anno 2011 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in modo tale che le stesse, applicate ai volumi di gasolio impiegato come carburante per autotrazione erogati nell'anno 2010 in ciascuna regione, consentano di corrispondere l'importo complessivo come nella citata tabella 01 allegata alla presente legge e quello individuato, a decorrere dall'anno 2011, in base al comma 8. Con lo stesso decreto sono individuate le modalità di trasferimento delle somme spettanti alle singole regioni. Nelle more dell'emanazione del decreto continuano ad essere attribuite a ciascuna regione, a titolo di acconto, le predette mensilità.

3. Le risorse per l'adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni sono ripartite con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

3. La compartecipazione di cui al comma 2 sostituisce e, a decorrere dall'anno 2011, integra le seguenti risorse:

    a) compensazione della minore entrata registrata relativamente alla compartecipazione dell'accisa sul gasolio di cui all'articolo 3, comma 12-bis, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 per un importo annuo pari a 254,9 milioni di euro;

 

    b) trasferimenti di cui agli articoli 8 e 20 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni, per un importo annuo pari a 670,5 milioni di euro;

 

    c) compensazione della riduzione dell'accisa sulla benzina non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche di cui all'articolo 1, comma 58, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, per un importo annuo pari a 342,5 milioni di euro;

 

    d) trasferimenti per i rinnovi dei contratti di lavoro relativi al settore del trasporto pubblico locale di cui all'articolo 23 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, e all'articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per un importo annuo pari a 480,2 milioni di euro.

4. Al Ministero dei trasporti è altresì destinata una quota pari a 4 milioni di euro a decorrere dal 2008 per la riattivazione, in via d'urgenza, dei lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti in relazione all'apertura di procedimenti tesi a riesaminare le procedure contrattuali da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee.

4. A decorrere dall'anno 2008, al fine di adeguare le risorse destinate ai servizi di trasporto pubblico locale, comprese quelle di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni, è attribuita alle regioni a statuto ordinario una quota dell'accisa sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione, ulteriore rispetto a quella prevista ai sensi del comma 2 del presente articolo, determinata nella misura di 0,00860 euro per l'anno 2008, di 0,00893 euro per l'anno 2009 e di 0,00920 euro a partire dall'anno 2010 per ogni litro di gasolio erogato nei rispettivi territori regionali.

 

5. L'ammontare della quota di compartecipazione di cui al comma 4 è versato direttamente dai soggetti obbligati al pagamento dell'accisa e riversato dalla struttura di gestione in apposito conto corrente aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato. La ripartizione tra le regioni a statuto ordinario delle somme ad esse spettanti ai sensi del comma 4 è effettuata sulla base dei quantitativi di gasolio erogati nell'anno precedente dagli impianti di distribuzione di carburanti, come risultanti dai registri di carico e scarico previsti dall'articolo 25, comma 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. A decorrere dalla ripartizione relativa all'anno 2011, le somme spettanti alle regioni a statuto ordinario ai sensi del comma 4 possono essere rideterminate sulla base dei criteri di commisurazione, da stabilire con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, finalizzati a valutare lo stato di adozione e di applicazione, da parte delle regioni, di quanto stabilito dagli articoli 14, 16, 17, 18 e 19 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e di quelle contenute nel presente comma.

 

 

6. È istituito presso il Ministero dei trasporti l'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, cui partecipano i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali, al fine di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico correlati a quelle regionali e di assicurare la verifica dell'andamento del settore e del completamento del processo di riforma. Per il funzionamento dell'Osservatorio è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008. Con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definiti i criteri e le modalità di monitoraggio delle risorse destinate al settore e dei relativi servizi, ivi comprese quelle relative agli enti locali, nonché le modalità di funzionamento dell'Osservatorio. L'Osservatorio presenta annualmente un rapporto sullo stato del trasporto pubblico locale alle competenti Commissioni parlamentari.

 

7. A decorrere dall'anno 2008 non può essere previsto alcun trasferimento aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato finalizzato al finanziamento delle spese correnti del settore, ivi compresi gli oneri per i rinnovi contrattuali degli addetti al comparto successivi alla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni a statuto ordinario riversano le risorse destinate agli enti locali entro quattro mesi dalla data della loro acquisizione, ferma restando la possibilità di adottare una modalità di versamento di maggior favore per gli stessi enti locali.

 

8. Le risorse per i servizi di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, continuano ad essere corrisposte sino a tutto l'anno 2010. Dall'anno 2011 si provvede alla loro sostituzione adeguando le misure della compartecipazione di cui al comma 2; a tal fine, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei trasporti e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro il 15 febbraio 2010, è individuata la somma spettante a ciascuna regione a statuto ordinario, di cui tenere conto ai fini dell'emanazione del decreto di cui al comma 2.

 

9. Nelle more di un'organica riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, è esteso al settore del trasporto pubblico locale il sistema previsto dall'articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato.

 

10. Per promuovere lo sviluppo economico e rimuovere gli squilibri economico-sociali è istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, il Fondo per la promozione e il sostegno dello sviluppo del trasporto pubblico locale, con una dotazione di 113 milioni di euro per l'anno 2008, di 130 milioni di euro per l'anno 2009 e di 110 milioni di euro per l'anno 2010. Per gli anni successivi, al finanziamento del Fondo si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Le risorse del Fondo sono destinate alle finalità di cui all'articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dal comma 12 del presente articolo, e di cui all'articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, con le procedure e le modalità previste da tali disposizioni. Gli interventi finanziati, ai sensi e con le modalità della legge 26 febbraio 1992, n. 211, con le risorse di cui al presente comma, individuati con decreto del Ministro dei trasporti, sono destinati al completamento delle opere in corso di realizzazione in misura non superiore al 20 per cento. Il finanziamento di nuovi interventi è subordinato all'esistenza di parcheggi di interscambio, ovvero alla loro realizzazione, che può essere finanziata con le risorse di cui al presente comma.

 

11. La ripartizione delle risorse di cui al comma 10 tra le finalità ivi previste è definita con decreto del Ministro dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In fase di prima applicazione, per il triennio 2008-2010, le risorse sono ripartite in pari misura tra le finalità previste. A decorrere dall'anno 2011 la ripartizione delle risorse tra le finalità di cui al comma 10 è effettuata con il medesimo decreto, tenendo conto di princìpi di premialità che incentivino l'efficienza, l'efficacia e la qualità nell'erogazione dei servizi, la mobilità pubblica e la tutela ambientale. All'articolo 1, comma 1032, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la lettera d) è abrogata.

5. All'articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:

12. Identico.

    «c-bis) per l'acquisto di elicotteri destinati ad un servizio minimo di trasporto pubblico locale per garantire collegamenti con isole minori con le quali esiste un fenomeno di pendolarismo;

 

    c-ter) all'acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b) è riservato almeno il 50 per cento della dotazione del fondo».

 

(Si veda il comma 4).

13. Al Ministero dei trasporti è altresì destinata una quota pari a 12 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008 per la riattivazione, in via d'urgenza, dei lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti in relazione all'apertura di procedimenti tesi a riesaminare le procedure contrattuali da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee.

6. Gli interventi finanziati, ai sensi e con le modalità della legge 26 febbraio 1992, n. 211, con le risorse di cui al comma 2, individuati con decreto del Ministro dei trasporti, sono destinati al completamento delle opere in corso di realizzazione in misura non superiore al 20 per cento. Il finanziamento di nuovi interventi è subordinato all'esistenza di parcheggi di interscambio, ovvero alla loro realizzazione, che può essere finanziata con le risorse di cui al comma 2.

14. A decorrere dall'anno 2008 i finanziamenti statali per il rinnovo del contratto relativo al settore del trasporto pubblico locale di cui alle disposizioni richiamate nel comma 3 sono corrisposti direttamente alle regioni a statuto ordinario dal Ministero dell'economia e delle finanze con le modalità di cui al comma 2. L'esclusione delle spese relative ai rinnovi contrattuali del settore del trasporto pubblico locale dal patto di stabilità interno si applica esclusivamente nei confronti delle regioni e delle provincie autonome di Trento e di Bolzano.

(Si veda il comma 8).

15. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale spetta una detrazione dall'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento per un importo delle spese stesse non superiore a 250 euro. La detrazione spetta sempreché le spese stesse non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. La detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12.

7. Le modalità di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, si applicano anche alle risorse di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.
8. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, spetta una detrazione dall'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento per un importo delle spese stesse non superiore a 250 euro. La detrazione spetta sempreché le spese stesse non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. La detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12.

16. L'articolo 3, comma 1, del decreto- legge 9 dicembre 1986, n. 833, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1987, n. 18, si interpreta nel senso che le somme di cui all'articolo 1 del medesimo decreto-legge, nonché quelle che gli enti locali proprietari o soci hanno versato o versano per il ripiano delle perdite di esercizio dell'azienda o del consorzio di pubblico trasporto, ancorché riferite ad esercizi precedenti al 1982, come pure quelle provenienti dal Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all'articolo 9 della legge 10 aprile 1981, n. 151, e successive modificazioni, non rilevano ai fini degli articoli 61 e 109, comma 5, nonché dell'articolo 84, comma 1, quarto periodo del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

 

17. I crediti vantati dalla società Ferrovie della Calabria s.r.l. nei confronti della regione Calabria e rientranti nella regolazione delle partite debitorie di cui all'articolo 145, comma 30, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, sono destinati alla definitiva copertura dei disavanzi pregressi a tutto il 31 dicembre 2000 della ex gestione commissariale governativa delle Ferrovie della Calabria e, per la parte residua, ad investimenti per il rinnovo e il potenziamento dei servizi ferroviari gestiti dalla medesima società.

 

18. Sono abrogate le disposizioni recate dall'articolo 3, comma 12-bis, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dall'articolo 20, comma 2, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e dall'articolo 1, comma 58, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 10, interamente sostituito dalla Commissione bilancio della Camera, reca disposizioni relative al finanziamento dei servizi del trasporto pubblico locale.

 

Si ricorda che la riforma dei trasporti pubblici locali (TPL) è stata avviata dal D.Lgs. n. 422/1997, successivamente modificato ed integrato dal D.Lgs. 400/1999 e da ulteriori disposizioni. A tale revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59.

Il D.Lgs. 422/1997 ha disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi medesimi.

Le funzioni delegate alle regioni riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale. Le competenze conferite sono essenzialmente di carattere programmatorio, amministrativo e finanziario.

Al conferimento e all’attribuzione delle relative risorse si provvede, previo accordo di programma tra Ministero dei trasporti e regione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati ed il Ministro del tesoro. E’ demandata ad apposite leggi regionali la puntuale individuazione delle funzioni conferite.

La regione è dunque individuata come unico soggetto regolatore di tutto il comparto. Ad essa è attribuita una doppia responsabilità, pianificatoria e finanziaria. In ossequio al principio di sussidiarietà, le regioni sono peraltro tenute a conferire a province, comuni ed enti locali le funzioni in materia di trasporto pubblico locale che non richiedano un unitario esercizio a livello regionale; gli enti locali godono peraltro di competenza residuale.

 

Il comma 1 riconosce alle regioni a statuto ordinario la compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione,[2] per la realizzazione dei seguenti obiettivi:

§      promozione dello sviluppo dei servizi del trasporto pubblico locale;

§      attuazione del processo di riforma del settore;

§      garanzia delle risorse necessarie per il mantenimento dell’attuale livello dei servizi, incluso il recupero dell’inflazione degli anni precedenti.

Il comma 2 stabilisce che per gli anni dal 2008 al 2010 la compartecipazione al gettito dell’accisa è attribuita, mediante versamenti mensili, nella misura complessiva indicata nella tabella 01, allegata al presente disegno di legge, la quale contiene anche la ripartizione tra le regioni a statuto ordinario.

Si evidenzia che gli importi riportati nella menzionata tabella sono quelli attualmente trasferiti alle regioni a statuto ordinario, in applicazione delle norme elencate dal successivo comma 3 del presente articolo.

A decorrere dall’anno 2011 si applicano le quote di compartecipazione che verranno stabilite, per lo stesso anno 2011, per ciascuna regione da un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Le quote di compartecipazione, espresse in euro per litro di gasolio, saranno ottenute dividendo l’importo complessivo risultante dalla somma degli importi indicati nella tabella 01 e di quelli spettanti, a decorrere dal 2011, ai sensi del comma 8 dell’articolo in esame, per il quantitativo di gasolio impiegato come carburante per autotrazione, erogato nell’anno 2010 in ciascuna regione.

Il decreto ministeriale che stabilisce le quote di compartecipazione dovrà individuare anche le modalità di trasferimento delle somme spettanti a ciascuna regione. Sino al momento dell’emanazione del decreto continuano ad essere attribuite alle regioni, a titolo di acconto, le mensilità corrispondenti agli importi indicati nella tabella 01.

Il comma 3 stabilisce che per gli anni dal 2008 al 2010 la compartecipazione di cui al precedente comma 2 sostituisce le seguenti risorse:

§      compensazione della minore entrata registrata in relazione alla compartecipazione dell’accisa sul gasolio, di cui all’articolo 3, comma 12-bis, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per un importo annuo di 254,9 milioni di euro;

Il citato comma 12-bis, introdotto dall’articolo 1, comma 12, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), attribuisce, a decorrere dal 1° gennaio 2007, una quota dell’accisa sul gasolio per autotrazione alle regioni a Statuto ordinario nel cui territorio avviene il consumo. La quota è pari a 0,00266 euro al litro per il 2007, a 0,00288 euro per il 2008 ed a 0,00307 euro per il 2009. (Per l’abrogazione della disposizione citata si veda il successivo comma 18 del presente articolo).

Si segnala che la compartecipazione è concessa per compensare le minori entrate registrate relativamente alla compartecipazione all’accisa sulla benzina e non all’accisa sul gasolio, come indicato nel testo della disposizione in commento.

§      trasferimenti di cui agli articoli 8 e 20 del D.Lgs. n. 422 del 1997, per un importo annuo di 670,5 milioni di euro;

Il citato articolo 8, nell’àmbito del conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, delega alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai servizi ferroviari di interesse regionale e locale, non in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a. (oggi Trenitalia S.p.a.). Il successivo articolo 20 dello stesso decreto legislativo disciplina la procedura per la determinazione delle risorse da trasferire alle regioni in conseguenza del trasferimento delle funzioni. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 novembre 2000[3] sono state determinate le risorse finanziarie da attribuire alle regioni per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti di cui al citato articolo 8. (Per l’abrogazione del comma 2 del citato articolo 20 si veda il successivo comma 18 del presente articolo.

§      compensazione della riduzione dell’accisa sulla benzina, non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, di cui all’articolo 1, comma 58, della legge 20 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), per un importo annuo di 342,5 milioni di euro;

Il citato comma 58 ha riconosciuto l'importo di euro 342,583 milioni per compensare la perdita di gettito realizzata dalle regioni a statuto ordinario per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell'accisa sulla benzina, non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche, come determinato dall'articolo 17, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. (Per l’abrogazione della norma citata si veda il successivo comma 18 del presente articolo).

§      trasferimenti per i rinnovi dei contratti di lavoro del settore del trasporto pubblico locale, previsti dalle seguenti disposizioni, per un importo complessivo annuo di 480,2 milioni di euro:

-       articolo 23 del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47;

Il citato articolo 23 ha autorizzato la spesa di 337,5 milioni di euro per l'anno 2004 e di 214,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, al fine di assicurare il rinnovo del contratto collettivo relativo al settore del trasporto pubblico locale.

-       articolo 1, comma 2, del D.L. 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58;

La citata disposizione ha autorizzato la spesa di 260 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, al fine di assicurare il rinnovo del primo biennio del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale.

-       articolo 1, comma 1230, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

Il citato comma 1230 ha autorizzato la spesa di 190 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2007, al fine di garantire il cofinanziamento dello Stato agli oneri derivanti dal rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007 relativo al settore del trasporto pubblico locale.

 

A decorrere dall’anno 2011 la compartecipazione di cui al comma 2 integra, anziché sostituire, le risorse sopra indicate.

Si osserva, in proposito, che la disposizione sembra intesa a garantire per il triennio 2008-2010 una quota di finanziamento già quantificata, sostitutiva delle risorse sopra indicate, mentre, a decorrere dal 2011, il livello del  finanziamento potrà risultare incrementato, in relazione all’utilizzo del gasolio impiegato per autotrazione in ciascuna regione.

 

Il comma 4 attribuisce alle regioni a statuto ordinario una ulteriore quota dell’accisa sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione al fine di adeguare le risorse destinate ai servizi di trasporto pubblico locale, comprese quelle per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale, non in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a., di cui al sopra citato articolo 8 del D.Lgs. n. 422 del 1997. La quota destinata a tal fine, che è espressamente indicata come ulteriore rispetto a quella di cui al comma 2 dell’articolo in esame, è determinata nelle seguenti misure, per litro di gasolio erogato in ciascun territorio regionale:

§      0,00860 euro per l’anno 2008,

§      0,00893 euro per l’anno 2009,

§      0,00920 euro a partire dall’anno 2010.

 

Il comma 5 detta disposizioni per il versamento e la ripartizione tra le regioni delle somme di cui al comma 4, prevedendo che le stesse siano versate direttamente dai soggetti obbligati al pagamento dell’accisa[4] e riversate, dalla struttura di gestione, in un apposito conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato. La ripartizione è effettuata sulla base dei quantitativi di gasolio[5] erogati nell’anno precedente dagli impianti di distribuzione di carburante siti nei rispettivi territori regionali. A decorrere dalla ripartizione relativa all’anno 2011 le somme spettanti alle regioni a statuto ordinario possono essere rideterminate sulla base di criteri di commisurazione che tengano conto dello stato di adozione e di applicazione, da parte delle regioni, delle disposizioni sull’organizzazione del trasporto pubblico locale, contenute negli articoli 14, 16, 17, 18 e 19 del D.Lgs. n. 422 del 1997.[6]

I criteri di commisurazione saranno stabiliti con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province Autonome di Trento e Bolzano[7]. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze saranno invece stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 4 e al presente comma 5.

 

Il comma 6 istituisce l’Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, con il compito di creare una banca dati e un sistema informativo pubblico, entrambi correlati a quelli regionali. L’Osservatorio assicura inoltre la verifica dell’andamento del settore e del completamento del processo di riforma.

All’Osservatorio, istituito presso il Ministero dei trasporti, partecipano i rappresentanti dei Ministeri competenti, delle regioni e degli enti locali.

Si ritiene che i Ministeri competenti, i rappresentanti dei quali partecipano all’Osservatorio, potrebbero essere quelli che dovranno predisporre il decreto previsto dal terzo periodo del comma in esame.

Per il funzionamento dell’Osservatorio è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2008. L’Osservatorio deve presentare annualmente, alle competenti Commissioni parlamentari, un rapporto sullo stato del trasporto pubblico locale.

Un successivo decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per gli affari regionali e delle autonomie locali, da emanare sentita la Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 281 del 1997, dovrà definire i criteri e le modalità di monitoraggio delle risorse destinate al settore e dei relativi servizi, comprese quelle relative agli enti locali, e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio.

A tal proposito si osserva che non è previsto alcun termine per l’emanazione del decreto.

 

Il comma 7 dispone che, a decorrere dal 2008, non può essere previsto, a carico del bilancio dello Stato, alcun trasferimento aggiuntivo per il finanziamento delle spese correnti del settore del trasporto pubblico locale, comprendendo in tale categoria anche gli oneri per i rinnovi contrattuali degli addetti al comparto, successivi all’entrata in vigore del disegno di legge in esame.

Si stabilisce inoltre che le regioni a statuto ordinario sono tenute a riversare agli enti locali le risorse ad essi destinate, entro quattro mesi dalla loro acquisizione. E’ fatta salva la possibilità di adottare modalità di versamento più favorevoli nei confronti degli enti locali.

 

Il comma 8 stabilisce che per gli anni dal 2008 al 2010 continuano ad essere corrisposte le risorse per i servizi di cui all’articolo 9 del D.Lgs. n. 422 del 1997.

Il citato articolo 9, nell’àmbito del conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, delega alle regioni le funzioni e i compiti di programmazione e di amministrazione inerenti ai servizi ferroviari in concessione alle Ferrovie dello Stato S.p.a. (oggi Trenitalia S.p.a.) di interesse regionale e locale. Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 novembre 2000[8] sono state determinate in 2.286,9 miliardi di lire annue (pari a 1.181,1 milioni di euro) le risorse finanziarie da attribuire alle regioni per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti di cui al citato articolo 9.

A decorrere dal 2011 tali risorse sono sostituite mediante adeguamento delle misure della compartecipazione di cui al precedente comma 2 dell’articolo in esame. Ai fini di tale adeguamento, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei trasporti e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, dovrà emanare, entro il 15 febbraio 2010, un decreto con il quale è individuata la somma spettante a ciascuna regione a statuto ordinario. Della somme così determinate si dovrà tener conto per l’emanazione del decreto previsto dal menzionato comma 2.

 

Il comma 9 prevede, in attesa della riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, l’estensione al settore del trasporto locale delle misure previste dall’articolo 2, comma 38, della legge n. 662/1996 (legge finanziaria 1997).

Tale norma dispone che, con decreto del Ministero del lavoro, vengano definite, in via sperimentale, misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell'occupazione nell'ambito dei processi di ristrutturazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privatierogatori di servizi di pubblica utilità, nonché delle categorie e settori di impresa sprovvisti del sistema di ammortizzatori sociali.

 

Il comma 10 istituisce, nello stato di previsione del Ministero del trasporti, il Fondo per la promozione e il sostegno allo sviluppo del trasporto pubblico locale, con una dotazione di:

§      113 milioni di euro per l’anno 2008,

§      130 milioni di euro per l’anno 2009,

§      110 milioni di euro per l’anno 2010.

Per gli anni successivi i relativi stanziamenti saranno indicati in tabella D della legge finanziaria, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468 del 1978.[9]

Le risorse del Fondo sono destinate alle finalità di cui alle seguenti disposizioni, nel rispetto delle relative procedure e modalità :

§      articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007);

La citata norma autorizza stanziamenti per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale. Il successivo comma 12 dell’articolo in esame amplia la tipologia di veicoli che possono essere acquistati con le risorse del fondo.

§      articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211, recante “Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa”.

La citata norma prevede la corresponsione di contributi in relazione ai mutui contratti, da enti locali e soggetti attuatori, per la realizzazione degli interventi contemplati dalla medesima legge in vista dello sviluppo, nelle aree urbane, dei sistemi di trasporto pubblico ed in particolare dei sistemi di trasporto rapido di massa e di tranvie veloci.

Il quarto e quinto periodo del comma in esame - sostanzialmente corrispondenti al comma 6 dell’articolo 10 del disegno di legge approvato dal Senato - prevedono che l’individuazione degli interventi da finanziare ai sensi della sopra citata legge n. 211 del 1992 sia effettuata con decreto del Ministro dei trasporti e che le relative risorse siano destinate, in misura non superiore al 20 per cento, al completamento delle opere in corso di realizzazione. Il finanziamento di nuovi interventi è subordinato all’esistenza di parcheggi di interscambio, o alla loro realizzazione, che può essere finanziata con le risorse stanziate dal comma in esame.

 

Il comma 11 demanda la ripartizione delle risorse del Fondo per la promozione e il sostegno allo sviluppo del trasporto pubblico locale tra le finalità previste dal precedente comma 10 a un decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano; nella ripartizione delle risorse si dovrà tenere conto dei princìpi di premialità che incentivino l’efficienza, l’efficacia e la qualità nell’erogazione dei servizi, la mobilità pubblica e la tutela ambientale. Per il triennio 2008-2010 le risorse sono attribuite in misura pari tra le due finalità previste dal comma 10.

Il quarto periodo del comma in esame abroga la lettera d) dell’articolo 1, comma 1032, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007)

Il citato comma 1032, demandando ad un decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, il riparto, tra le regioni e le province autonome, del Fondo, di cui al comma 1031 dello stesso articolo, per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, indica i criteri secondo i quali deve essere effettuato il riparto. In particolare la lettera d), della quale si propone l’abrogazione, stabilisce che sia data priorità alle regioni ed alle province autonome le cui imprese si siano attenute alle previsioni di cui ai commi da 3-ter a 3-septies dell'articolo 18 del D.Lgs. n. 422 del 1997, relative al periodo transitorio nel corso del quale vi è la facoltà di mantenere tutti gli affidamenti ai concessionari ed alle società derivanti dalle trasformazioni, ma con l'obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali, previa revisione dei contratti di servizio in essere, se necessaria[10].

 

Il comma 12 integra l’articolo 1, comma 1031, della legge finanziaria 2007, il quale ha istituito un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, e, in particolare, di:

a) veicoli ferroviari da destinare ai servizi di competenza regionale

b) veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie

c) autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.

Il comma in esame prevede:

- che il fondo sia finalizzato anche all’acquisto di elicotteri destinati a garantire collegamenti con isole minori interessate da fenomeni di pendolarismo;

- che almeno il 50 per cento della dotazione del fondo venga riservato all’acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b) del citato comma 1031.

 

Il comma 13 destina, a decorrere dal 2008, 12 milioni di euro al Ministero dei trasporti, affinché possano essere riattivati, in via d’urgenza, i lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti all’apertura di procedimenti tesi al riesame, da parte della Corte di giustizia europea, delle procedure contrattuali.

 

Si segnala che, nella materia oggetto del presente articolo, sono attualmente pendenti le seguenti procedure:

-        Il 28 gıugno 2006 la Commıssıone ha ınvıato all’Italıa un parere motıvato ın relazıone all’affidamento di una concessione di lavori relativa alla progettazione ed alla realizzazione di una tramvia su gomma a L’Aquila, con gestione funzionale ed economica da parte dell’affidatario. (procedura 2004/4963);

-        ıl 21 marzo 2007 la Commıssıone ha ınvıato all’Italıa una lettera dı messa ın mora per l’affidamento di servizi alla Società A.S.TER. (Azienda Servizi Territoriali) da parte del Comune di Genova. (procedura 2005/4376)

 

Il comma 14 dispone che i contributi statali per i rinnovi dei contratti del trasporto pubblico locale vengono corrisposti direttamente alle regioni a statuto ordinario dal Ministero dell’economia, con le modalità indicate dal comma 2, che, per la compartecipazione delle regioni al gettito dell’accisa, prevede l’emanazione di un apposito decreto del Ministro dell’economia. Il comma precisa che l’esclusione dal Patto di stabilità interno delle spese connesse al rinnovo dei predetti contratti si applica solo alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano.

Si ricorda che la vigente disciplina del patto di stabilità interno per il triennio 2007-2009 (di cui all’art. 1, commi 676-693 della legge n. 296 del 2006 - legge finanziaria per il 2007)prevede che anche i trasferimenti erariali devono essere conteggiati ai fini del saldo finanziario rilevante per il rispetto del patto, sia in termini di competenza che di cassa, nella misura a tale titolo comunicata dall’amministrazione statale interessata.

 

Il comma 15 reca una disposizione di carattere fiscale, prevedendo che spetta una detrazione dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento e per un importo non superiore a 250 euro.

La detrazione spetta purché le medesime spese non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo; la detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell’interesse delle persone a carico (indicate nell’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi DPR 917/1986) che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12 – che abbiano cioè un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

La relazione tecnica precisa che la legislazione vigente non prevede la detraibilità delle spese in oggetto e valuta un effetto di gettito negativo di 93 milioni di euro, in termini di competenza, per l'anno 2008 e, in termini di cassa, pari a -163 milioni di euro nel 2009 e +70 milioni di euro nel 2010.

 

Il comma 16 reca una norma di interpretazione autentica, in materia di contributi erogati da Stato e Regioni al settore del trasporto pubblico locale. In particolare, l’art. 1 del decreto legge n. 833/1986 (convertito con legge n. 18/1987) ha previsto che i disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e private nonché dei servizi di trasporto in gestione diretta degli enti locali relativi agli esercizi 1982, 1983, 1984, 1985 e 1986 che non hanno trovato copertura con i contributi di cui alla legge n. 151/1981, sono assunti a carico dei bilanci delle regioni in misura pari all'80 per cento del loro ammontare. L’art. 3 dello stesso decreto dispone che le somme di cui all'articolo 1, nonché quelle che gli enti locali proprietari o soci hanno versato o versano per il ripiano delle perdite di esercizio dell'azienda o del consorzio di pubblico trasporto, ancorché riferite ad esercizi precedenti al 1982, come pure quelle provenienti dal fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio di cui all’art. 9 della legge n. 151/1981, non concorrono alla formazione del reddito e sono pertanto esenti da imposizioni fiscali

Il comma 16 in esame dispone che il citato articolo 1 del decreto legge n. 833/1986 si interpreta nel senso che le somme ivi contemplate non rilevano ai fini della detraibilità degli interessi passivi, della deducibilità delle spese, e del riporto delle perdite – di cui, rispettivamente, agli articoli 61, 109, comma 5 e 84, comma 1, del DPR n. 917/1986 (Testo Unico sulle imposte dei redditi).

Va segnalato che la relazione tecnica allegata all’emendamento rileva come i possibili effetti negativi sul gettito, che potrebbero derivare dalla norma, sono da ritenersi di entità irrilevante, attese le condizioni economiche delle imprese interessate, la maggior parte delle quali – secondo gli ultimi dati disponibili delle dichiarazioni dei redditi - risultano in forte perdita.

 

Il comma 17 interviene in relazione ai crediti maturati dalla Ferrovia della Calabria s.r.l. nei confronti della Regione Calabria, stabilendo che essi vengano destinati alla copertura dei disavanzi determinati dalla ex Gestione Commissariale Governativa Ferrovie della Calabria fino al 31 dicembre 2000, e, per la parte residua, investiti per rinnovo e potenziamento dei servizi ferroviari gestiti dalla predetta società.

 

Il comma 18 dispone l’abrogazione di alcune norme, conseguente alle disposizioni recate dall’articolo 10 in esame.

Vengono quindi abrogati: l’articolo 3, comma 12-bis,della legge n. 549/1995, in materia di attribuzione alle regioni di una quota dell’accisa sul gasolio; l’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 422/1997, relativo al trasferimento alle regioni delle risorse relative all'espletamento delle funzioni ad esse delegate in materia di trasporto pubblico locale, e l’articolo 1, comma 58, della legge n. 311/2004, con il quale veniva riconosciuto alle regioni a statuto ordinario un contributo in relazione alla perdita di gettito realizzata dalle regioni stesse per gli anni 2003 e successivi, a seguito della riduzione dell'accisa sulla benzina, non compensata dal maggior gettito delle tasse automobilistiche.


 

Articolo 10-bis, commi 1-8
(Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 10-bis.

(Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali).

 

1. Al fine di attivare significativi processi di sviluppo locale attraverso il recupero e il riuso di beni immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, economico e sociale e con gli obiettivi di sosteni­bilità e qualità territoriale e urbana, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, tramite l'Agenzia del demanio, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, d'intesa con gli enti territoriali interessati, individua ambiti di interesse nazionale nei quali sono presenti beni immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici per promuovere, in ciascun ambito, un programma unitario di valorizzazione di cui all'articolo 3, comma 15-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, tale da costituire un Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali.

 

2. Il Piano di cui al comma 1 è proposto dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti i Ministri competenti, ed è approvato d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. In tale Piano, oltre all'individuazione degli ambiti di intervento, sono determinati gli obiettivi di azione, le categorie tematiche, sociali, economiche e territoriali di interesse, i criteri, i tempi e le modalità di attuazione dei programmi unitari di intervento, nonché ogni altro elemento significativo per la formazione dei suddetti programmi.

 

3. Sulla base delle indicazioni contenute nel Piano di cui al comma 1, la regione e gli enti territoriali e locali interessati, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero per i beni e le attività culturali, promuovono la formazione dei programmi unitari di valorizzazione, individuando gli interventi, le modalità di attuazione, le categorie di destinazioni d'uso compatibili, l'entità e la modalità di attribuzione agli enti territoriali di quota parte del plusvalore da realizzare, nonché ogni altro elemento significativo per l'attuazione di quanto previsto nei programmi medesimi.

 

4. Alla definizione dei contenuti, finalità, condizioni e limiti per l'attuazione dei programmi unitari di valorizzazione concorrono le amministrazioni centrali e territoriali interessate, nonché tutti i soggetti competenti, anche utilizzando la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, con particolare riguardo all'identificazione delle modalità di intervento per gli immobili soggetti a tutela ambientale, paesaggistica, architettonica, archeologica e storico-culturale, individuando gli elementi necessari per la migliore definizione progettuale degli interventi compresi nei programmi unitari di valorizzazione.

 

5. Ciascun programma unitario di valorizzazione è approvato con decreto del presidente della regione o della provincia interessata, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per i beni e le attività culturali. I consigli comunali provvedono alla ratifica del programma, a pena di decadenza, nel rispetto delle forme di pubblicità e di partecipazione, entro novanta giorni dall'emanazione del predetto decreto. La suddetta approvazione produce gli effetti previsti dall'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e dalle relative leggi regionali, nonché, ove necessario, quelli della dichiarazione di pubblica utilità per le opere pubbliche o di interesse generale in esso comprese.

 

6. Ciascun programma unitario di valorizzazione o parti di esso, in relazione alla sua approvazione, può assumere, in considerazione della tipologia e dei contenuti degli interventi previsti, il valore e gli effetti dei piani, programmi e strumenti attuativi di iniziativa pubblica e privata, ai sensi della vigente normativa nazionale e regionale. Al programma unitario di valorizzazione è applicabile, ove necessario, il comma 5 dell'articolo 27 della legge 1o agosto 2002, n. 166.

 

7. Ai fini del raggiungimento della fattibilità economica di ciascun programma possono essere definite modalità di perequazione, compensazione e premialità urbanistiche, regolate d'intesa con la regione interessata, ove ciò non sia previsto dalla legislazione regionale.

 

8. Per la predisposizione degli studi di fattibilità, dei progetti e di eventuali ulteriori misure di accompagnamento e di supporto del Piano di cui al comma 1 si provvede a valere sul capitolo relativo alle somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità, fino ad un importo massimo di 10 milioni di euro per l'anno 2008.

 

 

L’articolo 10-bis, introdotto durante l’esame in Commissione Bilancio, reca disposizioni in materia di valorizzazione dei beni pubblici.

 

I commi 1, 2 ed 8 introducono il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”; il medesimo comma 1 nonché icommi da 3 a 7  si occupano di specificare la disciplina dei programmi unitari di valorizzazione.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e tramite l’Agenzia del demanio, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni e di intesa con gli enti locali interessati, individui ambiti di interesse nazionale nei quali sono presenti immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici, per promuovere, in ciascun ambito, un programma unitario di valorizzazione di tali beni (per i quali cfr. infra), di cui all’articolo 3, comma 15-bisdel decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351[11].

 

Ai sensi del citato articolo 3, comma 15-bis(aggiunto dall’articolo 1, comma 262 della legge finanziaria per il 2007, l. n. 296/2006) del decreto-legge n. 351/2001 viene affidato all’Agenzia del demanio il compito di individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico che sia, nell'ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale.

 

Nell'ambito dei predetti programmi unitari è considerata elemento prioritario di individuazione la possibilità di valorizzare gli beni immobili pubblici mediante concessione d'uso o locazione, nonché l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.

 

 L’individuazione di tali ambiti di interesse nazionale è tale da costituire un “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, per attivare significativi processi di sviluppo locale attraverso il recupero e il riuso di beni immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, economico e sociale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana.

 

Il comma 2 dell’articolo si occupa della procedura di approvazione del Piano di valorizzazione, nonché del relativo contenuto. Esso è proposto dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti i ministri competenti, ed approvato d’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali.

 

Il Piano contiene:

-          l’individuazione degli ambiti di intervento:

-          gli obiettivi di azione;

-          le categorie tematiche, sociali, economiche e territoriali di interesse;

-          i criteri, i tempi e le modalità di attuazione dei programmi unitari di intervento;

-          ogni altro elemento significativo per la formazione dei suddetti programmi.

 

Per quanto attiene invece alla formazione dei programmi unitari di valorizzazione (comma 3) essi sono proposti dalla regione e dagli enti territoriali e locali interessati, d’intesa con il Ministero dell’economia di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sulla base delle indicazioni contenute nel Piano di valorizzazione.

Le amministrazioni centrali e territoriali interessate, nonché tutti i soggetti competenti, concorrono alla definizione dei contenuti, delle finalità, delle condizioni e dei limiti per l’attuazione dei suddetti programmi, anche attraverso lo strumento della conferenza di servizi (comma 4), con  particolare riguardo all’identificazione delle modalità di intervento per gli immobili sottoposti a specifiche forme di tutela (ambientale, paesaggistica, architettonica, archeologica e storico-culturale).

 

La conferenza di servizi, disciplinata dagli articoli 14 e ss.gg. della legge sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni) può essere indetta dall’amministrazione procedente ove sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo; è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta. Infine,  la conferenza di servizi può essere convocata anche per l'esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesimi attività o risultati. In tal caso, la conferenza è indetta dall'amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l'interesse pubblico prevalente, ma può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

 

Nei programmi di valorizzazione sono dunque individuati:

-        gli interventi;

-        le modalità di attuazione;

-        le categorie di destinazioni d’uso compatibili;

-        l’entità e la modalità di attribuzione agli enti territoriali di quota parte del plusvalore da realizzare;

-        ogni altro elemento significativo per l’attuazione degli stessi programmi.

 

Il comma 5 specifica che l’approvazione del programma unitario di valorizzazione avviene con decreto del Presidente della regione o della provincia interessata d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze ed il Ministro per i beni e le attività culturali. E’ altresì previsto che i Consigli comunali ratifichino  il programma entro novanta giorni dall’emanazione del suddetto decreto, a pena di decadenza, nel rispetto delle forme di pubblicità e di partecipazione.

L’approvazione del programma di valorizzazione produce i medesimi effetti dell’ accordo di programma[12] di cui all’articolo 34 del Testo unico delle disposizioni concernenti gli enti locali - TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e delle relative leggi regionali. Inoltre, esso integra gli estremi della dichiarazione di pubblica utilità  delle opere pubbliche o di interesse generale comprese nel programma stesso.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 34, comma 4 del TUEL, l'accordo di programma, qualora adottato con decreto del presidente della Regione e qualora vi sia l’assenso del Comune interessato, può comportare variazioni agli strumenti urbanistici e sostituire le concessioni edilizie.

 

Il comma 6  dell’articolo in esame attribuisce a ciascun programma unitario di valorizzazione, o a parti di esso, in relazione alla sua approvazione ed in considerazione della tipologia e dei contenuti degli interventi previsti, il valore e gli effetti dei piani, programmi e strumenti attuativi di iniziativa pubblica e privata.

La norma dispone inoltre che l’approvazione dei programmi di valorizzazione costituisca, ove necessario, presupposto per la costituzione di consorzi facoltativi ai fini della presentazione al comune delle proposte di realizzazione degli interventi di riabilitazione urbana, di cui all’articolo 27 della legge 1 agosto 2002, n. 166[13].

 

Il comma 7 dispone che possano essere definite modalità di perequazione, compensazione e premialità urbanistiche, regolate d’intesa con la regione interessata, ai fini del raggiungimento della fattibilità economica di ciascun programma, ove ciò non sia previsto dalla legge regionale.

 

Infine, ai sensi del comma 8, perla predisposizione degli studi di fattibilità, progetti ed eventuali misure ulteriori di accompagnamento e supporto del Piano di valorizzazione si provveda con le risorse iscritte al capitolo di bilancio relativo alle somme da attribuire all’Agenzia del demanio per interventi sui beni immobili (acquisto, manutenzione, ristrutturazione, risanamento e valorizzazione dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato, nonché per interventi su immobili confiscati alla criminalità).

 

A tal fine è autorizzata una spesa, per l’anno 2008, nel limite massimo di 10 milioni di euro, a valere sullo stanziamento iscritto nello stato di previsione del  Ministero dell’economia e delle finanze, di cui alla Tabella A della legge finanziaria.


 

Articolo 10-bis, comma 9
(Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 10-bis.

(Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali).

 

9. All'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

    a) al comma 13-ter, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Entro il 31 luglio 2008 il Ministero della difesa, sentita l'Agenzia del demanio, adotta un programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso, allo scopo di favorirne la riallocazione in aree maggiormente funzionali per migliorare l'efficienza dei servizi assolti, e individua entro il 31 ottobre 2008, con le stesse modalità indicate nel primo periodo, immobili non più utilizzati per finalità istituzionali, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2008, nonché altre strutture, per un valore complessivo pari almeno a 2.000 milioni di euro»;

 

    b) dopo il comma 13-ter sono inseriti i seguenti:

 

«13-ter.1. Il programma di cui al comma 13-ter:

 

    a) individua, oltre gli immobili non più utilizzati, anche quelli parzialmente utilizzati e quelli in uso all'Amministrazione della difesa nei quali sono presenti funzioni altrove ricollocabili;

 

    b) definisce le nuove localizzazioni delle funzioni, individuando le opere da realizzare;

 

    c) quantifica il costo della costruzione ex novo e dell'ammodernamento delle infrastrutture individuate e quello del trasferimento delle funzioni nelle nuove localizzazioni;

 

    d) stabilisce le modalità temporali delle procedure di razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento e del successivo rilascio dei beni immobili non più in uso.

 

13-ter.2. Le infrastrutture militari, gli immobili e le porzioni di più ampi compendi ancora in uso al Ministero della difesa, individuati nell'ambito del programma di cui ai commi 13-ter e 13-ter.1, sono consegnati all'Agenzia del demanio ad avvenuta riallocazione delle funzioni presso idonee e funzionali strutture sostitutive. La riallocazione può avvenire sia tramite la trasformazione e riqualificazione di altri immobili militari, sia con costruzioni ex novo, da realizzare anche attraverso il ricorso ad accordi o a procedure negoziate con enti territoriali promosse dal Ministero della difesa, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ovvero in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 15-bis, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni. Per consentire la riallocazione delle predette funzioni è istituito, nello stato di previsione del Ministero della difesa, un fondo in conto capitale la cui dotazione è determinata dalla legge finanziaria in relazione alle esigenze di realizzazione del programma di cui al comma 13-ter.1 e al quale concorrono anche proventi derivanti dalle attività di valorizzazione e di dismissione effettuate dall'Agenzia del demanio con riguardo alle infrastrutture militari, agli immobili e alle porzioni di più ampi compendi ancora in uso al Ministero della difesa, oggetto del presente comma».

 

 

Il comma 9 dell’articolo 10-bis novella il comma 13-ter dell’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e inserisce 2 commi aggiuntivi al medesimo articolo in materia di alienazione di beni immobili della Difesa.

 

Il comma 13-ter del citato articolo 27, prevede che, nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis del medesimo articolo, il Ministero della difesa, d’intesa con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individui:

-        entro il 28 febbraio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2007;

-        entro il 31 luglio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2007. Con le modalità indicate nel primo periodo e per le medesime finalità, nell'anno 2008 sono individuati, entro il 28 febbraio ed entro il 31 luglio, beni immobili per un valore pari a complessivi 2 miliardi di euro.

 

La novella sostituisce il secondo periodo di tale disposizione, prevedendo che, oltre ad individuare, entro il 31 ottobre 2008, immobili per un valore complessivo pari almeno a 2 miliardi di euro, non più utilizzati per finalità istituzionali, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2008, il Ministero della difesa, sentita l'Agenzia del demanio, adotti, entro il 31 luglio 2008, un programma  di razionalizzazione, accorpamento, riduzione ed ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso, allo scopo di favorirne la riallocazione in aree maggiormente funzionali.

L’articolo in esame inserisce inoltre il comma 13-ter1, che include in tale programma anche gli immobili parzialmente utilizzati e quelli in uso all'Amministrazione della difesa nei quali siano tuttora presenti funzioni altrove ricollocabili. Il medesimo comma aggiuntivo definisce le nuove localizzazioni delle funzioni, quantifica il costo della costruzione e dell'ammodernamento delle infrastrutture individuate, e stabilisce le modalità temporali delle procedure di attuazione.

 

Viene altresì aggiunto il comma 13-ter2, il quale definisce le modalità per la riallocazione delle funzioni presso idonee strutture sostitutive. Questa può avere luogo sia mediante la trasformazione e la riqualificazione di immobili militari, sia tramite nuove costruzioni, da realizzarsi anche attraverso accordi o procedure negoziate con enti territoriali promosse dal Ministero della difesa, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ovvero in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 15-bis del D.L. n. 351/2001, convertito dalla legge n. 410/2001.

A tale scopo viene istituito, nello stato di previsione del Ministero della Difesa, un fondo in conto capitale, la cui dotazione è determinata dalla legge finanziaria, alimentato anche con proventi derivanti dalle attività di valorizzazione e dismissione effettuate dall'Agenzia del demanio in ordine alle infrastrutture militari alienate ai sensi del comma in esame.

 

Il comma 15-bis dell’articolo 3 del D.L. n. 351/2001 prevede che, per la valorizzazione dei beni, l’Agenzia del demanio possa individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell’ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale.

Il secondo periodo del nuovo comma 15-bis individua le risorse per il finanziamento degli studi di fattibilità necessari per la realizzazione dei programmi di valorizzazione, utilizzando le somme presenti sul capitolo relativo alle somme da attribuire all’Agenzia del demanio per l’acquisto dei beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale, nonché per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata.

Nella predisposizione dei programmi in commento dovrà essere valutata in maniera prioritaria la possibilità di valorizzare gli immobili pubblici, mediante concessione d'uso o locazione, nonché attraverso l'allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.


 

Articolo 11
(Fondo per la mobilità alternativa nei centri storici)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 11.

(Fondo per la mobilità alternativa nei centri storici).

Art. 11.

(Fondo per la mobilità alternativa nei centri storici).

1. Per favorire i processi di mobilità alternativa nei centri storici di città di particolare rilievo urbanistico e culturale già riconosciuti dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità, è istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dei trasporti pari a 4 milioni di euro annui, per gli anni 2008, 2009 e 2010.

Identico.

 

 

L’articolo 11 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo di 4 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con la finalità di favorire processi di mobilità alternativa nei centri storici di città di particolare rilievo urbanistico e culturale, già riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità: sulla base di un’interpretazione letterale, si tratta dei centri storici di:

-        Firenze;

-        Roma;

-        San Gimignano;

-        Siena;

-        Napoli;

-        Pienza;

-        Urbino.

 

Secondo la Convenzione riguardante la protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO il 16 novembre 1972, per patrimonio culturale si intende “un monumento, un gruppo di edifici o un sito di valore storico, estetico, archeologico, scientifico, etnologico o antropologico”; il “patrimonio naturale”, indica rilevanti caratteristiche fisiche, biologiche e geologiche ovvero l'habitat di specie animali e vegetali in pericolo e aree di particolare valore scientifico ed estetico.

Un Patrimonio dell'umanità dell'UNESCO è dunque un luogo specifico che, in base a criteri precisi, risulta di eccezionale importanza, sia naturale sia culturale, per il patrimonio comune dell'umanità. Il programma internazionale dei patrimoni dell'umanità (World Heritage Fund) amministrato dall'UNESCO, ha lo scopo di catalogare, indicare e preservare tali siti attraverso finanziamenti erogati a determinate condizioni.

Attualmente la lista è composta da un totale di 830 siti (644 beni culturali, 162 naturali e 24 misti) presenti in 138 Nazioni del mondo. Attualmente l'Italia è la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell'umanità, seguita dalla Spagna e dalla Cina.

 

I siti italiani Patrimonio dell’umanità sono:

-          Arte Rupestre della Val Camonica 1979;

-          Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo di Leonardo da Vinci, Milano 1980;

-          centro storico di Firenze 1982;

-          Venezia e la sua Laguna – 1987;

-          Pisa, Piazza del Duomo – 1987;

-          centro storico di San Gimignano – 1990;

-          i Sassi di Matera – 1993;

-          Vicenza e Ville del del Palladio in Veneto – 1994;

-          centro storico di Siena – 1995;

-          centro storico di Napoli – 1995;

-          insediamento industriale di Crespi d'Adda – 1995;

-          Ferrara città del Rinascimento e il suo Delta del Po – 1995;

-          Castel del Monte – 1996;

-          Trulli di Alberobello – 1996;

-          monumenti paleocristiani di Ravenna – 1996;

-          centro storico di Pienza – 1996;

-          Reggia di Caserta, il Parco, l'acquedotto Vanvitelli e il Complesso di San Leucio – 1997;

-          Residenze Sabaude a Torino – 1997;

-          Padova, l'Orto botanico – 1997;

-          Portovenere, Cinque Terre e Isole (Palmaria, Tino e Tinetto) – 1997;

-          Cattedrale, Torre Civica e Piazza grande di Modena – 1997;

-          aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata – 1997;

-          Costiera Amalfitana – 1997;

-          area Archeologica di Agrigento – 1997;

-          Piazza Armerina e Villa romana del Casale – 1997;

-          Villaggio Nuragico di Barumini – 1997;

-          Parco Nazionale del Cilento e Valle di Diano, Salerno – 1998;

-          centro storico di Urbino – 1998;

-          zona Archeologica e Basilica Patriarcale di Aquileia – 1998;

-          Villa Adriana (Tivoli) – 1999;

-          Isole Eolie – 2000;

-          Assisi, la Basilica di San Francesco e altri siti francescani – 2000;

-          città di Verona – 2000;

-          Villa d'Este (Tivoli) – 2001;

-          città Barocche della Val di Noto (Palazzolo Acreide, Caltagirone, Catania, Militello in Val di Catania, Modica, Noto, Ragusa e Scicli) – 2002;

-          Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia – 2003;

-          Val d'Orcia – 2004;

-          necropoli etrusca di Cerveteri e Tarquinia – 2004;

-          Siracusa e la necropoli rupestre di Pantalica – 2005;

-          Genova, le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli – 2006.

Italia/Santa Sede:

-          Centro storico di Roma, le Proprietà della Santa Sede che godono dei diritti di extraterritorialità e San Paolo Fuori le Mura - 1980,1990.


 

Articolo 11-bis
(Recupero dei centri storici)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 11-bis.

(Recupero dei centri storici).

 

1. le banche appositamente conven­zionate con il Ministero dell'economia e delle finanze sono autorizzate alla stipula di contratti di mutuo ventennale fino a 300.000 euro con i titolari di edifici situati nei centri storici dei comuni con popolazione inferiore a 100.000 abitanti, per il restauro e per il ripristino funzionale degli immobili, o di porzioni di essi, ponendo il totale costo degli interessi a carico del bilancio dello Stato.

2. Gli enti locali sono autorizzati a contrarre mutui con la Cassa depositi e prestiti Spa, con onere per interessi a carico del bilancio dello Stato, per il recupero e la conservazione degli edifici riconosciuti dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità o appartenenti al patrimonio culturale vincolato ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.

3. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, definisce modalità e criteri per l'erogazione del contributo in conto interessi di cui ai commi 1 e 2, al fine di garantire che all'attuazione del presente articolo si provveda nel limite di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo in esame, aggiunto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, autorizzano la stipula dei seguenti mutui contratti per il recupero dei centri storici, ponendo a carico del bilancio dello Stato il costo dei relativi interessi:

§         mutui ventennali fino a 300.000 euro, stipulati dagli istituti di credito appositamente convenzionati con il Ministero dell’economia e delle finanze con i titolari di edifici ricadenti nei centri storici di comuni con popolazione inferiore a 100.000 abitanti, per il restauro e il ripristino funzionale degli immobili o porzioni di essi;

§         mutui contratti dagli enti locali con la Cassa depositi e prestiti per il recupero e la conservazione degli edifici riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità[14] o appartenenti al patrimonio culturale vincolato ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al d.lgs. n. 22 gennaio 2004, n. 42.

 

Il comma 3 fissa un limite di spesa di 10 milioni di euro per l’attuazione delle disposizioni recate dell’articolo in esame.

Lo stesso comma prevede l’emanazione – entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge – di un decreto interministeriale (adottato dal ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con quello per i beni e le attività culturali)che definisca modalità e criteri per l’erogazione del contributo in conto interessi al fine di garantire il rispetto del limite citato.


 

Articolo 12
(Incentivazioni fiscali per il cinema)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 12.

(Incentivazioni fiscali per il cinema).

Art. 12.

(Incentivazioni fiscali per il cinema).

1. Ai soggetti di cui all'articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e ai titolari di reddito di impresa ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, non appartenenti al settore cinematografico ed audiovisivo, associati in partecipazione ai sensi dell'articolo 2549 del codice civile, è riconosciuto per gli anni 2008, 2009 e 2010 un credito d'imposta nella misura del 40 per cento, fino all'importo massimo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta, dell'apporto in denaro effettuato per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28. Il beneficio si applica anche ai contratti di cui all'articolo 2554 del codice civile.

1. Identico.

2. Le imprese di produzione cinematografica destinatarie degli apporti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di utilizzare l'80 per cento di dette risorse nel territorio nazionale, impiegando mano d'opera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l'apprendistato in tutti i settori tecnici di produzione.

2. Identico.

3. Ai fini delle imposte sui redditi è riconosciuto un credito d'imposta:

3. Identico.

    a) per le imprese di produzione cinematografica, in misura pari al 15 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e, comunque, fino all'ammontare massimo annuo di euro 3.500.000 per ciascun periodo d'imposta, condizionato al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all'80 per cento del credito d'imposta stesso;

 

    b) per le imprese di distribuzione cinematografica, pari:

 

  1) al 15 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, con un limite massimo annuo di euro 1.500.000 per ciascun periodo d'imposta;

 

  2) al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana, con un limite massimo annuo di euro 2.000.000 per ciascun periodo d'imposta;

 

  3) al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile, per la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del citato decreto legislativo n. 28 del 2004, con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta;

 

    c) per le imprese di esercizio cinematografico, pari:

 

  1) al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per l'introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, con un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno schermo, euro 50.000;

 

  2) al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile, per la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 28 del 2004, con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta.

 

4. Con riferimento alla medesima opera filmica, i benefìci di cui al comma 3 non sono cumulabili a favore della stessa impresa ovvero di imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario nonché di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione ovvero controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

4. Identico.

5. I crediti d'imposta di cui ai commi 1 e 3 spettano per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d'imposta successivi.

5. Identico.

6. Gli apporti di cui ai commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), non possono, in ogni caso, superare complessivamente il limite del 49 per cento del costo di produzione della copia campione dell'opera filmica e la partecipazione complessiva agli utili degli associati non può superare il 70 per cento degli utili derivanti dall'opera filmica.

6. Identico.

7. I crediti d'imposta di cui ai commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), possono essere fruiti a partire dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in pubblico del film di cui alla legge 21 aprile 1962, n. 161, e previa attestazione rilasciata dall'impresa di produzione cinematografica del rispetto delle condizioni richieste ai sensi dei commi 2 e 6. I suddetti crediti d'imposta non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

7. Identico.

8. Gli apporti per la produzione e per la distribuzione di cui ai commi 1 e 3 sono considerati come risorse reperite dal produttore per completare il costo del film ai fini dell'assegnazione dei contributi di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni. In ogni caso, tali contributi non possono essere erogati per una quota percentuale che, cumulata con gli apporti di cui al presente articolo, superi l'80 per cento del costo complessivo rispettivamente afferente alle spese di produzione della copia campione e alle spese di distribuzione nazionale del film.

8. Identico.

9. Le disposizioni applicative dei commi da 1 a 8 sono dettate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.

9. Identico.

10. L'efficacia dei commi da 1 a 9 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea. Il Ministero per i beni e le attività culturali provvede a richiedere l'autorizzazione alla Commissione europea. Le agevolazioni possono essere fruite esclusivamente in relazione agli investimenti realizzati e alle spese sostenute successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

10. Identico.

11. Alle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione è riconosciuto un credito d'imposta, per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due esercizi successivi, in relazione a film, o alle parti di film, girati sul territorio nazionale, utilizzando mano d'opera italiana, su commissione di produzioni estere, in misura pari al 25 per cento del costo di produzione della singola opera e comunque con un limite massimo, per ciascuna opera filmica, di euro 5.000.000.

11. Identico.

12. Le disposizioni applicative del comma 11 sono dettate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.

12. Identico.

13. Il credito d'imposta di cui al comma 11 non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

13. Identico.

14. Non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette gli utili dichiarati dalle imprese di produzione e di distribuzione cinematografica che li impiegano nella produzione o nella distribuzione dei film di cui all'articolo 2, commi 2, 4, 5 e 6, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, riconosciuti di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo ed espressione di lingua originale italiana. Tale beneficio è concesso solo alle imprese che tengono la contabilità ordinaria ai sensi degli articoli 13 e 18, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.

14. Identico.

15. Non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, nel limite massimo del 30 per cento, gli utili dichiarati dalle imprese italiane operanti in settori diversi da quello cinematografico, le quali, da sole o per mezzo di accordi con società di produzione e di distribuzione cinematografica, li impiegano nella produzione o nella distribuzione dei film di cui all'articolo 2, commi 2, 4 e 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, riconosciuti di nazionalità italiana ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo. Tale beneficio è concesso solo ai soggetti che tengono la contabilità ordinaria ai sensi degli articoli 13 e 18, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.

15. Identico.

16. Le disposizioni applicative dei commi 14 e 15 sono dettate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il predetto decreto è adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.

16. Identico.

17. Le agevolazioni previste dai commi 14 e 15 sono usufruibili entro il limite di spesa di 5 milioni di euro per il 2008, 10 milioni di euro per il 2009 e 15 milioni di euro per il 2010.

17. Identico.

18. Allo scopo di assicurare lo sviluppo e l'adeguamento tecnico e tecnologico delle sale cinematografiche e, di conseguenza, una sempre migliore fruizione del prodotto cinematografico sul territorio, al Fondo di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, è assegnato un contributo straordinario di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. Tale contributo, in deroga al comma 4 del medesimo articolo 12 del citato decreto legislativo, è finalizzato a favore degli interventi di cui al comma 3, lettera c), del citato articolo 12.

18. Allo scopo di assicurare lo sviluppo e l'adeguamento tecnico e tecnologico delle sale cinematografiche e, di conseguenza, una sempre migliore fruizione del prodotto cinematografico sul territorio, al Fondo di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, è assegnato un contributo straordinario di 2 milioni di euro per l'anno 2008, di 8 milioni di euro per l'anno 2009 e di 10 milioni di euro per l'anno 2010. Tale contributo, in deroga al comma 4 del medesimo articolo 12 del citato decreto legislativo, è finalizzato a favore degli interventi di cui al comma 3, lettera c), del citato articolo 12.

19. L'efficacia dei commi da 11 a 15 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea. Il Ministero per i beni e le attività culturali provvede a richiedere l'autorizzazione alla Commissione europea. L'agevolazione può essere fruita esclusivamente in relazione al costo sostenuto successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

19. Identico.

 

 

Secondo la relazione illustrativa, l’articolo 12 è finalizzato a rilanciare l’industria cinematografica nazionale in attesa della presentazione in Parlamento di un disegno di legge di sistemazione complessiva della materia. In particolare, i commi da 1 a 10 introducono meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nella filiera del cinema, tramite crediti di imposta, sia per le imprese esterne (c.d. tax credit esterno) che per le imprese interne alla filiera medesima (c.d. tax credit interno). I successivi commi da 11 a 14 sono tesi ad avviare, anche mediante agevolazioni fiscali, un meccanismo finalizzato ad attrarre sul territorio nazionale produzioni straniere di alto livello.

 

Si segnala che presso la VI Commissione (Finanze) della Camera dei deputati, è in discussione il ddl n. 2303 (Carlucci ed altri, recante Agevolazioni fiscali e contributi per il sostegno del settore cinematografico e dell'audiovisivo).

Altresì, presso la 6ª Commissione (Finanze e tesoro) del Senato sono in discussione i ddl nn. 1642 (Bordon ed altri, recante Interventi a sostegno del settore cinematografico e del settore audiovisivo) e 1659 (Negri, recante Incentivi fiscali per la promozione delle attività di produzione, coproduzione e distribuzione di opere cinematografiche sul territorio italiano).

 

Il comma 1 riconosce – a favore dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società (IRES) di cui all’art. 73 TUIR[15] e dei titolari di reddito di impresa ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), non appartenenti al settore cinematografico ed audiovisivo e associati in partecipazione ai sensi dell’articolo 2549 del codice civile[16] – per gli anni 2008, 2009 e 2010, un credito d’imposta nella misura del 40 per cento dell’apporto in denaro effettuato per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28[17].

Tale beneficio si applica anche ai contratti di cointeressenza di cui all’articolo 2554 del codice civile[18].

Il credito di imposta è concesso fino all’importo massimo di un milione di euro per ciascun periodo d’imposta.

 

Si ricorda che l’art. 73, comma 1, del TUIR prevede che siano soggetti all'imposta sul reddito delle società:

a)       le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

b)       gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c)       gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

d)       le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (comma 1). Il comma 2 stabilisce, tra l’altro, che tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifica in modo unitario e autonomo.

Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 28 del 2004 è riconosciuta la nazionalità italiana ai film che presentano:

a)       le componenti di cui al comma 2, lettere a), b), c), f), n) e q) e cioè: regista italiano; autore del soggetto italiano o autori in maggioranza italiani; sceneggiatore italiano o sceneggiatori in maggioranza italiani; ripresa sonora diretta in lingua italiana; troupe italiana; effettuazione in Italia di almeno il 30 per cento della spesa complessiva del film, con riferimento alle componenti tecniche, nonché agli oneri sociali;

b)       almeno tre delle componenti di cui al comma 2, lettere d), e), g), h) e cioè: interpreti principali in maggioranza italiani; interpreti secondari per tre quarti italiani; autore della fotografia cinematografica italiano; montatore italiano;

c)       almeno due delle componenti di cui al comma 2, lettere i), l), m) e cioè: autore della musica italiano; scenografo italiano; costumista italiano;

d)       e almeno una delle componenti di cui al comma 2, lettere o) e p) e cioè: riprese ed uso di teatri di posa in Italia; utilizzo di industrie tecniche italiane.

 

Il comma 2 dispone che le imprese di produzione cinematografica destinatarie degli apporti di cui al comma 1 abbiano l’obbligo di utilizzare l’80 per cento di dette risorse nel territorio nazionale, impiegando mano d’opera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l’apprendistato in tutti i settori tecnici di produzione (requisito della c.d. territorialità).

 

Il comma 3 prevede che - ai fini delle imposte sui redditi - venga riconosciuto un credito d’imposta:

a)      per le imprese di produzione cinematografica, in misura pari al 15 per cento del costo complessivo di produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 28/2004 (su cui, si cfr. supra) e, comunque, fino all’ammontare massimo annuo di euro 3.500.000 per ciascun periodo d’imposta, condizionato al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all’80 per cento del credito d’imposta stesso;

b)     per le imprese di distribuzione cinematografica, pari:

1)      al 15 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale, con un limite massimo annuo di euro 1.500.000 per ciascun periodo d’imposta;

2)      al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana, con un limite massimo annuo di euro 2.000.000 per ciascun periodo d’imposta;

3)      al 20 per cento dell’apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549[19] e 2554[20] del codice civile (su cui, si cfr. supra), per la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale, con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d’imposta;

L’art. 7, comma 2, del D.Lgs. n. 28/2004 stabilisce che per il riconoscimento dell'interesse culturale, i film devono presentare:

a)       le componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere a), b), c), d), e), f), n), o), p) e q) e cioè: regista italiano; autore del soggetto italiano o autori in maggioranza italiani; sceneggiatore italiano o sceneggiatori in maggioranza italiani; interpreti principali in maggioranza italiani; interpreti secondari per tre quarti italiani; ripresa sonora diretta in lingua italiana; troupe italiana; riprese ed uso di teatri di posa in Italia; utilizzo di industrie tecniche italiane; effettuazione in Italia di almeno il trenta per cento della spesa complessiva del film, con riferimento alle componenti tecniche di cui alle lettere n), o), p), nonché agli oneri sociali,

b)       e almeno quattro delle componenti di cui all'articolo 5, comma 2, lettere g), h), i), l) e m) e cioè: autore della fotografia cinematografica italiano; montatore italiano; autore della musica italiano; scenografo italiano; costumista italiano.

c)      per le imprese di esercizio cinematografico, pari:

1)      al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per l’introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, con un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno schermo, euro 50.000;

2)      al 20 per cento dell’apporto in denaro effettuato mediante i contratti di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile (su cui, si cfr. supra), per la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale con un limite massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d’imposta.

 

Il comma 4 stabilisce che - con riferimento alla medesima opera filmica - i benefici di cui al comma 3 sopra illustrato (ossia quelli riconosciuti alle imprese interne alla filiera del cinema) non sono cumulabili a favore della stessa impresa ovvero di imprese che facciano parte dello stesso gruppo societario, nonché di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione ovvero controllati anche indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile[21].

 

Secondo il comma 5, i crediti d’imposta di cui ai commi 1 e 3 spettano per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d’imposta successivi.

 

Il comma 6 prescrive che gli apporti di cui ai sopra illustrati commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), non possano, in ogni caso, superare complessivamente il limite del 49 per cento del costo di produzione della copia campione dell’opera filmica e che la partecipazione complessiva agli utili degli associati non possa superare il 70 per cento degli utili derivanti dall’opera filmica.

 

Il comma 7 prescrive che i crediti d’imposta di cui ai commi 1 e 3, lettere b), numero 3), e c), numero 2), possano essere fruiti a partire dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione in pubblico del film di cui alla legge 21 aprile 1962, n. 161[22], e previa attestazione, rilasciata dall’impresa di produzione cinematografica, del rispetto delle condizioni richieste ai sensi dei commi 2 e 6.

 

Si ricorda che in base all’articolo 1 della legge n. 161 del 1962, la proiezione in pubblico dei film e l'esportazione all'estero di film nazionali sono soggette a nulla osta del Ministero del turismo e dello spettacolo (ora Ministero per i beni e le attività culturali).

 

I suddetti crediti di imposta non concorrono:

-        alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi;

-        alla formazione del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Inoltre, essi non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del TUIR – ossia ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile IRES - e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[23].

 

Ai sensi dell’articolo 96 TUIR, la quota di interessi passivi che residua dopo l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 97 e 98 è deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (comma 1).

Il comma 2 prevede che ai fini del rapporto di cui al comma 1:

a)       non si tiene conto delle sopravvenienze attive accantonate a norma dell'articolo 88, dei proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva e dei saldi di rivalutazione monetaria che per disposizione di legge speciale non concorrono a formare il reddito;

b)      i ricavi derivanti da cessioni di titoli e di valute estere si computano per la sola parte che eccede i relativi costi e senza tenere conto delle rimanenze;

c)       le plusvalenze realizzate si computano per l'ammontare che a norma dell'articolo 86 concorre a formare il reddito dell'esercizio;

d)       le plusvalenze di cui all'articolo 87, si computano per il loro intero ammontare;

e)       gli interessi di provenienza estera ed i dividendi si computano per l'intero ammontare indipendentemente dal loro concorso alla formazione del reddito;

f)        i proventi immobiliari di cui all'articolo 90 si computano nella misura ivi stabilita;

g)       le rimanenze di cui agli articoli 92 e 93 si computano nei limiti degli incrementi formati nell'esercizio.

In base al comma 3, se nell'esercizio sono stati conseguiti interessi o altri proventi esenti da imposta derivanti da obbligazioni pubbliche o private sottoscritte, acquistate o ricevute in usufrutto o pegno a decorrere dal 28 novembre 1984 o da cedole acquistate separatamente dai titoli a decorrere dalla stessa data, gli interessi passivi non sono ammessi in deduzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo degli interessi o proventi esenti. Gli interessi passivi che eccedono tale ammontare sono deducibili a norma dei commi 1 e 2 ma senza tenere conto, ai fini del rapporto ivi previsto, dell'ammontare degli interessi e proventi esenti corrispondente a quello degli interessi passivi non ammessi in deduzione.

Ai sensi dell’articolo 109, comma 5, TUIR, le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

Si ricorda che l’articolo 3, comma 1, lettera h), del presente disegno di legge, sostituisce integralmente l’articolo 96 del TUIR, mentre l’articolo 3, comma 1, lettera o), n. 2, modifica l’articolo 109, comma 5, del TUIR medesimo.

 

In base al comma 8, gli apporti per la produzione e per la distribuzione di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo in commento sono considerati come risorse reperite dal produttore per completare il costo del film ai fini dell’assegnazione dei contributi di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni.

In ogni caso, tali contributi non possono essere erogati per una quota percentuale che, cumulata con gli apporti di cui alpresente articolo, superi l’80 per cento del costo complessivo rispettivamente afferente alle spese di produzione della copia campione e alle spese di distribuzione nazionale del film.

 

Sul punto, si ricorda che l’articolo 13 del D.Lgs. n. 28 del 2004[24] si riferisce ai contributi concessi per i lungometraggi riconosciuti di interesse culturale (comma 2), per i cortometraggi riconosciuti di interesse culturale (comma 3) e ai contributi corrisposti alle imprese di produzione per lo sviluppo di sceneggiature originali, di particolare rilievo culturale o sociale.

 

Il comma 9 rimette ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali - da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico - la fissazione delle disposizioni applicative dei commi da 1 a 8.

 

Il comma 10 subordina l’efficacia dei commi da 1 a 9 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea[25].

Tale autorizzazione deve essere richiesta alla Commissione europea dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Si prevede che le agevolazioni possano essere fruite esclusivamente in relazione agli investimenti realizzati e alle spese sostenute successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

 

Il paragrafo 3 dell’art. 88 del Trattato che istituisce la Comunità europea stabilisce che alla Commissione siano comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti di Stato. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato comune, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. In tal caso si prevede che la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale (obbligo c.d. di stand-still).

 

Il comma 11 riconosce alle imprese nazionali di produzione esecutiva e di post-produzione un credito d’imposta in relazione a film, o alle parti di film, girati sul territorio nazionale, utilizzando mano d’opera italiana, su commissione di produzioni estere, in misura pari al 25 per cento del costo di produzione della singola opera e, comunque, con un limite massimo, per ciascuna opera filmica, di euro 5.000.000. Tali crediti spettano per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d’imposta successivi.

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa, la finalità della disposizione in esame consiste nel favorire l’industria di produzione “esecutiva” nazionale, rendendo più conveniente, per le grandi produzioni estere, avvalersi dei servizi di produzione italiani, di manodopera nazionale e delle locations cinematografiche di cui il nostro Paese è ricco.

 

Il comma 12 rimette ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali - da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico - la fissazione delle disposizioni applicative del sopra illustrato comma 11.

 

Il comma 13 stabilisce che il credito di imposta di cui al comma 11 non concorre:

-        alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi;

-        alla formazione del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Altresì, esso non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 96 e 109, comma 5, del TUIR – ossia ai fini del calcolo degli interessi passivi deducibili dalla base imponibile IRES – ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Valgono per il comma 13 le precisazioni svolte relativamente al comma 7 (si veda supra).

 

I commi 14, 15, 16 e 17, introdotti nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, dispongono ulteriori agevolazioni fiscali in favore della produzione e della distribuzione cinematografiche.

In particolare, il comma 14, stabilisce che gli utili dichiarati dalle imprese di produzione, di distribuzione cinematografica[26] non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette se sono impiegati nelle attività proprie delle suddette imprese per lungometraggi, film di animazione, di interesse culturale e d’essai[27]. L’agevolazione è concessa a condizione che il film da realizzare sia un film riconosciuto di nazionalità italiana, ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 28 del 2004 (si v. supra).

Il presente beneficio è concesso esclusivamente alle imprese che tengono la contabilità ordinaria, ai sensi degli articoli 13 e 18, comma 6, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

 

I citati articoli del D.P.R. n. 600 del 1973 stabiliscono che i sottoindicati soggetti devono, o possono in seguito all’esercizio di apposita opzione, tenere la contabilità ordinaria:

a)       società soggette all'imposta sulle società - IRES;

b)      enti pubblici e privati, diversi dalle società, soggetti all'imposta sulle società - IRES, e trust, aventi per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale;

c)       società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate;

d)       persone fisiche che esercitano imprese commerciali;

e)       persone fisiche che esercitano arti e professioni;

f)        società e associazioni fra artisti e professionisti;

g)       enti pubblici e privati, diversi dalle società, soggetti all'imposta sulle società - IRES, e trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale;

h)       sostituti di imposta;

i)         allevatori di animali che utilizzano mangimi ottenibili per meno di un quarto dal proprio terreno.

 

Il successivo comma 15concede un’agevolazione analoga alla precedente, ma limitata al 30 per cento degli utili, alle imprese italiane operanti in settori diversi da quello cinematografico che impiegano i propri utili, da sole o per mezzo di accordi con imprese del settore, in attività di produzione o di distribuzione relative agli stessi film di cui al comma 14 del presente articolo. Anche in questo caso il beneficio è riconosciuto esclusivamente ai soggetti che tengono la contabilità ordinaria.

 

Ai sensi del comma 16, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico, entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, sono adottate le disposizioni applicative delle agevolazioni di cui ai commi 14 e 15.

 

Il comma 17, fissa un limite di spesa per le agevolazioni di cui ai commi 14 e 15, pari a 5 milioni di euro per il 2008, 10 milioni per il 2009 e 15 milioni per il 2010.

 

Il comma 18, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione bilancio, assegna un contributo straordinario di 2 milioni di euro per il 2008, 8 milioni per il 2009 e 10 milioni per il 2010 ( nel testo approvato dal Senato il contributo previsto era di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2008-2010) al Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, di cui all’articolo 12 del D.Lgs. n. 28/2004, destinato alla realizzazione, al ripristinoe all’adeguamento tecnico e tecnologico delle sale cinematografiche in deroga al medesimo comma 4 dell’articolo 12.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 - nel prevedere una nuova disciplina organica in materia di cinematografia - ha definito un nuovo sistema di sostegno pubblico al cinema, mediante l’istituzione (art. 12 del D.Lgs.) del Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, al quale affluiscono le risorse già esistenti, in particolare, nel Fondo di intervento, nel Fondo di sostegno e nel Fondo di garanzia, nonché la quota del cinema nell’ambito del Fondo unico dello spettacolo (FUS).

La gestione di tale Fondo è stata recentemente regolata dal D.M. 6 marzo 2006 che, in attuazione del comma 5 dell’articolo 12, ha definito le modalità tecniche di gestione e di erogazione dei finanziamenti e dei contributi, nonché le modalità di monitoraggio ed impiego dei finanziamenti concessi[28].

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 12 le finalità del Fondo riguardano:

a)       finanziamento di investimenti per la produzione di opere filmiche;

b)       contributi a favore di imprese di distribuzione ed esportazione;

c)       contributi per la realizzazione, il ripristino e l'adeguamento di sale cinematografiche;

d)       contributi a favore delle industrie tecniche cinematografiche;

e)       contributi destinati ad ulteriori esigenze del settore delle attività cinematografiche, salvo diversa determinazione del Ministro con riferimento ad altri settori dello spettacolo.

Il Fondo è ripartito annualmente tra le suddette finalità con decreto ministeriale, sentita la Consulta territoriale per le attività cinematografiche (comma 4)[29].

Da ultimo, la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto, (articolo 1, comma 1140) che al Fondo sia assegnato un contributo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Tale contributo é finalizzato ad interventi di sostegno a istituzioni, grandi eventi di carattere culturale, nonché ad ulteriori esigenze del settore dello spettacolo; si dispone inoltre, in deroga al comma 4 del citato articolo 12, che gli interventi siano stabiliti annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali.

La medesima legge (articolo 1, comma 1151) ha introdotto all’articolo 12 del citato D.Lgs. n. 28 del 2004 alcune modifiche formali (volte a sostituire il termine “finanziamento” con il termine “sostegno” o “contributo”) ed ha sostituito l’articolo 13, rendendo lo Stato - secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa – “co-produttore” del film che ha finanziato[30].

Restano sostanzialmente invariate le norme concernenti la revoca dei contributi, i contributi alle imprese di produzione per lo sviluppo di sceneggiature originali, i premi di qualità.

 

Il comma 19 subordina l’efficacia dei commi da 11 a 15 all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi del sopra illustrato articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea[31] (si veda quanto segnalato sub comma 10).

Tale autorizzazione deve essere richiesta alla Commissione europea dal Ministero per i beni e le attività culturali.

Si prevede che l’agevolazione possa essere fruita esclusivamente in relazione al costo sostenuto successivamente alla data della decisione di autorizzazione della Commissione europea.

 


 

Articolo 13
(Attribuzione di funzioni alla Agenzia delle entrate
e dichiarazione sostitutiva unica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 13.

(Attribuzione di funzioni alla Agenzia delle entrate e dichiarazione sostitutiva unica).

Art. 13.

(Attribuzione di funzioni alla Agenzia delle entrate e dichiarazione sostitutiva unica).

1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico:

    a) all'articolo 1, comma 3-bis, le parole: «dall'I.N.P.S.» sono sostituite dalle seguenti: «dall'Agenzia delle entrate»;

    a) all'articolo 1, comma 3-bis, le parole: «calcolato dall'I.N.P.S.» sono sostituite dalle seguenti: «risultante al Sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente gestito dall'I.N.P.S.»;

    b) l'articolo 4 è sostituito dal seguente:

    b) identica;

«Art. 4. - (Dichiarazione sostitutiva unica). - 1. Il richiedente la prestazione presenta un'unica dichiarazione sostitutiva, ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di validità annuale, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente di cui all'articolo 2, ancorché l'ente si avvalga della facoltà riconosciutagli dall'articolo 3, comma 2. È lasciata facoltà al cittadino di presentare, entro il periodo di validità della dichiarazione sostitutiva unica, una nuova dichiarazione, qualora intenda far rilevare i mutamenti delle condizioni familiari ed economiche ai fini del calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente del proprio nucleo familiare. Gli enti erogatori possono stabilire per le prestazioni da essi erogate la decorrenza degli effetti di tali nuove dichiarazioni.

 

2. La dichiarazione di cui al comma 1 è presentata ai comuni o ai centri di assistenza fiscale previsti dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o direttamente all'amministrazione pubblica alla quale è richiesta la prima prestazione o alla sede dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) competente per territorio. Tali soggetti trasmettono telematicamente all'Agenzia delle entrate le relative informazioni.

 

3. È comunque consentita la presentazione all'Agenzia delle entrate, in via telematica, della dichiarazione sostitutiva unica direttamente a cura del soggetto richiedente la prestazione agevolata.

 

4. L'Agenzia delle entrate determina l'indicatore della situazione economica equivalente in relazione:

 

    a) agli elementi in possesso del Sistema informativo dell'anagrafe tributaria;

 

    b) ai dati autocertificati dal soggetto richiedente la prestazione agevolata.

 

5. In relazione ai dati autocertificati dal soggetto richiedente, l'Agenzia delle entrate, sulla base di appositi controlli automatici, individua altresì l'esistenza di omissioni, ovvero difformità degli stessi rispetto agli elementi conoscitivi in possesso del predetto Sistema informativo.

 

6. Gli esiti delle attività effettuate ai sensi dei commi 4 e 5 sono comunicati dall'Agenzia delle entrate, mediante procedura informatica, ai soggetti che hanno trasmesso le informazioni ai sensi del comma 2, ovvero direttamente al soggetto che ha presentato la dichiarazione sostitutiva unica ai sensi del comma 3, nonché in ogni caso all'INPS ai sensi dell'articolo 4-bis, comma 1.

 

7. Sulla base della comunicazione dell'Agenzia delle entrate, di cui al comma 6, i comuni, i centri di assistenza fiscale, l'INPS e le amministrazioni pubbliche ai quali è presentata la dichiarazione sostitutiva rilasciano un'attestazione, riportante l'indicatore della situazione economica equivalente, nonché il contenuto della dichiarazione e gli elementi informativi necessari per il calcolo. Analoga attestazione è rilasciata direttamente dall'Agenzia delle entrate nei casi di cui al comma 3. L'attestazione riporta anche le eventuali omissioni e difformità di cui al comma 5. La dichiarazione, munita dell'attestazione rilasciata, può essere utilizzata, nel periodo di validità, da ogni componente il nucleo familiare per l'accesso alle prestazioni agevolate di cui al presente decreto.

 

8. In presenza delle omissioni o difformità di cui al comma 5, il soggetto richiedente la prestazione può presentare una nuova dichiarazione sostitutiva unica, ovvero può comunque richiedere la prestazione mediante l'attestazione relativa alla dichiarazione presentata recante le omissioni o le difformità rilevate dall'Agenzia delle entrate. Tale dichiarazione è valida ai fini dell'erogazione della prestazione, fatto salvo il diritto degli enti erogatori di richiedere idonea documentazione atta a dimostrare la completezza e veridicità dei dati indicati nella dichiarazione. Gli enti erogatori eseguono, singolarmente o mediante un apposito servizio comune, tutti i controlli ulteriori necessari e provvedono ad ogni adempimento conseguente alla non veridicità dei dati dichiarati.

 

9. Ai fini dei successivi controlli relativi alla determinazione del patrimonio mobiliare gestito dagli operatori di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, l'Agenzia delle entrate, in presenza di specifiche omissioni o difformità rilevate ai sensi del comma 5, effettua, sulla base di criteri selettivi, apposite richieste di informazioni ai suddetti operatori, avvalendosi delle relative procedure automatizzate di colloquio.

 

10. Nell'ambito della programmazione dell'attività di accertamento della Guardia di finanza, una quota delle verifiche è riservata al controllo sostanziale della posizione reddituale e patrimoniale dei nuclei familiari dei soggetti beneficiari di prestazioni, secondo criteri selettivi.

 

11. I nominativi dei richiedenti nei cui confronti emergono divergenze nella consistenza del patrimonio mobiliare sono comunicati alla Guardia di finanza al fine di assicurare il coordinamento e l'efficacia dei controlli previsti dal comma 10.

 

12. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro delle politiche per la famiglia e il Mi-nistro della salute, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono individuate le componenti autocertificate della dichiarazione, di cui al comma 4, lettera b), e le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo, nonché stabilite specifiche attività di sperimentazione da condurre in sede di prima applicazione.

 

13. Con apposita convenzione stipulata tra l'INPS e l'Agenzia delle entrate, nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono disciplinate le modalità per lo scambio delle informazioni necessarie all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo»;

 

    c) all'articolo 4-bis:

    c) identico;

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

1) identico:

«1. L'Agenzia delle entrate trasmette le necessarie informazioni al Sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente, gestito dall'Istituto nazionale della previdenza sociale ai sensi del presente comma»;

«1. L'Agenzia delle entrate trasmette le necessarie informazioni al Sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente, gestito ai sensi del presente articolo dall'Istituto nazionale della previdenza sociale che, per l'alimentazione del Sistema, può stipulare apposite convezioni con i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, lettera d), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322»;

2) al comma 2, le parole: «comma 7» sono sostituite dalle seguenti: «comma 8»;

2) identico;

    d) all'articolo 6:

    d) identica.

1) al comma 2, le parole: «comma 3» e «comma 6» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «comma 2» e «comma 12»;

 

2) al comma 3, le parole: «comma 7» sono sostituite dalle seguenti: «commi 8 e 9» e dopo le parole: «gli enti erogatori» sono inserite le seguenti: «, l'Agenzia delle entrate»;

 

3) al comma 4, primo e quarto periodo, le parole: «Istituto nazionale della previdenza sociale» sono sostituite dalle seguenti: «Agenzia delle entrate»;

 

4) al comma 5, ultimo periodo, dopo le parole: «dall'Istituto nazionale della previdenza sociale» sono inserite le seguenti: «, dall'Agenzia delle entrate».

 

 

 

L’articolo 13 interviene sulla disciplina relativa all’attestazione dell’Indicatore della Situazione Economia Equivalente (c.d. ISEE).

 

Nel corso dell’esame del provvedimento presso la V Commissione Bilancio, la gestione del Sistema informativo dell’ISEE è stata di nuovo affidata all’I.N.P.S., dopo che il testo licenziato dal Senato aveva previsto il passaggio della gestione dello stesso ISEE all’Agenzia delle entrate, allo scopo, come indicato nella relazione tecnica allegata all’emendamento, di semplificare le procedure amministrative e razionalizzare i controlli al fine di ridurre la concessione di indebite prestazioni sociali erogate sulla base di autocertificazioni dei contribuenti non corrispondenti alla loro reale situazione familiare, economica e patrimoniale.

 

Le modifiche apportate dall’articolo in esame interessano, in particolare, gli articoli 1, 4, 4-bis e 6 del decreto legislativo n. 109 del 1998.

 

Il decreto legislativo n. 109/1998recante “Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449” individua criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche (articolo 1). In particolare, il comma 3-bis, attribuisce alle autorità competenti in materia di regolazione dei servizi di pubblica utilità, la facoltà di utilizzare l'indicatore della situazione economica equivalente calcolato dall'I.N.P.S. per la eventuale definizione di condizioni agevolate di accesso ai servizi di rispettiva competenza.

Ai fini della determinazione dell’ISEE rilevano, ai sensi dell’articolo 2, la composizione del nucleo familiare, la somma dei redditi percepiti dal nucleo familiare e la situazione economica e patrimoniale del nucleo familiare.

Con riferimento a ciascuna prestazione sociale, l’ente erogatore può prevedere ulteriori requisiti necessari che comunque si aggiungono a quelli previsti per il rilascio dell’attestazione ISEE (articolo 3).

L’articolo 4 dispone che, ai fini del rilascio della dichiarazione ISEE, il soggetto richiedente deve presentare un’autocertificazione con l’indicazione dei dati necessari per la determinazione dell’indicatore. L’autocertificazione può essere presentata ai comuni, ai centri di assistenza fiscale, all’INPS o alle amministrazioni pubbliche i quali rilasciano un’attestazione contenente gli elementi informativi necessari per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente. Tale attestazione viene poi presentata dal contribuente all’ente erogatore il quale effettua dei controlli, singolarmente o mediante un apposito servizio comune, la veridicità della situazione familiare dichiarata e confrontano i dati reddituali e patrimoniali dichiarati dai soggetti con i dati in possesso del sistema informativo del Ministero dell’economia e delle finanze. L’INPS, in particolare, utilizza le informazioni di cui dispone nei propri archivi o in quelli delle amministrazioni collegate.

Ai sensi dell’articolo 4-bis, l’ente a cui è stata presentata la dichiarazione sostitutiva unica raccoglie le informazioni e le trasmette ad una apposita banca dati costituita e gestita dall’INPS. L’INPS calcola il valore ISEE e lo comunica ai componenti del nucleo familiare per il quale è stata presentata la dichiarazione di cui all'articolo 4 nonché agli enti erogatori di prestazioni sociali agevolate (comma 1). In base al comma 2, l’ente erogatore, qualora il richiedente la prestazione sociale agevolata o altro componente il suo nucleo familiare abbia già presentato la dichiarazione sostitutiva unica, richiede all’INPS l'indicatore della situazione economica equivalente. L'ente erogatore richiede all’INPS anche le informazioni analitiche contenute nella dichiarazione sostitutiva unica quando procede alle integrazioni e alle variazioni di cui all'articolo 3, ovvero effettua i controlli di cui all'articolo 4, comma 7, o quando costituisce e gestisce, nel rispetto delle vigenti disposizioni sulla tutela dei dati personali, una banca dati relativa agli utenti delle prestazioni da esso erogate. Secondo il comma 3, l’INPS rende disponibili le informazioni analitiche o l'indicatore della situazione economica equivalente relativi al nucleo familiare, agli enti utilizzatori della dichiarazione sostitutiva unica presso i quali il richiedente ha presentato specifica domanda.

L’articolo 5 dispone che l'INPS, le amministrazioni, gli enti erogatori e quelli responsabili delle attività di controllo delle dichiarazioni sostitutive dei richiedenti comunicano alla Commissione tecnica per la spesa pubblica le informazioni concernenti le modalità applicative, l'estensione e le caratteristiche dei beneficiari delle prestazioni. La commissione elabora annualmente un rapporto che viene trasmesso al Parlamento dal Ministro dell’economia e finanze.

Infine, l’articolo 6 reca disposizioni in materia di tutela dei dati personali con riferimento alle informazioni disponibili.

 

Il comma 1, lettera a), così come sostituito da un emendamento approvato nel corso dell’esame del provvedimento presso la V Commissione Bilancio, modifica l’articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 109 del 1998, specificando che le autorità e le amministrazioni pubbliche competenti possono utilizzare l'ISEE risultante al Sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente gestito dall’I.N.P.S..

Il testo licenziato dal Senato aveva attribuito all’Agenzia delle entrate il compito di calcolare l’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), sostituendo il riferimento, allo stesso comma richiamato, dell’I.N.P.S. con il riferimento all’Agenzia delle entrate.

 

Si segnala, in proposito, che la norma in esame contiene una serie di disposizioni procedurali che prevedono specifici compiti di controllo e accertamento a carico dell’Agenzia delle Entrate. In relazione a ciò, si valuti l’opportunità di coordinare le disposizioni procedurali contenute nei commi successivi con la previsione di affidare di nuovo all’I.N.P.S. la gestione del Sistema ISEE.

 

Il comma 1, lettera b), sostituisce interamente l’articolo 4 (Dichiarazione sostitutiva unica) del D.lgs. n. 109 del 1998.

 

Il nuovo articolo 4 riproduce, al comma 1, le disposizioni contenute nel comma 1 del vigente articolo 4. In particolare, si prevede che il richiedente la prestazione debba presentare un’unica dichiarazione sostitutiva, a norma del D.P.R. n. 445 del 2000[32], efficace per un anno, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente. E’ lasciata facoltà al cittadino di presentare, entro il periodo di validità della dichiarazione sostitutiva unica, una nuova dichiarazione, qualora intenda far rilevare i mutamenti delle condizioni familiari ed economiche e ai fini del calcolo dell’ISEE del proprio nucleo familiare; gli enti erogatori possono stabilire, per le prestazioni da essi erogate, la decorrenza degli effetti di tali nuove dichiarazioni.

Il nuovo comma 2, riproduce una parte delle disposizioni contenute nel comma 3 vigente relative all’obbligo di presentare la richiesta della dichiarazione unica sostitutiva ai comuni, ai centri di assistenza fiscale previsti dal d.lgs. n. 241 del 1997[33], all’amministrazione pubblica alla quale è richiesta la prima prestazione o alla sede I.N.P.S. territorialmente competente. Inoltre, viene introdotto l’obbligo per i suddetti soggetti di trasmettere all’Agenzia delle entrate le relative informazioni in via telematica.

I successivi nuovi commi, dal comma 3 al comma 9, riguardano le ulteriori fasi della procedura ai fini del rilascio dell’attestazione ISEE ed in particolare si prevede:

-       la facoltà per il soggetto richiedente la prestazione agevolata di presentare direttamente, in via telematica, la richiesta dell’attestazione all’Agenzia delle entrate (comma 3);

-       l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di utilizzare, ai fini del calcolo dell’ISEE, sia i dati autocertificati dal contribuente sia gli elementi in possesso del Sistema Informativo dell’Anagrafe tributaria[34] (comma 4);

-       l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di verificare, sulla base di controlli automatici, l’esistenza di omissioni o difformità tra i dati dichiarati dal contribuente e gli elementi conoscitivi in possesso del Sistema informativo dell’Anagrafe tributaria (comma 5);

-       l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di inviare ai soggetti che hanno trasmesso le informazioni di cui al sopra illustrato comma 2 (comuni, caf, amministrazioni pubbliche, sede INPS competente territorialmente), ovvero direttamente al soggetto che ha presentato richiesta ai sensi del comma 3, nonché, in ogni caso, all’I.N.P.S gli esiti delle attività effettuate ai sensi dei commi 4 e 5 (comma 6);

-       l’obbligo a carico dei soggetti di cui al comma 2 di rilasciare un’attestazione riportante l’ISEE calcolato dall’Agenzia delle entrate nonché il contenuto della dichiarazione e gli elementi informativi necessari per il calcolo. Il medesimo obbligo è previsto a carico dell’Agenzia delle entrate qualora il contribuente abbia presentato direttamente la richiesta ai sensi del comma 3 (comma 7);

-       la facoltà per il contribuente di presentare una nuova dichiarazione nel caso in cui l’Agenzia delle entrate abbia rilevato omissioni o difformità dei dati ovvero di richiedere la prestazione sulla base dell’ISEE determinato dall’Agenzia delle entrate utilizzando parzialmente i dati contenuti nell’autocertificazione (comma 8);

-       l’obbligo di avviare controlli relativamente al patrimonio mobiliare del richiedente in presenza di specifiche omissioni o difformità tra elementi disponibili e dati dichiarati. In particolare, l’Agenzia delle entrate presenta richieste di informazioni agli operatori finanziari di cui all’articolo 7, comma 6, del D.P.R. n. 605 del 1973[35] avvalendosi delle relative procedure automatizzate di colloquio (comma 9).

Il comma 10 stabilisce che, nell’ambito della programmazione dell’attività di accertamento della Guardia di finanza, una quota delle verifiche sia riservata al controllo sostanziale della posizione reddituale e patrimoniale dei nuclei familiari dei soggetti beneficiari di prestazioni, secondo criteri selettivi.

I nominativi dei richiedenti prestazioni nei cui riguardi emergono divergenze nella consistenza del patrimonio immobiliare devono essere comunicati, ai sensi del comma 11, alla Guardia di finanza, al fine di assicurare il coordinamento e l’efficacia dei controlli previsti dal comma 10 sopra illustrato.

Il comma 12 rimette ad un apposito D.P.C.M., da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro delle politiche per la famiglia e con il Ministro della salute – l’individuazione delle componenti autocertificate della dichiarazione di cui al comma 4, lettera b), sopra illustrato, la determinazione delle modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo 4, nonché la statuizione delle specifiche attività di sperimentazione da condurre in sede di prima applicazione.

Il comma 13rimette ad un’apposita convenzione stipulata tra l’I.N.P.S. e l’Agenzia delle entrate, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali di cui al d.lgs. n. 196 del 2003[36], la disciplina delle modalità per lo scambio delle informazioni necessarie all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo 4.

 

Il comma 1, lettera c), modifica l’articolo 4-bis (Sistema informativo dell'indicatore della situazione economica equivalente) del d.lgs. n. 109 del 1998[37].

Il numero 1) sostituisce interamente il comma 1 dell’articolo 4-bis, attribuendo all’Agenzia delle entrate, in luogo dell’ente erogatore della prestazione come attualmente previsto, il compito di trasmettere le necessarie informazioni al Sistema informativo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) gestito, ai sensi dell’articolo in esame, dall’I.N.P.S.. In seguito all’approvazione di un emendamento del Governo nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio è stato precisato che lo stesso I.N.P.S:, per l’alimentazione del sistema, possa stipulare apposite convenzioni con i centri di assistenza fiscale incaricati della trasmissione delle dichiarazioni fiscali in via telematica, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera d), del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322[38]

Il numero 2) reca una modifica formale al comma 2 dell’articolo 4-bis, al fine di coordinarlo con l’articolo 4 del d.lgs. n. 109, come sostituito dalla sopra illustrata lettera b).

 

Il comma 1, lettera d), modifica l’articolo 6 (Trattamento dei dati) del d.lgs. n. 109 del 1998: si tratta di alcune modifiche formali volte a coordinare la disposizione con il testo del nuovo articolo 4 del d.lgs. n. 109, introdotto dalla sopra illustrata lettera b).


 

Articolo 14, commi 1-3, 10-12
(Assunzioni di personale per il potenziamento dell’attività dell’amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

1. Entro il 15 gennaio 2008 l'Agenzia delle entrate definisce un piano di controlli che preveda obiettivi superiori a quelli precedentemente definiti, ai fini del contrasto all'evasione tributaria. Per raggiungere gli obiettivi del piano è autorizzata, anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo, la spesa di 27,8 milioni di euro per l'anno 2008, di 60,8 milioni di euro per l'anno 2009 e di 110,1 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, da parte dell'Agenzia delle entrate. A tal fine l'Agenzia utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate e per le quali il limite di età anagrafica vigente per i contratti di formazione lavoro dei soggetti risultati idonei è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa, ovvero ricorre alla mobilità, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 536, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

1. Identico.

2. Anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti e al fine di potenziare le attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi, di soccorso pubblico, di ispettorato e di controllo di altre amministrazioni statali, nonché al fine di ridurre gli oneri derivanti dall'applicazione della legge 24 marzo 2001, n. 89, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, è autorizzata la spesa per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale:

2. Identico:

    a) nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

    a) nella sola qualifica di vigile del fuoco e attraverso le procedure selettive previste dai commi 519 e 526 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per 7 milioni di euro per l'anno 2008, 16 milioni di euro per l'anno 2009 e 26 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

    b) nell'amministrazione penitenziaria, per 1,5 milioni di euro per l'anno 2008, 5 milioni di euro per l'anno 2009 e 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

    b) identica;

    c) nel Corpo forestale dello Stato, che può avvalersi, per il reclutamento, della possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

    c) nel Corpo forestale dello Stato per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, anche nei ruoli iniziali nel limite delle vacanze dei ruoli superiori e con successivo riassorbimento al passaggio a tali ruoli, con possibilità di utilizzare le graduatorie di idonei dei concorsi già banditi o conclusi, nonché per compensare gli effetti finanziari dell'eventuale deroga all'articolo 5, comma 5, ultimo periodo, della legge 6 febbraio 2004, n. 36;

    d) nel ruolo degli Ispettori del lavoro, per 1 milione di euro per l'anno 2008, 8 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010;

    d) identica;

    e) nell'Agenzia delle dogane, che utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate e per le quali il limite di età anagrafica vigente per i contratti di formazione lavoro dei soggetti risultati idonei è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa, ovvero ricorre alla mobilità, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 536, della legge n. 296 del 2006, per 4 milioni di euro per l'anno 2008, 16 milioni di euro per l'anno 2009 e 32 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010.

    e) identica.

3. L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per far fronte ai propri compiti istituzionali ed alle esigenze connesse con la protezione civile, anche ai fini della stabilizzazione è autorizzata a bandire concorsi, per titoli ed esami, e a procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite della dotazione organica approvata con decreto del direttore generale n. 122 del 2005.

3. Identico.

(omissis)

(omissis)

10. A valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo, è autorizzata la spesa di 1,75 milioni di euro per l'anno 2008, di 4,5 milioni di euro per l'anno 2009 e di 6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per l'assunzione di magistrati amministrativi, la spesa di 1,75 milioni di euro per l'anno 2008, di 6,5 milioni di euro per l'anno 2009 e di 8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per l'assunzione di magistrati contabili e la spesa di 0,5 milioni di euro per l'anno 2008, di 1 milione di euro per l'anno 2009 e di 1,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010 per l'assunzione di avvocati e procuratori dello Stato.

10. Identico.

11. Le amministrazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 10 trasmettono annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica un rapporto informativo sulle assunzioni effettuate e sugli oneri sostenuti in relazione alle disposizioni di cui al presente articolo.

11. Identico.

12. Il distacco del personale dall'Agenzia del territorio ai comuni in attuazione dell'articolo 1, comma 199, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è disposto con le modalità di cui all'articolo 30, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.

12. Identico.

 

 

L’articolo 14, introdotto dal Senato e modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio della Camera, reca disposizioni volte a potenziare l’attività dell’amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, soprattutto attraverso degli stanziamenti finalizzati all’assunzione di personale, nonché disposizioni in materia di processo tributario.

 

In particolare, il comma 1, nel disporre la definizione, da parte dell’Agenzia delle entrate, entro il 15 gennaio 2008, di un piano di controlli ai fini del contrasto all’evasione tributaria che preveda obiettivi superiori a quelli precedentemente definiti, prevede lo stanziamento di apposite risorse per assunzioni di personale finalizzate al raggiungimento degli obiettivi del piano.

Più specificamente, viene autorizzata, anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni dell’articolo in esame, la spesa di 27,8 milioni di euro per il 2008, di 60,8 milioni di euro per il 2009 e di 110,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2010, per assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, da parte dell’Agenzia delle entrate.

A tal fine, l’Agenzia utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate. Inoltre, la norma in esame sembrerebbe disporre (sarebbe tuttavia opportuna una formulazione più perspicua) che, nell’ambito delle procedure selettive già espletate relative a contratti di formazione e lavoro (CFL), il limite di età anagrafica vigente per i medesimi contratti, per i soggetti risultati idonei, è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa (e non alla data di eventuale assunzione in base alla norma in esame).

La norma prevede anche un’altra modalità cui l’Agenzia può ricorrere per l’effettuazione delle assunzioni in questione, cioè le procedure di mobilità[39], anche ai sensi dell’articolo 1, comma 536, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006).

 

Si osserva che non è chiaro se la mobilità sia utilizzabile per le assunzioni in alternativa all’utilizzo delle graduatorie relative alle procedure selettive già espletate, o se invece sia utilizzabile solamente in via subordinata.

Si osserva inoltre che andrebbe chiarito il riferimento all’articolo 1, comma 536, della legge finanziaria 2007.

Il richiamato comma 536 prevede una apposita procedura per l’autorizzazione delle assunzioni previste dai commi 523, 526, 528 e 530 della stessa L. 296 del 2006. In particolare, si dispone che tali assunzioni debbano essere autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001, sulla base di apposita richiesta delle amministrazioni corredata dalla illustrazione analitica delle cessazioni avvenute nell’anno precedente e dei corrispondenti oneri[40].

Lo stesso comma, inoltre, proroga al 31 dicembre 2008 il termine di validità delle graduatorie concorsuali, già prorogato dall’articolo 1, comma 100, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni.

 

Il successivo comma 2 dispone una serie di stanziamenti volti ad assunzioni di personale, anche di qualifica dirigenziale, anche in deroga ai limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, al fine di potenziare le attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi, di soccorso pubblico, di ispettorato e di controllo di altre amministrazioni statali, nonché al fine di ridurre gli oneri derivanti dall’applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89[41].

Andrebbe valutato se sia effettivamente opportuno mantenere il riferimento alla finalità di ridurre gli oneri derivanti dall’applicazione della L. 89 del 2001, dal momento che, rispetto al testo iniziale dell’articolo in esame aggiunto dalla Commissione Bilancio del Senato, è stata soppressa la disposizione relativa all’assunzione del personale della giustizia amministrativa.

 

La richiamata L. 89 del 2001 ha inteso fornire risposta alla violazione del principio del tempo ragionevole del processo. La legge ha previsto non un risarcimento commisurato all'entità del danno ma “un'equa riparazione” In favore di chi ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di una violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ratificata con la legge 4 agosto 1955, n. 848), sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole del processo.

La legge delinea il nuovo procedimento necessario a far valere il diritto all'equa riparazione, il giudice competente (corte d’appello), le formalità per la presentazione della domanda. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze.

Il decreto di accoglimento della domanda è comunicato anche al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.

 

In particolare, si prevedono in proposito le seguenti autorizzazioni di spesa:

§       7 milioni di euro per il 2008, 16 milioni di euro per il 2009 e 26 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nella sola qualifica di vigile del fuoco, attraverso le procedure selettive previste dai commi 519 e 526 della legge finanziaria 2007 per la stabilizzazione del personale volontario del medesimo Corpo (comma 2, lettera a), modificata nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio);

 

Il menzionato comma 519 reca disposizioni, per l’anno 2007, relative alla stabilizzazione presso le pubbliche amministrazioni del personale precario in possesso di determinati requisiti (cfr. amplius la scheda relativa all’articolo 114).

I periodi quarto e quinto del comma in esame prevedono una disciplina specifica per la stabilizzazione del personale precario dei vigili del fuoco.

In particolare con tali disposizioni si prevede che, “nei limiti del presente comma”[42], la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è consentita al personale che risulti iscritto negli appositi elenchi istituiti presso i comandi provinciali dei vigili del fuoco, di cui all’articolo 6 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139[43], da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio. La definizione dei criteri, del sistema di selezione, nonché delle modalità abbreviate per il corso di formazione viene demandata ad un successivo decreto del Ministro dell’interno, fermo restando il possesso dei requisiti ordinari per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco, previsti dalle vigenti disposizioni.

 

Invece il comma 526 reca disposizioni relative alla stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni per gli anni 2008 e 2009 (cfr. amplius supra).

I periodi secondo e terzo del comma in esame recano una disciplina specifica per la stabilizzazione del personale precario dei vigili del fuoco.

Si prevede quindi che, nel limite del contingente di personale previsto dal medesimo comma (corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente), è autorizzata la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che alla data del 1° gennaio 2007 risulti iscritto negli appositi elenchi di cui al citato articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139 da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di 120 giorni di servizio, tramite la trasformazione dei relativi rapporti in contratti di lavoro a tempo indeterminato.

Il comma in esame demanda altresì la definizione dei criteri, del sistema di selezione, nonché delle modalità abbreviate per il corso di formazione ad un successivo decreto del Ministro dell’interno, fermo restando il possesso dei requisiti ordinari per l’accesso alla qualifica di vigile del fuoco, previsti dalle vigenti disposizioni.

 

§       1,5 milioni di euro per il 2008, 5 milioni di euro per il 2009 e 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2010, per assunzioni nell’amministrazione penitenziaria (comma 2, lettera b));

§       1 milione di euro per il 2008, 8 milioni di euro per il 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nel Corpo forestale dello Stato, anche nei ruoli iniziali nel limite delle vacanze dei ruoli superiori e con successivo riassorbimento al passaggio a tali ruoli, con la possibilità di utilizzazione delle graduatorie di idonei dei concorsi già banditi o conclusi, nonché per compensare gli effetti finanziari dell’eventuale deroga all’articolo 5, comma 5, ultimo periodo, della legge n. 36 del 2004[44] (comma 2, lettera c), modificata nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio);

Si ricorda che il citato art. 5, comma 5, della L. 36 del 2004 ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2003, la modifica delle dotazioni organiche nell'ambito del ruolo direttivo dei funzionari e del ruolo dei dirigenti del Corpo forestale dello Stato, per esigenze funzionali connesse alla organizzazione degli uffici periferici del medesimo Corpo, mediante la previsione dell'istituzione della dirigenza a livello provinciale connessa alla funzione di comandante di ufficio provinciale, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica e nei limiti della dotazione complessiva dei due ruoli. Al riguardo viene specificato che l'adeguamento dei posti in organico di livello dirigenziale deve essere compensato con una corrispondente diminuzione del numero dei posti nel ruolo direttivo dei funzionari, equivalente sul piano finanziario al fine di assicurare l'invarianza degli oneri finanziari.

 

§        1 milione di euro per il 2008, 8 milioni di euro per il 2009 e 16 milioni di euro annui a decorrere dal 2010, per assunzioni nel ruolo degli Ispettori del lavoro (comma 1, lettera d));

§       4 milioni di euro per il 2008, 16 milioni di euro per il 2009 e 32 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 per assunzioni nell’Agenzia delle dogane (comma 2, lettera e)), la quale utilizza prioritariamente le graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate (si dispone al riguardo che il limite di età anagrafica vigente per i contratti di formazione e lavoro, per i soggetti risultati idonei, è riferito alla data di formazione della graduatoria stessa), ovvero ricorre alle procedure di mobilità, anche ai sensi dell’articolo 1, comma 536, della legge finanziaria per il 2007 (cfr. supra, le osservazioni riferite ad analoga disposizione contenuta nel comma 1).

 

Il comma 3 autorizza l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per far fronte ai propri compiti istituzionali e alle esigenze connesse con la protezione civile, anche ai fini della stabilizzazione, a bandire concorsi, per titoli ed esami, e a procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato, nel limite della dotazione organica approvata con decreto del direttore generale n. 122 del 2005.

 

L'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) è stata istituita con l’articolo 38 del decreto legislativo n. 300 del 1999, che ha disposto il trasferimento all’APAT delle attribuzioni dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente (ANPA) e dei Servizi tecnici nazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ad eccezione di quelle del Servizio sismico nazionale, assorbite dall’Agenzia per la protezione civile.

L'Agenzia svolge i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale per la protezione dell'ambiente, per la tutela delle risorse idriche e della difesa del suolo, nonché le funzioni relative al coordinamento tecnico nei confronti delle Agenzie regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché degli altri organismi eventualmente costituiti per lo svolgimento di analoghe funzioni. Inoltre, nei settori di propria competenza, l'APAT svolge attività di collaborazione, consulenza, servizio e supporto alle altre pubbliche amministrazioni, definite con apposite convenzioni. Essa ha autonomia tecnico-scientifica e finanziaria, ed è sottoposta ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al controllo della Corte dei Conti.

L'APAT opera sulla base di un programma triennale, aggiornato annualmente, che determina obiettivi, priorità e risorse, in attuazione delle direttive del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, nei settori di propria competenza, l'APAT svolge attività di collaborazione, consulenza, servizio e supporto alle altre pubbliche Amministrazioni, definite con apposite convenzioni.

Per effetto dell’art. 1, comma 109, del decreto legge del 3 ottobre 2006 n. 262 , l’APAT si configura come persona giuridica di diritto pubblico ad ordinamento autonomo, con autonomia tecnico-scientifica, regolamentare, organizzativa, gestionale, patrimoniale finanziaria e contabile.

Attualmente, per garantire senza soluzioni di continuità il funzionamento dell'Agenzia, in attesa della costituzione degli organi di amministrazione e dell’adozione di un nuovo statuto (a tutt’oggi non ancora emanato), con il DPCM 19 ottobre 2006 si è provveduto alla nomina di un Commissario straordinario, con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione.

Da ultimo si segnala che, presso la VIII Commissione (Ambiente), è in corso di esame la proposta di legge AC 1561 che si propone la riforma organica del sistema delle agenzie ambientali, attraverso sostanziali innovazioni all’attuale disciplina dell’organizzazione e del funzionamento, nonché delle funzioni delle medesime.

 

Il comma 10 autorizza, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo:

-        la spesa di 1,75 milioni di euro per l’anno 2008, di 4,5 milioni di euro per l’anno 2009 e di 6 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, per l’assunzione di magistrati amministrativi;

-        la spesa di 1,75 milioni di euro per l’anno 2008, di 6,5 milioni di euro per l’anno 2009 e di 8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010 per l’assunzione di magistrati contabili;

-        la spesa di 0,5 milioni di euro per l’anno 2008, di 1 milione di euro per l'anno 2009 e di 1,5 milioni di euro, a decorrere dall’anno 2010, per l’assunzione di avvocati e procuratori dello Stato.

 

Il comma 11 dispone l’obbligo, per le amministrazioni di cui ai precedenti commi 1, 2, 4 e 10, di trasmettere annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, un rapporto informativo sulle assunzioni effettuate e sugli oneri sostenuti in relazione alle disposizioni di cui al presente articolo.

 

Infine, il comma 12prevede che il distacco del personale dall’Agenzia del territorio ai comuni, in attuazione dell’articolo 1, comma 199, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), è disposto con le modalità di cui all’articolo 30, comma 2, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276[45].

 

I commi da 195 a 200 dell’articolo 1 della richiamata L. 296 del 2006 recano le modalità di esercizio delle funzioni catastali spettanti agli enti locali, prevedendo (comma 195) che i comuni – a decorrere dal 1° novembre 2007 – esercitino direttamente le funzioni catastali ad essi attribuite dall’articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

In particolare, in base alla condizione posta nel richiamato comma 199, l’Agenzia del territorio è tenuta a salvaguardare il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all’utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso, su tutto il territorio nazionale, la circolazione e la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia deve inoltre fornire assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale. Si prevede che l’assegnazione di personale (dall’Agenzia ai comuni) possa avere luogo anche attraverso, appunto, l’istituto del distacco.

 

In proposito, si ricorda che il richiamato articolo 30 del D.Lgs. 276 del 2003 ha disciplinato l’istituto del distacco, che si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa (comma 1).Inoltre, in caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore (comma 2).

Il distacco che comporti un mutamento di mansioni, ai sensi del comma 3, deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

Resta ferma, ai sensi del comma 4, la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del D:L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236[46].

Infine, il comma 4-bis prevede che qualora il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale, a norma dell'articolo 414 c.p.c., sulla forma della domanda per il ricorso, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'articolo 27, comma 2[47].


 

Articolo 14, comma 3-bis
(Potenziamento dell’attività dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

 

3-bis. Al fine di potenziare l'attività dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, di cui all'articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2008.

 

 

Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio[48], prevede l’autorizzazione allo stanziamento di 1 milione di euro a decorrere dal 2008 per il potenziamento dell’attività dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione.

L’art. 1 della L. 3/2003[49] ha istituito l’Alto Commissario, alla diretta dipendenza funzionale del Presidente del Consiglio dei ministri. Le funzioni attribuite dalla legge all’Alto Commissario “sono volte ad assicurare l’osservanza dei principi costituzionali di correttezza, imparzialità e buon andamento che regolano l’attività dell’intera pubblica amministrazione ed appaiono correlate alla volontà del legislatore di accrescere la fiducia dei cittadini nei confronti della legalità dell’agire pubblico”[50].

 

L’Alto Commissario esercita le funzioni nell’ambito della pubblica amministrazione, fatta eccezione per le regioni, le province autonome e gli enti locali. L’oggetto della sua attività mira essenzialmente alla ricostruzione e all’individuazione di fenomeni di illecito nonché al contrasto alla corruzione e ai pericoli di condizionamento da parte della criminalità organizzata nei confronti  della pubblica amministrazione. In tale ambito, per fatti denunciati, o su richiesta motivata delle amministrazioni, l’Alto Commissario può:

-        disporre indagini anche di natura conoscitiva;

-        elaborare analisi e studi sull’adeguatezza e congruità del quadro normativo e dei provvedimenti messi in atto dalle amministrazioni per prevenire e fronteggiare i fenomeni illeciti;

-        monitorare le procedure contrattuali e di spesa e i comportamenti da cui possa derivare un danno all’erario.

Per l’espletamento delle sue funzioni l’Alto Commissario può effettuare accertamenti indiretti (avvalendosi degli uffici e degli organi ispettivi e di verifica delle amministrazioni pubbliche e dei servizi di controllo interno) o accertamenti diretti (mediante audizioni o accedendo ai documenti e alle banche dati delle pubbliche amministrazioni). All’esito degli accertamenti, l’Alto Commissario rimette alle amministrazioni interessate le sue valutazioni. In caso di mancate risposte, l’Alto Commissario segnala le circostanze alla Procura della Repubblica competente.

Costituiscono obblighi per l’Alto Commissario la denuncia all’autorità giudiziaria competente, qualora dalle indagini dovessero emergere fatti costituenti un illecito penale, e la denuncia alla Corte dei conti, nell’ipotesi di danni all’erario.

L’Alto Commissario redige semestralmente una relazione sull’attività svolta. Tale relazione viene predisposta per il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale riferisce a sua volta in materia, annualmente, al Parlamento.

Si ricorda infine che il progetto di legge Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell’Autorità garante dell’ etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi (A.C. 1318-A), al Capo II prevede l’istituzione dell’Autorità per la prevenzione dei conflitti di interessi e delle forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione. Ai sensi dell’articolo 4, l’Autorità è istituita al fine di prevenire ed eventualmente sanzionare i conflitti di interessi delle cariche di governo statali, nonché di quelle regionali e locali; all’Autorità sono peraltro trasferite anche le funzioni attribuite dall’ordinamento all’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione, del quale si prevede la contestuale soppressione. Il progetto di legge è attualmente all’esame dell’Assemblea della Camera.


 

Articolo 14, comma 4
(Contrasto all’immigrazione clandestina)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

4. Per le esigenze di rafforzamento dell'attività di contrasto all'immigrazione clandestina, è autorizzata, a favore del Ministero dell'interno, la spesa di 9,1 milioni di euro per l'anno 2008, 19,1 milioni di euro per l'anno 2009 e 17,5 milioni di euro per l'anno 2010. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede, quanto a 12 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro per l'anno 2010, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge e, per la restante parte, pari a 9,1 milioni di euro per l'anno 2008, 7,1 milioni di euro per l'anno 2009 e 1,5 milioni di euro per l'anno 2010, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

4. Identico.

 

 

Il comma 4 dell’articolo 14 autorizza per il triennio 2008-2010 una spesa differenziata per ciascun anno a favore del Ministero dell’interno da utilizzare per il rafforzamento dell’attività di contrasto all’immigrazione clandestina.

A tal fine è autorizzata per il 2008 la spesa di 9,1 milioni di euro; per il 2009 di 19, 1 milioni di euro; per il 2010 di 17,5 milioni di euro.

Gli oneri derivanti da tale impegno sono reperiti come segue:

§      12 milioni per il 2009 e 16 milioni per il 2010 a valere sulle maggiorientrate derivanti da quanto disposto dalle norme dello stesso art. 14 e della legge finanziaria nel suo complesso;

§      i 9,1 milioni di euro previsti per il 2008, i restanti 7,1 milioni di euro della spesa prevista per il 2009 e i restanti 1,5 milioni di euro per il 2010 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 3, co. 151, della legge finanziaria 2004[51].

 

Il comma citato istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'amministrazione, con una dotazione, a decorrere dall'anno 2004, di 100 milioni di euro. La ripartizione tra le varie unità previsionali di base è demandata a decreti del Ministro dell'Interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche:

-        al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio;

-        alle competenti Commissioni parlamentari;

-        alla Corte dei conti.


 

Articolo 14, commi 5-9
(Disposizioni in materia di potenziamento dell’attività
di accertamento, ispettive e di controllo dell’Amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

5. A valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, per il mantenimento di un adeguato livello di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti istituzionali attribuiti al Corpo della Guardia di finanza, in particolare nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale, all'economia sommersa ed alle frodi fiscali, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo di parte corrente con una dotazione di 13 milioni di euro per l'anno 2008, 40 milioni di euro per l'anno 2009 e 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per le esigenze di funzionamento del Corpo della Guardia di finanza con particolare riguardo alle spese per prestazioni di lavoro straordinario, indennità di missione, acquisto di carburante per gli autoveicoli e manutenzione degli stessi. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti, si provvede alla ripartizione del predetto fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità «Guardia di finanza» del medesimo stato di previsione.

5. Identico.

6. Allo scopo di ridurre le spese a carico del bilancio dello Stato e di giungere ad una rapida definizione delle controversie pendenti presso la Commissione tributaria centrale, a decorrere dal 1o maggio 2008, il numero delle sezioni della predetta Commissione è ridotto a 21; le predette sezioni hanno sede presso ciascuna commissione tributaria regionale avente sede nel capoluogo di ogni regione e presso le commissioni tributarie di secondo grado di Trento e di Bolzano. A tali sezioni sono applicati i presidenti di sezione, i vice presidenti di sezione e i componenti delle commissioni tributarie regionali istituite nelle stesse sedi. Qualora un componente della Commissione tributaria centrale sia assegnato ad una sezione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano ne assume la presidenza. Le funzioni di segreteria sono svolte dal personale di segreteria delle commissioni tributarie regionali e delle commissioni di secondo grado di Trento e di Bolzano. I presidenti di sezione ed i componenti della Commissione tributaria centrale, nonché il personale di segreteria, sono assegnati, anche in soprannumero rispetto a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, su domanda da presentare, rispettivamente, al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria ed al Dipartimento per le politiche fiscali entro il 31 gennaio 2008, a una delle sezioni di cui al primo periodo.

6. Allo scopo di ridurre le spese a carico del bilancio dello Stato e di giungere ad una rapida definizione delle controversie pendenti presso la Commissione tributaria centrale, a decorrere dal 1o maggio 2008, il numero delle sezioni della predetta Commissione è ridotto a 21; le predette sezioni hanno sede presso ciascuna commissione tributaria regionale avente sede nel capoluogo di ogni regione e presso le commissioni tributarie di secondo grado di Trento e di Bolzano. A tali sezioni sono applicati come componenti, su domanda da presentare al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria entro il 31 gennaio 2008, i presidenti di sezione, i vice presidenti di sezione e i componenti delle commissioni tributarie regionali istituite nelle stesse sedi. In difetto di domande, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria provvede d'ufficio entro il 31 marzo 2008. Qualora un componente della Commissione tributaria centrale sia assegnato ad una delle sezioni di cui al primo periodo, ne assume la presidenza. Le funzioni di segreteria sono svolte dal personale di segreteria delle commissioni tributarie regionali e delle commissioni di secondo grado di Trento e di Bolzano. I presidenti di sezione ed i componenti della Commissione tributaria centrale, nonché il personale di segreteria, sono assegnati, anche in soprannumero rispetto a quanto previsto dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636, su domanda da presentare, rispettivamente, al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria ed al Dipartimento per le politiche fiscali entro il 31 gennaio 2008, a una delle sezioni di cui al primo periodo. Ai presidenti di sezione, ai componenti e al personale di segreteria della Commissione tributaria centrale trasferiti di sede ai sensi del periodo precedente non spetta il trattamento di missione.

7. I processi pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale alla data di insediamento delle sezioni di cui al comma 6, ad eccezione di quelli per i quali è stato già depositato il dispositivo, sono attribuiti alla sezione regionale nella cui circoscrizione aveva sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata.

 

7. Identico.

8. Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo 2008, sono determinati il numero delle sezioni e gli organici di ciascuna commissione tributaria provinciale e regionale, tenuto conto delle rilevazioni statistiche del flusso medio dei processi relativi agli anni 2006 e 2007, effettuate ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e sono stabilite le altre modalità per l'attuazione dei commi 6 e 7 del presente articolo; con uno dei predetti decreti sono inoltre indette le elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. I componenti eletti a seguito delle predette elezioni si insediano il 30 novembre 2008; in pari data decadono i componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente legge. A decorrere dalla data di insediamento dei nuovi componenti, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria stabilisce, con propria delibera, i criteri di valutazione della professionalità dei giudici tributari nei concorsi interni; a decorrere dalla data di efficacia della predetta delibera cessano, nei concorsi interni, di avere effetto le tabelle E e F allegate al citato decreto legislativo n. 545 del 1992.

8. Identico.

9. Per l'attuazione dei commi 6, 7 e 8, inclusa la rideterminazione dei compensi dei componenti delle commissioni tributarie, è autorizzata, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2008 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2009. A decorrere dal 1o maggio 2008 i compensi dei presidenti di sezione e dei componenti della Commissione tributaria centrale sono determinati esclusivamente a norma dell'articolo 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, facendo riferimento ai compensi spettanti ai presidenti di sezione ed ai componenti delle commissioni tributarie regionali.

9. Identico.

 

 

Il comma 5 – al fine del mantenimento di un adeguato livello di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti istituzionali attribuiti al Corpo della Guardia di finanza, in particolare nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale, all’economia sommersa e alle frodi fiscali – istituisce, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo, nonché della presente legge, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo di parte corrente con una dotazione di 13 milioni di euro per l’anno 2008, 40 milioni di euro per l’anno 2009 e 80 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2010, per le esigenze di funzionamento del Corpo della Guardia di finanza, con particolare riguardo alle spese per prestazioni di lavoro straordinario, indennità di missione, acquisto di carburante per gli autoveicoli e manutenzione degli stessi.

La ripartizione del predetto fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità «Guardia di finanza» del medesimo stato di previsione è rimessa ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Il comma 6 riduce a 21 le sezioni della Commissione tributaria centrale, a decorrere dal 1° maggio 2008, al fine di diminuire le spese a carico del bilancio dello Stato e di giungere ad una rapida definizione delle controversie pendenti presso la suddetta Commissione.

Le predette sezioni sono incardinate presso ciascuna commissione tributaria regionale avente sede nel capoluogo di ogni regione e presso le commissioni tributarie di secondo grado di Trento e Bolzano.

A tali sezioni sono applicati i presidenti di sezione, i vice presidenti di sezione e i componenti delle commissioni tributarie regionali istituite nelle stesse sedi. Con la modifica apportata dalla Commissione Bilancio, tali componenti sono applicati su domanda da presentare al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria entro il 31 gennaio 2008; lo stesso emendamento precisa, inoltre, che, in difetto di domande, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria provvede alla nomina d’ufficio entro il 31 marzo 2008.

Inoltre, nella modifica approvata si specifica che la presidenza di sezione sia assunta da un componente della Commissione tributaria centrale nel caso in cui lo stesso sia assegnato ad una delle sezioni aventi sede nel capoluogo di ogni regione e presso le commissioni tributarie di secondo grado di Trento e Bolzano.

Il testo licenziato dal Senato prevedeva che l’assegnazione di un componente della Commissione tributaria centrale ad una sezione regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano comportasse, da parte di quest’ultimo, l’assunzione della presidenza

 

Le funzioni di segreteria sono svolte dal personale di segreteria delle commissioni tributarie regionali e delle commissioni di secondo grado di Trento e Bolzano.

I presidenti di sezione ed i componenti della Commissione tributaria centrale, nonché il personale di segreteria, sono assegnati, anche in soprannumero rispetto a quanto previsto dall’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 , su domanda da presentare, rispettivamente, al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria ed al Dipartimento per le politiche fiscali entro il 31 gennaio 2008, a una delle sezioni di cui al primo periodo del presente comma (ossia ad una delle sezioni della Commissione tributaria centrale incardinate presso le Commissioni tributarie regionali e presso le Commissioni tributarie di secondo grado di Trento e Bolzano). Lo stesso emendamento, infine, ha disposto la non spettanza del trattamento di missione ai presidenti di sezione, ai componenti ed al personale di segreteria della Commissione tributaria centrale trasferiti di sede ai sensi del periodo precedente.

 

Si rammenta che l’articolo 8 del d.P.R. n. 636 del 1972 è stato abrogato dall’articolo 49 del d.lgs. n. 545 del 1992, a decorrere dalla data di insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali.

 

Secondo l’articolo 8 abrogato, la commissione tributaria centrale ha sede in Roma ed è composta dal presidente, dai presidenti di sezione e da sei membri per ogni sezione.

Il numero delle sezioni è fissato e può essere variato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per le finanze di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.

All'inizio di ogni anno il presidente determina la composizione delle sezioni. Ciascuna sezione giudica con l'intervento del presidente e di quattro membri. In caso di assenza o di impedimento del presidente di sezione, il collegio è presieduto dal membro più anziano. Le sezioni unite sono presiedute dal presidente della commissione centrale e sono composte dai presidenti delle sezioni. Le deliberazioni sono adottate con la presenza di almeno due terzi dei membri.

In caso di assenza o di impedimento del presidente della commissione, le sezioni unite sono presiedute dal presidente di sezione più anziano. In caso di assenza o di impedimento di un presidente di sezione, così come nel caso che il presidente di sezione sostituisca il presidente della commissione, subentra il membro più anziano della rispettiva sezione. Agli effetti delle disposizioni dei precedenti commi, l'anzianità è determinata dalla nomina e, in subordine, dall'età.

 

Con riguardo alla disciplina della giurisdizione tributaria, secondo l’originaria normativa sul contenzioso tributario – recata dal d.P.R. n. 636 del 1972 – i gradi di giurisdizione erano quattro:

-    commissione tributaria di 1° grado;

-    commissione tributaria di 2° grado;

-    commissione tributaria centrale o Corte d’Appello;

-    Corte di cassazione.

Sulla base della riforma apportata dai d.lgs. nn. 545 e 546 del 1992, gli organi giurisdizionali cui sono attribuite attualmente le controversie tra amministrazione finanziaria e contribuente sono:

-    le commissione tributarie provinciali, aventi sede nel territorio di ogni provincia, cui è demandato il giudizio di primo grado;

-    le commissioni tributarie regionali, aventi sede nel capoluogo di ogni regione, cui è demandato il giudizio di appello.

Soltanto fino all'esaurimento della trattazione delle cause pendenti, opera ancora la Commissione Tributaria Centrale, secondo quanto stabilito dall’articolo 75 del d.lgs. n. 546 del 1992).

Rimane salvo l’ulteriore ricorso alla Corte di cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione e alla competenza, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per nullità della sentenza o del procedimento, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.

La giurisdizione delle commissioni tributarie è piena, perché estesa ai tributi di ogni genere e specie, inclusi quelli regionali, provinciali e comunali.

Organo di autogoverno della giustizia tributaria è il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria: esso è costituito con d.P.R., dura in carica quattro anni ed è composto da undici membri eletti tra i magistrati tributari e da quattro componenti eletti dal Parlamento tra docenti universitari in materie giuridiche o tra i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle Commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni. Il Consiglio elegge il presidente tra i quattro componenti di elezione parlamentare.

Nell’ordinamento vigente le Commissioni Tributarie sono organi giurisdizionali speciali giudicanti nelle controversie in materia tributaria, con competenza riguardo ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati (art. 3-bis, legge 248/05). Tutti i contribuenti che ritengono illegittima la pretesa dell'ente impositore possono rivolgersi alla Commissione Tributaria per chiedere l'annullamento o la modifica di un atto tributario.

La giurisdizione tributaria è esercitata dalle Commissioni Tributarie Provinciali, con sede nei capoluoghi di ogni provincia, che pronunciano in primo grado, e dalle Commissioni Tributarie Regionali, con sede nel capoluogo di ogni Regione, che pronunciano in grado di appello sulle impugnazioni proposte contro le sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali. Sono state istituite sezioni staccate delle Commissioni Tributarie Regionali (art. 35 della legge n. 28/99).

Presso le province di Trento e Bolzano la giurisdizione è esercitata dalle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado con competenza sul territorio della provincia corrispondente (art. 1 comma 2, D.lgs. n. 545/92).

Nell'esercizio della loro attività i giudici tributari sono coadiuvati dagli uffici di segreteria delle Commissioni Tributarie, che dipendono dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e svolgono sia attività di preparazione dell'udienza e assistenza ai collegi giudicanti, sia attività amministrative proprie.

 

Il comma 7 prescrive che i processi pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale alla data di insediamento delle sezioni di cui al comma 6, ad eccezione di quelli per i quali sia stato già depositato il dispositivo, vengano attribuiti alla sezione regionale nella cui circoscrizione aveva sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata.

 

Il comma 8 rimette ad uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo 2008, la determinazione del numero delle sezioni e degli organici di ciascuna commissione tributaria provinciale e regionale, tenuto conto delle rilevazioni statistiche del flusso medio dei processi relativi agli anni 2006 e 2007, effettuate ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545; a tali decreti è pure rimessa la definizione delle altre modalità per l'attuazione dei commi 6 e 7; con uno dei predetti decreti, sono inoltre indette le elezioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

I componenti eletti a seguito delle predette elezioni si insediano il 30 novembre 2008; in pari data, decadono i componenti in carica alla data di entrata in vigore della presente legge.

A decorrere dalla data di insediamento dei nuovi componenti, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria stabilisce, con propria delibera, i criteri di valutazione della professionalità dei giudici tributari nei concorsi interni; a decorrere dalla data di efficacia della predetta delibera cessano, nei concorsi interni, di avere effetto le tabelle E e F allegate al citato decreto legislativo n. 545 del 1992.

 

La citata tabella E reca i criteri generali di valutazione e punteggi per la nomina a componenti delle commissioni tributarie.

La citata tabella F reca i criteri di valutazione e punteggi dei servizi prestati nelle commissioni tributarie.

 

Il comma 9 autorizza - per l’attuazione dei commi 6, 7 e 8, inclusa la rideterminazione dei compensi dei componenti delle commissioni tributarie – a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge, la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2008 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2009.

A decorrere dal 1º maggio 2008, i compensi dei presidenti di sezione e dei componenti della Commissione tributaria centrale sono determinati esclusivamente a norma dell’articolo 13 del D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, facendo riferimento ai compensi spettanti ai presidenti di sezione ed ai componenti delle commissioni tributarie regionali.

 

Il citato articolo 13 del D.lgs. n. 545 del 1992, prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto determina il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle commissioni tributarie (comma 1).

Con il decreto di cui al comma 1, oltre al compenso mensile viene determinato un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri ricorsi, secondo criteri uniformi, che debbono tener conto delle funzioni e dell'apporto di attività di ciascuno alla trattazione della controversia, compresa la deliberazione e la redazione della sentenza, nonché, per i residenti in comuni diversi della stessa regione da quello in cui ha sede la commissione, delle spese sostenute per l'intervento alle sedute della commissione. Il compenso è liquidato in relazione ad ogni provvedimento emesso (comma 2).

La liquidazione dei compensi è disposta dalla direzione regionale delle entrate, nella cui circoscrizione ha sede la commissione tributaria di appartenenza ed i pagamenti relativi sono fatti dal dirigente responsabile della segreteria della commissione, quale funzionario delegato cui sono accreditati i fondi necessari (comma 3).

I compensi di cui ai commi 1, 2 e 3 sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati (comma 4).

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 27 giugno 2007 la Commissione europea ha inviato un parere motivato[52] all’Italia ritenendo che la legislazione nazionale che disciplina le condizioni per l’esercizio delle attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali non sia compatibile con le regole ed i principi del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (articoli 43 e 49 del Trattato).

In particolare la Commissione ricorda che il decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446 (che, tra l’altro, riordina la disciplina dei tributi locali) riserva la prestazione dei servizi di accertamento e riscossione relative ai tributi in questione – nonché la possibilità di partecipare alle procedure concorsuali per l’affidamento di tali servizi – a determinate società pubbliche o società miste pubblico-private, istituite dalla legge italiana, ed anche a soggetti iscritti in un albo speciale. Il decreto ministeriale dell’11 settembre 2000, n. 289 ha successivamente stabilito quali condizioni debbano essere soddisfatte ai fini della predetta iscrizione. La Commissione ritiene che alcune condizioni prescritte per l’iscrizione all’albo siano discriminatorie e che – in ogni caso – l’obbligo di iscrizione in un albo abbia effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi. La Commissione ritiene inoltre che le informazioni fornite dalle autorità italiane non hanno dimostrato che tali restrizioni sono giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico.

Di conseguenza, la Commissione considera che le disposizioni sopra citate, riservando la possibilità di esercitare le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali ad alcuni soggetti di natura pubblica o mista e agli operatori iscritti all’albo, determinino una restrizione ingiustificata della libera prestazione dei servizi, in contrasto con gli articoli 43 e 49 del trattato CE.


 

Articolo 14, commi 12-bis – 12-decies
(Disposizioni in materia di potenziamento dell’attività
di accertamento, ispettive e di controllo dell’Amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

Art. 14.

(Disposizioni in materia di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di controllo dell'amministrazione finanziaria e di altre amministrazioni statali, nonché di accelerazione del processo tributario).

 

12-bis. Le entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali, ad esclusione dell'Agenzia del demanio, tranne quelli destinati alla incentivazione del personale, e dagli utili conseguiti a decorrere dall'anno 2007 dalle società di cui all'articolo 59, comma 5, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono utilizzate per il potenziamento delle strutture dell'amministrazione finanziaria, con particolare riguardo a progetti volti al miglioramento della qualità della legislazione e alla semplificazione del sistema e degli adempimenti per i contribuenti. A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche fiscali.

 

12-ter. Al fine di potenziare l'azione di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale e le funzioni di controllo, analisi e monitoraggio della spesa pubblica, possono essere conferiti, nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 giugno 2008, incarichi di livello dirigenziale generale a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, anche in deroga ai limiti percentuali previsti dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e comunque per un numero non superiore a quattro unità. A decorrere dalla data dell'eventuale conferimento di ciascuno degli incarichi previsti dal presente comma, si rendono indisponibili due posti di livello dirigenziale non generale per ciascun incarico conferito; i posti resi indisponibili sono soppressi dalla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

12-quater. Al fine di rafforzare l'attività di controllo dell'Agenzia delle entrate attraverso l'impiego ottimale delle risorse e di facilitare il rapporto dei contribuenti con gli uffici, con il regolamento di amministrazione di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, possono essere individuati gli uffici competenti a svolgere le attività di controllo e di accertamento. Il regolamento si ispira anche ai seguenti criteri:

 

    a) rafforzamento dell'attività di controllo in relazione alla peculiarità delle tipologie di contribuenti e alle diverse fattispecie di accertamento;

 

    b) impiego ottimale delle risorse, nel rispetto dei princìpi di efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, nonché facilitazione del rapporto dei contribuenti con gli uffici, anche attraverso lo sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche;

 

    c) individuazione dei livelli di responsabilità relativi all'adozione degli atti di accertamento sulla base della rilevanza e complessità degli stessi.

 

12-quinquies. Per analoghe esigenze di economicità e di speditezza dell'azione amministrativa, la pubblicazione dei provvedimenti dei direttori di agenzie fiscali sui rispettivi siti internet tiene luogo della pubblicazione dei medesimi documenti, nella Gazzetta Ufficiale, nei casi in cui questa sia prevista da altre disposizioni di legge. I siti internet delle agenzie fiscali devono essere strutturati al fine di consentire la ricerca, la consultazione, l'estrazione e l'utilizzazione di tutti i documenti ivi pubblicati.

 

12-sexies. Per il triennio 2008-2010, al fine di assicurare le risorse per il perseguimento degli obiettivi di incremento delle entrate tributarie e di contrasto all'evasione tributaria ed extratributaria contenuti nell'Atto di indirizzo 2008-2010 ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, nonché nelle convenzioni e nei contratti di servizio triennali tra il Ministro dell'economia e delle finanze e le agenzie fiscali, gli stanziamenti relativi agli oneri di funzionamento delle agenzie fiscali sono quantificati, per ciascun anno del triennio, in misura non inferiore a quella stabilita per l'anno 2008 in applicazione della norma vigente.

 

12-septies. I soggetti di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, in relazione alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuati tramite distributori automatici, sono tenuti a memorizzare su supporto elettronico, distintamente per ciascun apparecchio, le singole operazioni.

 

12-octies. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabiliti le modalità di memorizzazione delle singole operazioni nonché i criteri, i tempi e le modalità per la trasmissione in via telematica, distintamente per ciascun apparecchio, delle informazioni relative alle medesime operazioni di cui al comma 12-septies. A tal fine, anche avvalendosi del concessionario di cui all'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, con il medesimo provvedimento sono stabilite le opportune credenziali, le modalità di memorizzazione delle singole operazioni, le specifiche tecniche necessarie per la trasmissione telematica dei dati nonché le modalità di effettuazione dei controlli.

 

12-novies. Le disposizioni di cui ai commi 12-septies e 12-octies si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2009 e, limitatamente agli apparecchi già immessi nel mercato alla predetta data, dal 30 luglio 2009.

 

12-decies. In attesa della piena operatività delle disposizioni di cui ai commi da 12-septies a 12-novies, a decorrere dal 1o gennaio 2008 l'Agenzia delle entrate e il Corpo della guardia di finanza destinano una quota della propria capacità operativa all'effettuazione di accertamenti mirati nei confronti dei soggetti indicati al comma 12-septies.

 

 

I commi da 12-bis a 12-decies, introdotti nel corso dell’esame in sede referente della V Commissione Bilancio, aggiungono disposizioni relative al potenziamento dell’azione di diverse funzioni dell’amministrazione finanziaria.

Il comma 12-bisdispone che le entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali, fatta eccezione per l’Agenzia del demanio, nonché quelle derivanti dagli utili conseguiti a decorrere dal 2007 da parte delle società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze e dalle Agenzie fiscali per la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche ad essi attribuite[53], sono destinate al potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria. Sono escluse da detta finalizzazione le somme degli avanzi di gestione destinate alla incentivazione del personale. Le somme confluiscono in uno specifico capitolo d’entrata e sono riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione di detto Ministero[54].

I commi 12-ter – 12-sexiesdispongono norme per il potenziamento dell’azione di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale.

A tal fine, anche per potenziare le funzioni di controllo, analisi e monitoraggio della spesa pubblica, il comma 12-terprevede che, nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, possano essere conferiti, entro il 30 giugno 2008, incarichi di livello dirigenziale generale, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, anche in deroga ai limiti percentuali previsti dalle norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche[55].

Peraltro, a fronte del conferimento di ciascun incarico vengono resi indisponibili due posti di dirigente di seconda fascia che sono soppressi dalla data di entrata in vigore del regolamento emanato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri[56].

Si segnala che detto regolamento, la cui data di emanazione era stata fissata dalla norma entro il 30 aprile 2007, è stato approvato in via preliminare nella seduta del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2007 e ha ottenuto il parere favorevole con rilievi dalla V Commissione Bilancio in data 30 ottobre 2007.

Inoltre, il comma 12-quaterdispone che, mediante il regolamento di disciplina del rapporto di lavoro del personale dipendente delle agenzie fiscali[57], possono essere individuati gli uffici competenti a svolgere attività di controllo e di accertamento, al fine di realizzare l’impiego ottimale delle risorse dell’Agenzia delle entrate. In particolare, la disposizione prescrive che il regolamento si ispiri ai seguenti criteri:

§      rafforzamento dell’attività di controllo in relazione alle tipologie di contribuenti e alle diverse fattispecie di accertamento (lett. a));

§      principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e di facilitazione del rapporto dei contribuenti con gli uffici, anche mediante lo sviluppo di tecnologie informatiche (lett. b));

§      individuazione dei livelli di responsabilità, relativi all’adozione di atti di accertamento in base alla rilevanza e alla complessità dei medesimi (lett. c)).

Il comma 12-quinquiesdispone inoltre che, per esigenze di economicità e speditezza dell’azione amministrativa, la pubblicazione dei provvedimenti dei direttori delle Agenzie fiscali sui rispettivi siti internet tiene luogo della pubblicazione dei medesimi documenti nella Gazzetta Ufficiale, laddove questa sia prevista da altre disposizioni di legge. Al riguardo, si prevedono inoltre criteri di miglioramento per la strutturazione dei predetti siti per l’utilizzo dei documenti in essi pubblicati.

Si prevede altresì che, per il triennio 2008-2010, al fine di assicurare gli obiettivi di incremento delle entrate tributarie e di contrasto all’evasione tributaria ed extratributaria previsti nell’Atto di indirizzo del Ministro delle finanze[58] e dalle convenzioni nonché dai contratti di servizio triennali tra il Ministro dell’economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, gli stanziamenti degli oneri di funzionamento di dette Agenzie siano quantificati, per ciascun triennio, in misura non inferiore a quella stabilita per il 2008 (comma 12-sexies);

I commi 12-septies – 12-decies, infine,introducono la disciplina relativa alla memorizzazione su supporto elettronico le operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici.

In particolare, tutti i soggetti passivi IVA, individuati con riferimento alle cessioni previste all’articolo 2 del DPR n. 633 del 1972, sono tenuti a memorizzare le operazioni su supporto elettronico, distintamente per ciascun apparecchio (comma 12-septies).

Sono demandate ad un provvedimento del Direttore dell’agenzia delle entrate le modalità di memorizzazione delle singole operazioni ed i criteri, i tempi e le modalità per la trasmissione in via telematica, distintamente per ciascun apparecchio, delle informazioni relative alle predette operazioni. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le credenziali, le modalità di memorizzazione delle singole operazioni, nonché le specifiche tecniche per la trasmissione telematica dei dati e l’effettuazione dei controlli, prevedendo la possibilità di avvalersi dell’attività della Società italiana degli autori ed editori (SIAE) (comma 12-octies).

Si stabilisce inoltre che, in attesa dell’operatività delle predette disposizioni, esse si applicano dal 1° gennaio 2009 mentre, per gli apparecchi già immessi a tale data, le stesse si applicano dal 30 luglio 2009 (comma 12-novies).

Infine, si dispone che l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza siano incaricate, a partire dal 1° gennaio 2008, dell’effettuazione degli accertamenti nei confronti dei predetti soggetti passivi IVA (comma 12-decies).


 

Articolo 15, commi 1-7
(Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie
di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Disposizioni concernenti l’applicabilità del regime speciale opzionale alle società di investimento immobiliare quotate.)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 15.

(Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002).

Art. 15.

(Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 Disposizioni concernenti l'applicabilità del regime speciale opzionale alle società di investimento immobiliare quotate).

1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia stipula con una società interamente posseduta dalla società di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, una o più convenzioni in base alle quali la società stipulante con riferimento alle spese e alle pene pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, risultanti dai provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1o gennaio 2008, provvede alla gestione del credito, mediante le seguenti attività:

1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia stipula con una società interamente posseduta dalla società di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, una o più convenzioni in base alle quali la società stipulante con riferimento alle spese e alle pene pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, conseguenti ai provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1o gennaio 2008, provvede alla gestione del credito, mediante le seguenti attività:

    a) acquisizione dei dati anagrafici del debitore e quantificazione del credito;

    a) acquisizione dei dati anagrafici del debitore e supporto all'attività di quantificazione del credito effettuata dall'ufficio competente;

    b) notificazione al debitore di un invito al pagamento entro un mese dal passaggio in giudicato o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo o dalla cessazione dell'espiazione della pena in istituto;

    b) identica;

    c) iscrizione al ruolo del credito, scaduto inutilmente il termine per l'adempimento spontaneo.

    c) identica.

2. Per assicurare lo svolgimento delle attività affidatele, la società stipulante può assumere finanziamenti, compiere operazioni finanziarie, rilasciare garanzie, costituire, fermo restando il rispetto delle procedure di evidenza pubblica, società con la partecipazione di privati nonché stipulare contratti, accordi e convenzioni con società a prevalente partecipazione pubblica ovvero con società private iscritte nell'albo di cui agli articoli 52 e 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Le convenzioni di cui al comma 1 individuano le linee guida delle predette operazioni finanziarie.

2. Identico.

3. Il Ministero della giustizia, con apposite convenzioni, può incaricare la società stipulante di svolgere altre attività strumentali, ivi compresa la gestione di eventuali operazioni di cartolarizzazione del credito di cui al comma 1.

3. Identico.

4. La remunerazione per lo svolgimento delle attività previste dal comma 1 è determinata, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, dalle convenzioni stipulate ai sensi del medesimo comma.

4. Identico.

5. Lo statuto della società stipulante riserva al Ministero della giustizia un'adeguata rappresentanza nei propri organi di amministrazione e di controllo.

5. Identico.

6. Dalla data di stipula della convenzione di cui al comma 1, sono abrogati gli articoli 211, 212 e 213 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 e ogni altra disposizione del medesimo decreto incompatibile con il presente articolo.

6. Identico.

7. Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi da 1 a 6 del presente articolo, determinate rispetto alla media annua delle entrate nel quinquennio precedente, affluiscono, al netto degli importi occorrenti per la gestione del servizio da parte della società stipulante, ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alle unità previsionali di base del Ministero della giustizia e, in misura non superiore al 20 per cento, ad alimentare il fondo unico di amministrazione per interventi straordinari e senza carattere di continuità a favore del fondo di produttività del personale dell'amministrazione giudiziaria.

7. Identico.

 

 

L'articolo 15, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio[59], prevede che entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento legislativo in esame, il Ministero della giustizia provveda alla stipula di una o più convenzioni relative ad attività da svolgere nel settore della giustizia.

Al riguardo, il medesimo articolo, elenca espressamente le attività che formeranno oggetto delle citate convenzioni individuando, altresì, talune delle caratteristiche della Società con la quale il Ministero della giustizia dovrà procedere alle relative stipule.

 

In relazione al primo di questi due profili, il comma 1 dell'articolo in esame, dopo aver precisato che le citate convenzioni dovranno essere stipulate con una apposita società interamente posseduta dalla società Equitalia S.P.A., definisce i compiti assegnati alla Società stipulante.

 

In particolare, con riferimento alle spese ed alle pene pecuniarie previste dal Testo unico in materia di spese di giustizia, risultanti dai provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi a decorrere dal 1° gennaio 2008, la citata Società stipulante dovrà provvedere alla gestione dei relativi crediti attraverso:

a)   l'acquisizione dei dati anagrafici del debitore e supporto all'attività di quantificazione del credito effettuata dall'ufficio competente;

b)   la notifica al debitore di un invito al pagamento entro un mese dal passaggio in giudicato o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo o dalla cessazione dell'espiazione della pena;

c)   l'iscrizione a ruolo del credito, scaduto inutilmente il termine per l’adempimento spontaneo (lettera a)).

 

In sintesi, si segnala che il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari vigenti nel settore delle spese di giustizia - applicabili nei processi penali, civili, amministrativi, contabili e tributari.

In particolare, con riferimento al processo penale, l’art. 4 conferma quanto già previsto nell’art. 691 del codice di procedura penale in materia di anticipazione delle spese: queste vengono anticipate dall’erario, salvo il caso in cui siano relative ad atti chiesti da parti private (anticipate dalla parte) o inerenti alla pubblicazione della sentenza (anticipate dall’imputato).

Le disposizioni generali relative al processi diversi da quello penale sono recate dal solo art. 8 che raccorda l’art. 90 del codice di procedura civile con le norme sul patrocinio a spese dello Stato, sancendo il principio secondo cui le spese sono imputate alla parte, se questa compie o chiede atti processuali, mentre sono da essa anticipate se la legge o il magistrato lo prevedono.

Per ciò che concerne i titoli di pagamento delle spese anticipate dallo Stato, la parte VI del testo unico semplifica la precedente disciplina mantenendo in vita unicamente la distinzione tra ordine di pagamento (emesso dal funzionario) e decreto di pagamento (emesso dal magistrato), riferita ora a voci di spesa diverse, così sopprimendo le precedenti duplicazioni del titolo di pagamento. Si attribuisce quindi al magistrato la competenza a provvedere alla quantificazione quando siano in questione profili valutativi.

La parte VII ha per oggetto la materia della riscossione, settore in cui il testo unico cerca di salvaguardare tanto l’esigenza dell’armonizzazione del sistema delle riscossioni quanto la peculiarità della normativa relativa alle pene pecuniarie (che, come noto, consente la conversione di queste in misure restrittive della libertà personale in caso di insolvibilità del debitore). E’ stata inoltre superata la disciplina di settore che attribuiva la riscossione dell’adempimento spontaneo e il pagamento delle spese per conto dello Stato agli uffici finanziari, nel solo caso di condanna a spese e pene pecuniarie e solo per alcuni reati, per cui non ci saranno soggetti diversi per il pagamento delle spese di giustizia, né uffici diversi per ricevere l’adempimento spontaneo.

 

Il successivo comma 2 dell'articolo in esame, individua, poi, una serie di operazioni finanziarie che potranno essere poste in essere dalla Società stipulante, precisando, al riguardo, che le linee guida di tali operazioni dovranno essere individuate dalle citate convenzioni secondo modalità volte a garantire la restituzione del capitale e degli interessi.

 

Nello specifico, il comma in esame prevede che la società stipulante possa assumere finanziamenti, compiere operazioni finanziarie, rilasciare garanzie, costituire, fermo il rispetto delle procedure di evidenza pubblica, società con la partecipazione di privati, nonché stipulare contratti, accordi e convenzioni con società a partecipazione mista pubblica e privata, ovvero con società private.

 

Ai sensi del successivo comma 3, il Ministero della giustizia può incaricare la società stipulante di svolgere ulteriori attività rispetto a quelle di cui al comma 1 che dovranno anch'esse formare oggetto di apposite convenzioni.

 

I successivi commi 4 e 5 riguardano, poi, la remunerazione per lo svolgimento delle attività previste dal precedente comma 1 e lo statuto della Società stipulante.

In particolare, ai sensi del comma 4, la remunerazione relativa alle attività di gestione precedentemente contemplate (comma 1) sono determinate dalle convenzioni stipulate ai sensi del medesimo comma, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, mentre, ai sensi del successivo comma 5, lo statuto della Società stipulante dovrà riservare al Ministero della giustizia un’adeguata rappresentanza nei propri organi di amministrazione e di controllo.

 

Il successivo comma 6, dispone,dalla data di stipula della convenzione di cui al comma 1, l'abrogazione degli articoli 211, 212 e 213 del citato Testo unico in materia di spese di giustizia e relativo alla iscrizione a ruolo del credito[60].

Tale abrogazione è, evidentemente, connessa alle nuove competenze previste in capo alla Società stipulante da parte del comma 1 dell'articolo in esame.

 

Il comma 7, da ultimo, reca una disposizioni di carattere finanziario.

In particolare, il citato comma dispone che le maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo in commento, come determinate rispetto alla media annua delle entrate del periodo 2001-2006, affluiscono - al netto degli importi per la gestione del servizio da parte della società stipulante - ad un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate alle unità previsionali di base del Ministero della giustizia e, in misura non superiore al 20 per cento, ad alimentare il fondo unico di amministrazione per interventi straordinari e senza carattere di continuità a favore del fondo di produttività del personale dell'amministrazione giudiziaria.


 

Articolo 15, comma 7-bis
(Società di investimento immobiliare quotate)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 15.

(Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002).

Art. 15.

(Gestione del credito riferito alle spese e alle pene pecuniarie di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 Disposizioni concernenti l'applicabilità del regime speciale opzionale alle società di investimento immobiliare quotate).

 

7-bis. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

    a) al comma 119:

 

  1) dopo le parole: «le società per azioni residenti» sono inserite le seguenti: «, ai fini fiscali,»;

 

  2) le parole: «italiani» sono sostituite dalle seguenti: «aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea»;

 

  3) dopo le parole: «non possiedano» sono inserite le seguenti: «al momento dell'opzione»;

 

  4) le parole: «dell'1 per cento», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «del 2 per cento»;

 

    b) al comma 134, le parole: «Le SIIQ» sono sostituite dalle seguenti: «I soggetti residenti presso i quali i titoli di partecipazione detenuti nelle SIIQ sono stati depositati, direttamente o indirettamente, aderenti al sistema di deposito accentrato e gestito dalla Monte Titoli Spa ai sensi del regolamento CONSOB emanato in base all'articolo 10 della legge 19 giugno 1986, n. 289, nonché i soggetti non residenti che aderiscono a sistemi esteri di deposito accentrato aderenti al sistema Monte Titoli»;

 

    c) dopo il comma 134 è inserito il seguente:

 

«134-bis. Ai fini dell'applicazione della ritenuta disciplinata dal comma 134 sugli utili distribuiti dalle SIIQ si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 27-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, ad eccezione del comma 6».

 

 

Il comma 7-bis, introdotto in Commissione bilancio, modifica la disciplina in materia di requisiti delle società per azioni che svolgono in via prevalente l’attività di locazione immobiliare, ai fini dell’applicabilità del regime speciale opzionale civile e fiscale, alle società di investimento immobiliare quotate (SIIQ).

 

In particolare, si modificano le disposizioni del comma 119, articolo 1, della predetta legge finanziaria, che ha introdotto la disciplina del suddetto regime opzionale.

 

Si ricorda che il comma 119 individuava i soggetti ai quali è consentito optare per il regime speciale. In particolare, si tratta di società per azioni in possesso della residenza in Italia e che svolgano in via prevalente l'attività di locazione immobiliare[61]. Inoltre, i titoli di partecipazione ad esse riferiti devono essere negoziati in mercati regolamentati italiani[62].

L’opzione al regime speciale è pertanto consentita alle società che presentano i suddetti requisiti. Inoltre, nessun socio deve possedere - direttamente o indirettamente -più del 51 per cento dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria e più del 51 per cento dei diritti di partecipazione agli utili ed almeno il 35 per cento delle azioni deve essere detenuto da soci che non possiedano direttamente o indirettamente più dell'1 per cento dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria e più dell'1 per cento dei diritti di partecipazione agli utili.

Il comma 119 in esame ha disposto che con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2007, fossero stabilite le norme di attuazione relative al suddetto regime speciale. Si segnala che tali norme sono contenute nel D. M. n. 174 del 7 settembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2007.

 

Le modifiche apportate durante l’esame in Commissione bilancio prevedono in particolare (comma 7-bis, lett.a):

§      un’interpretazione autentica della disposizione vigente, chiarendo che i soggetti interessati dalla stessa sono le società per azioni residenti nel territorio dello Stato ai fini fiscali (numero 1));

§      che il predetto regime speciale si può applicare altresì alle SIIQ i cui titoli di partecipazione siano negoziati non solo in mercati regolamentati italiani, ma altresì in uno Stato dell’Unione europea  (numero 2));

§      il requisito della partecipazione, pari ad almeno il 35%, di soci che non possiedano – direttamente o indirettamente – più di una certa soglia di rilevanza dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e dei diritti di partecipazione agli utili (vedi punto successivo) deve essere rispettato al momento dell’esercizio dell’opzione al regime speciale (numero 3));

§      un incremento dall’1 al 2 per cento della soglia di rilevanza dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e dei diritti di partecipazione agli utili che deve essere rispettata da almeno il 35% delle azioni, ai fini della determinazione dei requisiti che consentono l’opzione al regime speciale (numero 4)).

 

Quest’ultima modifica  – come rilevato dal Governo nella relazione illustrativa dell’emendamento la cui approvazione ha determinato l’introduzione delle disposizioni in esame – trova fondamento nel rischio, generato dalla normativa vigente, che un solo socio (calcolato nel margine del 35 per cento), al superamento del possesso dell’1 per cento dei diritti di voto faccia decadere la società dal regime speciale, condizionando in tal modo il permanere dello status di SIIQ al comportamento anche di un solo socio proprietario di una quota non significativa.

Si è pertanto previsto l’incremento della soglia rilevante al 2 per cento, contestualmente specificando che comunque tale requisito vale come condizione per esercitare l’opzione, ma il suo venir meno non è causa di decadenza dal regime speciale.

 

Inoltre, il comma 7-bis, alla lettera b), modifica la disciplina contenuta nel comma 134, articolo 1, della predetta legge finanziaria per il 2007, in materia di ritenute operate dalle SIIQ sugli utili corrisposti a soggetti diversi da altre società di investimento immobiliare quotate.

 

Si ricorda che le SIIQ operano una ritenuta del 20%, con obbligo di rivalsa, sugli utili corrisposti in qualunque forma a soggetti diversi da altre SIIQ e derivanti dall'attività di locazione immobiliare[63], nonché dal possesso delle partecipazioni detenute in altre SIIQ o nelle società per azioni residenti in Italia non quotate, purchè svolgano in via prevalente attività di locazione immobiliare e siano controllate da una o più SIIQ congiuntamente.

La misura della ritenuta è ridotta al 15 per cento in relazione alla parte dell'utile di esercizio riferibile a contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431[64]. Si tratta dei contratti di locazione che possono essere stipulati in alternativa a quelli a canone libero. In essi, valore del canone, durata del contratto e altre disposizioni contrattuali sono definiti sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative.

I casi in cui la ritenuta non è applicata a titolo d’imposta, ma è a titolo d’acconto con conseguente concorso dell'intero importo dei dividendi percepiti alla formazione del reddito imponibile, sono le ipotesi in cui essa è operata nei confronti di:

a)       imprenditori individuali, se le partecipazioni sono relative all'impresa commerciale;

b)       società in nome collettivo, società in accomandita semplice ed equiparate,

c)       società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato (ossia le tipologie di soggetti passivi IRES indicate dall’art. 73, comma 1, lettera a) del testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, approvato con D.P.R., 22 dicembre 1986, n. 917);

d)       enti pubblici e privati, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali (ossia le tipologie di soggetti passivi IRES indicate all’art. 73, comma 1, lettera b) del TUIR)

e)       stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società ed enti indicati all’art. 73, comma 1, lettera d) del TUIR (vale a dire enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato).

 

In particolare, si modificano i soggetti che effettuano dette ritenute a titolo d’acconto. Pertanto non sono più le stesse SIIQ ad operare le ritenute, bensì i soggetti residenti presso i quali sono stati depositati, direttamente o indirettamente, i titoli di partecipazione detenuti nelle società di investimento immobiliari in esame. Tali soggetti operanti le ritenute d’acconto aderiscono al sistema di deposito accentrato e gestito dalla Monte Titoli S.p.A., ai sensi del regolamento Consob, in base all’articolo 10 della legge n. 289 del 1986.

 

Si segnala che detta legge n. 289/1986 è stata abrogata dall'art. 214 del D.Lgs. n. 58 del 1998, il quale peraltro prevede che il predetto articolo 10 continui a trovare applicazione fino all'emanazione dei regolamenti in materia di attività della gestione accentrata di strumenti finanziari[65] e comunque fino al completamento della vendita promossa dalla Banca d'Italia relativamente alle sue quote di partecipazione al capitale della “Monte Titoli S.p.A”[66].

 

Infine, la lettera c) opera conseguentemente un coordinamento con le disposizioni in materia di ritenute previste all’articolo 27-ter, del D.P.R n. 600 del 1973, che disciplina il trattamento fiscale delle azioni in deposito accentrato presso la Monte Titoli S.p.A. Tali disposizioni, in quanto compatibili, si applicano agli utili distribuiti dalle SIIQ, fatta eccezione per il comma 6 del predetto articolo 27-ter, il quale prevede taluni casi di inapplicabilità dell’imposizione della ritenuta per i dividendi distribuiti a soggetti non residenti[67].


 

Articolo 16
(Indennità membri Parlamento)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 16.

(Indennità dei membri del Parlamento).

Art. 16.

(Indennità dei membri del Parlamento).

1. Ai fini della determinazione delle quote di cui all'articolo 1, secondo comma, della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, per cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge non si applica l'adeguamento retributivo previsto dall'articolo 24, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

Identico.

 

 

L’articolo 16 reca una norma di contenimento delle spese per le indennità parlamentari.

 

L’indennità è prevista dalla Costituzione (art. 69) ed è disciplinata dalla L. 1261/1965[68], che ne fissa la misura massima: essa non può superare il trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate (art. 1, co. 2°).

L’art. 1, co. 52, della L. 266/2005[69] (legge finanziaria per il 2006) ha ridotto del 10 per cento l’ammontare massimo delle indennità mensili spettanti ai componenti della Camera e del Senato.

Spetta agli Uffici di Presidenza dei due rami del Parlamento determinare in concreto, entro il citato limite massimo, l’ammontare delle dodici quote mensili da corrispondere a titolo di indennità. In attuazione della disposizione della legge finanziarie per il 2006, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ed il Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica hanno disposto una riduzione pari al 10 per cento dell’importo lordo allora vigente della quota mensile dell’indennità parlamentare spettante rispettivamente a deputati e senatori.

Per i membri della Camera dei deputati[70], l’importo mensile è attualmente pari a 5.486,58 euro, al netto delle ritenute previdenziali (784,14 euro) e assistenziali (526,66 euro) della quota contributiva per l’assegno vitalizio (1.006,51 euro) e della ritenuta fiscale (3.899,75 euro).

Per i senatori, l'importo mensile spettante nel 2007 è pari a 5.613,59 euro al netto della ritenuta fiscale (4.015,18 euro), nonché delle quote contributive per l'assegno vitalizio, per l'assegno di solidarietà e per l'assistenza sanitaria. Nel caso in cui il Senatore versi anche la quota aggiuntiva per la reversibilità dell'assegno vitalizio, l'importo netto dell'indennità scende a 5.355,46 euro.

Si ricorda inoltre che il trattamento economico dei parlamentari comprende – oltre all’indennità – una diaria corrisposta a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma (art. 2, L. 1261/1965). L’ammontare è determinato dagli Uffici di Presidenza in misura non superiore alla indennità di missione giornaliera prevista per i magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate[71].

Vanno distinte dalle due voci indicate quelle relative ai rimborsi a vario titolo previsti (per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori; per le spese accessorie di viaggio e per i viaggi all’estero; per le spese telefoniche).

 

La disposizione in esame stabilisce che nella determinazione delle quote mensili dell’indennità parlamentare – per cinque anni dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2008non venga applicato l’adeguamento automatico previsto dall’articolo 24, commi 1 e 2 della legge 448 del 1998[72].

 

Le disposizioni richiamate – la cui applicazione verrebbe sospesa in relazione alle indennità parlamentari – prevedono che gli stipendi, l'indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi di specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale non “contrattualizzato” (docenti e ricercatori universitari, personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, colonnelli e generali delle Forze armate, personale dirigente della carriera prefettizia, personale della carriera diplomatica), siano adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti in regime contrattuale sulle voci della rispettiva retribuzione (la disposizione richiamate precisa che le voci retributive devono intendersi comprensive dell'indennità integrativa speciale e devono corrispondere a quelle utilizzate dallo stesso ISTAT per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali).

Quanto al meccanismo di concreta individuazione della misura dell'adeguamento annuo, il comma 2 dell’art. 24 prevede che la determinazione sia effettuata, entro il 30 aprile di ciascun anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica[73]. Al fine dell’adozione del D.P.C.M. l'ISTAT provvede a comunicare entro il mese di marzo la variazione percentuale registrata nell’anno precedente dalle retribuzioni del personale “contrattualizzato”. Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l'adeguamento è effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio.

 

Il comma 4 dell’articolo 24 della legge 448 del 1998 - che non è espressamente richiamato dalla norma in esame - prevede a sua volta che il criterio dell’adeguamento automatico sopra descritto si applichi anche al personale di magistratura ed agli avvocati e procuratori dello Stato ai fini del calcolo dell'adeguamento triennale tenendo conto degli incrementi medi pro capite del trattamento economico complessivo, comprensivo di quello accessorio e variabile, delle altre categorie del pubblico impiego, fatta salva, per i profili non interessati dalla disposizione, la disciplina speciale di cui all’art. 2 della L. 27/1981.

 

In base a detta disposizione, che ha sostituito integralmente gli artt. 11 e 12, della L. 97/1979, gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto ogni triennio nella misura percentuale pari alla media degli incrementi delle voci retributive, esclusa l'indennità integrativa speciale, ottenuti dagli altri pubblici dipendenti (appartenenti alle amministrazioni statali, alle aziende autonome dello Stato, università, regioni, province e comuni, ospedali ed enti di previdenza). La percentuale spettante, calcolata dall’ISTAT rapportando il complesso del trattamento economico medio per unità corrisposto nell'ultimo anno del triennio di riferimento a quello dell'ultimo anno del triennio precedente, è determinata nel primo anno di ogni triennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con quello del tesoro, ed ha effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento: al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio gli stipendi sono aumentati, a titolo di acconto, per ciascun anno, in misura pari al 30% della variazione percentuale verificatasi nel triennio precedente, tranne l'eventuale conguaglio.

Il più recente adeguamento retributivo dei magistrati è stato disposto con il D.P.C.M. del 15 maggio 2006, che ha previsto un incremento del 12,30 per cento a decorrere dal 2006, previo riassorbimento degli incrementi già corrisposti per il 2004 e il 2005[74]. Per gli anni 2007 e 2008 il D.P.C.M. ha invece disposto, a titolo di acconto, un adeguamento del 3,69 per cento annuo.

 

In proposito, con riferimento alla formulazione del testo, potrebbe valutarsi l’opportunità di richiamare il comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, in considerazione del fatto che l’indennità parlamentare assume come parametro il trattamento economico di personale appartenente alla magistratura (magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione).

 

Con riferimento al meccanismo di adeguamento automatico previsto dall’art. 24 della L. 448/1998 si ricorda che l’art. 1, comma 576, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha disposto la riduzione del 30 %, per gli anni 2007 e 2008, della misura dell’adeguamento retributivo previsto per le categorie che ancora usufruiscono di progressioni stipendiali automatiche tra quelle, cosiddette in regime pubblico, indicate dall’art. 3 del D.Lgs. 165/2001, fermo restando il procedimento di determinazione previsto dalla disciplina vigente.

La limitazione percentuale degli adeguamenti retributivi nel biennio 2007-2008, che opera solo nei confronti di chi percepisca retribuzioni complessivamente superiori a 53.000 euro e – come precisato anche nella relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2007[75] – trova applicazione anche nei confronti dei magistrati, non dà luogo a successivi recuperi.

Nell’anno 2009 vi sarà invece applicazione nella misura piena dell’indice di adeguamento e reintegrazione “della base retributiva cui applicarlo”.

Al riguardo, si segnala peraltro che gli effetti del “taglio” dell’adeguamento automatico previsto dalla L. 296/2006 sono limitati al solo anno 2007 dal comma 22 dell’art. 144 del disegno di legge in esame (v. infra).

 

Con riferimento agli effetti della disposizione in esame, si rileva che essa – diversamente dalla norma relativa alla riduzione dell’adeguamento automatico prevista per il personale in regime di diritto pubblico dalla scorsa legge finanziaria – non reca una disciplina della fase temporale successiva al “blocco” dell’adeguamento automatico.

In questo contesto sembrerebbe quindi doversi ritenere che le decisioni al riguardo saranno rimesse agli Uffici di Presidenza delle due Camere, i quali – nell’ambito dei poteri ad essi attributi dalla L. 1261/1965 – potrebbero alternativamente:

§      applicare l’adeguamento sull’importo “congelato” dell’indennità;

§      operare conformemente all’art. 1, comma 576, della legge finanziaria per il 2007 ed applicare l’adeguamento previa reintegrazione della base cui applicarlo, riallineando così l’importo delle indennità al trattamento dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di cassazione.

Sempre con riferimento alla portata della disposizione sotto il profilo finanziario, si segnala che nella relazione tecnica allegata al testo iniziale del disegno di legge finanziaria[76] il Governo illustra come essa produca una riduzione di spesa “a cascata”, posto che all’indennità dei parlamentari nazionali sono legati gli emolumenti di una serie di titolari di pubblici uffici (parlamentari europei, ministri e sottosegretari non parlamentari, consiglieri regionali).

 

L’importo dell’indennità spettante ai parlamentari europei corrisponde attualmente a quello dell’indennità di funzione del parlamentare nazionale. In particolare, l’art. 1 della L. 384/1979[77] stabilisce che ai membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia competa, dal giorno successivo a quello dell’elezione e fino a quando non sia diversamente stabilito dal medesimo Parlamento europeo, un’indennità mensile pari all’indennità percepita dai membri del Parlamento nazionale in applicazione dell’art. 1 della L. 1261/1965. L’art. 1, co. 52, della L. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha ridotto del 10 per cento anche l’ammontare massimo delle indennità mensili spettanti ai membri del Parlamento europeo eletti in Italia.

Deve peraltro ricordarsi che nel 2009 entrerà in vigore lo Statuto dei deputati del Parlamento europeo, il quale provvede, tra l’altro (artt. 9 e seguenti), a rendere omogeneo il trattamento dei singoli eurodeputati e a porlo a carico del bilancio dell’Unione europea anziché – come ora – di quello dei singoli Stati membri. L’indennità sarà pari al 38,5 per cento del trattamento economico di base di un giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee e ammonterà quindi a circa 7.000 euro mensili. Gli Stati membri (art. 29) potranno definire per i propri deputati del Parlamento europeo una regolamentazione in deroga alle disposizioni dello statuto in materia di indennità, indennità transitorie, pensioni di anzianità e pensioni di reversibilità per un periodo di transizione che non potrà superare la durata di due legislature del Parlamento europeo (quindi fino al 2019). I pagamenti relativi saranno in questo caso interamente a carico del bilancio dei rispettivi Stati membri.

Per quanto riguarda, invece, ministri e sottosegretari non parlamentari, la L. 418/1999[78], all’art. 1, ha stabilito che ad essi sia corrisposta – in aggiunta allo stipendio previsto dall’art. 2 della L. 212/1952[79] – anche una indennità pari a quella spettante ai membri del Parlamento, al netto degli oneri previdenziali e assistenziali. Si ricorda che, come anche l’indennità dei parlamentari, l’indennità ex legge 418, è stata ridotta del 10 per cento dall’art. 1, co. 52, della L. 266/2005.

Con riferimento invece ai consiglieri regionali, si rileva che nella maggior parte delle regioni l’indennità riconosciuta ai consiglieri è costituita da due voci: una, definita come indennità di carica, è corrisposta in misura uguale a tutti i consiglieri; l’altra, indicata come indennità di funzione si aggiunge alla prima ed è attribuita ai consiglieri che ricoprono talune cariche nel Consiglio o nella Giunta regionali. La legge della regione determina le cariche cui essa spetta e la misura della indennità per ognuna di esse. In tutte le regioni l’indennità riconosciuta ai consiglieri è estesa anche ai componenti ‘laici’ della giunta regionale. Il prospetto che segue mostra – a fronte per ciascuna regione – la misura di queste due voci e ne indica il parametro di commisurazione.

L’indennità di carica costituisce l’indennità base, ed è per lo più espressa in forma di percentuale dell'indennità lorda percepita dai componenti del Parlamento nazionale ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261. Diverso parametro assume invece la regione Umbria, che collega l’indennità dei consiglieri al trattamento economico dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione. Per l’esercizio di determinate funzioni spetta ai consiglieri una ulteriore quota, sempre in percentuale, della medesima indennità lorda spettante ai componenti della Camera dei deputati – o membri del Parlamento. Alcune regioni per questa parte di indennità assumono, invece, altri parametri: la indennità di base dei consiglieri – (Trentino Alto-Adige e Friuli-Venezia Giulia), indennità di funzione spettanti a determinate cariche – Friuli-Venezia Giulia o altre cariche dello Stato nel caso della Sardegna per il Presidente della Regione. In altri casi infine, fermo restando il parametro iniziale, la determinazione delle indennità di funzione è demandata all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (Sardegna) o dell’Assemblea regionale (Sicilia).

 

Per quanto riguarda i collegamenti con lavori legislativi in corso, si segnala che il 17 maggio 2007 la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati ha avviato l’esame in di quattro proposte di legge in materia di contenimento dei costi della politica, nel cui ambito ha avviato una indagine conoscitiva attualmente in corso. In proposito si segnala, tra le proposte in esame, l’A.C. 2179 (on. Donadi e altri), che – analogamente a quanto previsto dall’articolo in esame – introduce un “congelamento” dell’indennità, stabilendo che fino a tutto il 2010 l’ammontare dell’indennità, e di ogni altro emolumento ad essa commisurato per legge o regolamento, resti determinato nella misura vigente alla data di entrata in vigore della legge.


 

Articolo 17
(Norme sulla formazione e composizione del Governo)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 17.

(Norme sulla formazione e composizione del Governo).

Art. 17.

(Norme sulla formazione e composizione del Governo).

1. A partire dal Governo successivo a quello in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, il numero dei Ministeri e il relativo riparto di attribuzioni sono stabiliti dalle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nel testo pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 203 del 30 agosto 1999. Il numero totale dei componenti del Governo a qualsiasi titolo, ivi compresi ministri senza portafoglio, vice ministri e sottosegretari, non può essere superiore a sessanta e la composizione del Governo deve essere coerente con il principio stabilito dal secondo periodo del primo comma dell'articolo 51 della Costituzione.

1. A partire dal Governo successivo a quello in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, il numero dei Ministeri è stabilito dalle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nel testo pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 203 del 30 agosto 1999. Il numero totale dei componenti del Governo a qualsiasi titolo, ivi compresi ministri senza portafoglio, vice ministri e sottosegretari, non può essere superiore a sessanta e la composizione del Governo deve essere coerente con il principio stabilito dal secondo periodo del primo comma dell'articolo 51 della Costituzione.

2. A far data dall'applicazione, ai sensi del comma 1 del presente articolo, del decreto legislativo n. 300 del 1999 sono abrogati il decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, e il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

2. A far data dall'applicazione, ai sensi del comma 1 del presente articolo, del decreto legislativo n. 300 del 1999 sono abrogate le disposizioni non compatibili con la riduzione dei Ministeri di cui al citato comma 1 del presente articolo, ivi comprese quelle di cui al decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, e successive modificazioni, e al decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, e successive modificazioni, fatte comunque salve le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies, 10-bis, 10-ter, 12, 13-bis, 22-bis e 22-ter, del medesimo decreto-legge n. 181 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 17, introdotto dal Senato, nel testo modificato dalla V Commissione Bilancio innova in ordine al numero dei Ministeri e alla composizione del Governo.

La nuova disciplina è destinata a trovare applicazione “a partire dal Governo successivo a quello in carica” alla data di entrata in vigore della legge. Essa dunque non riguarda il Governo in carica alla data della sua entrata in vigore, che rimane soggetto alla normativa previgente, ma dovrà essere osservata in occasione della formazione del Governo che succederà ad esso (e di quelli ancora successivi).

 

Nel testo originario, la disposizione in esame utilizzava, al primo periodo del comma 1, una tecnica legislativa attraverso la quale sia il numero dei ministeri sia il riparto di attribuzioni tra i ministeri medesimi erano ridefiniti mediante richiamo alle relative disposizioni del D.Lgs. 300/1999[80] (c.d. “riforma Bassanini”), di cui era implicitamente prevista la reviviscenza nella formulazione originaria. In sostanza, la disposizione in esame compattava in un unico articolo e faceva rivivere la disciplina dell’organizzazione del Governo di cui al testo originario del D.Lgs. 300/1999.

 

La delega conferita dalla L. 59/1997[81] per la riforma dell’organizzazione dei Ministeri – che diede origine al D.Lgs. 300/1999 – era espressamente intesa a razionalizzare l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo.

Tra i princìpi e criteri direttivi della delega vi erano i seguenti: procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle competenze tra i Ministeri, in ogni caso riducendone il numero, anche con decorrenza differita all’inizio della nuova legislatura; eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all’interno di ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra organi amministrativi e organi tecnici, con eventuale trasferimento, riallocazione o unificazione delle funzioni e degli uffici esistenti, e ridisegnare le strutture di primo livello, anche mediante istituzione di dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo o di agenzie e aziende, anche risultanti dalla aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità (cfr art. 12, co. 1, lett. f) e g), della L. 59/1997).

Il D.Lgs. 300/1999, che prevedeva dodici ministeri, non ha mai avuto applicazione nella sua formulazione originaria. Esso infatti avrebbe dovuto essere applicato a partire dalla XIV legislatura, allorché però fu emanato il D.L. 217/2001[82]. Tale decreto-legge, modificando il testo originario del D.Lgs. 300/1999, portò a quattordici il numero dei Ministeri.

Una ulteriore riforma è stata posta in essere all’inizio della presente legislatura, attraverso il D.L. 181/2006[83]. Tale provvedimento ha portato a diciotto il numero dei Ministeri.

La tabella seguente raffronta le diverse composizioni del Governo secondo le formulazioni D.Lgs. 300/1999 succedutesi nel tempo.

 

Art. 2, co. 1, del D.Lgs. 300/1999

Testo originario

Testo modificato
dal D.L. 217/2001

Testo vigente,
con le modifiche recate dal D.L. 181/2006

1. A decorrere dalla prossima legislatura, i ministeri sono i seguenti:

1. I ministeri sono i seguenti:

1. I ministeri sono i seguenti:

1) Ministero degli affari esteri

1) Ministero degli affari esteri;

1) Ministero degli affari esteri;

2) Ministero dell’interno

2) Ministero dell’interno;

2) Ministero dell’interno;

3) Ministero della giustizia

3) Ministero della giustizia;

3) Ministero della giustizia;

4) Ministero della difesa

4) Ministero della difesa;

4) Ministero della difesa;

5) Ministero dell’economia e delle finanze

5) Ministero dell’economia e delle finanze;

5) Ministero dell’economia e delle finanze;

6) Ministero delle attività produttive

6) Ministero delle attività produttive;

6) Ministero dello sviluppo economico;


 

7) Ministero del commercio internazionale;

 

7) Ministero delle comunicazioni;

8) Ministero delle comunicazioni;

7) Ministero delle politiche agricole e forestali

8) Ministero delle politiche agricole e forestali;

9) Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

8) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

9) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

10) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

9) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

10) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

11) Ministero delle infrastrutture;

 

 

12) Ministero dei trasporti;

10) Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali

11) Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

13) Ministero del lavoro e della previdenza sociale;

 

12) Ministero della salute;

14) Ministero della salute;

11) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca

13) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

15) Ministero della pubblica istruzione;

 

 

16) Ministero dell’università e della ricerca;

12) Ministero per i beni e le attività culturali.

14) Ministero per i beni e le attività culturali.

17) Ministero per i beni e delle attività culturali;

 

 

18) Ministero della solidarietà sociale.

 

Come si è detto, il testo in esame ripristinava non solo il numero (e la denominazione), ma anche la originaria ripartizione delle attribuzioni fra i ministeri (tale ripartizione è illustrata dalla tabella posta in calce alla presente scheda). Peraltro, la Commissione bilancio della Camera ha modificato[84] il comma 1 dell’articolo, sopprimendo il riferimento al riparto di attribuzioni tra ministeri: in virtù del nuovo testo, a partire dal prossimo Governo sarà unicamente il “numero dei Ministeri” a risultare stabilito dalle disposizioni originarie del D.Lgs. 300/1999.

Stante la formulazione letterale del comma 1, questo ha l’effetto di ridurre (dagli attuali diciotto a dodici) il numero complessivo dei ministeri, ma non dispone in ordine alla denominazione e alle attribuzioni dei ministeri residui. In altre parole, il comma non indica espressamente quali degli attuali ministeri dovranno intendersi soppressi e quali altri dovranno esercitarne le competenze; alcuni elementi al riguardo possono tuttavia ricavarsi dal dettato del comma 2 (sul quale, si veda infra).

 

Il secondo periodo del comma 1, non modificato dal Senato, pone anche un limite complessivo al numero dei componenti del Governo “a qualsiasi titolo”: esso non potrà essere superiore a sessanta unità, comprendendo in tale nozione allargata di componente del Governo i ministri senza portafoglio, i viceministri e i sottosegretari. Inoltre, il contingente governativo, nel rispetto del suddetto limite numerico complessivo, dovrà essere configurato “in coerenza” con il principio di cui all’articolo 51, primo comma, secondo periodo, della Costituzione, a mente del quale la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ai fini dell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.

Benché formulata in un periodo a sé stante, in virtù della collocazione nel comma 1 la disposizione sembrerebbe soggetta al medesimo termine iniziale di cui al primo periodo del comma, trovando quindi applicazione non all’entrata in vigore della legge finanziaria, ma in sede di formazione del Governo successivo a quello in carica.

Dalla formulazione dell’art. 51 Cost. non sembra discendere un vincolo giuridico in ordine alla composizione della futura compagine governativa, quanto piuttosto l’obbligo di promuovere le “pari opportunità nell’accesso” tra i due generi; il modo in cui di tale principio si darà lettura e applicazione all’atto della formazione del nuovo Governo sembra dunque sostanzialmente rimesso alle sensibilità e alle dinamiche dei diversi attori politico-istituzionali.

Nessun rimedio è del resto previsto in caso di mancato rispetto degli obblighi recati dal periodo in esame; vanno peraltro tenuti presente il ruolo che in tale passaggio istituzionale è svolto dal Capo dello Stato e, in estrema ipotesi, il deterrente di una sanzione politica eventualmente manifestabile già in occasione del voto di fiducia.

 

Il comma 2, nel testo licenziato dal Senato, prevedeva che, a decorrere dalla reviviscenza del testo originario del D.Lgs. 300/1999, fossero abrogati il D.L. 217/2001 e il D.L. 181/2006, dei quali si è innanzi detto. Benché non espressamente dichiarato, appariva evidente l’intento di far tornare in vigore, con tale abrogazione, il testo originario del D.Lgs. 300/1999, limitatamente peraltro alle parti che hanno formato oggetto di abrogazione o modifica da parte dei due menzionati decreti-legge.

Nel corso dell’esame in Commissione bilancio, anche il comma 2 è stato riscritto: il nuovo testo reca una formula di abrogazione innominata, avente ad oggetto tutte le “disposizioni non compatibili con la riduzione dei Ministeri” di cui al comma 1, ivi comprese quelle recate dai due decreti-legge menzionati (sembra dover intendersi: quelle sole, di cui ai decreti-legge, che risultino incompatibili con la riduzione).

L’abrogazione integrale dei due decreti-legge avrebbe in effetti travolto anche le diverse disposizioni, in essi contenute, non concernenti il numero dei ministeri – alcune delle quali modificative di fonti legislative diverse dal D.Lgs. 300/1999 – con effetti non sempre desumibili con chiarezza.

 

A mero titolo d’esempio si fa riferimento, con riguardo al D.L. 217/2001:

-        al co. 6-bis (competenze aggiuntive del Ministero per le politiche agricole e forestali);

-        al co. 12 (competenze dei vice ministri);

-        al co. 13 (incarichi di diretta collaborazione),

e con riguardo all’art. 1 del D.L. 181/2006:

-        ai co. 9-bis e 9-ter (disciplina dei consorzi agrari e promozione del sistema agroalimentare italiano);

-        al co. 19-quinquies (riordino della Commissione per le adozioni internazionali);

-        al co. 22-ter (modifica alla L. 400/1988);

-        ai co. da 24 a 24-octies (uffici e incarichi di diretta collaborazione);

-        al co. 24-novies (requisiti per la nomina dei direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere).

 

D’altro canto, la formulazione adottata rimette quasi interamente all’interprete l’individuazione delle disposizioni recate dai due decreti-legge (e di quelle contenute in altre, non precisate, disposizioni legislative) che debbano intendersi abrogate: operazione com’è ovvio di grande delicatezza in ragione della materia trattata, di diretta attuazione costituzionale.

 

Si ricorda infatti che l’articolo 95, terzo comma, della Costituzione rimette alla legge la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri.

Dalla formulazione del comma 2 si può, forse, desumere che debbano intendersi abrogate, in quanto incompatibili con la prevista riduzione numerica, le norme successive al D.Lgs. 300/1999 che hanno disposto l’istituzione di nuovi ministeri. Si tratterebbe, in particolare, delle disposizioni del D.L. 217/2001 che istituiscono e disciplinano

-        il Ministero delle comunicazioni;

-        in luogo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero della salute,

e delle disposizioni del D.L. 217/2001 che istituiscono e disciplinano

-        in luogo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e il Ministero della solidarietà sociale;

-        in luogo del Ministero delle attività produttive, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero del commercio internazionale;

-        in luogo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dei trasporti;

-        in luogo del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministero della pubblica istruzione e il Ministero dell’università e della ricerca.

Ciascuna di tali disposizioni (contenute, si nota, in due provvedimenti che si sono succeduti e in parte sovrapposti) ha incluso peraltro necessariamente una riassegnazione delle competenze tra ciascun ministero di nuova istituzione ed altri ministeri, nonché tra questi e la Presidenza del Consiglio dei ministri[85]; la concreta determinazione dell’efficacia abrogativa del comma in esame dovrebbe pertanto implicare una ricostruzione “a ritroso” dell’assetto delle competenze, operazione interpretativa suscettibile, almeno a prima vista, di condurre ad esiti non univoci.

 

L’individuazione dell’esatta portata abrogativa del comma 2 deve in ogni caso tener conto dell’ultimo inciso del comma, anch’esso introdotto in sede referente, il quale fa comunque salve svariate disposizioni del citato D.L. 181/2006.

Si tratta dei seguenti commi dell’art. 1 del decreto-legge:

§      commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies: si tratta delle disposizioni che attribuiscono al ministero dello sviluppo economico le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione già attribuite dal D.Lgs. 300/1999 (art. 24, co. 1, lett. c)) al Ministero dell’economia e delle finanze e successivamente trasferite dal D.L. 63/2005[86] (art. 1) alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con particolare riferimento alle aree depresse, incluse le funzioni in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari, la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate e i relativi interventi[87];

§      commi 10-bis e 10-ter, che hanno disposto, in sede di prima applicazione del decreto-legge e al fine di garantire il funzionamento delle strutture trasferite, il mantenimento presso le singole amministrazioni, nell’ambito delle strutture trasferite, degli incarichi dirigenziali conferiti ad esterni, anche in deroga ai limiti numerici fissati dall’art. 19 del D.Lgs. 165/2001 (co. 5-bis e 6);

§      commi 12 e 13-bis, che mutano rispettivamente in “Ministero dello sviluppo economico” la denominazione del Ministero delle attività produttive e in “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” la denominazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

§      comma 22-bis (più volte modificato da successivi interventi normativi) che tra l’altro sopprime la Commissione di supporto al ministro per la funzione pubblica istituita presso il relativo Dipartimento dall’art. 3, co. 6-duodecies-6-quaterdecies, del D.L. 35/2005[88], prevedendo in suo luogo la costituzione con D.P.C.M., presso la Presidenza del Consiglio, di una Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione[89], e dispone che, con D.P.C.M., si provveda a riordinare le funzioni e le strutture della Presidenza del Consiglio in materia di semplificazione e qualità della regolazione;

§      comma 22-ter, che novella l’art. 9, co. 2, della L. 400/1988[90] in materia di attribuzione di compiti specifici a ministri senza portafoglio.

 

In conseguenza dell’intervento previsto dall’articolo in esame, si renderà comunque necessario un riassetto dell’organizzazione interna dei ministeri coinvolti dal riordino (e, presumibilmente, della Presidenza del Consiglio). Nel silenzio del testo, sembra applicabile lo strumento regolamentare previsto in via generale dall’art. 17, co. 4-bis, della citata L. 400/1988[91].

 

Tale norma prevede che l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministri siano determinate con regolamento emanato ai sensi del co. 2 del medesimo art. 17, cioè con regolamento di delegificazione. Gli schemi di regolamento sono trasmessi al Consiglio di Stato, ai sensi dello stesso art. 17, co. 2 L. 400/1988, e alle Camere, ai sensi dell’art. 13, co. 2 della L. 59/1997, perché su di essi sia espresso, entro trenta giorni, il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Il Consiglio dei ministri adotta quindi in via definitiva con propria deliberazione il regolamento, che viene emanato con decreto del Presidente della Repubblica.

 

Nulla peraltro dispone l’articolo in esame in ordine alle modalità di ricognizione delle strutture amministrative trasferite in esito alla ridefinizione del numero e delle attribuzioni dei ministeri, né in ordine ai modi e ai tempi del conseguente trasferimento delle risorse strumentali e finanziarie e del personale da un ministero all’altro.


Le attribuzioni dei ministeri secondo il testo originario del D.Lgs. 300/1999

 

Ministeri

Attribuzioni

Ministero degli Affari esteri

(articoli 12 e 13)

Funzioni e compiti in materia di rapporti politici, economici, sociali e culturali con l’estero; di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale; di analisi, definizione e attuazione dell’azione italiana in materia di politica internazionale; di rapporti con gli altri Stati con le organizzazioni internazionali; di stipulazione e di revisione dei trattati e delle convenzioni internazionali e di coordinamento delle relative attività di gestione; di studio e di risoluzione delle questione di diritto internazionale, nonché di contenzioso internazionale; di rappresentanza della posizione italiana in ordine all’attuazione delle disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune previste dal Trattato dell’Unione europea e di rapporti attinenti alle relazioni politiche ed economiche esterne dell’Unione europea; di cooperazione allo sviluppo; di emigrazione e tutela delle collettività italiane e dei lavoratori all’estero; cura delle attività di integrazione europea in relazione alle istanze e ai processi negoziali riguardanti i trattai dell’Unione europea, della Comunità europea, della Ceca, dell’Euratom.

Ministero dell’Interno

(articoli 14 e 15)

Funzioni e compiti in materia di: garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, difesa civile e politiche di protezione civile, poteri di ordinanza in materia di protezione civile, tutela dei diritti civili, cittadinanza, immigrazione, asilo, soccorso pubblico, prevenzione incendi.

Ministero della Giustizia

(articoli 16-19)

Funzioni e compiti ad esso attribuiti dalla Costituzione, dalle leggi e dai regolamenti in materia di giustizia e attività giudiziaria ed esecuzione delle pene, rapporti con il Consiglio superiore della magistratura, attribuzioni concernenti i magistrati ordinari, vigilanza sugli ordini professionali, archivi notarili, cooperazione internazionale in materia civile e penale.

Ministero della Difesa

(articoli 20-22)

Funzioni e compiti in materia di difesa e sicurezza militare dello Stato, politica militare e partecipazione a missioni a supporto della pace, partecipazione a organismi internazionali di settore, pianificazione generale e operativa delle forze armate e interforze, pianificazione relativa all'area industriale di interesse della difesa.

Ministero dell’Economia e delle finanze

(articoli 23-26)

Funzioni e compiti in materia di politica economica, finanziaria e di bilancio, programmazione degli investimenti pubblici, coordinamento della spesa pubblica e verifica dei suoi andamenti, politiche fiscali e sistema tributario, demanio e patrimonio statale, catasto e dogane, programmazione, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale e politiche di coesione. Il ministero svolge altresì i compiti di vigilanza su enti e attività e le funzioni relative ai rapporti con autorità di vigilanza e controllo previsti dalla legge.

Ministero delle Attività produttive

(articoli 27-32)

Funzioni e compiti in materia di industria, artigianato, energia, commercio, fiere e mercati, trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli, turismo e industria alberghiera, miniere, cave e torbiere, acque minerali e termali, politiche per i consumatori, commercio con l'estero e internazionalizzazione del sistema produttivo, poste, telecomunicazioni, editoria, produzioni multimediali, informatica, telematica, radiodiffusione sonora e televisiva, tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni, con particolare riguardo per il commercio elettronico.

Ministero delle Politiche agricole e forestali

(articoli 33 e 34)

Funzioni e compiti in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca.

Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio

(articoli 35-40)

Funzioni e compiti in materia di tutela dell'ambiente e del territorio; identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali; difesa del suolo e tutela delle acque; protezione della natura; gestione dei rifiuti, inquinamento e rischio ambientale; promozione di politiche di sviluppo sostenibile; risorse idriche.

Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

(articoli 41-44)

Funzioni e compiti in materia di identificazione delle linee fondamentali: dell'assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane, reti infrastrutturali e opere di competenza statale; politiche urbane e dell'edilizia abitativa; opere marittime e infrastrutture idrauliche, trasporti e viabilità.

Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali

(articoli 45-48)

Funzioni e compiti in materia di politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone e delle famiglie, di tutela della salute umana, coordinamento del sistema sanitario nazionale, sanità veterinaria, tutela della salute nei luoghi di lavoro, igiene e sicurezza degli alimenti, di politiche del lavoro e sviluppo dell'occupazione, di tutela del lavoro e dell'adeguatezza del sistema previdenziale.

Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca

(articoli 49-51)

Funzioni e compiti in materia di istruzione scolastica e istruzione superiore, di istruzione universitaria, di ricerca scientifica e tecnologica.

Ministero per i Beni e le attività culturali

(articoli 52-54)

Funzioni e compiti in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo e sport, eccettuate quelle attribuite ad altri ministeri o ad agenzie.


 

Articolo 18
(Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 18.

(Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo).

Art. 18.

(Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo).

1. I compensi dei Commissari straordinari di Governo, di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono ridotti del 20 per cento dal 1o gennaio 2008.

Identico.

 

 

L’articolo in esame, non modificato in sede referente, dispone la riduzione del 20 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dei compensi dei Commissari straordinari del Governo.

I Commissari straordinari del Governo, la cui disciplina è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 11 della L. 400/1988[92] anche al fine di razionalizzare le figure commissariali, costituiscono organi strumentali del Governo, a natura speciale e a competenza settorialmente definita[93].

 

In base al disposto del comma 1 dell’art. 11, i Commissari straordinari possono essere nominati:

-        per la realizzazione di specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri;

-        per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali.

Quanto alle attribuzioni dei Commissari straordinari, esse non sono espressamente individuate dalla legge n. 400, la quale sul punto – oltre a prevedere la facoltà per il Governo di istituire i Commissari e di conferire loro i necessari poteri – si limita ad escludere che essi possano esercitare attribuzioni devolute dalla legge ai ministeri. La dottrina ha inoltre precisato che, derivando i compiti commissariali da una specifica attribuzione da parte del Governo, deve ritenersi che al Commissario straordinario non possano essere attribuiti compiti diversi da quelli rientranti nella sfera di competenze dell’esecutivo e, comunque, nell’ambito di attribuzioni suscettibili di delega. L’attribuzione dei poteri ha natura essenzialmente temporanea ed il tempo di durata dell’incarico è contenuto nel decreto di nomina, salva comunque la possibilità di prorogare o revocare l’incarico stesso.

Sotto il profilo procedurale, il comma 2 del medesimo articolo 11 prevede che la nomina avvenga con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il decreto di nomina non ha solo contenuto di preposizione di un soggetto all’incarico commissariale, essendo previsto che esso debba determinare i compiti del commissario e le dotazioni di mezzi e di personale a sua disposizione. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta Ufficiale.

Attualmente risultano in carica 10 Commissari straordinari di Governo[94]:

-        Commissariostraordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura (D.P.R. 29 aprile 2006): Pref. Dott. Raffaele Lauro (termine incarico: 31 maggio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento e il raccordo delle attività poste in essere da enti e soggetti pubblici e privati che operano nel territorio di Gioia Tauro, al fine di garantirne la sicurezza dello sviluppo del porto e dell'area industriale (D.P.R. 29 dicembre 2006) Pref. Dott. Mario Mori (termine incarico: 28 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse allo sviluppo dell’area di Gioia Tauro (D.P.R. 23 maggio 2007) Ing. Rodolfo De Dominicis (termine incarico: 31 maggio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative volte a fronteggiare le conseguenze dell'encefalopatia spongiforme bovina e le nuove emergenze zootecniche in atto (D.P.R. 8 giugno 2007) Dott. Ettore Ianì (termine incarico. 31 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario per ampliamento dell’insediamento militare americano all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza (D.P.R. 13 luglio 2007) On. Dott. Paolo Costa (termine incarico: 12 luglio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per la gestione delle aree del Comune di Castel Volturno (D.P.R. 31 luglio 2007) Pref. Dott.Giulio Maninchedda (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario per le persone scomparse (D.P.R. 31 luglio 2007) Pref. Dott. Gennaro Monaco (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività finalizzate ad approfondire gli aspetti ambientali, sanitari ed economici relativi all'asse ferroviario Torino-Lione (D.P.R. 2 agosto 2007) Arch. Mario Virano (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse all'attuazione della legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente benefici per le vittime degli atti di terrorismo (D.P.R. 17 settembre 2007) Pref. Dott. Gianlorenzo Fiore (termine incarico: 31 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario per la gestione e la destinazionedei beni confiscati alla mafia (D.P.R. 6 novembre 2007) Dott. Antonio Maruccia (termine incarico: 30 luglio 2008).

 

Per quanto attiene ai compensi attribuiti ai Commissari straordinari, che sono specifico oggetto della disposizione in esame, si rileva che né la L. 400/1988, né altre disposizioni legislative regolano in modo specifico la materia e che, in questo quadro, i decreti di nomina rimettono la quantificazione dei compensi dovuti a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze[95].

 

A tale riguardo si segnala che la relazione tecnica allegata al testo iniziale del disegno di legge finanziaria (A.S. 1818) evidenziava che gli emolumenti spettanti a ciascun Commissario straordinario ammontano a circa 60.000 euro annui (la cifra si dovrebbe ovviamente riferire ai compensi lordi).

Si rileva peraltro che probabilmente tale dato si riferisce ad una media dei diversi compensi spettanti ai diversi commissari. In alcuni casi, infatti, i decreti di nomina prevedono che al Commissario sia attribuito il solo rimborso delle spese di missione[96].

 

Alla luce del quadro sopra descritto e dell’assenza di una predeterminazione normativa dei compensi da attribuire ai Commissari potrebbe quindi ritenersi che la riduzione dei compensi prevista dalla disposizione in esame debba intendersi riferita ai soli Commissari attualmente in carica, mentre per le nomine successive all’entrata in vigore della presente legge il compenso sarà determinato di volta in volta.

 


 

Articolo 19, comma 1
(Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 19.

(Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali).

Art. 19.

(Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali).

1. Per gli anni 2008-2010 le disposizioni che disciplinano il patto di stabilità interno degli enti locali di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono modificate e integrate come segue:

1. Identico:

    a) al comma 676, le parole: «per il triennio 2007-2009» sono sostituite dalle seguenti: «per gli anni 2007-2010»;

    a) identica;

    b) al comma 677, le parole: «2007, 2008 e 2009» sono sostituite dalle seguenti: «2007, 2008, 2009 e 2010»;

    d) identica;

    c) dopo il comma 678 è inserito il seguente:

    c) identica;

«678-bis. Per l'anno 2010 si applicano i coefficienti stabiliti per l'anno 2009 ai sensi del comma 678, fermi restando i dati triennali originariamente assunti ai fini della quantificazione della manovra»;

 

    d) dopo il comma 679 è inserito il seguente:

    d) identica:

«679-bis. Per gli anni 2008-2010 il concorso alla manovra delle province e dei comuni, determinato ai sensi dei commi 678 e 679, che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa, calcolata ai sensi del comma 680, è pari a zero. Conseguentemente, gli obiettivi programmatici di cui al comma 681 sono pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005 calcolato in termini di competenza mista, costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti»;

«679-bis. Per gli anni 2008-2010 il concorso alla manovra delle province e dei comuni, determinato ai sensi dei commi 678 e 679, che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa, calcolata ai sensi del comma 680, è pari a zero. Per il solo anno 2008 gli enti che nel triennio 2003-2005 hanno registrato un saldo medio di competenza mista positivo e maggiore del saldo medio di cassa possono conseguire l'obiettivo di miglioramento in termini di saldo finanziario di competenza mista o, in alternativa, in termini di cassa e di competenza. Conseguentemente, gli obiettivi programmatici di cui al comma 681 sono pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005 calcolato in termini di competenza mista, costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti»;

    e) il comma 681 è sostituito dai seguenti:

    e) identico:

«681. Per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno gli enti devono conseguire un saldo finanziario in termini di cassa e di competenza, per l'esercizio 2007, e di sola competenza mista, per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, pari al corrispondente saldo medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata ai sensi del comma 678, lettera c), ovvero dei commi 679 e 679-bis. Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi 142, 143 e 144 concorrono al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno.

«681. Per il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno gli enti devono conseguire un saldo finanziario in termini di cassa e di competenza, per l'esercizio 2007, e di sola competenza mista, per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, pari al corrispondente saldo medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata ai sensi del comma 678, lettera c), ovvero dei commi 679 e 679-bis. Per il solo anno 2008 gli enti che nel triennio 2003-2005 hanno registrato un saldo medio di competenza mista positivo e maggiore del saldo medio di cassa possono conseguire l'obiettivo di miglioramento in termini di saldo finanziario di competenza mista o, in alternativa, in termini di cassa e di competenza. Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione dei commi 142, 143 e 144 concorrono al conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno.

681-bis. Per gli enti di cui al comma 679-bis che presentano, nel triennio 2003-2005, un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare, non destinate nel medesimo triennio all'estinzione anticipata dei prestiti, superiore al 15 per cento della media delle entrate finali, al netto delle riscossioni di crediti, gli obiettivi programmatici per gli anni 2008-2010 sono ridotti di un importo pari alla differenza tra l'ammontare dei proventi in eccesso al predetto limite del 15 per cento e quello del contributo annuo determinato ai sensi dei commi 678 e 679, a condizione che tale differenza sia positiva. In caso di differenza pari a zero o negativa gli obiettivi programmatici restano determinati in misura pari al saldo finanziario medio del triennio 2003-2005 calcolato in termini di competenza mista»;

681-bis. Identico»;

    f) al comma 683, primo periodo, le parole: «Ai fini del comma 686, il saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa,» sono sostituite dalle seguenti: «Ai fini del comma 686, il saldo finanziario e quello medio del triennio 2003-2005 sono calcolati, per l'anno 2007, sia per la gestione di competenza sia per quella di cassa e, per gli anni 2008, 2009 e 2010, per la sola gestione di competenza mista,»;

    f) identica;

    g) il comma 684 è sostituito dal seguente:

    g) identica;

«684. Il bilancio di previsione degli enti locali ai quali si applicano le disposizioni del patto di stabilità interno deve essere approvato, a decorrere dall'anno 2008, iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente in misura tale che, unitamente alle previsioni dei flussi di cassa di entrate e spese di parte capitale, al netto delle riscossioni e delle concessioni di crediti, sia garantito il rispetto delle regole che disciplinano il patto. A tal fine, gli enti locali sono tenuti ad allegare al bilancio di previsione un apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno»;

 

    h) il comma 685 è sostituito dal seguente:

    h) identica;

«685. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno e per acquisire elementi informativi utili per la finanza pubblica, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente previsto per il patto di stabilità interno nel sito «www.pattosta­bilita.rgs.tesoro.it», le informazioni riguardanti sia la gestione di competenza che quella di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Con lo stesso decreto è definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi dei commi 678, 679, 679-bis e 681-bis. La mancata trasmissione del prospetto dimostrativo degli obiettivi programmatici costituisce inadempimento al patto di stabilità interno. La mancata comunicazione al sistema web della situazione di commissariamento ai sensi del comma 688, secondo le indicazioni di cui allo stesso decreto, determina per l'ente inadempiente l'assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno»;

 

    i) dopo il comma 685 è inserito il seguente:

    i) identica;

«685-bis. Al fine di attivare, con la partecipazione delle associazioni degli enti locali, un nuovo sistema di acquisizione di dati riguardanti la competenza finanziaria dei bilanci degli enti locali che si affianca al Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE), con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i contenuti e le modalità per monitorare, in corso d'anno, gli accertamenti e gli impegni assunti, secondo aggregazioni e scansioni temporali adeguate alle esigenze della finanza pubblica. La concreta realizzazione del sistema è effettuata previa quantificazione dei costi e individuazione della relativa copertura finanziaria»;

 

    l) al comma 686, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento al patto di stabilità interno»;

    l) identica;

    m) dopo il comma 686 è inserito il seguente:

    m) identica.

«686-bis. Qualora si registrino prelevamenti dai conti della tesoreria statale degli enti locali non coerenti con gli obiettivi in materia di debito assunti con l'Unione europea, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, adotta adeguate misure di contenimento dei prelevamenti».

 

 

 

L’articolo 19 disciplina il patto di stabilità interno per gli enti locali con riferimento al triennio 2008-2010, novellando ed integrando le disposizioni recate per gli anni 2007-2009 dai commi 676 e seguenti dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 296/2006) ed estendendole all’anno 2010.

 

In sostanza, le novelle apportate dall’articolo in esame alla legge finanziaria dello scorso anno confermano in larga parte la disciplina vigente del patto di stabilità interno, sia per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione del Patto, riferito a province e comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, sia per quanto concerne il vincolo considerato, riferito alla crescita del disavanzo finanziario.

Per il triennio 2008-2010 viene pertanto mantenuta una disciplina del Patto di stabilità per gli enti locali, finalizzata all’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario, inteso quale differenza tra entrate finali e spese finali (comprese dunque le spese di in conto capitale), allo scopo di far convergere quanto più possibile le regole del patto di stabilità interno con quelle previste dal patto di stabilità e crescita, sottoscritto in sede europea.

 

Vengono tuttavia operate alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina vigente al fine di ovviare ad alcune problematiche applicative emerse nel corso del 2007, con riferimento particolare: agli enti locali che, pur registrando saldi finanziari positivi, sulla base della normativa vigente, hanno dovuto comunque migliorare la loro posizione nel 2007; all’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per il finanziamento delle spese di investimento che, a partire dalla scorso anno, rientrano nei vincoli del patto di stabilità interno; alla contabilizzazione, nel saldo finanziario di riferimento per l’applicazione del patto, di entrate straordinarie dovute alla alienazione di beni patrimoniali.

Pertanto, nell’Accordo sottoscritto tra il Governo e gli enti locali in data 26 settembre 2007, sono state preventivamente condivise e concordate le linee di intervento riguardanti il patto di stabilità interno che sono state assunte nel disegno di legge finanziaria in esame. In sostanza, le modifiche principali riguardano:

§      l’esclusione degli enti con una media positiva del saldo finanziario di cassa del periodo 2003-2005 dal concorso alla manovra per gli anni 2008-2010, con la fissazione del loro obiettivo programmatico in misura pari al saldo finanziario medio del periodo di riferimento (2003-2005);

§      l’adozione del criterio della competenza c.d. “mista”, ai fini del computo del saldo finanziario rilevante per il patto, in base le entrate e le uscite di parte corrente si considerano in termini di competenza (giuridica) e quelle in conto capitale si considerano invece in termini di cassa. Questa soluzione, oltre ad avvicinare maggiormente il saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno al saldo rilevante, a livello comunitario, ai fini del patto di stabilità e crescita e, in particolare, del divieto di disavanzi eccessivi, permetterebbe di risolvere il problema dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione a copertura delle spese di investimento;

§      una riduzione dell’obiettivo programmatico per gli entiche presentano una media positiva del saldo finanziario di cassa del periodo 2003-2005, qualora essi presentino un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio immobiliare e mobiliare particolarmente elevato.

 

Secondo le indicazioni dell’allegato 7, recante gli effetti delle norme della legge finanziaria sui saldi di finanza pubblica, le integrazioni alla disciplina del patto di stabilità introdotte dall’articolo in esame dovrebbero comportare un effetto peggiorativo sull’indebitamento netto sia sul 2008 che sul 2009, pari a rispettivi 208 e 218 milioni di euro; un effetto di riduzione dell’indebitamento netto si registra soltanto nel 2010,stimato in 162 milioni di euro.

 

Le modifiche apportate alla vigente disciplina del Patto di stabilità interno, di cui alla legge n. 296/2006, art. 1, commi 676-695, sono recate alle lettere a)-m) del comma 1 dell’articolo 19 in esame.

 

In particolare, la lettera a) novella il comma 676 della legge n. 296/2006 estendendo al periodo 2007-2010 (in luogo del triennio 2007-2009) l’applicazione del Patto di stabilità previsto per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti,nel rispetto delle disposizioni recate dai commi da 677 a 695, che costituiscono principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

 

Analogamente, la lettera b) novella il comma 677 della legge n. 296/2006, nel senso di estendere il contributo della finanza localeal conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, disponendo la riduzione del saldo finanziario tendenziale del comparto anche per l’anno 2010, oltre al triennio 2007-2009 già considerato.

 

Va ricordato che per la determinazione del concorso di ciascun ente al raggiungimento dell’obiettivo generale, il comma 678 della legge finanziaria 2007 definisce una specifica procedura, in considerazione di alcune caratteristiche finanziarie dell’ente medesimo, in particolare, l’entità della spesa corrente e il suo livello di deficit.

In sostanza, il comma 678 stabilisce che la misura del concorso di ciascun ente alla manovra complessiva per il triennio 2007-2009 sia corrispondente alla somma, in valori assoluti, degli importi derivantidall’applicazione di determinati coefficienti alla media del triennio 2003-2005 della propria spesa corrente, sostenuta in termini di cassa, e alla media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, per i soli enti che presentino una media negativa.

La somma di questi due valori, considerati in valore assoluto, rappresenta l’obiettivo specifico di miglioramento del saldo che ogni singolo ente deve realizzare nel triennio 2007-2009 rispetto alla media del triennio 2003-2005.

 

Più in particolare, la procedura recata dal comma 678 per definire l’entità del miglioramento del saldo-obiettivo per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, prevede che ciascun ente debba:

a)      calcolare la media del triennio 2003-2005 dei propri saldi di cassa, intesi quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, come definiti dal successivo comma 680[97] e risultanti dai propri conti consuntivi. Soltanto se tale media risultasse negativa, gli enti devono applicare ad essa i seguenti coefficienti:

1)       per le province: 0,4 per il 2007, 0,210 per l'anno 2008 e 0,117 per l'anno 2009;

2)       per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,33 per l'anno 2007, 0,205 per l'anno 2008 e 0,155 per l'anno 2009.

b)      calcolare la media della spesa corrente sostenuta nel triennio 2003-2005, considerata in termini di cassa, come risultante dai propri conti consuntivi, ed applicare ad essa i seguenti coefficienti:

1)       per le province: 0,041 per il 2007, 0,022 per l'anno 2008 e 0,012 per l'anno 2009;

2)       per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti: 0,029 per l'anno 2007, 0,017 per l'anno 2008 e 0,013 per l'anno 2009.

c)      determinare l'importo annuo della manovra, corrispondente alla somma degli importi, considerati in valore assoluto, derivanti dall’applicazione dei coefficienti al saldo finanziario e alle spese correnti. In tal modo, il concorso di ciascun ente alla manovra complessiva è ottenuto come somma di una quota della spesa corrente e di una quota di deficit, considerati in valore assoluto, come desunti dai rispettivi consuntivi.

Per i soli comuni, il comma 679 individua un limite massimo del concorso alla manovra, pari all’importo corrispondente all’8% della media triennale delle spese finali registrate nel triennio 2003-2005, qualora l’importo derivante dall’applicazione dei coefficienti alla media dei disavanzi di cassa e alla media della spesa corrente rappresenti, per i comuni, un valore percentuale superiore all’8% della media delle spese finali registrate nel triennio 2003-2005.

 

A seguito dell’estensione dell’applicazione del patto di stabilità fino all’anno 2010, la lettera c) introduce un comma 678-bis all’articolo 1 della legge n. 296/2006, che stabilisce, ai fini della determinazione degli obiettivi programmatici per il 2010, che per tale anno si adottano i medesimi coefficienti previsti dalla legislazione vigente per il 2009.

 

Va evidenziato che in base alla disciplina vigente, anche gli enti che presentano una media 2003-2005 del saldo finanziario di cassa di valore positivo sono soggetti alle regole del patto. In tal caso, tuttavia, l’entità del loro concorso al patto di stabilità interno è determinato applicando solo i coefficienti stabiliti per la spesa corrente.

In tal modo, secondo la normativa vigente, tutti gli enti partecipano al patto di stabilità in ragione del volume della propria spesa corrente.

Gli enti che presentano una situazione di deficit nel triennio 2003-2005 contribuiscono ulteriormente al raggiungimento degli obiettivi di comparto, in misura proporzionale all’ampiezza del loro deficit.

In considerazione delle difficoltà applicative determinate da una tale previsione, che impegna anche gli enti locali che presentano un saldo finanziario positivo in termini di cassa a migliorare tale posizione negli anni successivi, con la lettera d) viene introdotto il comma 679-bis all’articolo 1 della legge finanziaria 2007, che azzera per gli anni 2008-2010 il concorso alla manovra per le province e i comuni che, ai sensi della procedura di cui ai commi 678-679, presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa.

Pertanto, per tali enti, gli obiettivi programmatici degli anni 2008-2010 sono fissati in misura pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

In particolare, il saldo finanziario in termini di competenza mista è costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti, per la parte in conto capitale, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti.

In sostanza, per la parte corrente dunque, si considera dunque il criterio della competenza (giuridica); per la parte capitale, si considera invece il criterio della cassa.

 

A seguito di una modifica approvata dalla Commissione bilancio, è stato aggiunto un periodo al citato comma 679-bis con il quale si prevede che, per il solo anno 2008, gli enti che nel triennio 2003-2005 hanno registrato un saldo medio di competenza mista positivo e maggiore del saldo medio di cassa possono scegliere di conseguire l’obiettivo di miglioramento in termini di saldo finanziario di competenza mista o, in alternativa, in termini di cassa e di competenza.

 

Il criterio della competenza mista è peraltro esteso anche al computo del saldo finanziario che costituisce l’obiettivo programmatico del patto di stabilità interno per gli anni 2008, 2009 e 2010.

La lettera e) provvede infatti alla sostituzione del comma 681 della legge finanziaria dello scorso anno, che indicava gli obiettivi programmatici che gli enti locali dovevano conseguire per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 in termini di miglioramento dei saldi finanziari medi del periodo 2003-2005.

In particolare, la nuova formulazione del comma 681stabilisce che gli enti locali devono conseguire un saldo finanziario, espresso sia in termini di competenza che in termini di cassa per il 2007, come già previsto dalla normativa vigente, ed espresso in termini di sola competenza mista per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, pari a quello medio del triennio 2003-2005 migliorato della misura annualmente determinata secondo la procedura definita dal comma 678, lettera c) ovvero, se ne sussistono le condizioni, dell’importo corrispondente all’8% della media triennale delle spese finali, ai sensi del comma 679. Per gli enti che presentano una media triennale positiva per il periodo 2003-2005 del saldo di cassa, ai sensi del comma 679-bis, gli obiettivi programmatici degli anni 2008-2010 sono fissati in misura pari al corrispondente saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

Restano pertanto invariate rispetto alla legislazione vigente le modalità di calcolo del saldo finanziario rilevante ai fini dell’obiettivo programmatico 2007, che continua ad essere computato sia in termini di competenza che in termini di cassa; per gli anni successivi, invece, si applica il criterio della competenza mista.

Come sottolineato anche nella relazione illustrativa, l’adozione del criterio della competenza mista, in base al quale le poste di parte corrente sono considerate in termini di competenza e quelle in conto capitale sono contabilizzate in termini di cassa, rappresenta una soluzione che “ha il pregio di rendere più facilmente gestibile il problema dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione a copertura di spese di investimento e, inoltre, ha il vantaggio di avvicinare maggiormente il saldo di riferimento a quello che, a consuntivo, viene calcolato dall'Istat ai fini della procedura sui deficit eccessivi di cui al Trattato di Maastricht e, pertanto, di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita”.

 

A seguito di una modifica approvata dalla Commissione bilancio, è stato aggiunto un periodo al citato comma 681 con il quale si prevede che, per il solo anno 2008, gli enti che nel triennio 2003-2005 hanno registrato un saldo medio di competenza mista positivo e maggiore del saldo medio di cassa possono scegliere di conseguire l’obiettivo di miglioramento in termini di saldo finanziario di competenza mista o, in alternativa, in termini di cassa e di competenza.

 

La medesima lettera e) provvede altresì ad introdurre il comma 681-bis, che prevede una riduzione degli obiettivi programmatici in favore degli enti di cui al comma 679-bis, vale a dire quelli che presentano una media positiva del saldo di cassa del periodo 2003-2005, qualora essi presentino nel medesimo triennio 2003-2005 un valore medio delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio immobiliare e mobiliare superiore al 15 per cento della media delle entrate finali (considerate al netto delle riscossioni di crediti).

Il comma 681-bis precisa peraltro che tali entrate in conto capitale derivanti da dismissionidel patrimonio immobiliare e mobiliare non devono essere state utilizzate nel triennio considerato per l’estinzione anticipata dei prestiti.

 

Qualora la media 2003-2005 delle entrate in conto capitale derivanti da dismissioni del patrimonio soddisfino le suddette condizioni (sono cioè superiori al 15% della media delle entrate finali e non sono mai state destinate, nel triennio, all’estinzione dei prestiti), il comma prevede, per gli enti “in avanzo”, una riduzione degli obiettivi programmatici per gli anni 2008-2010, in misura pari alla differenza tra l’ammontare dei proventi che eccedono il 15% e l’importo annuo della manovra, determinato ai sensi dei commi 678 e 679.

Gli enti considerati hanno diritto alla riduzione dell’obiettivo, in misura pari al valore così determinato, soltanto se tale differenza risulti positiva, vale a dire soltanto se la quota eccedente delle entrate derivanti da dismissioni dell’ente risulti superiore all’entità, in valori assoluti, del concorso dell’ente stesso alla manovra.

Se la differenza è pari a zero o è negativa gli obiettivi programmatici restano determinati in misura pari al saldo finanziario medio del triennio 2003-2005, calcolato in termini di competenza mista.

Con il comma 681-bis si è voluto pertanto dare soluzione alle difficoltà insorte per gli enti locali che nel triennio di riferimento 2003-2005 avevano registrato entrate straordinarie dovute all’alienazione di beni patrimoniali (non destinate peraltro all’estinzione anticipata dei mutui), non più ripetibili negli anni successivi, garantendo ad essi una riduzione dell’obiettivo programmatico attraverso la deduzione dell’eccedenza dei proventi da alienazioni rispetto all’obiettivo prefissato.

 

La lettera f) modifica il comma 683 della legge n. 296/2006, che reca i criteri contabili per il computo del saldo finanziario per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 e di quello medio del triennio 2003-2005, introducendo il criterio della competenza mista per il calcolo del saldo finanziario degli anni 2008, 2009 e 2010, oltre che per quello del triennio di riferimento 2003-2005, e confermando per il solo anno 2007 il riferimento, nel computo del saldo, sia alla gestione di competenza che a quella di cassa.

 

Non vengono peraltro modificati i criteri di calcolo del saldo finanziario, che continua dunque ad essere calcolato quale differenza tra le entrate finali e le spese finali, considerato al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, secondo i medesimi criteri adottati dal comma 680 per la determinazione del saldo utile ai fini del calcolo del concorso alla manovra.

E’ prevista l’esclusione di un’unica voce, relativa alle entrate in conto capitale riscosse nel triennio 2003-2005, derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare e mobiliare destinate nel medesimo triennio all’estinzione anticipata di prestiti.

Per i soli comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, dal computo del saldo finanziario utile ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi programmatici sono inoltre escluse le spese, in conto capitale e di parte corrente, autorizzate dal Ministero, relative all’attivazione di nuove sedi di uffici giudiziari, ivi incluse quelle relative al trasloco. Come peraltro precisa la Circolare n. 12/2007, l’esclusione dal saldo delle suddette spese opera solo con riferimento al triennio 2007-2009 - e non anche sul saldo medio del triennio 2003/2005 - e riguarda sia la gestione di competenza che quella di cassa.

A seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 81/2007 (conv. con modificazioni, dalla legge n. 127/2007), nel saldo finanziario utile per il rispetto del patto di stabilità interno non sono considerate:

-        le spese in conto capitale e di parte corrente sostenute dai comuni per il completamento dell’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza, limitatamente all’anno 2007;

-        le spese di investimento finanziate nell'anno 2007 mediante l'utilizzo di una quota dell'avanzo di amministrazione, per i soli enti che negli ultimi tre anni hanno rispettato il patto. L'esclusione delle spese di investimento è commisurata all'avanzo di amministrazione accertato al 31 dicembre 2005 e determinata: a) nella misura del 17%, per le province la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa risulta positiva. Per le restanti province la misura è del 2,6%; b) nella misura del 18,9%, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e fino a 100.000 abitanti la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa risulta positiva. Per i restanti comuni della stessa fascia demografica la misura è del 2,9%; c) nella misura del 7% per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa, risulta positiva. Per i restanti comuni della stessa fascia demografica la misura è dell’1,3%.

 

La lettera g) sostituisce il comma 684 della legge n. 296/2006, relativo alla redazione, a partire dal 2007, del bilancio di previsione degli enti soggetti al pattodi stabilità interno in coerenza con l’obiettivo programmatico da raggiungere. La previsione è stata introdotta soprattutto in considerazione del fatto che le regole del patto dettate per l’anno 2007 e seguenti interessano l’intero bilancio e non più, come in passato, solo alcuni aggregati di spesa.

La nuova formulazione del comma 684, ribadendo il principio contabile della obbligatorietà del rispetto del patto di stabilità interno come elemento necessario per l’approvazione del bilancio di previsione, fa decorrere dal 2008 le nuove regole sulla definizione del bilancio.

In particolare, stabilisce che il bilancio di previsione degli enti locali ai quali si applicano le disposizioni del patto deve essere approvato iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa di parte corrente in misura tale che, unitamente alle previsioni dei flussi di cassa di entrate e spese di parte capitale, al netto delle riscossioni e delle concessioni di crediti, sia garantito il rispetto delle regole che disciplinano il patto.

In sostanza, la nuova formulazione del comma 684 è in coerenza con l’applicazione del nuovo criterio della competenza mista, introdotto per quanto concerne il calcolo del saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità a partire dal 2008, che considera le previsioni di entrate e di spese di parte corrente in termini di competenza e le previsioni di entrate e di spese di parte capitale in termini di cassa.

A tal fine, la norma prevede altresì che gli enti locali provvedano ad allegare al bilancio di previsione un apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità interno.

 

La lettera h) sostituisce il comma 685 della legge n. 296/2006, recante, insieme al comma 686, le modalità del monitoraggio degli adempimenti relativi al patto di stabilità interno.

In sostanza, la nuova formulazione del comma 685 conferma le procedure introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno, prevedendo che tutti gli enti soggetti al patto di stabilità interno hanno l’obbligo di trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza trimestrale, le informazioni relative agli andamenti della gestione di competenza e di quella di cassa.

La comunicazione dovrà essere indirizzata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento, esclusivamente attraverso l’utilizzo del sistema web appositamente istituito per il monitoraggio del patto di stabilità.

Il prospetto e le modalità di comunicazione delle informazioni richieste saranno definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali. Con lo stesso decreto verrà definito il prospetto dimostrativo dell'obiettivo determinato per ciascun ente ai sensi dei commi 678, 679, 679-bis e 681-bis.

Il nuovo comma 685 sottolinea peraltro, diversamente dalla legislazione vigente, l’obbligatorietà della trasmissione delle suddette informazioni al Ministero dell’economia e delle finanze prevedendo che la mancata trasmissione del prospetto dimostrativo degli obiettivi programmatici costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.

Anche la mancata comunicazione al sistema web della situazione di commissariamento dell’ente per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso–che, ai sensi del comma 688 della legge n. 296/2006, esclude gli enti dall’applicazione del patto di stabilità fino l’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali[98]- determina per l'ente inadempiente l'assoggettamento alle regole del patto di stabilità interno.

 

Analogamente, la modifica apportata dalla lettera l) al comma 686 della legge n. 296/2006, mantenendo fermi gli ulteriori adempimenti ivi previsti ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno - obbligo per gli enti soggetti al patto deve inviare al Ministero dell'economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, una certificazione, sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile del servizio finanziario, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal decreto di cui al comma 685 – è volta ad aggiungere anche in questo comma la previsione per cui la mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento al patto di stabilità interno.

 

Va ricordato che le misure di carattere sanzionatorio applicabili agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno stabiliti per l’anno precedente, sono definite dai commi 691-693 della legge n. 296/2006.

I citati commi prevedono, in sostanza, un meccanismo di automatismo fiscale (incremento delle aliquote dell’addizionale comunale all’IRPEF e dell’imposta provinciale di trascrizione), che si attiva qualora l’ente, a seguito della diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri, non adotti autonomamente le necessarie misure per il riassorbimento dello scostamento.

 

La lettera i)introduce il comma 685-bisalla legge n. 296/2006 che intende attivare un nuovo sistema di acquisizione di dati, condiviso tra Governo e enti locali, riguardanti la competenza finanziaria dei bilanci di comuni e province, che - in aggiunta al SIOPE[99] (Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici), che rileva telematicamante tutte le operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai cassieri delle amministrazioni pubbliche - possa consentire, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni degli enti locali, una analisi più completa degli andamenti della finanza locale.

Scopo del sistema è infatti quello di monitorare, in corso d’anno, gli accertamenti e gli impegni assunti, secondo aggregazioni e scansioni temporali adeguate alle esigenze della finanza pubblica.

I relativi contenuti e modalità sono stabiliti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Interno e con il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. La concreta realizzazione del sistema è tuttavia condizionata, sia alla previa quantificazione dei costi che all'individuazione della relativa copertura finanziaria.

 

 

La lettera m) aggiunge il comma 686-bis alla legge n. 269/2006, che autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ad adottare adeguate misure di contenimento dei prelevamenti effettuati dagli enti locali sui conti della tesoreria statale, qualora si registrino prelevamenti non coerenti con gli obiettivi in materia di debito assunti con l'Unione europea.


 

Articolo 19 comma 2
(Patto di stabilità Regione Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano e Università non statali di Aosta e Bolzano)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 19.

(Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali).

Art. 19.

(Modifiche al patto di stabilità interno degli enti locali).

2. La facoltà della regione autonoma Valle d'Aosta e della provincia autonoma di Bolzano di applicare le regole del patto di stabilità interno nei confronti dei loro enti strumentali, nonché per gli enti a ordinamento regionale o provinciale, prevista all'articolo 1, comma 663, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è estesa anche nei confronti delle università non statali di cui all'articolo 17, comma 120, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

2. Identico.

 

 

La norma concerne la Regione autonoma Valle d’Aosta e la Provincia autonoma di Bolzano. Esse possono estendere le norme sul patto di stabilità -rispettivamente – anche alla Libera Università della Valle d’Aosta e alla Libera Università di Bolzano, atenei privati istituiti sulla base della legge 127/2007.

 

Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano le regole per il patto di stabilità e crescita sono concordate annualmente con il Ministero dell’economia e delle finanze. La legge finanziaria 2007 (articolo 1 commi 660-663) così stabilisce confermando la disciplina precedente e disciplinando modalità e termini per il raggiungimento dell’intesa. Il comma 663 inoltre consente alle regioni e alle Province autonome di estendere «le regole del patto di stabilità interno nei confronti dei loro enti e organismi strumentali». La disposizione consente alle regioni e alle province autonome di computare nei risparmi a loro carico anche quelli che essi ottengono formalmente a carico di bilanci degli enti e degli organismi della propria finanza decentrata.

Gli enti strumentali verso cui la regione – o provincia autonoma - può esercitare la potestà di dettare le regole del patto di stabilità interno sono gli «enti ad ordinamento regionale o provinciale». Di questi enti bilancio, risorse e contabilità sono disciplinati da ciascuna regione in forza della piena autonomia di organizzazione.

 

La libera Università di Aosta e la libera Università di Bolzano istituite come detto sulla base della legge 127/1997; rispettivamente nel 2000 e nel 1998, ricevono contributi pubblici – sia dallo Stato che - rispettivamente - dalla regione e dalla provincia autonoma. L’articolo 17, comma 120, della legge 127/1997 dispone infatti che i contributi statali sono determinati annualmente con decreto del Ministro dell’Università previa intesa con la regione Valle d’Aosta e con la Provincia autonoma di Bolzano. Regione e Provincia autonoma con proprie norme determinano i contributi annui da versare ai due atenei tenuto conto del contributo statale[100].

 

Gli atenei in questione – atenei privati che ricevono contributi pubblici - sono attualmente inseriti nello specifico elenco ISTAT nel conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, ai fini dell’applicazione delle norme sul contenimento della spesa pubblica[101].

Agli enti compresi nell’elenco – che viene aggiornato periodicamente – si applicano le norme sul contenimento della spesa pubblica dettate prima dall’art. 1 comma 5 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004, la medesima norma che prescrive all’ISTAT di redigere l’elenco) e, da ultimo, dall’articolo 1, comma 505 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2007) che estende a questi enti le norme sul contenimento delle spese per incarichi di consulenza, per relazioni pubbliche, convegni, auto di servizio, nonché l’obbligo di riduzione del 10% degli incarichi di consulenza e delle indennità dei componenti organi collegiali contenute nella legge finanziaria per il 2006 (L. 266/2005 art. 1 commi 9, 10, 11, 56, 58 e 61).

 

La norma in esame ha lo scopo di sottrarre le due libere università alle regole di contenimento delle spese previste per le pubbliche amministrazioni di cui sopra e di assoggettarle – nel rispetto delle specifiche competenze statutarie – alla disciplina prevista rispettivamente nella regione Valle d’Aosta e nella Provincia autonoma di Bolzano.

I contributi che i due atenei ricevono dalla Regione e dalla Provincia autonoma, peraltro, essendo ordinarie spese correnti e di investimento del bilancio della Regione e della Provincia autonoma, sono già erogati nel rispetto delle regole del patto di stabilità applicate nei rispetti enti territoriali.


 

Articolo 20
(Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari
sottoscritti dagli enti territoriali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 20.

(Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari sottoscritti dagli enti territoriali).

Art. 20.

(Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari sottoscritti dagli enti territoriali).

1. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, sono informati alla massima trasparenza contrattuale.

1. I contratti su strumenti finanziari derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, sono informati alla massima trasparenza.

2. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono recare le informazioni ed essere redatti secondo le indicazioni specificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca d'Italia. Il Ministero dell'economia e delle finanze verifica la conformità dei contratti ai modelli di cui al predetto decreto.

2. I contratti di cui al comma 1 devono recare le informazioni ed essere redatti secondo le indicazioni specificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca d'Italia. Il Ministero dell'economia e delle finanze verifica la conformità dei contratti al decreto.

3. La regione o l'ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione dei rischi e delle caratteristiche dello strumento proposto.

3. La regione o l'ente locale sottoscrittore degli strumenti finanziari di cui al comma 1 deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione dei rischi e delle caratteristiche dei medesimi, evidenziando in apposita nota allegata al bilancio gli oneri e gli impegni finanziari derivanti da tali attività.

4. Il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell'efficacia dei contratti.

4. Il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell'efficacia dei contratti e il riscontro di una loro violazione è comunicato alla Corte dei conti per l'adozione dei provvedimenti di competenza.

 

 

Premessa

L’articolo 20 in esame, modificato dalla V Commissione Bilancio, pone norme per limitare i rischi insiti nei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati, sottoscritti dagli enti pubblici territoriali.

La diffusione degli strumenti finanziari derivati è fenomeno recente, che s’inquadra nell’elaborazione di strategie finanziarie volte a permettere ai soggetti operanti sul mercato di garantirsi da rischi finanziari connessi alla loro attività o di realizzare una gestione attiva dell’indebitamento, adeguandolo all’evoluzione delle condizioni di mercato per fruire delle opportunità derivanti dalle oscillazioni dei tassi d’interesse.

Un accorto impiego di questi strumenti può consentire infatti di modificare le caratteristiche del debito esistente, ristrutturandolo in maniera conveniente e riducendo per conseguenza l’esposizione complessiva, senza estinguerlo anticipatamente o rinegoziarne le condizioni (operazioni che possono essere in talune circostanze onerose o impossibili).

 

Ad esempio, attraverso un contratto di interest rate swap è possibile ottenere su un debito a tasso d’interesse fisso effetti corrispondenti all’applicazione di un tasso variabile, o viceversa, ovvero mutare l’indice di riferimento per un debito contratto a tasso d’interesse variabile, o, ancora, modificare i tempi di pagamento degli interessi o del capitale.

 

L’operazione può servire per ristrutturare l’intero debito pregresso oppure quote di esso, ad esempio per diversificarne le caratteristiche in modo da ridurre il rischio complessivo. La diversificazione può riferirsi a tre elementi: tipo d’indicizzazione (tasso fisso o variabile con differenti indici); scadenza (breve, media, lunga); divisa (valuta nazionale o estera)[102].

Le descritte operazioni finanziarie possono risultare per converso svantaggiose qualora le scelte operate si fondino su un’analisi erronea.

Può infatti verificarsi che le scelte compiute non siano corrispondenti alla struttura di attività e passività del bilancio del soggetto che le compie, sia perché invece di diversificare la struttura del debito ne accentuino gli squilibri, sia perché nel determinare le date per la regolazione periodica dei flussi di pagamento non siano stati adeguatamente considerati gli andamenti di cassa delle parti (con conseguente rischio di mancanza di liquidità).

I rischi tipici di queste operazioni sono il rischio legato alle variazioni di valore degli indici di riferimento o delle attività sottostanti, e il rischio di credito[103].

L’applicazione di queste tecniche alla finanza degli enti territoriali è assai recente, poiché in precedenza l’indebitamento di essi consisteva in mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti (a tasso fisso) o con istituti bancari (a tassi stabiliti entro i limiti massimi fissati dall’autorità di Governo). L’esigenza di una gestione più attenta e responsabile del debito di questi enti, con la cessazione di talune forme di sostegno a carico della finanza statale, ha imposto la ricerca di finanziamenti a condizioni di mercato. In questo contesto si è sviluppato l’impiego delle emissioni obbligazionarie, le cui condizioni dipendono dall’andamento del mercato e dal merito di credito degli enti emittenti, per il quale può rendersi necessario il rilascio di un rating da parte delle agenzie specializzate.

Nel medesimo quadro, la dottrina ha segnalato le opportunità che potevano sorgere anche in favore degli enti locali dall’impiego di strumenti innovativi di finanza derivata, in relazione alle caratteristiche della loro gestione finanziaria[104].

 

Sulle problematiche relative al collocamento di strumenti finanziari derivati la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati sta conducendo una serie di audizioni informali. Da ultimo, nella seduta del 15 novembre 2007, si è tenuta l’audizione dei rappresentanti dell’Unione delle Province d’Italia (UPI) e dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

L'impiego di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali

Nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali, contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’articolo 205 autorizza gli enti locali a contrarre prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.

L’emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali è disciplinata dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1995), e dal regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.

La disciplina consente a regioni, province, comuni e unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane e consorzi tra enti locali territoriali di deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti[105].È esplicitamente previsto il divieto di finanziare spese di parte corrente.

 

Per quanto riguarda le regioni, la legge n. 724 del 1994 rinvia alla disciplina contenuta nell'articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in base alla quale la facoltà di emettere titoli obbligazionari deve essere esercitata mediante apposita legge regionale di autorizzazione entro precisi limiti quantitativi e contabili.

 

Il regolamento, oltre a determinare le caratteristiche dei titoli obbligazionari e i criteri e le procedure che gli enti emittenti sono tenuti ad osservare per la raccolta del risparmio[106], definisce altresì l'ammontare delle commissioni di collocamento da corrispondere agli intermediari autorizzati e i criteri di quotazione sul mercato secondario.

 

Relativamente alle emissioni in valuta, l’articolo 2 del medesimo regolamento emanato con il decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420, prescrive la copertura del rischio di cambio mediante una corrispondente operazione di swap che trasformi, per l'emittente, l'obbligazione in valuta estera in un'obbligazione in valuta nazionale, senza introdurre elementi di rischio. L'operazione dovrà essere effettuata da intermediari di provata affidabilità ed esperienza nel settore, con riferimento anche alla valutazione loro assegnata dalle maggiori agenzie di rating.

 

Il comma 1 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica, ha conferito al Ministero dell'economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all'accesso al mercato dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni[107].

I commi 2 e 3 hanno modificato la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.

 

In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet). In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.

Questi metodi tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.

 

Il comma 3 ha abrogatoil primo periodo del comma 6 dell’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché l’articolo 3 del regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420[108].

 

Varie disposizioni sono contenute nel regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389[109].

 

Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004[110]. Dettagliate indicazioni sono fornite circa le tipologie di operazioni derivate ammesse. Oltre agli swap di tasso di cambio a copertura del rischio di cambio nel caso di indebitamento in valuta, sono quelle espressamente indicate nelle lettere da a) a d) dell’articolo 3, comma 2, del regolamento, da intendersi nella forma «plain vanilla»[111].

Non sono ammessi gli strumenti derivati che contengono leve o moltiplicatori dei parametri finanziari (ad esempio, pagare due volte il tasso Euribor), né operazioni derivate riferite ad altre operazioni derivate preesistenti, in base alla considerazione che nessun derivato è configurabile come una passività.

 

Nel caso in cui si verifichi una variazione della passività sottostante ad un derivato, ad esempio perché è stata rinegoziata o convertita oppure perché ha raggiunto un ammontare inferiore a quanto inizialmente previsto, la posizione nello strumento derivato può essere riadattata sulla base di condizioni che non determinino una perdita per l'ente; solo nel caso in cui l'ente ritenga di dover chiudere la posizione nello strumento derivato è ammissibile la conclusione di un derivato uguale e di segno contrario con un'altra controparte.

 

Per la determinazione del rischio di credito degli intermediari valgono le stesse regole indicate in relazione ai fondi e agli swap d’ammortamento.

 

Infine, atteso il rischio inerente all'attività in derivati, la circolare raccomanda agli enti di fare altresì riferimento alle norme del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998 e successive modificazioni (in particolare articoli da 25 a 31) e al "Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari" ad esso allegato.

Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2007

I commi da 736 a 738 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) contengono disposizioni in materia di indebitamento degli enti locali tramite utilizzo di strumenti derivati.

 

In materia sono intervenute le circolari esplicative del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007, pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007 e 22 giugno 2007, n. 6301, pubblicata in G.U. n. 151 del 2 luglio 2007.

 

Il comma 736 è diretto a ridurre l’utilizzo, da parte di regioni ed enti locali[112], di strumenti finanziari derivati per le operazioni di gestione del debito.

Il comma in esame afferma che le operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati effettuate da regioni e enti locali devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato. È stabilito inoltre che le suddette operazioni possono essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al rischio di credito assunto.

I commi 737 e 738 introducono obblighi di comunicazione a carico delle regioni e degli enti locali che pongono in essere operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati.

Ai sensi del comma 737, che introduce i commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), le regioni e gli enti locali, prima della sottoscrizione di contratti relativi alle operazioni sopra indicate, devono trasmetterli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro. La trasmissione è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti stessi. Sono espressamente confermate le disposizioni di cui al citato D.M. n. 389 del 2003 in materia di controllo sull’andamento delle operazioni. La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2007.

L’articolo 1 del D.M. n. 389 del 2003, concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali e delle regioni, prevede che tali soggetti comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.

Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR.

Il nuovo comma 2-ter stabilisce che le operazioni di cui al nuovo comma 2-bis (operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati) che vìolano la vigente normativa sono comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.

 

Il comma 738 stabilisce che gli enti tenuti alle comunicazioni di cui al citato articolo 41 della legge n. 448 del 2001 debbono conservare, per almeno cinque anni, elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette all’obbligo di comunicazione. L’organo di revisione dell’ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento dell’obbligo da parte degli enti vigilati.

 

Gli obblighi di comunicazione a carico di regioni ed enti locali, previsti dal citato articolo 41, sono quelli di cui nuovo comma 2-bis, introdotto dal precedente comma 737, e l’obbligo di comunicare periodicamente al Ministero dell’economia i dati relativi alla propria situazione finanziaria, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di vigilare sugli andamenti di finanza pubblica.

Le disposizioni recate dall’articolo 20 in esame

L’articolo 20 in esame ha riguardo ai contratti su strumenti finanziari derivati. Prima della modifica apportata dalla V Commissione Bilancio la norma faceva riferimento anche alla categoria degli strumenti finanziari[113].

Il comma 1 dell’articolo 20 in esame dispone che i contratti su strumenti finanziari derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono essere informati alla massima trasparenza.

 

Si rileva che l’espressione “massima trasparenza” risulta eccessivamente generica, in quanto non fornisce alcun parametro di valutazione né alcun criterio di orientamento ai fini della redazione del decreto ministeriale di attuazione previsto dal successivo comma 2.

 

Il comma 2 dell’articolo 20 in esame demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite la Consob e la Banca d’Italia, il compito di indicare le informazioni che devono recare i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali nonché il compito di specificare le indicazioni secondo le quali tali contratti devono essere redatti.

 

Si rileva che la norma non indica il termine entro cui deve essere emanato il decreto.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze sarà quindi tenuto a verificare la conformità dei contratti al predetto decreto ministeriale.

Nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, l’articolo è stato sostituito, modificandone in parte il contenuto. In particolare, la nuova formulazione del comma 2 prevede che il Ministero dell’economia e finanze verifichi la conformità dei contratti alle indicazioni recate dal decreto dello stesso MEF, sopprimendo il riferimento più generale ai modelli di contratto che secondo il testo originario avrebbe dovuto delineare lo stesso Ministero.

 

Il comma 3 dell’articolo 20 in esame stabilisce che la regione o l’ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione:

a) dei rischi dello strumento proposto;

b) delle caratteristiche dello strumento proposto.

 

Nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio si è inoltre stabilito che l’ente pubblico territoriale deve evidenziare gli impegni finanziari derivanti dal contratto in apposita nota allegata al bilancio.

 

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 in esame, il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti.

La norma di chiusura recata dal comma 4 in esame parrebbe significare - qualificando il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 in termini di “elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti” - che il contratto stipulato tra l’ente territoriale e la sua controparte avente ad oggetto strumenti finanziari anche derivati non deve ritenersi nullo ovvero annullabile anche ove non siano rispettate le disposizioni recate dai commi 3 e 4.

Il mancato rispetto di tali norme impedirebbe, infatti, soltanto il dispiegarsi dell’efficacia del contratto.

Pertanto, un adeguamento successivo dell’ente territoriale alle prescrizioni recate dai commi 2 e 3 consentirebbe al contratto, di per sé valido, di produrre anche gli effetti suoi propri.

Nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio si è inoltre stabilito, integrando il comma 4, che la violazione delle norme introdotte dall’articolo va comunicata alla Corte dei conti, che sarà tenuta ad adottare i provvedimenti che rientrano nella sua competenza.


 

Articolo 21
(Saldo finanziario ai fini del patto di stabilità interno)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 21.

(Saldo finanziario ai fini del patto di stabilità interno).

Art. 21.

(Saldo finanziario ai fini del patto di stabilità interno).

1. A decorrere dall'anno 2008 con l'accordo di cui al comma 660 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, può essere assunto a riferimento per il patto di stabilità interno il saldo finanziario, anche prima della conclusione del procedimento e dell'approvazione del decreto previsti dal comma 656 del medesimo articolo 1, qualora la sperimentazione effettuata secondo le regole di cui al secondo e al terzo periodo del comma 665 dello stesso articolo abbia conseguito al proprio termine esiti positivi per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Identico.

 

 

L’articolo 21 integra la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano dettata dalla legge finanziaria per il 2007, al fine di consentire che, come riferimento per il patto di stabilità, possa essere assunto il saldo finanziario anziché il criterio attuale del contenimento della spesa.

 

Le regioni a statuto speciale e le province autonome dei Trento e di Bolzano sono soggette anch’esse agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dal Patto di stabilità e crescita. In ossequio alle potestà e prerogative stabilite dai rispettivi statuti speciali e dalle loro norme di attuazione, la misura e le modalità del concorso di ciascuna regione al contenimento della spesa pubblica sono concordate in un’intesa  tra la regione medesima e il Ministero dell’economia e delle finanze.

Così dispone il comma 660 della legge 296/2006 – come già le precedenti leggi finanziarie[114] – disciplinando modalità e termini per il raggiungimento dell’intesa.

La disciplina dettata dalla legge finanziaria per il 2007 introduce però una novità. Il comma 656 dell’articolo 1 della legge 296/2007 prevede che, a decorrere dal 2007, venga avviata una sperimentazione, con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario, in sostituzione del criterio di contenimento della spesa, introdotto a partire dal 2002.

I criteri e le modalità per la sperimentazione nonché di definizione del saldo finanziario saranno definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Il comma 665 del medesimo articolo precisa – tra l’altro - le modalità di calcolo del saldo. La disciplina cui perverrà la sperimentazione, dovrà prevedere che il saldo rilevante per il patto sia comunque espresso sia in termini di competenza che di cassa. Inoltre, con riferimento alla competenza, le spese finali dovranno essere calcolate assumendo i dati di competenza per le spese correnti e quelli di cassa per le spese in conto capitale (a differenza di quanto disposto in passato, in cui il riferimento era sia per le spese correnti che per quelli in conto capitale al complesso degli impegni). In sostanza, il saldo di competenza è calcolato quale somma algebrica risultante:

§      per le spese di parte corrente, dalla differenza tra accertamenti e impegni;

§      per le spese di parte capitale, dalla differenza tra incassi totali e pagamenti totali.

Tale modalità di calcolo è volta a definire l’aggregato di spesa in una accezione più simile a quella utilizzata a livello europeo per il Patto di stabilità e crescita.

 

La norma in esame dispone che, a decorrere dal 2008, nell’ambito dell’accordo sul patto di stabilità che ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma definisce con il Ministero dell’economia e delle finanze, possa essere assunto a riferimento dello stesso patto il criterio del saldo finanziario.

Questo è possibile anche prima della definizione delle regole della sperimentazione e del computo del saldo finanziario - ovvero prima dell’emanazione del decreto previsto dal comma 656 dell’articolo 1 della legge 296/2007 di cui sopra – a condizione che la sperimentazione effettuata prendendo a riferimento il saldo come stabilito dal comma 665 dello stesso articolo abbia dato esiti positivi.

La modifica del riferimento per le regole del patto di stabilità è una richiesta della regioni stesse. Il criterio attuale del contenimento della spesa infatti, non consente di poter computare – ai fini del rispetto del patto – le eventuali maggiori entrate conseguite dalla regione o dalla provincia autonoma.


 

Articolo 22
(Esclusione del patto di stabilità interno per gli enti commissariati)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 22.

(Esclusione dal patto di stabilità interno per gli enti commissariati).

Art. 22.

(Esclusione dal patto di stabilità interno per gli enti commissariati).

1. È prorogata per l'anno 2008 l'esclusione dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, già prevista per gli anni 2006 e 2007 dall'articolo 1, comma 689, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per gli enti locali per i quali negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno, l'organo consiliare è stato commissariato ai sensi degli articoli 141 e 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Relativamente alle spese per il personale, si applicano a questi enti le disposizioni previste per gli enti inclusi negli obiettivi del patto di stabilità interno.

Identico.

 

 

L’articolo 22 estende all’anno 2008 l’applicazione della disposizione contenuta all’articolo 1, comma 689, della legge finanziaria dello scorso anno (legge n. 296/2006), che esclude dal patto di stabilità interno gli enti locali commissariati negli anni 2004 e 2005, sia per fenomeni di tipo mafioso che per le motivazioni previste dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

 

Il citato comma 689 della legge n. 269/2006 prevedeva l’esclusione degli enti locali commissariati negli anni 2004 e 2005 dal patto di stabilità interno per il 2006 e il 2007.

 

Più precisamente, il primo periodo dell’articolo in esame specifica che si intendono esclusi per l’anno 2008 dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, gli enti locali i cui organi consiliari siano stati commissariati negli anni 2004 e 2005, anche per frazione di anno:

§      per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell’articolo 143 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ovvero

§      nelle ipotesi previste dall’articolo 141 del Testo unico, che dispone lo scioglimento degli organi consiliari a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco, dimissioni del sindaco, ecc.; c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.

 

Nonostante tali enti siano esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno per il 2008, il secondo periodo dell’articolo in esame ribadisce anche per questi enti l’obiettivo del contenimento della spesa per il personale, secondo le medesime disposizioni previste per gli enti soggetti al patto.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 560, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006) ha disciplinato le assunzioni effettuatedaregioni ed enti locali sottoposti al patto di stabilità interno. Per una disamina più puntuale, si rinvia alla scheda del successivo articolo 145.


 

Articolo 23
(Scioglimento dei consigli comunali nei casi
di mancata approvazione del bilancio)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 23.

(Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio).

Art. 23.

(Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio).

1. Ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio sono confermate, per l'anno 2008, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o marzo 2005, n. 26.

Identico.

 

 

L’articolo 23 conferma per l’anno 2008 l’applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

 

In sostanza, la disposizione citata richiama l’applicazione delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002)[115], concernenti la procedura per lo scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti.

Più in particolare, le disposizioni richiamate disciplinano lo scioglimento dei consigli comunali nel caso in cui un comune non abbia predisposto lo schema di bilancio o approvato il bilancio stesso nei termini previsti dal testo unico degli enti locali (art. 141, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000), nonché nel caso in cui il consiglio non abbia adottato le necessarie misure per riportare in equilibrio il bilancio.

In tali casi, l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 attribuisce al prefetto i poteri, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso.

 

Lo scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio di previsione, ovvero per mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio, è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.

La disposizione stabilisce che i consigli comunali e provinciali vengano sciolti, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, in presenza di determinate fattispecie, tra le quali, appunto, la mancata approvazione nei termini del bilancio[116].

In tale specifica ipotesi, l’art. 141 del TUEL prevede che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) nomina un commissario affinché predisponga lo schema d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

La norma prevista dal D.L. n. 13/2002, che assegna al prefetto la nomina del commissario ad acta, è stata introdotta a seguito dell’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione che individuava nel CO.RE.CO. l’organo cui era affidato il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, abrogazione disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. In assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente, anche nella fase intermedia tra scioglimento e rinnovo elettorale delle assemblee. Con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 è stata quindiintrodotta una disciplina di carattere transitorio, diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi con l’abrogazione della norma costituzionale.

Le norme del D.L. n. 13/2002, dettate per l’anno 2002, sono state richiamate da successivi provvedimenti legislativi, ed applicate anche negli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007.

 

La procedura introdotta dal D.L. n. 13/2002 e, di fatto, richiamata dal comma in esame, prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato:

a)      nell’ipotesi di mancata predisposizione dello schema del bilancio da parte della Giunta, il prefetto nominerà un commissario per la predisposizione dell’atto d’ufficio e, successivamente, assegnerà al Consiglio un termine di venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione;

b)      nell’ipotesi in cui lo schema di bilancio risulti già predisposto dalla Giunta, il prefetto dovrà assegnare al Consiglio, con atto notificato ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione.

 

Decorso inutilmente il termine assegnato al Consiglio per l’approvazione del bilancio, il prefetto si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

Va evidenziato in proposito che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 13/2002 afferma il principio per cui spetta agli statuti degli enti locali disciplinare, in tale ipotesi, le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio.

L’attribuzione al prefetto dei poteri di nomina del commissario, pertanto, si applica soltanto nel caso in cui lo statuto comunale non detti una disciplina diversa.

In ogni caso, il termine entro il quale deve avere luogo l’approvazione del bilancio nel caso di ricorso alla nomina di un commissario è fissato in 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto.

 

L’applicazione della procedura sopra illustrata si applica anche all’ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del D.Lgs. n. 267/2000.

 

Ai sensi dell’articolo 193 del Testo unico, gli enti locali sono tenuti, durante la gestione, al rispetto del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio sia per la copertura delle spese correnti che per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal Testo unico.

Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare deve provvedere, con propria delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio (di cui all’articolo 194), e per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato.

Qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, il Consiglio adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.

 

La mancata adozione, da parte dell’ente, dei suddetti provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 del Testo unico, e dà luogo alla procedura di scioglimento del Consiglio prevista in tale ipotesi.


 

Articolo 24, comma 1
(Determinazione dei trasferimenti erariali agli enti locali per il 2008)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

1. I trasferimenti erariali per l'anno 2008 in favore di ogni singolo ente locale sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 1, comma 696, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

1. Identico.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 24 provvede alla determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2008.

 

Come già nelle finanziarie precedenti, la disposizione è finalizzata a dettare criteri per la definizione dell’entità dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale nel 2008, in modo da consentire l’approvazione dei relativi bilanci.

In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992 (articoli 34-43)[117].

 

Per l’anno 2007, la determinazione dei trasferimenti spettanti a ogni singolo ente locale è effettuata sulla base dei criteri già adottati dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, della legge n. 296/2006), che, di fatto, richiamandosi a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie, consolidano, nel contributo ordinario spettante agli enti locali per l’anno 2008, i contributi erariali attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002.

 

Il richiamo al comma 696 dell’articolo 1 della legge finanziaria dello scorso annopermette inoltre diconfermare, per l’anno 2008, anche la ripartizione dei contributi aggiuntivi e delle altre provvidenze disposte in favore degli enti locali nella stessa misura disposta lo scorso anno, al fine di garantire che ad ogni singolo ente venga attribuito nell’anno 2008 lo stesso ammontare di contributi assegnato nel 2007.

In particolare, il citato comma 696 applicava per l’anno 2007 le disposizioni già applicate l’anno precedente, ai sensi dell’art. 1, comma 64, della legge n. 311/2004 che disponeva la ripartizione tra gli enti locali delle maggiori risorse che si erano rese disponibili, a partire dal 2005, a legislazione vigente sui tre Fondi principali (Fondo ordinario, consolidato e perequativo) per il venir meno della riduzione disposta dall’art. 24, co. 9, della legge n. 448/2001[118], pari a circa 340 milioni di euro. La ripartizione dei 340 milioni viene effettuata, anche nel 2008, nel seguente modo:

a)       260 milioni di euro per confermare i contributi assegnati ai sensi dell’art. 3, co. 27, secondo periodo, 35, 36 e 141, della legge n. 350/2003. In particolare:

-        20 milioni alle unioni di comuni che abbiano effettivamente attivato l’esercizio associato dei servizi (art. 3, co. 27, legge n. 350/2003), al fine di assicurare a tali enti, anche nel 2008 le risorse assegnate nell’anno precedente (31,8 milioni);

-        180 milioni sul Fondo ordinario, quale incremento in base al tasso di inflazione programmato (art. 3, co. 35, secondo periodo, legge n. 350/2003). Tali risorse sono ripartite, per il 50% alla generalità dei comuni e per il restante 50% ai comuni “sottodotati”, individuati ai sensi dell’art. 9, co. 3, del D.Lgs. n. 244/1997;

-       5 milioni per le comunità montane e di 5 milioni per le province (art. 3, co. 141, legge n. 350/2003);

-        50 milioni per il finanziamento degli investimenti dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti (art. 3, co. 36, legge n. 350). Tali risorse vengono assegnate per le medesime finalità cui sono destinati i contributi del Fondo nazionale ordinario per gli investimenti, vale a dire, per il finanziamento di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico. Tale contributo è infatti iscritto sul Fondo nazionale ordinario per gli investimenti;

b)       80 milioni di euro sono destinati in favore dei comuni di cui all'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244. Si tratta dei comuni c.d. “sottodotati”, le cui risorse, cioè, risultano al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza, in misura proporzionale allo scarto rispetto alla media stessa[119].

Gli stanziamenti dei Fondi di parte corrente e di conto capitale per il 2008

Il comma in esame non dispone incrementi dei contributi assegnati agli enti locali sui principali Fondi, ma si limita a confermare il quadro normativo delineato dalle disposizioni introdotte dalla legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 696, legge n. 296/2006).

E’ inoltre confermata per le province l’attribuzione per l’anno 2008 della compartecipazione al gettito dell’IRPEF nella stessa misura di quella attribuita negli anni precedenti (articolo 24, comma 2).

 

Risorse aggiuntive per gli enti locali sono invece autorizzate dall’Allegato 1, relativo alle “Eccedenze di spesa”, che reca le misure correttive degli effetti finanziari recati da disposizioni legislative ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978, in relazione alla compensazione delle minori entrate derivanti dall’ICI (a tale riguardo, cfr. la scheda di lettura relativa all’articolo 150, comma 7).

In particolare, l’allegato dispone l’incremento di 1,2 milioni di euro per il 2008 e di 0,256 milioni di euro a decorrere dal 2009 del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI in conseguenza dell’esenzione dal pagamento dell’imposta stessa delle pertinenze degli edifici di culto, disposta dall’articolo 2, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 206.

In base alle certificazioni prodotte dagli enti locali, l’ammontare annuo dei trasferimenti compensativi dovuti a partire dal 2004 sarebbe pari a 5,6 milioni di euro, contro lo stanziamento di 2,5 milioni previsto dalla legge n. 206/2003. Pertanto, attraverso l’Allegato 1 “Eccedenze di spesa” si provvede a rifinanziare il Fondo ordinario per fronteggiare tali maggiori oneri, pari a 0,256 milioni di euro annui a decorrere dal 2004.

 

Ulteriori contributi sono concessi ai sensi dell’articolo 42, comma 2, in favore degli enti locali interessati da crisi sismica, per complessivi 13,6 milioni di euro per l’anno 2008, 11,4 milioni di euro per il 2009, 9,2 milioni di euro per il 2010, 7 milioni di euro per il 2011 e 4,8 milioni di euro per il 2012.

 

Riduzioni dello stanziamento del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali sono inoltre state disposte:

§      dall’articolo 25, relativo alla razionalizzazione delle comunità montane, che ha disposto la riduzione di 33,4 milioni per l’anno 2008 e di 66,8 milioni a decorrere dal 2009 dei trasferimenti a tali enti, iscritti sul Fondo ordinario (si veda, a tale riguardo, l’art. 25, comma 7);

§      dall’articolo 26, relativo al contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali, che ha disposto la riduzione del Fondo ordinario di 313 milioni a decorrere dal 2008(cfr. art. 26, comma 8). La citata disposizione prevede peraltro che quota parte di tali risorse, nella misura di 100 milioni di euro, sia destinato, per l’anno 2008, all’incremento del contributo a favore dei piccoli comuni che non beneficiano dei contributi assegnati ai sensi del comma 703, art. 1, della legge n. 296/2006[120]. Pertanto dei 313 milioni di euro decurtati al Fondo ordinario, 100 milioni riconfluiranno nel Fondo medesimo.

 

Va inoltre ricordato che l’articolo 11-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione bilancio, autorizza gli enti locali a contrarre mutui con la Cassa depositi e prestiti Spa, con onere per interessi a carico del bilancio dello Stato, per il recupero e la conservazione degli edifici riconosciuti dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità o appartenenti al patrimonio culturale vincolato ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio.

 

Nel bilancio per il 2008, come modificato dalla II Nota di variazioni a seguito dell’esame del ddl finanziaria al Senato, i principali Fondi di parte corrente e di conto capitale per al finanziamento degli enti locali risultano determinati come indicato nella tavola seguente:

(milioni di euro)

Cap.

 

Bilancio
2007

Assestam
2007

BLV
2008

ddl fin. 2008

Risorse 2008

U.P.B. 2.3.2 parte corrente

1316

Fondo ordinario

6.786

6.972

5.251

-231

5.020

1317

Fondo perequativo

953

1.020

998

-

998

1318

Fondo consolidato

2.412

2.496

2.480

-

2.480

1319

Fondo federalismo amministrativo

224

224

224

-

224

1320

Compartecipazione all’IRPEF

1.263

1.263

902

-

902

 

TOTALE

11.638

11.975

9.855

-232

9623

Cap.

U.P.B. 2.3.6 - conto capitale

 

 

 

 

 

7232

Fondo sviluppo investimenti comuni e province

1.128

1.128

2.493

-

2.493

7233

Fondo sviluppo investimenti comunità montane

16

16

16

-

16

7236

Fondo nazionale ordinario investimenti

50

50

72

-

72

7237

Fondo per il federalismo amministrativo

676

676

676

-

676

 

TOTALE

1.870

1.870

3.257

-

3.257

La variazione del Fondo ordinario è determinata: dalla riduzione di 33,4 milioni di euro, operata ai sensi dell’art. 25, co. 7, in relazione alle minori risorse assegnate alle comunità montane; dalla riduzione di 313 milioni di euro ai sensi dell’art. 26, co. 8, in relazione  misure di contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, di cui 100 milioni di euro riassegnati al Fondo medesimo, quale contributo ai piccoli comuni; incremento di 13,6 milioni di euro per i comuni colpiti da sisma, ai sensi dell’art. 42, comma 2; dall’incremento di 1,2 milioni, quale compensazione di minori entrate derivanti dall’ICI, ai sensi dell’Allegato 1 “Eccedenze di spesa”.


 

Articolo 24 comma 2
(Compartecipazione delle province al gettito IRPEF)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

2. Le disposizioni in materia di compartecipazione provinciale al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui all'articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, confermate per l'anno 2007 dall'articolo 1, comma 697, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono prorogate per l'anno 2008.

2. Identico.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 24 conferma, per l’anno 2008, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), e confermata negli anni successivi dalle varie leggi finanziarie[121].

 

Va segnalato che il comma 8 dell’articolo 31 della legge n. 289/2002 richiamato dal comma in esame si riferisce alla compartecipazione al gettito dell’IRPEF sia delle province che dei comuni, che fino al 2006 sono state disciplinate secondo analoghe modalità[122].

La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 697, legge n. 296/2006) ha peraltro confermato per le sole province la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, recando invece per i comuni l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF (art. 1, commi 189-193, della legge n. 296/2006).

 

In particolare, la disciplina dettata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, fissa la compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata (per i comuni la misura della compartecipazione era fissata al 6,5%).

In base a tale disciplina, alle province verrà pertanto attribuito, anche nel 2008, lo stesso ammontare di compartecipazione riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003).

 

L’attuazione della compartecipazione comporta la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti a ciascun ente di un ammontare pari alle somme spettanti a titolo di compartecipazione.

La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce, infatti, una entrata aggiuntiva per i bilanci locali.

Inoltre, poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000).

 

Nel bilancio a legislazione vigente per il 2008, le somme spettanti alle province e ai comuni a titolo di compartecipazione all’IRPEF sono allocate nello stato di previsione del Ministero dell’interno, al capitolo 1320/U.P.B. 2.3.1, iscritto nell’ambito della missione 3 “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali” (corrispondente alla seconda missione del Ministero dell’interno), che risulta dotato di 902 milioni di euro (riferiti soltanto alla compartecipazione comunale all’IRPEF, la cui disciplina è a regime dallo scorso anno).

A seguito della conferma per l’anno 2008 anche della compartecipazione provinciale all’IRPEF, ai sensi del comma in esame, il capitolo 1320 dovrebbe essere incrementato della quota spettante alle province, con conseguente riduzione, per pari importo, dello stanziamento del Fondo ordinario.

 

Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.

Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.


 

Articolo 24 comma 2 bis
(Esclusione di restituzioni di somme versate a fini ICI)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

2-bis. Non è ammessa la restituzione di somme eventualmente versate a titolo di imposta comunale sugli immobili ai comuni, per periodi di imposta precedenti al 2008, dai soggetti destinatari delle disposizioni di cui alla lettera i) del comma 3-bis dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, introdotta dall'articolo 42-bis del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in relazione alle costruzioni di cui alla medesima lettera i).

 

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione Bilancio, esclude la restituzione di somme eventualmente versate a titolo di ICI ai comuni, per periodi di imposta precedenti al 2008, per gli imprenditori agricoli destinatari delle disposizioni che riconoscono, ai fini fiscali, carattere di ruralità alle costruzioni strumentali destinate alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli (lettera i), comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto–legge n. 557/1993, come introdotta dall’articolo 42-bis del decreto legge n. 159/2007).

 

L’articolo 42-bis del decreto legge n. 159/2007[123] ha modificato in più parti l’articolo 9 del decreto legge n. 557/1993 [124], disciplinante l’istituzione del catasto dei fabbricati, sostituendone, tra l’altro, il comma 3-bis, relativo alle costruzioni strumentali all’attività agricola cui deve riconoscersi carattere di ruralità ai fini fiscali. Il nuovo comma 3-bis riconosce tale carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’articolo 2135 del codice civile in particolare destinate:

a) alla protezione delle piante;

b) alla conservazione dei prodotti agricoli;

c) alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento;

d) all’allevamento e al ricovero degli animali;

e) all’agriturismo;

f) ad abitazione dei dipendenti esercenti attività agricole nell’azienda a tempo indeterminato o a tempo determinato per un numero annuo di giornate lavorative superiore a cento, assunti in conformità alla normativa vigente in materia di collocamento;

g) alle persone addette all’attività di alpeggio in zona di montagna;

h) ad uso di ufficio dell’azienda agricola;

i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative e loro consorzi ;

l) all’esercizio dell’attività agricola in maso chiuso.

 

Si ricorda che i fabbricati considerati rurali a fini fiscali non sono oggetto di autonomo accatastamento e pertanto non pagano le ordinarie imposte come fabbricati (ICI e sui redditi) [125]. Tali costruzioni vengono pertanto considerate pertinenze del terreno cui afferiscono. Viceversa, qualora perdano il requisito di ruralità, sono ricondotti a tassazione ordinaria.


 

Articolo 24, comma 2-ter
(Disposizioni finanziarie per la regione Friuli-Venezia Giulia)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

2-ter. In sede di prima applicazione, i maggiori introiti a favore del bilancio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia derivanti dall'applicazione del comma 4 dell'articolo 1 del decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137, non possono superare, per gli anni 2008 e 2009, rispettivamente gli importi di 20 milioni di euro e di 30 milioni di euro. A partire dall'anno 2010 i maggiori introiti, rispetto all'importo riconosciuto per l'anno 2009, acquisiti alle casse regionali in applicazione del citato comma 4 dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 137 del 2007 sono riconosciuti solo con contestuale attribuzione di funzioni dallo Stato alla medesima regione autonoma.

 

 

Il comma in esame - inserito nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio della Camera con l’approvazione di un emendamento presentato dal Governo - detta disposizioni che incidono sull’ordinamento finanziario della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, disponendo sui maggiori introiti a favore del bilancio della regione derivanti dall’applicazione della norma di attuazione dello Statuto speciale che include nelle entrate della regione le ritenute sui redditi da pensione.

 

L’articolo 49 dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia (L.cost. n. 1/1963) elenca le quote fisse delle entrate tributarie che spettano alla regione. Tra queste, al punto 1), i sei decimi delle imposte sul reddito delle persone fisiche.

L’articolo 1 del D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 137, recante norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia di finanza regionale, dispone sulle modalità di attribuzione dei proventi erariali spettanti alla regione. Secondo quanto dispone il comma 4 del medesimo articolo, fra le entrate regionali di cui all’art. 49 Statuto, punto1) - i sei decimi dell’IRPEF - sono comprese, nella stessa misura, le ritenute sui redditi da pensione.

La disposizione dà seguito a quanto stabilito nel Protocollo d’intesa siglato tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia il 6 ottobre 2007.

Si ricorda che per le modifiche all’ordinamento finanziario della regione Friuli-Venezia Giulia – ai sensi dell’articolo 63, quinto comma dello statuto speciale - è sempre richiesto il parere (l’intesa) della regione. 

 

Il Protocollo si pone come obiettivo l’individuazione di un programma di azioni condivise “per attuare le riforme strutturali e promuovere il rilancio del territorio”; tra le problematiche affrontate l’approvazione del nuovo statuto, i rapporti finanziari tra Stato e regione; i rapporti internazionali, il sistema tavolare, le grandi opere.

Con riguardo alle questioni finanziarie viene rilevata – tra l’altro - la necessità di verificare e risolvere anomalie nell’attuale andamento del gettito, tra cui quella riguardante l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Sono attribuiti alla regione infatti i 6/10 del gettito IRPEF solo con riferimento ai redditi da lavoro dipendente e non anche ai redditi da quiescenza (comma 7 dell’articolo 3 del Protocollo).

Il comma 4 dell’articolo 1 del D.Lgs. 137/2007 include espressamente nella fattispecie di cui all’art. 49, primo comma n. 1) dello statuto “le ritenute sui redditi da pensioneriferite ai soggetti passivi residenti nella regione, ancorché riscosse fuori del territorio regionale.

La decorrenza della disposizione è fissata alla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008, nell’ambito della quale si provvederà alla regolazione finanziaria tra lo Stato e la Regione.

 

La norma in esame provvede alla regolazione finanziaria Stato-Regione in relazione alle maggiori entrate derivanti dall’inclusione delle ritenute sui redditi da pensione.

Le maggiori entrate non potranno superare l’importo di:

-       20 milioni di euro per l’esercizio 2008

-       30 milioni di euro per l’esercizio 2009

A decorrere dall’esercizio 2010 inoltre gli introiti superiori all’importo riconosciuto per il 2009 (30 milioni di euro) sono riconosciuti solo con contestuale attribuzione alla Regione di funzioni dello Stato.

 


 

Articolo 24, comma 3
(Soppressione norme sulla riqualificazione urbana)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

3. Il comma 10 dell'articolo 25 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è abrogato ed è conseguentemente soppressa l'autorizzazione di spesa prevista al comma 11 dello stesso articolo 25.

3. Identico.

 

 

Il comma 3, attraverso l’abrogazione del comma 10 dell’art. 25 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) e la conseguente soppressione dell’autorizzazione di spesa indicata al successivo comma 11, sopprime il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni.

Tale fondo, istituito dal citato comma 10 ai fini dell'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio, era già stato dichiarato incostituzionale con la sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16.

Nella relazione tecnica viene sottolineato come da tale abrogazione derivi un miglioramento dei saldi di finanza pubblica, valutato in 20 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009. Vi si legge, infatti, che “Tale valutazione deriva dalla considerazione che - trattandosi di spese di parte capitale che, ai fini dell’indebitamento netto, vengono conteggiate per cassa – nei conti tendenziali lo stanziamento previsto di 50 milioni è stato ripartito in 20 milioni per il 2008, 20 milioni per il 2009 e 20 milioni per il 2010”.

 

I commi 10 e 11 dell’art. 25 della legge n. 448/2001 prevedevano l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Fondo per la riqualificazione urbana dei Comuni. Tale Fondo, istituito ex novo per il 2002, ma destinato a permanere negli esercizi successivi, diretto a finanziare l'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio da parte dei Comuni: una quota non inferiore all'85% è riservata ai Comuni minori (con popolazione non superiore a 40 mila abitanti), in particolare delle Regioni meridionali. La norma prevede ancora che le modalità degli interventi e la ripartizione del Fondo "tra gli enti interessati" saranno disciplinate con regolamento governativo, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Per l'anno 2002 le risorse del Fondo venivano fissate in 103,3 milioni di euro.

La Corte Costituzionale,con sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16, accogliendo il ricorso proposto dalla Regione Umbria, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del richiamato art. 25, comma 10. Con tale sentenza, la Corte ha affermato in termini generali che nelle materie di legislazione concorrente «non possono trovare oggi spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi» se non nell'ambito della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati comuni ai sensi del quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione. La Corte ha quindi individuato nei seguenti i criteri, confermati anche nella giurisprudenza successiva, per ricondurre una determinata tipologia di interventi a favore dei comuni nell'ambito degli interventi speciali di cui al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione:

-        il fatto che tali interventi siano aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai comuni e si riferiscano a finalità di perequazione e di garanzia enunciate dalla stessa norma costituzionale o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni;

-        la loro destinazione a determinati comuni o categorie di comuni;

-        la previsione, qualora essi riguardino ambiti di competenza legislativa delle regioni, che queste ultime siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.

Con specifico riferimento alla disposizione censurata, la Corte ha rilevato che ogni intervento sul territorio può di per sé essere presentato come volto alla «riqualificazione urbana» del territorio medesimo e quindi riconducibile all'esercizio di funzioni proprie degli enti locali interessati.


 

Articolo 24, comma 4
(Pubbliche affissioni)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

4. Dopo l'articolo 20.1 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è inserito il seguente:

4. Identico.

«Art. 20.1.1 - (Spazi riservati ed esenzione dal diritto). - 1. I comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l'affissione di manifesti ai soggetti di cui all'articolo 20, o quelli che intendono riservarli per motivi attinenti ai princìpi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari, possono continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque in misura non superiore alla predetta percentuale del 10 per cento.

 

2. Il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, già previsto dall'articolo 20-bis, comma 2, è fissato al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio».

 

 

 

Il comma 4 dell’articolo 24, aggiunto nel corso dell’esame in sede referente al Senato, aggiunge un nuovo articolo (art. 20.1.1) al D.Lgs. 507/1993[126] (che disciplina, tra l’altro, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni), dopo l’attuale art. 20.1.

 

Si ricorda in premessa che il comma 1 dell’art. 20-bis del D.Lgs. 507/1993[127] prevedeva (a decorrere dal 1° gennaio 2005) l’obbligo per i comuni di riservare il 10 per cento degli spazi complessivamente destinati all’affissione dei manifesti, ai soggetti di cui al precedente art. 20, in esenzione dal diritto sulle pubbliche affissioni.

I soggetti menzionati dal citato art. 20[128] sono i seguenti:

-        Stato ed enti pubblici territoriali (fatti salvi i casi per i quali è prevista l’esenzione ai sensi dell’art. 21);

-        comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;

-        soggetti che realizzano attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;

-        soggetti che realizzano festeggiamenti patriottici, religiosi, spettacoli viaggianti e di beneficenza;

-        soggetti che effettuano annunci mortuari.

 

Il comma 2 dell’art 20-bis disponeva inoltre la sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2005), relativamente alle violazioni compiute mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari. In base a tale norma le violazioni, anche ripetute, potevano essere definite, in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia. Il termine per il versamento era stato fissato, a pena di decadenza dal beneficio, al 31 maggio 2005.

L’articolo 20-bis è stato abrogato dall’art. 1, co. 176, lett. a), della legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296), a decorrere dal 1° gennaio 2007. Il successivo comma 177 ha tuttavia fatto salvi gli effetti prodotti dal comma 2 dell’art. 20-bis.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 20.1.1 riguarda i comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione di manifesti ai soggetti di cui all’art. 20 del medesimo D.Lgs. 507/1993, o che intendono riservarli per motivi attinenti ai principi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari.

Tali comuni, secondo la norma in esame, potranno continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque non oltre il 10 per cento del totale, pari alla quota già prevista dall’abrogato art. 20-bis.

Effetto della norma pare quello di rendere possibile, anche per il futuro (per i comuni che “intendono riservare […]”) la riserva di spazi che l’abrogato art. 20-bis prevedeva come obbligatoria.

 

Il secondo comma del nuovo articolo aggiuntivo riapre il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, in sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità verificatesi sino al 1° gennaio 2005. Il termine, già fissato al 31 maggio 2005 dal comma 2 dell’abrogato art. 20-bis, è differito al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio.

 

Si ricorda infine che il comma 157 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha introdotto un art. 20.1 nel D.Lgs. 507/1993, a norma del quale, ai fini della salvaguardia degli enti locali e a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti sono a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salva prova contraria.


 

Articolo 24, comma 5
(Utilizzo dei proventi delle concessioni
e delle sanzioni in materia edilizia)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

5. Per l'anno 2008, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere utilizzati per una quota non superiore al 25 per cento per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

5. Per gli anni 2008, 2009 e 2010, i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, possono essere utilizzati per una quota non superiore al 50 per cento per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25 per cento esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

 

Il comma 5, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, consente i seguenti utilizzi, per il triennio 2008-2010, dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico in materia edilizia):

§       per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti;

§       per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

 

La norma in commento ripropone, per il triennio 2008-2010, quanto disposto per il solo 2007 dal comma 713 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006).

Si ricorda, inoltre, che nella vigente normativa, recata dal citato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, è stato eliminato (attraverso l’abrogazione dell’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10) qualsiasi vincolo di destinazione sui proventi in questione.

Si segnala, infine, che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di permesso di costruire. Ciò non ha peraltro comportato l’eliminazione del contributo da corrispondere per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.


 

Articolo 24, comma 5-bis
(Disposizioni varie per gli enti locali – Fondo delle entrate erariali per prestazioni di servizi non commerciali degli enti locali territoriali )

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

5-bis. Il comma 3 dell'articolo 6 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, come modificato dall'articolo 1, comma 711, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, trova applicazione dal 1o gennaio 2007 e pertanto dalla certificazione che gli enti locali sono tenuti a presentare entro il 31 marzo 2008, ferma restando la validità delle certificazioni prodotte in precedenza.

 

 

Il comma 5-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, prevede che l’articolo 6, comma 3 della legge n. 488/1999, trovi applicazione dal 1 gennaio 2007.

Tale norma istituisce il fondo per il contenimento delle tariffe presso il Ministero dell’interno, alimentandolo con le risorse derivanti dalle entrate IVA per prestazioni di servizi non commerciali per cui è previsto il pagamento di una tariffa, affidate dagli enti locali a soggetti esterni all’amministrazione.

Gli enti locali sono tenuti a presentare entro il 31 marzo 2008 una certificazione in ordine alle entrate relative a servizi non commerciali per i quali sia previsto il pagamento di una tariffa, ferma restando la validità delle certificazioni prodotte in precedenza.

 

Il fondo è stato istituito, a decorrere dall’anno 2000, dall’articolo 6, comma 3, della legge n. 488 del 1999. Si è inteso con ciò risolvere il problema derivante dall’aggravio dei costi a carico degli utenti, conseguente alla trasformazione in tariffa di precedenti prelievi di carattere tributario connessi alla prestazione di particolari servizi. È il caso, ad esempio, del passaggio dalla TARSU (tassa sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani) o dalla TOSAP (tassa sull’occupazione del suolo pubblico) a un sistema di tariffe. Tale trasformazione ha infatti comportato che fossero assoggettate all’IVA le prestazioni di servizi non commerciali affidate dagli enti locali a soggetti esterni, con conseguente aumento del costo finale per il soggetto fruitore.

Il fondo è alimentato proprio con le risorse finanziarie costituite dalle entrate erariali derivanti da tale assoggettamento all’IVA, a decorrere dal 1° gennaio 2000. Per l'attuazione di queste disposizioni e per la ripartizione del fondo tra gli enti interessati è stato adottato apposito regolamento, emanato con D.P.R. 8 gennaio 2001, n. 33[129].

In base a questo regolamento, al fondo è affluito inizialmente il maggior gettito dell'imposta sul valore aggiunto effettivamente realizzato nel 2000 rispetto agli importi inclusi nelle previsioni del gettito dell'imposta sul valore aggiunto per l'anno 2000. Per l’alimentazione del fondo si considerano solo i contratti aventi ad oggetto i servizi non commerciali, intendendosi per tali i servizi assoggettati all'imposta sul valore aggiunto che, ove prestati dagli enti locali, sarebbero considerati esenti ovvero non rientrerebbero nel campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto. Sono esclusi i servizi relativi al trasporto pubblico locale. Il regolamento prevede inoltre che in sede di costituzione del fondo siano detratte preliminarmente le quote dell'imposta sul valore aggiunto spettanti all’Unione europea e quelle attribuite alle regioni a statuto speciale, alle province autonome di Trento e Bolzano e alle regioni a statuto ordinario in base alla vigente normativa. Su tale profilo è intervenuto l'articolo 3, comma 25, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), il quale ha disposto che fino al 31 dicembre 2003 la determinazione degli importi dell'IVA da rimborsare alle regioni a statuto ordinario e agli enti locali interessati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fosse effettuata al lordo delle quote dell'IVA spettanti alle regioni a statuto ordinario in base alla normativa vigente. È stata inoltre autorizzata la spesa di 282 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 per ristorare i predetti enti territoriali dei maggiori oneri sostenuti nel triennio 2001-2003 in cui il rimborso è stato operato al netto delle suddette quote di compartecipazione.

Per quanto riguarda la quantificazione del fondo, per gli anni successivi al 2000 il regolamento prevede che sia effettuata sulla base della determinazione definitiva della spesa relativa all'imposta sul valore aggiunto per l'anno precedente e successivamente aggiornata in relazione alle dichiarazioni che gli enti locali trasmettono entro il termine perentorio del 31 marzo di ciascun anno.

 

Il comma 711 della legge finanziaria per il 2007 (l.296/06 ha modificato la disciplina del fondo per il contenimento delle tariffe,chiarendo che il medesimo fondo è alimentato esclusivamente dalle entrate relative a servizi non commerciali per i quali sia previsto il pagamento di una tariffa da parte degli utenti.


 

Articolo 24, comma 5-ter
(Finanziamenti a favore dei piccoli comuni)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

5-ter. All'articolo 1, comma 703, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «25 per cento».

 

 

Il comma 5-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la V CommissioneBilancio, modifica il comma 703, lettera a), dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), recante finanziamenti nel triennio 2007-2009, per complessivi 188 milioni di euro per ciascun anno del triennio, in favore dei piccoli comuni.

 

In particolare, la novella interessa la lettera a) del comma 703, relativamente ai contributi concessi in favore dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti che presentano una popolazione residente ultrasessantacinquenne particolarmente elevata, abbassando dal 30 al 25% il rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e la popolazione residente complessiva, in base al quale sono individuati i comuni beneficiari dei finanziamenti disposti dal comma 703, pari a complessivi 55 milioni di euro, da destinarsi ad interventi di natura sociale o socio assistenziale.

La norma citata prevede che i comuni che presentino tali condizioni demografiche potranno beneficiare di un incremento del contributo ordinario in misura pari al 40 per cento.

 

Si ricorda che il comma 703 prevede inoltre i seguenti contributi:

-        71 milioni, in favore dei comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva. Il 50% di tale contributo è finalizzato a interventi di natura sociale;

-        42 milioni destinati ai comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane, per finalità di investimento;

-        20 milioni di euro in favore delle comunità montane, da ripartire in proporzione alla popolazione residente nelle zone montane.


 

Articolo 24, comma 5-quater
(Contributo ai comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

5-quater. Per ciascuno degli anni 2008 e 2009, a valere sul fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è disposto un intervento fino a un importo di 10 milioni di euro per la concessione di un contributo a favore dei comuni per l'attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, di cui al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30. Con decreto del Ministro dell'interno sono determinate le modalità di riparto ed erogazione dei contributi.

 

 

Il comma 5-quater, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, dispone, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, un intervento fino ad un importo di 10 milioni di euro per la concessione di un contributo a favore dei comuni per l’attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, di cui al D. Lgs. 30/2007[130].

 

Il D.Lgs. 30/2007, in conformità all’atto normativo europeo, disciplina le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei cittadini dell'Unione europea e dei familiari che li accompagnano o li raggiungono. Il provvedimento prevede la regolamentazione del soggiorno fino a tre mesi, del soggiorno per una durata superiore a tre mesi edel diritto di soggiorno permanente, nonché le limitazioni ai predetti diritti per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.

Martedì 11 dicembre è iniziato, presso la Commissione affari costituzionali della Camera, l’esame in sede referente dell’A.C. 3292, approvato dal Senato con modificazioni, relativo alla conversione del D.L. 181/2007[131], recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza. Il provvedimento reca una serie di modifiche testuali al D. Lgs. 30/2007 volte ad “assicurare celerità ed effettività all’esecuzione degli allontanamenti dei cittadini comunitari e dei loro familiari, quando nei loro confronti siano stati adottati tali provvedimenti per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza, ovvero, per la cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno”[132].

 

Tale contributo è posto a carico del fondo ordinario di cui all’art. 34, co. 1, lett. a), del D. Lgs. 504/1992[133].

 

I trasferimenti erariali agli enti locali sono disciplinati ai sensi del D.Lgs. 504/1992 (articoli da 34 a 43). Il fondo ordinario costituisce la base di riferimento per l'aggiornamento delle risorse correnti degli enti locali.

 

Le modalità di riparto e erogazione dei contributi sono determinate con decreto del Ministro dell’interno.

Il testo del comma in esame non precisa a quali adempimenti siano specificamente destinati gli stanziamenti previsti. Si ricorda, che il D.Lgs. 30/2007, come unica previsione in capo ai comuni determina la competenza per l’attestazione della richiesta, l’iscrizione anagrafica e il rilascio dell’attestato di soggiorno permanente per i cittadini dell’Unione. Pertanto, si può forse desumere che i contributi, anche alla luce delle modifiche introdotte dal D.L. 181/2007, siano destinabili agli interventi di assistenza e solidarietà sociale di cui sono titolari i comuni.


 

Articolo 24, comma 5-quinquies
(Uffici unici di avvocatura degli enti locali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

5-quinquies. Gli enti locali di cui all'articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono istituire, mediante apposite convenzioni, da stipulare ai sensi dell'articolo 30 del medesimo testo unico, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati.

 

 

Il comma 5-quinquies, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, prevede che gli enti locali possano istituire, mediante convenzione, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati.

 

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del TUEL si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni.

L’articolo 6, comma 2, del TUEL, indica le materie che gli statuti dei comuni e delle province sono chiamati a disciplinare, includendo tra queste anche la disciplina organizzativa della rappresentanza legale dell’ente. La disposizione che prevede tale oggetto dello statuto è stata introdotta dalla legge 265/1999[134].

Lo strumento della convenzione può essere utilizzato da parte degli enti locali per svolgere in modo coordinato specifiche funzioni e servizi. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie (art. 30, TUEL).

In generale l’avvocatura comunale viene istituita nei comuni di maggiore dimensione allo scopo di rappresentare in giudizio l’ente e di fornire consulenza legale su questioni di particolare rilievo.

 

Le convenzioni di cui all’articolo 30 del TUEL sono già state in passato stipulate da alcuni enti locali per fornire assistenza legale ad altri comuni aderenti. Nelle convenzioni sono stabiliti i rapporti e gli oneri a carico dei contraenti, compresi i compensi professionali spettanti agli avvocati.


 

Articolo 24, comma 5-sexies
(Utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

5-sexies. All'articolo 187, comma 2, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono aggiunte, in fine le parole: «e per l'estinzione anticipata di prestiti».

 

 

Ilcomma 5-sexies, introdotto nel corso dell’esame presso la V CommissioneBilancio, modifica il comma 2, lettera b), dell’articolo 187 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali,di cui al D.Lgs. n. 267/2000, introducendo la possibilità per gli enti locali di utilizzare l’avanzo di amministrazione per l’estinzione anticipata di prestiti.

 

In base al comma 2 dell’articolo 187 del TUEL, l'eventuale avanzo di amministrazione, accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso, può essere utilizzato soltanto:

a)  per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza;

b)  per la copertura dei debiti fuori bilancio;

c)  per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio ove non possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese correnti solo in sede di assestamento;

d)  per il finanziamento di spese di investimento.

 

Va segnalato che una norma di contenuto analogo è stata introdotta dall’articolo 11 del D.L. n. 159/2007 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2007, n. 222), dichiarato collegato alla finanziaria.

In particolare, la norma citata prevede l’attribuzione di contributi, fino all’importo di 30 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009,per incentivare l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari da parte di province e comuni.

I contributi sono corrisposti per far fronte agli indennizzi correlati strettamente alle estinzioni anticipate effettuate negli anni 2007, 2008 e 2009.

Si ricorda, infatti, che la legge finanziaria dello scorso anno (art. 1, comma 699, legge n. 296/2006), modificando l’articolo 28, comma 3, della legge n. 448 del 1998, ha abrogato la disposizione che prevedeva la possibilità, per gli enti locali che avessero presentato al Ministero dell’economia e delle finanze piani finanziari quinquennali di riduzione del rapporto debito/PIL, di estinguere anticipatamente i debiti contratti con la Cassa depositi e prestiti, ponendo a carico dello Stato sia gli oneri aggiuntivi che il pagamento dell’indennizzo previsto per le estinzioni anticipate dei mutui.

La disposizione introdotta dal provvedimento collegato rappresentava una deroga alle norme recate dall’articolo 187, comma 2, del TUEL, che, nel testo vigente, non prevede l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per fini diversi da quelli espressamente elencati dall’articolo medesimo.

 

Con il comma 5-sexies in esame, il comma 2 dell’art. 187 del TUEL viene novellato proprio al fine di ricomprendere l’estinzione anticipata dei prestiti tra le finalizzazioni per le quali gli enti locali hanno facoltà di utilizzare l’avanzo di amministrazione.


 

Articolo 24, comma 5-septies
(Destinazione dei contributi residui per le alluvioni del 1994)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

5-septies. Le somme che residuano ai comuni dalle assegnazioni operate in loro favore dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto-legge 19 dicembre 1994, n. 691, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1995, n. 35, e successive modificazioni, del decreto-legge 28 agosto 1995, n. 364, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 438, e successive modificazioni, e finalizzate all'erogazione di contributi per danni subiti da soggetti privati in dipendenza dell'evento alluvionale dei giorni 5 e 6 novembre 1994 ad intervenuta definizione delle pratiche di rimborso, rimangono nella disponibilità degli enti locali stessi e sono destinate al finanziamento di spese di investimento.

 

 

Il comma 5-septies, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione bilancio, prevede che le somme che residuano ai comuni dalle assegnazioni disposte dal Ministero dell’interno (ai sensi del decreto-legge n. 691 del 1994[135] e del decreto-legge n. 364 del 1995[136]) finalizzate all’erogazione di contributi per i danni subiti dai soggetti privati a seguito degli eventi alluvionali del 5 e 6 novembre 1994, una volta definita la pratica di rimborso, rimangano nella disponibilità degli enti stessi che le possono utilizzare per spese di investimento.

 

Si ricorda che con il decreto-legge n. 691 del 1994 e con il successivo decreto-legge n. 364 del 1995, sono state adottare le prime misure urgenti per la ricostruzione e la ripresa delle attività produttive nelle zone colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche e dagli eventi alluvionali verificatesi nella prima decade del mese di novembre 1994.

In particolare sono stati disposti contributi sia a favore di singoli proprietari di unità immobiliari danneggiate dagli eventi alluvionali della prima decade del mese di novembre 1994 sia a favore di imprese industriali, commerciali, artigianali e di servizi, nonché di aziende agricole, singole e associate, comprese le cooperative per la raccolta, trasformazione, commercializzazione e vendita dei prodotti agricoli, per il ripristino degli impianti, strutture, infrastrutture e opere di bonifica e di irrigazione.

Le regioni colpite dagli eventi alluvionali sopra richiamati sono state individuate con il D.P.C.M. 10 novembre 1994 recante e riguardano la Valle d'Aosta, il Piemonte, la Liguria, la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Veneto e la Toscana.

 


 

Articolo 24, comma 5-octies
(Trasferimento ai comuni degli alloggi per i profughi)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

Art. 24.

(Disposizioni varie per gli enti locali).

 

5-octies. Gli alloggi di cui all'articolo 4, commi 223 e 224, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati ai sensi dell'articolo 1, comma 441, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Il vincolo di destinazione di cui al citato articolo 4, comma 224, della legge n. 350 del 2003, resta fermo esclusivamente per le domande di acquisto regolarmente presentate dagli assegnatari entro il termine stabilito dall'articolo 45, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché per le assegnazioni in locazione sulla base di un bando riservato alla categoria dei profughi, il cui espletamento deve precedere il trasferimento ai comuni.

 

 

Il comma 5-octies, aggiunto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, dispone, al primo periodo, il trasferimento in proprietà ai comuni, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, degli alloggi di cui all’art. 4, commi 223-224, della legge n. 350 del 2003, cioè degli alloggi costruiti per i profughi.

La disposizione specifica che tale trasferimento avviene a favore dei comuni, nel cui territorio tali alloggi sono ubicati, ai sensi dell’art. 1, comma 441, della legge n. 311 del 2004.

 

Il citato comma 441 dell’art. 1 della legge n. 311/2004 dispone che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di cui all'articolo 2 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, sono trasferiti in proprietà, a titolo gratuito e nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano al momento del loro trasferimento, ai comuni nel cui territorio gli stessi sono ubicati. I comuni procedono, entro centoventi giorni dalla data della volturazione, all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie. Le disposizioni del presente comma non si applicano agli alloggi realizzati in favore dei profughi ai sensi dell'articolo 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, nonché agli alloggi di cui al comma 442”.

In base al richiamato art. 2 della legge n. 449/1997 “gli alloggi e le relative pertinenze di proprietà dello Stato, costruiti in base a leggi speciali di finanziamento per sopperire ad esigenze abitative pubbliche, compresi quelli affidati agli appositi enti gestori, ed effettivamente destinati a tali scopi, possono essere trasferiti, a richiesta, a titolo gratuito, in proprietà dei comuni nei cui territori sono ubicati a decorrere dal secondo mese successivo a quello di entrata in vigore della presente legge. Le relative operazioni di trascrizione e voltura catastale sono esenti da imposte”.

La finalità della norma recata dal citato comma 441 veniva indicata nella relazione illustrativa del relativo disegno di legge, nel fatto che non tutti i comuni si sono avvalsi della facoltà (prevista dall’art. 2 della legge n. 449/1997) di richiedere il trasferimento in proprietà e che, pertanto, anche “laddove è stata avanzata la richiesta questa ha riguardato parte e non la totalità degli alloggi esistenti sul territorio” e, quindi, è stata vanificata la finalità delle disposizioni contenute nell’art. 2 della legge n. 449 del 1997, che era quella di “riunificare a livello locale la titolarità e l’intera gestione dell’edilizia residenziale pubblica”.

Relativamente agli alloggi interessati dal trasferimento previsto dal periodo in esame, si ricorda che il comma 223 dell’art. 4 della legge n. 350/2003 reca l’interpretazione autentica del comma 24 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560, specificando che solo gli alloggi attualmente di proprietà statale realizzati ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 137 del 1952 sono ceduti in proprietà ai profughi assegnatari o ai loro congiunti in possesso dei requisiti previsti dalla predetta legge e che, per la determinazione delle condizioni di vendita, incluse la fissazione del prezzo e le modalità di pagamento, debba farsi riferimento alla normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto dell'alloggio.

L’interpretazione autentica disposta dal comma 223 sembrerebbe propendere per una interpretazione restrittiva dell’articolo 1, comma 24, della legge n. 560 del 1993, ovvero della locuzione “alloggi realizzati ai sensi della legge 4 marzo 1952, n. 137 e successive modificazioni”, applicabile quindi ai soli assegnatari di alloggi costruiti con i finanziamenti post-bellici - realizzati cioè ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 137 del 1952 e non quelli in quota di riserva di cui all’art. 17 - acquistabili da parte dei profughi secondo la normativa in vigore alla data di presentazione della domanda di acquisto. Del resto, come è stato precisato da fonti ministeriali, il comma 223 si proponeva la finalità di chiudere alcuni casi ancora pendenti relativi a domande di acquisto di immobili presentate circa quaranta/cinquanta anni fa e relative ad immobili costruiti prevalentemente nel 1952 a favore dei profughi dalmati ed istriani.

Il comma 224 dell’art. 4 della legge n. 350/2003 reca una disposizione che riguarda gli immobili di cui al comma 3 dell'articolo 45 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni ed integrazioni, realizzati ed assegnati ai profughi.

L’art. 45, comma 3, della legge n. 388/2000 dispone che “il termine per la domanda di cessione di immobili a profughi di cui agli articoli 1, 17 e 18 della legge 4 marzo 1952, n. 137, e successive modificazioni, nonché di cui all'articolo 1, comma 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 560, è prorogato sino al 30 dicembre 2005. Le disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 542, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 649, si applicano a tutti gli immobili destinati ai profughi di cui alla predetta legge 4 marzo 1952, n. 137, e successive modificazioni; tra i predetti immobili sono ricompresi anche quelli realizzati nelle regioni a statuto speciale, o di proprietà dell'ex Opera Profughi, dell'ex EGAS e dell'ex Ente Nazionale Tre Venezie […]”.

 

Il secondo periodo del comma in esame riproduce esattamente il corrispondete periodo del comma 441 disponendo che i comuni procedono all'accertamento di eventuali difformità urbanistico-edilizie, entro 120 giorni dalla volturazione.

 

Il terzo periodo dispone che il vincolo di destinazione di cui all’art. 4, comma 224, della legge n. 350/2003, resta fermo esclusivamente per:

§         le domande di acquisto regolarmente presentate dagli assegnatari entro il termine stabilito dall’art. 45, comma 3, della legge n. 388/2000,

§         nonché per le assegnazioni in locazione sulla base di un bando riservato alla categoria dei profughi, il cui espletamento deve precedere il trasferimento ai comuni.

 

Si ricorda che l’articolo 4, comma 224, della legge n. 350/2003 dispone che “gli immobili di cui al comma 3 dell'articolo 45 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, realizzati e assegnati ai profughi, non possono essere utilizzati per finalità diverse da quelle originarie e, di conseguenza, anche se gestiti da amministrazioni non statali, il preesistente vincolo di destinazione non può essere modificato”.


 

Articolo 25
(Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 25.

(Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi).

Art. 25.

(Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi).

1. L'articolo 27 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è sosti­tuito dal seguente:

«Art. 27. - (Natura e ruolo). - 1. Le co­munità montane sono unioni di comuni co­stituite per l'esercizio di funzioni attribuite dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l'esercizio associato delle fun­zioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane. Esse possono esten­dersi in territori appartenenti anche a pro­vince diverse.

2. La comunità montana ha un organo consiliare e un organo esecutivo le cui mo­dalità di elezione sono disciplinate dallo statuto.

3. La regione individua gli ambiti per la costituzione delle comunità montane, in modo da assicurare gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali, sulla base dei seguenti princìpi e criteri:

    a) previsione che la costituzione della comunità montana avvenga con provvedimento del presidente della Giunta regionale tra almeno sette comuni tra loro confinanti, non meno della metà dei quali debbono essere comuni situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di so­pra di cinquecento metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la supe­riore non è minore di cinquecento metri. Nelle regioni alpine il limite minimo di alti­tudine ed il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di sei­cento metri. Gli altri comuni debbono es­sere confinanti con almeno uno dei comuni aventi le predette caratteristiche altimetri­che. La costituzione della comunità mon­tana può avvenire tra meno di sette comuni qualoraper la conformazione e le caratteri­stiche del territorio non sia possibile proce­dere alla costituzione della stessa con al­meno sette comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

1. Il fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto le­gislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ri­dotto di 33,4 milioni di euro per l'anno 2008 e di 66,8 milioni di euro a decor­rere dall'anno 2009.

2. Le regioni, al fine di concorrere agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono con proprie leggi, sentiti i consigli delle autonomie locali, al riordino della disciplina delle comu­nità montane, ad integrazione di quanto previsto dall'articolo 27 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in modo da ridurre a regime la spesa corrente per il fun­zionamento delle comunità montane stesse per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario di cui al comma 1, assegnata per l'anno 2007 all'insieme delle comunità mon­tane presenti nella regione.

3. Le leggi regionali di cui al comma 2 tengono conto dei seguenti princìpi fondamentali:

    a) riduzione del numero comples­sivo delle comunità montane, sulla base di indicatori fisico-geogra­fici, demografici e socio-economici e in particolare: della dimensione territo­riale, della dimensione demografica, dell'indice di vecchiaia, del reddito me­dio pro capite, dell'acclività dei terreni, dell'altimetria del territorio comunale con riferimento all'arco alpino e alla dorsale appenninica, del livello dei ser­vizi, della distanza dal capoluogo di provincia e delle attività produttive extra-agricole;

    b) riduzione del numero dei com­ponenti degli organi rappresenta­tivi delle comunità montane;

    c) riduzione delle indennità spet­tanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall'articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modi­ficazioni.

    b) esclusione dalle comunità mon­tane dei capoluoghi di provincia, dei co­muni costieri e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

4. I criteri di cui al comma 3 valgono ai fini della costituzione delle comunità mon­tane e non rilevano in ordine ai benefìci e agli interventi speciali per la montagna sta­biliti dall'Unione europea e dalle leggi sta­tali e regionali.
5. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare:

    a) le modalità di approvazione dello statuto;

    b) la composizione degli organi rap­presentativi, in modo da garantire la pre­senza delle minoranze, fermo restando che i comuni non possono indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costi­tuita da tutti i consiglieri dei comuni che eleggono i componenti dell'organo rappre­sentativo con voto limitato;

    c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;

    d) i criteri di ripartizione tra le comu­nità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione europea;

    e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.

6. Al comune montano nato dalla fu­sione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali».

4. I criteri di cui al comma 3 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai be­nefìci e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali.
5. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al comma 2 entro il termine ivi previsto, si producono i se­guenti effetti:

    a) cessano di appartenere alle comunità montane i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abi­tanti;

    b) sono soppresse le comunità montane nelle quali più della metà dei comuni non sono situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di­sopra di 500 metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero non sono co­muni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altime­trica inferiore e la superiore non è mi­nore di 500 metri; nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di 600 metri;

    c) sono altresì soppresse le co­munità montane che, anche in conse­guenza di quanto disposto nella lettera a), risultano costituite da meno di cin­que comuni, fatti salvi i casi in cui per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile proce­dere alla costituzione delle stesse con almeno cinque comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

2. Le regioni provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge, all'attuazione delle disposi­zioni di cui all'articolo 27, commi 3 e 5, let­tera b), del testo unico delle leggi sull'ordi­namento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal presente articolo.3. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al comma 2, nei termini fissati, cessano comunque di appartenere alla comunità montana i comuni:

    a) capoluoghi di provincia;

    b) costieri;

    c) con popolazione superiore a 15.000 abitanti;

    d) non rispondenti alle caratteristi­che di cui ai commi 3, lettera a), e 5, lettera b), dell'articolo 27 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal presente articolo.

4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2 sono soppresse le comunità montane che risultano costituite da meno di sette comuni, anche in conseguenza di quanto previsto dal comma 3.
5. Le regioni provvedono, entro il 30 giugno
2008, a disciplinare gli effetti conseguenti dall'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3, e dalla soppressione delle comunità montane di cui al comma 4, comprese le determinazioni inerenti la ri­partizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali delle comunità montane, fa­cendo salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni provvedono altresì a di­sciplinare, fino all'adozione o comunque in mancanza delle predette determinazioni, la successione in tutti i rapporti giuridici, ivi inclusi quelli di lavoro a tempo indetermi­nato, e ad ogni altro effetto, anche proces­suale, ed in relazione alle obbligazioni cui si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.

6. Dall'attuazione del presente articolo devono conseguire economie di spesa non inferiori a 33,4 milioni di euro per l'anno 2008 ed a 66,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.

    d) nelle rimanenti comunità mon­tane, gli organi consiliari sono composti in modo da garantire la pre­senza delle minoranze, fermo restando che ciascun comune non può indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita dall'assemblea di tutti i consiglieri dei comuni, che elegge i componenti dell'organo consi­liare con voto limitato. Gli organi ese­cutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l'organo consi­liare.

6. L'effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa di cui al comma 2 è accertato, entro il 31 luglio 2008, sulla base delle leggi regionali promulgate e delle relative relazioni tecnico-finanzia­rie, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentite le singole re­gioni interessate. Gli effetti di cui al comma 5 si producono dalla data di pubblicazione del predetto decreto.
7. Le regioni provvedono a disciplinare gli effetti conseguenti all'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 5 ed in particolare alla soppressione delle comunità montane, anche con ri­guardo alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, fa­cendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti alla data di en­trata in vigore della presente legge. Sino all'adozione o comunque in man­canza delle predette discipline regio­nali, i comuni succedono alla comunità montana soppressa in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale, ed in relazione alle obbli­gazioni si applicano i princìpi della so­lidarietà attiva e passiva.

7. Il Fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legi­slativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 33,4 milioni di euro per l'anno 2008 e di 66,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.

8. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e il Ministro dell'interno presentano al Parla­mento una relazione sull'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo.

 

 

 

L’articolo 25, sostituito integralmente nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, affida alle regioni il compito di provvedere con legge al riordino delle comunità montane, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2008. A regime, il riordino deve comportare, in ciascuna regione, la riduzione della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane per un importo pari ad un terzo della quota loro destinata del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali (comma 2).

Contestualmente la dotazione del Fondo medesimo viene ridotta di 33,4 milioni di euro per il 2008 e di 66,8 milioni a decorrere dal 2009 (comma 1).

Il risparmio deve essere conseguito attraverso la riduzione del numero complessivo delle comunità e dalla riduzione del numero dei componenti e delle indennità loro spettanti (comma 3).

È introdotta, inoltre, una disposizione sostitutiva che scatta in caso di inerzia delle regioni: essa prevede la soppressione automatica delle comunità montane che non corrispondono a precisi criteri altimetrici e di quelle costituite da meno di cinque comuni; la decadenza dalla partecipazione alle comunità dei comuni capoluogo, di quelli costieri e di quelli con più di 20.000 abitanti; la riduzione del numero dei consiglieri e dei membri dell’esecutivo delle comunità (comma 5).

Le disposizioni sostitutive si applicano dopo l’accertamento dell’entità effettiva del risparmio da effettuarsi entro il 31 luglio 2008 (comma 6).

In caso di eventuale soppressione di comunità montane, le regioni ne disciplinano gli effetti giuridici conseguenti (comma 7).

 

Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse (D.Lgs. 267/2000, art. 27[137]), “create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei Comuni montani, ‘funzioni proprie’, ‘funzioni conferite’ e funzioni comunali”[138]. Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di Comuni, di enti dotati di un certo grado di autonomia, non solo dalle Regioni ma anche dai Comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare[139].

Spetta alle regioni l’individuazione degli ambiti territoriali per la costituzione delle comunità montane e la istituzione delle stesse comunità, che avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale. Alla legge regionale è demandata la disciplina delle comunità montane che comprende tra l’altro, le modalità di approvazione dello statuto, i criteri di ripartizione dei finanziamenti, la regolazione dei rapporti con gli altri enti locali.

 

L’articolo in esame, come accennato, sostituisce integralmente l’articolo 25 del testo approvato dal Senato che interveniva in materia di comunità montane con la stessa finalità di razionalizzazione e contenimento dei costi, ma con modalità differenti. Infatti, anche se le regioni venivano investite del compito di riordinare le comunità montane, si indicavano stringenti criteri e modalità per la costituzione di esse, tali da vincolare l’azione del legislatore regionale. Il nuovo articolo individua alcuni principi generali (riduzione del numero delle comunità, del numero dei componenti e delle loro indennità), lasciando alle regioni la scelta delle modalità di attuazione della finalità di contenimento dei costi, ferma restando la necessità di ridurre di un terzo la spesa per ciascuna regione.

 

Il comma 1 riduce il Fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 504/1992 di un importo pari a 33,4 milioni per il 2008, che sale a 66,8 milioni annui a decorrere dal 2009.

 

Si ricorda che i trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dal D.Lgs. 504/1992[140]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi:

§      “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§      “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§      “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI). Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

 

Tale disposizione è strettamente collegata con la finalità di risparmio – fissata dal successivo comma 2 in un terzo della quota destinata alle comunità montane del citato Fondo – che le regioni dovranno perseguire attraverso il riordino delle comunità entro sei mesi dall’approvazione della legge finanziaria.

 

Le due disposizioni sono sostanzialmente ma non formalmente legate. Ciò pare comportare che la prevista diminuzione di spesa potrebbe essere non conseguita, mentre la riduzione del Fondo ordinario è misura immediatamente e certamente operativa al momento dell’entrata in vigore del testo legislativo in esame.

 

Il comma 2 fissa l’obiettivo del contenimento della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane, come accennato, ad un terzo della quota del Fondo ordinario citato spettante alle comunità montane presenti in ciascuna regione. Si ricorda che la quota complessiva delle risorse destinate complessivamente alle comunità montane nel 2007 risulta essere pari a 190 milioni di euro[141].

La riduzione, viene specificato, dovrà essere conseguita “a regime” e, quindi, presumibilmente, a partire dal 2009, data dalla quale, ai sensi del comma 1, decorre la decurtazione del fondo di 66,8 milioni all’anno.

L’obiettivo di risparmio dovrà essere conseguito attraverso il riordino delle comunità montane operato da ciascuna regione con leggi regionali da emanarsi, con il parere dei consigli delle autonomie locali, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

 

L’articolo 7 della legge costituzionale n. 3 del 2001[142], di riforma del Titolo V della Costituzione, ha aggiunto un comma all’art. 123 Cost., prevedendo l’istituzione di un organo regionale consultivo, rappresentativo delle autonomie locali, denominato Consiglio delle autonomie locali. Null’altro dispone il comma in ordine a quest’organo, la cui disciplina è espressamente rimessa agli statuti regionali.

 

La disposizione in esame prevede la consultazione del Consiglio delle autonomie locali, organismo previsto dall’art. 123 Cost., che al momento non risulta essere stato istituito in tutte le regioni.

Si segnala inoltre che il comma 2, subordinando l’adozione delle leggi regionali al parere dei Consigli delle autonomie locali, introduce con legge dello Stato un adempimento aggiuntivo a corredo del procedimento legislativo regionale, materia quest’ultima ordinariamente rientrante nella potestà statutaria della regione.

 

Il comma 3 individua i seguenti criteri generali di cui il legislatore regionale deve tener conto:

§         la riduzione del numero delle comunità montane sulla base di alcuni indicatori fisico-geografici (dimensione territoriale, acclività dei terreni, altezza altimetrica, distanza dal capoluogo di provincia), demografici (dimensione demografica, indice di vecchiaia) e socio-economici (reddito medio pro capite, livello dei servizi, presenza di attività produttive extra-agricole);

§         la riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle comunità montane;

§         la riduzione delle indennità spettanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall’art. 82 del testo unico in materia di enti locali (D.Lgs. 267/2000).

 

Ciascuna comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo, composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità (art. 27, co. 2, TU).

L’art. 82, co. 1, del TU comprende tra gli amministratori locali che hanno diritto ad un’indennità il presidente della comunità montana e i componenti degli organi esecutivi delle comunità montane.

Il comma 2 dello stesso articolo prevede inoltre, per i consiglieri delle comunità montane, la corresponsione di un gettone di presenza per l’effettiva partecipazione alle riunioni dei consigli e delle commissioni comunitarie formalmente convocate, nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione montana della comunità montana.

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di tutti gli amministratori locali (compresi quelli delle comunità montane) è demandata (comma 8) ad un regolamento ministeriale adottato con decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro dell’economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto di specifici criteri (D.M. 4 aprile 2000, n. 119).

Sono validi, anche per le indennità degli amministratori delle comunità montane, i limiti di spesa e il divieto di cumulo previsti per quelle dei componenti delle unioni di comuni:

§      le indennità di funzione devono essere pari a quelle previste per un comune avente popolazione eguale alla popolazione montana della comunità montana;

§      la spesa complessiva delle indennità di funzione attribuite agli assessori non può superare quella determinata per gli assessori del comune di riferimento[143];

§      le indennità di funzione non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

 

Il comma 4 reca disposizioni che riproducono in parte il contenuto nel secondo periodo del comma 5 dell’art. 27 del TU, tesa a non escludere i territori montani che non abbiano titolo per l’inserimento nelle comunità montane dai provvedimenti comunitari, statali e regionali a favore della montagna: in altri termini per beneficiare dei relativi interventi di sostegno non è condizione necessaria essere comunità montana.

Nel testo in esame, analogamente, si dispone infatti che i criteri limitativi dettati al comma 3 (ivi indicati come principi), che le regioni devono seguire ai fini della costituzione delle unioni di comuni montani, non rilevano tuttavia in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

 

Il comma 5 dispone direttamente la riduzione automatica delle comunità montane, qualora le regioni non abbiano provveduto entro i sei mesi di tempo prescritti alla loro riordino (ma sull’efficacia temporale di tale disposizione sostitutiva si veda anche il seguente comma 6).

In primo luogo, si dispone la cessazione dell’appartenenza alle comunità montane dei comuni capoluogo di provincia, dei comuni costieri e di quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

Vengono, inoltre, soppresse le comunità montane nelle quali almeno la metà dei comuni non sono situati per almeno l’80% della loro superficie al di sopra di 500 m (600 m nelle regioni alpine) di altitudine s.l.m, oppure, non sono situati per almeno il 50% della loro superficie al di sopra di 500 m di altitudine s.l.m. e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore è almeno 500 m (600 m nelle regioni alpine);

In terzo luogo, sono soppresse le comunità montane che sono costituite da meno di 5 comuni. Tale effetto si produce anche se la riduzione al di sotto della soglia consentita è il risultato della cessazione ex lege dell’appartenenza alle comunità delle categorie di comuni vista sopra (capoluoghi di provincia, comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti).

Infine, vengono introdotti alcuni limiti numerici alla composizione degli organi rappresentativi delle comunità:

§         gli organi consiliari devono essere composti da non più di un membro per ciascun comune, in modo tale, però, da garantire la presenza delle minoranze; a tal fine la base elettiva è composta da tutti i consiglieri dei comuni, che procedono all’elezione con voto limitato;

§         gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare.

Si ricorda che attualmente il numero degli amministratori delle comunità montana è determinato dallo statuto di ciascuna comunità, deliberato, come si è accennato, secondo le modalità fissate con legge regionale.

 

Il comma 6 differisce l’applicazione delle riduzioni automatiche di cui al comma 5 alla data di pubblicazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e di quello degli affari regionali, sentite le singole regioni interessate, che accerti l’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa stabilite al comma 2. Tale accertamento deve effettuarsi entro il 31 luglio 2008 sulla base delle leggi regionali nel frattempo promulgate e delle relative relazioni finanziarie.

Pertanto, la scansione temporale che l’articolo in esame prefigura si può così riassumere:

§         entro il 30 giugno 2008 le regioni devono adottare le leggi di riordino delle comunità montane;

§         nel mese di luglio 2008 il Governo deve procedere all’accertamento delle riduzioni di spesa effettivamente conseguite;

§         entro il 31 luglio 2008 deve essere emanato il D.P.C.M. relativo a tale accertamento;

§         al momento della pubblicazione del D.P.C.M., (che può in ipotesi aver luogo anche successivamente al 31 luglio), scattano le riduzioni automatiche del numero delle comunità montane e del numero dei loro amministratori.

 

Infine, il comma 7 pone in capo alle regioni il compito di disciplinare gli effetti giuridici derivanti dall’applicazione delle disposizioni recate dall’articolo in esame, ed in particolare gli effetti conseguenti all’eventuale soppressione delle comunità montane. Le regioni dovranno, in particolare, provvedere alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Non viene specificato né lo strumento da utilizzare da parte delle regioni per la disciplina degli effetti giuridici conseguenti la riduzione delle comunità, ne il termine entro cui provvedervi. Verosimilmente, le regioni potranno dare attuazione a queste disposizioni con la stessa legge di riordino delle comunità.

In ogni caso, una norma di chiusura prevede che, nelle more del provvedimento regionale o in caso di mancata adozione, i comuni subentrino alla comunità montana soppressa in tutti i rapporti giuridici di cui questa è titolare. La disposizione prevede che in relazione alle obbligazioni si applichino i principi della solidarietà attiva e passiva.

 

L’espressione “solidarietà attiva e passiva” richiama le cosiddette obbligazioni solidali e descrive, nel caso della solidarietà attiva, il vincolo in forza del quale, in presenza di più creditori di un medesimo debitore, ogni creditore può pretendere l’intera prestazione, e l’adempimento da lui conseguito libera il debitore anche nei confronti degli altri; il concreditore che avrà riscosso dovrà corrispondere ai restanti concreditori la parte della prestazione di loro spettanza.

Con solidarietà passiva si indica invece il vincolo in forza del quale, in presenza di più debitori di un unico creditore, i debitori sono solidalmente obbligati per la medesima prestazione, così che il creditore può pretendere l’intera prestazione da uno qualunque dei debitori, il cui adempimento libera tutti gli altri. Il condebitore che ha pagato avrà azione di rivalsa nei confronti degli altri, per ottenere il rimborso della sua parte.

 

Compatibilità costituzionale

La giurisprudenza costituzionale affermatasi successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, comprende le comunità montane nell’ambito della competenza regionale residuale, il che di per sé parrebbe escludere l’ambito di intervento statale, salvo per tale ambito si rilevi un titolo ulteriore. Le comunità montane, infatti, non sono considerate dalla Costituzione come enti locali necessari, né sono considerati all’interno della disposizione che attribuisce allo Stato competenza in tema di funzioni fondamentali degli enti locali ed organi degli enti locali.

Secondo la Corte, infatti, (sent. 456/2005) la disciplina delle comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel D.Lgs. 267/2000, rientra ora nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Inoltre (da ultimo, sent. 397/2006) l’art. 114 (che individua nei comuni, province, città metropolitane, regioni e nello Stato gli enti costituenti la Repubblica) e l’art. 117, secondo comma, lettera p) (che affida alla legislazione esclusiva dello Stato la legislazione elettorale, gli organi di Governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane) della Costituzione non trovano applicazione nei confronti delle comunità montane, in quanto in tali disposizioni si fa esclusivo riferimento ai comuni, alle province e alle città metropolitane e l’indicazione deve ritenersi tassativa (sentt. 456/2005 e 244/2005). Allo stesso modo non si estende alle comunità montane il sistema delle garanzie, in sede di esercizio delle funzioni amministrative, assicurato dal nuovo art. 118 della Costituzione. Le comunità montane sono (sent. 238/2007) “enti locali costituzionalmente non necessari”.

Tuttavia, non sembra potersi negare ogni titolo all’intervento statale, il cui fondamento potrebbe trovarsi sia nella finalità del coordinamento finanziario (essendo finalità della norma la riduzione delle spese), sia nel riflesso – sulle comunità montane – di disposizioni dettate comunque in riferimento agli organi degli enti locali con “copertura” costituzionale, quali sono i comuni. Questo solo se – ammesso che le ipotizzate titolarità abbiano fondamento – non sia rinvenuta una eventuale “prevalenza” della competenza regionale residuale.

L’applicabilità, poi, della norma in esame nei confronti delle autonomie differenziate è un effetto della norma non agevolmente affermabile in modo univoco. A parte il caso della Sicilia (che ha soppresso le comunità montane con L.R. 9/1986[144]), per le altre regioni a statuto speciale, l’articolo 151, comma 3, del d.d.l. in esame, contenente la c.d. “clausola di salvaguardia” non appare sicuro indice di riferimento per determinare l’applicabilità o meno: la competenza delle autonomie differenziate in tema di comunità montane appare indubbia, ma si potrebbe ritenere che concorra la già affermata competenza statale in tema di coordinamento finanziario (non l’altra, in tema di organi comunali, propria delle Regioni a statuto speciale a differenza delle Regioni a statuto ordinario[145]).

La Corte ha spesso ribadito che i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica attinenti alla spesa “devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica” (sentt. 169/2007, 82/2007, nonché sentt., da questa richiamate, 417/2005, 353/2004, 345/2004 e 36/2004, 416/1995; in senso analogo, anche sent. 267/2006).


 

Articolo 26
(Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 26.

(Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali).

Art. 26.

(Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali).

1. All'articolo 47, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «dodici».

1. All'articolo 47, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «dodici». La presente disposizione entra in vigore a decorrere dalle prossime elezioni amministrative locali.

2. All'articolo 81, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

2. Identico.

    a) le parole: «Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province»;

    a) le parole: «Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti dei consigli circoscrizionali di cui all'articolo 22, comma 1, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province»;

    b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I consiglieri di cui all'articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l'intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall'articolo 86».

    b) identica.

3. All'articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

3. Identico:

    a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

    a) identica;

«2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un quarto dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali»;

 

    b) i commi 4 e 6 sono abrogati;

    b) identica;

    c) al comma 8, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

    c) identico:

    «c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell'indennità prevista per il comune avente maggiore popolazione tra quelli facenti parte dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o della comunità montana»;

    «c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell'indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana»;

    d) al comma 11, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all'accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità» e il terzo periodo è soppresso.

    d) identica.

4. L'articolo 83 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

4. Identico.

«Art. 83. - (Divieto di cumulo). - 1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente capo.

 

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all'esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

 

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell'esercizio dell'opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l'indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta».

 

5. L'articolo 84 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

5. Identico.

«Art. 84. - (Rimborso delle spese di viaggio). - 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfettario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

 

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate».

 

6. Ai fini della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, ad ogni amministrazione comunale è consentita l'adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatte salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti. Dopo il 1o aprile 2008, se permane l'adesione multipla ogni atto adottato dall'associazione tra comuni è nullo ed è, altresì, nullo ogni atto attinente all'adesione o allo svolgimento di essa da parte dell'amministrazione comunale interessata.

6. Ai fini della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, ad ogni amministrazione comunale è consentita l'adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatte salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti. Dopo il 1o aprile 2008, se permane l'adesione multipla ogni atto adottato dall'associazione tra comuni è nullo ed è, altresì, nullo ogni atto attinente all'adesione o allo svolgimento di essa da parte dell'amministrazione comunale interessata. Il presente comma non si applica per l'adesione delle amministrazioni comunali ai consorzi istituiti o resi obbligatori da leggi nazionali e regionali.

 

6-bis. All'articolo 17 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

    a) al comma 1, le parole: «100.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «250.000 abitanti»;

 

    b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

 

«3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento ai sensi di quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti».

7. Le funzioni della commissione elettorale comunale previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, sono attribuite al responsabile dell'ufficio elettorale comunale. L'incarico di componente delle commissioni elettorali comunali e delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali è gratuito, ad eccezione delle spese di viaggio effettivamente sostenute. In tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto la materia elettorale ogni riferimento alla commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell'ufficio elettorale comunale.

7. Le funzioni della commissione elettorale comunale previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, sono attribuite al responsabile dell'ufficio elettorale comunale, salvo quanto disposto dagli articoli 12, 13 e 14 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1967, e successive modificazioni. L'incarico di componente delle commissioni elettorali comunali e delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali è gratuito, ad eccezione delle spese di viaggio effettivamente sostenute. In tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto la materia elettorale, ad eccezione degli articoli 3, 4, 5 e 6 della legge 8 marzo 1989, n. 95, e successive modificazioni, ogni riferimento alla commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell'ufficio elettorale comunale.

8. A decorrere dal 2008 il fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 313 milioni di euro. In sede di ripartizione delle risorse del fondo ordinario, come rideterminate ai sensi del presente comma, si tiene conto, anche sulla base di certificazioni prodotte dagli enti interessati, delle riduzioni di spesa derivanti, per ciascun ente territoriale, dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo. Le risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6, valutate in 313 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, sono destinate, per l'anno 2008, per 100 milioni di euro all'incremento del contributo ordinario di cui all'articolo 1, comma 703, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartire in proporzione alla popolazione residente, e per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dall'articolo 87.

8. A decorrere dal 2008 il fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 313 milioni di euro. In sede di ripartizione delle risorse del fondo ordinario, come rideterminate ai sensi del presente comma, si tiene conto, anche sulla base di certificazioni prodotte dagli enti interessati, delle riduzioni di spesa derivanti, per ciascun ente territoriale, dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo. Le risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6, valutate in 313 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, sono destinate, per l'anno 2008, per 100 milioni di euro, salvo quanto disposto dal comma 8-bis, all'incremento del contributo ordinario di cui all'articolo 1, comma 703, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartire in proporzione alla popolazione residente, e per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dall'articolo 87.

 

8-bis. Entro il 30 giugno 2008, sulla base delle certificazioni prodotte dagli enti interessati, il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, quantifica l'ammontare effettivo delle riduzioni di spesa conseguibili al 31 dicembre 2008. A seguito di tale accertamento, il Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alla differenza riscontrata tra l'ammontare delle economie di spesa e la riduzione dei trasferimenti, adegua con propri decreti la dotazione per l'anno 2008 del fondo ordinario di cui all'articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, per i soli enti che hanno dato piena attuazione alle disposizioni previste dal presente articolo, a valere e nei limiti dell'incremento del fondo ordinario di cui al comma 8.

 

 

L’articolo 26 modifica in più parti il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali[146] al principale fine, evidenziato dalla rubrica, di contenere i costi per la rappresentanza degli enti locali.

 

Una parte del contenuto normativo dell’articolo, sia nella versione originaria, sia nella attuale formulazione, corrisponde sostanzialmente allo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza”. Iniziative legislative sul tema sono all’esame della Camera dei deputati[147].

 

Si ricorda che le disposizioni del TUEL non trovano applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome[148] che, in forza dell’autonomia normativa in materia di ordinamento degli enti locali loro riconosciuta, hanno emanato specifiche disposizioni.

Il comma 1 interviene sull’art. 47, comma 1, del TUEL, riducendo il previsto tetto massimo di assessori (comunali e provinciali) da 16 a 12 (vedi testo a fronte). A seguito delle modifiche apportate nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio[149], la disposizione entra in vigore a partire dalle prossime elezioni amministrative.

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 47
Natura e ruolo

Articolo 47
Natura e ruolo

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unità.

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità.

2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.

2. Identico.

3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

3. Identico.

4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

4. Identico.

5. Fino all’adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.

5. Identico.

 

La norma vigente prevede che la Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a 16 unità.

 

La modifica proposta riduce pertanto il numero massimo dei componenti delle giunte nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, in quelli che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia e nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti.

 

La composizione delle giunte comunali e provinciali è direttamente correlata a quella dei rispettivi consigli dall’art. 47, comma 1, del TUEL.

L’art. 37 del TUEL determina la composizione dei consigli comunali[150] e provinciali[151] in relazione alla dimensione demografica degli enti, come risulta dall’ultimo censimento.

Nelle due tabelle seguenti si riporta il numero degli enti (comuni e province) che dovrebbero essere interessati dalla disposizione in esame, suddivisi per classe demografica, con l’indicazione del numero di consiglieri previsti dall’art. 37 del TUEL e del tetto massimo di assessori attualmente indicato dall’art. 47 del medesimo TUEL.

Non sono stati considerate né le province né i comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale. Per il numero dei comuni e la loro ripartizione in classi demografiche si è fatto riferimento ai dati del censimento 2001. Per quanto riguarda le province, sono state considerate quelle costituite al 31 dicembre 2006.


Componenti Giunte comunali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il sindaco)

Tetto massimo degli assessori attualmente previsto

Numero dei comuni

100.001-250.000 e capoluoghi di provincia con popolazione inferiore

41

14

75

250.001-500.000

47

16

5

500.001-1.000.000

51

16

2

Oltre 1.000.000

61

16

3

Totale

 

 

85

 

Componenti Giunte provinciali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il presidente della provincia)

Tetto massimo degli assessori attualmente previsto

Numero delle province

oltre 1.400.000 abitanti

45

15

5

 

Non essendo prevista una norma transitoria, si dovrebbe ipotizzare che i consigli comunali e provinciali provvedano ad adeguare gli statuti in modo da recepire in questi ultimi la disposizione in esame e conseguentemente pervenire ad una composizione delle giunte rispettosa dei nuovi limiti fissati.

 

Si ricorda peraltro che il comma 2 dell’art. 47 del TUEL stabilisce che gli statuti possono fissare in modo rigido il numero degli assessori, oppure determinarne il numero massimo: in quest’ultimo caso, il sindaco e il presidente della provincia hanno piena facoltà di limitare la composizione della giunta nominando un numero di assessori inferiore a quello massimo.

 

Il comma 2, articolato nelle lettere a) e b), interviene sull’articolo 81 del TUEL, che disciplina il regime delle aspettative degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 81
Aspettative

Articolo 81
Aspettative

1. Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.

1. I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni di cui all’art. 22, comma 1, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova. I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86.

 

La disposizione di cui alla lettera a) modifica il primo periodo del vigente art. 81 al fine di limitare la possibilità di collocamento in aspettativa non retribuita, per il periodo di espletamento del mandato, soltanto ad alcune figure di amministratori locali, vale a dire ai: sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali, presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di aree metropolitane (quest’ultima categoria è stata aggiunta nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio).

 

L’art. 81, nel testo vigente, prevede che gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti, possano essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.

Attraverso il richiamo all’art. 77, secondo comma, la normativa vigente comprende dunque – oltre alle figure contemplate dal comma in esame – anche i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

 

La disposizione di cui alla lettera b) aggiunge invece al vigente art. 81 un nuovo periodo, che riguarda i “consiglieri” di cui all’articolo 77, comma 2; attraverso quest’ultimo rinvio, essa sembra fare dunque riferimento ai seguenti soggetti in quanto componenti dei rispettivi organi rappresentativi: i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i consiglieri delle comunità montane[152], i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento. La novella introdotta dalla lettera b) della disposizione in esame dispone che tutti costoro assumano a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86, qualora siano stati collocati – a domanda – in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato.

Dalla lettura dell’art. 81 del TUEL, come risulta nel testo novellato dalle due disposizioni illustrate, sembrerebbe dunque che possano essere comunque collocati in aspettativa tutti i soggetti[153] di cui all’art. 77, comma 2, del TUEL, pur se il pagamento degli oneri previdenziali è posto a carico dell’ente locale soltanto per gli amministratori espressamente elencati nel primo periodo dell’art. 81 come riformulato, e cioè per i sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di aree metropolitane, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali.

Il nuovo testo dell’art. 81, inoltre, dovrebbe essere coordinato con quello dell’art. 86, comma 1, del TUEL, che non viene modificato dalla disposizione in esame.

 

L’art. 86, comma 1, stabilisce che gli enti locali assumano a proprio carico il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi per i seguenti amministratori locali che siano lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato: sindaci, presidenti di provincia, presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, assessori provinciali e assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, presidenti dei consigli provinciali; presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni; presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.

 

Il comma 3, con le disposizioni di cui alle lettere da a) a d), apporta alcune modifiche all’articolo 82 del TUEL, relativo alle indennità degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 82
Indennità

Articolo 82
Indennità

1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa.

1. Identico.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un terzo dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali.

3. Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.

3. Identico.

4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.

Abrogato

5. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

5. Identico.

6. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

Abrogato

7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

7. Identico.

8. La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:

8. Identico:

a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;

a) identica;

b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;

b) identica;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;

d) identica;

e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;

e) identica;

f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.

f) identica.

9. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.

9. Identico.

10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio.

10. Identico.

11. Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi componenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                   Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.

11. Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8.

 

La lettera a) sostituisce il testo vigente del comma 2 dell’art. 82, riducendo da un terzo a un quarto dell’indennità del sindaco o del presidente dell’organo rappresentativo dell’ente locale, il limite massimo di valore del gettone di presenza che consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire per la partecipazione a consigli e commissioni.

Il nuovo testo, inoltre:

§      esclude espressamente dal diritto all’indennità tutti i consiglieri circoscrizionali;

§      include nel diritto al gettone di presenza i consiglieri circoscrizionali di comuni non capoluogo di provincia (i consiglieri circoscrizionali di comuni capoluogo di provincia hanno già tale diritto ai sensi dell’art. 82 TUEL nel testo vigente).

Non è chiara la finalità della previsione di cui al primo punto (esclusione dei consiglieri circoscrizionali dal diritto all’indennità), in quanto l’art. 82, comma 1, del TUEL, che non viene modificato, attribuisce l’indennità di funzione unicamente ai presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, mentre, per i consiglieri circoscrizionali, l’art. 82, comma 2, prevede il diritto a percepire soltanto i gettoni di presenza.

 

La lettera b) abroga i commi 4 e 6 del testo vigente dell’art. 82, facendo in tal modo venire la possibilità di trasformare il gettone di presenza in indennità di funzione e di cumulare entrambi gli emolumenti.

 

Secondo la disciplina vigente (art. 82 TUEL, modificato proprio per questa parte dalla lettera b)) gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che l’interessato opti, a richiesta, per la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Nel caso in cui si scelga il regime di indennità di funzione, questo deve prevedere l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di assenza ingiustificata dalle sedute degli organi collegiali (comma 4).

Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza soltanto nel caso in cui siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona (comma 6).

Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne (comma 7).

 

La lettera c), sostituisce il testo vigente della lettera c) del comma 8 dell’art. 82, recante alcuni dei criteri per la quantificazione delle indennità e dei gettoni di presenza.

 

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è demandata (art. 82, comma 8) ad un regolamento ministeriale, adottato con decreto del ministro dell’interno[154], nel rispetto di specifici criteri, elencati nelle lettere da a) a f) del medesimo comma 8. La lettera c), in particolare, stabilisce che l’importo dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, deve essere parametrato a quello fissato per il sindaco e per il presidente della provincia.

Le indennità del presidente e degli assessori delle forma associative di enti locali sono invece pari a quelle previste per un comune cha abbia popolazione pari alla popolazione dell’unione dei diversi enti locali associati o alla popolazione montana della comunità montana.

 

Il testo, come modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio:

§      elimina il riferimento ai “consiglieri” che hanno optato per le indennità, essendo venuta meno tale possibilità (in conseguenza della già esaminata soppressione del comma 4 dell’art. 82);

§      riduce l’entità massima delle indennità del presidente e degli assessori delle forme associative di enti locali (unioni di comuni, consorzi e comunità montane), fissandola al 50%[155] dell’indennità prevista per un singolo comune di popolazione eguale a quella dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana.

 

La lettera d), sostituisce il primo periodo del testo vigente del comma 11 dell’art. 82, concernente la facoltà degli organi degli enti locali di modificare le indennità e i gettoni di presenza.

 

Le misure delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza possono essere incrementate (se l’ente non versa in stato di dissesto finanziario) o diminuite con delibera consiliare o della giunta, sulla base di valutazioni e scelte politiche e di gestione[156] (art. 82, co. 11).

La legge pone un limite agli incrementi: la spesa complessiva per le indennità e i gettoni di presenza risultante non deve superare una quota dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dalla tabella D del D.M. 119/2000.

La L. 266/2005 (legge finanziaria 2006), all’art. 1, co. 201, dispone che gli enti locali possono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali, da adottare ai sensi dell’art. 82, co. 11, del D.Lgs. 267/2000.

il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746-bis), nel testo originario presentato dal Governo, prevedeva, all’art. 76, co. 1, lett. i), la soppressione della facoltà per gli organi degli enti locali di aumentare, ai sensi dell’art. 82, co. 11, del D.Lgs. 267/2000, le indennità e i gettoni di presenza, mantenendo ferma la possibilità di apportare riduzioni a tali emolumenti. La disposizione stabiliva inoltre che gli eventuali incrementi già disposti dovessero essere eliminati dalle amministrazioni locali entro un mese dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2007. La previsione illustrata, presente anche nel testo approvato in prima lettura dalla Camera (A.S. 1183, art. 18, comma 361), è stata successivamente soppressa nel corso dell’esame al Senato in seguito all’approvazione del “maxiemendamento” del Governo.

 

Nel nuovo testo del comma 11 dell’art. 82 viene soppresso il riferimento ai gettoni di presenza e si prevede, per le indennità, la possibilità di incremento unicamente per i sindaci, i presidenti di provincia e gli assessori (con delibera della giunta) e per i presidenti delle assemblee (con delibera del consiglio).

In tal modo, risulta del tutto eliminata la facoltà per gli organi degli enti locali di adeguare gli importi dei gettoni di presenza e viene inoltre ridotto il numero degli amministratori locali per i quali è possibile aumentare l’indennità: non sono più compresi tra questi i presidenti di comunità montane e dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di provincia e i componenti degli organi esecutivi di comunità montane, unioni di comuni, consorzi fra enti locali.

Il nuovo testo, inoltre, esclude dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione di tali divieti sono nulle di diritto.

Il testo vigente del comma 11 dell’art. 82 già esclude dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.

Il comma 11 dell’art. 82, come riformulato, subordina la corresponsione dei gettoni di presenza alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni, rimettendo al regolamento (comunale) termini e modalità (è da ritenere, specialmente in relazione alla nozione di “effettiva”).

 

Il comma 4 sostituisce l’articolo 83 del TUEL, che disciplina il divieto di cumulo degli emolumenti degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 83
Divieto di cumulo

Articolo 83
Divieto di cumulo

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

 

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

 

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta.

 

Il testo vigente consta di un solo comma, con cui si stabilisce che parlamentari nazionali o europei, e consiglieri regionali possono percepire soltanto i gettoni di presenza. Il novellato comma 1 dell’art. 83 esclude invece tale possibilità.

Viene poi introdotto un comma 2, ai sensi del quale gli amministratori locali (definiti in senso ampio, con riferimento all’articolo 77, comma 2, del TUEL[157]) non percepiscono alcun compenso per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominati, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

Sono invece percepibili le indennità di missione e sono fatte salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, che hanno una disciplina specifica.

Con il comma 3, anch’esso aggiunto dalla novella in esame, si dispone infine che, in presenza di cariche incompatibili, non si cumulano le indennità di funzione.

L’indennità spettante per la carica sopraggiunta (che si è cioè aggiunta – in modo incompatibile – a quella già esercitata) non viene corrisposta, fino al momento dell’esercizio dell’opzione (che è l’ordinaria modalità di risoluzione delle incompatibilità) a chi venga a trovarsi a cumulare la carica incompatibile.

La rimozione della condizione di incompatibilità rende poi percepibile l’unica indennità cui si ha, da quel momento, diritto.

L’indennità per la carica "sopraggiunta" non dovrebbe competere fin dal momento di acquisizione della nuova carica, ma il momento di accertamento di tale status potrebbe essere successivo: in tal caso, potrebbe dunque porsi la questione del recupero di indennità indebitamente percepite.

 

Il comma 5 novella l’articolo 84 del TUEL, allo scopo di sostituire l’indennità di missione percepita dagli amministratori locali in caso di viaggio, con un rimborso forfettario onnicomprensivo per le spese diverse da quelle di viaggio, il cui importo è fissato con decreto del Ministero dell’interno e del Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città, mantenendo comunque il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 84
Rimborsi spese e indennità di missione

Articolo 84
Rimborso delle spese di viaggio

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché la indennità di missione alle condizioni dell’articolo 1, comma 1, e dell’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l’ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfettario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell’indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.

3. Identico.

4. I consigli e le assemblee possono sostituire all’indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l’uno o l’altro trattamento.

4. Soppresso.

 

La disposizione, per il resto, conferma quella vigente, ad eccezione del comma 4, che prevede attualmente la possibilità di sostituire l’indennità di missione con il rimborso delle spese effettivamente sostenute.

 

Gli amministratori che si recano, per motivi dipendenti dal loro mandato, fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente hanno diritto al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché all’indennità di missione (art. 84, TUEL).

Le missioni devono essere autorizzate dal capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, dal presidente del consiglio, nel caso di consiglieri.

Le richieste di rimborso delle spese di viaggio e soggiorno devono essere documentate e accompagnate da una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

Agli amministratori che non risiedono nel capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, sono rimborsate le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, e per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle loro funzioni.

L’indennità di missione può essere sostituita dal rimborso di tutte le spese - non solo quelle di viaggio - effettivamente sostenute (comma 4).

 

Il comma 6 prevede che ogni comune possa aderire ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del TUEL (sostanzialmente, consorzi e unioni di comuni).

A seguito delle modifiche apportate nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, si prevede espressamente che la disposizione non si applica per l’adesione a consorzi obbligatori.

Finalità della norma è la semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture.

La norma in esame sanziona la permanenza di un comune in più di una forma associativa dello stesso tipo oltre il termine del 1° aprile 2008 ("adesione multipla"). In tal caso è nullo non solo ogni atto adottato dall’associazione (forma associativa), ma anche ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte del comune interessato (per il quale - dovrebbe intendersi - permane l’adesione a più forme associative).

Si osserva che la nullità degli atti dell’“associazione” pare colpire anche i comuni ad essa partecipanti eventualmente incolpevoli (per i quali non si configuri cioè adesione multipla), nonché tutte le associazioni alle quali il comune partecipi, inclusa – ad esempio – la prima alla quale abbia ha aderito.

In considerazione del fatto che l’art. 33 del TUEL disciplina le linee principali dell’intervento regionale in materia di incentivazione delle forme associative dei Comuni ai fini della riorganizzazione sovracomunale dei servizi e delle funzioni, andrebbe valutato come la disposizione in esame si inserisca nel quadro delle competenze dello Stato e delle Regioni delineate dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

La disposizione, infine, incide direttamente su norme contenute nel TUEL. Si dovrebbe pertanto valutare l’opportunità – conformemente a quanto previsto dal punto 3), lettera a), della Circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001, recante regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi – di riformularla in termini di novella al Testo unico citato.

 

La norma fa espressamente salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti, per le quali sia rinvia alla scheda relativa alla disposizione sugli ambiti territoriali ottimali (ATO) di cui all’art. 27.

 

Gli articoli 31, 32 e 33 del TUEL sono contenuti, insieme ad altri, nel capo V[158] del Testo unico, intitolato appunto alle forme associative.

Ivi si prevedono, oltre alle convenzioni[159] (art. 30), i “consorzi” e le “unioni di comuni” (art. 32). Si ricorda peraltro che il comma 7 dell’art. 31 già dispone che tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio; inoltre, la legge dello Stato, in caso di rilevante interesse pubblico, può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori. L’art. 33 non individua ulteriori forme di associazione e di cooperazione tra i Comuni; esso attribuisce alle Regioni il compito di promuovere l’esercizio associato delle funzioni dei Comuni e di individuare i livelli ottimali di esercizio delle stesse. Le regioni predispongono, concordandolo con i Comuni nelle apposite sedi concertative, un programma per l’individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, prevedendo la corresponsione di contributi per incentivare l’unificazione tra gli enti.

I consorzi e le unioni di comuni, differentemente dalle convenzioni, prevedono la costituzione di organi amministrativi per la loro conduzione. Si ricorda peraltro, che, per quanto riguarda le unioni di comuni, il presidente dell’unione deve essere scelto tra i sindaci dei comuni interessati e gli altri organi devono essere formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati (art. 32, comma 2).

 

Il comma 6-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, novellando l’art. 17 del TUEL (vedi testo a fronte) modifica i parametri demografici per l’istituzione delle circoscrizioni di decentramento comunale, riducendone conseguentemente il numero.

La loro istituzione diviene pertanto obbligatoria nei soli comuni con più di 250.000 abitanti (rispetto alla previsione attuale che fissa la soglia demografica minima per la loro istituzione a 100.000 abitanti) e facoltativa nei comuni con popolazione compresa tra 100.000 e 250.000 abitanti (la possibilità di istituire le circoscrizioni è ora prevista per i comuni nella fascia tra 30.000 e 100.000 abitanti); in questo secondo caso la popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti.

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Art. 17
Circoscrizioni di decentramento comunale.

Art. 17
Circoscrizioni di decentramento comunale.

1. I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.

1. I comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.

2. L’organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.

2. Identico.

3. I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2.

3. I comuni con popolazione tra i 100.000 e i 250.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2. La popolazione media delle circoscrizioni non può essere inferiore a 30.000 abitanti.

4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell’àmbito dell’unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.

4. Identico.

5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.

5. Identico.

La presenza obbligatoria delle circoscrizioni rimarrebbe pertanto una prerogativa dei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti: ossia Torino, Milano, Genova, Venezia, Verona, Firenze, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Messina, Catania. I tre comuni da ultimo citati, peraltro, appartengono ad una regione a statuto speciale. Come già ricordato, le disposizioni del TUEL si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano solo in quanto compatibili con i rispettivi statuti.

Le circoscrizioni potrebbero essere mantenute, ove istituite e comunque con il limite demografico cui si è in precedenza accennato, nei seguenti comuni (per le ragioni suesposte, sono evidenziati i cinque comuni ricompresi in regioni a statuto speciale):

 

Comuni tra 100.000 e 250.000 abitanti

 

Comune

Abitanti

1

Trieste

211.184

2

Padova

204.870

3

Taranto

202.033

4

Brescia

187.567

5

Reggio di Calabria

180.353

6

Modena

175.502

7

Prato

172.499

8

Cagliari

164.249

9

Parma

163.457

10

Livorno

156.274

11

Foggia

155.203

12

Perugia

149.125

13

Reggio nell’Emilia

141.877

14

Salerno

138.188

15

Ravenna

134.631

16

Ferrara

130.992

17

Rimini

128.656

18

Siracusa

123.657

19

Sassari

120.729

20

Monza

120.204

21

Pescara

116.286

22

Bergamo

113.143

23

Forlì

108.335

24

Latina

107.898

25

Vicenza

107.223

26

Terni

105.018

27

Trento

104.946

28

Novara

100.910

29

Ancona

100.507

Fonte: D.P.C.M. 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001[160].

 

Con la legge 278/1976[161] è stata data una cornice normativa ai primi tentativi di decentramento sperimentati nei grandi comuni; ad essa si può far risalire l’istituzione delle prime circoscrizioni su base elettiva. L’attuale disciplina delle circoscrizioni trova origine nella legge 140/1990[162], successivamente modificata più volte sul punto, e finalmente confluita nel citato testo unico sugli enti locali.

Le circoscrizioni di decentramento comunale sono organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base. Esse, inoltre, svolgono le funzioni delegate dal comune (art. 17, co. 1, TUEL).

Le circoscrizioni sono uno degli strumenti attraverso il quale il comune realizza il principio secondo il quale esso, per esercitare le proprie funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento, sia di cooperazione con altri enti locali (art. 13, co. 2, TUEL).

Gli organi di rappresentanza delle circoscrizioni (i consigli circoscrizionali) sono eletti secondo le modalità fissate dallo statuto comunale e da un apposito regolamento (art. 17, co. 4) che definiscono anche l’organizzazione delle funzioni delle circoscrizioni (art. 17, co. 2).

Relativamente all’ambito territoriale, il testo unico prevede quattro fasce di centri urbani:

-        comuni fino a 30.000 abitanti: in essi non è consentita la creazione di circoscrizioni, ma è possibile realizzare altre forme di decentramento e di partecipazione ai sensi degli artt. 6 e 8 del TUEL[163];

-        comuni da 30.000 a 100.000 abitanti: hanno la facoltà, se lo ritengono opportuno, di istituire le circoscrizioni;

-        comuni con oltre 100.000 abitanti: per essi v’è l’obbligo di istituire le circoscrizioni;

-        comuni con oltre 300.000 abitanti: il relativo statuto può prevedere ulteriori e più avanzate forme di decentramento (art. 17, co. 5).

 

Per il calcolo della popolazione si applica il principio secondo cui, in materia di composizione degli organi, la popolazione è determinata in base ai risultati dell’ultimo censimento[164]. Una disposizione di tale tenore è contenuta nell’art. 37, co. 4, del TUEL, e si riferisce alla composizione dei consigli comunali e provinciali, ma viene applicata alla formazione di tutti gli organi rappresentativi locali, compresi quindi i consigli circoscrizionali.

 

Il comma 7, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, stabilisce che le funzioni della commissione elettorale comunale in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, siano attribuite al responsabile dell’ufficio elettorale comunale e che in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale, ogni riferimento alla Commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

 

La disposizione illustrata sembra voler attribuire al responsabile dell’ufficio elettorale comunale (cioè ad una figura gerarchica del personale dell’ente, in qualche modo sottoposta al sindaco) le funzioni in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali attualmente svolte dalla Commissione elettorale comunale (che è invece un organo collegiale, eletto dal Consiglio comunale al suo interno).

 

L’emendamento approvato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio ha aggiunto un espresso riferimento agli articoli del Testo unico sull’elettorato attivo (D.P.R. 223/1967[165]) che prevedono l’istituzione della Commissione elettorale comunale e ne disciplinano la composizione e le modalità di funzionamento, lasciando in tal modo trasparire l’intento di voler mantenere la previsione di tale organo.

Continuerebbero a rimanere di competenza della Commissione elettorale comunale soltanto le funzioni relative alla tenuta dell’albo degli scrutatori e alla nomina degli stessi ad essa affidate dalla L. 95/1989[166]. Tale interpretazione sembra essere confermata dal riferimento ad alcune disposizioni di quest’ultima legge, inserito con il medesimo emendamento.

 

Il Consiglio comunale nella prima seduta elegge, tra i propri membri, la Commissione elettorale comunale, composta dal sindaco e da tre componenti effettivi e tre supplenti nei comuni al cui consiglio sono assegnati fino a cinquanta consiglieri, da otto componenti effettivi e otto supplenti negli altri comuni (art. 12, D.P.R. 223/1967).

Il riferimento alla Commissione elettorale comunale contenuto in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale si intende effettuato, ai sensi dell’art. 26, comma 13, della legge 340/2000[167], all’Ufficiale elettorale.

Secondo quanto stabilisce l’art. 4-bis del D.P.R. 223/1967, alla tenuta e all’aggiornamento delle liste elettorali provvede l’Ufficio elettorale e in ciascun comune l’Ufficiale elettorale è la Commissione elettorale prevista dagli articoli 12, 13, 14 e 15 dello stesso testo unico. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la Commissione elettorale può delegare e revocare le funzioni di Ufficiale elettorale al segretario comunale o a un funzionario del comune.

 

La disposizione sopprime inoltre il gettone di presenza che viene attualmente corrisposto ai componenti delle commissioni e delle sottocommissioni elettorali circondariali, mantenendo invece il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute.

 

In ogni comune capoluogo di circoscrizione giudiziaria, dopo l’insediamento del consiglio provinciale, è costituita, con decreto del presidente della corte di appello, una commissione elettorale circondariale[168], presieduta dal prefetto o da un suo delegato e composta da quattro componenti effettivi e da quattro componenti supplenti, di cui uno effettivo ed uno supplente designati dal prefetto, e tre effettivi e tre supplenti designati dal consiglio provinciale (art. 21 del D.P.R. 223/1967). Nei circondari con popolazione superiore a 50.000 abitanti può essere costituita, su proposta del presidente della Commissione circondariale, una sottocommissione elettorale circondariale.

Ai componenti e ai segretari delle commissioni (e delle sottocommissioni) elettorali circondariali può essere corrisposto, oltre al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, un gettone di presenza pari a lire 60.000 (euro 30,99), al lordo delle ritenute di legge, in luogo di quello previsto dalle disposizioni in vigore per i componenti delle commissioni costituite presso le amministrazioni dello Stato. L’importo del gettone di presenza è rivalutato, a partire dall’anno 2000, con le procedure ed i termini previsti dalla legge 117/1985[169].

 

Il comma 8 contiene le disposizioni di rilievo finanziario relative alle risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6 che precedono.

A decorrere dal 2008 il “fondo ordinario” (su cui v. infra) è ridotto di 313 milioni di euro, vale a dire per un ammontare pari a quello per il quale vengono valutati i risparmi derivanti dai commi da 1 a 6 fin qui esaminati.

 

Dal testo qui in esame potrebbe dedursi che dal comma 7 non sono attesi in modo esplicito risparmi.

Si osserva inoltre che ai fini della riduzione del fondo non sono calcolati eventuali risparmi conseguenti alle disposizioni del comma 6-bis in materia di circoscrizioni di decentramento comunale.

 

Il comma in esame, quindi, destina la stessa cifra di 313 milioni di euro che sono in sostanza finanziati dai predetti risparmi, per le seguenti finalità per l’anno 2008:

§      per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dall’articolo 87 (relativo alla quota fissa di partecipazione, alla cui scheda si rimanda).

§      per 100 milioni di euro, salvo quanto disposto dal successivo comma 8-bis (tale precisazione è stata aggiunta nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio), all’incremento del contributo ordinario di cui all’articolo 1, comma 703, della legge finanziaria 2007, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartirsi in proporzione alla popolazione residente.

Beneficiari sono – più precisamente – una parte dei piccoli comuni, in particolare quelli dotati delle seguenti caratteristiche:

§         popolazione fino a 5.000 abitanti;

§         non rientranti nei parametri previsti dall’articolo 1, comma 703, della legge finanziaria 2007, vale a dire:

§         popolazione residente oltre i 65 anni superiore al 30% del totale;

§         popolazione residente sotto i 5 anni superiore al 5% del totale.

 

Il comma 703 citato reca numerose disposizioni in favore dei piccoli comuni, individuando i beneficiari su 3 parametri, contenuti alle lettere da a) a c) dello stesso comma. Il terzo parametro, che riguarda i piccolissimi comuni sotto i 3.000 abitanti, conferisce risorse a valere sul fondo ordinario per gli investimenti e perciò potrebbe essere ritenuto non incluso per il riferimento – nella disposizione in esame – al “contributo ordinario”.

I comuni sono individuati dal comma 703 della legge finanziaria 2007, in primo luogo, per avere una popolazione fino a 5.000 abitanti, e, in secondo luogo, per avere una delle seguenti caratteristiche:

§       rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e popolazione residente complessiva è superiore al 30 per cento (55 milioni di contributo ordinario, di cui il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale e socio-assistenziale);

§rapporto tra popolazione residente di età inferiore a cinque anni e popolazione residente complessiva è superiore al 5 per cento (71 milioni di contributo ordinario, di cui almeno il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale);

§       popolazione inferiore a 3.000 abitanti (42 milioni contributo a valere sul fondo nazionale ordinario per gli investimenti).

Beneficiano infine di un contributo complessivo di 20 milioni di euro le comunità montane.

I trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dall’art. 34 del D.Lgs. 504/1992[170]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi:

§       “Fondo ordinario” (articolo 34, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§       “Fondo consolidato” (articolo 34, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§       “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (articolo 34, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 504) relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI. Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

 

Il comma 8-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, stabilisce che il Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, quantifichi entro il 30 giugno 2008, basandosi sulle certificazioni inviate dagli enti locali interessati dalle disposizioni illustrate, l’ammontare effettivo delle riduzioni di spesa conseguibili al 31 dicembre 2008.

Il Ministro dispone quindi con proprio decreto l’adeguamento della dotazione del Fondo ordinario (vedi supra) e l’eventuale integrazione dei trasferimenti ai soli enti che abbiano dato piena attuazione alle disposizioni di contenimento dei costi previste dall’articolo in esame.


 

Articolo 27, commi 1 e 2
(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti
da duplicazione di funzioni)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la ridu­zione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la ridu­zione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

1. Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni, nell'ambito di rispettiva competenza legi­slativa, provvedono all'accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organi­smi, comunque denominati, titolari di fun­zioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo i princìpi di sussidia­rietà, differenziazione e adeguatezza.

1. Identico.

2. I comuni e le province provvedono alla soppressione degli enti, agenzie ed or­ganismi, comunque denominati, istituiti dai medesimi enti locali nell'ambito della ri­spettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle svolte dagli enti locali medesimi.

2. Identico.

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 27 contengono una disposizione di indirizzo diretta alla razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa degli enti territoriali, in particolare alla soppressione o accorpamento di enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni – o parte di esse – esercitate dagli enti territoriali.

Scopo della norma è il miglioramento dei saldi di bilancio di regioni ed enti locali, miglioramento non quantificabile e da considerare come misura ulteriore (non determinante) per il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità.

 

Il primo comma è indirizzato alle regioni che, in coordinamento con lo Stato, dovrebbero provvedere alla revisione dell’allocazione delle funzioni al fine, come detto, di eliminarne le duplicazioni.

Il secondo comma è diretto agli enti locali, per quanto concerne enti ed organismi da essi istituiti.

Le disposizioni in esame sono in relazione con quanto disposto dall’articolo 134, comma 1, lettera c) del disegno di legge in esame, secondo cui lo Stato provvede a sopprimere od accorpare enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni - in tutto o in parte – esercitate da regioni ed enti locali su conferimento o delega dello Stato.

 

La norma richiama il principio di coordinamento della finanza pubblica e l’attuazione dell’articolo 118 della Costituzione.

Com’è noto il principio di coordinamento della finanza pubblica, contenuto nel secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione, può essere alla base dell’intervento legittimo dello Stato sulle politiche degli enti territoriali imponendo anche vincoli di bilancio - come nel caso delle regole del patto di stabilità e crescita - a condizione che venga mantenuto il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento. In altre parole lo Stato può prescrivere criteri ed obiettivi ma non imporre nel dettaglio gli strumenti per raggiungerli[171].

L’articolo 118 della Costituzione statuisce il principio secondo cui le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni e ogni diversa allocazione – anche per assicurarne l’esercizio unitario - deve ispirarsi ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza.

 

Norma di indirizzo ispirata ai principi sopra citati, non è accompagnata da disposizioni sulla rilevazione di adempimenti specifici o comunque sul monitoraggio del comportamento delle regioni e degli enti locali a riguardo. Sono altresì assenti disposizioni su conseguenti sanzioni in caso di non osservanza.

Si rileva infine che in caso di inadempienza – peraltro come visto non rilevata - non sembrano esserci gli estremi per un eventuale esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 120 secondo comma della Costituzione: Lo Stato potrebbe ‘solamente’ impugnare innanzi la Corte costituzionale la legge regionale emanata in violazione dei principi richiamati dalla norma.


 

Articolo 27, commi 2-bis-2-quinquies
(Norme sui Consorzi di bonifica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la ridu­zione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la ridu­zione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

 

2-bis. Entro un anno dalla data di en­trata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla ri­duzione, ai sensi del comma 2-ter del presente articolo, del numero dei com­ponenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario di cui al capo I del titolo V del regio de­creto 13 febbraio 1933, n. 215, e suc­cessive modificazioni, ovvero alla sop­pressione dei medesimi consorzi con le modalità di cui al comma 2-quater e nel rispetto delle condizioni previste dal comma 2-quinquies del presente arti­colo.

 

2-ter. La riduzione del numero dei componenti degli organi di cui al comma 2-bis deve essere conforme a quanto previsto per le società parteci­pate totalmente anche in via indiretta da enti locali, ai sensi dell'articolo 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

2-quater. In alternativa a quanto pre­visto dal comma 2-ter ed entro lo stesso termine di cui al comma 2-bis, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono procedere alla soppressione dei consorzi di boni­fica di cui al medesimo comma 2-bis. In tal caso le funzioni e i compiti attual­mente svolti dai medesimi consorzi e le relative risorse, ivi inclusa qualsiasi forma di contribuzione di carattere sta­tale o regionale, sono attribuiti dalle re­gioni alle province. Le regioni adottano disposizioni al fine di garantire che la difesa del suolo sia attuata in maniera coordinata fra gli enti che hanno com­petenza al riguardo, nel rispetto dei princìpi dettati dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modi­ficazioni, e delle competenze delle pro­vince fissate dall'articolo 19 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, evitando ogni duplicazione di opere e di interventi. Le province subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo ai consorzi di bonifica. Per l'adempimento dei fini istituzionali dei medesimi consorzi, alle province è attribuita la potestà, già ri­conosciuta agli stessi consorzi, di cui all'articolo 59 del regio decreto 13 feb­braio 1933, n. 215, di imporre contributi alle proprietà consorziate nei limiti dei costi sostenuti per le citate attività. Nel rispetto di quanto previsto dal comma 2-quinquies, il personale che al mo­mento della soppressione risulti alle dipendenze dei consorzi di bonifica passa alle dipendenze delle regioni, delle province e dei comuni, secondo modalità determinate dalle regioni, sen­tita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo State, le regioni e le pro­vince autonome di Trento e di Bolzano.

 

2-quinquies. Dall'attuazione delle di­sposizioni di cui al comma 2-quater non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. A tale fine la soppressione di consorzi per i quali si evidenzino squilibri di bilancio ed esposizioni debitorie è subordinata alla previa definizione di un piano finanzia­rio che individui le necessarie misure compensative.

 

 

I commi da 2-bis a 2-quinquies, introdotti nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio della Camera, dettano disposizioni sulla riduzione dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi ovvero sulla soppressione dei consorzi di bonifica e miglioramento fondiario di cui al Capo I del titolo V del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215.

 

Il R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, "Nuove norme per la bonifica integrale", che costituisce, ancora oggi, la normativa principale in materia di interventi di bonifica, ha introdotto il concetto di "bonifica integrale", comprensivo sia della bonifica in senso proprio, che delle opere di miglioramento fondiario. L'attuazione della bonifica integrale è stata demandata ad interventi pubblici di carattere globale su aree omogenee particolarmente dissestate e suscettibili di trasformazione, definite comprensori, distinti in due categorie: quelli di prima categoria, che richiedono opere gravemente onerose per i proprietari interessati, e quelli di seconda categoria, che hanno carattere residuale. L'attività di bonifica è stata attribuita ai Consorzi di bonifica, enti pubblici di autogoverno costituiti su iniziativa dei soggetti privati proprietari degli immobili che traggono benefici dalla bonifica.

I consorzi di bonifica e miglioramento fondiario sono disciplinati dal titolo V (articoli 54-73) del citato R.D. n. 215/1933. In particolare, i consorzi di bonifica (art. 54) provvedono alla esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica o soltanto alla manutenzione ed esercizio di esse; essi (art. 59) sono persone giuridiche pubbliche e sono retti da uno statuto (art. 60) deliberato dall’Assemblea e sottoposto ad approvazione ministeriale. I poteri di intervento dell’Autorità pubblica nei confronti dei Consorzi sono stati definiti dal D.P.R. 23 giugno 1962, n. 947, recante “Norme sui Consorzi di bonifica, in attuazione della delega prevista dall’art. 31 della legge 2 giugno 1961, n. 454”.

 

Il comma 2-bis dispone che, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano provvedano:

-             alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi dei consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario, ovvero

-             alla soppressione dei medesimi Consorzi.

 

Il comma 2-ter detta i criteri per l’intervento di riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi, rinviando a quanto disposto dall’art. 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) per le società partecipate totalmente da enti locali.

L’art. 1, comma 729, della finanziaria 2007 pone il limite numerico di tre componenti ai consigli di amministrazione delle società totalmente partecipate, anche in viaindiretta, da enti locali. Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare è stato fissato con il DPCM 26 giugno 2007 (G.U. 7 agosto 2007, n. 182).

Per tutte le società miste, partecipate cioè anche da altri soggetti pubblici o privati, la norma dispone che il numero massimo dei componenti il consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali (inclusi, se presenti, quelli di nomina regionale) non sia superiore a cinque.

Entro i successivi tre mesi è fatto obbligo alle società di apportare i necessari adeguamenti statutari, nonché di adeguare eventuali patti parasociali.

 

Il comma 2-quater dispone che, in alternativa rispetto alla riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione e degli organi esecutivi ed entro lo stesso termine (un anno dalla data di entrata in vigore della legge), le Regioni e le province autonome possano disporre la soppressione dei Consorzi di bonifica e miglioramento fondiario.

In tale caso funzioni, compiti e risorse dei Consorzi sono attribuiti alle Province; le regioni adottano disposizioni per garantire che le funzioni di difesa del suolo venga esercitata in maniera coordinata dagli enti che hanno competenze in materia, evitando ogni duplicazione di opere ed interventi, nel rispetto dei principi dettati dal D.Lgs. n. 152/2006, recante norme in materia ambientale.

Le province subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo ai Consorzi, ivi compresa la potestà di imporre contributi alle proprietà consorziate nei limiti dei costi sostenuti. Il personale dipendente dai Consorzi passa alle dipendenze delle regioni, delle province e dei comuni, secondo modalità determinate dalle regioni, sentita la Conferenza permanente Stato-regioni.

 

Il comma 2-quinquies stabilisce che dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 2-quater non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e a questo scopo subordina la soppressione dei consorzi che presentino squilibri di bilancio o esposizioni debitorie alla previa definizione di un piano finanziario che individui le necessarie misure compensative.


 

Articolo 27, comma 3
(Rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

 

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

 

3. Per le finalità di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio delle rispettive prero­gative costituzionali in materia di organiz­zazione e gestione del servizio idrico inte­grato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Mi­nistero dell'ambiente e della tutela del ter­ritorio e del mare, in ottemperanza agli ob­blighi comunitari, procedono entro il 1o lu­glio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le con­venzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la ge­stione dei medesimi servizi secondo i prin­cìpi dell'efficienza e della riduzione della spesa nel rispetto dei seguenti criteri gene­rali, quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

3. Identico.

    a) in sede di delimitazione degli am­biti secondo i criteri e i princìpi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell'attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle fun­zioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ov­vero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli ar­ticoli 30 e seguenti del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun com­penso;

 

    b) destinazione delle economie a ca­rattere permanente derivanti dall'attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento co­municato al Ministro dell'economia e delle finanze, al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e stra­ordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali, nonché al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali.

 

 

 

Il comma 3 dell’articolo 27, introdotto nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento, prevede l’obbligo, per le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente, in ottemperanza agli obblighi comunitari, di procedere entro il 1º luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi.

 

L’organizzazione del servizio idrico integrato in base al codice ambientale

Il servizio idrico integrato è costituito, ai sensi della definizione recata dall’art. 141, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. codice ambientale), “dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue” .

La disciplina del servizio idrico integrato è contenuta negli articoli 147-158 del D.Lgs. n. 152/2006, la cui struttura si basa in buona parte sulle disposizioni della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (cd. legge Galli), ora abrogata dall’art. 175 del medesimo decreto.

In base all’art. 147, l’organizzazione dei servizio idrici è basata sugli ambiti territoriali ottimali (d’ora in poi ATO) definiti dalle regioni in attuazione della medesima legge Galli.

Lo stesso articolo (al comma 2) fissa i seguenti importanti principi informatori della gestione del servizio:

a)       unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui;

b)       unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni[172];

c)       adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

Un’importante innovazione introdotta dal codice ambientale è rappresentata dalla norma recata dall’art. 148, comma 1, che attribuisce personalità giuridica alle autorità d'ambito, costituite in ciascun ATO delimitato dalla competente regione, alle quali gli enti locali partecipano obbligatoriamente. Si segnala anche l’articolo 148, comma 5, che prevede la facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato per i per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane. La disposizione richiede la condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dalla amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune e precisa che su tali gestioni l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo[173].

Il successivo art. 149 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del decreto n. 152 , l'Autorità d'ambito provveda alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito, e disciplina i contenuti del medesimo. Tale piano rappresenta lo strumento programmatorio cardine dell'Autorità d'ambito, risultato di un'attività di ricognizione delle infrastrutture esistenti, della stesura di un programma degli interventi infrastrutturali necessari e di un piano finanziario connesso ad un modello gestionale ed organizzativo.

Per quanto riguarda le modalità di affidamento del servizio si rinvia agli articoli 150 ss.

 

L’organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti in base al codice ambientale

L’art. 200 del D.Lgs. n. 152/2006 dispone, al comma 1, che “la gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all'articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

a)       superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;

b)       conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;

c)       adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all'interno dell'ATO;

d)       valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

e)       ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

f)         considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità”.

Il comma 2 del medesimo articolo prevede che “le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 195, comma 1, lettera m)” ma anche che “le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell'articolo 195”.

Il nuovo principio dell’unicità del governo dell’ambito viene quindi realizzato attraverso l’istituzione obbligatoria delle Autorità d’ambito (art. 201), alle quali è demandata l’organizzazione, l’affidamento ed il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti. volgere nell’ambito. Si tratta dei cd. STUA (soggetti titolari unici dell’autorità d’ambito), soggetti dotati di personalità giuridica di diritto pubblico, di autonomia statutaria, regolamentare, finanziaria e organizzativa, che dovranno essere costituiti dalle regioni entro sei mesi dall’entrata in vigore della parte quarta del codice e ai quali gli enti locali del medesimo ambito partecipano obbligatoriamente.

L’Autorità d’ambito, quindi, viene configurata come soggetto dotato di personalità giuridica, espressione delle autonomie locali con compiti di indirizzo politico-amministrativo, di amministrazione attiva (essenzialmente la gestione delle gare) e di controllo. È il soggetto cui compete la “gestione” dei rifiuti urbani ed assimilati, che indice le gare ad evidenza pubblica, al quale è demandata “l’organizzazione, l’affidamento e il controllo del servizio di gestione integrata dei rifiuti” (comma 1). L’Autorità d’ambito organizza il servizio e determina gli obiettivi da perseguire per garantirne la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, adottando, a tal fine, un apposito piano d’ambito, in conformità a quanto previsto dall’art. 203, comma 3 (comma 3). È l’Autorità d’ambito che aggiudica il servizio (art. 202, comma 1) ed il contratto di servizio intercorre tra Autorità d’ambito e i soggetti affidatari del servizio (art. 203, comma 1). Spetta, inoltre, alle Autorità d’ambito definire le procedure e le modalità per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla parte quarta del decreto ed elaborare un piano d’ambito comprensivo di un programma degli interventi necessari, accompagnato da un piano finanziario e dal connesso modello gestionale ed organizzativo (art. 203, comma 3).

Circa le modalità di affidamento della gara da parte degli STUA e il rapporto tra i medesimi e i soggetti affidatari si rinvia agli articolo 202 e ss. del codice.

 

Per quanto riguarda i criteri cui devono attenersi le regioni nella rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei servizi, la disposizione fa riferimento in termini generali ai principi dell’efficienza e della riduzione della spesa e, nello specifico, ai seguenti criteri, definiti quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:

a)      oltre al richiamo ai criteri e i princìpi di cui ai già citati articoli 147 e 200 del codice ambientale, si prevede la valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali. Tale previsione è finalizzata all’attribuzione:

-        delle funzioni in materia di rifiuti alle province;

-        delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi.

La medesima disposizione prevede in alternativa l’attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e ss. del TUEL di cui al D.Lgs. n. 267/2000 (consorzi, unioni di comuni, ecc.), composte da sindaci o loro delegati che vi partecipano senza percepire alcun compenso;

Si segnala che l’emendamento del relatore che ha introdotto la disposizione recava anche l’espressa previsione, nel caso di mancata rideterminazione entro il termine indicato degli ambiti territoriali ottimali, dello scioglimento degli organi delle Autorità d’ambito e del trasferimento delle relative competenze alle province sino al completamento del processo previsto dal comma 2-bis (ora comma 3).

Tale previsione è stata soppressa a seguito dell’approvazione di un subemendamento che nel medesimo comma 2-bis, ha inoltre espressamente disposto la garanzia degli affidamenti e delle convenzioni in essere.

b)     si prevede inoltre la destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma, come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze:

-        al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali;

-        al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali[174].


 

Articolo 27, comma 3-bis
(Proroga della disciplina transitoria per le discariche dei rifiuti)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

Art. 27.

(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni).

 

3-bis. Il termine di cui all'articolo 1, comma 184, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è prorogato al 31 dicembre 2008.

 

 

Il comma 3-bis dell’articolo 27, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, proroga al 31 dicembre 2008 la disciplina transitoria per le discariche dei rifiuti, da ultimo differita al 31 dicembre 2007 dall’art. 1, comma 184, lett. c) della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

La proroga al 31 dicembre 2008 riguarda, nello specifico, la disciplina transitoria per le discariche dei rifiuti recata dall’art. 17, commi 1, 2 e 6, del decreto legislativo n. 36 del 2003, ovvero:

il termine entro il quale le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 36/2003, possono continuare a ricevere i rifiuti per cui sono state autorizzate (art. 17, comma 1);

il termine entro il quale è consentito lo smaltimento nelle nuove discariche, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla deliberazione 27 luglio 1984[175] (art. 17, comma 2);

il termine finale di validità, ai fini di cui all'art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2003, dei valori limite e delle condizioni di ammissibilità previsti dalla sopracitata deliberazione 27 luglio 1984 (art. 17, comma 6, lett. a).

Tale proroga non si applica, invece, alle discariche di II categoria, tipo A, ex «2A», e alle discariche per rifiuti inerti, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto, per le quali il termine di conferimento ha coinciso, invece, con la data di entrata in vigore della legge n. 248 del 2005, di conversione del decreto-legge n. 203 del 2005 (3 dicembre 2005).

Si ricorda che il citato D.Lgs. n. 36/2003 ha provveduto a dettare disposizioni attuative della direttiva 31/1999/CE per quel che riguarda i tipi di discarica e i rifiuti da ammettere in discarica. Ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 36, le discariche sono classificate sulla base della tipologia dei rifiuti conferiti, in: discarica per rifiuti inerti; discarica per rifiuti non pericolosi e discarica per rifiuti pericolosi. Tale distinzione, che riproduce la classificazione comunitaria, ha voluto semplificare, razionalizzare ed uniformare i sistemi di classificazione delle discariche introdotti con la deliberazione 27 luglio 1984 citata. La disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 36 si è sovrapposta, pertanto, a quella precedentemente in vigore, comportando la necessità di prevedere una disciplina di carattere transitorio riguardante le discariche già operanti in base alla normativa vigente (art. 17). I criteri per l’ammissione in discarica dei rifiuti sono invece definiti dal D.M. 3 agosto 2005.


 

Articolo 27-bis
(Modifiche alla disciplina dei conti intrattenuti dal Tesoro per la gestione delle disponibilità liquide)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 27-bis.

(Modifiche alla disciplina dei conti in­trattenuti dal Tesoro per la gestione delle disponibilità liquide).

 

1. All'articolo 5 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regola­mentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Re­pubblica 30 dicembre 2003, n. 398, sono apportate le seguenti modifica­zioni:

 

    a) al comma 5, dopo il primo pe­riodo sono inseriti i seguenti: «Tale re­munerazione non si applica alle somme in eccedenza rispetto al saldo previsto nell'ambito degli scambi di informazioni sui flussi di cassa tra il Ministero e la Banca d'Italia. Ai fini della stabilizza­zione del saldo rispetto alle previsioni, con successivo decreto del Ministro, sulla base di criteri di trasparenza, effi­cienza e competitività, sono stabilite le modalità di movimentazione della liqui­dità e di selezione delle controparti»;

 

    b) al comma 6, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Sul predetto conto, nonché sul conto di tesoreria denominato: "Dipartimento del Tesoro-Operazioni sui mercati finanziari", non sono ammessi sequestri, pignoramenti, opposizioni o altre misure cautelari»;

 

    c) dopo il comma 6 è inserito il se­guente:

 

«6-bis. Ai conti e depositi intestati al Ministero presso il sistema bancario e utilizzati per la gestione della liquidità si applicano le disposizioni del comma 6 (L)»;

 

    d) i commi 7 e 9 sono abrogati.

 

 

 

L’articolo, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, modifica, al comma 1, lett. a), l’articolo 5, comma 5, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico (T.U.D.P) [176].

Tale disposizione disciplina la remunerazione delle somme giacenti sul conto corrente presso la Banca d’Italia, denominato “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria”, prevedendo che sul predetto conto la Banca d'Italia, all'inizio di ogni semestre, corrisponda un interesse uguale ad un tasso pari a quello medio dei buoni ordinari del tesoro emessi nel semestre precedente.

In virtù della modifica apportata dall’articolo, si prevede che la remunerazione di cui sopra non si applichi alle somme in eccedenza rispetto al saldo previsto nell’ambito degli scambi di informazione sui flussi di cassa tra Ministero dell’economia e finanze e Banca d’Italia.

Inoltre, ai fini della stabilizzazione del saldo rispetto alle previsione, si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la definizione, sulla base di criteri di trasparenza, efficienza e competitività, delle modalità di movimentazione della liquidità e di selezione delle controparti.

Si ricorda che la Banca d'Italia svolge la funzione di tesoreria per conto dello Stato. La funzione si esplica nell'esecuzione di tutte le disposizioni di pagamento emesse dalle amministrazioni dello Stato a valere sugli stanziamenti di bilancio e sulle contabilità fuori bilancio e nella riscossione di tutte le somme dovute a qualsiasi titolo allo Stato, sia direttamente sia indirettamente.

La Banca d’Italia detiene il “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria”, disciplinato dal sopra commentato articolo 5 del T.U.D.P, sul quale sono regolate le operazioni svolte per conto dello Stato. Più precisamente, l’articolo 5, comma 5 del T.U.D.P prevede che sul predetto conto vengano giornalmente registrate le operazioni di introito e di pagamento connesse con il servizio di tesoreria e utilizzate per assicurare il regolare svolgimento del servizio medesimo.

In linea con la normativa comunitaria, che vieta alle banche centrali degli Stati membri di concedere qualsiasi forma di finanziamento al Tesoro, il conto disponibilità non può presentare saldi a debito. Ciò è disposto dallo stesso articolo 5, comma 8 [177] del T.U.D.P. Il medesimo articolo, al comma 1 prevede che la Banca d’Italia non possa concedere anticipazioni di alcun tipo al Ministero.

La modifica della disciplina in tema di remunerazione delle somme giacenti sul predetto Conto disponibilità sembrerebbe pertanto finalizzata a scoraggiare il mantenimento da parte del Tesoro presso la Banca d’Italia delle disponibilità di tesoreria eccedenti, collocandole conseguentemente sul sistema bancario.

 

La lettera b) del medesimo comma 1 modifica, inoltre, il comma 6 dell’articolo 5 del citato Testo Unico, estendendo il divieto di pignoramento, sequestro, opposizioni o altre misure cautelari previsto per il predetto Conto disponibilità anche al Conto di tesoreria denominato “Dipartimento del tesoro - Operazioni sui mercati finanziari[178].

 

La successiva lettera c) aggiunge il comma 6-bis, prevedendo che ai conti e ai depositi intestati al Ministero dell’economia e finanze presso il sistema bancario ed utilizzati per la gestione della liquidità si applichino le medesime disposizioni in materia di inapplicabilità di misure cautelari di cui al suddetto comma 6.

 

La lettera d), infine, abroga i commi 7 e 9 dello stesso articolo 5 del T.U.D.P, relativi alla disciplina del saldo minimo del Conto disponibilità del Tesoro, nonché la previsione in base alla quale le somme giacenti nel conto disponibilità non possono essere, tra l’altro, essere utilizzate in modo duraturo per la copertura del fabbisogno del tesoro.

Si ricorda, in particolare, che il comma 7 dell’articolo 5, del D.P.R. n. 398/2003 prevede l’obbligo per il Ministero del tesoro di ricostituire il saldo di 15.493.706.973 euro del predetto conto laddove - dalla situazione di fine mese della Banca d'Italia – lo stesso saldo dovesse risultare inferiore alla suddetta cifra. Le somme giacenti nel Conto disponibilità non possono essere utilizzate in modo duraturo per la copertura del fabbisogno del Tesoro. Il comma 7 prevede inoltre l’obbligo in capo al Ministro dell’economia e finanze di inviare al Parlamento una relazione sulle cause dell'insufficienza del saldo e sugli eventuali provvedimenti correttivi, ove questo a fine mese risulti inferiore del cinquanta per cento dell'importo di cui sopra, ovvero allorquando lo stesso saldo risulti, per tre mesi consecutivi, inferiore all'importo di cui sopra.

Il comma 9 dello stesso articolo 5 prevede che qualora il fabbisogno del settore statale risulti, in due esercizi consecutivi, inferiore di oltre il 30 per cento di quello del 1992, il Ministro, con proprio decreto, può procedere a modificare l'importo di 15.493.706.973 euro [179]. Tale importo, con decreto ministeriale del 19 settembre 2005[180], è stato fissato in euro 10.000.000.000.


 

Articolo 28, comma 1
(Fondo nazionale per la montagna)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

1. Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2008 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

1. Identico.

 

 

Il comma 1 stanzia a favore del Fondo nazionale per la montagna 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

L’art. 1, comma 1278 della finanziaria per il 2007 aveva recato una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per il solo esercizio 2007. Nel contempo, nei documenti di bilancio, il Fondo era stato trasferito dalla tabella del dicastero dell’economia e finanze allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, Tab. 3, nella quale era stato istituito il nuovo centro di responsabilità “Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione”.

Con l’esercizio 2008 tuttavia, in conseguenza dell’approvazione del D.L. n. 181/2006[181], il Fondo confluisce tra le spese riferibili alla Presidenza del Consiglio e pertanto è nuovamente iscritto nella tabella dell’economia dove costituisce quota parte del cap. 2115 (UPB21.3.3) intitolato Fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio, rientrando conseguentemente nella Missione 1[182] “Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei Ministri”[183]

La tabella che segue riassume gli stanziamenti per la montagna disposti dal 2005 in poi, inclusa l’autorizzazione di spesa recata dalla norma in commento.

L. 97/1994: Nuove disposizioni per le zone montane:
stanziamenti (migliaia di euro)

(U.P.B.)

2005

2006

2007

2008

2009

2010

L. n. 311/2004 Finanziaria per il 2005

(Economia - UPB 1.2.3.6 - cap. 7003, all’interno del Fondo unico investimenti - Difesa del suolo e tutela ambientale)

 

31.000

-

-

-

 

 

L. n. 266/2005 Finanziaria per il 2006

(Economia - UPB 5.2.3.13 – cap. 7698)

 

20.000

 

 

 

 

L. n. 296/2006 Finanziaria per il 2007

(Sviluppo economico - UPB 6.2.3.5 - cap. 8370)

 

 

25.000

-

 

 

D.D.L. Finanziaria per il 2008

(Economia 1.3 – UPB 21.3.3 – cap. 2115)

 

 

 

50.000

50.000

50.000

Il Fondo per la montagna è stato istituito dalla legge n. 97/1994, che nel suo complesso mira alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane comprese nel territorio nazionale, attraverso interventi che attengano la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, cui devono associarsi azioni di promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Compito del Fondo è disporre il sostegno finanziario di tali interventi; su di esso, ai sensi dell'art. 2, co. 2, devono confluire i trasferimenti comunitari, quelli statali e di enti pubblici.

Relativamente ai criteri di ripartizione del Fondo per la montagna tra le regioni e le province autonome, interviene l’articolo 2, comma 5, della legge n. 97/94 che stabilisce che essi siano definiti con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle politiche agricole e forestali.

Il comma 6 dell’art. 2 richiede che nel definire tali criteri il CIPE tenga conto dei seguenti fattori:

1.  dell’estensione del territorio montano;

2.  della popolazione residente nelle aree montane;

3.  della salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali;

4.  del reddito medio pro-capite;

5.  del livello dei servizi;

6.  dell’entità dei trasferimenti ordinari e speciali,

Con la delibera n. 140 del 2/12/2005 il CIPE ha definito i criteri per il riparto del 2004, e con quella n. 142/2006 i criteri per il riparto 2005.

I criteri relativi all'impiego delle risorse assegnate sono invece definiti dalle singole regioni con proprie leggi.


 

Articolo 28, commi 2-4
(Fondo di sviluppo delle isole minori)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

2. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali, il Fondo di sviluppo delle isole minori, con una dotazione finanziaria pari a 20 milioni di euro a decorrere dal­l'anno 2008. Il Fondo finanzia interventi specifici nei settori dell'energia, dei tra­sporti e della concorrenza, diretti a miglio­rare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone, assegnando priorità ai progetti realizzati nelle aree protette e nella rete «Natura 2000», prevista dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presi­dente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento al­l'utilizzo delle energie rinnovabili, al rispar­mio e all'efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti, alla gestione delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecososte­nibili, al recupero e al riutilizzo del patrimo­nio edilizio esistente, al contingentamento dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici, alla certificazione am­bientale dei servizi, oltre a misure dirette a favorire le imprese insulari in modo che le stesse possano essere ugualmente com­petitive. All'erogazione del Fondo si prov­vede sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall'Associazione na­zionale comuni isole minori (ANCIM), nel quale sono indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni, approvato con de­creto del Presidente del Consiglio dei mini­stri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e del Mini­stro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

2. Identico.

3. Al fine di assicurare il necessario co­ordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi a favore delle isole minori e ferme restando le contribuzioni per i pro­getti già approvati con i decreti del Ministro dell'interno 13 dicembre 2004 e 8 novem­bre 2005, pubblicati rispettivamente nel supplemento ordinario alla Gazzetta Uffi­ciale n. 304 del 29 dicembre 2004 e nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2005, le risorse iscritte sul Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori di cui all'articolo 25, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, dello stato di previsione del Ministero dell'in­terno, sono trasferite al Fondo di cui al comma 2, presso la Presidenza del Consi­glio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali.

3. Identico.

4. Il Ministro dell'economia e delle fi­nanze è autorizzato ad apportare con pro­pri decreti le occorrenti variazioni di bilan­cio.

4. Identico.

 

 

I commi 2-4 dell’articolo 28 istituiscono e disciplinano il Fondo di sviluppo delle isole minori.

 

In particolare, il comma 2 istituisce il suddetto Fondo di sviluppo delle isole minori presso il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione pari a 20 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

Il testo originario del disegno di legge prevedeva in origine uno stanziamento pari a 34 milioni di euro; durante l’esame in sede referente al Senato, detto stanziamento è stato ridotto di 14 milioni.

 

La disposizione stabilisce che il fondo è destinato a finanziare:

 

§      specifici interventi nei settori dell’energia, dei trasporti e della concorrenza, diretti a migliorare le condizioni e la qualità della vita nelle suddette zone.

 A seguito delle modifiche approvate durante l'esame in sede referente al Senato, è stato disposto l’uso prioritario dei fondi peruna serie di finalità; quali i progetti realizzati nelle aree protette e nella rete “Natura 2000[184]”, ovvero improntati alla sostenibilità ambientale, con particolare riferimento all’utilizzo delle energie rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica, alla gestione dei rifiuti e delle acque, alla mobilità e alla nautica da diporto ecosostenibili, al recupero e al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, alla contingentazione dei flussi turistici, alla destagionalizzazione, alla protezione degli habitat prioritari e delle specie protette, alla valorizzazione dei prodotti tipici e alla certificazione ambientale dei servizi.

 

§      misure dirette a favorire la competitività delle imprese insulari.

 

La norma precisa che all’erogazione del fondo si provvede sulla base del Documento triennale unico di programmazione isole minori (DUPIM), elaborato dall’Associazione nazionale isole minori (ANCIM), nel quale devono essere indicati i singoli interventi e le relative quantificazioni.

 

Detto documento è approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri , su proposta del Ministro per gli affari regionali e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata (di cui all’articolo 8, D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281[185]).

 

Il comma 3 stabilisce, al fine di assicurare il necessario coordinamento e la migliore finalizzazione di tutti gli interventi in favore delle isole minori, il trasferimento al Fondo per le isole minori delle risorse iscritte sul “Fondo per la tutela e sviluppo delle isole minori” dello stato di previsione del Ministero dell’interno (di cui all’articolo 25, comma 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 488, legge finanziaria per il 2002).

 

Si ricorda che i commi 7 e 8 dell’articolo 25 avevano istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo denominato “Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori”, dotato di 51,65 milioni di euro per l’anno 2002, per l’adozione urgente di misure di salvaguardia ambientale e di sviluppo socio-economico delle isole minori, individuate tra gli ambiti territoriali indicati nell’allegato “A” annesso alla legge finanziaria. L’allegato “A” elencava singolarmente le isole e per ciascuna di esse determinava la porzione di acque territoriali entro le quali potevano attuarsi gli interventi finanziati dal fondo:

Le modalità procedurali di attivazione del Fondo erano stabilite dal comma 9 del medesimo articolo 25. In particolare, si stabiliva che la tipologia e i settori di intervento ammessi ad accedere al Fondo fossero determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2002, su proposta del Ministro dell’interno.

Le modalità di accesso al Fondo e i criteri per la ripartizione delle risorse dovevano, invece, essere definiti con decreto del Ministro dell’interno, da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria, sentita la Conferenza Stato–Città ed Autonomie locali. Il comma 9, infine, richiamava genericamente le disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 281 del 1997, che disciplina i poteri e i compiti della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza unificata.

 

Si ricorda che nel disegno di legge di bilancio 2008, al capitolo 7248 (Missione 2 - relazioni finanziarie con le autonomie territoriali; Programma 2.3 - trasferimenti a carattere generale ad enti locali, U.P.B. 2.3.6.- investimenti) corrispondente al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori, le risorse presenti, iscritte in conto residui, sono pari a 12.959.587 milioni di euro.

 

La disposizione di cui al comma 2 fa tuttavia salve le contribuzioni per i progetti già approvati con i D.M. Interno 13 dicembre 2004 e 8 novembre 2005.

 

Il D.P.C.M. 7 marzo 2003, emanato ai sensi del citato articolo 25, comma 9, l. n. 448/2001, ha individuato la tipologia ed i settori degli interventi ammessi ad accedere al Fondo per la tutela e lo sviluppo economico-sociale delle isole minori. I criteri e le modalità di accesso al Fondo sono stati stabiliti con D.M. Interno 15 marzo 2004, n. 163.

Il D.M. Interno 13 dicembre 2004 ha successivamente individuato i progetti ammessi al riparto delle risorse (detto decreto è stato parzialmente annullato dal D.M. 8 novembre 2005, che ha escluso le isole ponziane e la provincia di Latina dal riparto delle risorse).

 

Il comma 4 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 28, comma 4-bis
(Integrazione del Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le Regioni a statuto speciale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

 

4-bis. Al fine di sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comu­nicazione interregionali il Fondo per le aree svantaggiate confinanti con le re­gioni a statuto speciale di cui al comma 7 dell'articolo 6 del decreto-legge 2 lu­glio 2007, n. 81, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, e successive modificazioni, è inte­grato di 10 milioni di euro per l'anno 2008 e di 5 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010.

 

 

Il comma 4-bis, inserito nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio della Camera dei deputati, integra il Fondo per le zone confinanti con le regioni a statuto speciale per il triennio 2008 - 2010.

 

Il Fondo è stato istituito dal comma 7 dell’articolo 6 del Decreto legge 2 luglio 2007 n. 81 e modificato da ultimo dall’articolo 35 del Decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159 (come modificato dalla legge di conversione 29 novembre 2007, n. 222).

Il Fondo è attualmente dotato di 25 milioni di euro per il 2007 e interamente finalizzato alla valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale.

Le modalità di erogazione sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Sulla base delle indicazioni del DPCM e sentite le regioni interessate il Fondo - gestito dal Dipartimento per gli affari regionali - dovrà essere utilizzato per finanziare specifici progetti finalizzati allo sviluppo economico e sociale dei territori dei comuni confinanti con le regioni a statuto speciale. Ai fini della valutazione dei progetti, inoltre è particolarmente importante la caratteristica sovracomunale degli stessi.

 

La norma in esame finanzia il fondo per 10 milioni di euro per l’anno 2008 e 5 milioni per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

Viene inoltre introdotta una ulteriore motivazione e finalità del Fondo stesso. Esso dovrebbe sostenere progetti di sviluppo economico e di integrazione delle aree montane negli assi di comunicazione tra le regioni.

 

Fondo per le zone confinanti con le regioni a statuto speciale

Il “Fondo per le zone di confine è riconducibile alle tipologie previste dall’articolo 119, quinto comma della Costituzione. Come più volte ribadito dalla Corte costituzionale lo Stato può erogare risorse in ambiti che non siano strettamente di propria competenza osservando determinati limiti: devono essere aggiuntive rispetto alla ordinaria autonomia finanziaria; rispondere alle finalità di perequazione e garanzia sociale enunciate nella norma costituzionale; devono finanziare interventi “speciali” in favore di determinati comuni (o province, o regioni o ad una specifica categoria di enti).

Il Fondo ‘riprende’ il finanziamento di 10 milioni di euro che l’articolo 1, comma 494 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) – poi integrato dal comma 709 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 - ha istituito per integrare i trasferimenti erariali ‘in favore dei comuni delle province confinanti con quelle di Trento e di Bolzano’. Le risorse, ripartite per il 90% in base della popolazione e per il 10% in base al territorio dei comuni, sono destinate per non meno del 40% ai comuni il cui territorio confina con le province di Trento o di Bolzano.

Il finanziamento integrativo avrebbe sostenuto le maggiori spese che quei comuni avrebbero dovuto affrontare per adeguare i propri servizi alle condizioni più favorevoli in cui quei servizi sono goduti dai cittadini dei comuni confinanti nelle province autonome di Trento e Bolzano. Condizione che era divenuta la causa immediata delle richieste che molti dei comuni confinanti delle province del Veneto e della Lombardia (a partire dal comune di Lamon) andavano perfezionando per abbandonare le regioni di origine e transitare nelle speciali Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.

Successivamente, altri comuni hanno completato l’iter del procedimento che dovrebbe consentire loro di passare da una regione a statuto ordinario ad una confinante a statuto speciale. Così i comuni Carema (A.C. 2727) e Noasca (A.C. 2525) per il passaggio dal Piemonte alla Valle d’Aosta; Sovramonte (A.C. 2524) e Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana e Rotzo (A.C. 2951) per il passaggio dal Veneto al Trentino-Alto Adige; Cinto Caomaggiore (A.C. 2526) dal Veneto al Friuli-Venezia per ricordare qui, dopo Lamon, soltanto quelli per i quali si è già svolto il referendum con esito positivo ed è stato presentato al Parlamento il relativo disegno di legge costituzionale.

Da ultimo (28 ottobre 2007) si è svolto il referendum – con esito favorevole - per il distacco dal Veneto e l’aggregazione al Trentino-Alto Adige dei comuni di Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia.

 

 

Iniziative regionali

Anche le regioni hanno intrapreso iniziative per sostenere le zone di confine. A tale proposito si segnalano le iniziative della regione Veneto a sostegno dei comuni montani e dei comuni del settore orientale. Nel luglio 2007 è stato siglato un Protocollo d’Intesa tra la regione Veneto e la Provincia autonoma di Trento con lo scopo di favorire la cooperazione tra i territori di confine, per il “migliore esercizio delle funzioni amministrative inerenti i settori dello sviluppo locale, della sanità, della cultura, dell’alta formazione, dell’istruzione, della formazione, delle infrastrutture e reti di trasporto”.

L’intesa è stata siglata ai sensi dell’art. 117, ottavo comma della Costituzione, che prevede espressamente l’utilizzo da parte delle regioni di questo strumento “per il migliore esercizio delle proprie funzioni”. L’intesa interessa 32 comuni veneti (8 in provincia di Verona, 12 in provincia di Vicenza e 12 in provincia di Belluno) e 29 comuni della provincia di Trento (confinanti con le province venete). Prevede la costituzione di una Commissione di gestione, quale organismo comune di coordinamento politico-amministrativo, con il compito di programmare gli interventi da realizzare (attuati poi mediante specifici accordi operativi). I finanziamenti sono messi a disposizione dalle due parti.

A seguito dell’Intesa la regione Veneto ha approvato legge regionale 26 ottobre 2007, n. 30 recante “Interventi regionali a favore dei comuni ricadenti nelle aree svantaggiate di montagna e nell’area del Veneto orientale”. La legge ha l’obiettivo di favorire ed armonizzare la crescita competitiva delle popolazioni venete di confine. I destinatari degli interventi sono i piccoli comuni montani, i comuni ubicati nell’area del Veneto orientale con priorità per i piccoli comuni “che sono gravati da situazioni di disparità socio-economica dovute alla sfavorevole contiguità territoriale con Regioni a Statuto speciale”. Gli interventi riguardano principalmente i servizi ai cittadini, in particolare i servizi socio-sanitari.


 

Articolo 28, comma 4-ter
(Ente italiano montagna)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

Art. 28.

(Sviluppo della montagna e
delle isole minori).

 

4-ter. La disposizione di cui all'arti­colo 1, comma 1282, della legge 27 di­cembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che le risorse da trasferire al­l'Ente italiano montagna (EIM) sono tutte quelle complessivamente già at­tribuite all'Istituto nazionale della mon­tagna (IMONT) al 1o gennaio 2007. Tali risorse sono rese immediatamente di­sponibili per effetto dell'esclusione di­sposta dal primo periodo del comma 507 dell'articolo 1, della citata legge n. 296 del 2006.

 

 

Il comma 4-ter, introdotto con un emendamento approvato dalla Commissione bilancio della Camera, contiene una norma interpretativa dell’art. 1, comma 1282, della legge n. 296/2007 (finanziaria 2007), per quanto riguarda la determinazione delle risorse da trasferire all’Ente Italiano Montagna (EIM), istituito dalla medesima legge finanziaria 2007 in sostituzione dell’istituto nazionale per la montagna (IMONT).

 

La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), all’art. 1, commi 1279-1283, ha istituito l’Ente italiano montagna (EIM), in sostituzione dell’Istituto nazionale della montagna (IMONT)[186], del quale il nuovo ente eredita il patrimonio, i beni mobili e le attrezzature, nonché il personale. Il nuovo soggetto subentra all’IMONT anche per quanto attiene ad impegni e funzioni. L’EIM si qualifica come organismo di supporto dellepolitiche di sviluppo, sia socio-economico che culturali, dei terreni montani. L’organo vigilante è individuato nella Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per quanto riguarda il funzionamento del nuovo ente, un DPCM dovrà determinare:

-        gli organi di amministrazione e controllo;

-        la sede;

-        le modalità di costituzione e funzionamento;

-        le procedure di assunzione e utilizzo del personale;

-       le procedure per l’erogazione delle risorse.

Il comma 1282 individua le risorse delle quali l’ente potrà avvalersi, che sono costituite da quelle di cui attualmente dispone l’IMONT - che saranno iscritte in apposito capitolo della Presidenza del Consiglio, e da quelle di provenienza dei soggetti che “aderiranno alle attività” dell’ente.

Il DPCM di organizzazione dell’EIM non è stato ancora emanato: con DPCM in data 7 marzo 2007 l’On. Luigi Olivieri è stato nominato Commissario dell’IMONT, con il compito di garantire l’ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Ente fino all’avvio dell’Ente Italiano montagna, e comunque non oltre il 31 dicembre 2007. Il Commissario è altresì incaricato di trasmettere entro il 31 dicembre 2007 al Presidente del Consiglio dei Ministri una relazione sull’attività svolta, nella quale “formula proposte sull’avvio dell’EIM, anche con riguardo alle esigenze di risorse umane, strumentali e finanziarie del nuovo Ente, nonché indicazioni circa la sua configurazione statutaria, regolamentare ed organizzativa”.

 

L’articolo in commento, con norma di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 1282, della legge n. 296/2006, precisa che le risorse da trasferire all’EIM sono “tutte quelle complessivamente già attribuite all’Imont al 1° gennaio 2007”, e che tali risorse devono considerarsi immediatamente disponibili, in quanto i relativi trasferimenti rientrano tra le voci di spesa alle quali non si applica il taglio lineare degli stanziamenti di bilancio disposto per gli esercizi dal 2007 al 2009 dall’art. 1, comma 507, della medesima legge n. 296/2006.

 

Si segnala che l’articolo in commento deve essere letto in connessione con le disposizioni del d.d.l. finanziaria in esame che prevedono la soppressione e razionalizzazione di Enti pubblici statali (articolo 134). L’EIM, nel testo originario del d.d.l., figurava infatti tra gli enti da sopprimere, indicati nell’allegato A cui fa riferimento il predetto articolo, ed è stato depennato dall’allegato stesso con un emendamento approvato dalla Commissione bilancio della Camera.


 

Articolo 29, commi 1-4
(Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 29.

(Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria).

Art. 29.

(Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria).

1. In attuazione degli accordi sottoscritti tra lo Stato e le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con i quali le regioni interessate si obbligano al risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche at­traverso la ristrutturazione dei debiti con­tratti, lo Stato è autorizzato ad anticipare alle predette regioni, nei limiti di un am­montare complessivamente non superiore a 9.100 milioni di euro, la liquidità necessa­ria per l'estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005, deter­minata in base ai procedimenti indicati nei singoli piani e comunque al netto delle somme già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi.

1. Identico.

2. Le regioni interessate, in funzione delle risorse trasferite dallo Stato di cui al comma 1, sono tenute a restituire, in un periodo non superiore a trenta anni, le ri­sorse ricevute. Gli importi così determinati sono acquisiti in appositi capitoli del bilan­cio dello Stato.

2. Identico.

3. All'erogazione delle somme di cui ai commi 1 e 2, da accreditare su appositi conti correnti intestati alle regioni interes­sate, lo Stato procede, anche in tranche successive, a seguito del riaccertamento definitivo e completo del debito da parte delle regioni interessate, con il supporto dell'advisor contabile, come previsto nei singoli piani di rientro, e della sottoscri­zione di appositi contratti, che individuano le condizioni per la restituzione, da stipu­lare fra il Ministero dell'economia e delle fi­nanze e ciascuna regione. All'atto dell'ero­gazione le regioni interessate provvedono all'immediata estinzione dei debiti pregressi per l'importo corrispondente e trasmettono tempestivamente la relativa documenta­zione ai Ministeri dell'economia e delle fi­nanze e della salute.

3. Identico.

4. In presenza della sottoscrizione del­l'accordo con lo Stato per il rientro dai defi­cit sanitari, ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, alle regioni interessate che non hanno ri­spettato il patto di stabilità interno in uno degli anni precedenti il 2007 spetta l'ac­cesso al finanziamento integrativo del Ser­vizio sanitario nazionale a carico dello Stato previsto per l'anno di riferimento dalla legislazione vigente, nei termini stabiliti dal relativo piano.

4. Identico.

 

 

L’articolo in esame è volto a dare attuazione agli accordi stipulati[187], ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311[188], tra i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, accordi che impegnano le regioni interessate al risanamento strutturale dei relativi servizi sanitari regionali, anche attraverso la ristrutturazione dei debiti contratti.

Il comma 1 stabilisce, infatti, un'anticipazione finanziaria, nei limiti di un ammontare non superiore a 9.100 milioni di euro, da parte dello Stato, in favore delle menzionate regioni, ai fini dell'estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005.

L’ammontare della citata anticipazione finanziaria è determinato in base ai procedimenti indicati nei singoli piani di rientro e, comunque, al netto delle somme già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi.

 

L’articolo 1, comma 180, della citata legge n. 311 del 2004 disciplina le ipotesi di inadempimento - da parte delle regioni - degli obblighi di contenimento della spesa sanitaria (definiti, nel dettaglio, dalla successiva Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005), ovvero i casi di disavanzo di gestione (di cui all’articolo 1, comma 174, della medesima legge n. 311 del 2004).

In tali ipotesi, la regione interessata, anche avvalendosi del supporto tecnico dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. Inoltre, essa stipula con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze un accordo che definisca gli interventi necessari per il conseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti summenzionati.

La sottoscrizione dell'accordo e la verifica (in senso positivo) dell'attuazione del programma sono condizioni necessarie ai fini della riattribuzione (anche in maniera parziale e graduale) alla regione del maggior finanziamento previsto dall’articolo 1, comma 164, della medesima legge n. 311 del 2004, ossia delle risorse aggiuntive (rispetto al finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato ) destinate al ripiano dei disavanzi nel settore sanitario[189].

Sul tema dei disavanzi, va ricordato, altresì, che l’articolo 1, comma 278, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) stabilisce un incrementato di 1.000 milioni di euro limitatamente all'anno 2006 del finanziamento del SSN. L'incremento in questione è da ripartire tra le regioni, secondo criteri e modalità definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con la Conferenza Stato-regioni, che prevedano, per le regioni interessate, la stipula di specifici accordi diretti all'individuazione di obiettivi di contenimento della dinamica della spesa al fine della riduzione strutturale del disavanzo[190].

Con il decreto ministeriale 3 aprile 2007 i suddetti 1.000 milioni di euro sono stati assegnati alle seguenti regioni: Lazio (400.555.418 di euro); Abruzzo (31.319.830 di euro); Molise (22.343.600 di euro); Campania (383.764.213 di euro); Sicilia (153.223.604 di euro); Sardegna (8.793.335 di euro).

L’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha previsto, poi, l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009)[191] destinato alle Regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo sanitario, le cui risorse sono assegnate subordinatamente:

-        alla sottoscrizione di un apposito accordo, ai sensi del citato articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, comprensivo di un programma di rientro dal disavanzo entro il 2010;

-        all’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento – per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Il decreto ministeriale 23 aprile 2007 ha assegnato alle regioni, Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Sicilia le risorse per il triennio 2007-2009 stabilite nel citato Fondo transitorio.

Successivamente, l’articolo 1 del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23[192] ha previsto, nel quadro delle misure definite dalla legge finanziaria per il 2007, il concorso straordinario dello Stato, per il periodo 2001-2005, nel ripiano dei disavanzi strutturali dei servizi sanitari regionali, esplicitamente in deroga alla disciplina generale (secondo cui gli oneri di ripiano dei disavanzi in oggetto sono a carico delle regioni[193]) a condizione che le regioni interessate assolvano ad alcuni adempimenti, tra i quali la sottoscrizione degli accordi con lo Stato, comprensivi dei piani di rientro, che consentono l’accesso al citato Fondo transitorio.

Al fine di ripianare i disavanzi pregressi (periodo 2001-2005), è stata quindi autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 3.000 milioni di euro[194] per l’anno 2007 a beneficio delle regioni che, oltre a sottoscrivere il suddetto accordo con lo Stato, a decorrere dal 2007, attivano specifiche misure fiscali ovvero destinano quote di manovre fiscali già adottate o quote di tributi erariali attribuiti alle regioni, in via ulteriore rispetto all’incremento nella misura massima dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Da ultimo, l’articolo 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159[195], convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, ha introdotto ulteriori disposizioni per le regioni che non rispettano gli adempimenti previsti dai piani di rientro dai deficit sanitari.

Il citato articolo 4 prevede, infatti, la nomina di commissari ad acta per le regioni che non rispettano gli adempimenti individuati dai piani di rientro dai deficit sanitari. In particolare, si attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di diffidare la regione ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi previsti nel piano di rientro dai deficit sanitari.

La diffida è adottata nel caso di mancato rispetto da parte della regione degli adempimenti previsti dai medesimi piani - in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati - tale da mettere in pericolo la tutela dell’unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni, lasciando ferme le disposizioni di cui al citato articolo 1, comma 796, lettera b) della legge n. 296 del 2006.

Nell’ipotesi che la regione non adempia alla diffida ovvero nel caso in cui gli atti e le azioni posti in essere risultino inidonei o insufficienti al raggiungimento degli obiettivi programmati, il decreto-legge n. 159 del 2007 prevede la nomina di un commissario ad acta, per l’intero periodo di vigenza del singolo piano di rientro, da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. Gli oneri derivanti dalla nomina del commissario ad acta sono a carico della regione interessata.

Il decreto-legge prevede, altresì, la facoltà del commissario ad acta di proporre la sostituzione dei direttori generali delle aziende sanitarie locali o delle aziende ospedaliere.

È stata sancita, altresì, l’incompatibilità della nomina del commissario ad acta con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione commissariata.

Infine, è stato disposto che i crediti interessati dalle procedure di accertamento e riconciliazione del debito pregresso al 31 dicembre 2005, attivate dalle regioni nell'ambito dei piani di rientro dai deficit sanitari, per i quali sia stata inoltrata ai creditori richiesta di informazioni da rendere entro un termine definito, si prescrivono in cinque anni dalla data in cui sono maturati e comunque non prima di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, qualora, alla scadenza del termine fissato, non sia pervenuta la comunicazione richiesta.

A decorrere dalla scadenza del suddetto termine, i crediti in questione non producono interessi.

 

Il comma 2 stabilisce l’obbligo da parte delle regioni interessate di restituire, entro un periodo non superiore a trenta anni, le anticipazioni finanziarie erogate dallo Stato, i cui importi affluiscono su appositi capitoli del bilancio dello Stato.

Nella relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2008 (A.S. 1817), si sottolinea che “i predetti piani affrontano, oltre al riequilibrio della gestione economica, anche il riequilibrio di quella finanziaria, ed è in tale ambito che sono emersi livelli di debito esternamente significativi, riferiti ad operazioni finanziarie contratte a condizioni particolarmente onerose, al di fuori delle ordinarie condizioni di mercato”. La stessa relazione evidenzia che, in fase di sottoscrizione dei piani di rientro e della loro gestione, si è rilevato che i predetti livelli di debito sono tali da ostacolare il risanamento strutturale. Pertanto, alle regioni interessate è stato imposto il supporto di un advisor contabile (per il potenziamento dei procedimenti amministrativi e contabili e la certificazione dei debiti pregressi), la ristrutturazione dei debiti e il supporto di un advisor finanziario.

La relazione specifica, infine, che le somme anticipate sono integralmente restituite dalle regioni allo Stato, con risorse regionali certe e vincolate, in un periodo massimo di trent’anni, incrementate dell’onere degli interessi sopportati dallo Stato con riferimento all’emissione di titoli di durata trentennale.

 

Con riferimento al comma in esame, si osserva che, benché la relazione tecnica al disegno di legge precisi che le somme anticipate dallo Stato sono restituite con le maggiorazioni dovute al corso degli interessi, tale previsione non sembra essere riportata nel testo dell’articolo in commento. Potrebbe pertanto risultare opportuno un chiarimento su tale aspetto.

 

Il comma 3 prevede che lo Stato procede all'erogazione, anche graduale, delle anticipazioni, da accreditarsi su appositi conti correnti intestati alle regioni interessate, a seguito del riaccertamento definitivo e completo del debito regionale, con il supporto dell'advisor contabile, secondo le previsioni del piano di rientro e le indicazioni contenute in appositi contratti, sottoscritti tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le singole regioni, che specifichino le condizioni di restituzione.

Le regioni devono provvedere all'immediata estinzione dei debiti in oggetto per l'importo corrispondente alle anticipazioni percepite, trasmettendo tempestivamente la relativa documentazione al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero della salute.

 

Il comma 4 dispone che le regioni che hanno sottoscritto i citati accordi per il rientro dal disavanzo sanitario e non hanno rispettato il patto di stabilità interno, in uno degli anni precedenti il 2007, hanno diritto di accedere al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale, previsto per l’anno di riferimento dalla legislazione vigente, nei termini stabiliti dal relativo piano[196].


 

Articolo 29, comma 4-bis
(Modifiche al decreto-legge sull’emergenza rifiuti in Campania)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 29.

(Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria).

Art. 29.

(Attuazione dei piani di rientro regionali in materia sanitaria).

 

4-bis. L'articolo 7 del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2007, n. 87, è abrogato.

 

 

La disposizione in esame, introdotta nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, prevede l’abrogazione dell’articolo 7 del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61[197] che ha introdotto una disciplina derogatoria per la tariffa rifiuti nella regione Campania.

Tale disposizione in particolare contiene una norma derogatoria dell'art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006 (cd. codice ambientale), al fine di prevedere l’adozione immediata, da parte dei comuni della regione Campania, di iniziative urgenti per assicurare che, a decorrere dal 1° gennaio 2008 e per un periodo di cinque anni, ai fini della determinazione della TARSU e della TIA (tariffa igiene ambientale), siano applicate misure tariffarie per garantire la copertura integrale dei costi del servizio di gestione dei rifiuti.

L’art. 238 del codice ambientale prevede l’istituzione di una nuova tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, quale corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento degli stessi, che sostituirà la tariffa che attualmente può essere adottata in via sperimentale dai Comuni, in luogo della TARSU, ai sensi dell’art. 49 del decreto Ronchi.

Tale sostituzione avverrà non appena saranno emanati tutti i relativi provvedimenti attuativi. Il comma 11 dell’art. 238 dispone, infatti, che sino a quando non sarà emanato il regolamento che individuerà i criteri generali per la determinazione della nuova tariffa, e comunque fino al compimento di tutti gli adempimenti necessari per l’applicazione della stessa, restano ferme le discipline regolamentari attualmente vigenti in materia.

Si segnala che l’art. 8, comma 29, ha sostanzialmente disposto una proroga dell’attuale regime di prelievo della TARSU per tutto il 2008.


 

Articolo 30
(Condizioni di accesso al Fondo transitorio
per i disavanzi regionali
)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 30.

(Condizioni di accesso al Fondo di cui all'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006).

Art. 30.

(Condizioni di accesso al Fondo di cui all'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006).

1. All'articolo 1, comma 796, lettera b), quarto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le se­guenti parole: «, fatte salve le aliquote ri­dotte disposte con leggi regionali a favore degli esercenti un'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque eco­nomica, ovvero una libera arte o profes­sione, che abbiano denunciato richieste estorsive e per i quali ricorrano le condi­zioni di cui all'articolo 4 della legge 23 feb­braio 1999, n. 44».

Identico.

2. Le agevolazioni di cui al comma 1 si applicano nel limite massimo di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le regioni interessate, sono adottate le disposizioni attuative del pre­sente articolo.

 

 

 

L’articolo in esame novella l’articolo 1, comma 796, lettera b), quarto periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007).

 

La lettera b) del citato comma 796 dell’articolo 1 della predetta legge finanziaria per il 2007 dispone l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009) destinato alle Regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo, le cui risorse sono ripartite con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni (primo periodo).

L’accesso a tali risorse è condizionato, tra l’altro:

-        alla sottoscrizione di un apposito accordo, stipulato, ai sensi della disciplina vigente, dai Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione interessata per l’individuazione degli interventi necessari al perseguimento dell'equilibrio economico[198]. Tale accordo deve includere un programma di rientro del disavanzo entro il 2010 (secondo e terzo periodo);

-        all’attivazione dell’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (quarto periodo).

Qualora nel procedimento di verifica annuale del piano si prefiguri il mancato rispetto di parte degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo contenuti nel piano di rientro, la regione interessata può proporre misure equivalenti che devono essere approvate dai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze.

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento - per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Viene inoltre precisato che la maggiorazione dei suddetti tributi ha carattere generalizzato e non è suscettibile di differenziazioni per settori di attività e per categorie di soggetti passivi e che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, svolga un’attività di affiancamento alle regioni che hanno sottoscritto il previsto accordo per l’accesso alle risorse del Fondo transitorio, comprensivo del Piano di rientro dai disavanzi.

Tale affiancamento è finalizzato al monitoraggio del Piano di rientro, all’adozione dei provvedimenti regionali subordinati alla preventiva approvazione dei suddetti Ministeri, all’attività dei Nuclei con funzioni consultive di supporto tecnico da realizzarsi nelle singole Regioni, nell’ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiVeAS).

 

La novella prevede che l’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRE) e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), cui è subordinato l’accesso alle risorse del suddetto Fondo transitorio per il risanamento dei disavanzi sanitari regionali, non si applica agli esercenti una attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che abbiano denunciato richieste estorsive e per i quali ricorrano le condizioni di cui all’articolo 4 della legge 23 febbraio 1999, n. 44.

In tali casi, infatti, si continuano ad applicare le aliquote ridotte disposte dalle leggi regionali (comma 1).

Le agevolazioni in questione sono mantenute nel limite annuo complessivo di 5 milioni di euro a decorrere dal 2008.

Le disposizioni attuative dell’articolo in commento sono dettate con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le regioni interessate (comma 2).

 

Al riguardo, si osserva che la citata legge n. 44 del 1999 reca disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura. In particolare, ai sensi del richiamato articolo 4, l'elargizione prevista dalla legge in esame è concessa a condizione che:

a)       la vittima non abbia aderito o abbia cessato di aderire alle richieste estorsive;

b)       la vittima non abbia concorso nel fatto delittuoso o in reati con questo connessi ai sensi dell'articolo 12 del codice di procedura penale;

c)       la vittima, al tempo dell'evento e successivamente, non risulti sottoposta a misura di prevenzione o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, né risulti destinataria di provvedimenti che dispongono divieti, sospensioni o decadenze ai sensi degli articoli 10 e 10-quater, secondo comma, della medesima legge n. 575 del 1965, salvi gli effetti della riabilitazione;

d)       il delitto dal quale è derivato il danno, ovvero, nel caso di danno da intimidazione anche ambientale, le richieste estorsive siano stati riferiti all'autorità giudiziaria con l'esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza.


 

Articolo 30-bis
(Ripartizione delle risorse rivenienti dalle riduzioni di cui all’articolo 1, comma 320, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 30-bis.

(Ripartizione delle risorse rivenienti dalle riduzioni di cui all'articolo 1, comma 320, della legge 23 dicembre 2005, n. 266).

 

 

1. La ripartizione delle risorse rive­nienti dalle riduzioni annuali di cui al­l'articolo 1, comma 320, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, può essere effet­tuata anche sulla base di intese tra lo Stato le regioni, concluse in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province au­tonome di Trento e di Bolzano.

 

 

2. Tale disposizione si applica anche in relazione alle ripartizioni di risorse concernenti gli anni 2005 e 2006 e sono fatti salvi gli atti già compiuti in con­formità ad essa presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

3. Restano validi gli atti e i provve­dimenti adottati e sono fatti salvi gli ef­fetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge 29 novem­bre 2007, n. 223.

 

 

 

L’articolo 30-bis- inserito nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio della Camera dei deputati con l’approvazione di un emendamento presentato dal Governo – interviene sull’applicazione della disciplina del federalismo fiscale recata dalla legge finanziaria per il 2006, in relazione al D.Lgs. 56/2000, in particolare sui criteri di ripartizione delle somme dovute alle regioni ai fini della perequazione.

 

Con la legge finanziaria 2006 è stato recepito il cosiddetto Accordo di Santa Trada del 21 luglio 2005 con il quale Regioni e Governo hanno trovato un’intesa sui finanziamenti – e sulla la ripartizione degli stessi – per gli anni 2002-2004.

Si ricorda che l’applicazione del nucleo centrale della disciplina dettata dal D.Lgs. 56/2000 per quanto attiene alla determinazione delle somme spettanti a ciascuna regione e per quanto prevede, di conseguenza, circa le modalità ed il livello della perequazione, è stato di fatto sospeso[199].

In suo luogo – sino all’adozione dei provvedimenti di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione - quella disciplina è modificata per modo che sia garantito a ciascuna regione in ciascuno esercizio, il livello di ripartizione stabilito per l’esercizio 2002, rideterminato per ogni anno successivo di una somma non maggiore di quella risultante nell’esercizio 2002 quale scostamento dalla copertura integrale della spesa storica.

Per ottenere questi risultati senza intervenire direttamente sulla complessa formula di ripartizione scritta nell’allegato “A” del decreto legislativo n. 56, quel testo viene temporaneamente ‘delegificato’; il Governo adatta quei parametri in modo da rispettare somme e limiti indicati dalla legge.

L’articolo 1, comma 320 della legge 266/2005 dispone che nella determinazione delle somme spettanti ogni anno a ciascuna regione il parametro della spesa storica decresce più gradualmente che secondo l’originaria curva del decreto legislativo n. 56/2000 e, congiuntamente, la quota di risorse che è ripartita secondo i cosiddetti ‘parametri obiettivi’ (di cui all’Allegato al D.Lgs. 256/2006) può crescere non oltre il valore nominale della cifra determinata per l’anno 2002.

In particolare:

-        per l’anno 2002 la «quota di incidenza della spesa storica» (art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 56/2000) è ridotta del 5% (come era originariamente, e secondo il DPCM 14 maggio 2004);

-        per gli anni 2003, 2004 e 2005 l’incidenza della spesa storica è ulteriormente ridotta dell’1,5% annuo. In termini cumulativi la riduzione ammonta, rispettivamente, al 6,5%, 8% e 9,5%, nella successione dei tre anni;

-        in ogni caso, dall’anno 2003 e sino alla entrata in vigore delle leggi di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione (c.d. nuovo federalismo fiscale), la quota di finanziamento che è ripartita secondo i parametri di Tabella “A”, ferma la misura dell’1,5%, non potrà crescere più di 98 milioni di euro all’anno; quanto cioè stabilito per l’anno 2002;

Per soddisfare integralmente la richiesta di ‘sterilizzazione’ del decreto legislativo n. 56/2000, viene inoltre fissato un limite all’incremento annuo allo scostamento fra ammontare dei trasferimenti soppressi e totale delle somme assegnate dalla ripartizione effettuata ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 56/2000.

La legge finanziaria 2006 sospende anche l’efficacia delle disposizioni che nel decreto legislativo n. 56/2000 prevedono la determinazione e la rideterminazione successiva delle aliquote di compartecipazione regionale al gettito dell’IVA, dell’addizionale regionale all’Irpef e all’accisa sulle benzine.

 

Sulla base dei criteri concordati sono stati quindi determinati con Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’anno 2002 (DPCM 3 ottobre 2006), per l’anno 2003 (DPCM 3 ottobre 2006) e per l’anno 2004 (DPCM 18 ottobre 2006)

le quote di compartecipazione all’IVA - previste dall’articolo 2, comma 4 del D.Lgs. 56/2000

le quote di concorso alla solidarietà interregionale e le quote da assegnare a titolo di fondo perequativo – previsto dall’art. 7 del decreto 56;

le somme da erogare a ciascuna regione sulla base della ripartizione delle quote sopra dette; ripartizione

 

Per gli anni 2005 e 2006 le regioni hanno proposto criteri di ripartizione, diversi da quelli indicati nella tabella A allegata al D.Lgs. 56/2000; le proposte sono state accettate dal Governo e – conseguentemente - sono state sancite le intese sugli schemi di DPCM recanti i finanziamenti e le relative ripartizioni per l’anno 2005 e per l’anno 2006.

 

Per consentire la diversa ripartizione e rendere disponibili le risorse si è reso necessario l’intervento legislativo.

Il comma 1 dell’articolo in esame riproduce sostanzialmente la disposizione recata dal Decreto legge n. 29 novembre 2007, n. 223 (pubblicato nella GU n. 279 del 30/11/2007), secondo cui le ripartizioni del fondo perequativo possano essere effettuate sulle base “di uno specifico accordo stipulato tra le regioni”, quando non sia possibile rispettare la formula di ripartizione scritta nel già citato allegato “A” del decreto legislativo n. 56.

Il comma 2 estende questa possibilità anche alle ripartizioni relative agli anni 2005 e 2006, sulle quali peraltro si è già espressa positivamente la Conferenza Stato-regioni.

Il comma 3 infine fa salvi gli effetti giuridici sorti sulla base del decreto legge n. 223/2007.

 

Per l’anno 2005, l’intesa sullo schema di DPCM per i finanziamenti e le relative ripartizioni, in sede di Conferenza Stato-regioni, è stata raggiunta in data 18 ottobre 2007[200].

L’Intesa, come per gli anni precedenti, determina:

§      le quote di compartecipazione all’IVA

§      le quote di concorso alla solidarietà interregionale e le quote da assegnare a titolo di fondo perequativo

§      le somme da erogare a ciascuna regione sulla base della ripartizione delle quote sopra dette; ripartizione

Queste ultime sono però “corrette” secondo il nuovo criterio concordato tra Stato e Regioni.

All’articolo 5 dello schema di Decreto infatti è stata recepita la proposta delle regioni di riassegnare le ulteriori risorse rese disponibili dall’applicazione dei criteri concordati nell’Accordo di Santa Trada anziché dei parametri iniziali contenuti nel D.Lgs. 56/2000, nel triennio 2002-2004.

Queste risorse sono ripartite proporzionalmente tra le regioni che hanno maggiormente contribuito al fondo perequativo sempre nel triennio 2002-2004, sia come maggiori somme versate al fondo, sia come minori esborsi ottenuti dal fondo stesso. La Tabella D allegata allo schema di decreto recante somme da ripartire alle regioni è stata corretta sulla base di queste indicazioni, esposte nelle Tabelle E ed F allegate allo schema di DPCM.

Analogamente per l’anno 2006 l’intesa in sede di Conferenza Stato-regioni – conclusa in data 15/11/2007[201] - ha portato alla correzione dell’assegnazione delle somme alle regioni, sulla base dei criteri sopra esposti.


 

Articolo 31
(Razionalizzazione degli organici e del personale utilizzato
dagli uffici locali all’estero)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 31.

(Razionalizzazione degli organici e del per­sonale utilizzato dagli uffici locali
all'estero).

Art. 31.

(Razionalizzazione degli organici e del personale utilizzato dagli uffici locali
all'estero).

 

1. In coerenza con il processo di revi­sione organizzativa di cui all'articolo 1, comma 404, lettera g), della legge 27 di­cembre 2006, n. 296, con decreto del Mini­stro degli affari esteri, di concerto con il Mi­nistro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da emanare en­tro il mese di giugno 2008, sono individuate le tipologie professionali connesse con lo svolgimento dell'azione degli uffici all'e­stero, con l'obiettivo di razionalizzare la spesa destinata alle relative funzioni e di ridurre quella relativa all'utilizzazione degli esperti di cui all'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

1. In coerenza con il processo di revi­sione organizzativa di cui all'articolo 1, comma 404, lettera g), della legge 27 di­cembre 2006, n. 296, con decreto del Mi­nistro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le riforme e le innova­zioni nella pubblica amministrazione, sen­tite le organizzazioni sindacali, da ema­nare entro il mese di giugno 2008, sono individuate tutte le tipologie professionali connesse con lo svolgimento dell'azione degli uffici all'estero, con l'obiettivo di ra­zionalizzare la spesa destinata alle rela­tive funzioni e di ridurre quella relativa al­l'utilizzazione degli esperti di cui all'articolo 168 del decreto del Presidente della Re­pubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e succes­sive modificazioni.

 

2. Il contingente di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repub­blica n. 18 del 1967, e successive modifi­cazioni, viene conseguentemente ade­guato con decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell'eco­nomia e delle finanze.

2. Il contingente di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repub­blica n. 18 del 1967, e successive modifi­cazioni, viene conseguentemente, ove ne ricorrano i presupposti nell'esercizio 2008, adeguato con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Mini­stro dell'economia e delle finanze.

 

3. Quota parte delle risorse derivanti dalle iniziative di cui ai commi 1 e 2, previa verifica ed accertamento, è destinata ad alimentare, nel limite di 5 milioni di euro per l'anno 2008 e nel limite di 7,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, il fondo di cui all'articolo 3, comma 39, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che per l'anno 2008 è integrato di 45 milioni di euro, e a decorrere dall'anno 2009 è integrato di 42,5 milioni di euro.

3. Identico.

 

4. Nel medesimo fondo confluiscono, altresì, le entrate accertate ai sensi dell'ar­ticolo 1, comma 568, della citata legge n. 296 del 2006, nel maggior limite di 40 mi­lioni di euro, nonché quota parte delle do­tazioni delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, da porre a disposizione degli uffici all'estero.

4. Identico.

 

5. A tal fine il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro degli affari esteri, è autorizzato ad effettuare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

5. Identico.

 

6. Con riferimento alle politiche di so­stegno agli italiani nel mondo e di informa­zione, promozione culturale, scientifica e dell'immagine del Paese all'estero, di cui ai programmi n. 4.8 e n. 4.9, è autorizzata per l'anno 2008 la spesa ulteriore di:

6. Identico.

 

    a) 12,5 milioni di euro, per le spese relative alla tutela e all'assistenza dei con­nazionali;

 

 

    b) 5,5 milioni di euro, per il finanzia­mento delle iniziative scolastiche, di assi­stenza scolastica e di formazione e perfe­zionamento professionali, di cui alla legge 3 marzo 1971, n. 153.

 

 

 

6-bis. Per la razionalizzazione di ini­ziative nel settore della divulgazione della cultura italiana all'estero, da rea­lizzare anche in connessione con eventi internazionali già programmati, è autorizzata per l'allestimento di una mostra itinerante la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

 

6-ter. Per il funzionamento dell'unità di crisi del Ministero degli affari esteri e in particolare per lo svolgimento di in­terventi a tutela dei cittadini italiani in situazioni di rischio e di emergenza al­l'estero, svolti anche in coordinamento con le unità di crisi dei Paesi dell'U­nione europea, è autorizzata, a decor­rere dall'anno 2008, la spesa di 400.000 euro. Al relativo onere, valutato in 400.000 euro annui a decorrere dal 2008, si provvede mediante corrispon­dente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previ­sionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previ­sione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accan­tonamento relativo al Ministero degli af­fari esteri. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad appor­tare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

6-quater. Al fine di assicurare l'a­dempiamento degli impegni derivanti dalla partecipazione ai fori internazio­nali, il Ministero degli affari esteri è au­torizzato a procedere, per gli anni 2008 e 2009, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nell'ambito del li­mite del contigente di cui all'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. La presente disposizione, fermo restando quanto stabilito all'arti­colo 1, comma 523, della legge n. 296 del 2006, si applica anche al personale di cui all'articolo 3 del decreto legisla­tivo 30 marzo 2001, n. 165, e succes­sive modificazioni.

 

 

 

Il comma 1 reca norme per la prosecuzione del processo di razionalizzazione e revisione organizzativa dei Ministeri di cui all’articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007). Con particolare riferimento alla lettera g) - dedicata alla riorganizzazione delle rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura – il comma in esame prevede, entro il mese di giugno 2008, l’adozione di un decreto del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella P.A., e sentite le organizzazioni sindacali[202]. Nel decreto in questione dovranno essere individuate tutte[203] le tipologie professionali connesse con lo svolgimento dell’azione degli Uffici all’estero, al fine di ottenere una razionalizzazione della spesa destinata alle relative funzioni, contestualmente riducendo i costi per l’utilizzazione degli esperti con incarico biennale inviati presso gli uffici all’estero, di cui all’art. 168 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18 (Ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri).

Si ricorda che – in data 8 novembre 2007 – la I Commissione della Camera dei deputati ha approvato il parere sull’Atto del Governo n. 180, recante Schema di regolamento di organizzazione del Ministero degli affari esteri che già ha dato parziale attuazione alle disposizioni di cui all’art. 1, comma 404 della legge n. 296 del 2006.

 

La legge finanziaria 2007 ha intrapreso un vasto programma di riorganizzazione dei Ministeri. Il programma era finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, su proposta da ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della L. 400/1988[204].

Il comma 4-bis in questione prevede che l'organizzazione e la disciplina degli uffici ministeriali siano determinate con regolamenti emanati ai sensi del precedente comma 2, ovvero mediante Decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il Consiglio di Stato. Tale modalità si applica ai regolamenti volti a disciplinare materie non coperte da riserva assoluta di legge in base alla Costituzione, e per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti. Sempre il comma 4-bis specifica che i regolamenti in oggetto sono da emanare su proposta del Ministro competente, d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del Tesoro (attuale Ministro dell'economia e finanze), e devono procedere:

-        al riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

-        all’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

-        alla previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

-        all’indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

-        alla previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali”.

Va inoltre ricordato che il comma 4-bis fa riferimento alla necessità che i regolamenti vengano emanati nel rispetto dei principi posti dal Decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni: il Decreto legislativo 29 del 1993 è stato in effetti abrogato dall'articolo 72 del Decreto legislativo 30 marzo 2001, 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

Il comma 404 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, al fine di “razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento dei Ministeri” aveva disposto l’emanazione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988, fissando peraltro il termine del 30 aprile 2007.

Nell’indicare con maggiore dettaglio le finalità di tale opera di riorganizzazione la legge finanziaria precisava i seguenti punti:

-        riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale, procedendo alla riduzione in misura non inferiore al 10 per cento di quelli di livello dirigenziale generale ed al 5 per cento di quelli di livello dirigenziale non generale (lettera a) del comma 404);

-        gestione unitaria del personale e dei servizi comuni anche mediante strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica (lettera b) del comma 404);

-        rideterminazione delle strutture periferiche (lettera c) del comma 404);

-        riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo (lettera d) del comma 404);

-        riduzione degli organismi di analisi, consulenza e studio di elevata specializzazione (lettera e) del comma 404);

-        riduzione delle dotazioni organiche in modo da assicurare che il personale utilizzato per funzioni di supporto (gestione delle risorse umane, sistemi informativi, servizi manutentivi e logistici, affari generali, provveditorati e contabilità) non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate da ogni amministrazione, mediante processi di riorganizzazione e di formazione e riconversione del personale addetto alle predette funzioni che consentano di ridurne il numero in misura non inferiore all'8 per cento all'anno fino al raggiungimento del limite predetto (lettera f) del comma 404).

Una specifica previsione era poi dedicata al Ministero degli Affari esteri. Infatti la lettera g) del comma 404 prescriveva l’” avvio della ristrutturazione” della rete diplomatica, consolare e degli istituti di cultura ed in particolare l'unificazione dei servizi contabili degli uffici della rete diplomatica aventi sede nella stessa città estera. A quest’ultimo proposito si precisava che le nuove norme dovessero prevedere che le funzioni delineate dagli articoli 3, 4 e 6 del regolamento di cui al DPR n. 120 del 2000 dovessero essere svolte dal responsabile dell'ufficio unificato per conto di tutte le rappresentanze medesime.

Va ricordato che a norma dell’articolo 3 – che opera l’estensione della responsabilità contabile per l’attività degli uffici all’estero - sono funzionari delegati presso gli uffici all’estero non più i soli capi degli uffici stessi, ma anche i funzionari amministrativi investiti delle funzioni di commissario amministrativo o commissario amministrativo aggiunto, seppure limitatamente alle spese di mantenimento e funzionamento degli uffici e alle spese per stipendi e indennità del personale, e comunque sotto indirizzo e vigilanza dei preposti agli uffici.

In base all’articolo 4 la gestione delle risorse finanziarie assegnate compete a coloro che sono funzionari delegati ai sensi del precedente articolo 3. In particolare l’articolo 4 riguarda le spese di mantenimento e funzionamento degli uffici, le risorse relative alle quali vengono determinate in base alla relazione previsionale predisposta annualmente, entro il mese di ottobre, dai titolari degli uffici, sentito il commissario amministrativo o il commissario amministrativo aggiunto. Le risorse stabilite vengono assegnate con decreto del dirigente preposto alla Direzione generale del personale e dell’amministrazione del Ministero degli Affari esteri, che può con analogo strumento procedere anche ad integrazioni delle somme, in caso di esigenze nuove e inderogabili. La disponibilità dei fondi assegnati è assicurata con ordini di rimessa valutaria.

L’articolo 6 conferma il meccanismo degli ordini di rimessa anche per i fondi relativi alla terza categoria di spese degli uffici all’estero, ossia le retribuzioni e indennità del personale. L’articolo introduce altresì la possibilità di somministrazione di questa categoria di fondi mediante ordini di accreditamento a favore dei funzionari delegati a norma dell’art. 3.

 

Va altresì ricordato che tra gli interventi volti alla semplificazione organizzativa e alla razionalizzazione della spesa nell'attività degli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri figura, in attuazione di una delega contenuta nella legge di semplificazione per il 2005, il decreto legislativo 15 dicembre 2006, n. 307, recante riassetto normativo in materia di gestione amministrativa e contabile degli Uffici all'estero del Ministero degli affari esteri, a norma dell'articolo 4 della legge 28 novembre 2005, n. 246.

In particolare, l’art. 2 del D.Lgs. 307/2006 introduce modifiche alle funzioni delle diverse figure professionali amministrative e contabili operanti negli uffici all’estero, in connessione con le innovazioni normative che hanno interessato negli anni tali professionalità, e rinviando alla contrattazione collettiva per i contenuti e le specifiche professionali riferiti al profilo del personale interessato. L’art. 3 individua specificamente, al comma 2, la tipologia delle spese di competenza degli uffici all’estero, mentre, al comma 1, attribuisce la responsabilità degli obiettivi e della conseguente programmazione al titolare dell’ufficio. L’art. 5 prevede l’istituzione di Centri interservizi amministrativi che operino presso le Ambasciate, per coordinare la gestione delle spese degli uffici all’estero. L’art. 6 dispone, in materia di contratti da eseguire all’estero che, in caso di incompatibilità fra ordinamento italiano ed ordinamento locale, il titolare dell’ufficio può direttamente autorizzare l’applicazione della normativa locale. L’art. 7 attribuisce al titolare dell’ufficio all’estero la piena competenza in ordine alla dismissione di beni mobili di pertinenza dell’ufficio, con l’eccezione di autovetture di servizio e di rappresentanza ed oggetti d’arte, per i quali resta necessaria l’autorizzazione dell’amministrazione centrale. L’art. 8 prevede interventi volti all’applicazione del D.lgs. n. 82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale) anche alle comunicazioni fra la sede centrale e gli uffici all’estero.

 

Il D.P.R. n. 18 del 1967[205], all’art. 168 prevede che l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare negli uffici centrali o nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari, per l'espletamento di specifici incarichi che richiedano particolare competenza tecnica e ai quali non si possa sopperire con funzionari diplomatici, esperti tratti da personale dello Stato o di enti pubblici appartenenti a carriere direttive o di uguale rango.

Qualora per speciali esigenze anche di carattere tecnico o linguistico non possa farsi ricorso per incarichi presso uffici all'estero ad esperti tratti dal personale dello Stato e da enti pubblici, l'Amministrazione degli Affari esteri può utilizzare in via eccezionale e fino ad un massimo di trenta unità, persone estranee alla pubblica Amministrazione purché di notoria qualificazione nelle materie connesse con le funzioni del posto che esse sono destinate a ricoprire.

L'esperto inviato in servizio presso un ufficio all'estero, a norma dei precedenti commi, occupa un posto espressamente istituito, sentito il consiglio di amministrazione, ai sensi dell'articolo 32, nell'organico dell'ufficio stesso, in corrispondenza, anche ai fini del trattamento economico, a quello di primo segretario o di consigliere o di primo consigliere, nel limite massimo di otto posti, ovvero di console aggiunto o console ed assume in loco la qualifica di addetto per il settore di sua competenza.

Gli incarichi sono biennali. Alla stessa persona possono essere conferiti più incarichi purché, nel complesso, non superino gli otto anni.

Gli esperti che l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare a norma del presente articolo non possono complessivamente superare il numero di centosessantacinque, di cui cinque da destinare a posti di addetto agricolo, con l'esclusione delle unità riservate da speciali disposizioni di legge all'espletamento di particolari compiti relativi alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale nonché al contrasto della criminalità organizzata e delle violazioni in materia economica e finanziaria a tutela del bilancio dello Stato e dell'Unione europea, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, Adeguamento dei compiti del Corpo della Guardia di finanza, a norma dell’articolo 4 della L. 31 marzo 2000, n. 78.

 

Il comma 2 precisa che, a seguito dell’emanazione del decreto di cui al comma 1, il contingente degli impiegati a contratto delle rappresentanze diplomatiche e consolari e degli istituti di cultura all’estero, di cui all’articolo 152 del citato D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, viene conseguentemente adeguato, ove ne ricorrano i presupposti nell’esercizio 2008[206], mediante decreto del Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 18, all’art. 152 dispone chele rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono assumere personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un contingente complessivo pari a 2.277 unità[207]. Gli impiegati a contratto svolgono le mansioni previste nei contratti individuali, tenuto conto dell'organizzazione del lavoro esistente negli uffici all'estero.

Il contratto di assunzione è stipulato a tempo indeterminato, con un periodo di prova di nove mesi, alla scadenza del quale, sulla base di una relazione del capo dell'ufficio, si provvede a disporre la conferma o la risoluzione del contratto.

 

Il comma 3 stabilisce che parte delle risorse derivanti dalle iniziative di cui ai commi precedenti, previa verifica ed accertamento, è destinata ad alimentare, nel limite di 5 milioni per l’anno 2008 e nel limite di 7,5 milioni a decorrere dall’anno 2009, il Fondo per i consumi intermedi del MAE di cui all’articolo 3, comma 39, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004). Il Fondo, per l’anno 2008, è inoltre integrato di 45 milioni di euro, e a decorrere dall’anno 2009 è integrato di 42,5 milioni di euro.

 

La legge 350 del 2003 all’art. 3, comma 39 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, e precisamente nell'ambito della unità previsionale di base 6.1.1.2 - Uffici all'estero, un Fondo da ripartire per eventuali maggiori esigenze per consumi intermedi, relativi agli uffici all'estero, la cui dotazione iniziale era commisurata al 10 per cento degli stanziamenti per consumi intermedi iscritti nella medesima unità previsionale di base, che venivano corrispondentemente ridotti.

La ripartizione del fondo è disposta con decreti del Ministro degli affari esteri comunicati, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Il comma 4 dispone che nel medesimo Fondo per consumi intermedi confluiscono, altresì, le maggiori entrate derivanti dall’applicazione della tariffa consolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 568 della citata legge finanziaria 2007, non oltre il limite di 40 milioni di euro, nonché quota parte delle dotazioni delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri da porre a disposizione degli uffici all’estero.

 

Il comma 568 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha disposto in merito alle risorse da reperire a valere sulla riscossione dei diritti consolari, la cui tariffa è fissata in una tabella allegata al DPR 200/1967 (“Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari”), come modificata dalla legge 185/1983 e, da ultimo, dall’art. 80, comma 41, della legge finanziaria per il 2003.

In particolare, ilcomma 568 ha destinato risorse aggiuntive a carattere permanente al funzionamento e agli interventi di razionalizzazione delle sedi all’estero, da reperire a carico delle maggiori entrate annue derivanti dall’applicazione della tariffa consolare. Le risorse aggiuntive non potranno comunque eccedere l’importo annuo di 10 milioni di euro, ed è per esse prevista la certificazione con decreto del Ministro degli Affari esteri.

 

Il comma 5 prevede che, ai fini suesposti, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro degli affari esteri, sia autorizzato ad effettuare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Si ricorda che gli originari commi 6 e 7 sono stati stralciati ai sensi dell’art. 126, comma 3, del Regolamento del Senato.

 

L’attuale comma 6, introdotto durante l’esame al Senato in Commissione bilancio, autorizza, per l’attuazione di politiche di sostegno agli Italiani all’estero e di promozione dell’immagine dell’Italia all’estero, la spesa ulteriore di 18 milioni di euro così ripartita: 12,5 milioni per la tutela e l’assistenza ai connazionali (lett. a); 5,5 milioni per iniziative scolastiche e di formazione professionale di cui alla legge n. 153 del 1971, Iniziative scolastiche, di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali da attuare all'estero a favore dei lavoratori italiani e loro congiunti (lett. b).

 

Si ricorda che in base alla richiamata legge del 1971, il Ministero degli affari esteri promuove ed attua all'estero iniziative scolastiche, nonché attività di assistenza scolastica e di formazione e perfezionamento professionali, a favore dei lavoratori italiani e dei loro congiunti emigrati. Tra le iniziative scolastiche e le attività di assistenza scolastica (art. 2) sono da ricordare: i corsi per l'inserimento dei congiunti dei lavoratori italiani nelle scuole dei paesi di immigrazione; corsi integrativi di lingua e cultura generale italiana per i congiunti; corsi per la preparazione dei lavoratori italiani e dei loro congiunti agli esami di idoneità e di licenza di scuola italiana elementare e media; corsi di scuola popolare per lavoratori italiani; scuole materne e nidi d’infanzia.

Tra le attività di formazione e perfezionamento professionale di cui all’art. 3 vi sono: corsi di integrazione ed aggiornamento dell’istruzione di base; corsi di preparazione tecnico-professionale; corsi di insegnamento pratico della lingua locale, diretti a favorire l'accesso dei lavoratori italiani e dei loro congiunti all'ambiente di lavoro ed ai corsi stranieri che perseguano scopi di formazione professionale.

Si ricorda che i programmi di insegnamento, le norme per lo svolgimento degli esami e per il rilascio dei titoli di studio delle classi, corsi e scuole di cui all'articolo 2 sono stabiliti con decreto del Ministro per gli affari esteri, di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione.

Altre norme della stessa legge riguardano l’equipollenza dei titoli di studio e il personale docente.

 

Per le politiche di sostegno degli Italiani all’estero in generale v. quanto diffusamente commentato relativamente al successivo articolo 33.

 

Un emendamento della Commissione Bilancio della Camera ha introdotto il comma 6-bis, in base al quale si autorizza la spesa di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 2008, 2009 e 2010 per l’allestimento di una mostra itinerante, nel quadro delle iniziative divulgative della cultura italiana all’estero – e con l’intento di una razionalizzazione delle stesse -, e in coordinamento con eventi già facenti parte del calendario internazionale.

All’onere previsto si fa fronte mediante corrispondente riduzione degli accantonamenti di parte corrente a favore del Ministero degli Affari esteri, quali stabiliti nella Tabella A della legge finanziaria.

 

Attraverso la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale, il Ministero degli Esteri conduce un’intensa e articolata opera di promozione della cultura italiana, mirata alla sua diffusione all’estero[208] soprattutto tramite la rete degli Istituti Italiani di Cultura.

Spettacoli, mostre e concerti ma anche corsi di lingua, incentivi alla traduzione di opere italiane e borse di studio concesse a cittadini stranieri sono gli aspetti più rilevanti di questa attività promozionale, accanto alla gestione della complessa rete di istituzioni scolastiche italiane all’estero.

A tal fine, di concerto con la rete diplomatico-consolare e gli Istituti, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale stipula con altri Paesi accordi e protocolli esecutivi, sia culturali che scientifici, in grado di aprire la strada alle diverse forme di collaborazione, nonché di finanziarle.

Di grande importanza è anche l’attività svolta dalla DGPCC in ambito multilaterale, presso l’Unesco. L’Italia è uno dei principali finanziatori dell’organizzazione internazionale, e partecipa con un forte contributo di idee, tecnici e progetti al perseguimento delle sue finalità.

Più specificamente, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale attende ai seguenti compiti:

-        cura la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero;

-        tratta le questioni culturali e scientifiche in relazione a enti e Organizzazioni Internazionali;

-        sovrintende al funzionamento degli istituti italiani di cultura e, sentito il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, delle istituzioni scolastiche, educative e culturali italiane all’estero. Segue l’attività delle istituzioni scolastiche straniere in Italia. Amministra il personale non appartenente ai ruoli del Ministero degli Affari Esteri, addetto alle istituzioni scolastiche, educative e culturali all’estero;

-        concorre a promuovere la collaborazione culturale e scientifica internazionale;

-        partecipa alla selezione degli studenti italiani assegnatari di borse di studio all’estero e provvede all’assegnazione di borse di studio a favore di studenti stranieri in Italia, nonché agli scambi giovanili;

-        provvede all’attività relativa alle borse di studio per gli studenti italiani all’estero e per gli studenti stranieri in Italia, nonché agli scambi giovanili;

-        adotta le opportune iniziative internazionali per agevolare l’attività presso università ed enti di ricerca italiani di qualificati docenti e ricercatori stranieri, nonché l’attività presso università ed enti di ricerca stranieri di docenti e ricercatori italiani.

Per la diffusione della lingua italiana ad un pubblico adulto, il Ministero degli Affari Esteri dispone della rete degli Istituti Italiani di Cultura e dei corsi di lingua e cultura italiana destinati alle collettività italiane e di origine italiana all’estero.

A questi si deve aggiungere il sostegno alla Società Dante Alighieri che, con i suoi oltre 400 comitati all’estero, copre un bacino di utenza di oltre 190.000 studenti.

Anche nell’era multimediale il libro ricopre un ruolo fondamentale nello sviluppo della cultura di un Paese. La diffusione del libro italiano nel mondo costituisce quindi uno strumento indispensabile per la promozione culturale dell’Italia all’estero. In tale quadro, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale

-        eroga premi e contributi per la divulgazione del libro italiano, della sottotitolatura e doppiaggio di lungometraggi e cortometraggi.

-        contribuisce alla partecipazione italiana alle Fiere Internazionali del Libro.

Premi e contributi per la diffusione del libro e del libro tradotto, della sottotitolatura e doppiaggio di lungometraggi e cortometraggi sono erogati (Legge 401/90 e D.I. 593/95 – G.U. 141 del 18.06.1996) previo parere della Commissione Nazionale per la Promozione della Cultura Italiana all’Estero sulle proposte di premi e contributi che il Ministero acquisisce ogni sei mesi dalle Ambasciate.

I premi rappresentano il riconoscimento di un’attività particolarmente significativa di diffusione della cultura italiana già svolta da editori o traduttori stranieri che ne sono i beneficiari.

I contributi sono concessi a opere italiane inserite in progetti culturali ampi e coerentemente articolati.

La somma a disposizione è di circa 430.000 € all'anno con la quale è mediamente incentivata la traduzione di più di cento opere ogni anno.

In tale contesto sono prese prioritariamente in considerazione le traduzioni di libri italiani che facciano parte di progetti mirati (collane, eventi speciali, testi didattici), che evidenzino significativi nessi storico-culturali o che riguardino settori della cultura italiana oggetto di particolare interesse all'estero.

Per informazioni: DGPCC I, sezione Editoria

Agli incentivi forniti dal Ministero degli Affari Esteri per la divulgazione del libro italiano in lingua straniera si aggiungono quelli forniti dalla Direzione Generale per i beni librari e gli istituti culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Divisione Editoria, che fornisce un “Premio Nazionale per le traduzioni”, e dal Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Per quanto riguarda la partecipazione italiana alle Fiere Internazionali del Libro nel 2003, ad esempio, la Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale ha fornito un significativo contributo per la presenza dell’Italia come Paese ospite alla Biennale Internazionale del Libro di Rio de Janeiro e per la consueta partecipazione italiana alla Fiera del Libro di Buenos Aires.

 

Un ulteriore emendamento della Commissione Bilancio della Camera ha introdotto il comma 6-ter, cheautorizza la spesa di 400.000 euro, con decorrenza dal 2008, per interventi a favore dei cittadini italiani in situazioni di emergenza all’estero, coordinati dall’Unità di crisi del Ministero degli Affari esteri, eventualmente di concerto con le unità di crisi di altri Stati membri dell’Unione europea.

Anche in questo caso, all’onere previsto si fa fronte mediante corrispondente riduzione degli accantonamenti di parte corrente a favore del Ministero degli Affari esteri, quali stabiliti nella Tabella A della legge finanziaria.

 

L’Unità di crisi è stata istituita con Decreto del Ministro degli esteri del 19 gennaio 1990 ed ha il compito di: analizzare le situazioni internazionali di tensione; predisporre intereventi operativi per garantire la sicurezza dei cittadini italiani all’estero; raccogliere gli elementi necessari all’eventuale messa in opera di piani di emergenza, in coordinamento con altri organi dello Stato; distribuire apparecchiature di emergenza quali, ad esempio, sistemi di telecomunicazioni; gestire un Centro Operativo. L’Unità è diretta da un funzionario della carriera diplomatica e opera nell’ambito della Segreteria generale del Ministero degli affari esteri, secondo quanto stabilito dall’articolo 3, comma 4, lettera b), del D.P.R. 11 maggio 1999, n. 267 [209].

Si ricorda che l’art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, recante disposizioni urgenti in materia di protezione civile – convertito con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 152 – ha previsto la spesa di 200.000 euro, per gli anni 2005-2007, a favore dell’Unità di crisi, e precisamente per compensi al personale a fronte di prestazioni rese per assicurare adeguati interventi, in occasione di catastrofi naturali, eventi bellici, o comunque in situazioni di emergenza all'estero.

 

Nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, è stato inserito il comma 6-quater, recante disposizioni in materia di assunzioni da parte del Ministero degli affari esteri.

Tale comma, in particolare, autorizza il Ministero degli affari esteri, al fine di assicurare l’adempimento degli impegni derivanti dalla partecipazione ai fori internazionali, a procedere, per il biennio 2008-2009, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, nell’ambito del contingente di cui all’articolo 1, comma 526, della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

Il citato comma 526 della legge finanziaria 2007attribuisce alle medesime pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, ivi comprese le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001) la possibilità di usufruire di limiti meno rigidi per le assunzioni da effettuare negli anni 2008 e 2009 rispetto a quelli fissati dal citato comma 523. Si ricorda che il comma 523 prevede che le pubbliche amministrazioni di cui sopra possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

In particolare il comma 526 dispone che tali amministrazioni, per gli anni 2008 e 2009, possano procedere alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519[210] nel limite di un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

In sostanza tali amministrazioni, ai sensi del combinato disposto dei commi 523 e 526, hanno la possibilità di procedere complessivamente a nuove assunzioni a tempo indeterminato nei limiti di una spesa pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

 

La disposizione in esame sembrerebbe volta a concedere al Ministero degli affari esteri la possibilità di effettuare le assunzioni di cui al citato comma 526 della legge finanziaria 2007 (che, come detto, consente per il 2008 e 2009 di procedere alla stabilizzazione del personale precario nel limite di un contingente di personale pari al 40% di quello relativo alle cessazioni avvenute nell’anno precedente), in tutto o in parte, tramite l’espletamento di ordinarie procedure concorsuali e non più necessariamente attraverso la stabilizzazione del personale precario.

 

Lo stesso comma prevede altresì, fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, comma 523, della legge finanziaria 2007, l’applicazione della disposizione in esame anche al personale in regime di diritto pubblico, di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165 del 2001.

 

Si ricorda altresì che, ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. 165 del 2001, sono tuttora in regime di diritto pubblico:

-       i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287;

-       il personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, esclusi il personale volontario;

-       il personale della carriera dirigenziale penitenziaria;

-       i professori e i ricercatori universitari.


 

Articolo 32
(Organizzazione del vertice «G8» in Italia ed altri adempimenti internazionali)
[211]

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 32.

(Organizzazione del vertice «G8» in Italia e esecuzione della decisione comunitaria n. 2007/436/CE/Euratom).

Art. 32.

(Organizzazione del vertice «G8» in Italia e altri adempimenti internazionali).

 

1. Per l'organizzazione del vertice «G8» previsto per l'anno 2009 è stanziata la somma di euro 30 milioni per l'anno 2008.

1. Identico.

 

 

1-bis. La somma di cui al comma 1 può essere in parte utilizzata anche at­traverso un programma, da definire di intesa con la Regione autonoma della Sardegna, per la realizzazione di infra­strutture sociali e servizi civili nel terri­torio dell'Isola, con particolare riferi­mento al comune della Maddalena, in funzione contestuale della occupazione stabile, della salvaguardia ambientale e della cooperazione euromediterranea.

 

2. Piena e diretta esecuzione è data alla decisione n. 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al si­stema delle risorse proprie delle Comunità europee, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto di­sposto dall'articolo 11, terzo comma, della decisione stessa.

2. Identico.

 

 

2-bis. Il contributo all'Accademia delle scienze del Terzo Mondo (TWAS), di cui alla legge 10 gennaio 2004, n. 17, è incrementato di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2008 per sostenere l'attività dell'Inter Academy Medical Panel (IAMP).

 

 

2-ter. Per consentire la partecipa­zione dell'Italia all'Esposizione univer­sale di Shanghai del 2010 è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2008, di 5 milioni di euro per l'anno 2009 e di 6 milioni di euro per l'anno 2010.

 

 

 

La disposizione del comma 1 è volta ad assicurare copertura finanziaria alle spese per lo svolgimento del vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8 in Italia nel 2009, stanziando a tale scopo la somma di 30 milioni di euro per l’anno 2008.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 settembre 2007, recante dichiarazione di "grande evento" relativa alla Presidenza italiana del G8 nell'anno 2009, ha conferito alla Presidenza medesima, in considerazione della complessità organizzativa dell'evento sotto il profilo della sicurezza, dell'ordine pubblico, della mobilità, della ricezione alberghiera e delle telecomunicazioni, la dichiarazione di "grande evento", ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001 n. 343[212], convertito con modificazioni dalla legge n. 41 del 2001.

L'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge citato estende l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992[213] anche ai grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

L'articolo 5 della legge 2005 relativo allo stato di emergenza e al potere di ordinanza, disciplina anzitutto il potere del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, sulla base del quale possono anche essere adottate ordinanze in deroga ad ogni vigente disposizione, ma nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose, nonché avvalersi di commissari delegati per gli interventi di emergenza.

 

Si ricorda che dal 1975, i Capi di Stato o di Governo dei principali Paesi industrializzati si incontrano annualmente per esaminare le maggiori problematiche economiche e politiche.

I sei Paesi che si incontrarono al primo Vertice, tenutosi a Rambouillet in Francia nel novembre 1975, furono la Francia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, il Giappone e l'Italia. Si unirono a loro il Canada al Vertice di San Juan di Porto Rico del 1976, e la Comunità Europea al Vertice di Londra del 1977.

A partire dal Vertice di Napoli del 1994 il G7 e la Russia si sono incontrate come P8 ("Political 8"), e da allora ad ogni Vertice G7. Il Vertice degli otto Paesi a Denver nel 1997 ha segnato la piena partecipazione della Russia alle discussioni, fatta eccezione per quelle di ordine finanziario ed economico. Il Vertice di Birmingham del 1998 ha visto la piena partecipazione della Russia e quindi la nascita del G8. Tuttavia il foro di discussione a 7 continua ad esistere per la trattazione dei suddetti temi finanziari.

I Vertici del G7/G8 hanno più volte affrontato questioni di macroeconomia, relative al commercio internazionale ed alle relazioni con i paesi in via di sviluppo. Argomenti come le relazioni economiche Est-Ovest, l'energia ed il terrorismo sono stati più volte oggetto di dibattito.

Partendo da questi temi iniziali l'agenda del Vertice si è estesa in modo considerevole negli anni includendo temi come l'occupazione e le reti d'informazione; grandi questioni transnazionali come l'ambiente, il crimine e la droga; ed una serie di questioni politiche e di sicurezza che vanno dai diritti umani al controllo delle armi, alla sicurezza regionale. Per affrontare tali questioni il G7/G8 ha altresì sviluppato una serie di incontri a livello ministeriale. Infatti i Ministri del G7/G8 si riuniscono ad hoc per affrontare le questioni più pressanti. Infine anche Gruppi di esperti o Gruppi di lavoro vengono convocati su determinati argomenti.

Si ricorda dunque che il vertice G8 si tiene ogni anno; l’ultima edizione si è svolta a Heiligendamm in Germania nel 2007 e la prossima si terrà in Giappone, nel 2008. Nel 2009 sarà ospitato in Italia, a La Maddalena. Quello sull'isola della Maddalena sarà il quinto appuntamento del G8 ospitato in Italia, dopo i primi due a Venezia (22-23 giugno 1980 e 8-10 giugno 1987), il terzo a Napoli (8 luglio 1994) e il quarto a Genova (20-22 luglio 2001).

 

Il comma 1-bis, introdotto da un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio, prevede che la somma di 30 milioni di cui al comma precedente possa essere in parte utilizzata nel quadro di un programma stabilito d’intesa con la Regione Sardegna, allo scopo di realizzare nell’isola, e specialmente nel territorio del Comune di La Maddalena, infrastrutture sociali e servizi civili, avendo di mira l’obiettivo della salvaguardia occupazionale e ambientale, nonché a favore della cooperazione euromediterranea.

 

Si ricorda che le problematiche della salvaguardia ambientale del comprensorio di La Maddalena è stata posta già da molti anni, in connessione con la presenza sull’isola di Santo Stefano di un’installazione militare statunitense, e precisamente delle strutture per la nave appoggio Emory Land e i relativi sottomarini nucleari. In particolare, due incidenti a detti sottomarini, nel 2002 e nel 2003, avevano sollevato preoccupazioni sulla possibile crescita dei tassi di radioattività in tutta la zona, nella quale per di più insiste un’area ambientale protetta. Dopo una fase interlocutoria, con progetti di ampliamento della struttura militare, negli ultimi tempi è maturata la soluzione di una chiusura definitiva della medesima: nell’ottobre 2007 la nave appoggio Emory Land ha lasciato in via definitiva l’isola di Santo Stefano, mentre lo smantellamento dell’intera struttura è stato previsto doversi completare entro la metà del 2008. Conseguentemente, gli oltre cento dipendenti civili della base dovrebbero essere licenziati già a partire dal 1° gennaio 2008, e si avrebbero ripercussioni almeno doppie anche sull’indotto che la presenza militare americana necessariamente aveva generato: di qui il dibattito sulle iniziative per la salvaguardia occupazionale iniziato in loco, con la prospettiva di dar vita a iniziative nel campo del turismo – soprattutto con la creazione di un polo nautico sia per la costruzione che per l’attracco di grandi yacht - e del recupero edilizio.

Meno specifico appare il riferimento ad iniziative nell’ambito della cooperazione euromediterranea: in senso tecnico si tratterebbe del lungo e difficile processo inaugurato con la Conferenza di Barcellona del novembre 1995 per dare vita, appunto, a una collaborazione strutturata tra l’Unione europea e i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, e, in prospettiva, giungere fino alla creazione di un’area di libero commercio. In senso più generale, va ricordato che tra i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo è in atto da sempre una cooperazione inerente alla gestione dei flussi di traffico marittimo e in parte della pesca, e con particolare riguardo alla tutela ambientale (questo profilo è stato peraltro arricchito dalla conclusione di numerose Convenzioni multilaterali).

 

Il comma 2, è diretto a dare esecuzione alla decisione n. 2007/436/CE, Euratom del Consiglio del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee[214].

 

Si ricorda che le risorse proprie sono costituite dai dazi doganali[215], dai prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli[216], dai proventi dell’IVA[217] e da un’ultima risorsa, istituita con l’Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio del 1988. Tale risorsa consiste in contributi versati dagli Stati membri nell’ipotesi in cui le precedenti risorse non siano sufficienti a garantire la copertura del bilancio comunitario. In seguito alla Decisione del Consiglio del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, tali contributi non vengono più calcolati in percentuale sul prodotto nazionale lordo (PNL) dei singoli Stati membri, bensì calcolando il reddito nazionale lordo (RNL).

La parte del bilancio non finanziata da risorse proprie, è costituita da imposte e prelievi effettuati sui redditi del personale, interessi bancari, rimborsi di aiuti comunitari non utilizzati, interessi di mora e il saldo dell’esercizio precedente.

 

In virtù dell’articolo 11 della decisione 2007/436/CE, Euratom, per l’adozione della decisione gli Stati membri notificano al Segretario generale del Consiglio l’espletamento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all’esame delle disposizioni nazionali che le sono comunicate dagli Stati membri e, conseguentemente, comunica agli Stati membri gli adattamenti necessari in linea con le normative comunitarie[218] (art. 8 decisione n. 2007/436/CE, Euratom).

 

La decisione 2007/436/CE, Euratom, che ha effetto a partire dal 1o gennaio 2007, sostituisce la decisione del 2000/597/CE, Euratom, sul sistema delle risorse proprie[219]. Essa riprende i contenuti dell’accordo politico sul bilancio dell’Unione europea definito dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005, accordo che ha modificato il sistema di finanziamento delle risorse proprie dell’Unione.

 

Il massimale è mantenuto all’1,31 per cento del RNL per stanziamenti di impegno e all’1,24 per cento del RNL per stanziamenti di pagamento, come previsto per il periodo 2000-2006 dalla decisione vigente (articolo 3 della decisione).

L’aliquota dell’IVA viene fissata allo 0,30 per cento, anche se sono introdotte correzioni a favore di alcuni fra i maggiori contribuenti netti al bilancio comunitario. In particolare, per il periodo 2007-2013 l’aliquota di prelievo della risorsa IVA per la Germania è fissata allo 0,15 per cento, per i Paesi Bassi e la Svezia allo 0,10 per cento, per l’Austria allo 0,225 per cento.

È prevista inoltre una riduzione lorda del proprio contributo RNL annuo pari a 605 milioni di euro e a 150 milioni di euro rispettivamente per i Paesi Bassi e la Svezia nel periodo 2007-2013.

È prevista anche la risorsa RNL, da determinare secondo la procedura di bilancio tenuto conto di tutte le altre entrate, relativa a un alla somma dei redditi nazionali lordi di tutti gli Stati membri.

Per quanto riguarda la compensazione britannica[220], essa viene sostanzialmente ribadita nella decisione, anche se con talune limitazioni in quanto dopo un periodo di introduzione graduale previsto fra il 2009 e il 2011, il Regno Unito dovrà partecipare integralmente al finanziamento dei costi dell’allargamento, ad eccezione dei pagamenti diretti nel settore agricolo e delle spese connesse al mercato e delle spese per lo sviluppo rurale originate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG).

 

Il comma 2-bis incrementa di 500.000 euro, a decorrere dal 2008, il contributo a favore della TWAS (Accademia delle scienze del Terzo Mondo), previsto nella misura di 2.325.000 euro annui, a decorrere dal 2005, dall’art. 3 della legge 10 gennaio 2004 [Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) e il Governo della Repubblica italiana concernente l'Accademia delle scienze del Terzo Mondo (TWAS), fatto a Parigi l'8 dicembre 1998].

L’incremento del contributo è finalizzato in particolare al sostegno dell’iniziativa denominata Inter Academy Medical Panel (IAMP).

 

L'Accordo tra l'UNESCO e l'Italia in merito all'Accademia delle scienze del Terzo Mondo (TWAS, operante a Trieste sin dal 1983), firmato a Parigi l'8 dicembre 1998, ha fissato per legge - per l'appunto la legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo stesso - il contributo dell'Italia alla TWAS, conferendo per tal modo ad esso lo stesso statuto dei contributi che il nostro Governo già conferisce agli altri Centri internazionali con sede a Trieste (il Centro di fisica teorica - ICTP, il Centro per la scienza e l'alta tecnologia - ICS e il Centro per l'ingegneria genetica e le biotecnologie - ICGEB).

L'Accordo tra Italia e UNESCO si pone quindi come momento del processo di razionalizzazione del polo scientifico-tecnologico internazionale di Trieste, già avviato da parte del nostro Paese. La TWAS in particolare, a differenza degli altri organismi triestini, che si concentrano maggiormente sull'attività di formazione di studiosi dei Paesi in via di sviluppo (PVS); esercita la propria iniziativa nel sostegno a programmi proposti da ricercatori provenienti dai PVS e da attuare in loco, ovvero da concretizzare nei centri di ricerca e nelle Università dei Paesi avanzati. Pertanto la TWAS copre anche spese per attrezzature e assistenza tecnica ai centri di ricerca nei PVS.

Il contributo a carico del Governo italiano - che è giunto a rappresentare negli ultimi anni all’incirca un quarto del totale dei finanziamenti a favore della TWAS – è stato peraltro accresciuto con l’art. 3 della legge 17/2004 per facilitare l'attività del Segretariato permanente dello IAP (Inter Academy Panel), che ha deciso recentemente di dislocare la propria sede presso quella triestina della TWAS. Anche lo IAP è un'Organizzazione rilevante, in quanto associa le Accademie delle scienze di circa 80 Paesi, ponendosi in sostanza in posizione eminente di consulente per i Governi dei Paesi avanzati in merito ai problemi del Terzo Mondo.

Il fatto che l'Accordo concernente la TWAS sia stato stipulato dall'Italia con l'UNESCO trae origine da un'intesa del marzo 1991 tra la TWAS e l'UNESCO, che ha stabilito che i i finanziamenti erogati a favore dell'Accademia vadano appunto versati all'UNESCO. Inoltre, nel Preambolo dell'Accordo ci si riferisce tra l'altro ad una Risoluzione di stanziamento adottata nella 29ma sessione della Conferenza generale UNESCO, in base alla quale il Direttore generale è autorizzato a ricevere fondi da Governi, Organizzazioni internazionali, ecc, nonché erogazioni liberali da individui, per i programmi e i progetti correlati alle attività della TWAS. La Risoluzione di stanziamento stabilisce anche che l'UNESCO può contrarre impegni in merito all'attività della TWAS, in conformità alle proprie norme e agli accordi stipulati con i vari finanziatori.

L'articolo I dell'Accordo enuncia le principali attività della TWAS, ossia l'assegnazione di contributi di ricerca su specifici progetti scientifici presentati da giovani scienziati e da istituzioni dei PVS, nonché l'assegnazione di borse di studio a giovani scienziati del Terzo Mondo particolarmente capaci, per progetti di ricerca da portare avanti in loco o anche in Italia. E' prevista poi la promozione della collaborazione scientifica tra i centri di eccellenza del Terzo Mondo e i corrispettivi italiani. E' contemplato anche il conferimento di premi a singoli scienziati che abbiano dato significativi contributi alla scienza e alla sua applicazione per la soluzione di problemi pratici. La TWAS si servirà di una serie di reti scientifiche da essa stessa costituite, nelle quali sarà possibile la collaborazione tra i migliori scienziati dei PVS, i ministeri della scienza e della tecnologia e gli organismi specializzati nella ricerca del Terzo Mondo, e una serie di istituti e laboratori italiani attivi nei campi delle scienze di base e applicate.

La parte finanziaria dell'Accordo è contenuta nell'articolo II, in base al quale le risorse necessarie alle attività della TWAS verranno da contributi del Fondo di dotazione della stessa Accademia, dall'UNESCO e da contributi del Governo italiano. Inoltre potranno aversi sovvenzioni, donazioni e lasciti da parte di Governi, Organizzazioni o individui, intestati alla TWAS. La progressione del contributo italiano è fissata nell'ammontare di 1,5 miliardi di lire per il primo anno di attuazione dell'Accordo, 2 miliardi per il secondo e 3 miliardi per il terzo anno (o l'equivalente in euro). Il contributo verrà aggiornato ogni due anni in base alle necessità della TWAS e ai contributi ad essa pervenuti da altre fonti. L'amministrazione della TWAS seguirà le regole e le procedure previste dall'UNESCO. Un rendiconto annuale verrà presentato dall'UNESCO al Governo italiano: esso comprenderà il bilancio della TWAS al 31 dicembre di ciascun anno. L'UNESCO inoltre potrà concludere accordi con altri Stati, per integrare le risorse necessarie alla TWAS, dopo consultazione del Comitato direttivo della stessa da parte del Direttore generale dell'UNESCO.

L'articolo III dell'Accordo prevede la costituzione di un Comitato direttivo composto da un rappresentante nominato dall'UNESCO, due rappresentanti del Governo italiano - uno dei quali scienziato - e due rappresentanti dei PVS, ma designati uno dal Direttore generale dell'UNESCO e uno dal Governo italiano. Il Comitato direttivo sarà competente per l'amministrazione e gli aspetti concernenti l'utilizzazione dei finanziamenti da parte della TWAS, e presenterà al Direttore generale dell'UNESCO le bozze del programma e del bilancio dell'Accademia. Il Comitato sarà inoltre competente a coordinare le funzioni della TWAS con quelle delle altre istituzioni scientifiche internazionali con sede a Trieste e a Venezia (si tratta in quest'ultimo caso dell'Ufficio UNESCO per la scienza e la tecnologia in Europa), all'interno di un unico e omogeneo polo scientifico.

La durata dell'Accordo, in base all'articolo VII, è indefinita, ma ciascuna Parte potrà denunciarlo con un preavviso scritto di 24 mesi all'altra Parte. D'altronde la validità dell'Accordo cesserà in ogni caso se la sede della TWAS fosse trasferita fuori del territorio italiano. Eventuali consultazioni riguardanti modifiche dell'Accordo avranno luogo su richiesta dell'UNESCO o del Governo italiano.

 

Per quanto concerne l’Inter Academy Medical Panel,si tratta di una struttura di coordinamento costituitasi nel 2000 con il Congresso degli Accademici Scientifici, alla quale sono associati medici e scienziati di tutto il mondo. Ne fanno parte dieci Paesi e raggruppamenti regionali (Stati Uniti, India, Giappone, Regno Unito, Africa Sub-Sahariana, Turchia, Filippine, Messico, Francia e Cina). Lo IAMP promuove la cooperazione tra le Accademie scientifiche della sanità pubblica, fornendo ai responsabili politici consulenze sulla salvaguardia della salute umana. Lo IAMP agisce quale interlocutore e consulente dei Governi dei Paesi più sviluppati nei confronti dei PVS. Il 25 marzo 2004, a Parigi, è stato deliberato l'insediamento, a Trieste, del Segretariato Esecutivo dello IAMP (presso la sede della TWAS), beneficiando del sostegno finanziario delle Autorità locali. Per il 2007, l'Amministrazione regionale giuliana ha erogato un contributo di 150.000 Euro[221].

 

Il comma 2-ter, introdotto nell’esame in Commissione Bilancio da un emendamento del Relatore, autorizza la spesa di 2 milioni per il 2008, di 5 milioni per il 2009 e di 6 milioni per il 2010, al fine di consentire la partecipazione italiana all’Expo di Shangai del 2010.

 

La legge finanziaria per il 2007, articolo unico, commi 951-952,ha assicurato le disponibilità finanziarie necessarie per la partecipazione a due importanti manifestazioni internazionali:

§       l’Esposizione internazionale di Saragozza, che si terrà dal 14 giugno al 14 settembre 2008 ed avrà per tema “L’acqua e lo sviluppo sostenibile”;

§       l’Esposizione Universale di Shangai, che si terrà dal 1° maggio al 31 ottobre 2010 sui temi dell’ambiente urbano e dello sviluppo sostenibile (il titolo è: “Migliore città, migliore vita”).

In particolare, ai sensi del comma 952, ai fini della partecipazione all'Esposizione di Shanghai 2010, è stata autorizzata la spesa di euro 800.000 per il 2007, di euro 1.250.000 per il 2008 e di euro 7.000.000 per il 2009.

Si segnala che analoghi provvedimenti furono adottati al fine di garantire il necessario supporto organizzativo alla partecipazione italiana alle due ultime esposizioni universali (Hannover 2000 e Aichi 2005).

I successivi commi 953-961 recano le disposizioni organizzative inerenti alla partecipazione italiana alle due manifestazioni in questione, mentre il comma 962 definisce le modalità con le quali si farà luogo alla copertura finanziaria di tali disposizioni.

In particolare, il comma 953 istituisce un Commissariato per l'Expo di Saragozza 2008 e un Commissariato generale per l'Expo di Shanghai 2010[222], e prevede che le due strutture cessino di operare entro nove mesi dalla chiusura delle rispettive Esposizioni, dopo la presentazione dei rendiconti finali delle spese di pertinenza (termine così incrementato rispetto ai sei mesi previsti dall’articolo 2 della legge n. 360/2003 per il Commissariato generale per l’Expo 2005 di Aichi).

In base al comma 955 sidovrà procedere, sempre con decreto del Ministro degli affari esteri, alla nomina dei Segretari generali[223] del Commissariato per Saragozza 2008 e del Commissariato generale per Shangai 2010.


 

Articolo 33
(Collettività italiane all’estero)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 33.

(Collettività italiane all'estero).

Art. 33.

(Collettività italiane all'estero).

 

1. Per le politiche generali concernenti le collettività italiane all'estero, la loro inte­grazione, l'informazione, l'aggiornamento e le iniziative di promozione culturale ad esse rivolte, ivi comprese la realizzazione, con decreto del Ministro degli affari esteri, della Conferenza dei giovani italiani nel mondo e del Museo della emigrazione ita­liana, nonché la valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all'estero e le mi­sure necessarie al rafforzamento e alla ra­zionalizzazione della rete consolare, è au­torizzata la spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2008.

Identico.

 

 

 

L’articolo 33, introdotto durante l’esame presso la 5a Commissione del Senato e modificato in Assemblea, autorizza la spesa, per l’anno 2008, di 14 milioni di euro da destinare alle politiche concernenti le collettività italiane residenti all’estero ed alle iniziative di promozione culturale ad esse rivolte. Tra le attività da realizzare, si ricordano, in modo particolare, la Conferenza dei giovani italiani nel mondo e il Museo dell’emigrazione italiana. Si prevedono, altresì, iniziative volte alla valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero e misure necessarie per il rafforzamento e la riorganizzazione della rete consolare.

 

L’articolo in oggetto, pur riferendosi in maniera generica ai vari ambiti di attività beneficiari dello stanziamento, trova tuttavia una sua unitarietà nel riferimento agli interventi da compiere sulla rete consolare: questa, infatti, che ben può necessitare di autonomi provvedimenti di razionalizzazione[224], trova nel proprio rafforzamento anche un potenziamento delle numerose competenze che la vigente normativa attribuisce ad essa nei confronti dei nostri connazionali residenti all’estero, tanto come individui quanto come collettività locali.

Va ricordato anzitutto che le attribuzioni dei Consolati nelle diverse materie di interesse dei singoli cittadini italiani all’estero sono previste dal DPR 5 gennaio 1967, n. 200, recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari. Per quanto invece concerne le collettività italiane all’estero, queste ricorrono nei riferimenti normativi alla stregua di nozione di fatto, cui i vari provvedimenti si rapportano.

Nel complesso, comunque, le competenze consolari vanno dalla formazione e trascrizione di atti di stato civile, quali la celebrazione di matrimoni, al rilascio e rinnovo di passaporti. I Consolati hanno inoltre la facoltà di compiere atti inerenti alla cittadinanza, nonché alla navigazione marittima nazionale all'estero. Presso i Consolati possono altresì compiersi funzioni inerenti ad atti notarili e testamenti, autentiche di firma, traduzioni e legalizzazioni, così come certificazioni doganali connesse al rimpatrio.

Più recentemente hanno assunto particolare importanza gli atti consolari inerenti al servizio elettorale, che in precedenza si limitavano all’organizzazione delle elezioni per gli organismi di rappresentanza locale (COMITES – Comitati degli italiani all’estero) e generale (CGIE – Consiglio generale degli italiani all’estero) dei nostri connazionali all’estero, nonché all’allestimento di apposite sezioni elettorali in occasione delle elezioni europee. Con l’approvazione nella XIII Legislatura delle necessarie modifiche costituzionali, e nel dicembre 2001 della legge 27 dicembre 2001, n. 459[225], i cittadini italiani residenti all’estero hanno acquistato il diritto di partecipare alle consultazioni politiche e referendarie in Italia, con la modalità del voto per corrispondenza, affidata per la preparazione, appunto, alla rete consolare.

Inoltre, i Consolati esercitano importanti funzioni sociali, nella misura in cui prestano assistenza per lo svolgimento di pratiche pensionistiche o assistenziali, ovvero provvedono all’erogazione di sussidi o al pagamento di spese mediche a favore di connazionali in stato di indigenza. Quest’ultima funzione viene talvolta esercitata da associazioni operanti nella circoscrizione consolare, che ricevono dal Ministero degli Affari esteri appositi contributi.

La protezione consolare si estende anche ad altre fattispecie: in particolare, i Consolati assistono i cittadini italiani detenuti o perseguiti nella circoscrizione di pertinenza, e quelli che subiscono incidenti (incluso il rimpatrio delle salme); è inoltre intrapresa la ricerca di connazionali che non danno più notizia di sé, e viene prestata l'assistenza necessaria a genitori italiani ai quali il coniuge straniero o doppio cittadino abbia sottratto un figlio portato all'estero.

Per quanto concerne poi la promozione culturale a favore delle collettività italiane, essa corre, nell’attività della rete diplomatico-consolare, parallelamente al più ampio contesto della diffusione della cultura e della lingua italiane all’estero, che il Ministero degli Affari esteri svolge in stretta collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il Ministero dell’istruzione, università e ricerca.

Oltre agli 89 Istituti italiani di cultura all’estero, è soprattutto la rete delle scuole italiane all’estero ad assicurare la diffusione della lingua italiana: nei confronti delle collettività italiane all’estero, in particolare, assumono importanza peculiare i corsi di lingua e cultura italiana previsti dall’art. 625 e disciplinati dall’art. 636 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297[226]. I corsi sono attualmente circa trentamila, e sono organizzati da enti, associazioni, comitati o scuole a livello locale, tutti finanziati dal Ministero degli Affari esteri. I docenti impiegati sono assunti in base alla normativa locale, purché in possesso di un titolo di studio valido per l’insegnamento. Si stima che gli allievi dei corsi di lingua italiana siano nel mondo oltre mezzo milione. La vigilanza sulla conduzione dei corsi spetta al Consolato competente per territorio, ove sono istituiti uffici scolastici con personale dei ruoli dirigenziale, docente e amministrativo.

Talora, e più spesso nei Paesi europei, a provvedere ai corsi sono insegnanti di ruolo distaccati presso il Ministero degli Affari esteri, che provvede a smistarli nelle varie circoscrizioni consolari.

Un’ulteriore modalità per la diffusione della lingua italiana è quella della stipula, nelle circoscrizioni consolari ove maggiore è la presenza di una comunità italiana, di convenzioni con le autorità scolastiche locali per l’inserimento dell’italiano nei rispettivi sistemi educativi. Le autorità italiane contribuiscono in tal caso alla formazione dei docenti locali, nonché con la fornitura di materiale didattico.

Per quanto poi concerne la valorizzazione del ruolo degli imprenditori italiani all’estero, va ricordata la legge 31 marzo 2005, n. 56[227]. In tale contesto operano i circa 150 Uffici commerciali presso le Rappresentanze diplomatico-consolari, unitamente ai 104 Uffici dell’I.C.E. (Istituto per il commercio estero) e alle 66 Camere di commercio italiane all’estero; inoltre la citata legge n. 56/2005 ha previsto la costituzione di sportelli unici all’estero, operanti in raccordo con le Rappresentanze diplomatico-consolari, per la consulenza e l’assistenza alle imprese, e soprattutto mediante il coordinamento delle iniziative promozionali realizzate localmente da tutti gli attori nazionali, incluse le regioni. La prima fase dell’iniziativa ha visto già nel 2004 l’integrazione fra rappresentanze diplomatico-consolari e Uffici dell’I.C.E.

In merito alla Conferenza dei Giovani Italiani all’estero si ricorda che la prima sessione ha avuto luogo a Roma dal 3 al 7 dicembre 2006, a latere dell’assemblea plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, con la partecipazione di 20 giovani italiani, provenienti da altrettanti Paesi esteri di residenza.

Il viceministro degli Affari esteri con delega per gli Italiani all’estero, ha annunciato l’istituzione del Museo nazionale delle Migrazioni, in occasione del convegno organizzato dalla Farnesina "Museo Nazionale delle Migrazioni. L’Italia nel mondo. Il mondo in Italia" svoltosi il 26 ottobre 2007. Il viceministro ha precisato che il Museo dovrebbe essere concepito non come un semplice luogo espositivo, ma come una testimonianza multimediale dei fenomeni dell’emigrazione italiana e dell’immigrazione nel nostro Paese. Il nuovo museo dovrebbe entrare in rete con i centri museali delle migrazioni presenti in tutto il mondo e con quelli regionali che già operano in Italia.


 

Articolo 34, commi 1-4
(Sviluppo professionale delle Forze armate)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 34.

(Sviluppo professionale delle
Forze armate).

Art. 34.

(Sviluppo professionale delle
Forze armate).

 

1. Gli importi previsti dalla tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché dalla tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, così come rideterminati dall'articolo 1, comma 570, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono incrementati di 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

1. Identico.

 

2. Allo scopo di continuare ad assicurare le capacità operative dello strumento militare per l'assolvimento dei compiti previsti dalla legge, la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 1238, della citata legge n. 296 del 2006, è incrementata di 140 milioni di euro per l'anno 2008.

2. Identico.

 

3. La dotazione del fondo istituito dall'articolo 1, comma 899, della citata legge n. 296 del 2006 è determinata in 20 milioni di euro per l'anno 2008, dei quali 7 milioni da destinare alla prosecuzione degli interventi relativi all'arsenale della Marina militare di Taranto e 1 milione da destinare al rilancio del Polo di mantenimento pesante nord di Piacenza.

3. Identico.

 

4. Nello stato di previsione del Ministero della difesa è istituito un fondo da ripartire per le esigenze di funzionamento dell'Arma dei carabinieri, con una dotazione di 40 milioni di euro per l'anno 2008. Con decreti del Ministro della difesa, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, si provvede alla ripartizione del fondo tra le unità previsionali di base del centro di responsabilità «Arma dei carabinieri».

4. Identico.

 

 

 

Il comma 1 dell’articolo 34 provvede ad incrementare gli stanziamenti destinati alla professionalizzazione delle Forze armate di un importo pari a 30 milioni di euro a decorrere dall’esercizio finanziario 2008.

Gli oneri relativi al processo di professionalizzazione delle Forze armate sono contenuti nella tabella A allegata alla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché nella tabella C allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226.

 

L’articolo 3, comma 1 della legge n. 331/2000[228], ha conferito una delega al Governo per l’adozione di un decreto legislativo diretto a disciplinare la progressiva trasformazione dello strumento militare in professionale, attraverso la sostituzione, entro sette anni dall’entrata in vigore del decreto medesimo, dei militari di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa.

La tabella A, allegata alla legge, ha determinato la misura massima degli oneri relativi agli anni dal 2003 fino al 2020, mentre l’onere a regime a decorrere dal 2020 è quantificato in un importo massimo di 1.096 miliardi di lire. È previsto, tuttavia, che qualora il tasso d’incremento degli oneri indicati nella tabella A risulti superiore al tasso di incremento del PIL indicato dal documento di programmazione economico-finanziario, le quote annue dell’onere corrispondenti alla differenza tra i due tassi di variazione siano determinate dalla legge finanziaria.

La legge n. 226/2004[229] ha poi disposto la sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e la disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata. Il comma 2 dell’articolo 23 prevede che, a decorrere dall'anno 2007 e fino al 31 dicembre 2020, le consistenze dei volontari in ferma prefissata e in rafferma di ciascuna Forza armata siano determinate annualmente con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, secondo un andamento coerente con l'evoluzione degli oneri complessivamente previsti per l'anno di riferimento dalla tabella A allegata alla legge n. 331/2000 e dalla tabella C allegata alla stessa legge n. 226/2004.

Per effetto della rideterminazione delle risorse operata dall’articolo 1, comma 570, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), il finanziamento previsto veniva ridotto nella misura del 15% e pertanto per l’esercizio finanziario 2007 risultava pari a 334 milioni di euro.

 

Il finanziamento previsto per l’esercizio finanziario 2008, a legislazione vigente, è pari a 364 milioni di euro.

 

Il comma 2 provvede ad incrementare gli stanziamenti destinati al fondo per le esigenze di funzionamento dello strumento militare, di cui all’articolo 1, comma 1238, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), di un importo pari a 140 milioni di euro a decorrere dall’esercizio finanziario 2008.

 

L’art. 1, comma 1238, della finanziaria 2007 ha istituito, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un Fondo di 350 milioni di euro per l'anno 2007, e di 450 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009, destinato a spese per il funzionamento dello strumento militare.

In particolare, le spese sono imputate alla realizzazione di interventi di sostituzione, ripristino e manutenzione ordinaria e straordinaria di mezzi, materiali, sistemi, infrastrutture, equipaggiamenti e scorte, nonché all'adeguamento delle capacità operative e dei livelli di efficienza delle componenti militari, anche in funzione delle missioni internazionali di pace. La norma dispone altresì che il fondo sia alimentato con i pagamenti a qualunque titolo effettuati da Stati o organizzazioni internazionali, ivi compresi i rimborsi corrisposti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, quale corrispettivo di prestazioni rese dalle Forze armate italiane nell'ambito delle missioni di pace.

Per quanto concerne i rimborsi delle Nazioni Unite per la partecipazione a operazioni di mantenimento della pace, si ricorda che essi fanno parte della normale prassi dei rapporti tra singoli Stati partecipanti e Nazioni Unite, stante il fatto che le truppe impiegate nelle operazioni di pace ONU vengono pagate dai loro governi nazionali, secondo il grado e livello salariale nazionale. Successivamente intervengono i rimborsi, che coprono (parzialmente) sia le spese per il personale militare che quelle per materiali vari ed equipaggiamenti, incluse le armi personali. Attualmente, i rimborsi mensili ai Paesi fornitori di truppe ammontano a 1.028 dollari USA per il salario e altre voci correlate, 303 dollari aggiuntivi per gli specialisti, 68 dollari per divise e equipaggiamento, 55 dollari per le armi personali.

I dieci maggiori contribuenti per le operazioni di pace ONU erano, al 1° gennaio 2006, Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Spagna, Cina e Paesi Bassi.

 

L’articolo 3 del decreto-legge n. 159 del 2007, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (collegato al disegno di legge finanziaria), detta norme sull'utilizzo del «Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile» (Fondo TFR), istituito dalla legge finanziaria 2007.

Tale Fondo è alimentato dai contributi versati mensilmente dai datori di lavoro - ad eccezione di quelli che abbiano alle proprie dipendenze meno di 50 addetti - corrispondenti alla quota di TFR maturata a decorrere dal 1° gennaio 2007 e non destinata alle forme pensionistiche complementari. Le risorse del Fondo, al netto di quelle necessarie per le finalità previdenziali, sono destinate al finanziamento degli specifici interventi indicati nell'elenco 1 allegato alla stessa legge finanziaria nei limiti degli importi ivi stabiliti. Tra questi interventi figura il finanziamento di quota parte del Fondo per le spese di funzionamento dello strumento militare, istituito ai fini del mantenimento in efficienza dello strumento militare, anche in funzione delle operazioni internazionali di pace. Rispetto alla dotazione complessiva del fondo, pari a 350 milioni di euro per l'anno 2007 e a 450 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, la parte finanziata con i versamenti del TFR, di cui al citato elenco 1, corrisponde a 160 milioni di euro per l'anno 2007, a 350 euro milioni nell'anno 2008 e ad euro 200 milioni nell'anno 2009. Poiché ai sensi della legge finanziaria 2007, l'utilizzo delle risorse finanziate dall'elenco 1 è subordinato all'effettivo afflusso dei versamenti al Fondo TFR e a procedure di riparto particolarmente complesse, l'articolo 3 del decreto legge n. 159/07 detta disposizioni per la semplificazione di quest'ultime, autorizzando l'utilizzo di una parte delle risorse destinate a ciascun intervento dall'elenco 1, a prescindere dall'effettivo afflusso degli introiti nel Fondo TFR. La risorse sono rese disponibili fino ad un massimo dell'ottanta per cento per l'anno 2007 e del settanta per cento per gli anni 2008 e 2009 degli importi iscritti nell'elenco stesso, computati, ai fini contabili, in termini di indebitamento netto, ossia in termini di competenza economica.

 

Il comma 3, nel testo modificato dal Senato, provvede a determinare, per l’anno 2008, gli stanziamenti destinati al Fondo per la ristrutturazione degli arsenali e degli stabilimenti militari, di cui all’articolo 1, comma 899, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007): l’importo pari a 20 milioni di euro, dei quali 7 espressamente riservati alla prosecuzione degli interventi relativi all’arsenale della Marina militare di Taranto – come nell’originaria formulazione – e 1 al rilancio del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza.

 

L’art. 1, comma 899, della legge finanziaria 2007 ha istituito, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, un fondo di conto capitale, destinato alla ristrutturazione ed all’adeguamento degli arsenali e degli stabilimenti militari, comprese le darsene interne.

La dotazione di tale fondo per il 2007 era pari a 20 milioni di euro. La ripartizione avviene con uno o più decreti del Ministro della difesa, da comunicarsi, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda che, dopo la riorganizzazione dell'area tecnico-industriale del Ministero della difesa, attuata dal D.Lgs. 28 novembre 1997, n. 459, gli stabilimenti e gli arsenali militari sono stati posti alle dipendenze dell’Ufficio Generale Gestione Enti Area Tecnico-Industriale, delle singole Forze armate o dell’Agenzia Industrie difesa (istituita dall’articolo 22 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300).

Fanno parte dell’Agenzia Industrie difesa le seguenti attività:

-        Stabilimento Militare Ripristini e Recuperi di Noceto di Parma;

-        Stabilimento Militare Munizionamento Terrestre di Baiano di Spoleto;

-        Stabilimento Militare Propellenti di Fontana Liri;

-        Stabilimento Militare Spolette di Torre Annunziata;

-        Stabilimento Militare Chimico Farmaceutico di Firenze;

-        Stabilimento Produzione Cordami di Castellammare di Stabia;

-        Arsenale Militare Marittimo di La Maddalena;

-        Stabilimento Militare Grafico di Gaeta;

-        Arsenale Militare Marittimo di Messina.

Le singole Forze armate gestiscono le seguenti strutture:

-        Arsenale militare marittimo di La Spezia

-        Arsenale militare marittimo di Taranto

-        Stabilimento NBC di Civitavecchia.

Altri stabilimenti militari, posti alle dipendenze dell’Ufficio Generale Gestione Enti Area Tecnico-Industriale, sono ubicati presso Nettuno, Torino, Ciriè, Pavia e Capua.

 

L'Arsenale M.M. di Taranto fa parte dell'area Tecnica-Industriale della Difesa (di cui rappresenta, con i quasi 2400 dipendenti civili, l'Ente anche numericamente più importante) ed i suoi compiti consistono principalmente nell'assicurare il supporto e l'efficienza delle Unità Navali, secondo un programma annuale di soste lavori e di interventi che viene proposto dallo Stato Maggiore, concordato ed approvato dall'Ispettorato Navale Logistico, previo esame congiunto con lo Stabilimento.

In aggiunta ai compiti istituzionali, l'Arsenale è chiamato a svolgere, nei limiti e con le modalità previste dai regolamenti e dalle leggi in vigore, attività che, seppure di carattere secondario, sono importanti e significative: assistenza alla Protezione Civile, interventi nelle calamità naturali, supporto alle Unità Navali appartenenti ad altre Forze Armate ed alla Marina Mercantile, assistenza ai barotraumatizzati. L'attività di pronto intervento o per i lavori programmati viene espletata da reparti di lavoro supportati da magazzini e laboratori. Vi sono numerosi reparti specializzati per le lavorazioni di bordo (da quelle più tradizionali: costruzione in ferro, congegnatoria, stampaggio bandiere, a quelle di consistente contenuto tecnologico: revisione e riparazione di impianti missilistici, T.L.C., radar, comando e controllo, riparazione moduli e schede elettroniche) più una Direzione di Supporto Diretto per le Unità in linea.

 

Si ricorda che, a seguito della riorganizzazione dell’area tecnico-industriale della Difesa di cui alla legge del 1997, n. 459, il Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza, costituito nella sede dell'attuale arsenale di Piacenza è posto, ai sensi del decreto ministeriale 20 gennaio 1998, alle dipendenze dell’Ispettorato logistico dell’esercito.

 

Il comma 4 prevede l’istituzione, nell’ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, di un Fondo per le esigenze di funzionamento dell’Arma dei Carabinieri.

La dotazione di tale fondo è quantificata in 40 milioni di euro e la relativa ripartizione è disposta mediante uno o più decreti del Ministro della difesa, da comunicarsi, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 34, commi 4-bis-4-quater
(Nucleo operativo del corpo forestale dello Stato di tutela ambientale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 34.

(Sviluppo professionale delle
Forze armate).

Art. 34.

(Sviluppo professionale delle
Forze armate).

 

 

4-bis. Al fine di rafforzare la sicu­rezza e la tutela dell'ambiente, con de­creto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell'ambiente e della tu­tela del territorio e del mare, è istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il Nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato di tutela ambientale. Il Nucleo di­pende funzionalmente dal Ministro del­l'ambiente e della tutela del territorio e del mare e concorre nell'attività di pre­venzione e repressione dei reati am­bientali e in materia di maltrattamento degli animali nelle aree naturali protette nazionali e internazionali. Nello svolgi­mento di tali compiti, il Nucleo può ef­fettuare accessi e ispezioni amministra­tive avvalendosi dei poteri previsti dalle norme vigenti per l'esercizio delle atti­vità istituzionali del Corpo. Con decreto del Presidente del Consiglio dei mini­stri, su proposta del Ministro delle poli­tiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è determinato il relativo contingente di personale. Re­stano, in ogni caso, ferme le compe­tenze previste per il Comando dei cara­binieri per la tutela dell'ambiente.

 

 

4-ter. All'istituzione del Nucleo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Dalle disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

 

4-quater. Gli arruolamenti autorizzati per l'anno 2007 dall'articolo 1, comma 574, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono essere effettuati anche nel 2008.

 

 

 

I commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 34, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, prevedono l’istituzione - presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - del Nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato di tutela ambientale, con la specifica finalità di rafforzare la sicurezza e la tutela dell’ambiente.

Per quanto riguarda la procedura per l’istituzione del Nucleo, la disposizione prevede un DPCM, su proposta del Ministro delle politiche forestali e alimentari e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; per quanto riguarda l’attività del Nucleo, essa ne dispone la dipendenza funzionale dal Ministro dell’ambiente e la funzione di concorrere all’attività di repressione dei reati ambientali e in materia di maltrattamento degli animali nelle aree naturali protette nazionali e internazionali.

A tal fine, il Nucleo è autorizzato ad effettuare accessi ed ispezioni amministrative avvalendosi dei poteri previsti dalle norme vigenti per l’esercizio dell’attività istituzionale del Corpo forestale.

 

Si richiama brevemente la legge 6 febbraio 2004, n. 36 recante Nuovo ordinamento del Corpo Forestale dello Stato, che con l'art. 1 ha definito la natura e i compiti istituzionali del C.F.S. riconoscendone la qualifica di forza di polizia e le funzioni di tutela del patrimonio agroforestale; esso svolge anche attività di polizia giudiziaria e di repressione dei reati contro il patrimonio agroambientale del Paese.

L'art. 2 ne disciplina le funzioni, che possono così essere individuate:

-       attività di ordine e sicurezza pubblica, in particolare relativamente ai territori montani ed alle aree rurali;

-       attività di sorveglianza controllo e repressione dei reati ambientali, anche in attuazione di convenzioni internazionali e di normative comunitarie;

-       attività di controllo volta al rispetto delle norme in materia di sicurezza alimentare e biosicurezza in genere;

-       pubblico soccorso ed interventi di rilievo nazionale di protezione civile su tutto il territorio nazionale anche con riferimento alla lotta agli incendi boschivi e all’utilizzo di mezzi aerei per il loro spegnimento;

-       attività di studio in merito alla rilevazione qualitativa e quantitativa delle risorse forestale;

-       attività di supporto al Ministero delle politiche agricole nella rappresentanza degli interessi forestali nazionali in sede comunitaria ed internazionale e nel raccordo con le politiche forestali regionali;

-       reclutamento, formazione e gestione del proprio personale;

-       ogni altro compito assegnatogli dalla legislazione vigente.

L'art. 3 stabilisce che il Corpo opera alle dipendenze del Ministro delle politiche agricole, fatta salva: la dipendenza funzionale dal Ministero dell'interno per gli interventi che riguardano l’ordine e la sicurezza pubblica, il pubblico soccorso e la protezione civile; la dipendenza dal Ministero dell’ambiente per tutta l’attività di tutela ambientale del territorio.

Con l'art. 4 sono regolati i rapporti tra il C.F.S. e le regioni. Qualora le stesse non intendano istituire propri servizi tecnici forestali, il Ministero delle politiche agricole può stipulare convenzioni per l'affidamento al C.F.S. di compiti e funzioni proprie delle regioni medesime. Viene, altresì, istituito un Comitato di coordinamento delle attività del C.F.S. con quelle dei servizi tecnici regionali.

 

Lo stesso comma 4-bis demanda ad un DPCM, su proposta del Ministro delle politiche forestali e alimentari e del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la determinazione dei contingenti di personale e fa salve le le competenze previste per il Comando dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente.

 

Si ricorda che nel 1986, unitamente all’istituzione del Ministero dell'Ambiente, fu istituito anche il Nucleo Operativo Ecologico (N.O.E.) dei Carabinieri, posto alle dipendenze funzionali di questo stesso ministero con compiti di vigilanza, prevenzione e repressione delle violazioni compiute in materia ambientale. Successivamente, con la legge 23 marzo 2001, n. 93, tale nucleo ha assunto la nuova denominazione di Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente, la cui struttura organizzativa è stata potenziata e calibrata su base interprovinciale, in modo da garantire una presenza qualificata su tutto il territorio nazionale.

 

Il comma 4-ter precisa che dall’istituzione del Nucleo non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e che si dovrà provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 4-quater, infine, consente di effettuare anche nel 2008 gli arruolamenti autorizzati per il 2007 dall’art. 1, comma 574, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

L’art. 1, comma 574, della legge n. 296 del 2006 autorizzava il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad avvalersi di strutture specialistiche del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, allo scopo di potenziare gli strumenti per la lotta alle forme di criminalità organizzata in campo ambientale, anche attraverso azioni di ricerca operativa e di intelligence. A tal fine il predetto Comando Carabinieri per la tutela dell’ambiente veniva autorizzato, per l'anno 2007, a ricorrere ad arruolamenti straordinari fino ad un massimo di venti unità di personale, anche in questo caso da considerarsi in soprannumero rispetto all'organico dell'Arma previsto dalle norme vigenti. Tale contingente avrebbe dovuto essere composto da sei tenenti, dodici ispettori e due appuntati/carabinieri.


 

Articolo 35
(Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 35.

(Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari).

Art. 35.

(Misure a sostegno di personale operante in aree militari e nei poligoni di tiro e incremento del fondo bonifiche delle aree militari).

 

1. Al fine di pervenire al riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché alle popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse all'esposizione e all'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e alla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, ovvero al coniuge, al convivente, ai figli superstiti nonché ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito di tali patologie, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010.

1. Al fine di pervenire al riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché al personale civile italiano nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse all'esposizione e all'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e alla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, ovvero al coniuge, al convivente, ai figli superstiti nonché ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito di tali patologie, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010.

 

2. Con regolamento da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro della salute, sono disciplinati i termini e le modalità per la corresponsione ai soggetti di cui al comma 1 ed entro il limite massimo di spesa ivi stabilito delle misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e 3 agosto 2004, n. 206.

2. Identico.

 

3. La dotazione del Fondo istituito all'articolo 1, comma 898, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinata in 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010.

3. Identico.

 

4. L'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 16 luglio 1997, n. 264, è ridotta dell'importo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

4. Identico.

 

 

 

L’articolo 35 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010 per provvedere al ristoro dei danni di coloro che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse:

a)      all’esposizione e all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito;

b)      all’esposizione alla dispersione di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico.

 

Si ricorda che l’uranio impoverito deriva dall’uranio naturale, un elemento radioattivo presente generalmente nel terreno e nelle rocce. L’uranio naturale contiene tre diversi isotopi: U-235, U-234 e U-238. L’uranio è il principale combustibile utilizzato nella produzione dell’energia nucleare. Per ottenere uranio di grado sufficientemente elevato per essere utilizzato in tale impiego è necessario effettuare un trattamento di arricchimento.

Il trattamento di arricchimento sopprime quasi completamente l’isotopo U-234 e i due terzi dell’U-235. La sostanza che residua dopo il trattamento, denominata uranio impoverito, è composta dell’isotopo meno radioattivo, l’U-238, che presenta una radioattività inferiore di circa il 60% di quella dell’uranio naturale.

Gli impieghi militari dell’uranio impoverito comprendono l’integrazione nelle blindature e nei proiettili anti-blindato. L’efficacia in tali impieghi è dovuta al fatto che l’uranio impoverito ha una densità del 65% maggiore del piombo e ciò lo rende particolarmente atto all'impiego nelle corazzature dei veicoli e nelle munizioni ad efficacia cinetica. I proiettili all’uranio impoverito sono infatti considerati fra i più efficaci proiettili anticarro. Al momento dell’impatto del proiettile contenente uranio impoverito si sviluppano temperature estremamente alte e parte del proiettile può vaporizzare (“aerosol”).

Recentemente, i vertici delle Forze armate, nell’ambito dell’indagine conoscitiva condotta dalla IV Commissione Difesa della Camera sulle servitù militari, hanno dichiarato che le forze armate italiane non hanno mai fatto uso di munizionamento ad uranio impoverito.

 

In particolare l'articolo in esame, al comma 1, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, autorizza la predetta spesa al fine di:

§       pervenire al riconoscimento della causa di servizio;

§       pervenire al riconoscimento di adeguati indennizzi

a favore delle seguenti categorie di soggetti:

a)      personale italiano impiegato:

-        nelle missioni militari all’estero,

-        nei poligoni di tiro;

-        nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti (senza ulteriore specificazione);

b)      personale civile italiano che si trovi:

-        nei teatri di conflitto;

-        nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale;

c)      il coniuge, il convivente, i figli superstiti, nonché i fratelli a carico delle persone di cui sopra, qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito delle suddette patologie.

 

Il comma 2 prevede che, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sia emanato un regolamento di delegificazione ai sensi della legge n. 400 del 1988[230], su proposta del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa e il Ministro della salute, per disciplinare le modalità e i termini per la corresponsione delle misure di sostegno e tutela previste per le vittime del dovere e del terrorismo ai sensi della leggi n. 466 del 1980[231],n. 302 del 1990[232], n. 407 del 1998[233] e n. 206 del 2004[234] e successive modificazioni.

 

La disciplina legislativa in materia di vittime del dovere e del terrorismo è particolarmente stratificata e complessa, tant'è che la legge di semplificazione per il 2005 [235], all'art. 3, ha previsto una delega triennale al Governo per il completo riassetto della normativa. Brevemente può ricordarsi che al godimento dei benefici già riconosciuti agli appartenenti ai corpi di polizia vittime del dovere, la legge del 1980 ammetteva i militari, i magistrati, il personale civile dell’Amministrazione penitenziaria, i cittadini italiani, stranieri, gli apolidi vittime di azioni terroristiche, nonché i familiari delle vittime decedute; successivamente la legge del 1990 estendeva i benefici anche alle vittime degli atti eversivi e della criminalità organizzata di tipo mafioso. Infine la legge del 2004 li ha estesi a tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti. Ha inoltre stabilito che coloro che hanno subito un'invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, sono equiparati, ad ogni effetto di legge, ai grandi invalidi di guerra di cui all'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915[236].

Da ultimo è intervenuto in materia l'articolo 34 del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 157, collegato al disegno di legge finanziaria per il 2008 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale), che al comma 1 estende alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti - individuate rispettivamente ai sensi della legge finanziaria 2006 e della legge n. 302 del 1990 - le elargizioni previste per le vittime del terrorismo dalla legge n. 206 del 2004. Risultano pertanto automaticamente equiparati alle vittime del terrorismo anche i soggetti già equiparati dalla legislazione vigente alle vittime del dovere, ossia coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

I benefici previsti per le vittime del terrorismo consistono nell'elargizione a favore di chi abbia subito un'invalidità permanente a causa di un atto di terrorismo, di un beneficio proporzionato alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale, e comunque non superiore a 200.000 euro; nell'elargizione a favore dei componenti della famiglia di colui che, in conseguenza dell'atto di terrorismo, abbia perso la vita, pari a 200.000 euro. La disposizione in esame prevede che ai beneficiari vadano compensate le somme già percepite.

Si segnala, per altro, che, per effetto delle modifiche introdotte dal Senato, è stata ampliata l'efficacia temporale della disposizione, nel senso che l'estensione dei benefici previsti per le vittime del terrorismo non è più limitata, come prevedeva originariamente il decreto-legge, alle sole vittime del dovere e alle vittime della criminalità organizzata ed ai relativi familiari superstiti riconosciute tali alla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Di conseguenza, è stata inserita una autorizzazione di spesa, non solo per l'anno 2007, ma anche per gli anni seguenti, per far fronte agli oneri derivanti dai riconoscimenti successivi alla predetta data.

Sempre per effetto delle modifiche introdotte dal Senato, sono state apportate alcune novelle alla legge sulle vittime del terrorismo (legge n. 206 del 2004).

In primo luogo, è stata ampliata la nozione di «atto di terrorismo», anche alle «azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici e aperti al pubblico». Come emerge dal dibattito presso la Commissione bilancio del Senato, la disposizione è finalizzata a estendere i benefici della legge sulle vittime del terrorismo anche alle vittime di atti criminosi indiscriminati e ripetitivi dei quali potrebbe non essere certa la finalità terroristica.

In secondo luogo, il trattamento economico riservato a chi abbia subito un'invalidità permanente in conseguenza di atti di terrorismo, nonché alle vedove e agli orfani, ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennità di fine rapporto, o di altro trattamento equipollente, viene determinato non più facendo riferimento agli incrementi stipendiali previsti dall'articolo 2 della legge n. 336 del 1970 a favore dei dipendenti pubblici ex combattenti o assimilati, ma alla retribuzione pensionabile incrementata del 7,5 per cento.

In terzo luogo, in relazione ai benefici riconosciuti dalla legge finanziaria 2007 ai soggetti che abbiano subito un'invalidità permanente di qualsiasi entità e grado della capacità lavorativa, a causa di atti di terrorismo o ai loro familiari (il coniuge e i figli anche maggiorenni) siano essi dipendenti pubblici o privati, si prevede un'indennità, a favore dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti, a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto. Tale indennità è determinata applicando appositi parametri ad una base, rappresentata dalla media dei redditi da lavoro autonomo o da attività libero professionale percepiti negli ultimi cinque anni di contribuzione, moltiplicata per dieci.

 

Il comma 3 stabilisce che la dotazione del Fondo per le bonifiche delle aree militari è fissata in 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

 

Si ricorda che il Fondo per le bonifiche delle aree militari è stato istituito con l’articolo 1, comma 898 della legge finanziaria per il 2007. Si tratta di un fondo di conto capitale, previsto nello stato di previsione del Ministero della Difesa, destinato alle bonifiche delle aree militari, sia dismesse che attive, e di pertinenza dei poligoni militari di tiro, nonché delle unità navali, da effettuarsi d’intesa con il Ministero dell’Ambiente, anche mediante l’impiego del Genio militare. La dotazione iniziale era di 25 milioni di euro. La ripartizione del fondo va effettuata con decreti del Ministro della Difesa, emanati di concerto con il Ministero dell’Ambiente e comunicati al Ministero dell’Economia e Finanze.

 

Il comma 4 dispone che l’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 16 luglio 1997, n. 264[237], sia conseguentemente ridotta dell’importo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

Si segnala che nel testo disponibile al momento della redazione delle schede di lettura, risulta un riferimento all’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 264 del 1997, relativo al riordino dell’area centrale della Difesa, che peraltro non sembra prima facie contenere una espressa autorizzazione di spesa.


 

Articolo 36
(Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 36.

(Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica).

Art. 36.

(Razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica).

 

1. Il Ministero della giustizia provvede entro il 31 gennaio 2008 ad avviare la realizzazione di un sistema unico nazionale, articolato su base distrettuale di corte d'appello, delle intercettazioni telefoniche, ambientali e altre forme di comunicazione informatica o telematica disposte o autorizzate dall'autorità giudiziaria, anche attraverso la razionalizzazione delle attività attualmente svolte dagli uffici dell'amministrazione della giustizia. Contestualmente si procede all'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 96 del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni.

Identico.

 

2. Il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, procede al monitoraggio dei costi complessivi delle attività di intercettazione disposte dall'autorità giudiziaria.

 

 

 

 

L'articolo 36 prevede la razionalizzazione del sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e di altre forme di comunicazione informatica o telematica.

 

In particolare, il comma 1 prevede, nel primo periodo, che il Ministro della giustizia, entro il 31 gennaio 2008, avvii la realizzazione di un "sistema unico" nazionale delle intercettazioni telefoniche, ambientali e di altre forme di comunicazione informatica o telematica disposte o autorizzate dall’autorità giudiziaria, anche attraverso la razionalizzazione delle attività attualmente svolte dagli uffici dell’Amministrazione della giustizia.

Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato è stato specificato che tale sistema unico dovrà essere articolato su base distrettuale di corte d’appello.

 

Tale specificazione sembrerebbe armonizzare la disposizione in esame con il contenuto del disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, approvato dalla Camera e attualmente all'esame della II Commissione del Senato (A.S. 1512, Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali e di pubblicità degli atti di indagine). L'art. 9 di tale disegno di legge, infatti, modifica l'art. 268 c.p.p., stabilendo che le operazioni di registrazione siano compiute per mezzo degli impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica istituiti presso le procure generali o presso le procure della Repubblica della sede del distretto di corte di appello.

 

Sebbene la disposizione in esame non fornisca dettagli sulle caratteristiche di tale sistema unico, parrebbe che esso debba condurre ad una razionalizzazione delle spese connesse all'esecuzione delle operazioni di intercettazione.

La relazione di accompagnamento del disegno di legge finanziaria (A.S. 1817), infatti, afferma che il sistema unico nazionale «consentirà di superare l’attuale ricorso al noleggio di apparati in sede locale».

 

Si ricorda che i costi connessi alle operazioni di intercettazione derivano da tre distinte voci: dalla remunerazione degli operatori delle comunicazioni che svolgono le intercettazioni; dall’acquisizione dei tabulati telefonici; dal noleggio dei macchinari.

Per quanto riguarda il costo delle intercettazioni, in Italia, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi europei, gli operatori telefonici, sebbene obbligati a collaborare con l'autorità giudiziaria, hanno diritto ad ottenere una controprestazione economica per le attività connesse all'intercettazione.

Ai sensi dell'art. 7, comma 13, del D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318[238], infatti, «le prestazioni effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie sono obbligatorie, non appena tecnicamente possibile da parte dell'organismo di telecomunicazioni nei tempi e nei modi che questo concorderà con le predette Autorità. Le prestazioni relative alle richieste di intercettazioni vengono remunerate secondo un listino, redatto per tipologie e fasce quantitative di servizi, proposto dall'organismo di telecomunicazioni ed approvato dal Ministero delle comunicazioni di concerto con il Ministero della giustizia». Il listino è stato approvato con D.M. 26 aprile 2001[239] .

Successivamente, il D.P.R. 318/1997 è stato abrogato dal decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259[240] , il cui art. 96 (rubricato "Prestazioni obbligatorie") prevede l’obbligatorietà, per gli operatori, di acconsentire alle richieste di intercettazioni da parte dell’autorità giudiziaria. I tempi e i modi delle intercettazioni sono concordati con le predette autorità in attesa dell’approvazione di un apposito repertorio.

Il ristoro dei costi sostenuti dagli operatori e le modalità di pagamento sono stabiliti con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, in forma di canone annuo determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell'anno precedente.

Il repertorio dovrà essere approvato con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con i Ministri della giustizia e dell'interno. Nelle more dell’approvazione del repertorio, continua ad applicarsi il listino adottato con D.M. 26 aprile 2001.

 

Per quanto riguarda il noleggio delle apparecchiature, attualmente il procedimento di scelta del contraente per la fornitura del servizio in questione avviene a livello di singola Procura.

 

Il Ministero della Giustizia, Direzione generale di statistica, ha pubblicato sul proprio sito internet i dati nazionali relativi ai costi delle intercettazioni e del noleggio degli apparati nel quadriennio 2003-2006 .

 

(importi totali in euro)

2003

2004

2005

2006

263.861.624

254.053.063

286.962.492

223.976.088

 

Il secondo periodo del comma 1 dispone affinché, contestualmente all'avvio del sistema unico, si proceda all’adozione dei provvedimenti previsti dal citato art. 96 del d.lgs. n. 259 del 2003 (v. sopra): repertorio delle prestazioni obbligatorie e decreto sui costi.

 

Ai sensi del comma 2, il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, procede al monitoraggio dei costi complessivi delle attività di intercettazione disposte dall’autorità giudiziaria.

 

In relazione alla disposizione in esame si osserva che la medesima appare formulata in maniera particolarmente generica. Al riguardo, in considerazione della delicatezza dei dati oggetto del citato monitoraggio e della fase processuale in cui vengono disposte le intercettazioni, andrebbe valutata l'opportunità di chiarire le modalità ed i tempi di trasmissione, al Ministero competente, dei dati relativi ai costi delle citate operazioni disposte dall'autorità giudiziaria.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

 

Il 18 luglio 2007 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora[241] all’Italia per l’affidamento diretto di appalti pubblici aventi ad oggetto forniture e servizi collegati alle attività di intercettazione telefonica ed ambientale, nonché i servizi connessi a tali attività di trascrizione del contenuto delle registrazioni, senza ricorrere ad alcuna procedura di messa in concorrenza. Tali forniture e servizi sono state affidati, secondo le informazioni ricevute dalla Commissione, per finalità di ordine giudiziario, su richiesta delle Procure della Repubblica istituite presso ciascun tribunale italiano, direttamente a soggetti esterni all’amministrazione.

Nella nota inviata dalle Autorità italiane il 10 aprile 2007 viene specificato che il sistema e le operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale e le attività connesse sono gestite in modo decentrato da ciascuna Procura, relativamente alla propria competenza territoriale. Le Autorità ritengono che, in attesa dell’entrata in vigore del regime definitivo di gara unico a livello nazionale con più lotti, l’aggiudicazione degli appalti in questione da parte delle Procure della Repubblica avvenga comunque nel rispetto delle norme e dei principi di diritto comunitario primario contenuti nel Trattato CE, ed in particolare dei principi di libertà di stabilimento (art. 43) e di libera prestazione di servizi (art. 49), nonché dei principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. Secondo le Autorità italiane, il rispetto di tali principi sarebbe assicurato nello specifico attraverso l’incremento delle imprese cui gli Uffici di Procura possono rivolgersi al fine di ottenere i servizi richiesti nonché la predisposizione di documenti di gara standard da parte del Ministero di Giustizia per la selezione dell’operatore mediante procedure negoziate. La giustificazione del ricorso a tali procedure sembra potersi rinvenire nel provvedimento del Ministero della Giustizia del 2 ottobre 2002, che dichiara la segretezza di tutte le attività necessarie alla realizzazione del sistema informativo dei centri di intercettazione telefonica, dei sistemi a loro in dotazione e del software di gestione.

La Commissione rileva che le Autorità italiane non hanno esplicitato quali sono le esigenze di segretezza che giustificherebbero il ricorso generalizzato, da parte delle amministrazioni competenti, alle deroghe alle regole comunitarie in materia di aggiudicazione di appalti pubblici per gli affidamenti dei servizi e delle forniture in questione, e non hanno fornito la prova che il ricorso a procedure negoziate senza osservare alcuna forma di pubblicità preventiva sia al tempo stesso necessario e proporzionato per tutelare tali esigenza. Più in particolare, le informazioni trasmesse dalle Autorità italiane nonché il provvedimento ministeriale, pur facendo riferimento alle disposizioni nazionali in materia di appalti pubblici dichiarati segreti, non forniscono alcuna indicazione sulle ragioni della dichiarazione di segretezza relativa all’aggiudicazione degli appalti in questione, né tanto meno sulle ragioni per le quali le esigenze di segretezza relative alle operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale osterebbero all’applicazione, da parte delle amministrazioni competenti, delle regole comunitarie in materia di appalti pubblici per le aggiudicazioni in discorso.

 

La Commissione ritiene, pertanto, che l’Italia sia venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù della direttiva 92/50/CE (ed in particolare degli articoli 11, 15 e 17), che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi,della direttiva 93/36/CEE (ed in particolare degli articoli 6 e 9), che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture,  e della direttiva 2004/18/CEE (ed in particolare degli articoli 28, 35 e 36) relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, nonché degli articoli 28, 43 e 49 del Trattato CE e del principio di non discriminazione sulla base della nazionalità.


 

Articolo 37
(Misure in favore della giustizia minorile)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 37.

(Misure in favore della giustizia minorile).

Art. 37.

(Misure in favore della giustizia minorile).

 

1. Al fine di garantire la continuità dei servizi di assistenza e di vigilanza nei confronti dei minorenni collocati, a seguito di provvedimento dell'autorità giudiziaria, nelle comunità dell'amministrazione della giustizia minorile, previste dall'articolo 10 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, al personale appartenente ai profili di operatore e di assistente di vigilanza è corrisposta, in presenza di articolazioni di orario, l'indennità di turnazione prevista dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri, con modalità e criteri che sono stabiliti in sede di contrattazione integrativa.

Identico.

 

2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzato in favore del Ministero della giustizia uno specifico stanziamento di euro 307.000 per l'anno 2008.

 

 

 

 

L'articolo 37 prevede la corresponsione dell'indennità di turnazione agli operatori ed agli assistenti di vigilanza in servizio presso le comunità di cui all'art. 10 del decreto legislativo n. 272 del 1989[242], organizzate dall'amministrazione della giustizia minorile (comma 1).

 

Ai sensi dell'art. 10 del decreto legislativo n. 272/1989, i centri per la giustizia minorile stipulano convenzioni con comunità pubbliche e private, associazioni e cooperative che operano in campo adolescenziale e che siano riconosciute o autorizzate dalla regione competente per territorio. Essi possono altresì organizzare proprie comunità, anche in gestione mista con enti locali.

L'organizzazione e la gestione delle comunità deve rispondere ai seguenti criteri:

a)       organizzazione di tipo familiare, che preveda anche la presenza di minorenni non sottoposti a procedimento penale e capienza non superiore alle dieci unità, tale da garantire, anche attraverso progetti personalizzati, una conduzione e un clima educativamente significativi;

b)       utilizzazione di operatori professionali delle diverse discipline;

c)       collaborazione di tutte le istituzioni interessate e utilizzazione delle risorse del territorio.

Operatori dei servizi minorili dell'amministrazione della giustizia possono essere distaccati presso comunità e strutture pubbliche o convenzionate per compiti di collaborazione interdisciplinare.

Le comunità sono dunque strutture utilizzate, nella maggior parte dei casi, per l'esecuzione delle misure cautelari non detentive e della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario, con dimensioni strutturali e organizzative connotate da una forte apertura al contesto ambientale.

I collocamenti in comunità possono essere disposti sia verso le comunità dell'amministrazione della giustizia minorile, avviate e gestite direttamente dall'amministrazione stessa (cui si riferisce la disposizione in esame), sia verso comunità private, associazioni e cooperative, con cui l'amministrazione della giustizia minorile stipula convenzioni, al fine di aumentare la possibilità di accesso dei minori a tale tipo di strutture.

 

L'indennità in questione, corrisposta in presenza di articolazioni di orario, è prevista dal contratto collettivo nazionale del comparto Ministeri. Le modalità e i criteri di corresponsione sono stabiliti in sede di contrattazione integrativa.

 

A tal fine, comunque, il comma 2 autorizza, a favore del Ministero della giustizia, uno stanziamento di 307.000 euro per l'anno 2008.


 

Articolo 37-bis
(Norme per il finanziamento dell’OIC, dell’IASB e dell’EFRAG)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 37-bis.

(Norme per il finanziamento dell'OIC, dell'IASB e dell'EFRAG).

 

 

1. Al finanziamento dell'Organismo italiano di contabilità (OIC), fondazione di diritto privato avente piena autono­mia statutaria, concorrono le imprese attraverso contributi derivanti dall'ap­plicazione di una maggiorazione dei di­ritti di segreteria dovuti alle camere di commercio con il deposito dei bilanci presso il registro delle imprese ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

 

 

2. Il Collegio dei fondatori dell'OIC stabilisce annualmente il fabbisogno di finanziamento dell'OIC nonché le quote del finanziamento di cui al comma 1 da destinare all'International Accounting Standards Board (IASB) e all'European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).

 

 

3. Il Ministro dello sviluppo econo­mico, di concerto con il Ministro dell'e­conomia e delle finanze, provvede con decreto, ai sensi dell'articolo 18, comma 2, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, a definire la misura della maggiorazione di cui al comma 1 sulla base delle indicazioni di fabbisogno trasmesse dall'OIC. Con lo stesso de­creto sono individuate le modalità di corresponsione delle relative somme all'OIC tramite il sistema camerale.

 

 

 

L'articolo 37-bis, introdotto nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria presso la Commissione bilancio della Camera, dispone che al finanziamento dell’Organismo italiano di contabilità (OIC) si provveda mediante un incremento dei diritti di segreteria versati dalle imprese per il deposito dei bilancio presso il registro delle imprese tenuto nelle Camere di commercio, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera e), della legge n. 580 del 1993.

 

L'Organismo Italiano di Contabilità è una fondazione costituita in data 27 novembre 2001. La struttura dell'OIC è formata da: un Collegio dei Fondatori, un Consiglio di Amministrazione, un Comitato Esecutivo, un Comitato Tecnico-Scientifico e un Collegio dei Revisori dei Conti.

Alla stipula dell'atto costitutivo hanno partecipato, in qualità di Fondatori, le organizzazioni rappresentative delle principali categorie di soggetti privati interessate alla materia. In particolare, gli attuali componenti del Collegio dei Fondatori, sono: per la professione contabile, l'Assirevi, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e il Consiglio Nazionale dei Ragionieri; per i preparers, l'Abi, l'Andaf, l'Ania, l'Assilea, l'Assonime, la Confagricoltura, la Confapi, la Confcommercio e la Confindustria; per gli analisti e investitori finanziari (users), l'Aiaf, l'Assogestioni e la Centrale Bilanci; per i mercati mobiliari, la Borsa Italiana.

Ai sensi dell’articolo 4 dello Statuto, il patrimonio della Fondazione è costituito:

- dal fondo di dotazione costituito dai conferimenti in denaro o beni mobili e immobili, o altre utilità impiegabili per il perseguimento degli scopi, effettuati dai Fondatori o da terzi;

- dai beni che potranno pervenire alla Fondazione per testamento, donazione o ad altro titolo nonché da contributi da parte di privati, enti, istituzioni italiane, estere o sovranazionali, espressamente destinati ad incremento del patrimonio;

- dagli avanzi della gestione annuale riportati a nuovo.

L’articolo 5 dello Statuto stabilisce che il fondo di gestione è costituito:

- dalle rendite e dai proventi derivanti dal patrimonio della Fondazione medesima;

- da eventuali donazioni o disposizioni testamentarie, che non siano espressamente destinate al patrimonio;

- da eventuali contributi attribuiti da parte di privati, enti (pubblici e privati), istituzioni italiane, estere o sovranazionali, senza espressa destinazione al patrimonio;

- dai contributi dei Fondatori e degli Aderenti;

- dai ricavi delle attività istituzionali, accessorie, strumentali e connesse.

I principali compiti dell'OIC sono:

-        emanare principi contabili per la redazione dei bilanci delle aziende private, non profit e pubbliche per i quali non è prevista l'applicazione degli Ias;

-        coadiuvare il legislatore nell'emanazione della normativa in materia contabile e connessa;

-        fornire supporto all'applicazione in Italia dei principi contabili internazionali;

-        svolgere un ruolo di collaborazione e di stimolo nei confronti dello IASB;

-        operare in stretto contatto con l’EFRAG, di cui è una sorta di "second staff";

-        promuovere la cultura contabile.

L'OIC, coordinando i propri lavori con le attività degli altri "standard setters" europei, nel rispetto delle norme di legge e regolamentari vigenti, fornisce inoltre il supporto tecnico in relazione all'applicazione in Italia dei principi contabili internazionali e delle direttive comunitarie in materia contabile.

 

Il successivo comma 2 dispone che il Collegio dei Fondatori dell’OIC stabilisca annualmente il fabbisogno di finanziamento dell’Organismo e le quote dello stesso da destinare all’International Accounting Standards Board (IASB) e all’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).

 

     L'International Accounting Standards Committee (IASC), ora denominato International Accounting Standards Board (IASB) è l’organismo responsabile dell’emanazione dei principi contabili internazionali. In qualità di ente di carattere privatistico, lo IASB non vanta alcun “diritto di imposizione” nei confronti degli organismi che vi aderiscono e, di conseguenza, non può obbligare loro l’utilizzo dei propri principi, dovendosi limitare a incentivarne la libera accettazione. Il suo operato, tuttavia, acquisisce autorevolezza grazie all’appoggio del Comitato di Basilea, della IOSCO, dell’EFRAG, di organismi intergovernativi quali OCSE e ONU e di enti per lo sviluppo come la Banca Mondiale.

     L’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), è un organismo tecnico di riferimento dell’Unione europea e ad esso l’Unione fa riferimento per valutare la capacità dei principi contabili internazionali (Ias/Ifrs) di rappresentare «in modo veritiero e corretto» la situazione aziendale delle società europee, e contestualmente, di tutelare l’«interesse pubblico europeo» come specificato nell’articolo 3 del Regolamento 1606/2002. Le principali funzioni di tale organismo sono:

-        contribuire attivamente e in maniera propositiva al lavoro svolto dallo IASB;

-        coadiuvare la Commissione Europea nella modifica delle direttive comunitarie

-        fornire il necessario supporto tecnico per confermare o meno l'applicabilità degli IFRS e delle relative interpretazioni quali principi contabili dell'Unione Europea.

Più specificamente si ricorda che ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1606/2002 si intendono per «principi contabili internazionali» gli International Accounting Standards (IAS), gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e le relative Interpretazioni (interpretazioni SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall'International Accounting Standards Board (IASB).

 

Ai sensi del comma 3, il fabbisogno individuato dal Collegio dei fondatori è comunicato al Ministro dello sviluppo economico il quale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, definisce la misura della maggiorazione del diritto camerale e individua le modalità di corresponsione delle relative somme all’OIC, provvedendo con decreto ex art. 18, comma 2, legge n. 580/1993.

 

In sintesi, si ricorda che l'articolo 18 della leggen. 580/93"Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”, indica tra le fonti di finanziamento un diritto annuale dovuto da ogni impresa iscritta o annotata nel registro. Tale diritto, istituito dall'articolo 34 del D.L. n. 786 del 1981 (conv. con modif. dalla legge n. 51 del 1982), viene determinato con decreto del Ministro dell'industria (ora delle attività produttive), di concerto con il Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in relazione al fabbisogno finanziario dei servizi dovuti dal sistema camerale sul territorio nazionale, detratto di una quota connessa ad un gradiente di efficienza determinato dopo aver acquisito il parere dell'Unioncamere e delle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale.


 

Articolo 38
(Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale
in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia
e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 38.

(Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale in posizione di comando ap­partenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco).

Art. 38.

(Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco).

 

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 6-septies, del decreto-legge 28 di­cembre 2006, n. 300, convertito, con modi­ficazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, a decorrere dal 1o febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale ed accessorio attinente alla posizione di co­mando del personale appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle am­ministrazioni utilizzatrici dello stesso. Resta fermo il divieto di cumulabilità previsto dal­l'articolo 3, comma 63, della legge 24 di­cembre 1993, n. 537.

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 6-septies, del decreto-legge 28 di­cembre 2006, n. 300, convertito, con mo­dificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, a decorrere dal 1o febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale ed accessorio attinente alla posizione di co­mando del personale appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle am­ministrazioni utilizzatrici dello stesso. La disposizione di cui al precedente pe­riodo si applica anche alle assegna­zioni di cui all'articolo 33 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che superano il contingente fissato dal decreto del Pre­sidente del Consiglio dei ministri ivi previsto. Resta fermo il divieto di cumula­bilità previsto dall'articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

 

 

 

L’articolo 38 stabilisce che, a decorrere dal 1° febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale e accessorio attinente alla posizione di comando del personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici.

La ratio di tale disposizione è esplicitata in sede di relazione illustrativa e tecnica, laddove il Governo afferma che pur non determinando risparmi di spesa “si può presumere che [...] determini un decremento del personale comandato, e conseguentemente un recupero delle unità a disposizione per compiti d’istituto”.

L’elemento di innovazione introdotto dalla norma in esame sembra pertanto essere quello di porre in ogni caso a carico della amministrazione utilizzatrice (sia essa statale o meno) l’onere di corresponsione del trattamento economico spettante al personale de quo in posizione di comando.

La disciplina generale del comando, ove non disapplicata a livello di contrattazione collettiva (per il personale “privatizzato”), è posta dagli articoli 56 e ss. del D.P.R. 3/1957[243]. In particolare, l’articolo 57 (Trattamento del personale comandato e carico della spesa) del D.P.R. citato attribuisce la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale all'amministrazione di appartenenza, mentre carica quella relativa alla spesa del personale comandato presso enti pubblici direttamente ed interamente all'ente presso cui detto personale va a prestare servizio; tale ente è, altresì, tenuto a versare all'amministrazione statale cui il personale stesso appartiene l'importo dei contributi e delle ritenute sul trattamento economico previsti dalla legge. Il periodo di tempo trascorso nella posizione di comando è computato agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza. Alle promozioni di tutto il personale comandato, nonché agli aumenti periodici, provvede l'amministrazione cui l'impiegato appartiene organicamente.

 

In virtù di un’integrazione al testo operatadalla V Commissione Bilancio[244], la disciplina precedentemente illustrata si applica altresì al personale dei corpi di polizia assegnato alla Presidenza del Consiglio dei ministri di cui all’art. 33 della L. 400/1988[245], nel caso in cui venga superato il contingente fissato dal decreto del Presidente del Consiglio previsto per l’assegnazione.

 

Il contingente di personale proveniente dai Corpi della Polizia di Stato di cui all’art. 33, L. 400/1988 viene assegnato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato di concerto con i Ministri dell'interno e dell’economia. I posti nei rispettivi corpi di appartenenza resisi vacanti a seguito dell’assegnazione sono considerati disponibili per nuove nomine. La restituzione del personale al corpo di appartenenza avviene, ove necessario, anche in soprannumero, salvo successivo riassorbimento.

 

L’articolo in esame stabilisce altresì che le disposizioni recate dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006[246] così come modificato dalla L. di conversione 17/2007 rimangano invariate.

La norma da ultimo citata dispone che fino al 31 dicembre 2011, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché presso gli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 14, comma 2, del D. Lgs. 165/2001[247] cui ciascun ministro può avvalersi, per l’esercizio delle funzioni, che gli sono proprie, di indirizzo politico-amministrativo e di controllo della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli indirizzi impartiti, continua ad applicarsi la disposizione di cui al sopra citato art. 57 del testo unico di cui al D.P.R. 3/1957. Al medesimo personale indicato dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006, e fino alla data del 31 dicembre 2011, non si applicano, altresì, il limite di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 133 del D. Lgs. 217/2005[248] ovvero la disposizione secondo la quale possono essere collocati in posizione di comando o fuori ruolo non più di cinque unità di personale di livello dirigenziale contemporaneamente, e la disposizione di cui al comma 3 del medesimo art. 133 ai sensi della quale il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativi al personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo sono a carico dell'amministrazione di destinazione.

 

Resta fermo, secondo quanto precisato dal secondo periodo della disposizione in esame, il divieto posto dall’art. 3, comma 63 della L. 537/1993[249], ossia la non cumulabilità di indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall'amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell'amministrazione presso la quale i pubblici dipendenti “comandati” prestano servizio.

 

Si ricorda infine che il personale delle Forze di polizia e quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono tuttora in regime di diritto pubblico (art. 3 del D. Lgs. 165/2001). Inoltre con la firma, il 31 ottobre 2007 del rinnovo del contratto di lavoro 2006-2007, tutto il personale del Corpo dei Vigili del fuoco (dirigenti, direttivi, personale operativo e personale amministrativo) è entrato nel comparto di contrattazione di diritto pubblico.


 

Articolo 39
(Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 39.

(Potenziamento della sicurezza e del
soccorso pubblico).

Art. 39.

(Potenziamento della sicurezza e del
soccorso pubblico).

 

1. Per l'anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soc­corso pubblico, ad esclusione delle spese per il personale e di quelle destinate al ri­pianamento delle posizioni debitorie, con una dotazione di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni di euro per le specifiche neces­sità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da ripartire con uno o più decreti del Mini­stro dell'interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero del­l'economia e delle finanze, tramite l'Uffi­cio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

1. Per l'anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico, per il rinnovo e l'ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ad esclusione delle spese per il personale e di quelle destinate al ripiana­mento delle posizioni debitorie, con una dotazione di 200 milioni di euro, di cui 40 milioni di euro per le specifiche necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da ripartire con uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Mi­nistro della difesa e con il Ministro della giustizia, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

2. Per l'anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'in­terno un fondo di parte corrente per il rinnovo e l'ammodernamento degli au­tomezzi e degli aeromobili delle forze di Polizia di Stato, con una dotazione ini­ziale di 10 milioni di euro da ripartire secondo le modalità previste nel comma 1.

Vedi comma 1.

 

3. Per evitare eccessive limitazioni alle prestazioni di lavoro straordinario, a decorrere dall'anno 2008 sono stanziati 10 milioni di euro, da destinare al per­sonale delle forze di Polizia di Stato.

Soppresso.

 

 

 

L’articolo in esame istituisce per il 2008, presso il Ministero dell'interno, un fondo per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico nonché per il rinnovo e l’ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco

La dotazione del Fondo è  di 200 milioni di euro, di cui 40 milioni per le necessità del Corpo nazionale dei vigili del  fuoco, da ripartire tramite uno o più decreti del Ministro dell’interno.

Dallo stanziamento sono escluse le spese per il personale e quelle per il ripianamento delle posizioni debitorie.

 

Relativamente alle forze di Polizia[250] l’art. 16 della L. 121/1981[251] prevede che la tutela dell’ordine e della sicurezza sia affidata in via prioritaria alle due Forze di Polizia a competenza generale, ovvero, Polizia e Carabinieri, e in termine di concorso permanente alla Guardia di Finanza, cui si aggiunge il concorso eventuale del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato. La norma stabilisce altresì che le forze di polizia possono essere utilizzate anche per il servizio di pubblico soccorso. Il Ministro dell'interno, responsabile della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, coordina i compiti e le attività delle forze di polizia in materia. Più precisamente, in seno al Ministero dell’interno, le competenze in tema di sicurezza spettano al Dipartimento della pubblica sicurezza, che provvede:

-        all'attuazione della politica dell'Ordine e della Sicurezza Pubblica;

-        al coordinamento tecnico-operativo delle Forze di Polizia;

-        alla direzione e amministrazione della Polizia di Stato;

-        alla direzione e gestione dei supporti tecnici.

Quanto al soccorso pubblico, le relative competenze spettano al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, che svolge le funzioni e i compiti spettanti al Ministero di seguito indicati:

-        soccorso pubblico;

-        prevenzione incendi e altre attività assegnate al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco dalle vigenti normative;

-        difesa civile.

 

L’urgenza di rinnovare il parco automezzi delle forze di Polizia di Stato è stata sottolineata anche nel corso delle Audizioni tenutesi nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia. In tale occasione il capo della Polizia di Stato, prefetto Antonio Manganelli (seduta del 26 luglio 2007) e il ministro dell'interno Giuliano Amato (seduta del 30 maggio 2007) hanno sottolineato l’importanza di un intervento in tal senso. In particolare, dai dati forniti emerge che, con riferimento alle articolazioni centrali e periferiche del Dipartimento della Pubblica sicurezza, la quantità di auto e motoveicoli esposti al logoramento, ovvero con un impiego superiore ai sette anni, e che quindi necessitano di sostituzione, risultano il 43% della dotazione di autovetture specializzate; il 30% della dotazione di autovetture di istituto; il 49% della dotazione di autovetture di serie; il 26% della dotazione di moto con colore di istituto; il 48% della dotazione di moto con colore di serie e il 54% della dotazione di veicoli per i servizi di ordine pubblico.

Relativamente alle posizioni debitorie in capo al Ministero dell’interno, la Corte dei Conti, nella premessa al capitolo a questo dedicato della Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2006, sottolinea che “nell’esercizio in esame, il bilancio iniziale del Ministero dell’interno è stato sottostimato, come risulta dalla non irrilevante forbice tra stanziamenti iniziali e definitivi; sottostima che si rinviene anche nel bilancio del 2007, nell’ambito del quale alcuni capitoli di spesa, sui quali gravano oneri per impegni assunti negli anni precedenti e che si estendono a più esercizi, non hanno sufficienti stanziamenti. Tale situazione comporta un apparente contenimento della spesa per il funzionamento dell’apparato ministeriale, determinando invece il formarsi e l’incrementarsi di oneri sommersi, ai quali, comunque, l’Amministrazione dovrà fare fronte nei successivi esercizi, in alcuni casi anche con aggravi per interessi per ritardati pagamenti. L’Amministrazione ha comunicato che l’ammontare di tali debiti è pari a 408 milioni”. A proposito delle situazioni debitorie relative al trattamento economico accessorio del personale, in particolare con riferimento al compenso per lavoro straordinario e all’indennità di ordine pubblico per le Forze di polizia, la Corte rileva come i fondi disponibili si presentano insufficienti in presenza di eventi di carattere straordinario, quali le Olimpiadi di Torino, per le quali non vengono previsti specifici stanziamenti richiedendo pertanto il ricorso agli ordinari stanziamenti di bilancio. La Corte rileva inoltre che, con specifico riferimento agli incontri di calcio nella stagione 2006/2007, sono stati impiegati per 2.444 incontri, 216.880 unità provenienti dalle Forze di Polizia di Stato, con un costo per lavoro straordinario di circa 11,8 milioni di euro.

Analizzando nello specifico la situazione relativa al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, la Corte aggiunge che i debiti pregressi del Dipartimento raggiungono gli 83 milioni (derivanti dalla spesa per fitti di sedi di servizio, dalle spese per le utenze energetiche ed idriche, dagli oneri per il lavoro straordinario proveniente dagli anni precedenti derivanti dalla mancata assegnazione di somme versate da Regioni ed Enti locali a seguito di convenzioni stipulate con il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e per l’insufficiente finanziamento dei costi dei servizi resi in occasione delle Olimpiadi di Torino, mentre sono in sofferenza i capitoli di spesa per la gestione dei mezzi operativi per l’attività di soccorso ordinario e speciale). La carenza di risorse, continua la Corte, “seppur non riconducibile alle manovre di contenimento della spesa (…) è ancor più accentuata dal mancato rimborso da parte del Dipartimento della Protezione civile, dei costi sostenuti dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco per interventi richiesti in situazioni di particolari emergenze. Complessivamente, devono ancora essere rimborsati circa 2,5 milioni, per eventi verificatisi nel 2002”.

 

Il testo dell’articolo in esame è stato modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio,a seguito dell’approvazione di un emendamento[252] integralmente sostitutivo del testo originario (che istituiva due distinti fondi e disponeva un ulteriore stanziamento volto ad evitare limitazioni alle prestazioni di lavoro straordinario nella Polizia di Stato). Il testo emendato prevede che la dotazione complessiva del Fondo sia incrementata, passando dai 120 milioni di euro complessivamente previsti dall’art. 39 nel testo approvato dal Senato a 200 milioni di euro (le risorse destinate in tale ambito alle specifiche necessità del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco passano da 20 a 40 milioni).

Si prevede, inoltre, che il Fondo venga ripartito con uno o più decreti del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell'economia, il Ministro della difesa e il Ministro della giustizia, da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti. Tale modalità di riparto sembra garantire un maggiore livello di concertazione tra i ministeri cui fanno capo le risorse strumentali a disposizione delle forze di Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, essendo dalla norma in esame esplicitamente vietato l’utilizzo del Fondo per assunzioni di personale e per il ripianamento delle posizioni debitorie.


 

Articolo 40
(Sicurezza della navigazione)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 40.

(Sicurezza della navigazione).

Art. 40.

(Sicurezza della navigazione).

 

1. Per l'anno 2008 è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro da iscrivere nel Fondo di cui all'articolo 1, comma 1331, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, da ripartire, per le esigenze di funzionamento e per l'esercizio dei compiti di vigilanza e controllo operativi in materia di sicurezza delle navi e delle strutture portuali svolti dal Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, con decreto del Ministro dei trasporti, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio.

1. Identico.

 

2. Al fine di sviluppare la componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2008, 10 milioni di euro per l'anno 2009 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011.

2. Al fine di sviluppare e adeguare la componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2008, 10 milioni di euro per l'anno 2009 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011.

 

 

 

L'articolo 40 prevede alcuni stanziamenti in favore del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, per agevolarne il funzionamento, i compiti, lo sviluppo della componente aeronavale e dei sistemi di comunicazione.

Il comma 1 autorizza per l’anno 2008 la spesa di 20 milioni di euro da iscrivere nel Fondo istituito, per le esigenze di funzionamento del Corpo, dall’articolo 1, comma 1331, della legge finanziaria 2007. Le risorse sono destinate a sostenere il funzionamento del Corpo e l’espletamento dei compiti operativi di vigilanza e controllo in materia di sicurezza di navi e porti.

I fondi sono ripartiti con decreto del Ministro dei trasporti da comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma 2 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2008, 10 milioni di euro per l’anno 2009 e 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 allo scopo di sviluppare e, secondo quando previsto da un emendamento approvato nel corso dell’esame presso la V Commissione bilancio, adeguare la componente aeronavale e i sistemi di comunicazione del Corpo.

 

Il comma 1331 della finanziaria 2007 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un Fondo di parte corrente, con dotazione pari a 10 milioni di euro per l’anno 2007, destinato alle esigenze di funzionamento del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera.

Il comma 1039 destina al medesimo Corpo ulteriori 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, in vista di favorirne il potenziamento della componente aereonavale.

Per completezza si ricorda che il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge, in dipendenza funzionale da vari ministeri, compiti e funzioni collegate prevalentemente all'uso del mare per fini civili.

Il Ministero dei Trasporti svolge dal 1994 funzioni collegate all'uso del mare per attività connesse alla navigazione commerciale e da diporto. Tali funzioni erano attribuite in precedenza al Ministero della marina mercantile

Le principali linee di attività del Corpo sono:

-          sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto nonché, attraverso l’attività di Port State Control, sul naviglio mercantile estero di scalo nei porti nazionali;

-          ricerca e soccorso in mare;

-          protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

-          controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole e forestali;

-          amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;

-          polizia marittima o più esattamente polizia tecnico-amministrativa marittima, comprendente la disciplina della navigazione marittima, la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi;

-          arruolamento del personale militare, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero della difesa;

-          archeologia subacquea, in dipendenza funzionale dal Ministero dei beni culturali e ambientali;

-          controlli in materia di immigrazione, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’interno.


 

Articolo 41
(Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 41.

(Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica).

Art. 41.

(Assunzioni di personale civile già alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica).

 

1. Al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2006, è istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, uno specifico fondo con una dotazione di 7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

1. Al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2006, è istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, uno specifico fondo con una dotazione di 7,250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008.

 

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono fissati i criteri e le procedure per l'assunzione del personale di cui al comma 1, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle amministrazioni interessate.

2. Identico.

 

 

 

L’articolo in esame, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, istituisce un Fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, avente una dotazione annua, a decorrere dal 2008, di 7,250 milioni di euro, al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo per almeno un anno, alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne facciano parte, operanti sul territorio nazionale. In particolare, il Fondo concerne i soggetti che siano stati licenziati, in conseguenza di provvedimenti - adottati entro il 31 dicembre 2006 - di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi suddetti.

I criteri e le modalità per l'assunzione del personale in esame, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle pubbliche amministrazioni interessate, sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.


 

Articolo 41-bis
(Istituzione del Fondo per la legalità)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 41-bis.

(Istituzione del Fondo per la legalità).

 

 

1. Al fine di rafforzare la legalità e il miglioramento delle condizioni di vita dei territori in cui opera la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, è istituito a decorrere dall'anno 2008, presso il Ministero dell'interno, il «Fondo per la legalità». Al Fondo confluiscono i proventi derivanti dai beni mobili e le somme di denaro confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

 

 

2. A valere sulle risorse del Fondo sono finanziati, anche parzialmente, progetti relativi al potenziamento delle risorse strumentali e delle strutture delle Forze di polizia, al risanamento di quartieri urbani degradati, alla prevenzione e al recupero di condizioni di disagio e di emarginazione, al recupero o alla realizzazione di strutture pubbliche e alla diffusione della cultura della legalità.

 

 

3. Le modalità di accesso al Fondo sono stabilite con decreto del Ministro dell'interno, da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono adottate le disposizioni attuative del presente articolo.

 

 

 

L’articolo 41-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio[253], istituisce a decorrere dal 2008 un fondo presso il Ministero dell’interno, denominato Fondo per la legalità, con lo scopo di finanziare iniziative e progetti volti a “rafforzare la legalità e il miglioramento delle condizioni di vita dei territori in cui opera la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare” (comma 1).

L’articolo non dispone uno stanziamento quale dotazione iniziale del Fondo, ma dispone che ad esso confluiscano i proventi derivanti dai beni mobili, nonché le somme di denaro oggetto di confisca quale misura di prevenzione patrimoniale antimafia, ai sensi della L. 575/1965[254].

 

La legge 575/1965 (Disposizioni contro la mafia) contiene attualmente le principali norme in materia di misure di prevenzione patrimoniali antimafia. Tali misure, introdotte nella suddetta normativa dalla “legge Rognoni-La Torre” (L. 646/1982) sono il sequestro e la confisca, volte a sottrarre, prima provvisoriamente e poi in via definitiva, agli appartenenti alle organizzazioni criminali la disponibilità giuridica e materiale di beni di illecita provenienza.

Nello specifico, la confisca dei beni sequestrati consiste in un provvedimento di natura ablativa che comporta la devoluzione allo Stato dei beni (mobili, immobili, mobili registrati, crediti, etc.) che ne costituiscono oggetto. Analogamente al sequestro, anche la confisca di prevenzione possiede la comune caratteristica del collegamento con un procedimento di prevenzione personale. Infatti, qualora il suddetto procedimento si concluda con l'applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza (art. 2-ter, co. 3°, L. 575/1965).

I beni confiscati sono devoluti allo Stato e successivamente “destinati”, al termine dello speciale procedimento previsto dalla L. 109/1996[255] che, sul punto, ha novellato la L. 575/1965.

L'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati in sede preventiva è attualmente disciplinata agli artt. 2-sexies e seguenti della citata L. 575/1965.

L'art. 2-sexies stabilisce che, nel disporre il sequestro, il tribunale provveda a nominare un giudice delegato alla procedura ed un amministratore.

Dopo l’emanazione del provvedimento di confisca, con cui i beni sono devoluti allo Stato, l'amministratore continua ad esercitare le proprie funzioni sotto la direzione non più del giudice delegato ma dell’Agenzia del territorio competente; l'opera dell'amministratore prosegue sino all'esaurimento delle operazioni di liquidazione ovvero sino all'attuazione del decreto con il quale il bene confiscato viene destinato (art. 2-nonies, L. 575/1965).

Per quanto concerne la destinazione dei beni confiscati, occorre ricordare che, allo stato, mentre tutte le somme di denaro che non debbano essere utilizzate per la gestione di altri beni confiscati o che non debbano essere utilizzate per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso (confiscate o ricavate dalla vendita di beni mobili o dal recupero di crediti personali) debbono essere obbligatoriamente versate dall’amministratore all’ufficio del registro, per la destinazione dei beni immobili sono previste diverse alternative (art. 2-undecies, comma 2), come, ad esempio, la conservazione al patrimonio dello Stato, con utilizzazione diretta esclusivamente per esigenze istituzionali tipizzate (giustizia, ordine pubblico e protezione civile), ovvero il trasferimento al patrimonio del comune ove l'immobile è sito.

Per la destinazione dei beni aziendali sono previste, invece, le seguenti alternative:

-        qualora vi siano prospettive fondate di continuazione o ripresa delle attività produttive, l'affitto a titolo oneroso a società e imprese pubbliche o private, oppure l'affitto a titolo gratuito, senza oneri per lo Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata;

-        la vendita a richiedenti, per importo almeno pari alla stima del competente ufficio territoriale del Ministero dell’economia e delle finanze, qualora vi sia maggiore utilità pubblica;

-        la liquidazione, anche in tal caso in presenza di maggiore utilità pubblica.

 

Proprio in relazione ai beni aziendali oggetto di confisca, si segnala che l’art. 1, comma 221, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha sostituto il comma 5 dell'articolo 2-undecies della L. 575/1965, norma che prevedeva il versamento all’ufficio del registro dei proventi derivanti dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione di tali beni. Il comma 221, in particolare:

-        ha ampliato l'oggetto della disposizione, affiancando ai citati proventi le somme ricavate dalla vendita dei beni mobili non costituiti in azienda e quelle derivanti dal recupero dei crediti personali;

-        ha vincolato le somme così individuate al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica e per l'informatizzazione del processo, in egual misura.

 

I beni immobili che abbiano oggetto di confisca (e i proventi eventualmente derivanti dalla loro gestione o alienazione) non sembrano interessati dalla disposizione in commento, che fa confluire nel fondo di nuova istituzione unicamente somme di denaro o proventi derivanti da beni mobili.

Il discorso non è forse altrettanto chiaro con riguardo ai beni aziendali confiscati, la cui gestione o l’eventuale vendita o liquidazione è sottoposta ad una peculiare disciplina giuridica.

Al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, potrebbe risultare opportuno precisare se la disposizione di cui al comma 1 si riferisce ai soli beni mobili non conferiti in azienda.

Si segnala in ogni caso l’opportunità di un coordinamento con la disciplina recata dal vigente art. 2-undecies della L. 575/1965, e in particolar modo con il co. 5, che reca una diversa destinazione delle somme ricavate dalla vendita di beni mobili rispetto a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo in esame.

Il comma 2 dell’articolo dispone in ordine alla destinazione del Fondo: il finanziamento anche parziale di progetti relativi:

§         al potenziamento delle risorse strumentali e delle strutture delle Forze di polizia;

§         al risanamento di quartieri urbani degradati;

§         alla prevenzione e recupero di condizioni di disagio e di emarginazione;

§         al recupero o alla realizzazione di strutture pubbliche;

§         alla diffusione della “cultura della legalità”.

Il comma 3 rimette la disciplina di attuazione della disposizione e, in particolare, le modalità di accesso al fondo a un decreto del ministro dell’interno, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

Come può notarsi, le finalità indicate attengono ad ambiti di intervento diversificati, facenti capo a competenze di differenti amministrazioni e di diversi livelli territoriali di governo.

Si potrebbe tener conto dell’opportunità di un coinvolgimento nell’adozione del decreto di cui al comma 3 delle amministrazioni (e in particolare delle autonomie territoriali) interessate, per i profili di rispettiva competenza.


 

Articolo 41-ter
(Benefici in favore delle vittime della criminalità organizzata e del dovere)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 41-ter.

(Benefìci in favore delle vittime della criminalità organizzata e del dovere).

 

 

1. A decorrere dal 1o gennaio 2008, alle vittime della criminalità organizzata, di cui all'articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, e ai loro familiari superstiti, alle vittime del dovere, di cui all'articolo 1, commi 563 e 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e ai loro familiari superstiti, nonché ai sindaci vittime di atti criminali nell'ambito dell'espletamento delle loro funzioni e ai loro familiari superstiti, sono erogati i benefìci di cui all'articolo 5, commi 3 e 4, della legge 3 agosto 2004, n. 206, come modificato dall'articolo 41-quater della presente legge.

 

 

2. Ai soggetti di cui al comma 1, sono estesi i benefìci di cui all'articolo 3, della legge 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni.

 

 

 

L’articolo 41-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, estende alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti, alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti, nonché ai sindaci vittime di atti criminali nell’espletamento dei propri compiti istituzionali ed ai familiari superstiti, le elargizioni che l’art. 5, co. 3 e 4, e l’art. 3, co. 1 e 2, della L. 206/2004[256] prevedono a favore delle vittime del terrorismo.

 

La L. 206/2004 ha introdotto alcuni benefici a vantaggio delle vittime del terrorismo (ossia, ai sensi dell’art. 1, co. 1, tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani[257], nonché ai loro familiari superstiti[258]) e non anche delle vittime del dovere e di quelle della criminalità organizzata.

 

Si tratta, in particolare, dei seguenti benefici:

la concessione a decorrere dal 1° gennaio 2008 a favore di chi abbia subito un’invalidità permanente non inferiore al 25 per cento a causa di un atto di terrorismo e dei superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di importo pari a 1.033 euro, soggetto a perequazione automatica (art. 5, co. 3);

l’attribuzione, nel caso di morte dei soggetti che beneficiano dello speciale assegno vitalizio dell’art. 5, co. 3, di due annualità della pensione di reversibilità (comprensive della tredicesima mensilità) ai superstiti che hanno diritto a tale trattamento pensionistico di reversibilità; il beneficio in questione è limitato al coniuge ai figli minori, ai figli maggiorenni, ai genitori. ai fratelli e alle sorelle se conviventi e a carico (art. 5, co. 4); anche in questo caso l’attribuzione avviene a decorrere dal 1° gennaio 2008;

l’attribuzione a favore di coloro che abbiano subito una invalidità permanente di qualsiasi entità per atti di terrorismo e ai loro familiari, anche superstiti, di un aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi ai fini dell’aumento dell’anzianità pensionistica maturata, della misura del trattamento pensionistico, del trattamento di fine rapporto e dei trattamenti analoghi (indennità di buonuscita…); per i familiari il beneficio è limitato al coniuge, ai figli, anche se maggiorenni[259], e – in loro mancanza – ai genitori (art. 3, co. 1);

 

Al riguardo si segnala che l’art. 34, comma 3, del decreto-legge che accompagna la manovra di finanza pubblica per il 2008[260] ha introdotto il comma 1-bis dell’art. 3 della L. 206/2004, nel quale si prevede, in connessione con la concessione dei benefici di cui al comma 1, la corresponsione di un’indennità a favore dei lavoratori autonomi e ai liberi professionisti, a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto.

Tale indennità, determinata ed erogata in unica soluzione nell'anno di decorrenza della pensione, è calcolata applicando l'aliquota del 6,91% ad un importo pari a dieci volte la media dei redditi da lavoro autonomo ovvero libero professionale degli ultimi cinque anni di contribuzione, rivalutati all'indice annuo dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati calcolato dall'ISTAT, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503[261], aumentata (la media in questione) del 7,5%.

Al riguardo, occorre valutare se il beneficio in questione, pur se non espressamente richiamato dalla disposizione in esame, che non menziona il comma 1-bis dell’articolo. 3, possa comunque essere esteso in via interpretativa, in considerazione del fatto che l’indennità a favore dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti ivi prevista è erogata “a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto”.

 

l’esenzione dall’IRPEF per le pensioni maturate grazie ai benefici di cui all’art. 3, co. 1 (art. 3, co. 2).

 

Per quanto attiene alla portata applicativa di tale esenzione, si segnala che -  a risoluzione di questioni interpretative postesi al riguardo - la direttiva del presidente del consiglio dei ministri 27 luglio 2007[262], ha evidenziato come l’esenzione debba intendersi applicabile sull'intera pensione e non soltanto sulla  parte corrispondente  all'aumento figurativo dei versamenti contributivi. Tale interpretazione – confermata anche dall’Agenzia delle entrate – è avallata dalla lettera della L. 206/2004, che si riferisce espressamente alla pensione e non a quota o alla maggiorazione di essa.

In applicazione della direttiva si vedano anche la circolare INPDAP n. 30 del 23 ottobre 2007 e la circolare INPS n. 122 del 24 ottobre 2007[263].

 

Per quanto attiene alla definizione dei soggetti equiparati alla vittime del terrorismo ai fini della concessione dei ricordati benefici, la norma in esame – oltre a far riferimento ai sindaci (categoria fino ad ora non considerata dalla legislazione in favore delle vittime del dovere) - richiama categorie già identificate dalla normativa vigente in materia di benefici. Si tratta, in particolare:

 

§      delle vittime della criminalità organizzata, di cui all’art. 1 della suddetta L. 302/1990[264], ed ai loro familiari superstiti.

 

L’art. 1 della L. 302/1990 si riferisce da un lato alle vittime del terrorismo (co. 1), dall’altro, anche:

-       a chiunque subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità delle associazioni di cui all’art. 416-bis c.p. ("Associazione di tipo mafioso") (co. 2);

-       a chiunque subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi suddetti (co. 3);

-       a chiunque, fuori dai casi di cui al comma 3, subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dell’assistenza prestata, e legalmente richiesta per iscritto ovvero verbalmente nei casi di flagranza di reato o di prestazione di soccorso, ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria o ad autorità, ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, nel corso di azioni od operazioni di prevenzione o repressione dei fatti delittuosi suddetti, svoltesi nel territorio dello Stato (co. 4).

 

§      delle vittime del dovere e dei loro familiari superstiti, come individuate dall’art. 1, co. 563 e 564, della legge finanziaria 2006[265].

 

Alla luce del combinato disposto dei citati co. 563 e 564, e dell’art. 3 della L. 466/1980[266], al quale rinvia il suddetto co. 563, si tratta dei seguenti soggetti:

-       magistrati ordinari;

-       militari dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, del Corpo degli agenti di custodia; personale del Corpo forestale dello Stato; funzionari di pubblica sicurezza; personale del Corpo di polizia femminile;

-       personale civile dell’Amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena;

-       vigili del fuoco;

-       appartenenti alle Forze armate dello Stato in servizio di ordine pubblico o di soccorso;

-       in generale, altri dipendenti pubblici,

deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:

-       nel contrasto ad ogni tipo di criminalità;

-       nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;

-       nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari;

-       in operazioni di soccorso;

-       in attività di tutela della pubblica incolumità;

-       a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

A tali soggetti il suddetto co. 564 equipara coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative;

 

Con riferimento alla disposizione in esame, si segnala che recentemente il D.L. 159/2007 aveva già provveduto ad una prima estensione alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti, nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti, delle elargizioni previste dalla L. 206/2004 in favore delle vittime del terrorismo.

L’art. 34 del decreto aveva, infatti, esteso i seguenti benefici, previsti dall’art. 5, co. 1 e 2, della L. 206/2004:

§         l’elargizione a favore di chi abbia subito un’invalidità permanente a causa di un atto di terrorismo, prevista dall’art. 1, co. 1, della L. 302/1990, e incrementata dall’art. 5, co. 1, della L. 206/2004; tale elargizione è pari nella misura massima a 200.000 euro ed è proporzionata alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale;

§         l’elargizione a favore dei componenti della famiglia di colui che, in conseguenza dell’atto di terrorismo, abbia perso la vita, prevista dall’art. 4, co. 1, della L. 302/1990 (e la riliquidazione in tal senso, disposta dall’art. 12, co. 3, della stessa legge, degli importi già corrisposti a titolo di speciale elargizione dalla L. 466/1980), che l’art. 5, co. 5, della L. 206/2004 ha incrementato a 200.000 euro.

La disposizione prevede che ai beneficiari vadano compensate le somme già percepite.

 

Su un piano più generale, si osserva che l’articolo in esame interviene in una materia la cui disciplina è particolarmente frammentata. La legislazione in materia di provvidenze a favore delle vittime del dovere, della criminalità organizzata e del terrorismo, che ha origine nell'art. 14 del regio decreto-legge 13 marzo 1921, n. 261[267], sostituito dalla legge 22 gennaio 1942, n. 182[268], (il quale istitutiva un Fondo a favore dei carabinieri e delle guardie reali vittime del dovere), ha infatti subito nel tempo numerose integrazioni e modifiche dirette soprattutto a:

-       estendere le categorie ammesse a fruire dei benefìci previsti dalla legge;

-       diversificare i tipi di benefici a favore delle vittime, affiancando alla elargizione una tantum la concessione di pensioni privilegiate, l’attribuzione del diritto all’assunzione obbligatoria e l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari;

-       adeguare la misura dell’elargizione una tantum;

-       ampliare le condizioni per la concessione dei benefìci, sia per ciò che riguarda gli eventi considerati (morte, invalidità permanente), sia per quanto concerne le circostanze in cui gli eventi si siano verificati, sia con riferimento alla data di decorrenza dei benefìci stessi.

I principali provvedimenti in materia sono la già citata legge 13 agosto 1980, n. 466, la legge 3 giugno 1981, n. 308, la già citata legge 20 ottobre 1990, n. 302, la legge 23 novembre 1998, n. 407[269], il D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510[270], la legge 22 dicembre 1999, n. 512[271], la legge 23 dicembre 2000, n. 388[272], il decreto-legge 4 febbraio 2003, n. 13[273], la già citata legge 3 agosto 2004, n. 206.

Il susseguirsi degli interventi normativi ha posto da tempo la questione del loro coordinamento. L'art. 3 della legge 28 novembre 2005, n. 246[274] (come modificato dall'art. 1, comma 13, della legge 12 luglio 2006, n. 228[275]) ha previsto una delega al Governo (non ancora esercitata) per il riassetto delle disposizioni che disciplinano le provvidenze per le vittime del dovere, del servizio, del terrorismo, della criminalità organizzata e di ordigni bellici in tempo di pace.

La progressiva estensione di tutti i benefìci previsti per le vittime della criminalità e del terrorismo alle vittime del dovere è stata disposta dalla legge finanziaria 2006 (L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 562-565), che allo scopo dispone uno stanziamento annuo di 10 milioni di euro. In attuazione della legge è stato emanato il D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243[276] che, all’interno del limite di spesa annuo fissato dalla legge stessa, individua quali provvidenze previste per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata siano da attribuire anche alle vittime del dovere ed in particolare: in relazione alla L. 302/1990, la liquidazione della speciale elargizione in favore degli invalidi nella misura originaria prevista di 1,5 milioni di lire (774,69 euro) per ogni punto percentuale, nonché l’esenzione dal ticket sanitario; in relazione alla L. 407/1998, l'elargizione dell’assegno vitalizio mensile per gli invalidi e per i superstiti nella misura originaria di 500 mila lire (258,23 euro), nonché benefici in materia di assunzioni dirette; in relazione alla L. 206/2004, la rivalutazione delle percentuali di invalidità, il riconoscimento al diritto all’assistenza psicologica a carico dello Stato, l’esenzione dell’imposta di bollo per i documenti necessari alla richiesta dei benefici e l’esenzione dell’indennità dalle imposte.

Per quanto riguarda le vittime di specifici atti criminosi non considerati di matrice terroristica o di criminalità organizzata sono stati adottati, a partire dagli anni ’90, vari provvedimenti ad hoc, quali: la legge 9 novembre 1994, n. 628, recante disposizioni urgenti in favore delle famiglie dei marittimi italiani vittime dell’eccidio in Algeria del 7 luglio 1994; la legge 8 agosto 1995, n. 340, che ha disposto l’estensione dei benefìci previsti dalla citata L. 302/1990 ai componenti delle famiglie di coloro che hanno perso la vita nel disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980; la L. 31 marzo 1998, n. 70, che prevede l’estensione delle disposizioni di cui alla L. 302/1990 alle vittime della “banda della Uno bianca”. Successivamente, l’art. 1, co. 272, della citata legge finanziaria 2006, ha istituito una specifica indennità – entro il limite di spesa di 8 milioni di euro per l’anno 2006 – per gli eredi delle vittime del disastro aereo di Ustica. Recentemente, anche i benefici introdotti dalla L. 206/2004 sono stati estesi alle vittime di Ustica e della banda della Uno bianca ad opera della legge finanziaria 2007 (art. 1, co. 1270) che ha novellato in tal senso la stessa L. 206/2004.

Con specifico riferimento alla disciplina della L. 2006/2004, si segnala che è attualmente in carica

 

Sul piano dei lavori parlamentari connessi alla disposizione in esame, si ricorda che presso la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera è in corso l’esame congiunto di quattro proposte di legge di iniziativa parlamentare in  materia di benefici per le vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere. Il testo unificato adottato dalla Commissione come testo base nella seduta del 5 giugno 2007 prevede l’integrale estensione dei benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo dalla L. 206/2004 anche alle vittime della criminalità organizzata e del dovere e ai rispettivi familiari superstiti.


 

Articolo 41-quater
(Modifiche alla legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice).

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 41-quater.

(Modifiche alla legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice).

 

 

1. Alla legge 3 agosto 2004, n. 206, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

    a) all'articolo 4, comma 2, le parole: «calcolata in base all'ultima retribuzione»

 

 

sono sostituite dalle seguenti: «in misura pari all'ultima retribuzione»;

 

 

    b) all'articolo 5, comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima alla data dell'evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l'assegno vitalizio non reversibile di cui all'articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni»;

 

 

    c) all'articolo 6, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

 

 

«1-bis. Ai fini di cui al comma 1, la commissione medica ospedaliera della sanità militare di cui all'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 510, procede a determinare le percentuali di invalidità sulla base dei criteri di cui all'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006, n. 243, avendo a riferimento le tabelle di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo. La commissione medica ospedaliera procede altresì alla valutazione delle invalidità riscontrate, secondo le tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, nonché i relativi criteri applicativi. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, sono determinati i criteri e le modalità per la trasformazione in fasce percentuali delle categorie di invalidità di cui alle tabelle annesse al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978, nonché per la valutazione del danno morale, da determinare entro i limiti minimi e massimi sulle percentuali di invalidità riscontrate. Fino all'adozione del decreto interministeriale, le amministrazioni competenti, sulla base delle indicazioni della commissione medica ospedaliera, riconoscono in via provvisoria, e salvo conguaglio, la percentuale di invalidità permanente di maggior favore e la incrementano di una percentuale pari al 10 per cento a titolo di riconoscimento del danno morale»;

 

 

    d) all'articolo 9, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai medesimi soggetti è esteso il beneficio di cui all'articolo 1 della legge 19 luglio 2000, n. 203»;

 

 

    e) all'articolo 15, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I benefìci di cui alla presente legge si applicano anche agli eventi verificatisi all'estero a decorrere dal 1o gennaio 1961, dei quali sono stati vittime cittadini italiani residenti in Italia al momento dell'evento»;

 

 

    f) all'articolo 16, comma 1, dopo le parole: «dall'attuazione della presente legge» sono inserite le seguenti: «, salvo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, secondo periodo».

 

 

 

 

L’articolo 41-quater, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione BIlancio,reca sei novelle alla disciplina dei benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice prevista dalla L. 206/2004[277]

 

Si ricorda che la legge 3 agosto 2004, n. 206 ha dettato norme in favore dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiute sul territorio nazionale o all’estero, e dei loro familiari superstiti, come definiti dalla legge stessa.

Tale legge si innesta sulla stratificata disciplina preesistente: l’art. 1 infatti prevede in via generale che, per quanto stessa non espressamente previsto dalla legge stessa, si applicano le disposizioni contenute nelle leggi 302/1990 e 407/1998 e l’art. 82 della L. 388/2000.

Le principali misure previste in favore delle vittime e dei loro superstiti dalla legge, così come modificata nel tempo[278], sono:

-        la ridefinizione a 200.000 euro dell’entità massima delle elargizioni, già disposte dalla normativa previgente, in favore di chiunque subisca una invalidità permanente (o dei familiari in caso di morte) a causa di atti di terrorismo;

-        la concessione, oltre all’elargizione, di uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica;

-        la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base alla normativa preesistente, tenendo conto dell’eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale;

-        la prestazione, a carico dello Stato, dell’assistenza psicologica alle vittime e ai loro familiari;

-        alcuni benefìci che incidono sui trattamenti pensionistici (aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione e il trattamento di fine rapporto; equiparazione, per le vittime che hanno subìto danni più gravi, ai grandi invalidi di guerra e riconoscimento del diritto immediato alla pensione diretta; adeguamento costante, al trattamento in godimento dei lavoratori in attività, delle pensioni delle vittime);

-        l’esenzione per gli invalidi vittime del terrorismo ed i loro familiari dalla partecipazione alla spesa per le prestazioni sanitarie o farmaceutiche.

-        il diritto al patrocinio legale gratuito, a carico dello Stato, nei procedimenti penali, civili, amministrativi e contabili per le vittime e i loro superstiti;

-        la garanzia di tempi certi per le procedure in sede amministrativa e giurisdizionale relative al riconoscimento e alla valutazione dell’invalidità e all’attribuzione di provvidenze alle vittime del terrorismo.

Per una più ampi ricostruzione del quadro normativo in materia v. supra la scheda relativa all’art. 41-ter.

 

In particolare, la lett. a)stabilisceche la misura della pensione diretta spettante alle vittime che abbiano subito una invalidità permanente pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa sia pari all'ultima retribuzione percepita integralmente dall'avente diritto e non semplicemente calcolata sulla base di tale parametro retributivo, come allo stato previsto dall’art. 4, comma 2, della L. 206/2004[279].

 

Si segnala che i parametri di calcolo della pensione di invalidità previsti dal comma 2 dell’art. 4 della L. 206/2004 per le vittime del terrorismo si estendono, ai sensi del successivo comma 3, anche alla determinazione degli importi delle pensioni di reversibilità o indirette attribuite ai superstiti in caso di morte della vittima.

 

La successiva lett. b),modificando il comma 3 dell’art. 5 della L. 206/2004, prevede che l’assegno vitalizio reversibile di 500.000 lire, soggetto a perequazione automatica, attribuito dall’art. 2 della L. 407/1998 alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e ai loro superstiti, spetti anche ai figli maggiorenni superstiti, anche se non conviventi.

 

L’art. 2, co. 1, della L. 407/1988[280].prevede la concessione di un assegno vitalizio, non reversibile, di importo pari a 500.000 lire mensili, soggetto alla perequazione automatica, in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui all’art. 1 della L. 302/1990[281] che abbiano subito una invalidità permanente non inferiore al 25 per cento della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime di azioni terroristiche e della criminalità organizzata. Il comma 3 del medesimo art. 2[282] identifica le categorie di superstiti che possono beneficiare dell’assegno vitalizio. Si tratta, nell’ordine, di:

-   coniuge superstite e figli se a carico;

-   figli, in mancanza del coniuge superstite o se lo stesso non abbia diritto a pensione;

-   genitori;

-   fratelli e sorelle se conviventi a carico.

 

Con riferimento alla portata della disposizione, si osserva che, in considerazione della sua natura di novella alla L. 206/2004, essa si applicherebbe ai soli soggetti che rientrino tra i beneficiari delle misure della legge stessa (vittime del terrorismo come sopra definite) e non al complesso dei soggetti che beneficiano dell’assegno di cui all’art. 2 della L. 407/1988.

Peraltro, la disposizione in esame è formulata come novella al comma 3 dell’art. 5 della L. 206/2004 e, pertanto, in considerazione dell’estensione prevista dall’art. 41-ter del d.d.l. in esame (v. supra), il beneficio previsto trova applicazione anche con riferimento alle vittime della criminalità e del dovere, così come definiti in tale norma.

 

Il beneficio di cui alla lettera b) non produce effetti solo (ex tunc) a partire dalla data di entrata in vigore della legge, ma decorre dal 26 agosto 2004[283].

 

La lett. c) detta norme sulle procedure da seguire per la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute alle vittime del terrorismo dalla legislazione anteriore alla L. 206/2004, rimettendo a un decreto interministeriale la definizione di nuovi criteri per effettuare tale valutazione.

 

L’art. 6, co. 1, della L. 206/2004 prevede che le percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base ai criteri e alle disposizioni della normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge sono rivalutate tenendo conto dell'eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale.

 

La novella in esame, al riguardo prevede che – ai fini dell’attuazione del comma 1 – la Commissione medica ospedaliera della sanità militare determina le percentuali di invalidità secondo i criteri previsti per la valutazione dell’invalidità dalla disciplina regolamentare attuativa delle norme della legge finanziaria 2006 relative alla progressiva estensione alle vittime del dovere dei benefici già riconosciuti alle vittime della criminalità e del terrorismo[284].

 

In base a tali criteri la percentuale di invalidità permanente viene valutata in base alle tabelle per i gradi di invalidità, approvate con il D.M. Sanità 5 febbraio 1992[285], e successive modificazioni, mentre la percentuale del danno biologico viene valutata sulla base del D.M. Lavoro e previdenza sociale 12 luglio 2000[286], e successive modificazioni.

 

La Commissione medica ospedaliera della sanità militare è individuata dall’art. 5 del D.P.R. 510/1999[287] quale organismo competente per gli accertamenti di carattere sanitario necessario ai fini dell'attribuzione dei benefici previsti dalla legge per le vittime del terrorismo. In tale ambito, la Commissione – che, ai fini della concessione dei benefici in favore delle vittime civili del terrorismo e della criminalità organizzata, è integrata da due sanitari della Polizia di Stato esperti in medicina legale nominati dal direttore centrale di sanità del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, su richiesta della competente commissione medica ospedaliera -esprime il giudizio sanitario sulle cause delle ferite o lesioni che hanno determinato il decesso o la invalidità, accerta il grado dell'eventuale invalidità riscontrata, stabilisce la percentuale dell'invalidità e dell'eventuale aggravamento, ed accerta comunque se l'invalidità riportata comporti la cessazione dell'attività lavorativa o del rapporto d'impiego. La commissione esprime il proprio giudizio, che ha carattere definitivo, entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso inutilmente tale termine, i competenti organi amministrativi possono rivolgersi ad altri soggetti pubblici dotati di qualificazione ed adeguata capacità tecnica, che si pronunciano entro 20 giorni dalla richiesta. La valutazione della commissione medica ospedaliera non è richiesta in caso di decesso, quando il nesso di causalità risulti di immediata evidenza, e, al contrario, qualora il prefetto - relativamente alle istanze concernenti le vittime civili - ritenga che sia da escludere la natura terroristica o di criminalità organizzata dell'evento criminoso. Per i soggetti residenti all’estero, il giudizio sanitario è espresso da apposite commissioni formate da tre medici scelti dall'autorità consolare, che svolgono le proprie indagini secondo le stesse modalità previste per le commissioni mediche ospedaliere.

 

Si prevede inoltre, con una disposizione che non pare univocamente interpretabile, che la Commissione medico ospedaliera proceda ad una nuova valutazione delle invalidità che in passato sono state oggetto di verifica in base ai criteri previsti per le pensioni di guerra dal D.P.R. 915/1978[288] e dei relativi criteri di applicazione.

 

Le tabelle annesse al d.p.R. 915/1978 disciplinano le lesioni ed infermità che danno diritto a pensione vitalizia o ad assegno temporaneo, suddividendole – in ragione della loro gravità – in 8 categorie ordinate in modo decrescente in ragione della gravità delle lesioni (la I categoria racchiude quindi le lesioni considerate più gravi, mentre l’VIII contiene le infermità di minore entità). Le categorie non fanno tuttavia riferimento ad una valutazione in forma percentuale dell’invalidità, ma tipizzano in modo specifico le lesioni riportate.

 

In ragione della difformità dei criteri previsti per la tipizzazione delle invalidità, la novella demanda ad un decreto interministeriale dei Ministri dell’interno e della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il compito di trasformare le categorie di invalidità previste per le pensioni di guerra dal d.p.R. 915/1978 in fasce percentuali e di individuare criteri e modalità di valutazione del danno morale, da determinare entro limiti minimi e massimi in base alle percentuali di invalidità riscontrate.

La norma prevede, peraltro, che fino all’adozione del decreto interministeriale[289] le amministrazioni competenti, sulla base del giudizio medico della Commissione medico ospedaliera, provvedano alla liquidazione degli indennizzi applicando - in via provvisoria e salvo conguaglio - la percentuale di invalidità più favorevole (dovendosi verosimilmente intendere come tale quella che comporta maggiori benefici per la vittima) ed un aumento del 10 per cento degli importi dovuti a titolo di danno morale.

 

Con riferimento all’applicazione dell’art. 6, co. 1, della L. 206/2004 si segnala che la direttiva del presidente del consiglio dei ministri 27 luglio 2007[290] ha evidenziato – sulla scorta anche di un parere del Consiglio di Stato - che la condizione globale della salute della vittima del terrorismo, nei suoi aspetti fisici, psichici e morali che abbiano riflesso permanente sulla capacità lavorativa, deve essere valutata caso per caso sulla base del danno complessivo non patrimoniale subito, con l'espressione di un unico valore percentuale di invalidità permanente.

La direttiva rivolgeva, a tale proposito, un invito alle competenti Direzioni generali dei Ministeri della difesa e dell'interno “perché le commissioni ospedaliere competenti ai sensi dell'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 510 del 1999, tengano sempre conto nelle proprie valutazioni tecniche di quanto previsto dall'art. 6, comma 1, della legge n. 206 del 2004”.

 

La lett. d)prevede che – come già avviene per i titolari di pensione diretta di guerra vitalizia[291] - l’erogazione dei medicinali di classe C agli invalidi vittime di atti di terrorismo e a loro familiari, anche superstiti, (coniuge, figli, e – in mancanza – genitori) sia posta a totale carico del Servizio sanitario nazionale, purché il medico di base accerti che essi siano effettivamente utili al paziente.

 

Per quanto riguarda la rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale, i medicinali si dividono in due classi:

-        Medicinali di fascia A;

-        Medicinali di fascia C.

Fino al 1 luglio 2001 era prevista anche una fascia B, a parziale carico del SSN, che comprendeva farmaci non essenziali ma di rilevante interesse terapeutico[292].

In particolare, sono inclusi nella fascia A tutti i medicinali impiegati per patologie gravi, croniche e acute ritenuti essenziali per assicurare le cure previste nei livelli essenziali di assistenza sanitaria.

Rientrano invece nella fascia C medicinali utilizzati per patologie di lieve entità, o considerate minori, che, quindi, non sono considerati “essenziali” o “salvavita”.

Con la L. 311/2004 (legge finanziaria 2005)[293] è stata individuata una nuova fascia di medicinali, la fascia C-bis, che comprende i medicinali non soggetti a ricetta medica con accesso alla pubblicità al pubblico, cioè i medicinali di automedicazione (c.d. farmaci OTC dall’inglese “Over the counter” sopra il banco).

I medicinali delle fasce C e C-bis sono a totale carico del paziente.

 

Al riguardo si osserva che la formulazione della disposizione, che fa rinvio ad una norma anteriore all’individuazione della fascia C-bis, non fa espresso riferimento ai farmaci inclusi in detta fascia e potrebbe pertanto determinare questioni interpretative con riferimento all’esenzione dal pagamento per dette specialità medicinali.

 

Lagià richiamata direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 luglio 2007, aveva fornito chiarimenti sulla portata applicativa delle disposizioni dell'art. 9 della L. 206/2004, che prevedono che le vittime ed i loro familiari siano esenti dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica. Per la direttiva, la disposizione, in combinato disposto con l'art. 4 della L. 206 che estende alle vittime del terrorismo con invalidità superiore all'80 per cento i benefici già previsti per gli invalidi di guerra - impone che alle vittime con tale percentuale di invalidità spetti il diritto ad usufruire gratuitamente anche dei farmaci inseriti in classe C e di non essere tenuti a versare la differenza di prezzo tra farmaci c.d. generici e le corrispondenti specialità medicinali coperte da brevetto.

Con riferimento alle vittime cui sia riconosciuto un grado di invalidità inferiore e ai loro familiari, la direttiva evidenzia invece che la disposizione contenuta nell'art. 9 non può che riferirsi alle prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale alla generalità degli assistiti, con ciò intendendo le prestazioni che per la loro natura e per le loro caratteristiche di rilevanza, efficacia ed appropriatezza sono state incluse nei «livelli essenziali di assistenza». In tal senso depone – per la direttiva - l'espressione «partecipazione alla spesa» utilizzata dall’art. 9, che corrisponde a quella costantemente utilizzata nei testi normativi per indicare la quota del costo di tali prestazioni che, in base a norme statali o regionali, è posta a carico dell'assistito (c.d. «ticket»).

In sostanza, l’art. 9 prevede “l'esenzione totale da qualunque forma di partecipazione, disposta sia da norme dello Stato, sia da norme regionali, per le prestazioni sanitarie fruite presso le strutture del Servizio sanitario nazionale o le strutture private accreditate, nonché dall'obbligo di pagare la differenza tra il prezzo di rimborso dei medicinali generici e il prezzo delle specialità medicinali coperte da brevetto”.

 

Le lettere e) e f) recano norme volte ad estendere i benefici previsti dalla L. 206/2004 anche agli eventi terroristici accaduti all’estero a partire dal 1961, purché le vittime fossero cittadini italiani residenti in Italia al momento dell’evento.

Il termine del 1° gennaio 1961 è attualmente previsto dall’articolo 15, comma 1, della legge 206 esclusivamente per i fatti accaduti in Italia, mentre il comma 2 del medesimo articolo 15, prevede la corresponsione dei benefici per i cittadini italiani coinvolti in attentati all’estero avvenuti a decorrere dal 2003.

 

La lett. e) intende, dunque, superare tale dicotomia, inserendo un ulteriore periodo al comma 2 dell’articolo 15 nel quale si indica come termine iniziale per l’applicazione dei benefici della legge agli eventi avvenuti all’estero che abbiano coinvolto come vittime cittadini italiani residenti in Italia, lo stesso termine previsto per gli eventi verificatisi sul territorio nazionale (1° gennaio 1961).

Per i cittadini italiani non residenti in Italia al momento dell’evento per resta fermo, ai fini della titolarità del diritto all’erogazione dei benefici, il terminedel 1° gennaio 2003.

 

La lett. f) modifica, conseguentemente, la copertura finanziaria della L. 206/2004 recata dall’art. 16 della stessa legge al fine di escludere dal computo complessivo degli oneri derivanti dall’attuazione della legge quelli che conseguono alla modifica introdotta dalla lettera e [294].

 

Con riferimento alle modifiche apportate dalle lettere e) e f), si segnala che esse riprendono il contenuto dell’art. 1 della proposta di legge A.C. 616[295], come approvata dalla Camera dei deputati. Il corrispondente disegno di legge (A.S. 1213) è attualmente all’esame della 1a Commissione del Senato[296].

 

Con riferimento a tale proposta si ricorda che essa- nella sua formulazione iniziale – prevedeva l’integrale soppressione della dicotomia tra eventi verificatisi in Italia e all’estero, fissando come unico termine per il riconoscimento dei benefici quello del 1° gennaio 1961.

Come evidenziato dal relatore, on. Giovanardi, nel corso della discussione sul provvedimento nell’Assemblea della Camera[297], tuttavia, nel corso dell’esame in Commissione si è valutato che la determinazione del numero di cittadini italiani vittime di atti di terrorismo all'estero a partire dal 1961 avrebbe potuto dimostrarsi particolarmente difficile, specialmente con riferimento a Paesi che hanno conosciuto, negli anni settanta e ottanta, situazioni interne di grave tensione (come nel caso dell'Argentina), e avrebbe potuto pertanto comportare rilevanti problemi ai fini della quantificazione della copertura necessaria per i benefici di cui sono destinatari. Per soddisfare queste esigenze, il testo licenziato dalla Commissione e successivamente approvato dalla Camera ha precisato che ai fini della corresponsione dei benefici fosse necessario che le vittime italiane risiedessero in Italia al momento dell'evento.

In correlazione a tale previsione, all'articolo 2 della proposta si prevede che il Governo, entro un anno dalla data in vigore della legge, presenti al Parlamento una relazione concernente l'individuazione dei cittadini italiani vittime di atti di terrorismo e di stragi, compiuti fuori dal territorio nazionale, compresi i non residenti in Italia al momento di tali eventi, in modo da consentire una verifica circa il numero complessivo delle vittime e la possibilità per lo Stato italiano di attribuire gli stessi benefici anche alle vittime rimaste lese da tali atti di terrorismo non residenti in Italia.

 

Per quanto attiene alla definizione dei beneficiari delle provvidenze previste dalla L. 206/2004, si ricorda che l’art. 1, co. 1, di tale legge provvede ad individuarli in tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti.

Come segnalato, peraltro, l’art. 15 della L. 206 specifica che i benefici da essa previsti si applicano agli eventi verificatisi sul territorio nazionale a decorrere dal 1° gennaio 1961 e per gli eventi coinvolgenti cittadini italiani verificatisi all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2003. In deroga a tale disposizione, inoltre, la L. 91/2006 ha previsto l’estensione dei benefici della L. 206/2004 anche ai familiari superstiti delle vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961[298].

Il co. 1-bis, dell’art. 1, introdotto dall’art. 1, co. 1270, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha esteso i benefici della L. 206/2004 ai familiari delle vittime del disastro aereo di Ustica del 1980 e ai familiari delle vittime, nonché ai superstiti, della così detta “banda della Uno bianca”.

Recentemente, l’art. 34, co. 3, del D.L. 159/2007, convertito, con modificazioni, dalla L. 222/2007, ha inoltre novellato il co. 1 dell’art. 1 della L. 206, precisando che ai fini delle misure previste dalla legge, rientrano fra gli atti di terrorismo le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

 

Con più specifico riferimento alla delimitazione temporale degli eventi che danno titolo all’ammissione ai benefici di cui alla L. 206/2004 si osserva che delle tre proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare, che hanno dato origine alla legge 206, l’unica a prevedere un termine iniziale per l’ammissione ai benefici, fissato al 1° gennaio 1969, è l’A.C. 3135, ma non viene fatta distinzione tra eventi accaduti in Italia e quelli all’estero. Così anche il testo unificato (A.C. 2725 - 3105 - 4148-A) approvato dalla Commissione Affari costituzionali il 4 febbraio 2004, che ne anticipa il termine iniziale al 1° gennaio 1961 (art. 15).

L’Assemblea della Camera esaminando il provvedimento la prima volta, il 5 febbraio 2004 ne deliberava il rinvio in commissione, in considerazione del parere contrario espresso dalla Commissione Bilancio (4 febbraio 2004).

Alla ripresa dell’esame in Commissione (25 febbraio 2004) il rappresentante dei Governo ha dichiarato insostenibile l’onere previsto, quantificato in un miliardo e 400 milioni per il solo primo anno, e ha rappresentato alla commissione che un eventuale delimitazione, anche sotto il profilo temporale, dell’ambito di applicazione soggettivo delle disposizioni potrebbe rendere il provvedimento maggiormente compatibile con le disponibilità finanziarie.

Successivamente, l’Assemblea deliberava il trasferimento in sede legislativa (8 luglio 2004). Anche il testo unificato adottato dalla Commissione nella nuova sede (13 luglio 2004) contiene il termine del 1° gennaio 1961 senza ulteriori specificazioni.

Il testo dell’art. 15 nella sua formulazione definitiva è stato introdotto in seguito all’approvazione di due emendamenti del Governo (15.1. e 15.2) approvati nella seduta del 14 luglio 2004. Il rappresentante del Governo illustrando gli emendamenti ha dichiarato che essi “servono a colmare una lacuna previsionale che rischierebbe di far retroagire gli effetti della legge al 1° gennaio 1961, anche per gli eventi occorsi al di fuori del territorio nazionale, per i quali, invece, appare necessario fare riferimento ai fatti verificatisi dopo il 1° gennaio 2003”.

 

Con riferimento, invece, all’estensione dei benefici alle vittime del dovere, di atti terroristici o criminosi anche ad eventi relativi a cittadini italiani avvenuti all’estero si osserva che in genere i provvedimenti di legge hanno espressamente limitato la propria portata agli eventi accaduti nel territorio dello Stato (si veda per esempio la legge 302/1990 art. 1), mentre le disposizioni riguardanti i militari caduti o infortunati per causa di servizio non distinguono tra eventi occorsi all’estero e quelli nel territorio nazionale (legge 308/1981, che decorre dal 1° gennaio 1979).

Nel corso del tempo sono tuttavia stati adottati alcuni provvedimenti ad hoc per estendere ai civili caduti in attentati terroristici all’estero i benefici previsti dalle leggi in materia. Si ricordano, in particolare, oltre alla ricordata L. 91/2006 relativa alle vittime dell'eccidio di Kindu:

-        la legge 9 novembre 1994, n. 628, recante disposizioni urgenti in favore delle famiglie dei marittimi italiani vittime dell’eccidio in Algeria del 7 luglio 1994

-        il decreto-legge 28 novembre 2003, n. 337 (legge 24 dicembre 2003, n. 369), relativo alle vittime militari e civili degli attentati avvenuti a Nassiriya il 12 novembre 2003, e ad Istanbul il 15 novembre 2003, successivamente modificato dall’art. 1-bis del decreto-legge 20 gennaio 2004, n. 9 (legge 12 marzo 2004, n. 68);

Esiste inoltre una norma di carattere più generale, peraltro definita espressamente di tipo transitorio, contenuta nella legge 208/2004[299] (art. 10), che estende le disposizioni introdotte dal citato decreto-legge 337 a tutte le famiglie delle vittime civili italiane decedute in seguito ad attentati terroristici all’estero.

 

 

Su un piano generale, con riferimento ai più recenti adeguamenti della disciplina della L. 206/2004, si segnala che l’articolo 34, comma 3, del D.L. 159/2007[300] ha apportato tre modifiche testuali alla più volte citata L. 206/2004 .

La lettera a) ha precisato la definizione di “atti di terrorismo” ai fini dell’applicazione della legge 206, includendovi le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico

La lettera b) modifica il co. 1 del successivo art. 2, che disciplina il trattamento economico riservato a chi abbia subito un’invalidità permanente in conseguenza di atti di terrorismo, nonché alle vedove e agli orfani, ai fini della liquidazione della pensione e dell’indennità di fine rapporto, o di altro trattamento equipollente. Il testo previgente richiamava a tal fine gli incrementi stipendiali previsti dall’art. 2 della L. 336/1970[301] a favore dei dipendenti pubblici ex combattenti o assimilati, mentre a seguito della modifica, si dispone, in luogo di ciò, che la retribuzione pensionabile sia rideterminata incrementando la medesima di una quota del 7,5 per cento.

La lettera c) provvede ad inserire il nuovo comma 1-bis all’art. 3 della L. 206/2004 al fine di prevedere un’ indennità, a favore dei lavoratori autonomi e ai liberi professionisti, a titolo di trattamento equipollente al trattamento di fine rapporto per i soggetti che abbiano subito un'invalidità permanente a causa di atti di terrorismo e che, pertanto, ai sensi del comma1 dell’art. 3, beneficino dell’aumento figurativo di 10 anni di contribuzione utile ad aumentare, per una pari durata, l'anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione, nonché il trattamento di fine rapporto o altro trattamento equipollente. Tali benefici operano anche a favore dei familiari, anche superstiti, limitatamente al coniuge ed ai figli anche maggiorenni, ed in mancanza, ai genitori, siano essi dipendenti pubblici o privati o autonomi (anche sui loro trattamenti pensionistici diretti).

L’indennità riconosciuta ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti dal comma 1-bis è determinata ed erogata in unica soluzione nell'anno di decorrenza della pensione, è calcolata applicando l'aliquota del 6,91% ad un importo pari a dieci volte la media dei redditi da lavoro autonomo ovvero libero professionale degli ultimi cinque anni di contribuzione, rivalutati all'indice annuo dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati calcolato dall'ISTAT, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503[302], aumentata (la media in questione) del 7,5%.

Il comma 3-bis dell’art. 34 prevede inoltre che i nuovi benefici attribuiti abbiano la stessa decorrenza delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 della L. 206/2004.


 

Articolo 42, commi 1-3 e 3-quater - 3-octies
(Disposizioni in materia di protezione civile)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

 

1. Al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico:

 

    a) dopo il comma 7 dell'articolo 2 è aggiunto il seguente:

    a) identico:

 

«7-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, le regioni completano gli inter­venti di ricostruzione e sviluppo nei rispet­tivi territori secondo le disposizioni del pre­sente decreto e dei piani e programmi predisposti in attuazione delle ordinanze emanate, durante la vigenza dello stato di emergenza, dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell'interno e dai commissari delegati»;

«7-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, le regioni completano gli in­terventi di ricostruzione e sviluppo nei ri­spettivi territori secondo le disposizioni del presente decreto e delle ordinanze ema­nate, durante la vigenza dello stato di emergenza, dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Ministro dell'interno e dai commissari delegati»;

 

    b) al comma 7 dell'articolo 3, le pa­role: «alla fine dello stato di emergenza» sono sostituite dalle seguenti: «al 31 di­cembre 2012»;

    b) identica;

 

    c) dopo l'articolo 10 è inserito il se­guente:

    c) identica;

 

«Art. 10-bis. - (Misure per i territori inte­ressati dal sisma del dicembre 2000). - 1. Alla cessazione dello stato di emergenza dichiarato a seguito del sisma del 16 di­cembre 2000, che ha interessato i comuni della provincia di Terni, continuano ad ap­plicarsi l'articolo 1, commi 4 e 5, dell'ordi­nanza n. 3101 del 22 dicembre 2000 del Ministro dell'interno, delegato per il coordi­namento della protezione civile, e l'articolo 6 dell'ordinanza n. 3124 del 12 aprile 2001 del Ministro dell'interno, delegato per il co­ordinamento della protezione civile»;

 

 

    d) dopo il comma 5 dell'articolo 12 è inserito il seguente:

    d) identico:

 

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, per il quinquennio 2008-2012, i contributi di cui ai commi 2 e 3 sono de­terminati annualmente ed erogati agli enti locali dal Ministero dell'interno nell'am­bito dei trasferimenti erariali ordinari in favore degli enti stessi. La determina­zione e l'erogazione avvengono assu­mendo come base di calcolo le certifica­zioni analitiche del Ministero dell'interno relative all'anno 2006 e i relativi importi sono progressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquennio»;

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza, i contributi di cui ai commi 2 e 3, determinati in 19,5 milioni di euro sulla base delle certificazioni analitiche del Ministero dell'interno relative all'anno 2006, sono assegnati annualmente per il quinquiennio 2008-2012 negli importi progressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquiennio»;

 

    e) dopo l'ultimo periodo del comma 14 dell'articolo 14 è aggiunto il seguente: «Alla cessazione dello stato di emergenza, per il quinquennio 2008-2012, le spese ne­cessarie per le attività previste dal presente comma sono determinate ed erogate as­sumendo come base di calcolo la spesa sostenuta nel 2006 ed i relativi importi sono progressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quin­quennio»;

    e) dopo l'ultimo periodo del comma 14 dell'articolo 14 è aggiunto il seguente: «Alla cessazione dello stato di emer­genza, per il quinquennio 2008-2012, le spese necessarie per le attività previste dal presente comma, quantificate in 17 milioni di euro, assumendo come base di calcolo la spesa sostenuta nel 2006 sono erogate annualmente negli importi pro­gressivamente ridotti nella misura di un quinto per ciascun anno del suddetto quinquennio»;

 

    f) dopo il comma 5 dell'articolo 15 è aggiunto il seguente:

    f) dopo il comma 5 dell'articolo 15 sono aggiunti i seguenti:

 

«5-bis. Alla cessazione dello stato di emergenza le risorse giacenti nelle conta­bilità speciali istituite ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 dell'ordinanza del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, n. 2668 del 28 set­tembre 1997 sono versate nelle contabilità speciali di cui al comma 5 ed utilizzate per il completamento degli interventi da ulti­mare».

«5-bis. Identico.

 

 

5-ter. Alla cessazione dello stato di emergenza, per la prosecuzione e per il completamento del programma di in­terventi urgenti di cui al capo I del pre­sente decreto, le regioni Marche e Um­bria sono autorizzate a contrarre mutui a fronte dei quali il Dipartimento della protezione civile è autorizzato a con­correre con contributi quindicennali di 5 milioni di euro a decorrere da cia­scuno degli esercizi 2008, 2009 e 2010».

 

2. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b) e c), si prov­vede nei limiti delle risorse di cui alla lettera f) del medesimo comma 1. Agli oneri de­rivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, lettere d) ed e), si provvede nei limiti di euro 13,6 milioni per l'anno 2008, di euro 11,4 milioni per l'anno 2009, di euro 9,2 milioni per l'anno 2010, di euro 7 milioni per l'anno 2011 e di euro 4,8 milioni per l'anno 2012.

2. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b) e c), si prov­vede nei limiti delle risorse di cui alla let­tera f) del medesimo comma 1.

 

3. I soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei termini dei versamenti tri­butari, previste dall'articolo 14, commi 1, 2 e 3, dell'ordinanza n. 2668 del 28 settem­bre 1997, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, dall'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza n. 2728 del 22 dicembre 1997, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e dall'articolo 2, comma 2, dell'ordinanza n. 2908 del 30 di­cembre 1998, del Ministro dell'interno, de­legato per il coordinamento della prote­zione civile, e della sospensione dei paga­menti dei contributi previdenziali, assisten­ziali ed assicurativi, prevista dall'articolo 13 dell'ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e successive modificazioni, possono definire la propria posizione relativa al periodo inte­ressato dalla sospensione, corrispondendo l'ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo oggetto della sospensione al netto dei versamenti già eseguiti nella mi­sura e con le modalità da stabilire nei limiti di 47 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008 con decreto del Presidente del Con­siglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

3. I soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei termini dei versamenti tri­butari, previste dall'articolo 14, commi 1, 2 e 3, dell'ordinanza n. 2668 del 28 settem­bre 1997, del Ministro dell'interno, dele­gato per il coordinamento della protezione civile, dall'articolo 2, comma 1, dell'ordi­nanza n. 2728 del 22 dicembre 1997, del Ministro dell'interno, delegato per il coor­dinamento della protezione civile, e dal­l'articolo 2, comma 2, dell'ordinanza n. 2908 del 30 dicembre 1998, del Ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e della sospen­sione dei pagamenti dei contributi previ­denziali, assistenziali ed assicurativi, pre­vista dall'articolo 13 dell'ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997, del Ministro del­l'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, e successive modi­ficazioni, possono definire la propria posi­zione relativa al periodo interessato dalla sospensione, corrispondendo l'ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo og­getto della sospensione al netto dei ver­samenti già eseguiti nella misura e con le modalità da stabilire nei limiti di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze.

 

(omissis)

(omissis)

 

 

3-quater. Allo scopo di potenziare la dotazione dei mezzi aerei di soccorso civile nelle azioni di contrasto e di spe­gnimento degli incendi boschivi, è au­torizzata la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2008 per l'acquisizione, a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della protezione civile, di velivoli antincendio.

 

 

3-quinquies. Nell'ambito delle ri­sorse disponibili, in attuazione dell'ar­ticolo 3, comma 1, del decreto-legge 13 maggio 1999, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 luglio 1999, n. 226, i termini previsti dall'arti­colo 1, comma 510, della legge 27 di­cembre 2006, n. 296, sono prorogati fino al 31 dicembre 2008.

 

 

3-sexies. Al fine di garantire la rea­lizzazione di interventi urgenti sulle in­frastrutture, di ristoro dei danni e di ri­duzione del rischio idrogeologico nei territori della provincia di Teramo, col­pita dagli eventi calamitosi del 6 e 7 ot­tobre 2007, di cui al decreto del Presi­dente del Consiglio dei ministri 12 ot­tobre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 245 del 20 ottobre 2007, è autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

 

 

3-septies. Per l'attuazione degli in­terventi a sostegno delle popolazioni e delle attività produttive dei comuni della regione Veneto colpiti da eventi alluvionali nell'anno 2007 di cui all'or­dinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 18 ottobre 2007, n. 3621, è autorizzato un contributo straordinario di 15 milioni di euro per l'anno 2008.

 

 

3-octies. Ad integrazione di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 1013, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per il definitivo completamento degli in­terventi di ricostruzione nei territori delle regioni Basilicata e Campania colpiti dagli eventi sismici del 1980, del 1981 e del 1982, di cui alla legge 23 gennaio 1992, n. 32, e successive modi­ficazioni, è autorizzato un ulteriore con­tributo decennale di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, da erogare, alle medesime regioni, secondo moda­lità e criteri di ripartizione determinati con decreto del Presidente del Consi­glio dei ministri.

 

 

 

L’articolo in esame, ampiamente modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione bilancio, introduce una serie di disposizioni in primo luogo volte a “chiarire alcune modalità procedurali in occasione del passaggio delle competenze a seguito della cessazione dello stato di emergenza” conseguente al sisma del 1997 che ha colpito le due regioni delle Marche e dell’Umbria (cfr. la relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria).

Lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2007 dal DPCM 1 dicembre 2006[303]. La medesima proroga è stata disposta anche per lo stato di emergenza dichiarato a seguito dell’evento sismico verificatosi nella provincia di Terni il 16 dicembre 2000.

Il comma 1, lett. c) (su cui infra) reca specifiche misure per i territori interessati da tale ultimo sisma.

 

Il comma 1 prevede, attraverso alcune novelle al decreto-legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, che:

a)      alla cessazione dello stato di emergenza, le regioni Marche ed Umbria completino gli interventi di ricostruzioni e sviluppo secondo le disposizioni del decreto e delle ordinanze emanate nella vigenza dello stato di emergenza stesso. Tale disposizione viene introdotta aggiungendo un comma 7-bis all’art. 2 del decreto legge n. 6 del 1998 (relativo ai compiti delle regioni e intese istituzionali di programma);

b)      venga esteso al 31 dicembre 2012 il termine per la concessione dei contributi mensili previsti dall’ordinanza n. 2668 del 1997, che il comma 7 dell’art. 3 del decreto legge n. 6 del 1998 proroga, invece, fino alla fine dello stato di emergenza.

Il comma 7 dell’art. 3 del decreto legge n. 6 del 1998 dispone che il termine di cui all'art. 7, comma 2, dell'O.M. 28 settembre 1997, n. 2668 sia prorogato fino alla fine dello stato di emergenza e i benefìci siano concessi, per il periodo necessario, anche ai nuclei familiari residenti in abitazioni principali, nel caso in cui la realizzazione degli interventi di cui al presente articolo richieda di liberare temporaneamente l'immobile.

A sua volta il citato art. 7, comma 2, dell’ordinanza n. 2668/1997 prevede l’assegnazione di un contributo mensile fino ad un massimo di lire 600.000 e per non più di dodici mesi, per l’autonoma sistemazione di ogni nucleo familiare evacuato dall’alloggio distrutto o dichiarato inagibile.

c)      vengano prorogati alcuni contributi e agevolazioni tributarie previsti per il sisma di Terni del dicembre 2000. Viene, infatti, previsto che ai comuni della provincia di Terni colpiti dal terremoto del dicembre 2000 continuino ad applicarsi, alla cessazione dello stato di emergenza, le disposizioni recate dall’art. 1, commi 4 e 5, dell’ordinanza del 22 dicembre 2000, n. 3101, e dall’art. 6 dell’ordinanza del 12 aprile 2001, n. 3124. La modifica viene introdotta aggiungendo l’art. 10-bis al decreto legge n. 6 del 1998.

L’art. 1, commi 4 e 5 dell’ordinanza n. 3101/2001 prevedono che sia assegnato, ai fini della sistemazione dei nuclei familiari oggetto di ordinanza sindacale di sgombero per inagibilità totale o parziale dell'abitazione principale, fino al 31 dicembre 2001, un contributo mensile fino ad un massimo di lire 600.000, da erogare con le modalità già previste dall'ordinanza n. 2668/1997 e successive modificazioni ed integrazioni. Nei confronti degli stessi soggetti sono altresì sospesi, fino al 31 dicembre 2001, i versamenti di natura tributaria di pertinenza regionale e comunale.

L’art. 6 dell’ordinanza n. 3124/2001 prevede che per la disciplina, anche tecnica, degli interventi dei contributi da destinare ai soggetti privati e alle attività produttive danneggiate dall'evento sismico, il presidente della regione dell'Umbria, commissario delegato, operi nell'ambito dei limiti e secondo le procedure di cui alla legge n. 61/1998 e successive modifiche ed integrazioni e relative normative tecniche.

d)      per il periodo 2018-2012, i contributi concessi ai comuni ai sensi dei commi 2 e 3 dell’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998 vengano quantificati in 19,5 milioni di euro sulla base delle certificazioni del Ministero dell’interno relative all’anno 2006 e siano assegnati annualmente - per il citato quinquennio - con un meccanismo progressivo di riduzione per ciascun anno del quinquennio. Tali disposizioni vengono introdotte aggiungendo un comma 6all’art. 12 del decreto legge n. 6 del 1998.

Si ricorda che l’art. 12 del decreto-legge n. 6 del 1998 reca misure a favore dei comuni interessati dalla crisi sismica. In particolare, il comma 1 prevede che a tali comuni venga concessa dal Ministero dell'interno un'anticipazione dei trasferimenti erariali per compensare gli effetti finanziari delle proroghe dei versamenti per gli anni 1997 e 1998, disposte dalle ordinanze di cui all'art. 1, relativi all'imposta comunale sugli immobili, alla tassa sui rifiuti solidi urbani e alla imposta sulla pubblicità. L'anticipazione è calcolata sulla base delle minori entrate rispetto al 1996, certificate dai comuni interessati. Al recupero dell'anticipazione provvede il Ministero dell'interno in sede di assegnazione delle rate dei contributi ordinari spettanti dopo la scadenza delle proroghe. Ai sensi del comma 2, agli stessi comuni sono assegnati, per gli anni 1997 e 1998, contributi pari ai minori accertamenti, rispetto al 1996, per i tributi di cui allo stesso comma, strettamente connessi all'evento sismico. I contributi sono assegnati sulla base di analitiche certificazioni verificate dal Ministero dell'interno. Infine, il comma 3 prevede che per il biennio 1997-1998, agli stessi comuni per i quali le abitazioni inagibili, totalmente o parzialmente, a seguito della crisi sismica rappresentano oltre il 15% del totale delle abitazioni, vengano concessi contributi per l'adeguamento alla media delle risorse relative alla fascia demografica di appartenenza. Le risorse sono costituite dai contributi ordinari e consolidati assegnati ai comuni e dall'imposta comunale sugli immobili al 4 per mille a suo tempo detratta. Agli stessi comuni è concesso, per il biennio 1997-1998, un ulteriore contributo pari al 20% delle risorse in godimento nell'anno 1997 dopo l'adeguamento alla media delle risorse della fascia demografica di appartenenza.

e)      per il 2008-2012, le spese necessarie per le attività volte al potenziamento degli uffici vengano determinate in 17 milioni di euro e siano erogate annualmente attraverso un meccanismo di riduzione per ciascun anno del citato quinquennio. Tale disposizione viene introdotta aggiungendo un periodo finale al comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998.

Il vigente comma 14 dell’art. 14 del decreto legge n. 6 del 1998 dispone che le regioni e gli enti locali provvedono, per un periodo massimo di tre anni e in deroga alle vigenti disposizioni di legge, al potenziamento dei propri uffici attraverso la dotazione di strumenti e di attrezzature e assunzioni di personale tecnico e amministrativo a tempo determinato, a corrispondere al personale dipendente compensi per ulteriore lavoro straordinario effettivamente prestato, nel limite di cinquanta ore pro-capite mensili, nonché ad avvalersi di liberi professionisti o dei soggetti di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 468 del 1997, o di università e di enti pubblici di ricerca, di società e di cooperative di produzione e lavoro. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata una spesa nel limite del 2% dei fondi assegnati alle regioni, ai sensi dell'art. 15, comma 1, che provvedono a ripartirli secondo un piano di fabbisogno all'uopo predisposto.

f)        le risorse giacenti nelle contabilità speciali accreditate ai Commissari delegati affluiscano nelle apposite contabilità speciali intestate ai Presidenti delle regioni e vengano utilizzate per il completamento degli interventi da ultimare. La modifica viene introdotta aggiungendo un comma 5-bis all’art. 15 del decreto legge n. 6 del 1998.

Nel corso dell’esame presso la V Commissione bilancio, è stato inserito anche un comma 5-ter all’art. 15 del decreto legge n. 6 del 1998 che prevede che alla cessazione dello stato d’emergenza, le regioni Umbria e Marche, vengano autorizzate, per la prosecuzione ed il completamento del programma di interventi, a contrarre mutui a fronte dei quali il Dipartimento della protezione civile viene autorizzato a concorrere con contributi quindicennali di 5 milioni di euro a decorrere ciascuno degli esercizi 2008, 2009 e 2010.

 

Il comma 2 individua il limite finanziario di intervento per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere a), b) e c) con l’utilizzo delle somme esistenti nelle contabilità speciali. Nel corso dell’esame in sede referente, è stata espunta l’individuazione degli oneri per l’attuazione delle disposizioni di cui alle lettere d) ed e)[304].

Nella relazione tecnica vengono riportate in dettaglio anche le quantificazioni per le singole lett. d) ed e).

 

Il comma 3 prevede la possibilità per i soggetti che hanno usufruito delle sospensioni dei versamenti tributari e dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali e assicurativi di definire la propria posizione corrispondendo l’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo al netto dei versamenti già eseguiti e nella misura e con le modalità che dovranno essere stabilite, nei limiti di 50 milioni di euro[305] a decorrere dall’anno 2008, con D.P.C.M., su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma precisa, infatti, che i destinatari della disposizione sono coloro che hanno usufruito delle sospensioni dei termini dei versamenti tributari previste:

-        dall’art. 14, commi 1, 2 e 3 dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997;

-        dall’art. 2, comma 1, dell’ordinanza n. 2728 del 22 dicembre 1997;

-        dall’art. 2 dell’ordinanza n. 2908 del 30 dicembre 1998;

-        coloro che hanno usufruito della sospensione dei pagamenti dei contributi previdenziali, assistenziali ed assicurativi prevista dall’art. 13 dell’ordinanza n. 2668 del 28 settembre 1997.

 

Si ricordano brevemente le disposizioni richiamate dalle citate ordinanze.

L’art. 14 dell’ordinanza n. 2668/1997 prevede che nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d’imposta che alla data del 26 settembre 1997 avevano il domicilio, o la residenza nei comuni colpiti dal sisma, sono sospesi, a decorrere dal 26 settembre 1997 e fino al 31 dicembre 1997, i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti di natura tributaria connessi all’accertamento ed alla riscossione di imposte e tasse erariali, regionali e locali, ivi compresi i versamenti di entrate aventi natura patrimoniale ed assimilata, dovute all’amministrazione finanziaria e ad enti pubblici anche locali (comma 1). Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano, altresì, nei confronti dei soggetti, anche in qualità di sostituti d’imposta, diversi dalle persone fisiche, aventi sede alla data del 26 settembre 1997 nei comuni colpiti dal sisma, comprese le persone fisiche, aventi residenza o sede altrove, limitatamente alle obbligazioni che afferiscono in via esclusiva alle attività svolte nei predetti comuni. I sostituti d’imposta, ovunque fiscalmente domiciliati, a richiesta degli interessati, non devono operare le ritenute alla fonte nel periodo di sospensione. La sospensione dei pagamenti delle imposte sui redditi, effettuata mediante ritenuta alla fonte, si applica soltanto per le ritenute operate a titolo d’acconto ai sensi degli artt. 23, 24, 25, 25 bis, 28, comma 2, e 29 del DPR 29 n. 600 del 1973. La sospensione non si applica ai soggetti che svolgono attività bancarie od assicurative di cui all’art. 2195, commi 1 e 4, del codice civile (comma 2). Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei confronti delle persone fisiche e dei soggetti gravemente danneggiati aventi residenza, domicilio o sede nei danneggiati dal sisma.

Il comma unico dell’art. 2 dell’ordinanza n. 2728/1997 dispone che il termine di cui al richiamato art. 14 dell’ordinanza n. 2668/1997 è prorogato al 31 marzo 1998 per i soggetti aventi il domicilio o la residenza nei comuni colpiti dal sisma, ed al 31 dicembre 1998, per i soggetti residenti o aventi sede operativa negli stessi comuni, le cui abitazioni e i cui immobili, sede di attività produttive, sono stati oggetto di ordinanze sindacali di sgombero per inagibilità totale o parziale.

L’art. 2 dell’ordinanza n. 2908/1998 proroga fino al 30 giugno 1999 il termine del 31 dicembre 1998 di cui agli artt. 1 e 2 dell'ordinanza n. 2728/97. Gli adempimenti conseguenti alla ripresa della riscossione decorrono dopo otto mesi dalla scadenza e con una rateizzazione, su base mensile, tale da comportare una percentuale aggiuntiva non superiore al 30% della rata ordinaria che devono corrispondere le imprese e i lavoratori autonomi.

L’art. 13 dell’ordinanza n. 2668/1997 sospende, nei confronti dei soggetti residenti nei comuni gravemente danneggiati dal sisma, a decorrere dal 26 settembre 1997 e fino al 31 dicembre 1997, i pagamenti dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, ivi compresa la quota di contributi a carico dei dipendenti, nonché dei contributi per le prestazioni del servizio sanitario nazionale di cui all’art. 31 della legge n. 41 del 1986. Il versamento delle somme dovute e non corrisposte per effetto della sospensione avviene senza aggravio di sanzioni, interessi o altri oneri.

 

Nel corso dell’esame presso la V Commissione bilancio sono stati introdotti alcuni commi aggiuntivi.

 

Il comma 3-quater autorizza una spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2008 per l’acquisizione, da parte del Dipartimento della protezione civile, di velivoli antincendio, allo scopo di potenziare la dotazione di mezzi aerei e di soccorso civile nelle azioni di contrasto e di spegnimento degli incendi stessi.

 

Ai sensi dell’art. 1, del decreto-legge n. 90 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 2005, al fine di porre in essere ogni indispensabile azione di carattere preventivo in materia di lotta attiva agli incendi boschivi, nonché di garantire il funzionale espletamento di tali attività, è stato affidato al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di definire i programmi per gli interventi di spegnimento degli incendi boschivi. Il Dipartimento per la protezione civile è stato autorizzato al compimento di attività volte a garantire l’adeguamento tecnologico e operativo della componente aerea nel settore della lotta agli incendi boschivi.

Gli aerei e gli elicotteri antincendio sono coordinati dal Centro Operativo Aereo Unificato (COAU) del Dipartimento della protezione civile e sono dislocati sul territorio tenendo conto delle aree a rischio e delle condizioni meteorologiche che rendono più probabile l'innesco di incendi boschivi. Attualmente il Dipartimento della Protezione Civile può disporre di 16 Canadair e 4 elicotteri, 6 elicotteri del Corpo forestale dello stato, , 2 elicotteri della Marina Militare, 3 elicotteri dell'Esercito italiano, 1 elicottero dell’Aeronautica militare e 2 elicotteri dei Vigili del fuoco. A questi mezzi si aggiungono quelli in dotazione alle Regioni. Inoltre la Protezione Civile ha stretto un accordo di reciproco aiuto con la Francia: i nostri aerei intervengono in Corsica ed in Costa Azzurra, quelli francesi in Liguria, Sardegna, Piemonte, Valle d'Aosta e Toscana[306].

Per quanto specificamente riguarda e attività del Corpo forestale dello Stato, in base all’articolo 2 della legge 6 febbraio 2004, n. 36, esso è autorizzato a compiere azioni di pubblico soccorso ed interventi di rilievo nazionale di protezione civile su tutto il territorio nazionale con riferimento alla lotta agli incendi boschivi, mediante l’utilizzazione di mezzi aerei per il loro spegnimento. Per le esigenze operative del C.F.S. connesse alle attività antincendi boschivi, l’art. 18-bis del decreto legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha autorizzato la spesa di 4 milioni di euro per il 2006 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007.

 

Il comma 3-quinquies proroga al 31 dicembre 2008 il termine per l’applicazione delle misure agevolative a favore dei territori di Umbria e Marche colpiti da eventi sismici del 1997 e per le zone ad elevato rischio sismico. L’ultima proroga è stata disposta con l’art. 1, comma 510, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007).

La proroga è destinata ad operare solamente nell’ambito delle risorse disponibili, come prevede l’art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 132 del 1999, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 226 del 1999.

 

Si ricorda che tale termine era stato prorogato al 31 dicembre 2006 dall’art. 4, comma 92, della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), che aveva novellato l’art. 138, comma 12, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), il quale a sua volta aveva disposto la proroga al 31 dicembre 2003, nell’ambito delle risorse disponibili, delle misure agevolative contenute nel D.M. 28 settembre 1998, n. 499.

Le agevolazioni contenute nel citato decreto ministeriale sono quelle previste dall'art. 12, commi 1 e 3, della legge n. 449 del 1997. Il comma 1 prevede in particolare la concessione di un contributo pari all'ammontare dell'IVA pagata a titolo di rivalsa, in relazione all'acquisto e all'importazione di beni utilizzati e di servizi, anche professionali, ricevuti per la riparazione e la ricostruzione degli edifici o delle opere pubbliche distrutti o danneggiati. L'agevolazione prevista dal comma 3 del medesimo art. 12 consiste invece nella concessione del contributo di cui al comma 1, nella misura del 10% per i soggetti che provvedono alla riparazione o ricostruzione di edifici, anche rurali, o di opere pubbliche ubicati nelle zone ad elevato rischio sismico.

Il medesimo decreto ministeriale ha definito gli adempimenti e le modalità, pertinenti alla concessione dei benefici, ed ha ricompreso tra i beneficiari delle agevolazioni anche i soggetti residenti nei territori delle province di Arezzo e Rieti.

 

Il comma 3-sexies autorizza un contributo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per la realizzazione di interventi urgenti per le infrastrutture, di ristoro dei danni e volti alla riduzione del rischio idrogeologico nei territori colpiti dai gravi fenomeni atmosferici nei giorni 6 e 7 ottobre 2007 ed il cui stato di emergenza è stato dichiarato con DPCM 12 ottobre 2007. La disposizione precisa che i territori interessati dal contributo sono esclusivamente quelli della provincia di Teramo.

 

Si ricorda che gli eccezionali eventi meteorologici che hanno determinato interruzioni della viabilità stradale e danneggiamenti alle infrastrutture verificatesi nei giorni 6 e 7 ottobre 2007, hanno interessato la provincia di Teramo e quella di Ascoli Piceno. Con DPCM 12 ottobre 2007 è stato, quindi, dichiarato per entrambe le province lo stato di emergenza fino al 31 ottobre 2008, al fine di porre in essere ogni azione urgente finalizzata al superamento della grave situazione derivante dai citati eventi meteorici.

 

Il comma 3-septies autorizza un contributo straordinario di 15 milioni di euro per il 2008, per la realizzazione di interventi a sostegno delle popolazioni e delle attività produttive nei comuni della regione Veneto colpiti dagli eventi alluvionali nel 2007 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 ottobre 2007, n. 3261.

 

Si ricorda che il 26 settembre 2007 parte del territorio della regione Veneto, con particolare riferimento alle province di Venezia, Padova e Treviso, è stato colpito da eccezionali eventi meteorologici che hanno determinato interruzioni della viabilità stradale e danneggiamenti alle infrastrutture. Pertanto è stata emanata l’ordinanza n. 3621 del Presidente del Consiglio dei ministri 18 ottobre 2007 recante “Interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare i danni conseguenti agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito parte del territorio della regione Veneto, nel giorno 26 settembre 2007”[307].

 

Il comma 3-octies autorizza un ulteriore contributo decennale di 5 milioni di euro a decorrere dal 2008, per gli interventi di ricostruzione nelle regioni della Basilicata e della Campania colpite dagli eventi sismici del 1980-1981, che si aggiunge al contributo disposto dall’art. 1, comma 1013 della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007). La disposizione demanda ad un successivo DPCM la definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione tra le due regioni interessate.

 

Si rammenta che l’art. 1, comma 1013, della legge finanziaria 2007 ha autorizzato un contributo quindicennale di 3,5 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione della ricostruzione nei territori delle regioni Basilicata e Campania colpiti dagli eventi sismici del 1980-1981.

 

In relazione al contenuto della disposizione che reca misure, oltre che per Umbria e Marche, anche per altri territori colpiti da eventi calamitosi, andrebbe conseguentemente modificata la rubrica dell’articolo.


 

Articolo 42, commi 3-bis-commi 3-ter
(Definizione automatica debiti tributari e previdenziali degli enti operanti nel settore sanitario e aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

 

 

3-bis. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 255, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi fiscali e contributi previdenziali, possono definire in maniera automatica la propria posizione relativa agli anni dal 2002 al 2006. La definizione si perfeziona versando l'intera somma dovuta per ciascun contributo e tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale e interessi, diminuita al 30 per cento, in due rate di eguale ammontare, la prima delle quali deve essere versata entro il 20 gennaio 2008 e la seconda entro il 30 settembre 2008. Il mancato rispetto dei termini previsti dal secondo periodo comporta la decadenza dal beneficio di cui al presente comma.

 

 

3-ter. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 3-bis, informando tempe­stivamente il Ministero dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell'entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al primo periodo, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

 

 

 

Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame in V Commissione bilancio, consente agli enti non commerciali - di cui all’articolo 1, comma 255 della legge finanziaria 2005, cioè gli enti operanti nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale, aventi una sede operativa nei territori colpiti da calamità naturali situati in Molise, Sicilia e Puglia - destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi fiscali e contributi previdenziali, di definire in maniera automatica la propria posizione, relativamente agli anni dal 2002 al 2006.

La definizione si perfeziona versando l’intera somma dovuta per ciascun contributo e tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interesse, diminuita del 30 percento, in due rate di uguale ammontare, versate, la prima entro il 20 gennaio 2008, la seconda entro il 30 settembre. Il mancato rispetto di tali termini comporta la decadenza del beneficio di cui al comma in esame.

 

Il comma 3-ter, anch’esso introdotto nel corso dell’esame in V Commissione bilancio, dispone che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale provveda al monitoraggio degli oneri recati dal comma precedente, informando il Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi rispetto alle previsioni di spesa, secondo quanto previsto dalla legge di contabilità.

Gli eventuali decreti di integrazione dei relativi capitoli di spesa attraverso trasferimento a questi di risorse provenienti dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine, sono, prima dell’entrata in vigore dei provvedimenti correttivi di cui sopra, tempestivamente trasmessi alle Camere, corredate da apposite relazioni illustrative.

 

La legge finanziaria 2005, all’articolo 1, comma 255, stabilisce che agli enti non commerciali di cui all’articolo 1, comma 47 della legge finanziaria 2003, cioè gli enti operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999 [308], con un organico superiore alle 2.000 unità lavorative, nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, i quali abbiano almeno una sede operativa nelle province di Catania, Campobasso e Foggia si applicano fino al 31 dicembre 2005 la sospensione dei termini di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 245 del 2002, nonché, per i versamenti non eseguiti alla data del 31 dicembre 2005, si applicano i differimenti di termini relativi a compensi per prestazioni di lavoro straordinario, agli adempimenti per gli obblighi tributari e relativi ai versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale, indicati, rispettivamente, nell'articolo 3, comma 2, e nell'articolo 4, comma 3, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 7 maggio 2004 n. 3354, recante disposizioni urgenti in materia di protezione civile.

 

Il decreto-legge 4 novembre 2002, n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2002, n. 286, all'articolo 1, comma 1, fa riferimento alle situazioni d’emergenza di cui al D.P.C.M. 29 ottobre 2002 (dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Catania, in conseguenza dei gravi fenomeni eruttivi connessi all'attività vulcanica dell'Etna e degli eventi sismici concernenti la medesima area) e al D.P.C.M. 31 ottobre 2002 (dichiarazione dello stato di emergenza nel territorio della provincia di Campobasso, in conseguenza dei gravi eventi sismici verificatisi il 31 ottobre 2002), pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 258 del 4 novembre 2002, nonché al D.P.C.M. 8 novembre 2002 (dichiarazione dello stato di emergenza anche nel territorio della provincia di Foggia, in conseguenza dei gravi eventi sismici verificatisi il 31 ottobre 2002), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 267 del 14 novembre 2002.

L'articolo 4 del medesimo decreto-legge ha previsto per i soggetti che alle date del 29 e 31 ottobre 2002 nonché dell’8 novembre 2002 erano residenti, avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione nei comuni e nei territori individuati nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in pari data, la sospensione fino al 31 marzo 2003 (termine poi prorogato al 30 giugno 2003) dei termini di prescrizione, di decadenza e di quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, anche previdenziali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza nel periodo di vigenza delle dichiarazioni di emergenza. Lo stesso articolo 4 ha altresì previsto la sospensione, con provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, fino al 31 marzo 2003 (termine poi prorogato al 30 giugno 2003) dei termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria. Ha sospeso altresì per lo stesso periodo tutti i termini relativi ai processi esecutivi, mobiliari e immobiliari, nonché ad ogni altro titolo di credito avente forza esecutiva di data anteriore ai decreti sopra citati e alle rate dei mutui di qualsiasi genere in scadenza nel medesimo periodo; ha sospeso per il predetto periodo i termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi amministrativi e giurisdizionali.

 

Si ricorda infine, che l’articolo 11-ter, comma 7, della legge di contabilità (legge n. 468 del 1978), prevede che qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi.

L’articolo 7, comma 2, numero 2 della stessa legge, relativo al Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine, prevede che con decreti del Ministro dell’economia e finanze, da registrarsi alla Corte dei conti, sono tra l’altro, trasferite dal predetto fondo ed iscritte in aumento sia delle dotazioni di competenza che di cassa dei competenti capitoli le somme necessarie per aumentare gli stanziamenti dei capitoli di spesa aventi carattere obbligatorio o connessi con l'accertamento e la riscossione delle entrate.


 

Articolo 42, commi 3-novies e 3-decies
(Interventi per contrastare gli incendi boschivi)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

 

 

3-novies. Il recupero dei tributi e contributi di cui ai commi 1008 e 1011 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, avviene nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 2 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180.

 

 

3-decies. All'articolo 1, comma 1, del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 14 novembre 2002, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 270 del 18 novembre 2002, dopo le parole: «avevano la residenza» sono inserite le seguenti: «o la sede operativa».

 

 

 

I commi 3-novies e 3-decies, inseriti durante l’esame del disegno di legge presso la Commissione bilancio, contengono disposizioni in favore di alcune zone colpite da calamità naturali durante l’anno 2002.

 

In particolare, il comma 3-novies stabilisce che il recupero dei tributi e dei contributi relativi alle zone del Molise e della provincia di Foggia colpite dagli eventi sismici del 2002 ed alla parte della provincia di Catania interessata da eventi sismici e fenomeni vulcanici nel medesimo anno (di cui, rispettivamente, ai commi 1008 e 1011 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007, L. n. 296/2006) avvenga nel rispetto dei limiti di sequestrabilità e pignorabilità contenuti nell’articolo 2 del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni (D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180).

 

Si ricorda che il citato comma 1008 ha stanziato risorse - pari a 85 milioni di euro per il 2007 e 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 - per gli interventi di ricostruzione nelle zone della regione Molise e della provincia di Foggia colpite dagli eventi sismici del 2002, prevedendo altresì un vincolo di destinazione del 50% al Comune di San Giuliano di Puglia ed il restante 50% ai rimanenti comuni con precedenza, però, nei confronti dei comuni del cratere.

Il comma 1011 ha invece prorogato al 30 giugno 2007 il termine per la definizione della posizione contributiva dei soggetti colpiti dai gravi fenomeni eruttivi dell'Etna nel territorio della provincia di Catania e dagli eventi sismici concernenti la medesima area verificatisi nel mese di ottobre 2002, destinatari dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2005, n. 3442 ed interessati dallo stato di emergenza.

In relazione alle modalità di effettuazione dei previsti adempimenti e versamenti, viene disposta la corresponsione dell’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito del 50 per cento, ferme restando le vigenti modalità di rateizzazione.

Nel caso di ritardato versamento dei tributi e contributi previsti si applica l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, anche se sono già state notificate le cartelle esattoriali

 

Il comma 3-septies, nel dettare i limiti al recupero delle risorse, richiama espressamente l’articolo 2 del DPR n. 180/1950. Tale norma detta specifici limiti alla sequestrabilità e pignorabilità diuna serie di emolumenti (nella specie: stipendi, salari e retribuzioni equivalenti, pensioni, indennità che tengono luogo di pensione e altri assegni di quiescenza) corrisposti dallo Stato e da altri enti[309].

 

I limiti disposti dalla norma alla pignorabilità ed alla sequestrabilità delle somme sono i seguenti (articolo 2, comma 2):

 

1)      fino alla concorrenza di un terzo valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti per legge;

2)      fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d'impiego o di lavoro;

3)      fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, facenti carico, fin dalla loro origine, all'impiegato o salariato[310].

 

L’ultimo comma dell’articolo 2 stabilisce il limite per l’eventuale concorso di cause di cui al comma 2. In particolare, il sequestro ed il pignoramento, per il simultaneo concorso delle cause indicate ai numeri 2 e 3, non possono colpire una quota maggiore del quinto, e, quando concorrano anche le cause di cui al numero 1, non possono colpire una quota maggiore della metà, valutata al netto di ritenute, salve le disposizioni del titolo V del Testo Unico (recante disposizioni in materia di concorso di vincoli sugli stipendi, salari e pensioni) qualora concorrano anche vincoli per cessioni e delegazioni.

 

Come appena rilevato, il comma 1008 dell’articolo 1 della l. finanziaria 2007 reca uno stanziamento di risorse; dall’altro lato, il comma 1011 dispone la proroga di termini per la definizione della posizione contributiva di alcuni soggetti. Al riguardo si osserva, dunque, che appare impreciso il riferimento operato dal comma 3-novies in esame, in materia di “recupero di tributi e contributi”, a quanto disposto nei suddetti commi 1008 e 1011.

 

Il comma 3-decies, stante l’imprecisaformulazione letterale e la contiguità di materia rispetto al comma 3-novies,sembra apportare modifiche a due decreti ministeriali, emanati dal Ministro dell’economia e finanze in data 14 novembre 2002, riguardanti la sospensione di termini relativi ad adempimenti di obblighi tributari in favore di soggetti residenti in taluni comuni colpiti da calamità naturali nell’anno 2002.

 

Entrambi i DM sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale n. 270 del 18 novembre 2002, con il titolo di “Sospensione dei termini relativi agli adempimenti di obblighi tributari aventi scadenza nel periodo dal 29 ottobre 2002 al 31 marzo 2003 a favore dei soggetti residenti, alla data del 29 ottobre 2002, in taluni comuni della provincia di Catania interessati dall'eruzione del vulcano Etna” e “Sospensione dei termini relativi agli adempimenti di obblighi tributari aventi scadenza nel periodo dal 31 ottobre 2002 al 31 marzo 2003 a favore dei soggetti residenti, alla data del 31 ottobre 2002, in taluni comuni della provincia di Campobasso interessati dagli eventi sismici verificatisi nella stessa data del 31 ottobre 2002”.

 

La norma, tramite una modifica testuale all’articolo 1, comma 1, di entrambi i decreti (la cui formulazione è pressoché identica) estende il beneficio della sospensione dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari, già previsti per lepersone fisiche aventi la residenza nei comuni indicati dai provvedimenti modificati, anche ai soggetti ivi aventi, in alternativa, “la sede operativa”.

Le disposizioni del comma in esame sembra possano riferirsi ai lavoratori autonomi o agli imprenditori individuali.

 

Si osserva, oltre alla già rilevata imprecisa formulazione del comma 3-decies, che con la disposizione in esame si apportano modifiche ad un regolamento ministeriale - cioè ad una fonte secondaria - tramite una norma di rango primario.


 

Articolo 42, commi 3-undecies e 3-duodecies
(Modifica alla disciplina in materia di ammortizzatori sociali per particolari categorie di lavoratori)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

Art. 42.

(Chiusura dell'emergenza conseguente al sisma nelle regioni Umbria e Marche del 1997).

 

 

3-undecies. Al comma 7 dell'articolo 41 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

    a) al primo periodo, le parole: «Per gli anni 2004-2007» e «, nel limite massimo di 350 unità» sono soppresse, e dopo le parole: «si applicano anche ai lavoratori licenziati» sono inserite le seguenti: «entro il mese di dicembre 2005»;

 

 

    b) al secondo periodo, dopo le parole: «indennità di mobilità prevista dalle leggi vigenti e per la durata di 48 mesi» sono inserite le seguenti: «a decorrere dalla data del licenziamento e nel limite del 40 per cento delle unità, calcolato come media del periodo».

 

 

3-duodecies. Al comma 8 dell'articolo 41 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo le parole: «e 2007,» sono inserite le seguenti: «di 3.000.000 di euro per l'anno 2008 e di 1.000.000 di euro per l'anno 2009,».

 

 

 

I commi 3-undecies e 3-duodecies dell’articolo 42, aggiunti nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, sono volti a modificare rispettivamente i commi 7 ed 8 dell’articolo 41 della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003), recanti norme in materia di ammortizzatori sociali per particolari categorie di lavoratori.

 

Si ricorda che il comma 7 dell’articolo 41 della L. 289/2002, nel testo vigente, per il periodo 2004-2007, estende l'applicazione del trattamento economico di sostegno al reddito di cui all'articolo 1, commi 5-8, del D.L. 108/2002[311] (cfr. infra), in favore dei lavoratori licenziati da enti non commerciali con un organico superiore alle 2.000 unità lavorative, operanti - nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio, del 21 giugno 1999[312] - nel settore della sanità privata ed in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione. Tale estensione opera nel limite massimo di 350 unità lavorative. Si dispone che il trattamento economico, comprensivo della contribuzione figurativa e, se spettanti, degli assegni per il nucleo familiare, è corrisposto in una misura pari al massimo dell’indennità di mobilità prevista dalla normativa vigente e per una durata massima di 48 mesi.

Si evidenzia che il regolamento n. 1260/99 del Consiglio sopra richiamato è stato recentemente abrogato dall’articolo 107 del reg. (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006[313] a decorrere dal 1° gennaio 2007. Nel regolamento n. 1083/2006 si precisa che i riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al nuovo regolamento.

 

Si ricorda altresì che i commi 5-8 dell’art. 1 del D.L. n. 108 del 2002 concedono un trattamento economico al personale (per il quale sia scaduto il trattamento di CIGS) licenziato da aziende operanti nel settore della sanità privata, con un organico superiore a millecinquecento unità lavorative, assoggettate alla procedura di amministrazione straordinaria con cessazione dell’esercizio di impresa ed operanti nelle aree individuate dai suddetti obiettivi 1 e 2.

In particolare, ai sensi del comma 5, viene concesso, ad un numero massimo di 1.800 lavoratori e per un periodo non superiore a 24 mesi, un trattamento economico corrispondente all’80% dell’importo massimo dell’indennità di mobilità (comprensivo della contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, ove spettanti). I lavoratori interessati sono quelli il cui trattamento straordinario di integrazione salariale, disposto ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270[314], sia scaduto entro il 14 maggio 2002.

Il comma 6 obbliga i lavoratori che fruiscono del trattamento concesso ai sensi del precedente comma 5 a frequentare, durante il periodo coperto dal trattamento medesimo, corsi di formazione professionale, a pena di decadenza dal suddetto trattamento. I corsi professionali saranno indetti dalla regione o dai competenti enti locali e dovranno essere finalizzati da una parte all’aggiornamento e alla riqualificazione professionale dei lavoratori, dall’altra a percorsi di ricollocazione degli stessi. Sono esentati dalla partecipazione ai corsi i lavoratori che matureranno il diritto alla pensione durante il periodo di godimento del trattamento.

Inoltre, il comma 7 dispone che le amministrazioni pubbliche devono promuovere, per la ricollocazione dei lavoratori in questione, procedure per l'affidamento all'esterno di attività, attraverso la stipulazione di convenzioni con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani a condizione che la forza lavoro occupata sia costituita, nella misura minima del 40 per cento, dai lavoratori indicati al comma 5.

Infine, il comma 8 riconosce la possibilità, per i lavoratori che fruiscono del trattamento di cui al comma 5 e che intendono intraprendere un’attività autonoma (in forma singola o associata), di ottenere, secondo i criteri indicati dal regolamento contenuto nel D.M. 17 febbraio 1993, n. 142, la corresponsione anticipata della parte del trattamento stesso non ancora percepita al momento di presentazione della relativa richiesta.[315] Le somme corrisposte ai sensi del comma 8 sono cumulabili con eventuali altri benefici previsti in materia di lavoro autonomo.

 

Con il comma 3-undecies vengono introdotte le seguenti modifiche al citato articolo 41, comma 7, della L. 289/2002:

§         al primo periodo, viene eliminata la delimitazione temporale espressa (periodo 2004-2007) relativa all’applicazione del trattamento in oggetto ai soggetti interessati, stabilendo peraltro che tale trattamento si applichi limitatamente ai lavoratori licenziati entro il mese di dicembre 2005; sempre al primo periodo, viene meno il limite massimo di 350 unità lavorative, ai fini della fruizione del trattamento straordinario in precedenza richiamato (lettera a);

§         al secondo periodo, si dispone che il trattamento economico (comprensivo della contribuzione figurativa e, se spettanti, degli assegni per il nucleo familiare) è corrisposto in una misura pari al massimo dell’indennità di mobilità prevista dalla normativa vigente e per una durata massima di 48 mesi “a decorrere dalla data del licenziamento e nel limite del 40 per cento delle unità, calcolato come media del periodo” (lettera b);

Si osserva che la modifica di cui alla lettera b) non appare di immediata interpretazione.

 

In conseguenza della riformulazione operata dal comma 3-undecies al comma 7 dell’articolo 41 della L. 289/2002, il successivo comma 3-duodecies provvede a modificare anche il comma 8 dell’articolo 41 della L. 289/2002 - che reca la misura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 7 e la relativa copertura finanziaria, posta a carico delle risorse del Fondo per l’occupazione - al fine di provvedere alla copertura finanziaria anche per gli anni successivi al 2007 con riferimento ai quali la disposizione (così come modificata) esplica effetti.

Pertanto al comma 8 si provvede a determinare gli oneri finanziari nella misura massima di 3 milioni di euro per l’anno 2008 e di 1milione di euro per l’anno 2009, sempre a valere sul Fondo per l’occupazione.


 

Articolo 42-bis
(Interventi a favore di zone colpite da eccezionali eventi alluvionali)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 42-bis.

(Interventi a favore di zone colpite da eccezionali eventi alluvionali).

 

 

1. Al fine di agevolare la ripresa e il rilancio dell'economia nelle zone col­pite dall'eccezionale evento alluvionale e franoso che ha interessato la provin­cia di Teramo e, in particolare, i comuni di Alba Adriatica, di Tortoreto e di Mar­tinsicuro, del 6 ottobre 2007, e per la realizzazione indifferibile di opere in­frastrutturali volte a prevenire le con­seguenze di eccezionali eventi alluvio­nali, è istituito presso il Ministero del­l'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

 

2. Con decreto del Ministro dell'am­biente e della tutela del territorio e del mare sono individuate le categorie di beneficiari e le modalità per accedere ai finanziamenti a carico del fondo di cui al comma 1.

 

 

 

L’articolo aggiuntivo, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, istituisce presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un Fondo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010, per la realizzazione di opere infrastrutturali da realizzarsi nella provincia di Teramo, ed in particolare nei comuni di Alba Adriatica, Tortoreto e Martinsicuro, a seguito degli eventi atmosferici eccezionali verificatesi nel mese di ottobre 2007. La disposizione è finalizzata ad agevolare la ripresa e il rilancio dell’economia in tali zone e alla realizzazione indifferibile di opere infrastrutturali per prevenire le conseguenze di eventi alluvionali sempre più frequenti.

 

Si ricorda che nei giorni 6 e 7 ottobre 2007 le province di Teramo e di Ascoli Piceno sono state colpite da eccezionali eventi meteorologici che hanno determinato interruzioni della viabilità stradale e danneggiamenti alle infrastrutture. Considerato che i predetti eventi hanno causato nei territori delle suddette province l'innesco di fenomeni franosi, con conseguente inondazione di alcune porzioni di centri abitati, è stato dichiarato, con DPCM 12 ottobre 2007, lo stato di emergenza fino al 31 ottobre 2008, al fine di porre in essere ogni azione urgente finalizzata al superamento della grave situazione derivante dai citati eventi meteorici.

 

Si fa notare che anche il comma 3-sexies dell’art. 42, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, autorizza un contributo annuo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per la realizzazione di interventi volti alla realizzazione di interventi urgenti per le infrastrutture, di ristoro dei danni e alla riduzione del rischio idrogeologico nei territori della provincia di Teramo colpita dai gravi fenomeni atmosferici nei giorni 6 e 7 ottobre 2007 ed il cui stato di emergenza è stato dichiarato con DPCM 12 ottobre 2007.


 

Articolo 43
(Pesca e vittime del mare)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 43.

(Pesca e vittime del mare).

Art. 43.

(Pesca e vittime del mare).

 

1. Il recupero degli aiuti erogati ai sensi del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 561, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 655, dichiarati incompatibili con il mer­cato comune con decisione della Com­missione europea del 28 luglio 1999, nonché di quelli erogati ai sensi del de­creto-legge 29 marzo 1995, n. 96, con­vertito, con modificazioni, dalla legge 31 maggio 1995, n. 206, nonché ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dichiarati incompatibili con il mercato comune con decisione 2000/394/CE della Com­missione, del 25 novembre 1999, è fis­sato in quattordici rate annuali, fino alla concorrenza del complessivo ammon­tare delle somme effettivamente perce­pite e degli interessi legali maturati. Le amministrazioni preposte al recupero degli aiuti suddetti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della pre­sente legge, stabiliscono con propri provvedimenti le modalità attuative per la restituzione delle somme.

Soppresso.

 

2. Il Fondo per lo sviluppo dell'impren­ditoria giovanile in agricoltura, istituito dal­l'articolo 1, comma 1068, della legge 27 di­cembre 2006, n. 296, è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pe­sca.

2. Identico.

 

 

2-bis. Al fine di favorire l'accesso al credito e al mercato dei capitali da parte delle imprese che operano nel settore della pesca e dell'acquacoltura, le disponibilità del Fondo centrale per il credito peschereccio, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e fo­restali, sono destinate agli interventi di cui all'articolo 17, commi 3 e 4, del de­creto legislativo del 29 marzo 2004, n. 102.

 

 

 

Il comma 1, che stabiliva tempi e modalità per il recupero da parte dello Stato italiano delle somme percepite dagli operatori del settore della pesca a titolo di aiuti che la Unione Europea ha dichiarato non conformi alla normativa comunitaria, è stato soppresso durante l’esame in Commissione Bilancio alla Camera, in quanto le disposizioni ivi contenute sono confluite nell’art. 46-quater, comma 1, del D.L. n. 159/2007, convertito dalla L. n. 222 del 29 novembre 2007.

 

Il comma 2 amplia il novero dei soggetti che possono attingere alle risorse del Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, istituito dall’articolo 1, comma 1068, della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296). In base alle nuove disposizioni tale fondo è altresì destinato al ricambio generazionale ed allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.

I commi 1068-1071 della legge finanziaria 2007 hanno disposto un cambio di finalizzazione dello stanziamento di 10 milioni di euro annui che l’articolo 3, co. 3, del D.Lgs. n. 99/2004 aveva riservato alla concessione di un credito d’imposta in favore dei giovani imprenditori agricoli. A tal fine le disposizioni hanno istituito presso il MIPAAF un Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, dotato dei menzionati 10 milioni di euro per ogni anno del quinquennio 2007-2011, le cui modalità di funzionamento debbono ancora essere definite con un decreto di natura non regolamentare del dicastero agricolo (per il quale non è indicato alcun termine) in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo.

La nuova destinazione delle risorse, operata con la finanziaria 2007, è stata determinata dai rilievi mossi dalla Commissione alla concessione dell’originario credito d’imposta, ritenuto contrario alle regole della concorrenza. Il credito d’imposta di cui al DL 99/04 era previsto quale beneficio aggiuntivo per il primo insediamento dei giovano agricoltori che avessero ottenuto il premio di primo insediamento di cui alle norme comunitarie (art. 8 del reg. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale).

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio della Camera, interviene in merito all’utilizzo delle risorse allocate sul Fondo per il credito peschereccio.

Detto Fondo, a suo tempo istituito dall’art. 10 della legge n. 41/82[316] - che prevedeva che fosse alimentato fondamentalmente dalle somme stanziate nel piano nazionale della pesca; dalle rate di ammortamento dei mutui erogati dal Fondo stesso; dai rientri provenienti da estinzioni anticipate totali o parziali dei mutui medesimi – deve la sua sopravvivenza all’art. 13 del D.lgs. n. 154/2004[317] che gli conferma inoltre il carattere di Fondo ad amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, ai sensi dell'articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041. Peraltro è da ritenere che detto Fondo conservi le caratteristiche proprie dei fondi di rotazione, così come in precedenza riconosciuto dal DPCM 4 giugno 2003 al Fondo ex lege n. 41, abrogata dal D.lgs. n. 154.

 

Il comma 2-bis dispone che le risorse del Fondo siano destinate alla concessione, alle sole imprese che operano nel settore della pesca, delle garanzie che l’art. 17, c. 3 e 4, del D.lgs. n. 102/2004 prevede siano concesse dall’ISMEA in favore del sistema creditizio, allo scopo di agevolare l’accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese del comparto primario.

L’articolo 17 del D.lgs. n. 102 del 2004[318] , oltre ad incorporare nell’ISMEA la sezione speciale del Fondo interbancario di garanzia per credito all’agricoltura, definisce con i commi 3 e 4 taluni interventi volti a favorire la capitalizzazione delle imprese agricole e della pesca, in particolare attribuendo la possibilità all’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare di farsi garante presso il sistema creditizio, costituito da banche o intermediari finanziari, sia mediante la concessione di garanzie dirette che mediante il rilascio di controgaranzie e cogaranzie in collaborazione con confidi o altri fondi di garanzia.

Va rammentato che in precedenza la menzionata legge n. 41/82 recava anche disposizioni in merito all’utilizzo delle risorse del Fondo peschereccio (art. 11) destinato alla concessione di mutui a tasso agevolato per le seguenti iniziative:

-          costruzione od acquisto di navi da adibire in via esclusiva alla pesca marittima, ovvero alla lavorazione, trasformazione e trasporto dei prodotti della pesca;

-          lavori di trasformazione, ampliamento o miglioramento degli scafi esistenti, nonché sostituzione di apparati motori a bordi di navi da pesca già in esercizio ed acquisto di apparecchiature per la pesca;

-          costruzione, acquisto, ampliamento o miglioramento di impianti a terra per la depurazione, la trasformazione, la commercializzazione e la raccolta dei prodotti della pesca;

-          acquisto di contenitori, automezzi e motomezzi frigoriferi o isotermici per il trasporto e la vendita dei prodotti della pesca;

-          costruzione, ampliamento o miglioramento di spacci gestiti da cooperative o da consorzi di cooperative di pescatori o da produttori della pesca marittima;

-          costruzione, acquisto, ampliamento o miglioramento di magazzini, negozi, impianti e relative attrezzature;

-          costituzione di consorzi tra cooperative per la gestione di aree e sistemi di pesca;

-          piani di ristrutturazione aziendale;

-          altre iniziative collegate all'applicazione dei regolamenti emanati dalla CEE in materia di pesca marittima.

Molto più sinteticamente il D.lgs. n. 154/2004 si limita a prevedere l’utilizzo del Fondo per il sostegno delle attività di promozione da parte delle regioni di “innovativi strumenti finanziari, di garanzia del credito, ovvero assicurativi, finalizzati al sostegno del settore della pesca e dell'acquacoltura” (art. 13).


 

Articolo 44
(Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione
della produzione bieticolo-saccarifera in Italia)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 44.

(Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia).

Art. 44.

(Dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia).

 

1. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è rifinanziata per l'importo di 50 milioni di euro per l'anno 2008, quale dotazione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia per il terzo anno del quinquennio previsto dalla normativa comunitaria.

Identico.

 

2. Le disponibilità già destinate al fondo per le crisi di mercato agricolo, di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, nel limite di 30 milioni di euro, per essere direttamente riassegnate, per l'anno 2008, ad integrazione della dotazione del fondo di cui al comma 1.

 

 

 

 

Il comma 1 reca una autorizzazione di spesa, per il solo anno 2008, pari a 50 milioni di euro (20 nel testo originariamente presentato dal Governo) destinati al Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera, quale stanziamento destinato al terzo dei cinque anni per i quali la UE consente che siano erogati aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera.

L’aiuto di cui trattasi è stato definito dal Consiglio con il reg. 319/2006, che autorizza aiuti nazionali, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinati ad ammortizzare gli effetti di una ristrutturazione del comparto che abbia comportato il taglio di almeno il 50% della quota produttiva attribuita allo Stato membro.

Gli stanziamenti relativi alle prime due annualità del regime di aiuto erano stati di 65,8 milioni di euro per ciascun anno (comma 1063 della L. n. 296/2006- finanziaria 2007 e art. 2, co. 4-bis del D.L. n. 2/2006).

Il comma 2, aggiunto dalla Commissione Bilancio del Senato, sembrerebbe integrare la dotazione del fondo di cui al primo comma disponendo che, nel limite di 30 milioni di euro, le risorse già attribuite al Fondo per le crisi del mercato agricolo siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate per l'anno 2008 al Fondo bieticolo-saccarifero.

Vi è però il dubbio, alla luce dei lavori parlamentari, che il secondo comma rappresenti invece la copertura finanziaria dell’aumento dello stanziamento previsto nel primo comma, che nel testo originario del d.d.l. era di 20 milioni di Euro. Sembra comunque opportuno un chiarimento al riguardo ed eventualmente una riformulazione della norma.

 

La riforma della OCM di settore è stata adottata dal Consiglio con il regolamento n. 318/2006[319], che ha definito le modalità di disaccoppiamento degli aiuti, il regime di pagamento unico e l’applicazione della condizionalità. Per quanto attiene alla produzione saccarifera, l’adeguamento del sistema produttivo comunitario ai requisiti internazionali ha tuttavia richiesto l’avvio di un profondo processo di ristrutturazione volto ad una drastica riduzione della produzione non redditizia. A tale scopo con il regolamento 320/2006[320] è stato approvato un regime temporaneo di aiuti alla cessazione produttiva, da erogarsi per quattro campagne di commercializzazione. La decisione sulla concessione di tale aiuto è stata demandata ai singoli Stati membri, ai quali spetta anche l’esercizio del controllo sull’attuazione della ristrutturazione. Infine, allo scopo di ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione avviato dal reg. 320, e di compensare la significativa riduzione del prezzo di sostegno al mercato conseguente al reg. 318, con l’approvazione del regolamento n. 319/2006 il Consiglio ha definito il regime di sostegno del reddito da applicare al settore dello zucchero . Detto regolamento prevede anche una specifica forma di aiuto, per un massimo di cinque anni consecutivi, destinata ad ammortizzare gli effetti del processo di ristrutturazione negli Stati membri che hanno rinunciato ad almeno il 50% della propria quota produttiva. In tali Stati pertanto, oltre agli aiuti comunitari alla ristrutturazione di cui al reg. 320, è concesso un aiuto temporaneo nazionale ai produttori di barbabietole da zucchero rimasti attivi . Il quinquennio di validità dell’aiuto decorre dall’anno in cui è stata raggiunta la riduzione del 50%, ma può essere erogato al più tardi nella campagna di commercializzazione 2013/2014.

L’Italia ha posto in atto un processo di ristrutturazione concordato in sede di tavolo di filiera bieticolo-saccarifera, formalizzato nell’accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2006 , con il quale sono stati definiti gli impegni alla riconversione degli stabilimenti. La conseguente riduzione della quota produttiva nazionale consente all’Italia di beneficiare dell’aiuto temporaneo previsto dal reg. n. 319 in base al quale i bieticoltori potranno beneficiare, per ogni campagna di commercializzazione, per il trasporto di barbabietole da zucchero, di un aiuto non superiore a 11 euro per tonnellata.

Il Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera è stato istituito dal comma 4 dell’art. 2 del decreto-legge n. 2/2006, ma a seguito dell’abrogazione di tale norma disposta dal comma 1054 della finanziaria 2007. va ora fatto riferimento al comma 1063 della medesima finanziaria 2007 che ha autorizzato per il solo anno 2007 una spesa pari a 65,8 milioni di euro destinati al Fondo, quale stanziamento per il secondo dei cinque anni per i quali è concessa la erogazione di aiuti nazionali alla produzione bieticolo-saccarifera da parte delle norme comunitarie.

Lo stanziamento 2007 è stato iscritto sul cap. 7370 del Ministero dell’Economia, nuovamente intestato all’AGEA “per la costituzione del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera in Italia”, nel quale in ogni caso non confluiscono più i trasferimenti comunitari a titolo di attuazione della PAC. Con il presente esercizio il cap. 7370 della UPB 7.1.2 (che a legislazione vigente non reca alcuna autorizzazione di spesa) è iscritto nella missione 9, progetto 9.3 che reca gli interventi di sostegno al settore agricolo da parte del dicastero dell’economia

Il Fondo per le crisi di mercato è stato istituito dall’art. 1, comma 1072 della legge 296/2006 (finanziaria 2007) presso il Ministero delle politiche agricole, facendovi confluire le risorse che l’art. 1-bis, commi 13 e 14, del D.L. n. 2 del 2006 aveva destinato all’emergenza aviaria e che la Commissione aveva ritenuto incompatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Le sue modalità di funzionamento avrebbero dovuto essere definite entro il termine di tre mesi (comma 1074), in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, con un decreto del dicastero agricolo d’intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Peraltro anche sugli aiuti per le crisi di mercato il parere dell’autorità comunitaria è stato negativo. Infatti la Commissione, con una nota trasmessa al Governo italiano nei giorni immediatamente successivi alla conversione in legge del decreto 28 febbraio 2005, n. 22 che ha introdotto nell’ordinamento la definizione di “crisi di mercato”[321], ha espresso forti dubbi sulla compatibilità con il mercato comune di un intervento statale fondato sul mero presupposto di una riduzione del reddito, con ciò, di fatto, precludendo l’applicazione delle disposizioni.


 

Articolo 45
(Rafforzamento della filiera agroenergetica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 45.

(Rafforzamento della filiera agroenergetica).

Art. 45.

(Rafforzamento della filiera agroenergetica).

 

1. All'articolo 1, comma 1112, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunta la seguente lettera:

Identico.

 

    «f-bis) pratiche di gestione forestale sostenibile attuate attraverso interventi diretti a ridurre il depauperamento dello stock di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste».

 

 

 

 

L’articolo in esame, attraverso l’introduzione di una lettera aggiuntiva al comma 1112 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, include tra le misure prioritarie da finanziare con il Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, quelle relative alle pratiche di gestione forestale sostenibile, attuate con interventi volti a ridurre l’impoverimento delle riserve di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste.

 

L’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Tra le misure prioritarie da finanziarie con il citato Fondo, il comma 1112 indica:

a)    l’installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;

b)    l’installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;

c)    la sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 Kw con motori ad alta efficienza;

d)    l’incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nel settori civile e terziario;

e)    l’eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;

f)      i progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero.

Il comma 1111 demanda ad un successivo decreto interministeriale l’individuazione delle modalità per l'erogazione dei finanziamenti e la definizione delle priorità per l’individuazione delle misure finanziate. Tale decreto, ad oggi, non risulta ancora emanato.

Il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010[322], elaborato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e adottato con la delibera CIPE n. 123 del 2002, in attuazione dell’art. 2, comma 1, del Protocollo di Kyoto, ha stimato un potenziale massimo di assorbimento di carbonio, derivante dalle foreste già esistenti, pari a 10,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Inoltre, ha previsto alcune iniziative di forestazione e riforestazione per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto.

Il 18 dicembre 2006 il Ministro dell'Ambiente e il Ministro dello Sviluppo Economico con decreto DEC/RAS/1448/2006 hanno approvato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012, successivamente trasmesso alla Commissione europea che ha accolto il Piano a condizione che vi fossero apportati alcuni cambiamenti. Tale Piano quantifica gli assorbimenti di carbonio (derivanti da interventi di afforestazione e riforestazione, attività di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e pascoli e di rivegetazione) in 16,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Tale Piano ed il relativo parere della Commissione europea costituiranno la base per la predisposizione del successivo Schema di Decisione di Assegnazione, attualmente in fase di elaborazione.

Con il recente DM del 2 febbraio 2005[323] sono stati assegnati 5,25 milioni di euro per la realizzazione di progetti pilota per interventi nazionali di afforestazione e riforestazione. I progetti devono prevedere la certificazione del carbonio assorbito, attraverso una metodologia a corredo del progetto stesso, volta a misurare la migliore performance «investimento/assorbimento di carbonio» in t-CO2 equivalente nel quinquennio 2008-2012. Sono finanziabili i progetti di importo complessivo di almeno 400.000 euro. I progetti di amministrazioni pubbliche possono essere cofinanziati nella misura massima del 75%, ed entro un importo non superiore a 1,5 milioni di euro. I progetti presentati da imprese possono essere cofinanziati nella misura massima del 50%, ed entro un importo non superiore a 500.000 euro.

Si segnala, infine, che la relazione della Commissione ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (approvata il 28 giugno 2007)[324] sottolinea il ruolo che nella riduzione delle emissioni può essere svolto dall’agricoltura, anche sotto il profilo della capacità di assorbimento di CO2 nei terreni agricoli e nel patrimonio forestale.


 

Articolo 46
(Interventi per il settore dell’apicoltura)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 46.

(Interventi per il settore dell'apicoltura).

Art. 46.

(Interventi per il settore dell'apicoltura).

 

1. Per l'attuazione degli interventi di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 2004, n. 313, è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sulle disponibilità di cui all'articolo 1, comma 1084, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Identico.

 

 

 

L'articolo in esame autorizza la spesa di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per l'attuazione degli interventi per il settore dell'apicoltura previsti dall'articolo 5 della legge 24 dicembre 2004, n. 313 .

Le risorse stanziate sono sottratte all'autorizzazione di spesa, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, disposta dal comma 1084 della legge finanziaria 2007 per l'attuazione dei piani nazionali di settore di competenza del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

 

La legge n. 313 del 2004 ha introdotto una disciplina organica dell’apicoltura, definendo un nuovo sistema di programmazione nazionale degli interventi a favore del settore e colmando lacune normative relative a specifici profili, nel quadro di un ampio coinvolgimento delle autonomie regionali.

In particolare, l’articolo 5 prevede che il Ministro delle politiche agricole, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e previa concertazione con i soggetti rappresentativi del settore, adotti un documento programmatico contenente gli indirizzi e il coordinamento delle attività per il settore apistico, con riferimento a una serie di specifiche materie:

a)       promozione e tutela dei prodotti apistici italiani e promozione dei processi di tracciabilità ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

b)       tutela del miele italiano conformemente alla direttiva 2001/110/CE del 20 dicembre 2001 del Consiglio;

c)       valorizzazione dei prodotti con denominazione di origine protetta e con indicazione geografica protetta, ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92 e del regolamento (CEE) n. 2082/92 del 14 luglio 1992, del Consiglio, e successive modificazioni, nonché del miele prodotto secondo il metodo di produzione biologico, ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del 24 giugno 1991 del Consiglio, e successive modificazioni;

d)       sostegno delle forme associative di livello nazionale tra apicoltori e promozione della stipula di accordi professionali;

e)       sviluppo dei programmi di ricerca e di sperimentazione apistica, d'intesa con le organizzazioni apistiche;

f)         integrazione tra apicoltura e agricoltura;

g)       indicazioni generali sui limiti e divieti cui possono essere sottoposti i trattamenti antiparassitari con prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api sulle colture arboree, erbacee, ornamentali, coltivate e spontanee durante il periodo di fioritura;

h)       individuazione di limiti e divieti di impiego di colture di interesse mellifero derivanti da organismi geneticamente modificati;

i)         incentivazione della pratica dell'impollinazione a mezzo di api;

l)         incentivazione della pratica dell'allevamento apistico e del nomadismo;

m)     tutela e sviluppo delle cultivar delle essenze nettarifere, in funzione della biodiversità;

n)       determinazione degli interventi economici di risanamento e di controllo per la lotta contro la varroasi e le altre patologie dell'alveare;

o)       potenziamento e attuazione dei controlli sui prodotti apistici di origine extracomunitaria, comunitaria e nazionale;

p)       incentivazione dell'insediamento e della permanenza dei giovani nel settore apistico;

q)       previsione di indennità compensative per gli apicoltori che operano nelle zone montane o svantaggiate;

r)        salvaguardia e selezione in purezza dell'ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e dell'Apis mellifera sicula Montagano e incentivazione dell'impiego di api regine italiane con provenienza da centri di selezione genetica .

Come richiesto dalla legge n. 313, con il D.M. 10 gennaio 2007[325] è stato approvato il documento programmatico per il settore apistico (DAP) e le risorse sono state ripartite tra le materie indicate nel DAP.

Si ricorda peraltro che il comma 1066 della legge finanziaria 2007 ha disposto l’applicazione di un’accisa agevolata sul gasolio e sulla benzina in favore degli imprenditori che esercitano l’apicoltura nomade, rinviando a un successivo decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione delle modalità di accesso all’agevolazione.


 

Articolo 47
(Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose
in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 47.

(Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna).

Art. 47.

(Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna).

 

1. Ai fini della ristrutturazione dei debiti degli imprenditori agricoli della regione Sardegna verso gli istituti finanziari che, ai sensi della legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, hanno concesso agli imprenditori medesimi finanziamenti su cui sono stati autorizzati i concorsi negli interessi dichiarati illegittimi ai sensi della decisione 97/612/CE della Commissione, del 16 aprile 1997, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è istituita una commissione di tre esperti, di cui uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed uno dalla regione Sardegna. La commissione presenta al Presidente del Consiglio dei ministri le proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti entro il 31 luglio 2008, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato. Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della presente legge.

Identico.

 

 

 

L'articolo 47 prevede l'istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di una commissione di tre esperti, avente il compito di formulare proposte per la ristrutturazione dei debiti contratti da imprenditori agricoli sardi, con riferimento alle vicissitudini che hanno riguardato la legge regionale della Sardegna 13 dicembre 1988, n. 44, recante "Costituzione del Fondo regionale di garanzia per l'agricoltura e provvidenze per l'agricoltura". Dei tre membri dell'istituenda commissione, il primo dovrà essere designato dal Ministero dell'economia e delle finanze, il secondo dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il terzo dalla Regione autonoma della Sardegna.

Entro il 31 luglio 2008, la Commissione dovrà presentare al Presidente del Consiglio dei Ministri proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della disposizione in esame.

L’emendamento con il quale la norma è stata introdotta durante l’esame al Senato presentava anche una parte consequenziale, recante una compensazione di 3 milioni di euro per il 2008 a valere sul Fondo speciale di parte corrente (accantonamento Ministero dell’economia). La lettura della norma tuttavia non consente di comprendere a quale dei possibili fattori di spesa connessi con l’attuazione della norma stessa sia riferita la suddetta compensazione.

L'art. 5 della succitata legge regionale aveva istituito un regime di aiuti a favore di aziende agricole la cui situazione finanziaria fosse stata pregiudicata da circostanze avverse, sotto forma di concorsi negli interessi su mutui, al fine di consentire a tali aziende di ricostituire la loro liquidità. Le circostanze avverse che giustificavano l'intervento della Regione, la misura del finanziamento e la durata delle operazioni dovevano essere decise, di volta in volta, dalla Giunta regionale, la quale, nel corso di un decennio, per quattro volte ha deciso di fare ricorso a tale disposizione (dicembre 1988, giugno 1990, novembre 1990, giugno 1992).

Tuttavia, con decisione del 16 aprile 1997, n. 612, la Commissione europea ha dichiarato che gli aiuti concessi dalla Regione erano illegali, in quanto concessi senza che la Commissione avesse potuto pronunciarsi al loro riguardo in fase di progetto, nonché incompatibili con il mercato comune. La Commissione ha inoltre imposto all'Italia di abolire i suddetti aiuti e di adottare le misure necessarie al fine di recuperare gli aiuti in questione, tramite rimborso.

Con legge regionale 6 dicembre 1997, n. 13 , la Regione Sardegna ha provveduto ad abrogare l'art. 5 della legge 44/1988. Successivamente, sono stati emanati i decreti di revoca degli aiuti già accordati.

I beneficiari degli aiuti si sono rivolti al Tribunale di Cagliari per sentir dichiarare l'insussistenza dell'obbligo al rimborso. Il giudice adìto ha sospeso il giudizio e rimesso alla Corte di giustizia delle Comunità europee il vaglio della legittimità della decisione adottata dalla Commissione europea.

Con sentenza del 23 febbraio 2006 , la Corte del Lussemburgo ha confermato la validità della decisione impugnata.

 

Si segnala che la Commissione Agricoltura della Camera è già intervenuta sulla questione nella seduta del 30 ottobre 2007, approvando, con il consenso unanime delle forze politiche, una risoluzione che impegna il Governo ad intraprendere con la massima urgenza tutte le iniziative che si rendono più opportune per fare fronte alla grave crisi socio-economica in cui versano le aziende agricole ed agropastorali sarde per le quali si stanno applicando le misure di recupero, tramite rimborso, degli aiuti concessi dalla regione Sardegna, in tale ambito provvedendo ad adottare atti idonei a sospendere i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui, ed altresì valutando la necessità di adottare provvedimenti straordinari ed urgenti, anche di natura normativa, che relativamente ai territori rurali della regione Sardegna in cui sono ubicate le aziende agricole sopra indicate ed altresì nei territori, in particolare nelle zone interne, ove sono presenti le aziende agropastorali in analoga situazione di crisi, abbiano gli stessi effetti della dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico, di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

La Commissione ha altresì inoltrato al Presidente della Camera la richiesta di autorizzazione per lo svolgimento di una indagine conoscitiva sulla questione.


 

Articolo 48
(Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all’acquisto
dei prodotti alle fasce sociali di disagio. Contributo per l’istituzione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 48.

(Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all'acquisto dei prodotti alle fasce sociali di disagio).

Art. 48.

(Trasparenza del mercato agroalimentare ed accesso all'acquisto dei prodotti alle fasce sociali di disagio. Contributo per l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare).

 

1. Allo scopo di assicurare condizioni di trasparenza del mercato e di contrastare l'andamento anomalo dei prezzi nelle filiere agroalimentari in funzione della tutela del consumatore, della leale concorrenza tra gli operatori e della difesa del made in Italy, l'Osservatorio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali verifica la trasparenza dei prezzi dei prodotti alimentari integrando le rilevazioni effettuate ai sensi dell'articolo 127, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con particolare riferimento a quelli al dettaglio.

1. Identico.

 

2. I dati aggregati rilevati sono resi pubblici, almeno con cadenza settimanale, mediante la pubblicazione sul sito internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche, emittenti radiotelevisive e gestori del servizio di telefonia.

2. Identico.

 

3. L'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito dei programmi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, effettua i controlli nelle filiere agroalimentari in cui si sono manifestati, o sono in atto, andamenti anomali dei prezzi rilevati ai sensi del comma 1.

3. Identico.

 

4. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali riferisce sugli esiti delle attività di controllo di cui al comma 3 al Presidente del Consiglio dei ministri, formulando le proposte per l'adozione da parte del Governo di adeguate misure correttive dei fenomeni di andamento anomalo nelle filiere agroalimentari.

4. Identico.

 

5. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di intesa con gli enti locali, promuove l'organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo, nonché l'attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali sono disponibili, in tutto o in parte, tali panieri e di quelli meritevoli, in ragione dei prezzi praticati.

5. Identico.

 

6. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di 100.000 euro a decorrere dall'anno 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.

6. Identico.

 

 

6-bis. È autorizzato un contributo di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 1,5 milioni di euro per l'anno 2010 per l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, con sede in Foggia.

 

 

 

Il comma 1 prevede che l'Osservatorio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali verifichi la trasparenza dei prezzi dei prodotti alimentari, con particolare riferimento a quelli al dettaglio, integrando le rilevazioni che debbono essere effettuate ai sensi dell'articolo 127, comma 3 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Oltre ad assicurare la trasparenza del mercato, le verifiche debbono perseguire il fine di contrastare l'andamento anomalo dei prezzi delle filiere agroalimentari, allo scopo di assicurare una tutela del consumatore, la leale concorrenza tra gli operatori e la difesa del made in Italy.

L’Osservatorio del dicastero agricolo è l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) che, istituito nel 1987 dal DPR n. 278 come “Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo”, deve l’attuale denominazione al DPR 31 marzo 2001, n. 200 che ha recato le disposizioni statutarie e regolamentari di riordino. Il nuovo Istituto, ai sensi di detto regolamento, deve, tra l’altro, svolgere attività di rilevazione, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari; e deve altresì prestare servizi di analisi e informazione per la commercializzazione, valorizzazione e promozione di prodotti agricoli, ittici e alimentari[326].

Proprio in connessione con tali funzioni il comma 3 dell'articolo 127 della richiamata legge finanziaria 2001 prevede che nella definizione dei contratti assicurativi, che il mondo agricolo è incentivato a stipulare per garantirsi dalle avversità atmosferiche, si faccia ricorso all’attività dell’ISMEA. In particolare è disposto che i valori delle produzioni agricole annualmente assicurabili con polizze agevolate siano stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, adottato entro la fine di ogni anno per l'anno successivo, sulla base delle rilevazioni dei prezzi unitari di mercato alla produzione, effettuate dall'Istituto.

Il problema della formazione dei prezzi lungo le filiere agroalimentari, e della possibilità di rendere pubblici eventuali fenomeni speculativi in modo da consentire al consumatore di orientarsi verso acquisti che premino comportamenti virtuosi, è stato ben presente nella passata legislatura ed ha indotto il Parlamento ad approvare disposizioni di intensificazione dei controlli e diffusione delle informazioni.

Con l’articolo 2 del DL 182/2005 alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle entrate è stato attribuito il compito di realizzare, sulla base delle direttive impartite dal Ministro dell’economia, un più stretto controllo dei prezzi lungo le filiereproduttive agroalimentari nelle quali gli stessi abbiano manifestato un andamento anomalo; i risultati dell’attività di controllo possono anche essere utilizzati per una eventuale revisione degli studi di settore. Per l’espletamento delle verifiche la norma consente anche di avvalersi dei dati in possesso degli Osservatori dei prezzi istituiti presso il dicastero agricolo e presso il Ministero dello sviluppo. Quanto alla struttura del MIPAAF, il riferimento è all’ISMEA; mentre la struttura del MISE è l’Osservatorio dei prezzi istituito con i decreti 20 dicembre 1994 e 15 maggio 1995, allo scopo di monitorare i prezzi nelle diverse fasi di formazione, di promuovere la trasparenza delle condizioni di offerta, di favorire la concorrenza e di contribuire alla tutela dei consumatori. Per documentare l’andamento dei prezzi l’Osservatorio ha individuato un paniere di beni e servizi costituto dalle voci di spesa più comuni delle famiglie italiane, delle quali periodicamente rileva prezzi e tariffe, con una frequenza ed estensione territoriale sufficientemente rappresentativa. L’Osservatorio utilizza come fonti l’Istat, Eurostat, Infomercati[327] nonché l’Ismea.

Da ultimo, il D.L. n. 223/2006 con l’articolo 9 comma 1 ha disposto ulteriorimisure per il sistema informativo sui prezzi dei prodotti agro-alimentari, prevedendo che entrambi i Ministeri dell’agricoltura e dello sviluppo consentano alle regioni ed agli enti locali di collegarsi con i sistemi informativi ad essi afferenti. Poiché lo scopo è sempre quello di promuovere una più diffusa informazione del consumatore sui prezzi all’ingrosso e al dettaglio dei prodotti agro-alimentari, le disposizioni richiedono anche che i dati aggregati siano resi pubblici anche mediante la pubblicazione su internet, su testate giornalistiche (con stipule di convenzioni gratuite), con emittenti radio-televisive e con gestori del servizio di telefonia.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede, con norma che in parte ricalca l’art. 9 del D.L. n. 223/2006, che i dati aggregati rilevati dall’Osservatorio del MIPAAF siano resi pubblici, almeno con cadenza settimanale, mediante la pubblicazione sul sito internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con la stipula di convenzioni gratuite con testate giornalistiche ed emittenti radio televisive e gestori del servizio di telefonia.

 

Il comma 3 attribuisce all'Ispettorato centrale per la qualità, struttura dipartimentale del Ministero delle politiche agricole, il compito di svolgere i controlli nelle filiere agroalimentari in cui l’ISMEA abbia rilevato ai sensi del comma 1 un andamento anomalo dei prezzi. L’operato dell’ICQ si inserisce nell’ambito dei programmi di controllo ad esso affidati dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, e si affianca così all’attività di controllo svolta dalla Guardia di finanza e dell’Agenzia per le entrate ai sensi della lettera a) della norma citata del D.L. n. 182/2005.

L’art. 2, comma 1, del D.L. n. 182/2005, alla lettera a) prevede che Guardia di Finanza ed Agenzia delle entrate effettuino controlli mirati a rilevare i prezzi lungo le filiere agroalimentari in cui si manifestino andamenti irregolari dei prezzi. La successiva lettera b) della norma citata ha assegnato all'Ispettorato centrale per la qualità il compito di realizzare controlli programmati diretti al contrasto della irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari provenienti dai Paesi comunitari ed extracomunitari. Peraltro, per l’espletamento di tale attività, l’Ispettorato opera in concorso con i nuclei di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza, con il Corpo forestale dello Stato, con la Polizia di Stato e con l'Arma dei carabinieri, con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), con il Comando carabinieri politiche agricole e con l'Agenzia delle dogane (art. 6, co. 7 del D.L. n. 282/86).

 

Il comma 4 richiede che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali riferisca al Presidente del Consiglio dei ministri sugli esiti delle attività di controllo svolte dall’ICQ, formulando le proposte per l’adozione da parte del Governo di adeguate misure correttive dei fenomeni di andamento anomalo nelle filiere agroalimentari.

 

In base al comma 5, il Ministero delle politiche agricole è incaricato, di intesa con gli enti locali, di promuovere l’organizzazione di panieri di prodotti alimentari di generale e largo consumo; il dicastero deve anche promuovere l’attivazione di forme di comunicazione al pubblico, anche attraverso strumenti telematici, degli elenchi degli esercizi commerciali presso i quali gli individuati panieri sono disponibili, nonché degli esercizi meritevoli in ragione dei prezzi praticati.

 

Il comma 6 reca la norma di copertura dell’articolo autorizzando una spesa di 100 mila euro a decorrere dall’anno 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5, comma 3-ter del decreto-legge 1º ottobre 2005, n. 202, che attribuiva 2 milioni di euro per l'anno 2006 e 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2007 alla filiera avicola.

 

Il comma 6-bis, introdotto durante l’esame presso la Commissione bilancio della Camera, autorizza l’erogazione di un contributo di 2,5 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009 e di 1,5 milioni di euro per il 2010 per l’istituzione dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo alimentare, con sede in Foggia.

 

Si ricorda che attualmente opera presso il Ministero della salute il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, istituito con l’Intesa Stato – Regioni del 17 giugno 2004[328] e disciplinato dal Decreto in data 26 luglio 2007 del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali[329]. Dal comunicato del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2007 risulta che il Consiglio, prendendo atto del predetto decreto interministeriale, ha stabilito che il Comitato [330] abbia come sede referente la città di Foggia.

Il Comitato per la sicurezza alimentare è attualmente l’interfaccia dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), di cui al Regolamento (CE) del Consiglio n. 178 del 28 gennaio 2002. il Comitato svolge, in particolare, funzioni di consulenza tecnico- scientifica alle amministrazioni che si occupano di gestione del rischio in materia di sicurezza alimentare.

Il Comitato (art. 2 del D.M. 26 luglio 2007) è composto di 18 membri, individuati tra esperti di comprovata esperienza scientifica ed elevata professionalità nelle materie attinenti la valutazione del rischi alimentare, ed in particolare nei seguenti settori:

a)             additivi alimentari, gli aromatizzanti, i coadiuvanti tecnologici e i materiali a contatto con gli alimenti;

b)             additivi e i prodotti o le sostanze usate nei mangimi;

c)             salute dei vegetali, i prodotti fitosanitari e i loro residui;

d)             organismi geneticamente modificati;

e)             prodotti dietetici, l’alimentazione e le allergie;

f)               pericoli biologici;

g)             contaminanti nella catena alimentare;

h)             salute e benessere degli animali.

I membri del Comitato e gli esperti di cui il Comitato stesso intenda avvalersi devono impegnarsi ad agire in modo indipendente da qualsiasi influenza esterna, rendendo apposita dichiarazione in merito all’assenza di ogni conflitto di interessi.


 

Articolo 49
(Interventi nel settore dell’irrigazione)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 49.

(Interventi nel settore dell'irrigazione).

Art. 49.

(Interventi nel settore dell'irrigazione).

 

1. Per le attività di progettazione delle opere previste nell'ambito del Piano irriguo nazionale di cui all'articolo 1, comma 1058, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sull'autorizzazione prevista dallo stesso comma 1058 per i medesimi anni ed è altresì autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2010 a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1060, lettera c), della stessa legge. È inoltre autorizzato, per la prosecuzione del suddetto Piano, l'ulteriore contributo di euro 100 milioni per la durata di quindici anni a decorrere dall'anno 2011, cui si provvede mediante riduzione dei contributi annuali previsti dalle autorizzazioni di spesa di cui all'articolo 4, comma 31, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e all'articolo 1, comma 78, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che conseguentemente vengono soppresse.

Identico.

 

 

 

L'articolo 49 dispone in merito agli stanziamenti per le attività di progettazione ed esecuzione delle opere previste dal piano irriguo nazionale.

Il primo periodo riserva una quota delle somme, assegnate dalla L. 296/06 (Finanziaria 2007) per l’avvio o prosecuzione delle opere del Piano irriguo nazionale, alle “attività di progettazione”. Si ricorda che le attuali norme sul Piano (L. n. 350/2003, art. 4, e deliberazione CIPE n. 74/2005) prevedono che gli interventi da finanziare siano selezionati sulla base dello stato di avanzamento della progettazione, privilegiando quindi i progetti che siano immediatamente cantierabili, ovvero appaltabili. L’importo riservato è di 5 milioni di euro annuali per ciascun anno del triennio 2008-2010.

Quanto al reperimento delle risorse, per i primi due anni la norma fa ricorso allo stanziamento di 150 milioni disposto dal comma 1058 della finanziaria 2007 per entrambi gli esercizi; per il 2010 i 5 milioni di euro sono sottratti alla terza annualità del contributo quindicennale stanziato con il comma 1060, lett. c) della finanziaria 2007, relativo al limite d’impegno originariamente avviato dalla L. n. 350/03, art. 4 co. 31

Il secondo periodo accorpa in una unica partita finanziaria, a decorrere dal 2011, le tre autorizzazioni di spesa originate dalle leggi n. 350/03 e n. 266/2005.

Entrando nel dettaglio, la legge n. 350/03 aveva disposto, per la prosecuzione degli interventi nel settore irriguo a suo tempo individuati dalla finanziaria per il 2001 (L. 388/2000), una autorizzazione per l’avvio di due limiti d’impegno quindicennali dell’importo ciascuno di 50 milioni di euro rispettivamente a decorrere dal 2005 e 2006. Sul primo limite peraltro sono intervenute nel corso del 2005 norme di taglio delle spese che lo hanno ridotto a 46,95 milioni di euro. I suddetti limiti di impegno sono poi stati trasformati a norma della medesima legge 350 in contributi in conto capitale.

La legge n. 266/2005, comma 78 dell’art. 1, ha stanziato un contributo annuale (e per quindici anni) destinato a numerose grandi opere. Alle opere irrigue è stata riservata una quota delle risorse disponibili, che il Cipe ha quantificato con la propria deliberazione n. 75/2006 in 45, 73 milioni di euro.

I tre contributi annuali afferenti alle leggi n. 350 e 266 sono soppressi a decorrere dall’esercizio 2011, e nel contempo dalla medesima data è autorizzata una spesa annuale, per quindici anni, pari a 100 milioni di euro. A decorrere dal 2011 si realizza pertanto, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, una rimodulazione delle risorse che ne riduce l’importo complessivo annuo ma ne estende la proiezione temporale fino al 2025.

La Finanziaria 2004, legge n. 350/2003, è ancora una volta intervenuta a sostegno del settore irriguo (art. 4, co. 31-34), nel contempo inserendolo nell’ambito della più ampia programmazione di tutti gli interventi attinenti il settore idrico, ovvero nel Programma nazionale degli interventi nel settore idrico (art. 4, co. 35-37).

Le norme hanno pertanto autorizzato due nuovi limiti d’impegno a decorrere dal 2005 e dal 2006 per consentire la prosecuzione nell’attività recupero delle risorse idriche nelle aree di crisi di cui alla legge n. 388/2000 (comma 31), ed hanno assegnato al Ministro delle politiche agricole e forestali di redigere entro il termine del 31/5/2004 un nuovo programma di interventi per l’utilizzo delle menzionate risorse (comma 34).

La redazione del nuovo strumento di coordinamento di tutte le opere del comparto idrico è stata demandata invece al Ministero dell’ambiente, al quale è stato assegnato il termine del 30/7/2004. Il Programma idrico è stato approvato dal CIPE, con deliberazione n. 74/2005, e come la legge aveva richiesto ha incluso oltre agli interventi decisi dal dicastero dell’ambiente (all. 2) ed alle opere del settore idrico a suo tempo inserite fra le infrastrutture strategiche di cui alla c.d. legge obiettivo (all. 1), anche gli interventi che il dicastero agricolo ha individuato - in relazione alle nuove risorse di cui al comma 31 – come immediatamente finanziabili e distinti per singola regione (all. 3 che reca il nuovo Piano irriguo), nonché un quadro generale dei fabbisogni del comparto irriguo (all. 4)

Quanto alle risorse, come detto, la legge 350/03 aveva disposto l’avvio di due limiti d’impegno dell’importo di 50 milioni di euro ciascuno a decorrere dal 2005 e dal 2006, sul secondo dei quali è tuttavia intervenuta la legge n. 311/2004 finanziaria 2005 che con la tabella F ne ha posticipato l’avvio al 2008.

In coerenza con il comma 177 la successiva finanziaria, legge n. 266/2005, con il comma 78 dell’articolo 1, hastanziato un contributo annuale di 200 milioni di euro, per un arco di quindici anni a decorrere dal 2007[331], rivolto al finanziamento di numerose opere, fra le quali compare “anche” la prosecuzione degli interventi infrastrutturali previsti dall’art. 141, commi 1 e 3, della legge n. 388/2000, che sappiamo essere le opere irrigue inserite nel programma nazionale idrico. Le risorse riservate alle opere irrigue non sono state tuttavia quantificate direttamente dalla norma, la quale si è limitata a precisare che esse debbono rappresentare una quota pari al 25% delle risorse disponibili.

La quantificazione della quota riservata al settore irriguo, a valere sullo stanziamento netto di 193 milioni di euro di cui al comma 78, è stata realizzata dal CIPE con la delibera n. 75/2006 che ha anche assegnato le risorse ai singoli interventi individuati sulla base del loro stato procedurale. Al piano irriguo (rectius per gli interventi di realizzazione del programma nazionale degli interventi nel settore idrico relativamente alla prosecuzione degli interventi infrastrutturali di cui all’art. 141, commi 1 e 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388) sono stati in tutto attribuiti 45,73 milioni di euro, che si prevede attiveranno un volume di investimenti pari a 61, 4 milioni di euro.

Il Comitato interministeriale con la successiva delibera n. 117/2006 ha già disposto una integrazione all’allegato 3 del Programma nazionale degli interventi nel settore idrico, che elenca le opere irrigue, precisando che gli interventi aggiuntivi approvati si dovranno avvalere proprio delle risorse derivanti dall’autorizzazione di spesa di cui al comma 78.

Da ultimo è intervenuta anche la legge n. 296/2006 finanziaria 2007 che in primo luogo, con il comma 2058, ha recato autorizzazioni di spesa aggiuntive per le opere inserite nel Piano irriguo di cui alla delibera CIPE n. 74/2005: 100 milioni di euro per il 2007 e 150 milioni di euro sia per il 2008 che per il 2009. I successivi commi 1059, 1060 e 1062 distolgono risorse da quelli che erano i limiti d’impegno previsti dalla legge 350/2003 (art. 4, co. 31), e che sono ora stanziamenti pluriennali quindicennali, e dagli stanziamenti disposti dal comma 78 della legge n. 266/2005,attribuendole alle opere di cui alla citata delibera CIPE n. 74


Le autorizzazioni di spesa complessivamente approvate e destinate alle opere di recupero delle risorse idriche in aree di crisi, in conseguenza del succedersi dei provvedimenti legislativi citati, vengono a configurarsi come riportato nella tabella che segue.

Spese per il recupero di risorse idriche in aree di crisi – milioni di euro

Legislazione

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

L. 388/2000, art. 141 c.1

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75

23,75..

23,75..

 

L. 388/2000, art. 141 c.3

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65..

5,65..

 

D.L. 138/2002 (conv. L. 178), art. 13 c4-nonies

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49..

 

L. 289/2002, art. 80 c.45

 

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27..

 

L. 350/2003, art. 4 c. 31 come mod. dai commi 1059, 1060 e 1062 della L. 296/2006

 

 

 

50,00

50,00

50,00

3,

50,00

3,5

0,00

3,5

0,00

3,5..

0,00

 

L. 311/2004, tab F

 

 

 

 

- 50,00

- 50,00

 

 

 

 

L. 266/2005, co. 78, come mod. dai commi 1059, 1060 e 1062 della L. 296/2006

 

 

 

 

 

0,00

0,00

0,00

0,00

 

L. 296/2006, co. 1058

 

 

 

 

 

100,00

150,00

150,00

 

 

L. 296/2006, co. 1059:

come 3°-5°annual. L. 350

come 1°-3° ann. L. 266

come 1°e 2° ann. L. 350

 

 

 

 

 

 

46,95

45,73

 

46,95

45,73

50,00

 

46,95

45,73

50,00

 

 

L. 296/2006, co. 1060:

come 6°annual. L. 350

come 4° annual. L. 266

come 3° annual. L. 350

 

 

 

 

 

 

 

 

 

46,95..

45,73..

50,00..

 

0,00

0,00

0,00

d.d.l. finanziaria 2008

per la L. 350 e L. 266

per 15 anni fino al 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

100,00

 


 

Articolo 49-bis
(Sviluppo della multifunzionalità nel settore agroforestale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 49-bis.

(Sviluppo della multifunzionalità nel settore agroforestale).

 

 

1. Le cooperative e i loro consorzi di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di si­stemazione e manutenzione agraria, fo­restale e, in genere, del territorio e de­gli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l'importo dei lavori o servizi non sia superiore a 190.000 euro per anno, da­gli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposi­zioni di legge e anche tramite apposite convenzioni:

 

 

    a) lavori attinenti alla valorizza­zione e alla gestione e manutenzione dell'ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistema­zione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde;

 

 

    b) servizi tecnici attinenti alla rea­lizzazione delle opere di cui alla let­tera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizza­zione e la gestione di impianti di produ­zione di calore alimentati da fonti rin­novabili di origine agricolo-forestale.

 

 

 

L’articolo 49-bis, introdotto dalla Commissione bilancio della Camera,prevede che le cooperative ed i loro consorzi che esercitino prevalentemente nei comuni montani le loro attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possano ricevere in affidamento diretto dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e per un importo non superiore a 190.000 euro per anno, lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio – quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo – nonché servizi tecnici attinenti alla realizzazione di tali opere. Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricola.

 

Si ricorda che l’art. 8 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, recante “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma della L. 5 marzo 2001, n. 57”, prevede che le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.

A tali soggetti si rende quindi applicabile il disposto dell’art. 15 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57”, ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni possono stipulare delle convenzioni con gli imprenditori agricoli, al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e alla promozione di prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. Tali convenzioni stabiliscono le prestazioni a carico delle pubbliche amministrazioni, inclusa la possibilità di concedere finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le suddette finalità, le pubbliche amministrazioni, anche in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti di appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 Euro nel caso di imprenditori singoli e 300.000 Euro nel caso di imprenditori in forma associata; i predetti limiti di valore sono stati così ridefiniti, in aumento rispetto ai precedenti (rispettivamente, 50 e 300 milioni di lire), con l’art. 1, comma 1067, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).


 

Articolo 49-ter
(Interventi in favore delle aziende siciliane colpite da plasmopara viticola)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 49-ter.

(Interventi in favore delle aziende
siciliane colpite da plasmopara
viticola).

 

 

1. Dopo l'articolo 1 della legge 1o lu­glio 1997, n. 206, recante norme in fa­vore delle produzioni agricole danneg­giate da organismi nocivi, è inserito il seguente:

 

 

«Art. 1-bis. - 1. Al fine di fare fronte ai danni e al mancato reddito dovuti agli attacchi della malattia fungina plasmopara viticola, nota altresì con il nome di "peronospora", avvenuti nel 2007 in Sicilia in conseguenza dell'anomalo andamento stagionale e del perdurare del caldo eccessivo, quali condizioni da considerare come avversità atmosferiche assimilabili a una calamità naturale, ai sensi della definizione recata dal numero 8) dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1857/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli e recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001, e in tal senso da poter consentire la concessione di aiuti compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato istitutivo della Comunità europea e non essere soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del medesimo Trattato, secondo quanto previsto dall'articolo 11 del citato regolamento (CE) n. 1857/2006, è autorizzata per l'anno 2008 la spesa di 50 milioni di euro a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, da trasferire entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge alla Regione siciliana, che utilizza tale importo in favore delle aziende danneggiate dagli attacchi della "peronospora", tramite provvedimenti di ripartizione che siano conformi ai criteri di cui al presente articolo e al citato regolamento (CE) n. 1857/2006».

 

 

 

L’articolo, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio della Camera, dispone che sianoconcessi aiuti alle aziende viticole siciliane colpite nel corso del 2007 dalla peronospora (plasmopora fungina).

Allo scopo viene inserito un articolo aggiuntivo nella legge n. 206/1997[332], che è intervenuta a sostegno delle coltivazioni colpite da fitopatie connesse alla diffusione della “Sharka” e della “Erwinia amylovora”.

Gli aiuti sono disposti per le aziende in conseguenza dell’anomalo andamento climatico che ha colpito la regione e per le quali conseguentemente si può invocare uno stato assimilabile alle calamità naturali, ovvero, in base al Regolamento (CE) n.1857/06, si siano verificate “condizioni atmosferiche quali gelo, grandine, ghiaccio, pioggia o siccità che distruggano più del 30% della produzione media annua di un agricoltore nei tre anni precedenti o della sua produzione media triennale calcolata sui cinque anni precedenti, escludendo l'anno con la produzione più bassa e quello con la produzione più elevata”[333].

Lo stanziamento è quantificato in 50 milioni di euro per l’anno 2008 ed è disposto a valere sulle risorse attribuite al Fondo per le aree sottoutilizzate; tale somma dovrà essere trasferita, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, alla regione Sicilia, che erogherà gli aiuti in conformità alla norma in commento ed al Regolamento (CE) n. 1875/2006.

 

Con l’art. 11 del reg. (CE) n. 1857/2006 è riconosciuto il diritto degli agricoltori, alle definite condizioni, di ricevere aiuti in conseguenza delle perdite di piante, animali o edifici, causate da avversità atmosferiche assimilabili alle calamità naturali.

Perché tale equiparazione si realizzi, a norma dell’art. 2, numero 8 del regolamento si deve verificare una perdita superiore al 30% della produzione media annua realizzata nei tre anni precedenti, oppure della produzione media triennale calcolata sui cinque anni precedenti, escludendo l'anno con la produzione più bassa e quello con la produzione più elevata. E per calcolare la riduzione del reddito (art. 11 c.2) va quantificato il reddito dell’anno in cui si è verificata la calamità moltiplicando i quantitativi prodotti per il prezzo medio, che va sottratto dal reddito del triennio prescelto calcolato moltiplicando sempre i quantitativi medi annui prodotti nei tre anni per il prezzo medio di vendita.

La prevista soglia minima del danno è omogenea per tutte le aree, mentre la quantificazione della compensazione massima si differenzia prevedendosi di norma un aiuto di intensità pari all’80%, che si eleva al 90% nelle zone svantaggiate. Debbono essere dedotti gli eventuali importi percepiti in conseguenza della stipula di polizze assicurative. Il calcolo delle perdite deve essere valutato per ogni singola azienda.

Infine, poiché la tempestività nella erogazione degli aiuti è un elemento della efficacia dell’aiuto stesso, è imposto che il regime di aiuto sia introdotto entro tre anni dal verificarsi dell’evento, e che l’aiuto sia versato entro quattro anni dalla perdita (o dalla spesa sostenuta).

In ambito europeo non vi è mai stata una preclusione totale alla definizione di misure dirette a tutelare il settore agricolo dai danni causati alle produzioni da eventi non prevedibili, fossero questi identificabili con avverse condizioni atmosferiche o con la diffusione di epizoozie o fitopatie.

Nel Trattato non v’è alcuna disposizione che esplicitamente consenta la erogazione di aiuti in connessione con l’insorgenza di patologie animali o vegetali; tuttavia, già con gli Orientamenti del 2002[334] la Commissione aveva accettato non solo gli aiuti volti a promuovere l’adozione di misure preventive contro l’insorgere delle epizoozie o fitopatie, ma anche quelli a compensazione delle perdite, rectius danni sofferti.

Quanto al verificarsi di eventi atmosferici estremi, l’art. 87, comma 2, lett. b) del trattato dichiara compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

Negli “Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo e forestale 2007/2013[335] la Commissione giunge ad enunciare che la corretta gestione dei rischi, e delle crisi, è uno strumento essenziale per la sostenibilità e competitività del settore agricolo, e che gli aiuti di Stato possono costituire un “adeguato strumento di sostegno” (cap. V).

Per converso, poiché non v’è alcun obbligo da parte dei singoli Stati di erogare tali aiuti, a rischi analoghi possono non corrispondere analoghi interventi di sostegno, con il conseguente verificarsi di ingiustificate distorsioni nella concorrenza.

Negli Orientamenti citati viene peraltro posto in evidenza che, in conseguenza dell’approvazione del nuovo regolamento sugli aiuti de minimis per l’agricoltura[336], anche il settore primario può beneficiare di un supporto minimo – fino a 200 mila euro per impresa e per triennio finanziario - ma rapido e senza la preventiva autorizzazione della Commissione.

Gli indennizzi per danni contemplati nel capitolo V.B degli Orientamenti, che debbono essere versati “il più presto possibile dopo il verificarsi dell’evento calamitoso”, sono previsti:

-        per ovviare ai danni arrecati da calamità naturali o altri eventi eccezionali, nei quali la Commissione ha eccezionalmente incluso una epizoozia molto diffusa e completamente nuova, purché gli eventi siano descritti con sufficiente precisione;

-        per le perdite causate da avverse condizioni atmosferiche;

-        per la messa in atto di strumenti di lotta contro le epizoozie e fitopatie;

-        per il pagamento di premi assicurativi.

Va infine rilevato che la Commissione, ritenendo cha la scarsezza d’acqua rischi di diventare una caratteristica determinante per gli agricoltori di taluna aree, e che pertanto sia i singoli che gli Stati debbano contribuire alla corretta gestione delle acque, ritiene che non debbano essere autorizzate compensazioni se non sia stato pienamente attuato l’articolo 9 della direttiva 200/60/CE[337], che impone agli Stati membri di recuperare i costi dei servizi idrici, tenuto anche conto del principio “chi inquina paga”.


 

Articolo 50, commi 1-3
(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 50.

(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili).

Art. 50.

(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili).

1. Ai fini della piena attuazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, con particolare riferimento all'articolo 2 della direttiva medesima, i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi.

1. Identico.

2. La procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi di cui al comma 1118 dell'articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006, per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio, e, in via prioritaria, per quelli in costruzione, è completata dal Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Identico.

3. L'articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persona giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell'energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.

3. Identico.

 

 

I commi 1 e 2 intervengono sulla contestata questione degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili recata dai commi 117-1120 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2007. L’aspetto critico di tali disposizioni era di mantenere ferma l’incentivazione anche a favore degli “impianti autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione” anteriormente all’entrata in vigore della stessa legge finanziaria, compresi i contributi c.d. CIP6.

Si ricorda infatti che, all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria per il 2007, il Governo ha manifestato la volontà[338] di modificare al più presto il testo contestato dell’articolo 1117 nel senso di limitare gli incentivi agli impianti realizzati ed operativi. In realtà tale modifica, che si è tentato di inserire in diversi provvedimenti normativi, al momento non è stata introdotta[339].

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi. Risulterebbero dunque esclusi gli impianti solo autorizzati, in costruzione o “in collaudo”.

 

Il comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 dispone al primo periodo che i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica sono concessi esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, così come definite dall’articolo 2 della Direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Si ricorda che la citata direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”. Ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003, per fonti rinnovabili si intendono: «le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». Tali definizioni riprendono quelle dell’articolo 2 della Direttiva 2001/77/CE citata dalla norma in esame.

La vera differenza tra la disciplina comunitaria e il decreto di recepimento nazionale consisteva nell’ l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti, ad opera dell’articolo 17. Tali disposizioni sono state abrogate dal comma 1120 dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007.

 

Il secondo periodo del comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007, su cui interviene l’articolo in esame, fa salvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della medesima legge finanziaria, ivi comprese le convenzioni adottate con delibera del Comitato interministeriale prezzi il 12 aprile 1992 (CIP6) e destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 1118 sempre dell'art. 1 della legge finanziaria 2007.

 

La relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2008 precisa che la disposizione in esame è volta a restringere ai soli impianti già realizzati e resi operativi:

§      i benefici derivanti dalle convenzioni CIP6[340] e destinate al sostegno delle fonti energetiche assimilate alle rinnovabili, disciplinate dal comma 1118 dell' art. 1 della legge finanziaria 2007;

§      i finanziamenti previsti in applicazione dell’art. 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239[341], riguardante i certificati verdi, ora abrogato dalla lettera g) del comma 1120 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007[342].

In tal modo, dunque, tramite questo intervento normativo si mira ad impedire che i finanziamenti finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili possano essere in gran parte utilizzati per impianti alimentati per converso da fonti non rinnovabili, con il rischio di vanificare il perseguimento dell’obiettivo di coprire, entro il 2010, il 25 per cento del consumo interno lordo di elettricità tramite l’utilizzo di fonti rinnovabili, come richiesto dalla citata direttiva 2001/77/CE.

 

Il comma 2 stabilisce che la procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi prevista dal comma 1118 della legge 296/2006 per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio debba essere attivata in via prioritaria per gli impianti in costruzione e sia soggetta al parere delle Commissioni parlamentari competenti. Infine si prevede che tale procedura di riconoscimento in deroga debba concludersi inderogabilmente entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

 

Secondo il sopra citato comma 1118, il Ministro dello sviluppo economico provvede con propri decreti a definire le condizioni e le modalità per l’eventuale riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi a specifici impianti già autorizzati all’entrata in vigore della legge finanziaria 2007 e non ancora in esercizio, non rientranti nella tipologia di cui al periodo precedente, nonché a ridefinire l’entità e la durata dei sostegni alle fonti energetiche non rinnovabili assimilate alle fonti energetiche rinnovabili utilizzate da impianti già realizzati ed operativi alla data di entrata in vigore della presente legge, tenendo conto dei diritti pregressi e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, allo scopo di ridurre gli oneri che gravano sui i prezzi dell’energia elettrica e eliminare vantaggi economici che non risultino specificamente motivati e coerenti con le direttive europee in materia di energia elettrica.

 

La norma in esame, dunque, nel tener ferma la potestà di riconoscimento in deroga riconosciuta dal comma 1118 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007 al Ministro dello sviluppo economico, introduce le seguenti novità:

§      l'applicazione in via prioritaria per gli impianti in costruzione;

§      il parere delle competenti Commissioni parlamentari;

§      il completamento della procedura inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si segnala, inoltre, che risulta assegnato (esame non ancora iniziato) alle commissioni riunite 10ª (Industria, commercio, turismo) e 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato in sede referente il ddl S. 1347, che sostanzialmente ripropone le stesse disposizioni recate dai commi 1 e 2 appena commentati.

 

Il comma 3 reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il quale ha previsto una rideterminazione della tassazione sugli oli minerali al fine di perseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

 

La variazione delle accise sugli oli minerali secondo l'articolo 8 citato non deve dar luogo ad aumenti della pressione fiscale complessiva. A tal fine sono previste dal comma 10 dell'articolo 8 le misure compensative delle maggiori entrate derivanti dall'aumento delle accise. In particolare, la lettera f) del comma 10, su cui interviene il comma in esame, prevede misure compensative con incentivi per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche[343] E ed F ovvero per gli impianti e le reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilovattora (Kwh) di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente finale.

Al riguardo il comma 3 in esame specifica che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persone giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell'energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.


 

Articolo 50, commi 3-bis, 3-ter e 3-quater
(Biodiesel)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 50.

(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili).

Art. 50.

(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili).

 

3-bis. Nell'ambito del contingente agevolato di cui all'articolo 21, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, e senza ulteriori oneri a carico dello Stato, per l'anno 2009, la quota minima di cui all'articolo 2-quater, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dall'articolo 1, comma 368, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è fissata nella misura del 3 per cento di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell'anno solare precedente, calcolata sulla base del tenore energetico.

 

3-ter. Ai fini del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali, per gli anni successivi al 2009, la quota di cui al comma 3-bis può essere incrementata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

3-quater. All'articolo 22-bis, comma 1, primo periodo, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, dopo le parole: «in miscela con il gasolio» sono aggiunte le seguenti: «o in miscela con oli combustibili, in qualsiasi percentuale».

 

 

I commi 3-bis, 3-ter e 3-quater, introdotti dalla Commissione bilancio della Camera, recano disposizioni volte a promuovere l’uso del biodiesel per autotrazione.

 

Il comma 3-bis, la cui formulazione è particolarmente complessa, sembra debba essere interpretato nel senso che la quota minima di biocarburanti da immettere al consumo nel 2009 sia elevata al 3% di tutto il carburante (benzina e gasolio) immesso al consumo nell’anno solare precedente, qualora tra i biocarburanti distribuiti dall’operatore interessato vi sia il biodiesel che per un contingente di 250.000 tonnellate annue per il periodo 2007-2010, gode di una accisa ridotta.

Per il 2008 la quota di biodiesel che deve essere commercializzata resta pertanto fissata al 2%, in base alla normativa vigente; per il 2009 invece, qualora il biodiesel immesso al consumo sia quello ad accisa ridotta, la percentuale complessiva di biocarburanti immessi al consumo deve essere pari al 3% dei carburanti derivanti da fonti primarie non rinnovabili.

Il contingente agevolato di cui viene fatta menzione è quello di biodiesel per il quale l’articolo 22-bis del D.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504[344], introdotto dall’art. 1, comma 371, della legge finanziaria 2007, ha stabilito un’accisa ridotta, che è pari ad un’aliquota del 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio usato come carburante di cui all'allegato I al medesimo testo unico. L’agevolazione è disposta nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate, valido per il periodo 2007-2010. In conseguenza dell’approvazione del D.L. n. 159/2007 l’accisa agevolata non è più riservata al prodotto destinato alla miscelazione con gasolio per l’autotrazione, ma si applica sul biodiesel anche utilizzato tal quale.

Quanto all’articolo 2-quater del D.L. n. 2/2006 (come integralmente sostituito con la finanziaria per il 2007), contiene disposizioni volte a promuovere la produzione e il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola, le quali impongono chea decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono al consumo benzina e gasolio per autotrazione, prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili, siano obbligati ad immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti, che il . comma 4 individua nel biodiesel, bioetanolo e derivati, ETBE e bioidrogeno.

Il comma 2 dell’articolo 2-quater prevede che la quota minima di immissione, calcolata sulla base del tenore energetico, sia inizialmente fissata all'1 per cento di tutto il carburante, benzina e gasolio, immesso in consumo nell'anno solare precedente. A partire dal 2008 tale quota minima è fissata nella misura del 2 per cento.

Le modalità di immissione sono definite nel comma 3, il quale rinvia ad un apposito decreto la fissazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità per l'attuazione di tale obbligo, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche ed in base a criteri che in via prioritaria tengano conto della quantità di prodotto proveniente da intese di filiera, da contratti quadro o da contratti ad essi equiparati. Il decreto dovrà essere emanato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Per assolvere all’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti, i soggetti sopra indicati possono anche acquistare, in tutto o in parte, l'equivalente quota di immissione o i relativi diritti da altri soggetti.

 

Il comma 3-ter prevede che allo scopo di conseguire gli “obiettivi indicativi nazionali” (previsti dalla normativa comunitaria) per gli anni successivi al 2009 la quota minima di cui al comma 3-bis (pari come si è visto per il 2009 al 3% dei carburanti derivanti da fonti primarie non rinnovabili) possa essere incrementata con decreto interministeriale.

 

Con la direttiva 2003/30/CE, attuata con il D.Lgs. n. 128/2005, peraltro in modo difforme dando luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia, sono state definite le modalità di promozione dell’uso nei trasporti di biocarburanti o altri carburanti da fonti rinnovabili. La citata direttiva prevede la sostituzione, in ogni Stato membro, dei carburanti derivati da petrolio con biocarburanti in una misura che la direttiva stessa così individuava: il 2% per il 2005 e il 5,75% per il 2010. Tali percentuali di sostituzione rappresentano gli “obiettivi indicativi” che debbono raggiunti dai Paesi membri.

Gli obiettivi nazionali di immissione in consumo di biocarburanti, rivisti con il comma 367 della finanziaria 2007, sono stati così quantificati:

-        entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

-        entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

-        entro il 31 dicembre 2010: 5,75 per cento».

Si ricorda che gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale.

Al rispetto dei sopra riportati obiettivi concorrono, inoltre, sia il biodiesel agevolato del contingente di 250 mila tonnellate (art. 22-bis, c.1 del T.U. n. 504), sia i carburanti a ridotto impatto ambientale rientranti nel programma triennale definito al successivo comma 5 fel medesimo art. 22-bis del testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi.

 

Il comma 3-quater prevede che l’agevolazione per il biodiesel consistente nella riduzione dell’accisa (entro il definito contingente annuo di 250.000 tonnellate per gli anni 2007-2010) riguardi, oltre il biodiesel usato “tal quale o in miscela con il gasolio”, come attualmente previsto, anche il biodiesel miscelato “con oli combustibili”; la miscelazione può peraltro avvenire “in qualsiasi percentuale”.


 

Articolo 51
(Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 51.

(Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica).

Art. 51.

(Disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica).

1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, della legge 14 novembre 1995, n. 481, a far data dal 1o gennaio 2007, il valore medio del prezzo del metano ai fini dell'aggiornamento del costo evitato di combustibile di cui al titolo II, punto 7, lettera b), del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992, e successive modificazioni, è determinato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, tenendo conto dell'effettiva struttura dei costi nel mercato del gas naturale.

Identico.

2. All'articolo 11-bis, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, le parole da: «iniziative a vantaggio dei consumatori» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica e gas, approvati dal Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Tali progetti possono beneficiare del sostegno di altre istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie».

 

 

 

L’articolo 51 reca disposizioni riguardanti il prezzo del metano e i progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica.

 

Il comma 1 attribuisce, con efficacia retroattiva a far data dal 1° gennaio 2007, all'Autorità per l'energia elettrica e il gas il potere di determinare il valore medio dei prezzi del metano ai fini dell'aggiornamento del "costo evitato" di combustibile previsto dal Titolo II, punto 7, lettera b) del provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi 29 aprile 1992, n. 6 (c.d. CIP 6), come modificato e integrato dal decreto del Ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato 4 agosto 1994 .

La disposizione precisa, inoltre, che l'Autorità nell’ambito della suindicata attribuzione deve tenere conto dell'effettiva struttura dei costi del mercato del gas naturale.

 

Si ricorda che il suddetto provvedimento CIP 6/1992, adottato in attuazione dell’art. 20 e dell’art. 22, comma 5°, della legge 9 gennaio 1991, n.9 , definisce, fra l’altro, i prezzi di cessione dell’energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano fonti rinnovabili o assimilate di energia (cessione un tempo effettuata a favore di Enel, allora monopolista legale ex lege 1643/1962; oggi cessionaria di tale energia è la società GSE, Gestore dei Servizi Elettrici SpA).

Con lo stesso provvedimento n. 6/1992, il Comitato interministeriale dei prezzi ha individuato quattro componenti per la determinazione del prezzo di cessione dell’energia elettrica prodotta da impianti nazionali alimentati da fonti rinnovabili e assimilate, ai sensi degli articoli 20 e 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9.

Più specificamente, tre componenti si basano sul cd. "costo evitato" (di impianto, di esercizio e manutenzione, di combustibile) ovverosia il costo che avrebbe dovuto sopportare l’ex monopolista Enel se avesse dovuto rispettivamente costruire, gestire ed approvvigionare il combustibile per un impianto di generazione alimentato a gas. Il quarto componente afferisce più direttamente all’incentivazione di tale produzione. Pertanto, il comma in esame interviene su uno dei quattro componenti: il costo evitato di combustibile.

In base alla lettera b), punto 7, del citato titolo II, il costo evitato di combustibile è aggiornato annualmente sulla base del criterio indicato alla lettera medesima. Tuttavia, un decreto del Ministero dell’Industria del 4 agosto 1994, art. 3, al titolo II, punto 7, lett. b) del citato provvedimento CIP, ha aggiunto un’ulteriore disposizione, in forza della quale, ai fini del citato aggiornamento, occorre fare riferimento all’accordo concluso fra Snam e Confindustria: contratto di lungo termine per la somministrazione di gas per la produzione di energia elettrica per cessione a terzi.

Successivamente l'articolo 3, comma 7 della legge 14 novembre 1995, n. 481, ha mantenuto intatta la vigenza dei provvedimenti già adottati dal Comitato interministeriale prezzi e dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato in materia di energia elettrica e di gas, salvo modifica o abrogazione disposta dal Ministro, anche nell'atto di concessione, o dalla Autorità competente. Parimenti è stata mantenuta l'efficacia del citato decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 4 agosto 1994 per cui il provvedimento CIP n. 6 del 29 aprile 1992, come integrato e modificato dal decreto 4 agosto 1994, si applica, per tutta la durata del contratto, alle iniziative prescelte, alla data di entrata in vigore della legge 481/1995, ai fini della stipula delle convenzioni, anche preliminari, previste dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 25 settembre 1992 ,nonché alle proposte di cessione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili propriamente dette, presentate all'ENEL spa entro il 31 dicembre 1994 ed alle proposte di cessione di energia elettrica che utilizzano gas d'altoforno o di cokeria presentate alla medesima data, a condizione che in tali ultimi casi permanga la necessaria attività primaria dell'azienda.

 

Secondo quanto dichiarato dal relatore al Senato, il comma in esame avrebbe il fine "di risolvere i numerosi contenziosi sorti in materia, garantendo nello stesso tempo una chiarezza per quanto concerne i poteri attribuiti ai diversi soggetti coinvolti, in uno spirito di tutela dei cittadini consumatori" .

Si ricorda, infatti, che il TAR Lombardia ha annullato la delibera dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas del 15 novembre 2006 n. 249, con la quale l’Autorità aveva aggiornato il costo evitato di combustibile (CEC) per l'anno 2007 .

Successivamente, Il Consiglio di Stato non ha accolto la richiesta di sospensiva presentata dall'Autorità per l'energia elettrica contro la decisione del TAR. Il Consiglio di Stato ha così rinviato la decisione sul merito del ricorso all’udienza del 22 gennaio 2008.

 

Al riguardo merita segnalare che la norma in esame potrebbe influenzare a favore dell'Autorità l'esito del procedimento giurisdizionale in corso. Se, infatti, a giudizio del Tar il provvedimento Cip6 aveva “il chiaro intento di limitare sul punto i poteri regolatori e tariffari dell’Autorità”, la norma di cui si discute mira ad attribuire esplicitamente al Regolatore la competenza in materia.

Vale la pena di ricordare che, confidando nell'esito positivo del ricorso al Consiglio di Stato, l'Autorità ha scelto di non tener conto dell'annullamento della delibera da parte del Tar in occasione dell'ultimo aggiornamento tariffario.

 

Il comma 2 reca una modifica all'art. 11-bis del decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 14 maggio 2005, n. 80.

 

Il vigente articolo 11-bis del decreto-legge n.35/2005 prevede che l'ammontare riveniente dal pagamento delle sanzioni irrogate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas sia destinato ad un fondo per il finanziamento di iniziative a vantaggio dei consumatori, di tipo reintegratorio o di risarcimento forfetario dei danni subiti. Le modalità di organizzazione e funzionamento del fondo nonché di erogazione delle relative risorse sono stabilite con regolamento a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , e successive modificazioni, sentite le competenti Commissioni parlamentari.

Le sanzioni ex articolo 11-bis che determinano le risorse del fondo sono quelle irrogate dall'Autorità in caso di inosservanza dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio, alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri. Tali sanzioni amministrative pecuniarie non possono essere inferiori nel minimo a lire 50 milioni e non possono essere superiori nel massimo a lire 300 miliardi.

In caso di reiterazione delle violazioni l'Autorità ha la facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità del servizio da parte degli utenti, di sospendere l'attività di impresa fino a 6 mesi ovvero proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione

 

Il comma 2 prevede invece che il predetto fondo sia destinato al finanziamento di progetti a vantaggio dei consumatori di energia elettrica e gas, approvati dal Ministero dello Sviluppo Economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Tali progetti possono beneficiare del sostegno di altre istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie.

In conseguenza della suddetta modifica, in particolare:

§      si prevede la soppressione del parere parlamentare;

§      si dispone l'attribuzione dell'iniziativa all'Autorità;

§      non si specifica più che le misure a vantaggio dei consumatori debbano essere di tipo reintegratorio o di risarcimento forfetario dei danni subiti.


 

Articolo 52
(Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica
prodotta da fonti rinnovabili)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 52.

(Norme per l'incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili).

Art. 52.

(Norme per l'incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili).

1. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, è incentivata con i meccanismi di cui ai commi da 2 a 12. Con le medesime modalità è incentivata la sola quota di produzione di energia elettrica imputabile alle fonti energetiche rinnovabili, realizzata in impianti che impiegano anche altre fonti energetiche non rinnovabili. Le modalità di calcolo di tale quota sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

1. Identico.

2. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 1 allegata alla presente legge e di potenza elettrica superiore a 1 megawatt (MW), è incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di quindici anni, tenuto conto dell'articolo 1, comma 382, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all'obbligo della quota minima di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. L'immissione dell'energia elettrica prodotta nel sistema elettrico è regolata sulla base dell'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

2. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 1 allegata alla presente legge e di potenza nominale media annua superiore a 1 megawatt (MW), è incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di quindici anni, tenuto conto dell'articolo 1, comma 382, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all'obbligo della quota minima di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. L'immissione dell'energia elettrica prodotta nel sistema elettrico è regolata sulla base dell'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

3. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 2 allegata alla presente legge e di potenza elettrica non superiore a 1 MW, immessa nel sistema elettrico, ha diritto, in alternativa ai certificati verdi di cui al comma 2 e su richiesta del produttore, a una tariffa fissa onnicomprensiva di entità variabile a seconda della fonte utilizzata, come determinata dalla predetta tabella 2, per un periodo di quindici anni, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte. Al termine di tale periodo, l'energia elettrica è remunerata, con le medesime modalità, alle condizioni economiche previste dall'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. La tariffa onnicomprensiva di cui al presente comma può essere variata, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

3. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 2 allegata alla presente legge e di potenza nominale media annua non superiore a 1 MW, immessa nel sistema elettrico, ha diritto, in alternativa ai certificati verdi di cui al comma 2 e su richiesta del produttore, a una tariffa fissa onnicomprensiva di entità variabile a seconda della fonte utilizzata, come determinata dalla predetta tabella 2, per un periodo di quindici anni, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte. Al termine di tale periodo, l'energia elettrica è remunerata, con le medesime modalità, alle condizioni economiche previste dall'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. La tariffa onnicomprensiva di cui al presente comma può essere variata, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

4. All'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole da: «Il Ministro delle attività produttive» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «Per il periodo 2007-2012 la medesima quota è incrementata annualmente di 0,75 punti percentuali. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti gli ulteriori incrementi della stessa quota per gli anni successivi al 2012».

4. Identico.

5. A partire dal 2008, i certificati verdi, ai fini del soddisfacimento della quota d'obbligo di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, hanno un valore unitario pari a 1 MWh e vengono emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) per ciascun impianto a produzione incentivata di cui al comma 1, in numero pari al prodotto della produzione netta di energia elettrica da fonti rinnovabili moltiplicata per il coefficiente, riferito alla tipologia della fonte, di cui alla tabella 1, allegata alla presente legge, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

5. Identico.

6. A partire dal 2008, i certificati verdi emessi dal GSE ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono collocati sul mercato a un prezzo, riferito al MWh elettrico, pari alla differenza tra il valore di riferimento, fissato in sede di prima applicazione in 180 euro per MWh, e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in attuazione dell'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, registrato nell'anno precedente e comunicato dalla stessa Autorità entro il 31 gennaio di ogni anno a decorrere dal 2008. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella 1 per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

6. Identico.

7. A partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell'obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili e dei successivi aggiornamenti derivanti dalla normativa dell'Unione europea, il GSE, su richiesta del produttore, ritira i certificati verdi, in scadenza nell'anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere all'obbligo della quota minima dell'anno precedente di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell'anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.

7. Identico.

8. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le direttive per l'attuazione di quanto disposto ai precedenti commi. Con tali decreti, che per le lettere b) e c) del presente comma sono adottati di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, inoltre:

8. Identico:

    a) sono stabilite le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo nonché le modalità per l'estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

    a) sono stabilite le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo nonché le modalità per l'estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza nominale media annua non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

    b) sono stabiliti i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all'allegato X alla parte quinta, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, a scopi alimentari, industriali ed energetici;

    b) identica;

    c) sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell'applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle 1 e 2;

    c) identica;

    d) sono aggiornate le direttive di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell'articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

    d) identica.

9. Il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all'articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 29 aprile 2006 fino al 31 dicembre 2007.

9. Il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all'articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1o aprile 1999 fino al 31 dicembre 2007.

10. La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui al presente articolo a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

10. Identico.

11. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas definisce:

11. Identico.

    a) le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 3;

 

    b) le modalità con le quali le risorse per l'erogazione delle tariffe di cui al comma 3, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 7, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell'energia elettrica.

 

12. A decorrere dal 1o gennaio 2008 sono abrogati:

12. Identico.

    a) il comma 6 dell'articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

 

    b) il comma 383 e il primo periodo del comma 1118 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

13. Allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, gli impianti diversi da quelli di cui al comma 1, aventi diritto ai certificati verdi, continuano a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 5. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all'obbligo della quota minima di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 2.

13. Identico.

14. Agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 1 continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

14. Identico.

15. Il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, resta fermo in otto anni.

15. Identico.

 

 

L’articolo 52 delinea una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

 

I commi da 1 a 12 dettano una nuova disciplina pergli impianti nuovi, ossia entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007.

I commi da 13 a 15 riguardano, invece,gli impianti esistenti, ossia in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 1 prevede che la nuova disciplina sugli incentivi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevista dai successivi commi da 2 a 12, si applichi agli impianti entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento.

Gli incentivi riguardano anche agli impianti misti (ossia gli impianti che utilizzano sia fonti rinnovabili che non rinnovabili) limitatamente alla quota di produzione imputabile alle fonti rinnovabili, secondo modalità di calcolo da definire, entro novanta giorni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

I commi 2 e 3 prevedono due meccanismi alternativi di incentivazione:

a)      i certificati verdi;

b)      la tariffa fissa omnicomprensiva.

 

Il comma 2, concernente gli impianti di potenza nominale media annua superiore a 1MW[345], prevede unicamente il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni.

Si fa presente che la Commissione Bilancio della Camera dei deputati ha introdotto una variazione nella tabella 1 allegata alla legge, che fornisce i coefficienti per tipologia di fonte, sostituendo la dicitura della fonte “eolica” con quella di “eolica per impianti di taglia superiore a 200 kW.

 

Il comma 3, concernente invece gli impianti di potenza nominale media annua non superiore a 1MW[346], prevede l’incentivazione mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni o, in alternativa, su richiesta del produttore, mediante una tariffa fissa (variabile a seconda delle fonte utilizzata, secondo quanto previsto dalla tabella 2 allegata), per un periodo di 15 anni (tariffa variabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, in ogni caso assicurando l’effetto incentivante).

In entrambi i casi è fatta salva la normativa vigente (che deve quindi considerarsi “speciale”) in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte[347].

Si fa presente che la Commissione Bilancio della Camera dei deputati ha introdotto una variazione nella tabella 2 allegata alla legge, che fornisce l’entità della tariffa onnicomprensiva per tipologia di fonte, sostituendo la dicitura della fonte “eolica” con quella di “eolica per impianti di taglia inferiore a 200 kW”, incrementando la corrispondente tariffa da 22 cent di euro/kWh a 30 euro cento/kWh.

 

Il comma 4 prevede che la quota minima di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili che, nell'anno successivo, deve essere immessa nel sistema elettrico nazionale (ai sensi dell'articolo 11, commi 1, 2 e 3, del D.Lgs. 79/1999), sia incrementata di 0,75 punti percentuali (e non di 0,35 punti annuali, come attualmente previsto dall’articolo 4 comma 1, del decreto legislativo n.387/2003)

L’incentivazione dell’energia da fonti rinnovabili.

La direttiva 2001/77/CE ha previsto per ogni Stato membro gli obiettivi da raggiungere nell’ambito della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, per l’Italia l’obiettivo da raggiungere entro il 2010 è fissato al 25% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

La direttiva 2001/77/CE è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 che ha ulteriormente innalzato l’obbligo, fissato al 2% dall’articolo 11 decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di immettere nella rete nazionale una quota di energia generata da impianti alimentati da fonti rinnovabili ed ha definito nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime. In particolare, è stato previsto un incremento pari annualmente a 0,35 punti percentuali, a decorrere dall'anno 2004 e fino al 2006[348], della quota minima di energia da fonti rinnovabili che gli importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di immettere sul mercato.

I certificati verdi costituiscono lo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Come detto tale quota, inizialmente fissata al 2%, è stata incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006, secondo quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n.387/2003.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo – ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n.387/2003 - della precedenza nel dispacciamento[349]. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto.

Per quanto concerne la durata dei certificati verdi, l'articolo 20, comma 5, del D.Lgs. 387/2003 l’ha inizialmente fissata a 8 anni (non si calcolano i periodi di fermata degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti); successivamente tale durata è stata elevata a 12 anni dall'art. 267, comma 4, lettera d), del D.lgs. 152/2006.

Per i soggetti che non rispettano l’obbligo di immissione, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Il comma 5 prevede che il valore dei certificati verdi corrisponda alla produzione di energia elettrica moltiplicata per i coefficienti previsti dalla tabella 1, diversificati in relazione alla fonte utilizzata. I certificati verdi, emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE), hanno un valore unitario pari a 1 MWh (fatta salva la normativa speciale prevista per biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, per la quale v. nota supra)

 

Attualmente, il comma 87 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004 n. 239 stabilisce il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 in 0,05 GWh (50 MWh) o multipli di detta grandezza.

 

Il comma 6 prevede che i certificati verdi siano collocati sul mercato a un prezzo per MWh elettrico pari alla differenza tra il valore di riferimento fissato a 180 euro per megawattora e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica registrato nell'anno precedente, definito dall'Autorità per l'energia in attuazione di quanto previsto dall'articolo 13, comma 3 del D.Lgs. 387/2003.

Tale valore medio annuo deve essere comunicato dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas entro il 31 gennaio di ogni anno. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella A per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

 

L'Autorità per l’energia elettrica e il gas ha attuato il comma 3 dell'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 con la delibera 23 febbraio 2005, n. 34/05 (modificata, da ultimo, con la delibera 4 luglio 2007 n.167/07). L'articolo 4 della delibera 34/05 prevede che il gestore di rete che ritira l'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4 del D.Lgs. 387/2003 riconosca ai produttori un prezzo pari a quello di cessione dall'Acquirente unico alle imprese distributrici per la vendita al mercato vincolato definito dall'articolo 30, comma 1, lettere a), b) e c). Tale disposizione ha precisato i criteri di calcolo del prezzo che fanno riferimento rispettivamente alla media ponderata dei costi per l'acquisto dell'energia e per la copertura dei rischi connessi all'oscillazione dei prezzi (lettera a), ai costi di dispacciamento (lettera b), al corrispettivo riconosciuto all'Acquirente Unico (lettera c).

In base all'articolo 33, comma 2, l’Acquirente unico comunica all’Autorità e pubblica nel proprio sito Internet, entro il termine del mese successivo a quello di competenza, il prezzo di cui all’articolo 30 relativo al mese di competenza.

Secondo i dati pubblicati dall'Acquirente unico il prezzo medio di cessione nel I trimestre del 2007 è stato pari a 81,8 €/MWh, per il II trimestre del 2007 pari a 79,3 €/MWh, per il III trimestre del 2007 si prevede sia pari a 82,6 €/MWh mentre per il IV trimestre si prevede sia pari 84,0 €/MWh . In base a tali dati il valore medio per il 2007 si attesterebbe a 81,9 €/MWh.

Conclusivamente il prezzo fissato dal comma in esame per il collocamento sul mercato dei certificati verdi potrebbe attestarsi attorno ai 98 euro per megawattora (180 euro meno il valore medio). Si segnala che il prezzo di riferimento individuato dal GSE per i certificati verdi per l'anno 2006 è stato pari a 125,28 €/MWh (al netto dell'IVA del 20 %).

 

Il comma 7 prevede che fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili (v. supra), il GSE, su richiesta del produttore, ritiri i certificati verdi, in scadenza nell’anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere l’obbligo della quota minima, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.

 

Il comma 8 rinvia a decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la fissazione delle direttive per l’attuazione di quanto disposto ai precedenti commi.

Con tali decreti, e per i punti b) e c) di intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabiliti inoltre:

a)      le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo nonché le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

Il servizio di scambio sul posto è previsto attualmente per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW, dunque la disposizione in esame eleverebbe tale soglia da 20 a 200 kW. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW è inoltre previsto che non siano dovuti i diritti di officina elettrica, pertanto la disposizione in esame pur elevando la soglia di ammissione al servizio di scambio sul posto non muta la disciplina sui diritti di officina elettrica.

L'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 387/2003 prevede che l’Autorità disciplini le condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW. L’articolo 6, comma 2 prevede che nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita dell’energia elettrica prodotta; L’articolo 6, comma 3 stabilisce che la disciplina dello scambio sul posto sostituisca ogni altro adempimento, a carico dei soggetti che realizzano gli impianti, connesso all’accesso e all’utilizzo della rete elettrica.

La disciplina del servizio di scambio sul posto è stata definita dalla delibera AEEG n. 28/2006 . Con il termine scambio sul posto si intende il servizio erogato dall’impresa distributrice competente nell’ambito territoriale in cui è ubicato l’impianto che consiste nell’operare un saldo annuo tra l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto medesimo e l’energia elettrica prelevata dalla rete.

Il servizio di scambio sul posto consente ad un cliente di utilizzare i servizi di rete per “immagazzinare” l’energia elettrica immessa quando non ci sono necessità di consumo e di ri-prelevarla dalla rete quando gli serve.

Lo scambio sul posto comporta pertanto il venir meno del costo di acquisto dell’energia elettrica per una quantità pari a quella prodotta dall’impianto (sia la quota auto-consumata immediatamente sia la quota immessa in rete e ri-prelevata successivamente). Lo scambio sul posto è alternativo alla vendita di energia elettrica: pertanto, nell’ambito dello scambio, le immissioni di energia in rete non possono essere vendute. L’energia elettrica immessa in rete e non consumata nell’anno di riferimento costituisce un credito, in termini di energia ma non in termini economici, che può essere utilizzato nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Al termine dei tre anni successivi, l’eventuale credito residuo viene annullato. Tale quantità di energia elettrica immessa in rete e mai consumata non può essere pagata poiché nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita. Pertanto lo scambio sul posto presenta vantaggi qualora, su base triennale, il consumo di energia elettrica risulti mediamente pari o superiore alla produzione. In caso contrario sarebbe preferibile scegliere, anziché lo scambio sul posto, la vendita di energia elettrica.

Per quanto riguarda i diritti di officina elettrica essi sono definiti dall'articolo 53 del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504 il quale prevede l'obbligo di denuncia di officina e licenza di esercizio e di pagamento dell'accisa sull'energia elettrica per:

a)       i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali, indicati come venditori;

b)       gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio;

c)       i soggetti che utilizzano l'energia elettrica per uso proprio con impiego promiscuo, con potenza disponibile superiore a 200 kW intendendosi per uso promiscuo l'utilizzazione di energia elettrica in impieghi soggetti a diversa tassazione.

Su richiesta possono essere riconosciuti come soggetti obbligati:

a)       i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica utilizzata con impiego unico previa trasformazione o conversione comunque effettuata, con potenza disponibile superiore a 200 kW;

b)       i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica da due o più fornitori, qualora abbiano consumi mensili superiori a 200.000 kWh.

I soggetti predetti hanno l'obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione, relativa agli impianti di pertinenza e alle modifiche societarie, nonché la cessazione dell'attività, entro trenta giorni dalla data in cui tali eventi si sono verificati.

Peraltro l’articolo 10, comma 7, primo periodo, della legge 13 maggio 1999 n. 133 prevede che l’esercizio di impianti che utilizzano fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 20 kW, anche collegati alla rete, non sia soggetto agli obblighi di apertura di officina elettrica ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del testo unico approvato con decreto legislativo n. 504/1995.

b)      i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all’allegato X alla parte V, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , a scopi alimentari, industriali ed energetici;

L'allegato X alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 reca la disciplina dei combustibili, la parte II dell'allegato disciplina le caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura, la sezione 4 della parte II reca le caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo .

c)      sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle A e B;

La disposizione sembra riferirsi al comma 4-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, in legge n. 222/2007..

d)      sono aggiornate le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell’articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

 

Il comma 5 dell'art. 11 del D.Lgs. 79/1999 già prevede che con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, siano adottate le direttive per l'attuazione di quanto disposto dai commi 1, 2 e 3, nonché gli incrementi della percentuale di cui al comma 2 per gli anni successivi al 2002, tenendo conto delle variazioni connesse al rispetto delle norme volte al contenimento delle emissioni di gas inquinanti, con particolare riferimento agli impegni internazionali previsti dal protocollo di Kyoto.

Il comma 8 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 387, con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, siano aggiornate le direttive di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

 

Il comma 9 prevede che il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all’articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applichi ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999e fino al 31 dicembre 2007.

 

Si ricorda che la lettera d) dell’articolo 267, comma 4, del D.Lgs. n.152/2006 ha elevato da otto a dodici anni il periodo di validità dei certificati verdi.

Il prolungamento (da 8 a 12 anni) del periodo di validità dei certificati verdi di cui al citato art. 267 è stato esteso agli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999 a seguito dell’approvazione di un emendamento in corso d’esame presso la Commissione bilancio della Camera.

 

Il comma 10 prevede che la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui al presente articolo a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

In altri termini, si prevede per gli impianti entrati in esercizio nel corso del 2008 la possibilità di cumulare più incentivi pubblici, escludendo tale possibilità per gli impianti entrati in esercizio a partire dal 2009.

 

Il comma 11 dispone che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisca:

a)      le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 3;

b)      le modalità con le quali le risorse per l’erogazione delle tariffe di cui al comma 3, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 7, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica.

 

Il comma 12 prevede l'abrogazione, a decorrere dal 1º gennaio 2008:

a)      del comma 6 dell’articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

b)      del comma 383 e del primo periodo del comma 1118 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Il comma 6 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede la possibilità di elevare, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il periodo di riconoscimento dei certificati verdi per la produzione di elettricità da impianti alimentati da biomassa, ad esclusione di quella prodotta da centrali ibride. Tale incremento può essere realizzato anche mediante rilascio, dal nono anno, di certificati verdi su una quota dell'energia elettrica prodotta.

Al medesimo fine, possono anche essere utilizzati i certificati verdi attribuiti al Gestore della rete dall'articolo 11, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 . La predetta elevazione del periodo di riconoscimento dei certificati verdi non può essere concessa per la produzione di energia elettrica da impianti che hanno beneficiato di incentivi pubblici in conto capitale.

 

Il comma 382 della legge 296/2006 demanda a un decreto ministeriale del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da adottare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la revisione della disciplina dei certificati verdi, al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica.

Il comma 383, oggetto di abrogazione, prevede che agli assegnatari dei nuovi certificati verdi non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 87, della legge n. 239 del 2004. Tale disposizione prevede che il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo n. 79 del 1999 è stabilito in 0,05 GWh o multipli di detta grandezza.

Il primo periodo del comma 1118 della legge 296/2006 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con propri decreti ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, provveda a definire i criteri e le modalità di erogazione dei finanziamenti e degli incentivi pubblici di competenza statale concedibili alle fonti rinnovabili di cui all'articolo 2 della direttiva 2001/77/CE.

 

I commi da 13 a 15 disciplinano, come detto, gli impianti esistenti, ossia gli impianti in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 13, allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, prevede che gli impianti entrati in esercizio prima del 1° gennaio 2008, aventi diritto ai certificati verdi, continuano a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 5. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all’obbligo della quota minima di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 2.

 

Il comma 14 stabilisce che agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 1, cioè entrati in esercizio in data precedente al 1° gennaio 2008, continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

 

Il comma 15 mantiene fermo in otto anni il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 7 febbraio 2007, n. 20 .

 

Tale disposizione ha mantenuto la validità del diritto all'acquisizione dei certificati verdi per i soggetti titolari di impianti realizzati o in fase di realizzazione in attuazione del comma 71 dell'articolo unico della legge 23 agosto 2004 n. 239 . Il comma 71 citato aveva esteso la possibilità di acquisire i certificati verdi all'energia elettrica prodotta:

-        con l'utilizzo dell'idrogeno;

-        in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile;

-        da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

Il comma 71 citato è stato abrogato dal comma 1120 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006).

Tuttavia, come anticipato, l'art. 14 del D.Lgs. 20/2007 ha mantenuto la validità dei diritti di cui al comma 71 purché gli impianti posseggano almeno uno dei seguenti requisiti:

a)    siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e la data del 31 dicembre 2006;

b)    siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008;

c)    entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

 

Il comma 2 dell'articolo 14 del D.Lgs. 20/2007 ha posto un ulteriore requisito per gli impianti di potenza elettrica superiore a 10 MW che mantengono il trattamento derivante dall'applicazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, come vigente al 31 dicembre 2006. Tali impianti devono infatti ottenere entro due anni dalla data di entrata in esercizio, la registrazione del sito secondo il regolamento EMAS e con le modalità e nel rispetto dei commi 3 e 4.

Il comma 3 dell'articolo 14 ha previsto la disapplicazione dell'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 relativamente ai certificati verdi rilasciati all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento. Ciò al fine di consentire l'esercizio dei diritti acquisiti.

L'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 aveva previsto che i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, potessero essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che fossero stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003 .

Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14 citato ha limitato la possibilità di utilizzare i predetti certificati alla copertura del 20 per cento dell'obbligo di immissione di una quota minima di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Infine, l'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 14 ha attribuito ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la possibilità di modificare la predetta percentuale allo scopo di assicurare l'equilibrato sviluppo delle fonti rinnovabili e l'equo funzionamento del meccanismo di incentivazione agli impianti citati.

Il comma 4 dell'articolo 14 obbliga i soggetti che beneficiano dei diritti richiamati al comma 1 di realizzare un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni inquinanti degli impianti. Secondo il comma 5 il Gestore del sistema elettrico - GSE effettua periodiche verifiche al fine del controllo dei requisiti che consentono l'accesso e il mantenimento dei diritti richiamati al comma 1.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

In relazione al recepimento e all’applicazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Commissione europea ha avviato, nei confronti dell’Italia, tre procedure di infrazione.

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[350]con cui contesta le diverse procedure messe in atto a livello regionale e comunale per il rilascio di permessi di costruzione e gestione degli impianti di energia idroelettrica, in particolare nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali sistemi autorizzatori non sono ritenuti dalla Commissione conformi alle disposizioni relative alle procedure amministrative di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora,[351] nella quale rileva che le misure messe in atto dall’Italia per conformarsi alle disposizioni della direttiva 2001/77/CE (decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387) rappresentano un mero recepimento formale della direttiva, per la cui concreta attuazione sarebbe necessaria l’introduzione di specifiche norme. La Commissione, inoltre, pone in evidenza che alcuni degli atti normativi di cui il D.Lgs n.387 del 2003 prevedeva l’emanazione, non sono stati adottati secondo le scadenze previste dal decreto.

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[352]conla quale sicontesta il mancato rispetto degli obblighi inerenti al riconoscimento delle garanzie di origine debitamente rilasciate da altri Stati membri dell’UE, con particolare riferimento alle importazioni effettuate nel 2004 e 2005.

In particolare, la Commissione rileva che l’articolo 11, comma 10, del D.Lgs. n.387, del29 dicembre 2003, notificato dall’Italia quale misura di recepimento della succitata direttiva 2001/77/CE, stabilisce correttamente che la garanzia di origine di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili rilasciata in altri Stati membri dell’UE, a seguito del recepimento della direttiva 2001/77/CE, è riconosciuta anche in Italia.

Tuttavia una nota “Informativa sull’obbligo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/99[353] relativamente alle importazioni di elettricità prodotta da fonti rinnovabili”, fornita dal Ministero dello Sviluppo economico in relazione all’articolo 11, comma 10, del D. lgs 387/03, implicherebbe in pratica, che le garanzie di origine rilasciate in altri Stati membri per le importazioni effettuate nel 2004 e nel 2005 non possano essere riconosciute.

Secondo la Commissione, tale disposizione normativa risulterebbe in conflitto con gli obblighi stabiliti all’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2001/77/CE e costituirebbe un rifiuto ingiustificato di riconoscere le garanzie di origine debitamente rilasciate in altri Stati membri poiché tale mancato riconoscimento della garanzia di origine non risulterebbe fondato su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori.


 

Articolo 53
(Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 53.

(Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili).

Art. 53.

(Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili).

1. All'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Identico:

    a) al comma 3, le parole: «o altro soggetto istituzionale delegato» sono sostituite dalle seguenti: «o dalle province delegate»;

    a) identica;

    b) al comma 3, dopo le parole: «del patrimonio storico-artistico» sono inserite le seguenti: «, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico»;

    b) identica;

    c) al comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti offshore l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d'uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima»;

    c) identica;

    d) dopo il primo periodo del comma 4 è inserito il seguente: «In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano»;

    d) identica;

    e) al secondo periodo del comma 4, le parole: «, in ogni caso,» sono soppresse e dopo le parole: «a seguito della dismissione dell'impianto» sono aggiunte le seguenti: «o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale»;

    e) identica;

    f) al comma 5, le parole: «di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c)»;

    f) identica;

    g) al comma 5, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività»;

    g) identica;

    h) al comma 6 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, dei comuni e delle comunità montane. La definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali è rimessa alla commissione provinciale di cui all'articolo 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327»;

    soppressa

    i) al comma 10 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali».

    i) identica.

2. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell'iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal terzo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, introdotto dall'articolo 1, comma 75, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

2. Identico.

3. Quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, sia presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell'articolo 3 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

3. Identico.

4. Al decreto legislativo n. 387 del 2003 è allegata la seguente tabella:

4. Identico.

«Tabella A                            (Articolo 12)

     Fonte                                 Soglie

1. Eolica............................ 60 kW

2. Solare fotovoltaica.......... 20 kW

3. Idraulica....................... 100 kW

4. Biomasse.................... 200 kW

5. Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.......................... 250 kW».

 

 

 

 

 

L'articolo 53 modifica in più parti la disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Il comma 1, modificato nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio della Camera, reca una serie di integrazioni e modifiche all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, concernente la promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.


Tali modifiche sono evidenziate nel seguente testo a fronte.

 

D.Lgs. n. 387/2003

(testo vigente)

D.Lgs. n. 387/2003

(testo proposto)

 

 

Art. 12.

Art. 12.

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.

1. Identico.

2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell'interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

2. Identico.

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

 

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

 

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4.

 

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

6. L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.

6. Identico.

7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.

7. Identico.

9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.

9. Identico.

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

 

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro i predetti termini, si applicano le linee guida nazionali.

 

Il testo vigente del comma 3 dell'articolo 12 prevede, fra l’altro, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.

 

I punti a), b) e c) modificano il comma 3 dell’articolo 12.

Il punto a) specifica che l'autorizzazione unica può essere rilasciata, oltre che dalla regione, dalle province delegate dalla regione.

Il punto b) precisa inoltre che l'autorizzazione unica costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.

Il punto c) integra la disposizione con la previsione che l'autorizzazione unica per gli impianti offshore (cioè in mare aperto) sia rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentito il Ministro dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare, a seguito di un procedimento unico e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

 

Il testo vigente del comma 4 dell'articolo 12 citato prevede che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge n. 241/1990 Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto.

 

Il punto d) integra il comma 4 dell’articolo 12 con la previsione che in caso di dissenso nel procedimento unico (purché il dissenso non sia espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico) la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, sia rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Al riguardo, il comma 6-bis dell'articolo 14-ter della legge 241/1990, applicabile anche al procedimento di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003, prevede che all'esito dei lavori della conferenza di servizi, e in ogni caso scaduto il termine, l'amministrazione procedente adotti la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. Dunque in caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali (si veda infra) l'amministrazione procedente ben può concludere il procedimento e concedere l'autorizzazione unica se le posizioni prevalenti sono state orientate in tal senso. Con la modifica in esame invece nel caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali l'amministrazione procedente dovrebbe comunque rimettere la decisione alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Per quanto riguarda il dissenso espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, continuerebbe ad applicarsi il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 il quale prevede la rimessione della decisione entro dieci giorni:

-        al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;

-        alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;

-        alla Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.

Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 prevede l'applicazione della disciplina citata anche nel caso in cui il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, casi invece non fatti salvi dal comma 3 in esame.

Pertanto i casi di dissenso espresso da amministrazioni preposte alla tutela della salute o della pubblica incolumità sono superabili con decisione della Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il punto e) modifica il comma 4 dell'articolo 12 nella parte in cui prevede l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. In alternativa a tale obbligo, per gli impianti idroelettrici, si prevede l'obbligo di esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

 

Il testo vigente del comma 5 dell'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003 prevede che non si applichino le procedure di cui ai commi 3 e 4 per l'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione.

 

Il punto f) modifica il comma 5 dell’articolo 12, provvedendo a correggere un errore materiale (in quanto l'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 non reca alcun comma 2 ed il riferimento è da intendersi al comma 1).

Gli impianti previsti dalle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 sono i seguenti:

b)       impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili: impianti alimentati dalle biomasse e dalla fonte idraulica, ad esclusione, per quest'ultima fonte, degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi, di cui alla lettera d) .

c)       impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta: impianti alimentati dalle fonti rinnovabili che non rientrano tra quelli di cui alla lettera b).

 

Il punto g) aggiunge due periodi alla fine comma 5 dell’articolo 12.

Il primo periodo prevede l'applicazione dell'istituto della denuncia di inizio attività[354] per gli impianti con capacità di generazione inferiore alle soglie individuate dalla seguente tabella:

 

Fonte

Soglie

Eolica

60 kW

Solare fotovoltaica

20 kW

Idraulica

100 kW

Biomasse

200 kW

Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas

250 kW

 

Relativamente alla disciplina della DIA recata dagli artt. 22 e 23 del DPR n. 380/2001, si ricorda brevemente che l’art. 23 del DPR n. 380/2001 dispone, tra l’altro, che “il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”. Lo stesso articolo dispone anche che la DIA “è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori”.

 

La disposizione rimette poi ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, la possibilità di individuare maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

 

Nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione Bilancio è stata soppressa la modifica apportata con il punto h), che incideva sul comma 6 dell'articolo 12, allo scopo di precisare che l'autorizzazione non potesse prevedere né essere subordinata a misure di compensazionenon soltanto a favore delle regioni e delle province, ma anche dei comuni e delle comunità montane. La definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali veniva invece rimessa alla Commissione provinciale[355] prevista dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 .

 

Il punto i) aggiunge alla fine del comma 10 dell'articolo 12 una norme volta a prevedere l'adeguamento da parte delle Regioni delle rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida, decorsi i quali si applicano le linee guida nazionali.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame specifica che per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell’iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal terzo periodo del comma l dell’articolo 15 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, così come introdotto dall’articolo 1, comma 75, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del D.Lgs. 79/1999 prevede che i soggetti destinatari di incentivi relativi alla realizzazione di impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili che non rispettino la data di entrata in esercizio dell'impianto indicata nella convenzione e nelle relative modifiche e integrazioni sono considerati rinunciatari qualora non abbiano fornito idonea prova all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di avere concretamente avviato la realizzazione dell'iniziativa mediante l'acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l'impianto, nonché l'accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l'indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti per l'acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all'impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell'iniziativa o l'ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 3 prevede che quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 è presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell’art. 3 del d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo codice.

Si ricorda che l’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387/2003 assoggetta ad un’autorizzazione unica “la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi”.

Relativamente al profilo di amministrazione aggiudicatrice, si ricorda che, ai sensi del citato art. 3, comma 25, del d.lgs. n. 163/2006, vi rientrano le “amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”. La definizione di “organismo di diritto pubblico” è contenuta nel successivo comma 26.

    

Articolo 53-bis
(Misure per il contenimento delle emissioni di CO2)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 53-bis.

(Misure per il contenimento delle
emissioni di CO2).

 

1. Al fine di incentivare il risparmio e l'efficienza energetica è istituto, a de­correre dall'anno 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, il Fondo per il risparmio e l'efficienza energetica con una dota­zione di 1 milione di euro. Il Fondo è fi­nalizzato al finanziamento di campagne informative sulle misure che consen­tono la riduzione dei consumi energe­tici per migliorare l'efficienza energe­tica, con particolare riguardo all'avvio di una campagna per la progressiva e totale sostituzione delle lampadine a incandescenza con quelle a basso con­sumo, per l'avvio di misure atte al mi­glioramento dell'efficienza della pub­blica illuminazione e per sensibilizzare gli utenti a spegnere gli elettrodome­stici dotati di funzione stand-by quando non sono utilizzati. A decorrere dal 1o gennaio 2010 è vietata la commercializ­zazione di elettrodomestici apparte­nenti alle classi energetiche inferiori ri­spetto alla classe A, nonché di motori elettrici appartenenti alla classe 3 an­che all'interno di apparati. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di con­certo con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dello sviluppo econo­mico, stabilisce, con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bol­zano, i princìpi e i criteri a cui si devono informare le campagne informative di cui al presente comma.

2. A decorrere dal 1o gennaio 2011 sono vietate in tutto il territorio nazio­nale l'importazione, la distribuzione e la vendita delle lampadine a incande­scenza, nonché l'importazione, la di­stribuzione e la vendita degli elettro­domestici privi di un dispositivo per in­terrompere completamente il collega­mento alla rete elettrica.

 

 

L’articolo 53-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, è volto a incrementare l'efficienza e il risparmio energetico.

Il comma 1, istituisce a decorrere dall’anno 2008 un Fondo per il risparmio e l’efficienza energetica presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze con una dotazione pari ad 1 milione di euro.

In particolare, il suddetto Fondo viene istituito con la specifica finalità di finanziare campagne informative concernenti la riduzione dei consumi energetici (i cui criteri verranno definiti con successivo decreto interministeriale) con particolare riferimento a:

§      progressiva e totale sostituzione delle lampadine ad incandescenza con quelle a basso consumo;

§      avvio di misure volte a garantire il miglioramento dell’efficienza dell’illuminazione pubblica;

§      sensibilizzazione degli utenti in merito allo spegnimento degli elettrodomestici dotati di funzione stand-by quando non utilizzati.

 

Si segnala che la disposizione in commento non fissa i termini per l’adozione del decreto interministeriale di attuazione.

 

La disposizione prevede, poi, a far data dal 1° gennaio 2010, il divieto di commercializzazione di tutti gli elettrodomestici appartenenti a classi energetiche inferiori alla classe A e di motori elettrici appartenenti alla classe 3 anche posti all’interno di apparati.

 

Il comma 2 , infine, introduce il divieto, a far data dal 1° gennaio 2011, di importare, distribuire e vendere lampadine ad incandescenza nonché elettrodomestici privi di dispositivo per l’interruzione completa del collegamento alla rete elettrica.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 353 della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), nell’ambito di disposizioni finalizzate ad incrementare l'efficienza energeticaprevedeva una detrazione dall’imposta lorda, per una quota pari al 20 per cento degli importi effettivamente pagati dal contribuente e fino ad un massimo di 200 euro per ciascun apparecchio, per le spese documentate e sostenute entro il 31 dicembre 2007 per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+.

In merito a quanto sopra appare utile ricordare che le prime disposizioni comunitarie in materia di informazione, mediante etichettatura, del consumo di energia degli apparecchi domestici si rinvengono nella direttiva 79/530/CEE (attuata nel nostro ordinamento dal DPR 12 agosto 1982, n. 783), in seguito sostituita dalla direttiva 92/75/CEE che è stata recepita con il DPR 9 marzo 1998, n. 107(“


Regolamento recante norme per l'attuazione della direttiva 92/75/CEE concernente le informazioni sul consumo di energia degli apparecchi domestici’”) e con il DM 10 novembre 1999 (“Norme sui requisiti di rendimento energetico di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni di uso domestico, in conformità alla direttiva comunitaria 96/57/CE[356]).

Nell'ambito di applicazione della direttiva rientrano i seguenti apparecchi domestici: 1) frigoriferi, congelatori e loro combinazioni; 2) lavatrici, essiccatoi e loro combinazioni; 3) lavastoviglie; 4) forni; 5) scalda acqua e serbatoi di acqua calda; 6) fonti di illuminazione; 7) condizionatori d'aria; 8) altri apparecchi indicati da successive disposizioni comunitarie.

Per questi tipi di apparecchi è fatto obbligo al fornitore di predisporre tre tipi di documenti: una scheda informativa, una etichetta da apporre sul prodotto e una documentazione tecnica. La scheda e l'etichetta devono essere rese note al consumatore, la documentazione tecnica, comprovante l'esattezza delle informazioni inserite nella scheda e nell'etichetta, è a disposizione per eventuali controlli da parte delle autorità nazionali. In Italia questo compito spetta al Ministero delle attività produttive che ha, inoltre, il compito di promuovere una campagna informativa finalizzata ad incentivare un uso responsabile dell'energia da parte dei consumatori.

Specifiche modalità di etichettatura e di informazione del consumatore relative a ciascun tipo di apparecchio, adottate in applicazione della direttiva in esame, sono stabilite da singole direttive comunitarie (previste dall'art. 2 della dir. 92/75/CEE) da attuarsi mediante regolamenti del Ministero dell'industria (ora delle attività produttive) ai sensi dell’art.1, comma 2, del regolamento di attuazione della direttiva 92/75/CEE.

La direttiva 94/2/CE è stata successivamente novellata dalla direttiva 2003/66 che, per gli elettrodomestici del freddo, ha aggiunto due nuove classi di efficienza energetica - denominate A+ e A++ - alle sette attualmente previste che vanno da A (efficienza massima) a G (efficienza minima) (Si ricorda che i prodotti definiti energeticamente efficienti ricadono nelle classi A e B). La direttiva 2003/66 è stata recepita con D.M. 21 settembre 2005.

La Commissione Europea, rilevando il successo ottenuto dal regime di etichettatura introdotto dalla citata direttiva 94/2/CE che, nel quadriennio dal 1996 al 2000, ha provocato un aumento degli indici di efficienza dei nuovi frigoriferi e congelatori superiore al 30% e rilevando, altresì, che nel 2000 il 20% delle apparecchiature refrigeranti vendute apparteneva alla classe più efficiente (A), con percentuali superiori al 50% in alcuni paesi, ha ritenuto necessario introdurre le due classi addizionali A+ e A++, nell’attesa di una revisione complessiva delle classi di etichettatura energetica (i frigoriferi e congelatori che consumano di più sono classificati «F» e «G»).

Il successivo comma 354 della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), nella medesima ottica, prevedeva una deduzione dal reddito d'impresa pari al 36 per cento dei costi sostenuti da soggetti esercenti l'attività d'impresa rientrante nel settore del commercio che svolgano interventi di efficienza energetica per l'illuminazione entro il 31 dicembre 2008 tra i quali, in particolare, la sostituzione, negli ambienti interni, di apparecchi illuminanti con altri ad alta efficienza energetica, maggiore o uguale al 60 per cento e la sostituzione, negli ambienti interni, di lampade ad incandescenza con lampade fluorescenti di classe A purché alloggiate in apparecchi illuminanti ad alto rendimento ottico, maggiore o uguale al 60 per cento.

La Comunità europea, si ricorda, ha adottato la direttiva 98/11/CE della Commissione del 27 gennaio 1998 che stabilisce le modalità d'applicazione della direttiva 92/75/CEE del Consiglio per quanto riguarda l'etichettatura indicante l'efficienza energetica delle lampade per uso domestico. La direttiva europea è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.M. 10 luglio 2001.

L'allegato IV della direttiva citata prevede che le seguenti lampade siano assegnate alla classe A:

-       Lampade fluorescenti senza alimentatore integrato

(le lampade che necessitano di un alimentatore e/o di un altro dispositivo di controllo per essere collegate alla rete):

W ≤ 0,15 * radice quadrata di Ö + 0,0097 Ö

-       Altre lampade

W ≤ 0,24 * radice quadrata di Ö + 0,0103 Ö

dove Ö è il flusso luminoso della lampada

dove W è la potenza assorbita dalla lampada, espressa in watt.

Per completezza d’informazione si segnala, da ultimo, il D.M. 26 marzo 2002 emanato al fine di dare attuazione della direttiva 2000/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti di efficienza energetica degli alimentatori per lampade fluorescenti.


 

Articolo 54
(Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione
dell’elettricità da fonti rinnovabili)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 54.

(Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione dell'elettricità da fonti rinnovabili).

Art. 54.

(Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione dell'elettricità da fonti rinnovabili).

1. Il gestore di rete connette senza indugio e prioritariamente alla rete gli impianti che generano energia elettrica da fonti rinnovabili che ne facciano richiesta, nel rispetto delle direttive impartite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

Identico.

2. Al comma 2 dell'articolo 14 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono aggiunte le seguenti lettere:

 

    «f-bis) sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia;

 

    f-ter) prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, e dell'articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, vincolanti fra le parti;

 

    f-quater) prevedono l'obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche nel caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l'energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui;

 

    f-quinquies) prevedono che gli interventi obbligatori di adeguamento della rete di cui alla lettera f-quater) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti per autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell'energia elettrica prodotta;

 

    f-sexies) prevedono che i costi associati alla connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) e che i costi associati allo sviluppo della rete siano a carico del gestore della rete;

 

    f-septies) prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze, operanti nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le loro forme consortili».

 

3. Il Ministro dello sviluppo economico è autorizzato ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo tese a promuovere e realizzare gli adeguamenti della rete elettrica ulteriori che risultino necessari per la connessione ed il dispacciamento dell'energia elettrica generata con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

 

 

L’articolo 54 detta norme in materia di connessione agli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili.

 

Il comma 1 prevede, qualora ne sia fatta richiesta, la connessione prioritaria alla rete elettrica degli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, nel rispetto delle direttive impartite dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.

 

Tale previsione risulta in linea con l'art.11, par. 3 della direttiva 2003/54/CE la quale dà facoltà agli Stati di imporre al gestore del sistema di trasmissione di dare la precedenza nel dispacciamento agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche rinnovabili o rifiuti, oppure che assicurano la produzione mista di calore e di energia elettrica.

Per quanto concerne la normativa nazionale, si ricorda che l'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999.

 

Il comma 2 integra l’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (aggiungendovi sei lettere, da f-bis) a f-septies)), al fine di puntualizzare i contenuti delle direttive che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas è chiamata ad adottare per definire le condizioni tecniche ed economiche per la connessione alla rete di impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

L'articolo 14 del decreto legislativo n.387/2003 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas emani specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti alimentati da fonti rinnovabili alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV, i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi (comma 1).

Ai sensi del comma 2 le direttive, in particolare:

a)       prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, degli standard tecnici per la realizzazione degli impianti di utenza e di rete per la connessione;

b)       fissano le procedure, i tempi e i criteri per la determinazione dei costi, a carico del produttore, per l'espletamento di tutte le fasi istruttorie necessarie per l'individuazione della soluzione definitiva di connessione;

c)       stabiliscono i criteri per la ripartizione dei costi di connessione tra il nuovo produttore e il gestore di rete;

d)       stabiliscono le regole nel cui rispetto gli impianti di rete per la connessione possono essere realizzati interamente dal produttore, individuando altresì i provvedimenti che il Gestore della rete deve adottare al fine di definire i requisiti tecnici di detti impianti; per i casi nei quali il produttore non intenda avvalersi di questa facoltà, stabiliscono quali sono le iniziative che il gestore di rete deve adottare al fine di ridurre i tempi di realizzazione;

e)       prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, delle condizioni tecniche ed economiche necessarie per la realizzazione delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete per la connessione di nuovi impianti;

f)         definiscono le modalità di ripartizione dei costi fra tutti i produttori che ne beneficiano delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete. Dette modalità, basate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori tengono conto dei benefici che i produttori già connessi e quelli collegatisi successivamente e gli stessi gestori di rete traggono dalle connessioni.

I gestori di rete sono tenuti a fornire al produttore che richiede il collegamento alla rete di un impianto alimentato da fonti rinnovabili le soluzioni atte a favorirne l'accesso alla rete, unitamente alle stime dei costi e della relativa ripartizione (comma 3).

L'Autorità adotta i provvedimenti eventualmente necessari per garantire che la tariffazione dei costi di trasmissione e di distribuzione non penalizzi l'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, compresa quella prodotta in zone periferiche, quali le regioni insulari e le regioni a bassa densità di popolazione (comma 4).

 

La disposizione in commento prevede che l’Autorità emani ulteriori direttive, le quali:

1)      sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia (lettera f-bis));

2)      prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell’articolo 23 della direttiva 2003/54/CE del 26 giugno 2003[357]e dell’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, vincolanti fra le parti (lettera f-ter));

3)      prevedono l’obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche nel caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l’energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui (lettera f-quater));

4)      prevedono che gli interventi obbligatori di adeguamento della rete di cui alla lettera i) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti per autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell’energia elettrica prodotta (lettera f-quinquies));

5)      prevedono che i costi associati alla connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) mentre i costi associati allo sviluppo della rete siano a carico del gestore della rete (lettera f-sexies));

6)      prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze, operanti nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le forme consortili (lettera f-septies)).

 

Il comma 3 delega il Ministro dello sviluppo economico ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo tese a promuovere e realizzare gli adeguamenti della rete elettrica ulteriori che risultassero necessari per la connessione ed il dispacciamento dell'energia elettrica generata con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Procedure di contenzioso relativo all’articolo 52.


 

Articolo 55
(Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni
in materia di fonti rinnovabili)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 55.

(Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni in materia di fonti rinnovabili).

Art. 55.

(Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni in materia di fonti rinnovabili).

1. Il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le pro­vince autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bol­zano della quota minima di incremento del­l'energia elettrica prodotta con fonti rinno­vabili necessaria per raggiungere l'obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiorna­menti proposti dall'Unione europea.

Identico.

2. Entro i successivi novanta giorni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri piani o pro­grammi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o pro­grammi, provvedono a definirli, e adottano le iniziative di propria competenza per con­correre al raggiungimento dell'obiettivo mi­nimo fissato di cui al comma 1.

 

3. Ogni due anni, dopo l'entrata in vi­gore delle disposizioni del presente arti­colo, il Ministro dello sviluppo economico verifica per ogni regione le misure adottate, gli interventi in corso, quelli autorizzati, quelli proposti, i risultati ottenuti al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, e ne dà comunicazione con re­lazione al Parlamento.

 

4. Nel caso di inadempienza dell'impe­gno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 2, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell'obiettivo di pertinenza di cui al comma 1, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza nei sei mesi successivi all'invio del ri­chiamo, provvede entro gli ulteriori sei mesi con le modalità di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

 

5. Le regioni promuovono il coinvolgi­mento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell'obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinno­vabili nei rispettivi territori.

 

6. Con accordi di programma, il Mini­stero dello sviluppo economico o altri Mini­steri interessati e le regioni promuovono lo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, ed apparecchi, e interventi per le fonti rinnovabili e l'effi­cienza energetica, con particolare atten­zione alle piccole e medie imprese, avva­lendosi in particolare delle risorse del Qua­dro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.

 

 

 

L’articolo 55 regola le funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di fonti rinnovabili.

 

Il comma 1 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni, stabilisca con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della quota minima di incremento dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiornamenti proposti dall’Unione europea.

 

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE prevede che gli Stati membri adottino misure appropriate atte a promuovere l'aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Sono previsti obiettivi indicativi nazionali, ovvero non vincolanti, per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. In particolare è fissato un obiettivo generale per la Comunità europea del 22,1 % di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità entro il 2010.

Nell'allegato alla direttiva 2001/77/CE contenente i valori di riferimento per gli obiettivi indicativi nazionali degli Stati membri relativi al contributo dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili al consumo lordo di elettricità entro il 2010 all'Italia è attribuito l'obiettivo del 25% di elettricità da fonti rinnovabili .

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE prevede inoltre che la Commissione sorvegli i progressi compiuti dagli Stati membri e pubblichi una relazione contenente le sue conclusioni, per la prima volta entro il 27 ottobre 2004 e successivamente ogni due anni.

Nel gennaio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione contenente la relazione sui progressi realizzati nel settore dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili nella quale si prevede il raggiungimento di una quota del 19% entro il 2010. Per quanto riguarda l'Italia si "constata un notevole divario tra l'attuale tasso di penetrazione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili e l'obiettivo del 25% fissato per il 2010".

Contestualmente, la Commissione europea ha presentato una comunicazione nella quale preannuncia la presentazione di una proposta legislativa che fissi un obiettivo obbligatorio (giuridicamente vincolante) di una quota del 20% di energie rinnovabili sul consumo energetico dell'Ue per il 2020.

 

Il comma 2 stabilisce che entro i novanta giorni successivi al decreto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguino i propri piani o programmi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o programmi, provvedano a definirli, e adottino le iniziative di propria competenza per concorrere al raggiungimento dell’obiettivo minimo fissato di cui al comma 1.

 

In base al comma 3 ogni due anni, dopo l’entrata in vigore delle norme di cui al comma 1, il Ministro dello sviluppo economico, verifica per ogni Regione le misure adottate, gli interventi in corso, quelli autorizzati, quelli proposti, i risultati ottenuti al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, e ne dà comunicazione con relazione al Parlamento.

 

Il comma 4 prevede che in caso di inadempienza dell’impegno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 2, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell’obiettivo di pertinenza di cui al comma 1, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza entro sei mesi dall’invio del richiamo, esercita il potere sostitutivo entro i successivi sei mesi, con le modalità di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 .

L'articolo 120, comma 2, della Costituzione, prevede che il Governo possa sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

L'articolo 8 della legge 131/2003 reca le norme per l'attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.

Il primo comma prevede che nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

In base al secondo comma qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia.

Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

Si prevede, infine, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

 

Il comma 5 prevede che le regioni promuovono il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

 

Il comma 6 prevede che con accordi di programma, il Ministero dello sviluppo economico, o altri Ministeri interessati e le regioni, promuovano lo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, apparecchi, interventi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese avvalendosi in particolare delle risorse del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.

 

Il Quadro strategico nazionale 2007-2013 prevede dieci azioni prioritarie, tra queste la priorità n. 3 è assegnata all'energia e ambiente, la quale si articola in due obiettivi generali, uno dei quali finalizzato a promuovere le opportunità di sviluppo locale attraverso l’attivazione di filiere produttive collegate all’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e al risparmio energetico.

La strategia del Quadro si attua anche attraverso due programmi operativi interregionali, ovvero una forma di intervento volta a realizzare una strategia e conseguire obiettivi che si riferiscono ad aree più ampie di quelle di una singola regione. Uno dei due programmi operativi interregionali è dedicato all'energia rinnovabile e al risparmio energetico. Per tale programma operativo interregionale è previsto uno stanziamento per gli anni 2007-2013 di 803,9 milioni di euro.

 

Merita al riguardo evidenziare che la disposizione in esame va raccordata con quanto previsto al comma 10 dell'articolo 30-ter del disegno di legge in esame, in base al quale la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui allo stesso articolo (certificati verdi o tariffa fissa) a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda il paragrafo Procedure di contenzioso relativo all’articolo 52.


 

Articolo 56
(Impianti fotovoltaici)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 56.

(Impianti fotovoltaici).

Art. 56.

(Impianti fotovoltaici).

1. Nell'ambito delle disponibilità di cui all'articolo 12 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, e ai fini dell'applicazione dell'articolo 6 del medesimo decreto, gli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali sono considerati rientranti nella tipologia dell'impianto, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b3), del medesimo decreto.

Identico.

2. L'autorizzazione di cui al comma 3 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, per la costituzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali, ove necessaria ai sensi della legislazione nazionale o regionale vigente e in relazione alle caratteristiche e alla ubicazione dell'impianto, è rilasciata a seguito di un procedimento unico svolto ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 12 per il complesso degli impianti.

 

 

 

L’articolo 56 reca disposizioni concernenti gli impianti fotovoltaici i cui “soggetti responsabili” sono gli enti locali.

Ai sensi dell’art. 2, lettera h) del DM 19 febbraio 2007 richiamato dal comma 1 del presente articolo per "soggetto responsabile" si intende il soggetto responsabile dell'esercizio dell'impianto e che ha diritto, nel rispetto delle disposizioni del decreto stesso, a richiedere e ottenere le tariffe incentivanti.

In particolare il comma 1 prevede che i suddetti impianti fotovoltaici rientrino ex lege nella tipologia di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica, di cui alla lettera b3) dell'articolo 2 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007[358], nell'ambito delle disponibilità indicate dall'articolo 12 del DM e ai fini dell’applicazione delle tariffe incentivanti ventennali fissate dall’articolo 6 dello stesso decreto .

Secondo la lettera b3) citata, impianto fotovoltaico con integrazione architettonica è l'impianto fotovoltaico i cui moduli sono integrati, secondo le tipologie elencate in allegato 3, dello stesso decreto, in elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Le altre possibili classificazioni degli impianti fotovoltaici sono le seguenti:

-        b1) impianto fotovoltaico non integrato, è l'impianto con moduli ubicati al suolo, ovvero con moduli collocati, con modalità diverse dalle tipologie di cui agli allegati 2 e 3, sugli elementi di arredo urbano e viario, sulle superfici esterne degli involucri di edifici, di fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione;

-        b2) impianto fotovoltaico parzialmente integrato, è l'impianto i cui moduli sono posizionati, secondo le tipologie elencate in allegato 2, su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.

Tale classificazione avviene ai fini dell'applicazione delle tariffe incentivanti ventennali previste dall'articolo 6 del DM citato.

Infatti le tariffe per gli impianti con integrazione architettonica (lettera b3) sono mediamente superiori del 21 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti non integrati (lettera b1) e del 10,3 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti con integrazione parziale (lettera b2).

La tabella sottostante fornisce i valori in euro della tariffa:

 

 

Tariffa incentivante (valori in euro)

Potenza

non integrati (b1)

parziale integrazione (b2)

integrati (b3)

da 1 a 3 kW

 0,40

 0,44

 0,49

da 3 a 20 kW

 0,38

 0,42

 0,46

 più di 20 kW

 0,36

 0,40

 0,44

Peraltro, in base al comma 4 dell'articolo 6 del DM, tali tariffe sono incrementate del 5% con arrotondamento commerciale alla terza cifra decimale, tra l'altro, nel caso in cui il cui soggetto responsabile sia una scuola pubblica o paritaria di qualunque ordine e grado o una struttura sanitaria pubblica o un ente locale con popolazione residente inferiore a 5000 abitanti sulla base dell'ultimo censimento Istat.

 

La disposizione in commento consente, pertanto, agli impianti i cui soggetti responsabili sono enti locali di ricevere automaticamente la tariffa più alta a prescindere dall'effettiva integrazione architettonica degli impianti.

Quanto alle disponibilità di cui all’art. 12 del DM, cui rinvia la disposizione in esame, si segnala che detto articolo fissa in 3000 MW l'obiettivo nazionale di potenza nominale fotovoltaica cumulata da installare entro il 2016, mentre il limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere tariffe incentivantiè fissato dal successivo articolo 13. Tale articolo stabilisce, infatti, in 1200 MW il limite massimo di tutti gli impianti che possono ottenere le tariffe incentivanti. In aggiunta ad essi hanno diritto alle suddette tariffe gli impianti i cui soggetti responsabili sono gli enti locali che entrino in esercizio entro ventiquattro mesi dalla data nella quale verrà comunicato il raggiungimento del limite di potenza nominale di 1200 MW. (Il predetto termine è ridotto a quattordici mesi per gli impianti i cui soggetti responsabili non sono enti locali).

Sul sito Internet del GSE[359]. (accesso avvenuto in data 14 novembre 2007) risultano i seguenti dati relativi al numero e alla potenza nominale degli impianti fotovoltaici:

 

 

NUOVO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

1.448

Potenza (kW)

10.141

VECCHIO CONTO ENERGIA

Impianti in esercizio

3.830

Potenza (kW)

43.113

 

Il comma 2 prevede che l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali venga rilasciata – qualora sia necessaria ai sensi della vigente legislazione e in relazione alle caratteristiche e all’ubicazione dell’impianto - a seguito del procedimento unico disciplinato dal comma 4 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387[360] per il complesso degli impianti.

La portata innovativa della disposizione sembrerebbe identificarsi nella previsione di un'autorizzazione unica "per il complesso degli impianti", dunque per una pluralità di impianti, ipoteticamente anche ubicati in posti diversi.

 

Il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da FER è disciplinato dal comma 3 dell'articolo 12 del citato D.Lgs. 387/03. Il comma stabilisce, infatti, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504[361], e successive modificazioni.

Quanto alla disciplina del procedimento unico si rinvia alla scheda relativa all’art. 53 nel presente dossier (che modifica il comma 4, dell'articolo 12 citato del D.Lgs. 387/03).


 

Articolo 56-bis
(Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 56-bis.

(Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas).

 

1. All'articolo 46-bis del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, conver­tito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

    a) il comma 3 è sostituito dal se­guente:

 

«3. Al fine di incentivare le opera­zioni di aggregazione di cui al comma 2, la gara per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall'individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»;

 

    b) al comma 4, le parole: «nuove scadenze» sono sostituite dalle se­guenti:

 

«nuove gare» e le parole: «limitata­mente al periodo di proroga» sono so­stituite dalle seguenti: «fino al nuovo affidamento»;

 

    c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

«4-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 del presente articolo si applicano, oltre alle disposizioni di cui all'articolo 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, anche le disposi­zioni di cui all'articolo 113, comma 15-quater, del testo unico delle leggi sul­l'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete».

 

 

L’articolo 56-bis, introdotto dalla V Commissione Bilancio della Camera, novella l’articolo 46-bis del decreto legge n.159/2007 (decreto-legge collegato alla manovra), come modificato dalla relativa legge di conversione[362], concernente il settore della distribuzione del gas.

 

Di seguito si riporta il testo a fronte tra l’articolo 46-bis del DL 159/2007 nel testo vigente (a sinistra) e nel testo risultante dalle modifiche previste dalla norma in esame (a destra).

 

Testo del decreto-legge n. 159/2007, come modificato dalla legge di conversione

Testo risultante dalle modifiche previste dall’articolo 56-bis dell’AC 3256

 

 

Articolo 46-bis.

(Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas).

Articolo 46-bis.

(Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas).

1. Al fine di garantire al settore della distribuzione di gas naturale maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità dei servizi essenziali, i Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata e su parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, individuano entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto i criteri di gara e di valutazione dell'of­ferta per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas previsto dall'arti­colo 14, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, tenendo conto in maniera adeguata, oltre che delle condizioni economiche offerte, e in particolare di quelle a vantaggio dei consumatori, degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio, dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti.

Identico

2. I Ministri dello sviluppo econo­mico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata, determinano gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribu­zione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l'identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e deter­minano misure per l'incentivazione delle relative operazioni di aggregazione.

Identico

3. Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, i termini del 31 dicembre 2007 e del 31 dicembre 2009 stabiliti dall'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, sono prorogati di due anni.

3. Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

4. A decorrere dal 1o gennaio 2008, i comuni interessati dalle nuove scadenze di cui al comma 3 possono incrementare il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e limitatamente al periodo di proroga, fino al 10 per cento del vincolo sui ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 237 del 28 dicembre 2000, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2001, e successive modificazioni, destinando prioritariamente le risorse aggiuntive all'attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi di gas da parte delle fasce deboli di utenti.

4. A decorrere dal 1o gennaio 2008, i comuni interessati dalle nuove gare di cui al comma 3 possono incrementare il canone delle conces­sioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10 per cento del vincolo sui ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 237 del 28 dicembre 2000, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2001, e successive modificazioni, destinando prioritariamente le risorse aggiuntive all'attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi di gas da parte delle fasce deboli di utenti.

 

5. A decorrere dal 1o gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 si applicano, oltre alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 10, del decreto legislativo del 23 maggio 2000, n. 164, anche le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 15-quater, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete.

 

L’articolo 46-bis del decreto-legge n.159/2007 è volto a promuovere lo svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas.

Si segnala che su tale articolo è intervenuta, con una segnalazione (AS 427 del 13/11/2007) al parlamento e al Governo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale evidenzia, con particolare riferimento alla proroga del periodo transitorio e alla definizione dei criteri di gara, che la norma non appare in grado di rispondere agli obiettivi pro-concorrenziali e a contrastare significativamente “i deludenti esiti delle gare finora svolte”.

 

Le modifiche all’articolo 46-bis decreto-legge n.159/1997 previste dalla disposizione in esame sono le seguenti.

 

Il punto a) sostituisce il comma 3 dell’articolo 46-bis del DL n.159/2007.

L’articolo 46, comma 3, del DL n.159/2007, ha prorogato di due anni, ossia fino al 31 dicembre 2007 e al 31 dicembre 2009, il periodo transitorio degli affidamenti e delle concessioni per l’attività di distribuzione del gas naturale previsto dall’art. 15,comma 5 e 7, del decreto legislativo 164/2000[363].

L’articolo 15, commi 5 e 7, del decreto legislativo n.164/2000, ha previsto la prosecuzione degli affidamenti e delle concessioni in essere (alla data della sua entrata in vigore, ossia l 21 giungo 2000) per l’attività di distribuzione del gas, fino alla scadenza del periodo transitorio,fissatoal 31 dicembre 2005. Il prolungamento automatico del termine era previsto nel caso in cui si verifichino le seguenti condizioni:

-        prolungamento di 1 anno nel caso di fusione societaria, realizzata almeno un anno prima della scadenza dei cinque anni, che consenta di servire un’utenza non inferiore al doppio di quella della maggiore delle società oggetto della fusione;

-        prolungamento di 2 anni nel caso di fornitura del servizio a più di 100.000 clienti finali o la distribuzione di più di 100 milioni di metri cubi di gas all’anno o, ancora, l’estensione dell’ambito operativo dell’impresa all’intero territorio provinciale;

-        prolungamento di 2 anni nel caso di possesso di almeno il 40% delle azioni da parte del capitale privato.

 

Su tali disposizioni normative è successivamente intervenuto l’articolo 23 del DL n.273/2005, che ha previsto:

-        la proroga al 31 dicembre 2007 del periodo transitorio;

-        il prolungamento automatico del periodo transitorio fino al 31 dicembre 2009 qualora si verifichi almeno una delle condizioni indicate all’articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n.160/2000;

-        la possibilità per gli enti locali di disporre un’ulteriore proroga di un anno per comprovate e motivate ragioni di pubblico intreresse.

 

Nel proprio parere, l’AGCM ha rilevato che, nella situazione attuale, caratterizzata da un’estrema frammentazione di ambiti serviti e operatori, le soglie dimensionali e quantitative (100.000 clienti o 100 mmc/anno) già individuate dal D.Lgs. n. 164/00 (articolo 15, comma 7) al fine di far scattare la durata maggiore del periodo transitorio si riferiscono ai Comuni più grandi e alle maggiori imprese del settore. Tuttavia, tali concessioni sono una minima parte, in quanto, come conferma l’analisi di alcune gare effettuate, i Comuni medi in Italia hanno circa 5.000 utenti, per circa il 70% dei Comuni censiti.

Conseguentemente, la maggior parte delle concessioni per la distribuzione di gas naturale sarebbero state in scadenza al 31 dicembre 2007 e sono le prime a beneficiare della ulteriore proroga di due anni effettuata dall’art. 46-bis, terzo comma, del DL n.159/2007

Secondo l’Autorità, il ricorso a procedure di gara per l’individuazione dei concessionari di servizi è strettamente collegato alla realizzazione dei principi a tutela della concorrenza, e una fase transitoria che consenta di rinviare l’esperimento di procedure pubbliche per un periodo eccessivamente lungo, concorre a determinare ritardi nell’avvio del processo di liberalizzazione del servizio. L’ulteriore slittamento della fine del periodo transitorio risulta dunque difficilmente compatibile con questo quadro[364], ed inoltre non troverebbe neppure giustificazione (come asserito dallo stesso comma 3) nell’esigenza di favorire i fenomeni di aggregazione territoriale, rispetto ai quali risulterebbe propedeutica la definizione per via ministeriale dei nuovi ambiti territoriali da mettere a gara. Infatti, il processo di individuazione degli ambiti territoriali, per definizione, riguarderà l’intero territorio nazionale e dovrà concludersi necessariamente prima del 31 dicembre 2009, data alla quale terminerebbero, secondo il disposto dell’art. 46-bis, le concessioni in scadenza al 31 dicembre 2007 in base alla normativa precedente alla proroga disposta dal decreto.

Il nuovo comma 3, come riformulato dalla norma in esame, dispone che la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione sia bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

 

Il punto b) modifica il comma 4 dell’articolo 46-bis del DL n.159/2007 in relazione alla nuova formulazione del comma 3, prevedendo la facoltà per i comuni interessati dalle nuove gare di cui al comma 3 di incrementare, a decorrere dal 1º gennaio 2008, il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10 per cento del vincolo dei ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 28 dicembre 2000 n. 237 e successive modifiche e integrazioni.

 

Il punto c) introduce un comma aggiuntivo (il 4-bis) al citato articolo 46-bis secondo il quale, a decorrere dal 1° gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 del medesimo decreto si applicano, oltre alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 10, del decreto legislativo n. 164/2000 (che disciplina il regime transitorio nell’attività di distribuzione), anche le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 15-quater, del decreto legislativo n. 267/2000[365], che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete.

 

Il comma 1 dell’articolo 46-bis del DL n.159/1997 prevede l’individuazione da parte del Ministro dello sviluppo economico e degli affari regionali e delle autonomie locali, sentita la Conferenza Unificata e su parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, dei criteri di gara e di valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas previsto dall'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164[366], tenendo conto:

-        delle condizioni economiche offerte (in particolare quelle a vantaggio dei consumatori);

-        degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio;

-        dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti.

Ciò deve avvenire entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. La finalità della disposizione è quella di garantire al settore maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità dei servizi essenziali[367].

 

L’articolo 113 del D.Lgs. n. 267/2000 riguarda la gestione delle reti e l’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Il comma 1 precisa che restano esclusi dal campo di applicazione dell’articolo i settori dell’energia elettrica e del gas naturale. Il citato comma 15-quater, che ora si estende anche alle gare per la distribuzione del gas, prevede l’applicazione del divieto (disposto dal comma 6) a partecipare alle gare di conferimento della titolarità del servizio per:

-        le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi;

-        le società controllate o collegate alle precedenti, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime;

-        i soggetti per la gestione delle reti separata dall'attività di erogazione dei servizi, nella forma di società di capitale 100% pubblico destinatarie di affidamenti in house, o le imprese a ciò idonee, da individuare con procedure ad evidenza pubblica di cui si avvalgono gli enti locali.

La seconda parte del comma 15-quater rinvia ad un regolamento la definizione delle condizioni per l'ammissione alle gare di imprese estere a condizione che sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l'effettiva apertura dei relativi mercati e di imprese italiane che abbiano avuto all'estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica.

 

Merita evidenziare che nel proprio parere l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha formulato ulteriori rilievi sulla formulazione dell’articolo 46-bis del DL n.159/2007, ai quali la disposizione in esame non dà tuttavia seguito. In particolare:

-        invita a riconsiderare la desiderabilità della definizione per via esogena e autoritativa degli ambiti produttivi del servizio di gestione delle reti di gas, in quanto ciò equivale a una configurazione, per via amministrativa, del mercato dal lato della domanda;

-        evidenzia che la definizione di un bando tipo a livello nazionale potrebbe ridurre i costi sia dal lato della domanda dei servizi di distribuzione (ossia per gli enti locali), nell’organizzare la procedura di gara, sia dal lato dell’offerta (ossia in capo alle imprese interessate a partecipare alle gare), nel programmare la propria attività in funzione dei risultati da raggiungere. Inoltre, la definizione uniforme di requisiti di gara e di criteri di aggiudicazione avrebbe anche il pregio di fornire in tempi brevi una soluzione alle condivisibili esigenze di efficienza avvertite dal legislatore, senza al contempo provocare le ingiustificate restrizioni alla concorrenza sopra viste in merito al regime di proroga proposto dall’art. 46-bis, terzo comma;

-        evidenzia che la definizione in via uniforme anche dei criteri di valutazione delle offerte ai fini dell’aggiudicazione della concessione assume sicuro rilievo al fine di assicurare la scelta dell’operatore più idoneo ad effettuare gli investimenti necessari e offrire il servizio migliore al minor costo[368];

-        evidenzia l’opportunità che l’esplicitazione da parte dello stesso art. 46-bis che il canone concessorio non costituisca la variabile principale di aggiudicazione della gara.


 

Articolo 56-ter
(Istituzione del Fondo per Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 56-ter.

(Istituzione del Fondo per la Piattaforma italiana per lo sviluppo dell'idrogeno e delle celle a combustibile).

 

1. Al fine di garantire lo sviluppo e la continuità della ricerca italiana sull'i­drogeno e sulle tecnologie ad esso collegate, come le celle a combustibile, quali componenti ideali di un sistema energetico sostenibile, in grado di sod­disfare la domanda crescente di ener­gia riducendo gli effetti dannosi per l'ambiente, a livello locale e globale, è istituito, presso il Ministero dell'am­biente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per la Piattaforma ita­liana per lo sviluppo dell'idrogeno e delle celle a combustibile, con una do­tazione di 10 milioni di euro per l'anno 2008. Il Fondo incentiva lo sviluppo delle diverse fasi della filiera che con­sente cicli energetici chiusi, ossia ba­sati sull'idrogeno prodotto con l'im­piego di fonti energetiche nuove e rin­novabili, il suo accumulo e trasporto e la sua utilizzazione. Sono favorite le applicazioni trasportistiche dell'idro­geno prodotto con le modalità di cui al presente comma, da utilizzare in motori a combustione interna modificati, ali­mentati a idrogeno o a miscele me­tano/idrogeno, ovvero in celle a com­bustibile per l'autotrazione.

 

 

L’articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, prevedel’istituzione di un fondo per la Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile, con unadotazione di 10 milioni di euro per il 2008.

La finalità principale della disposizione appare quella di garantire lo sviluppo e la continuità della ricerca sull’idrogeno, favorendo le applicazioni trasportistiche dell’idrogeno prodotto con l’impiego di fonti rinnovabili.

Si ricorda che la Piattaforma nazionale per l’idrogeno e le celle a combustibile è stata promossa nel settembre 2004 dal Ministero dell’università, a seguito dell’avvio da parte della Commissione Europea della Piattaforma Tecnologica Europea per l’idrogeno[369], per favorire l’ingresso del vettore energetico idrogeno e delle celle a combustibile nel sistema energetico nazionale.

La Piattaforma nazionale coinvolge operatori nazionali pubblici e privati al fine di favorire il coordinamento delle molteplici iniziative in atto, e rafforzare il coordinamento con i programmi europei. I lavori della piattaforma, cui hanno contribuito le principali strutture attive nel settore, hanno consentito di definire una strategia nazionale e di individuare le possibili linee di intervento per il medio e lungo termine[370].

Relativamente alle molteplici iniziative citate, si ricorda che il più importante programma di ricerca è quello promosso congiuntamente dal Ministero dell’università e della e dal Ministero dell’ambiente con l’avvio, nel 2005, dei progetti FISR su idrogeno e celle a combustibile (8 progetti sull’idrogeno e 6 sulle celle a combustibile, di durata triennale, con un finanziamento complessivo di quasi 90 milioni di euro e un costo complessivo di circa 125 milioni di euro). Altri progetti sono stati promossi dal Ministero dell’ambiente e dalle Regioni[371].

Queste ultime, in particolare, hanno avviato attività, sia di sviluppo che dimostrative, con l’obiettivo di favorire l’inserimento delle aziende locali nel settore e l’introduzione nel mercato di queste tecnologie. In fase di avvio sono anche alcuni progetti inseriti nel programma finanziato dal Ministero dello sviluppo sconomico con il Fondo per le attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico nazionale.

Si ricorda inoltre che l’art. 1, comma 248, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) ha istituito per il 2005, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo, con una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro, finalizzato al cofinanziamento di studi e ricerche relative all’utilizzo del vettore idrogeno, prodotto a partire da fonti rinnovabili, nell’ambito di nuovi sistemi di locomozione atti a ridurre le emissioni inquinanti.


 

Articolo 56-quater
(Istituzione di fondi per l’agricoltura esente da organismi geneticamente modificati e nel campo delle biotecnologie)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 56-quater.

(Istituzioni di fondi per l'agricoltura esente da organismi geneticamente mo­dificati e nel campo delle biotecnologie).

 

1. A decorrere dall'anno 2008, al fine di promuovere a livello internazionale il modello italiano di partecipazione informata del pubblico ai processi decisionali sull'emissione deliberata di organismi geneticamente modificati (OGM) e allo scopo di intraprendere azioni strutturali che favoriscano le filiere produttive nella dotazione di materia prima agricola esente da contaminazioni da OGM, in coerenza con le richieste dei consumatori, è istituito un apposito fondo, denominato «Fondo per la promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati», presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, autorità nazionale competente in materia. Il Fondo può essere gestito anche in convenzione con fondazioni e associazioni indipendenti che operano in campo scientifico per lo sviluppo di modelli sperimentali e partecipati di governance e government dell'innovazione biotecnologica. Per la gestione del Fondo è prevista una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per l'anno 2008.

 

2. A decorrere dall'anno 2008, al fine di favorire il dialogo tra scienza e so­cietà e di promuovere lo sviluppo della ricerca e della formazione avanzata, nel rispetto del principio di precauzione applicato al campo delle biotecnologie, è istituito un apposito fondo, denomi­nato «Fondo per la promozione della ri­cerca e della formazione avanzata nel campo delle biotecnologie», presso il Ministero dell'università e della ricerca. Il Fondo può essere gestito anche in convenzione con fondazioni e istituti indipendenti. Per la gestione del Fondo è prevista una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro per l'anno 2008.

 

 

L’articolo, introdotto durante l’esame presso la Commissione bilancio della Camera, istituisce presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un Fondo per promuovere le filiere produttive agricole esenti da organismi geneticamente modificati (comma 1) e presso il Ministero dell’Università e ricerca un Fondo per la ricerca in materia di biotecnologie (comma 2).

 

Il comma 1 istituisce presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali il “Fondo per la promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati-OGM”, con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per l’anno 2008.

Finalità del Fondo è quella di promuovere a livello internazionale il modello italiano di partecipazione informata in materia di OGM e di incentivare le filiere produttive a produrre materie prime agricole esenti da contaminazioni OGM. Il Fondo potrà essere amministrato anche in convenzione con fondazioni ed associazioni indipendenti.

Il comma 2 istituisce presso il Ministero dell’Università e ricerca un “Fondo per la promozione della ricerca e della formazione avanzata nel campo delle biotecnologie”, con una dotazione finanziaria di 3 milioni di euro per l’anno 2008.

Finalità del Fondo è quella di favorire il dialogo tra scienza e società e promuovere la ricerca nell’ambito del principio di precauzione applicato al campo delle biotecnologie. Il Fondo potrà essere amministrato anche in convenzione con fondazioni ed istituti indipendenti.


 

Articolo 57
(Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 57.

(Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre).

Art. 57.

(Partecipazione a programmi europei ad alto contenuto tecnologico nei settori aeronautico, navale e terrestre).

1. Per le finalità di cui all'articolo 5 del decreto-legge 17 giugno 1996, n. 321, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1996, n. 421, sono autorizzati contributi quindicennali di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 25 milioni di euro per l'anno 2009 e di 25 milioni di euro per l'anno 2010, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell'articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

Identico.

2. Per le finalità di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 7 agosto 1997, n. 266, è autorizzata la spesa di euro 318 milioni per l'anno 2008, di euro 468 milioni per l'anno 2009, di euro 918 milioni per l'anno 2010 e di euro 1.100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012.

 

3. Per le finalità di cui all'articolo 1, comma 95, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono autorizzati contributi quindicennali di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 25 milioni di euro per l'anno 2009 e di 25 milioni di euro per l'anno 2010, da erogare alle imprese nazionali ai sensi dell'articolo 5, comma 16-bis, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

 

 

 

L’articolo 57 ai commi 1 e 2 rifinanzia alcune attività previste in favore delle imprese nazionali del settore aeronautico, mentre al comma 3 autorizza contributi per programmi navali.

 

Per le modalità di erogazione i commi 1 e 3 fanno riferimento a una norma del decreto-legge n. 35 del 2005 (cd. "decreto competitività"), recante limiti di impegno.

Si ricorda che il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante "Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al richiamato comma 16-bis dell’articolo 5 dispone in ordine alle modalità di utilizzo dei limiti d’impegno, già stanziati da specifiche disposizioni legislative, in materia di sviluppo del settore aeronautico, stabilendo in proposito che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato, concernenti la realizzazione di progetti ad elevato contenuto tecnologico nel settore aeronautico, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 808/1985 e all’articolo 1 comma 1, lettera a), della legge n. 140/1999, siano utilizzati nella forma di contributi pluriennali in conformità alle disposizioni recate dall'articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).

Il suddetto comma 177 ha introdotto un’importante innovazione nella disciplina dei limiti di impegno, stabilendo che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato sulla base di specifiche disposizioni legislative devono intendersi:

a)    quale contributo pluriennale dello Stato per la realizzazione di investimenti, di forniture di interesse nazionale e di azioni mirate a favorire il trasporto delle merci con modalità alternative, includendo nel costo degli stessi anche gli oneri derivanti dagli eventuali finanziamenti necessari;

b)    quale concorso dello Stato al pagamento di una quota degli oneri derivanti dai mutui o da altre operazioni finanziarie che i soggetti interessati sono autorizzati ad effettuare per la realizzazione di investimenti, nel caso in cui il soggetto beneficiario non sia compreso nel settore delle amministrazioni pubbliche, come definito sulla base delle regole comunitarie di contabilità nazionale.

Il concorso parziale al finanziamento degli oneri derivanti da mutui o prestiti, pertanto, si applica solo ai casi in cui il beneficiario del finanziamento sia un soggetto che non appartiene al settore delle amministrazioni pubbliche. La determinazione della quota di concorso è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro competente.

Il comma 1, in particolare, autorizza i seguenti contributi quindicennali per le finalità di cui all’art. 5 del DL 321/96 concernente il finanziamento lo sviluppo tecnologico nel settore aeronautico:

§      20 milioni di euro per l’anno 2008;

§      25 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      25 milioni di euro per il 2010.

Il citato decreto-legge 17 giugno 1996, n.321 “Disposizioni urgenti per le attività produttive”, conv. con modif. dalla L. 8 agosto 1996, n. 421, all’articolo 5, ha autorizzato limiti d’impegno decennali per le finalità di cui all’articolo 3, comma 1, lett. a), della legge 808/05[372] vale a dire la concessione di finanziamenti per favorirela partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici in collaborazione internazionale, in particolareper l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi. Lo stesso articolo dispone anche in ordine all'attuazione di interventi relativi ai programmi per la Difesa, da definire mediante apposite convenzioni fra il Ministero della difesa ed i Ministeri dell’industria e del tesoro (ora rispettivamente dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze).

 

I programmi finanziati al comma 1, come risulta dalla relazione illustrativa che accompagna il ddl (AS 1817), sono i seguenti:

§      M346, addestratore avanzato di terza generazione;

§      approvvigionamento di elicotteri alle Forze Armate (EH 101 sia versione trasporto utility per la Marina, sia in quella combat SAR all’Aeronautica), nonché di elicotteri medi ai Carabinieri;

§      Sistema SICOTE (sistema di comunicazioni) per i Carabinieri in funzione anti-terrorismo;

§      SICRAL 2 (satellite di comunicazioni militari in collaborazione con la Francia)

 

I suddetti programmi sono illustrati in dettaglio nel riquadro che segue.

 

I programmi finanziati

L'M-346 è un velivolo da addestramento avanzato di nuova generazione sviluppato da Aernecchi Spa. Il velivolo sarà in grado di addestrare i piloti a volare sui futuri aerei da combattimento; sarà, infatti, ottimizzato in tutte le fasi dell’addestramento avanzato e pre-operativo. L’M-346 è stato progettato con un sistema avionico che è pienamente rappresentativo dei caccia di nuova generazione. Attualmente i due prototipi sono impegnati nei programmi di test e attività dimostrativi.

Sul programma M346 sono stati presentati i seguenti atti di sindacato ispettivo:

Senato- Leoni - interrogazione a risposta scritta 4/01115, risposta pubblicata il 14 giugno;

Senato - Brisca Menapace - interrogazione a risposta orale 3/00795, svolta in Commissione difesa il 25 luglio;

Camera - Urso - interrogazione a risposta scritta 4/00798;

Camera - Deiana - interrogazione a risposta orale 3/01049.

 

L'AgustaWestland EH-101 è un elicottero multiruolo prodotto grazie ad una joint venture tra la italiana Agusta e la britannica Westland, poi sfociata nella fusione delle due società e nella acquisizione di tutto il pacchetto azionario da parte di Finmeccanica. È un elicottero trimotore da 15 tonnellate. È un mezzo pensato eminentemente per operazioni militari o di salvataggio.

Questo tipo di elicotteri, in dotazione fin dal 1996 al NuVO (Nucleo Valutazioni Operative della Marina Militare Italiana) vengono comunque utilizzati soprattutto per missioni SAR (search and rescue, ossia missioni generali di soccorso e salvataggio) con l'uso del verricello (il cui attacco è visibile sul lato destro dell'elicottero, capace di agganciare e sollevare oltre quattro tonnellate di carico) che l'operatore a bordo manovra con un semplice joystick.

La versione “Utility” con rampa di carico posteriore è concepita sia per usi militari che civili.

Il programma SICOTE prevede un innovativo sistema di comunicazione terrestre dell'Arma dei Carabinieri per le attività di prevenzione generale, controllo del territorio, investigazione ed analisi. Il nuovo progetto mira ad incrementare le capacità operative dei reparti dell’Arma.

In particolare, il progetto prevede:

§      la costituzione, a livello centralizzato, di un sistema fruibile da tutti i reparti;

§      l’evoluzione della piattaforma tecnologica già costituita a livello provinciale;

§      la realizzazione, a livello centralizzato, di una struttura che preveda il coinvolgimento dell’industria e dell’università in cooperazione con le risorse dell’Arma per svolgere attività di ricerca e sperimentazione.

Potrà inoltre essere attuato un sistema di supporto alle decisioni, per analizzare l’indice criminogeno di una particolare area geografica.

Il Programma interforze e per la Ricerca Scientifica e Tecnologica relativo ai terminali satellitari SICRAL (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate ed Allarmi) prevede la realizzazione del secondo satellite del sistema SICRAL (SICRAL-2) destinato a sostituire l'attuale, in orbita dal 2001. Il SICRAL è un sistema di comunicazione militare satellitare che assicura le comunicazioni strategiche. Il sistema consente collegamenti sicuri in video, voce e dati sul territorio nazionale e con contingenti impegnati in operazioni di pace all'estero. E' in grado di consentire l'integrazione con gli analoghi sistemi in uso nella NATO, e lo sviluppo e l'acquisizione del sistema integrato di distribuzione delle informazioni tattiche di identificazione e di navigazione di dimensioni ridotte MIDS-LVT.

Relativamente al programma SICRAL, il Governo ha presentato alle Camere, lo scorso 18 maggio 2007, due atti sottoposti a parere parlamentare:

-        Atto n. 97 "Programma annuale di A/R n. SMD 08/2007, relativo al lancio di un satellite militare denominato "SICRAL-1B", su cui la Commissione difesa del Senato ha espresso, il 27 giugno, parere favorevole con osservazioni;

-       Atto n. 98 "Programma pluriennale di A/R n. SMD 01/2007, relativo all'acquisizione di un satellite militare denominato "SICRAL-2", cu cui la Commissione difesa del Senato ha espresso, il 28 giugno, parere favorevole.

 

Il comma 2 autorizza le seguenti spese per le finalità di partecipazione italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico, nonché al programma EFA, di cui all’art. 4, comma 3, della legge 266/97:

§      318 milioni di euro per l’ anno 2008;

§      468 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      918 milioni di euro per il 2010;

§      1100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012

La legge 7 agosto 1997, n. 266, recante "Interventi urgenti per l'economia”, all'articolo 4, comma 3, ha autorizzato un limite di impegno decennale di 100 miliardi di lire a decorrere dal 1998, al fine di garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale, realizzati nel contesto dell’Unione europea, nonché al programma EFA (European fighter aircraft)[373]. Ha pertanto autorizzato il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) ad effettuare operazioni di mutuo, in relazione al predetto limite di impegno. In particolare, l'autorizzazione ai singoli versamenti all'apposita Agenzia internazionale delle quote di competenza italiana del programma EFA da parte del Ministro del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), in conformità alla indicazione del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro della difesa, deve tenere conto dell'avanzamento progettuale, al fine di garantire una adeguata verifica delle effettive ricadute sul settore aeronautico nazionale della partecipazione al suddetto programma. Il programma EFA è stato successivamente rifinanziato da diversi provvedimenti.

-       dall’art. 50, comma 1, lettera h), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999) che ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 24 miliardi di lire a partire dal 1999, di 50 miliardi di lire a partire dal 2000 e di 26 miliardi di lire a partire dal 2001;

-       dall’art. 145, co. 38, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, finanziaria 2001 (200 mld di lire nel 2001 e 226 mld nel 2002);

-       dall’art. 52, comma 43, della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria 2002) che ha previsto un ulteriore rifinanziamento, pari a 154,937 milioni di euro per il solo anno 2002;

-       dall’articolo 80, comma 60, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003), che ha autorizzato una spesa di 50 milioni di euro per le esigenze di prosecuzione del programma EFA per il 2003, mentre alla tabella 1 è indicato un limite di impegno quindicennale con decorrenza dal 2004 per 100 milioni sempre relativo al programma EFA;

-       dall’art. 4, 1 co. 176-78 della legge 350/04, che ha autorizzato un limite di impegno quindicennale con decorrenza 2005 (scadenza 2019) di 50 milioni euro ed un secondo limite di impegno, anch'esso quindicennale, con decorrenza 2006 (scadenza 2020) di pari importo.

-       dall’art. 1 comma 885 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) che autorizzato contributi quindicennali di 50 milioni di euro per il 2007, 40 milioni per il 2008 e 30 milioni per il 2009[374].

 

Il comma 3, da ultimo, autorizza i seguenti contributi quindicennali per la prosecuzione del Programma per la costruzione delle fregateFREMM, di cui all’art. 1, co. 95, della legge 266/05 (finanziaria 2006):

§      20 milioni di euro per l’ anno 2008;

§      25 milioni di euro per l’ anno 2009;

§      25 milioni di euro per il 2010.

Il richiamato comma 95, art. 1, della legge n.266/05 ha autorizzato contributi quindicennali, ai sensi dell’articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004), precedentemente illustrato, per la prosecuzione del programma di sviluppo ed acquisizione delle fregate FREMM (fregata europea multimissione), e delle relative dotazioni operative, nonché per l’avvio di programmi dichiarati di massima urgenza.

Le risorse a tal fine destinate sono di 30 milioni di euro a decorrere 2006, cui si aggiungono 30 milioni di euro a decorrere dal 2007, cui ancor si aggiungono 75 milioni di euro a decorrere dal 2008.

Pertanto, i contributi autorizzati si configurano nel modo seguente (in milioni di euro):

 

 

2006

2007

2008 e
successivi

 

30

30

30

 

 

30

30

 

 

 

75

Totale

30

60

135

 

Il programma per la costruzione delle fregate FREMM trae origine dalla dichiarazione congiuntasiglata aParigi il 25 ottobre 2004 dai ministri della difesa italiano e francese, che ha riconosciuto l’esigenza di procedere al rinnovamento delle rispettive flotte, nell’ottica di una diffusa e consolidata convergenza degli obiettivi militari, tecnici, finanziari e temporali perseguiti in tale contesto dalle due marine. L’accordo prevede la costruzione di 17 unità per la marina francese e 10 per la nostra. Delle fregate francesi, 8 saranno specializzate nella lotta subacquea e 9 nell’azione contro forze terrestri che saranno, quindi, predisposte per l’installazione ulteriore di una funzione di supporto “fuoco navale”, per la quale è prevista un’artiglieria di medio calibro a lunga gittata. Delle fregate italiane 4 saranno specializzate nella lotta subacquea e 6 General Purpose predisposte per l’installazione ulteriore di missili di crociera. Tutte le fregate disporranno di una piattaforma comune, con un dislocamento dell’ordine di 5.500 tonnellate, avranno una lunghezza di 128 metri, un impianto di propulsione misto, dotato di una turbina a gas, ed una velocità non inferiore ai 27 nodi. Il costo unitario medio di una fregata francese, tasse escluse ed alle condizioni economiche di gennaio 2003, è pari a 280 milioni di euro, mentre per la fregata italiana è pari a 350 milioni. Complessivamente il programma ha un costo per l’Italia di quattro miliardi di euro (i 350 milioni previsti per esemplare più 500 milioni di costi strutturali del programma), con un risparmio del 20% consentito dalla coproduzione con i francesi. La consegna contrattuale delle prime navi di serie di ogni Paese deve avvenire nel 2010, mentre le consegne delle navi successive si deve svolgere con un ritmo tale da completare la serie delle fregate entro il 2018 per la Francia, ed entro il 2017 per l’Italia. Nella dichiarazione si manifesta anche l’intenzione di aprire maggiormente il programma alla cooperazione europea.

Il 16 novembre 2005 i Ministeri della difesa di Italia e Francia hanno firmato l’accordo che consente l’avvio della prima parte del programma.

L’azienda incaricata della costruzione delle fregate italiane è l’Orizzonte Sistemi Navali S.p.A. che è la Società sistemistica costituita da Fincantieri (49%) e Finmeccanica (51%).

Si ricorda che nel marzo 2002 il Ministro della difesa, ai sensi della legge n. 436/1988, ha trasmesso la richiesta di parere parlamentare sul programma pluriennale SMM 01/2002, relativo all'acquisizione di 10 fregate di nuova generazione (atto del Governo 91 – XIV legislatura ).

Il programma era finalizzato alla sostituzione delle quattro fregate della classe Lupo (entrate in servizio tra il 1977 e il 1980, con un dislocamento di 2.208 tonnellate, lunghezza di 113,5 metri e larghezza di 12 metri, velocità massima di 35 nodi orari ed equipaggio di 194 uomini) e delle otto fregate della classe Maestrale (entrate in servizio tra il 1982 e il 1985, con un dislocamento di 2.700 tonnellate, lunghezza di 123 metri e larghezza di 13 metri, velocità massima di 32 nodi orari ed equipaggio di 224 uomini). A tal fine il programma d’arma prevedeva la realizzazione di dieci unità caratterizzate da una elevata flessibilità d’impiego, con capacità di operare in tutte le situazioni tattiche, sia in alto mare che in acque costiere, sia nell’ambito di gruppi navali multinazionali che isolatamente. Le dieci unità erano distinte in due diverse tipologie, basate su una piattaforma comune, ma dotate di configurazioni specifiche in base alle funzioni cui sono destinate:

-        quattro fregate ASW (Anti Submarine Warfare), con spiccate capacità antisommergibile destinate alle operazioni di sea-contol;

-        sei fregate GP (General Purpose), le cui caratteristiche sono atte a fornire il loro contributo sia alle operazioni militari d’altura sia a quelle di supporto – dal mare – delle operazioni di terra in ambiente costiero, anche in profondità.

Le caratteristiche generali delle fregate di nuova generazione, indicate nella scheda dello Stato Maggiore allegata alla richiesta, sono principalmente: un dislocamento contenuto entro le 5.000 tonnellate; lunghezza di 135 metri; una velocità massima non inferiore a 27 nodi orari; un’autonomia di navigazione di almeno 6.000 miglia; una elevata automazione del sistema di combattimento e della piattaforma, che consente di contenere l’equipaggio a circa 130 unità. La realizzazione del programma era prevista in un arco temporale di 17 anni, con avvio nel 2002 e conclusione nel 2018. La spesa complessiva prevista era pari a 5.681 milioni di euro a carico del bilancio ordinario del Ministero della difesa.

Le Commissioni difesa del Senato e della Camera hanno dato parere favorevole sul programma, rispettivamente, nelle sedute del 3 e del 10 aprile 2002.


 

Articolo 58
(Sostegno all’imprenditoria femminile)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 58.

(Sostegno all'imprenditoria femminile).

Art. 58.

(Sostegno all'imprenditoria femminile).

1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al comma 847, dopo le parole: «da piccole e medie imprese» sono aggiunte le seguenti: «e per sostenere la creazione di nuove imprese femminili ed il consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili».

1. Identico.

 

1-bis. Al fine di sostenere le iniziative di imprenditoria femminile, le risorse derivanti da revoche a valere sugli incentivi concessi ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 215, e successive modificazioni, sono iscritte all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al capitolo 7445 «Fondo per la competitività», piano di gestione 18, e al capitolo 7480 «Fondo rotativo per le imprese» piano di gestione 05, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico.

 

 

L'articolo 58 interviene in materia di incentivazione dell’imprenditoria femminile.

Il comma 1 novella il comma 847, art. 1, dalla legge finanziaria 2007 (L 296/2006) modificando la disciplina del Fondo per la finanza d'impresa, istituito dallo stesso comma, in modo da estenderne l'applicazione prioritaria alla creazione di nuove imprese femminili ed al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili (lettera a)).

In particolare il richiamato comma 847 della finanziaria 2007, di cui si propone la modifica, ha istituito il “Fondo per la finanza d'impresa”per facilitare l'accesso al credito, alla finanza ed al mercato finanziario delle imprese e razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al capitale di rischio. I

Nel Fondo sono confluite le risorse del Fondo centrale di garanzia (istituito dall’art. 15 legge 266/97), del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350 del 2003), che sono stati soppressi, nonché le risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge finanziaria 2001 (interventi FIT[375]) e dell’art. 1, comma 222, della legge finanziaria 2005 (alienazione di fondi comuni di investimento)[376]. Al Fondo è stata conferita inoltre la somma di 50 milioni di euro per il 2007, 100 milioni per il 2008 e 150 milioni per il 2009.

Gli interventi del Fondo sono volti a facilitare:

-        operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;

-        la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.

Con riferimento alle operazioni di partecipazione al capitale di rischio, gli interventi del Fondo per la finanza di impresa sono prioritariamente destinati:

-        al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico;

-        al rafforzamento patrimoniale di piccole e medie imprese localizzate nelle aree dell'obiettivo 1 e dell'obiettivo 2 di cui al regolamento CE n. 1260/1999[377];

-        a programmi di sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese.

A questi obiettivi prioritari il comma in esame aggiunge, come detto, il sostegno alla creazione di nuove imprese femminile e al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese.

Le modalità di funzionamento del Fondo sono rinviate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 848), prevedendo anche la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti i. Il decreto provvederà, altresì a fissare i criteri per la realizzazione degli interventi previsti dal precedente comma, le priorità d’intervento, nonché le condizioni di eventuali cessioni a terzi degli impegni assunti posti a carico dei fondi le cui dotazioni confluiscono nel Fondo per la finanza d’impresa. Il termine ultimo per l’adozione del decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è fissato in due mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

Si fa presente che il suddetto decreto interministeriale non risulta fin qui adottato. Fino all’adozione del suddetto decreto, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione dell’Unione europea saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione (comma 849).

Il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti da altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali per la finanza di imprese individuate dallo stesso decreto è, invece, demandato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 850).

Si segnala, infine, che una integrazione alla disciplina del Fondo per la finanza d'impresa in favore delle imprese femminili è contenuta anche all’art. 46-ter del DL 159/07, convertito in legge 29 novembre 2007, n. 222 (c.d. decreto-legge collegato) in cui si prevede che le modalità di funzionamento del Fondo siano definite, per quanto attiene agli interventi a sostegno dell’imprenditoria femminile, anche con il concerto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione Bilancio, dispone che le risorse derivanti da revoche a valere sugli incentivi concessi all’imprenditoria femminile ai sensi della legge n. 215/1992 siano iscritte all’entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate ai seguenti capitoli di spesa del Ministero dello sviluppo economico (tabella 3): capitolo 7445 (Fondo per la competitività), piano di gestione 18, e capitolo 7480 (Fondo rotativo per le imprese), piano di gestione 05.

 

Sarebbe opportuno esplicitare che i suddetti capitoli rientrano nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (tabella 3).

Il Fondo per la competitività e lo sviluppo è stato istituito dall’art. 1, comma 841, della legge 296/06 (finanziaria 2007) presso il Ministero dello sviluppo economico, facendovi confluire le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero dello sviluppo economico (programmazione negoziata e legge n. 488/1992) e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, che sono stati contestualmente soppressi. A tale fondo stata conferita la somma di 300 milioni di euro per il 2007 e 360 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009. A carico della quota delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono finanziati progetti di innovazione tecnologica industriale nell’ambito dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie per la vita, del made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche (comma 842).

Parte delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo sono iscritte nel capitolo 7445 dell'UPB 4.1.6Investimentidel programma“Sviluppo, innovazione e ricerca in materia di energia ed in ambito minerario ed industriale” (Missione 17-Ricerca e innovazione) dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e in parte nel cap. 7342, dell'UPB 2.1.6 Investimentidel programma “Incentivazione per lo sviluppo industriale” (Missione 11- Competitività e sviluppo delle imprese).

Quanto al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, si ricorda che è stato istituito dal comma 354 della citata legge 311/04 (finanziaria 2005) presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, e destinato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo è stata stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. Sono stati posti a carico del bilancio dello Stato gli oneri derivanti dal tasso di interesse agevolato e il rimborso riconosciuto alla Cassa depositi e prestiti. Al CIPE è stata affidata la ripartizione del Fondo entro i limiti di spesa previsti a carico del bilancio dello Stato.

Con riferimento allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico si segnala che le risorse del Fondo oltre che al cap. 7480 dell'UPB 4.1.6Investimentidel programma“Sviluppo, innovazione e ricerca in materia di energia ed in ambito minerario ed industriale” (Missione- 17-Ricerca e innovazione) sono in parte destinate al cap. 7344, UPB 2.3.6. Investimenti, del programma “Riassetti industriali di settore e di area“ (Missione 11- Competitività e sviluppo delle imprese).

Infine si ricorda che le competenze in materia di imprenditoria femminile, di cui alla legge 215/92[378], già del Ministero delle attività produttive, sono state sottratte al nuovo Ministero dello sviluppo economico ai sensi del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”.) istitutivo dello stessoMinisteroe trasferite alla Presidenza del Consiglio.


 

Articolo 58-bis
(Modifica al comma 842 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 58-bis.

(Modifica al comma 842 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296).

 

1. Al comma 842 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e turistiche».

 

 

L’articolo 58-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso laV Commissione Bilancio, reca una integrazione alla disciplina del Fondo per la competitività e lo sviluppo, istituito dalla legge 296/06 (finanziaria 2007), il cui campo di intervento viene esteso anche all’ambito delle tecnologie per le attività turistiche.

A tal fine il comma 842 viene opportunamente integrato e all’espressione “tecnologie innovative per i beni e le attività culturali”, con la quale si identifica una delle cinque aree tecnologiche cui attualmente sono destinati i finanziamenti di detto Fondo, sono aggiunte le parole “e turistiche”.

 

Il Fondo per la competitività e lo sviluppo è stato istituito dal comma 841, art. 1, della legge finanziaria 2007 presso il Ministero dello sviluppo economico. Nel Fondo sono confluite le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero dello sviluppo economico (programmazione negoziata e legge n. 488/1992) e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, contestualmente soppressi. A tale fondo è stata altresì conferita la somma di 300 milioni di euro per il 2007 e 360 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Per quanto riguarda gli interventi da realizzare nelle aree sottoutilizzate, il Fondo è altresì alimentato dalle risorse assegnate dal CIPE nell’ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate

A carico della quota delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo, individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sono finanziati progetti di innovazione tecnologica industriale nell’ambito di cinque aree tecnologiche:efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, made in Italy e tecnologie innovative per i beni e le attività culturali (comma 842).

 

 

Articolo 1, comma 842, legge 296/2006
(Testo vigente)

Articolo 1, comma 842, legge 296/2006
(Testo proposto)

 

 

A valere sulla quota di risorse del Fondo di cui al comma 841 individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono finanziati, nel rispetto degli obiettivi della Strategia di Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, i progetti di innovazione industriale individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali.

A valere sulla quota di risorse del Fondo di cui al comma 841 individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze nonché con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono finanziati, nel rispetto degli obiettivi della Strategia di Lisbona stabiliti dal Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo del 16 e 17 giugno 2005, i progetti di innovazione industriale individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche.

 


 

Articolo 59
(Comitato nazionale italiano per il microcredito)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 59.

(Comitato nazionale italiano per il microcredito).

Art. 59.

(Comitato nazionale italiano per il microcredito).

1. Il Comitato nazionale italiano perma­nente per il microcredito, istituito dall'arti­colo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha personalità giuridica di diritto pubblico e continua a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei mi­nistri, anche per agevolare l'esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a fa­vore dei Paesi in via di sviluppo.

1. Il Comitato nazionale italiano perma­nente per il microcredito, istituito dall'arti­colo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modifi­cazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha personalità giuridica di diritto pubblico e continua a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei mi­nistri, anche per agevolare l'esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a fa­vore dei Paesi in via di sviluppo, d'intesa con il Ministero degli affari esteri.

2. Il Comitato è dotato di un fondo co­mune, unico ed indivisibile, attraverso cui esercita autonomamente ed in via esclu­siva le sue attribuzioni istituzionali. La ge­stione patrimoniale e finanziaria del Comi­tato è disciplinata da un regolamento di contabilità approvato con decreto del Pre­sidente del Consiglio dei ministri, su propo­sta del presidente del Comitato. Il fondo comune è costituito da contributi volontari degli aderenti o di terzi, donazioni, lasciti, erogazioni conseguenti a stanziamenti de­liberati dallo Stato, dagli enti territoriali e da altri enti pubblici o privati, da beni e da somme di danaro o crediti che il Comitato ha il diritto di acquisire a qualsiasi titolo se­condo le vigenti disposizioni di legge. Rientrano anche nel fondo contributi di qualunque natura erogati da organismi na­zionali od internazionali, governativi o non governativi, ed ogni altro provento deri­vante dall'attività del Comitato.

2. Identico.

3. In favore del Comitato è autorizzata per ciascuno degli anni 2008 e 2009 la spesa di 1 milione di euro da destinare al suo funzionamento.

3. Identico.

 

 

Il comma 1, modificato nel corso dell’esame in Commissione bilancio, disciplina l’attività e lo status del Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito.

La disposizione in commento prevede che tale comitato, istituito, ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, presso il Ministero degli Affari esteri, continui d’ora in poi a svolgere la propria attività presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con personalità di diritto pubblico, contribuendo a promuovere ed agevolare, all’interno del suo più vasto programma, anche l’esecuzione tecnica dei progetti di cooperazione a favore dei Paesi in via di sviluppo. Quest’ultima attività, secondo la modifica introdotta dalla V Commissione Bilancio, è svolta d’intesa con il Ministero degli affari esteri.

 

Il Comitato è stato istituito ai sensi del richiamato articolo 4-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2. Tale comma, aggiunto in sede di conversione, esplicitava la finalità dell’istituto nel “consentire lo sviluppo del programma di microfinanza, al fine di incentivare la costituzione di microimprese, anche nel settore agricolo”. Stabiliva, inoltre, che i componenti del Comitato, già costituito presso il Ministero degli Affari esteri, avessero un mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta.

Il Comitato Nazionale Italiano Permanente per il Microcredito rappresenta la naturale prosecuzione del “Comitato Nazionale Italiano per il 2005 Anno Internazionale del Microcredito”, nato in risposta alle risoluzioni 53/198, 58/488 e 58/22 con cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2005 “Anno Internazionale del Microcredito”. Con le stesse risoluzioni l’ONU ha invitato gli Stati Membri a costituire Comitati Nazionali rappresentativi dell’intera società civile, al fine di facilitare il raggiungimento degli “Obiettivi di sviluppo del Millennio”, anche attraverso la diffusione delle attività di microcredito e microfinanza per ridurre il fenomeno della povertà e dell’esclusione finanziaria.

Il Comitato persegue tali obiettivi sia in un’ottica di cooperazione internazionale, orientata alle aree depresse ed alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo (PVS), sia a livello nazionale, attraverso interventi localizzati sul territorio italiano ed orientati ai residenti in Italia ed alle macro-imprese operanti nell’area.

 

A tal fine, il Comitato si è dotato di due Dipartimenti (“Dipartimento Attività nazionali” e “Dipartimento Attività Internazionali”). I principali interventi all’estero si prefiggono la realizzazione di una rete microfinanziaria internazionale e la definizione di programmi comuni condivisi e di partenariati strategici con i diversi partner della rete. Per i due settori menzionati sono state individuate 6 aree operative: Networking; Progetti operativi; Servizi interni; Ricerca, Osservatorio e Formazione; Area Normativa e Area Comunicazione.

 

Il nuovo Comitato comprende rappresentanti delle Istituzioni, di Enti Locali, di Organizzazioni non Governative, di Istituti e Fondazioni, del settore bancario nonché di quello imprenditoriale.

 

Il comma 2 dell’articolo 59 in esame disciplina il Fondo comune di cui è dotato il Comitato per porre in essere, in modo autonomo ed esclusivo, gli obiettivi a lui assegnati e per lo svolgimento delle attività istituzionali.

Tale fondo, unico e indivisibile, risulta costituito, a norma del regolamento del Comitato, da contributi volontari degli aderenti o di terzi, da donazioni o lasciti, nonché dagli stanziamenti eventualmente deliberati dallo Stato, dalle Regioni, dai Comuni e da altri enti pubblici e/o privati. E’ altresì riconosciuto al Comitato il diritto di acquisire, a qualsiasi titolo, beni, somme di denaro o crediti secondo le vigenti disposizioni di legge.

Rientrano, inoltre, nel fondo comune contributi di qualunque natura stanziati da organismi nazionali o internazionali, indipendentemente dalla loro natura governativa e ogni altro provento derivante dall’attività del Comitato.

La gestione patrimoniale e finanziaria del Comitato è assicurata da un regolamento di contabilità approvato con decreto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente del Comitato.

 

Il comma 3 dell’articolo 59 in esame autorizza lo stanziamento di un contributo pari ad un milione di euro per l’anno 2008 ed un altro contributo di identico importo per il 2009 da destinare al Fondo comune per il funzionamento del Comitato in esame.


 

Articolo 60
(Disposizioni in materia di autoimprenditorialità)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

Art. 60.

(Disposizioni in materia
di autoimprenditorialità).

Art. 60.

(Disposizioni in materia
di autoimprenditorialità).

1. L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa è autorizzata a rinegoziare i mutui accesi entro il 31 dicembre 2004, ai sensi del decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, dell'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, dell'articolo 1-bis del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, dell'articolo 3, comma 9, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, dell'articolo 51 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, rideterminandone la durata complessiva del rimborso. Tale durata non può comunque superare i quindici anni a decorrere dalla data di scadenza della prima rata, comprensiva del capitale, del piano di rimborso originario. Al mutuo rinegoziato si applica il tasso di riferimento della Commissione europea vigente alla data della rinegoziazione. Gli eventuali aumenti del costo degli interessi conseguenti all'allungamento e alla rinegoziazione del mutuo sono a carico dei singoli beneficiari delle agevolazioni di cui al predetto decreto-legge n. 786 del 1985.

Identico.

2. Alle imprese ammesse alle agevolazioni di cui al comma 1 del presente articolo si applicano, se più favorevoli, le disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, ed ai relativi regolamenti di attuazione.

 

3. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

 

 

L’articolo in esame autorizza l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a. (ex Sviluppo Italia) alla rinegoziazione dei mutui accesi entro il 31 dicembre 2004, in base alle disposizioni contenute nella legislazione in materia di autoimprenditorialità[379].

 

Si ricorda che la società per azioni “Sviluppo Italia”, il cui capitale è interamente posseduto dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999[380], con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti. La legge finanziaria per il 2003 (articolo 73, legge n. 289 del 2002) ha attribuito a Sviluppo Italia la gestione degli incentivi nelle aree interessate da crisi del comparto industriale.

Con la legge finanziaria per il 2005 (commi 215-218 e 221, articolo 1, legge n. 311 del 2004) essa è stata autorizzata a concedere agevolazioni alle imprese, al fine di rafforzare l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate.

Il decreto-legge n. 35/2005 (articolo 11, commi 3-6), inoltre,ha istituito il Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti UE sugli aiuti di stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, assegnando a Sviluppo Italia S.p.A. il compito di curare unicamente la fase della valutazione e l’attuazione dei citati interventi.

Da ultimo, la legge finanziaria per il 2007 (commi 460-464, articolo 1, legge n. 296 del 2006) ha operato un riassetto complessivo della Società, mutandone la denominazione in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“ e attribuendo al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri, quali : a) la definizione, con apposite direttive, delle priorità e degli obiettivi della società e l’approvazione delle linee generali di organizzazione interna, nonché del documento previsionale di gestione ed eventuali aggiornamenti; b) l’approvazione, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, dello statuto della società; c) l’individuazione, con decreto, degli atti di gestione ordinaria e straordinaria della Società e delle sue controllate dirette ed indirette, che necessitano della preventiva approvazione ministeriale ai fini della efficacia e validità.

I diritti dell’azionista sono comunque mantenuti in capo al Ministero dell’economia e finanze, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico

Il comma 461 ha inoltre previsto l’adozione, entro il 31 marzo 2007, di un piano societario di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie detenute nei settori non strategici, sulla base dei contenuti e dei termini fissati con direttiva del Ministro dello sviluppo economico. Il piano di dismissione ha previsto: a) la riduzione delle società controllate a non più di tre; b) la cessione, anche tramite una società veicolo, delle partecipazioni di minoranza acquisite; per le società regionali si procede d’intesa con le regioni interessate, anche con la cessione gratuita delle partecipazioni a queste o ad altre amministrazioni pubbliche.

Il comma 462 ha limitato alle sole amministrazioni centrali (escludendo le amministrazioni regionali e locali) la facoltà di avvalersi delle convenzioni con Sviluppo Italia Spa per le attività tecniche, economiche e finanziarie occorrenti alla realizzazione di interventi riguardanti le aree depresse del Paese, anche mediante finanza di progetto.

Il medesimo comma ha inoltre mantenuto in capo al Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro dello sviluppo economico, (eliminando l’intesa con il Ministro delle politiche agricole), l’esercizio dei diritti dell’azionista, attribuendo al Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro dell’economia il potere di nomina degli organi sociali e la competenza a riferirne al Parlamento.

 

Il comma 1, in particolare, richiama i seguenti riferimenti normativi in base ai quali l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a. è autorizzata alla rinegoziazione dei mutui:

1.      il decreto-legge n. 786 del 1985[381] in materia di misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo della imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno;

L’articolo 1, comma 1, lett. b), del predetto decreto-legge n. 786, autorizzava la concessione di mutui erogati dalla Cassa depositi e prestiti ad un tasso pari al 30% del tasso di riferimento, nella misura del 30% delle spese per l'impianto e le attrezzature, a favore di società cooperative di produzione e di lavoro, di società le cui quote di partecipazione spettino in maggioranza a giovani tra i 18 e 29 anni ovvero di società formate esclusivamente da giovani tra i 18 ed i 35 anni di età residenti e operanti nelle aree svantaggiate, soprattutto meridionali[382]. La durata dei mutui era fissata in 10 anni, comprensivi di un periodo di preammortamento di 3 anni. Tali mutui dovevano essere assistiti da garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale garantito dallo Stato[383], nell'ambito degli investimenti da realizzare.

2.      l’articolo 1 del decreto-legge n. 26 del 1995[384], in materia di imprenditorialità giovanile;

Tale norma, che peraltro autorizzava la costituzione della “Società per l'imprenditorialità giovanile” con il compito di produrre servizi finalizzati alla creazione di nuove imprese e al sostegno delle PMI, costituite prevalentemente da giovani tra i 18 e i 29 anni ovvero formate esclusivamente da giovani tra i 18 e i 35 anni, ha disposto, al comma 6, la concessione, alle predette imprese, di mutui a tasso agevolato, purché assistiti dalle garanzie previste dal codice civile e da privilegio speciale garantito dallo Stato, nell'ambito degli investimenti da realizzare.

3.      l’articolo 1-bis del decreto-legge n. 148 del 1993[385], in materia di promozione di nuove imprese giovanili nel settore dei servizi socio-assistenziali domiciliari, in particolare per l’aiuto di persone in situazioni di gravità;

Il citato articolo 1-bis, abrogato dal D.Lgs n. 185 del 2000, prevedeva l’applicazione di agevolazioni alle imprese giovanili nel settore dei servizi, tramite il Comitato per lo sviluppo di nuova imprenditorialità giovanile, costituito presso l'ufficio del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, con compiti di assistenza nella fase di progettazione e di avvio delle iniziative, di definizione di progetti-tipo in settori prioritari, con particolare riguardo allo sviluppo della cooperazione, di promozione di attività di formazione, di proposta di ammissibilità alle agevolazioni e di promozione di cultura imprenditoriale.

4.      l’articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 67 del 1997[386], in materia di lavori socialmente utili, integrazione salariale e formazione professionale

Tale norma prevedeva l’estensione della disciplina delle agevolazioni, ad eccezione di quelli riferiti all'acquisto del terreno, in materia di imprenditorialità giovanile ai giovani agricoltori, destinando non meno dei due terzi del totale a quelli residenti nelle zone di cui all'obiettivo 1 (aree svantaggiate con PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE 15[387]), in età compresa tra i 18 e i 35 anni, che subentravano nella conduzione dell'azienda agricola al familiare e che presentavano un progetto di produzione, commercializzazione, trasformazione in agricoltura[388].

5.      l’articolo 51 della legge n. 448 del 1998, recante provvedimenti a favore delle cooperative sociali;

La disposizione contenuta nel predetto articolo 51, successivamente abrogata dal D. Lgs. n. 185 del 2000, ha previsto l’estensione della disciplina degli interventi in materia di imprenditorialità giovanile alle cooperative sociali, che avessero presentato progetti per la realizzazione di nuove iniziative o per il consolidamento e lo sviluppo di attività già avviate.

6.      il titolo I del D. lgs. n. 185 del 2000, che detta i principi generali in materia di incentivi in favore dell'autoimprenditorialità.

Il predetto D. Lgs. n. 185 è intervenuto nel riordinare l’intera normativa in materia di agevolazioni all’imprenditorialità giovanile, novellando la disciplina dei nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, regolati in precedenza dal decreto-legge n. 26 del 1995 sopra esaminato, e del prestito d’onore, previsto dal decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510. In particolare, nell’ambito territoriale di applicazione delle norme in esame[389], ai soggetti ammessi alle agevolazioni sono concedibili i contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative. Tali benefìci finanziari sono concessi entro il limite del de minimis[390] individuato in base alle vigenti disposizioni comunitarie.

 

La norma prevede che la rinegoziazioneconsista nella rideterminazione della durata complessiva del rimborso.

In ogni caso, tale durata è fissata entro il limite temporale di 15 anni, a decorrere dalla data di scadenza della prima rata, comprensiva del capitale, del piano di rimborso originario.

 

Gli interessi del mutuo rinegoziato sono calcolati in base al tasso di riferimento della Commissione europea fissato alla data della rinegoziazione.

 

Si ricorda che la Commissione, con una propria Comunicazione (GU C 273 del 9.9.1997) ha definito il metodo di fissazione dei tassi di riferimento. Essi sono previsti come base giuridica per il calcolo dei tassi di interesse, nel caso di recuperi degli aiuti di Stato illegali.

In particolare, dal 15 luglio 2004, il tasso di riferimento è determinato a partire da un tasso indicativo, definito a livello del tasso swap interbancario a 5 anni, maggiorato di un premio di 0,75 punti. Il tasso di riferimento deriva dalla media dei tassi indicativi rilevati nel corso di settembre, ottobre e novembre. In corso d’anno, il tasso di riferimento è sottoposto a revisione qualora si discosti di oltre il 15% dalla media dei tassi indicativi registrati nell’ultimo trimestre.

 

Eventuali aumenti del costo degli interessi a causa dell’allungamento e della rinegoziazione dei mutui in oggetto sono previsti a carico dei beneficiari della rinegoziazione di cui al predetto decreto-legge n. 786 del 1985 (cfr. punto 1.).

 

Il comma 2 prevede che alle imprese ammesse alle agevolazioni relative alla predetta rinegoziazione dei mutui si applicano, se più favorevoli. le disposizioni di cui al titolo I del D.Lgs. n. 185 del 2000 ed ai relativi regolamenti di attuazione (cfr. punto 6.).

 

La stima degli oneri conseguenti alla rinegoziazione dei mutui da parte dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa è pari a 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, la cui spesa è autorizzata ai sensi del comma 3.


 

Articolo 60-bis
(Misure per la crescita della competitività dell’offerta del sistema turistico nazionale)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 60-bis.

(Misure per la crescita della competitività dell'offerta del sistema turistico nazionale).

 

1. Allo scopo di favorire la crescita competitiva dell'offerta del sistema turistico nazionale, definendo e attuando adeguate strategie per la destagionalizzazione dei flussi turistici, anche ai fini della valorizzazione delle aree sottoutilizzate del Paese, con appositi decreti, di natura non regolamentare, del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite:

 

    a) le tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche rispetto a cui vi è necessità di individuare caratteristiche similari e omogenee su tutto il territorio nazionale tenuto conto delle specifiche esigenze connesse alle capacità ricettiva e di fruizione dei contesti territoriali;

 

    b) le modalità di impiego delle risorse di cui all'articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135, per l'erogazione di «buoni-vacanza» da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale.

 

2. Al fine di incentivare lo sviluppo strategico integrato del prodotto turistico nazionale mediante la promozione di economie di scala e il contenimento dei costi di gestione delle imprese del settore, con uno o più regolamenti da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite, nel rispetto delle competenze regionali, le procedure acceleratorie e di semplificazione volte a favorire sia l'aumento dei flussi turistici sia la nascita di nuove imprese del settore. Tali procedure devono privilegiare le azioni finalizzate, tra l'altro, alla razionalizzazione e alla riduzione degli adempimenti a carico delle imprese e dei termini di durata dei procedimenti, nonché a definire specifici moduli procedimentali idonei a contestualizzare l'esercizio dei poteri pubblici.

 

3. Il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, avvalendosi delle risorse umane, strutturali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, provvede ad assicurare il supporto tecnico-specialistico in favore dei soggetti nazionali e internazionali che intendono promuovere progetti di investimento volti a incrementare e a riqualificare il prodotto turistico nazionale, attivando le procedure di cui al comma 2.

 

 

L’articolo 60-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, prevede l’adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri recanti misure volte ad accrescere la competitività dell’offerta del sistema turistico nazionale.

I decreti, di natura non regolamentare, per la cui adozione si richiede l’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, provvederanno alla definizione e all’attuazione di strategie per la destagionalizzazione dei flussi turistici, anche allo scopo di valorizzare le aree sottoutilizzate del Paese.

Si segnala che la disposizione in commento non fissa i termini per l’adozione dei suddetti decreti.

 

In particolare i decreti provvederanno a definire:

§         le tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche per le quali si rende necessaria l’individuazione di caratteristiche similari ed omogenee a livello nazionale, pur tenendo conto di specifiche esigenze correlate alle capacità di ricezione e di fruizione dei diversi contesti territoriali;

§         le modalità di impiego delle risorse del "Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico", di cui all’art. 10 della legge 135/01, destinate all’erogazione di “buoni vacanza” a favore delle fasce sociali più deboli. La misura risponde all’esigenza di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale.

 

Con l'articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135 recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo” è stato istituito presso il Ministero dell'industria (ora dello sviluppo economico) il Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico. Scopo del Fondo - al quale affluiscono risparmi di individui, imprese, istituzioni e associazioni private (circoli aziendali, associazioni non-profit, banche e società finanziarie), nonché risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità provenienti da soggetti sia pubblici che privati - è quello di favorire l'accesso alle vacanze dei cittadini, sostenendo in tal modo la domanda interna, attraverso l'erogazione di prestiti turistici a tasso agevolato sia a singoli che a famiglie a basso reddito. Il limite di tale reddito viene fissato ogni tre anni con decreto del Ministro dell'industria, secondo criteri di valutazione stabiliti dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109 "(Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449").

Per avviare la gestione del Fondo il comma 4 dell'articolo 10 ha disposto un conferimento di 7 mld annui (corrispondenti a 3,61 milioni di euro) per il triennio 2000-2002. L’articolo 10 ha previsto, inoltre, che con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si provveda a fissare: i criteri e le modalità di organizzazione e di gestione del Fondo; la tipologia delle agevolazioni e dei servizi erogati; i soggetti destinatari delle agevolazioni; le modalità di utilizzo degli utili eventualmente derivanti dalla gestione del Fondo per interventi destinati ai soggetti più bisognosi. Il fine è quello di collegare il Fondo ad un sistema di buoni-vacanza gestito da associazioni non-profit, istituti bancari e finanziari e imprese turistiche, a livello nazionale, previa intesa nella Conferenza Stato-regioni.

 

Il successivi commi 2 e 3 dell’articolo, intervengono in materia di sostegno allo sviluppo strategico integrato del prodotto turistico nazionale.

 

Il comma 2 prevede che, per sostenere lo sviluppo del settore mediante la promozione di economie di scala ed il contenimento dei costi di gestione delle imprese ivi operanti, siano definite con uno o più regolamenti le procedure acceleratorie e di semplificazione volte a favorire sia l’aumento dei flussi turistici, sia la nascita di nuove imprese del settore, nel rispetto delle competenze regionali.

Tali regolamenti sono da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988, sentita la Conferenza permanente per il rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano[391].

 

Il comma 3 dispone che il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, operante presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, assicuri il supporto tecnico-specialistico in favore dei soggetti nazionali ed internazionali che intendano promuovere progetti di investimento volti ad incrementare e riqualificare il prodotto turistico nazionale, attivando le procedure di cui al comma 1.

Tale supporto verrà fornito dal Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo avvalendosi delle risorse umane, strutturali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Si ricorda che il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[392] ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo, precedentemente attribuite al Ministero delle attività produttive (nuovo Ministero dello sviluppo economico di cui ai co. 1 e 12, art. 1 del citato decreto-legge) dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999 .

Lo stesso comma ha previsto, inoltre, che il Ministro per lo sviluppo economico e il Presidente del Consiglio concertino l’individuazione e l’utilizzazione delle risorse finanziarie da destinare al turismo, comprese quelle incluse nel Fondo per le aree sottoutilizzate.

Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo costituita ai sensi  del comma 19-ter presso il Ministero per i beni e le attività culturali, conseguente al trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive, disposta dal successivo comma 19-quater  che ne dispone la conseguente soppressione.

Successivamente, il decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria (convertito in legge dal Senato della Repubblica il 23 novembre 2006), all’art. 15 (Organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali), comma 5, ha modificato l’articolo 1, comma 19-bis del decreto-legge 181 del 2006 - incardinando presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, che subentra nelle funzioni alla direzione generale del turismo contestualmente soppressa. Il decreto-legge è stato convertito in legge dal Senato della Repubblica il 23 novembre 2006 e l'originario art.15, comma 5 è diventato l'articolo 1, comma 98.


 

Articolo 60-ter
(Misure urgenti per la tutela dei consumatori in materia di prezzi)

 

TESTO
approvato dal Senato della Repubblica

TESTO
della Commissione

 

 

 

Art. 60-ter.

(Misure urgenti per la tutela dei consumatori in materia di prezzi).

 

1. Ciascuna camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura rende noto al pubblico il proprio «ufficio prezzi», che riceve segnalazioni e verifica le dinamiche concernenti le variazioni dei prezzi di beni e servizi praticati ai consumatori finali.

 

2. Lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 è disciplinato da convenzioni non onerose stipulate fra le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, i comuni e gli altri enti interessati e la prefettura-ufficio territoriale del Governo, che individuano anche le modalità di rilevazione e di messa a disposizione dei consumatori, anche in forma comparata, dei prezzi rilevati.

 

3. Ai fini del comma 2, la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, può disciplinare, d'intesa con l'Unioncamere, l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e i Ministeri dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'interno e dell'economia e delle finanze, la convenzione tipo e le procedure standard.

 

4. È istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Garante per la sorveglianza dei prezzi, che sovrintende alla tenuta ed elaborazione delle informazioni richieste agli «uffici prezzi» delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di cui al comma 1, all'ISTAT, ai competenti uffici del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché, quanto ai servizi di pubblica utilità, alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, nonché a renderle note anche in forma comparata e telematica, avvalendosi del «Portale delle imprese», gestito in rete dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che svolge servizio unicamente informativo e assume il nome di «Portale delle imprese, dei consumatori e dei prezzi».

 

5. Il Garante di cui al comma 4 è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, tra i dirigenti di prima fascia del Ministero dello sviluppo economico, si avvale per il proprio funzionamento delle strutture del medesimo Ministero, svolge i compiti di cui al presente articolo senza compenso e mantenendo le proprie funzioni. L'incarico ha la durata di tre anni.

 

6. Il Garante riferisce le dinamiche e le eventuali anomalie dei prezzi, rilevate ai sensi del presente articolo, al Ministro dello sviluppo economico, che provvede, ove necessario, alla formulazione di segnalazioni all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e di proposte normative, anche nell'ambito della annuale per la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori.

 

7. Le informazioni riferite ai prezzi al consumo, anche nominative, sono in ogni caso sottratte alla disciplina di tutela in materia di riservatezza dei dati personali.

 

8. Alle attività svolte ai sensi del presente articolo le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fanno fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 60-ter, aggiunto nel corso dell’esame presso la V Commissione Bilancio, reca disposizioni concernenti la tutela dei consumatori in materia di prezzi, prevedendo in particolare l’istituzione del Garante per la sorveglianza dei prezzi.

 

Il comma 1 affida agli “uffici prezzi” di ciascuna camera di commercio – che provvederanno da parte loro a renderli noti – il compito di ricevere segnalazioni e di verificare le dinamiche di variazione dei prezzi di beni e servizi praticati ai consumatori finali.

L’attività dei suddetti uffici viene svolta sulla base di convenzioni non onerose, stipulate tra le camere di commercio, i comuni, gli altri enti interessati e l’Ufficio territoriale di Governo. Le convenzioni, oltre a disciplinare lo svolgimento dell’attività di cui al precedente comma, provvederanno altresì ad individuare le modalità di rilevazione e di messa a disposizione dei consumatori dei prezzi rilevati, anche in forma comparata (comma 2).

 

Si evidenzia la necessità di chiarire cosa si intenda per Ufficio territoriale del Governo.

Il comma 3 riconosce alla Conferenza Unificata la possibilità di disciplinare la convenzione tipo e le procedure standard d’intesa tra Unioncamere, ANCI  e i Ministeri dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell’interno e dell’economia e delle finanze.

Con il comma 4 viene istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Garante per la sorveglianza dei prezzi, cui è affidato il compito di sovrintendere alla tenuta e all’elaborazione delle informazioni richieste agli “'uffici prezzi'” delle camere di commercio, all'Istat, ai competenti uffici del Ministero delle politiche agricole e anche alla Presidenza del Consiglio (dipartimento per la programmazione economica) per i servizi di pubblica utilità.

Il Garante provvederà, altresì, alla circolazione delle informazioni, anche in forma comparata e telematica, avvalendosi del "Portale delle imprese”, gestito dalle camere di commercio. Il Portale, che svolge attività unicamente di tipo informativo, assumerà il nome di “Portale delle imprese, dei consumatori e dei prezzi".

Si segnala, in proposito, che attualmente le camere di commercio gestiscono  infoimprese.it, una iniziativa realizzata da InfoCamere, società consortile di proprietà di tutte le camere di commercio italiane, avente lo scopo di  garantire il collegamento tra le stesse camere attraverso una rete telematica che consenta alle aziende, alle amministrazioni e ai cittadini di accedere in tempo reale ad atti, documenti e informazioni sulle imprese iscritte nei registri, albi, ruoli, elenchi e repertori detenuti dalle camere tesse.

Infoimprese.it offre gratuitamente l'accesso:

-             alle informazioni anagrafiche ufficiali di tutte le imprese italiane attive iscritte al registro delle imprese;

-             alle informazioni commerciali contenute nelle "vetrine promozionali" aperte dalle imprese che forniscono informazioni su prodotti, marchi, attività di export, canali di vendita, certificazioni di qualita', indirizzo del sito Internet, e-mail ecc.

 

La nomina del Garante - tra i dirigenti di prima fascia del Ministero dello sviluppo economico - compete al Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dello sviluppo economico. Il Garante, che svolge i propri compiti senza compenso e mantenendo le proprie funzioni, si avvale per il proprio funzionamento del supporto delle strutture del Ministero e resta  in carica tre anni (comma 5).

Si evidenzia che non è previsto un termine entro il quale il Garante per la sorveglianza dei prezzi deve essere nominato.

 

Il Garante riferisce al Ministro dello sviluppo economico le dinamiche e le eventuali anomalie dei prezzi rilevate. Da parte sua il Ministro provvede –qualora si renda necessario - a formulare eventuali segnalazioni all'Antitrust e proposte normative, anche nell’ambito della legge annuale per la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori (comma 6).

Si fa presente che la legge annuale per la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori non è prevista nell’ordinamento vigente, ma è oggetto dall’articolo 59 del disegno di legge governativo AS 1644 (c.d. DDL Bersani), approvato dalla Camera (AC 2272-bis), e attualmente all’esame della X Commissione del Senato.

 

Il comma 7 sottrae alla disciplina concernente la riservatezza dei dati personali le informazioni riferite ai prezzi al consumo, anche se nominative[393].

 

Il comma 8, infine, prevede che le camere di commercio ai fini dello svolgimento delle attività previste dall’articolo in esame si avvalgano delle risorse umane, finanziarie e strumentali, disponibili a legislazione vigente. Infatti, come stabilisce il secondo periodo dello stesso comma, l’attuazione delle disposizioni in esame non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio statale.


 



[1]     Tali aliquote, fissate dall’articolo 2, comma 9, del DL n. 16/2006 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58/2005 e dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 26 del 2007, modificano – senza novellare la norma - le aliquote di accise individuate dal decreto legislativo n. 504/1995 concernente il testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi.

[2]     L’accisa sui prodotti energetici sono disciplinate dal D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, recante “Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative”. L’accisa è calcolata in misura fissa per quantità di prodotto. Attualmente (articolo 6 del D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26) l’accisa sul gasolio per autotrazione è pari a 423 euro per mille litri (corrispondente a 0,423 euro per litro).

[3]     Recante “Individuazione e trasferimento alle regioni delle risorse per l'esercizio delle funzioni e compiti conferiti ai sensi degli articoli 8 e 12 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 in materia di trasporto pubblico locale” (pubblicato sulla G.U. 30 dicembre 2000, S.O. n. 224).

[4]     Si segnala che, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, “È obbligato al pagamento dell'accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l'immissione in consumo e, in solido, il soggetto che si sia reso garante di tale pagamento ovvero il soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per l'esigibilità dell'imposta”.

[5]     I quantitativi di gasolio da prendere in considerazione sono quelli contabilizzati nel registro di carico e scarico, tenuto, ai sensi dell’articolo 25, comma 4, del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, dagli esercenti di impianti e depositi soggetti all’obbligo di denuncia.

[6]     Gli articoli citati dal comma in esame riguardano i seguenti aspetti:

-        articolo 14: programmazione dei trasporti locali;

-        articolo 16: servizi minimi;

-        articolo 17: obblighi di servizio pubblico;

-        articolo 18: organizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale;

-        articolo 19: contratti di servizio.

[7]     Il comma in esame richiama a tal proposito l’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, secondo il quale il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni, il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

[8]     Recante “Individuazione e trasferimento alle regioni delle risorse per l'esercizio delle funzioni e compiti conferiti ai sensi degli articoli 9 e 12 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 in materia di trasporto pubblico locale” (pubblicato sulla G.U. 30 dicembre 2000, S.O. n. 224).

[9]     L’articolo 11, comma 3, lett. f), della legge n. 468 del 1978, prevede il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale.

[10]    Per completezza di esposizione si segnala che le altre lettere del comma 1032, non abrogate, prevedono i seguenti criteri di riparto:

      a)   priorità al completamento dei programmi finanziati con la legge n. 194 del 1998 e con la legge n. 211 del 1996, relative ad interventi nel settore del trasporto pubblico locale e nel trasporto rapido di massa e ferroviario;

      b)   condizioni di vetustà degli attuali parchi veicolari;

      c)   congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto.

[11]    D.L.  25 settembre 2001, n. 351, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 23 novembre 2001, n. 410 e recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

[12]    Ai sensi del citato articolo 34 del TUEL, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

[13]    Legge 1 agosto -2002,  n. 166, recante disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti. L’articolo 16 dispone che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri interessati, di intesa con la Conferenza unificata, sono definiti i criteri e le modalità di predisposizione, di valutazione, di finanziamento, di controllo e di monitoraggio di programmi volti alla riabilitazione di immobili ed attrezzature di livello locale e al miglioramento della accessibilità e mobilità urbana, denominati «programmi di riabilitazione urbana», nonché di programmi volti al riordino delle reti di trasporto e di infrastrutture di servizio per la mobilità attraverso una rete nazionale di autostazioni per le grandi aree urbane.

[14]   La lista dei siti italiani dichiarati Patrimonio dell'Umanità è consultabile all’indirizzo internet www.sitiunesco.it/index.phtml?id=4.

[15]    D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

[16]    L’articolo 2549 del Codice civile stabilisce che, con il contratto di associazione in partecipazione, l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.

[17]    D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, recante Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[18]    L’articolo 2554 del Codice civile si riferisce al contratto di cointeressenza agli utili di un’impresa senza partecipazione alle perdite, e al contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto.

[19]    L’articolo 2549 del Codice civile stabilisce che, con il contratto di associazione in partecipazione, l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.

[20]    L’art. 2554 del Codice civile si riferisce al contratto di cointeressenza agli utili di un’impresa senza partecipazione alle perdite, e al contratto con il quale un contraente attribuisce la partecipazione agli utili e alle perdite della sua impresa, senza il corrispettivo di un determinato apporto.

[21]    Ai sensi dell’art. 2359 c.c. sono considerate società controllate:

-        le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

-        le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

-        le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

[22]    L. 21 aprile 1962, n. 161, recante Revisione dei film e dei lavori teatrali.

[23]    D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, recante Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

      Ai sensi dell’articolo 17 di tale decreto, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

[24]    D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, recante Riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[25]    Trattato 25 marzo 1957, nella versione in vigore dal 1° febbraio 2003.

[26]    L’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. n. 28 del 2004, considera imprese di produzione, di distribuzione e di esercizio le imprese cinematografiche aventi sede legale e domicilio fiscale in Italia. Ad esse sono equiparate, a condizioni di reciprocità, le imprese con sede e nazionalità di altro Paese membro dell'Unione europea, aventi una filiale, agenzia o succursale stabilita in Italia, che qui svolga prevalentemente la sua attività. Tali imprese sono iscritte in appositi elenchi informatici, istituiti presso il Ministero per i beni e le attività culturali.

[27]    Per l’individuazione delle caratteristiche che i sopra indicati film devono possedere si fa riferimento ai commi 2, 4, 5 e 6 dell’articolo 2 del citato D.Lgs. n. 28 del 2004. In particolare si ricorda che per film d’essai si intende il film, espressione anche di cinematografie nazionali meno conosciute, che contribuisce alla diffusione della cultura cinematografica ed alla conoscenza di correnti e tecniche di espressione sperimentali.

[28]    Si ricorda che, in attesa dell’emanazione del citato DM - da effettuarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - la gestione del Fondo era rimessa in via transitoria per un periodo di 12 mesi, ai sensi del comma 8 dell’articolo 12, alla Banca nazionale del lavoro (Sezione per il credito cinematografico). Tale periodo è stato successivamente prorogato più volte (articolo 19-nonies del D.L. 266/2004, art. 14-vicies del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168., art. 2, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 e da ultimo, fino al 31 dicembre 2006, art. 1-ter, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 12 luglio 2006, n. 228).

[29]    Tale organo (istituito dall’articolo 4 del citato D.Lgs. 28/2004) è composto di 12 membri, di cui 3 promananti dalle regioni e 3 dagli enti locali. 3. Essa provvede alla predisposizione di un programma triennale, approvato dal Ministro per i beni e le attività culturali, contenente l'individuazione, per ciascuna regione, delle aree geografiche di intervento per la realizzazione di sale cinematografiche; l'individuazione, sul territorio nazionale, delle aree privilegiate di investimento; l'individuazione degli obiettivi per la promozione delle attività cinematografiche. Si segnala, inoltre, che l’articolo 5-bis del D.L. 250 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27 ha esteso la programmazione della Consulta territoriale per le attività cinematografiche anche alla programmazione stagionale e alla co-distribuzione e realizzazione di mostre e festival di rilevanza nazionale e internazionale, nonché alla pubblicazione, diffusione e conservazione di riviste e opere riguardanti la cinematografia.

[30]    A tal fine, il nuovo articolo 13 del D.Lgs. n. 28 del 2004 prevede l’erogazione di un contributo “pro quota” al costo del film (in misura non superiore al 50 per cento del costo del film per i lungometraggi e fino al 100 per cento per i cortometraggi di interesse culturale, per un costo industriale massimo definito con decreto ministeriale). Lo Stato acquisisce la completa titolarità dei diritti del film qualora entro cinque anni dall’erogazione non sia restituita almeno una quota parte delle risorse erogate, da definirsi mediante decreto ministeriale insieme con le modalità di erogazione del contributo stesso.

[31]    Trattato 25 marzo 1957, nella versione in vigore dal 1° febbraio 2003.

[32]   Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[33]   Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[34]   L’Anagrafe tributaria è stata istituita dal D.P.R. n. 605 del 1973 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti): essa consiste in un sistema informativo elettronico in cui sono immagazzinate le principali notizie risultanti dalle dichiarazioni fiscali. Si ricorda che l’articolo 1, comma 56, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha istituito il  sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria. La finalità di tale sistema consiste nella condivisione e nella gestione coordinata delle informazioni dell’intero settore pubblico, per l’analisi ed il monitoraggio della pressione fiscale e dell’andamento dei flussi finanziari.

[35]   Recante “Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti”.      In base all’articolo 7, comma 6, di tale decreto – come modificato dall’art. 37, co. 4, del d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 - le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti, nonché  la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari, compreso il codice fiscale. Con Provv. 19 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 15 febbraio 2007, n. 38, S.O.) sono stati definiti le modalità e i termini di comunicazione dei dati all'Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari di cui al predetto comma 6.

[36]   Codice in materia di protezione dei dati personali.

[37]   Articolo aggiunto dall’art. 5 del decreto legislativo n. 130/2000 recante Disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, in materia di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate.

[38]   “Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell'articolo 3, comma 136, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”.

[39]   Per quanto riguarda la disciplina della mobilità per il personale delle pubbliche amministrazioni, si rinvia alla ricostruzione contenuta nella scheda relativa all’articolo 148.

[40]    Si ricorda che il citato articolo 35, comma 4 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

      Il comma 4-bis del medesimo articolo 35 estende la procedura autorizzatoria tramite apposito D.P.C.M., prevista dal precedente comma 4 per l’avvio delle procedure di reclutamento del personale a tempo indeterminato, alle procedure di reclutamento dirette a selezionare personale a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, precisando che l’avvio delle procedure di reclutamento debba tener conto degli aspetti finanziari e dei criteri di cui al successivo articolo 36 (relativi ai limiti per l’utilizzazione di forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale) .

[41]    “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell' articolo 375 del codice di procedura civile”.

[42]    L’inciso “nei limiti del presente comma” sembrerebbe riferito ai limiti di spesa (20% del Fondo di cui all’art. 1, comma 96, ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311,) nell’ambito dei quali si può procedere alla stabilizzazione.

[43]    Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229.

[44]L. 6 febbraio 2004, n. 36, Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato.

[45]    “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30”.

[46]    “Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione”. L’articolo 8, comma 3, in particolare prevede che, in materia di licenziamenti collettivi, gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra per una durata temporanea.

[47]    Tale comma, nelle ipotesi di somministrazione irregolare, prevede che tutti i pagamenti effettuati dal somministratore, a titolo retributivo o di contribuzione previdenziale, valgono a liberare il soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione dal debito corrispondente fino a concorrenza della somma effettivamente pagata. Tutti gli atti compiuti dal somministratore per la costituzione o la gestione del rapporto, per il periodo durante il quale la somministrazione ha avuto luogo, si intendono come compiuti dal soggetto che ne ha effettivamente utilizzato la prestazione

[48]   Em. 14.61 del Relatore, approvato nella seduta del 7 dicembre 2007.

[49]    Legge 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.

[50]    Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione, Relazione I semestre 2007.

[51]    Legge 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004).

[52]    Procedura 2005/5041. 

[53]   Ai sensi dell’articolo 59, comma 5, del D. Lgs. n. 300 del 1999.

[54]   Il corrisponde centro di responsabilità nel’ambito MEF è il Dipartimento per le politiche fiscali.

[55]   Ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del D. Lgs. n. 165 del 2001.

[56]   Ai sensi dell’articolo 17, comma 4-bis della legge n. 400 del 1988.

[57]   Articolo 71 del D. Lgs. n. 300 del 1999.

[58]   Si ricorda che tale atto di indirizzo è previsto all’articolo 59 del D. Lgs. n. 300 del 1999. Esso è trasmesso al Parlamento, dopo l'approvazione del Documento di programmazione economica-finanziaria ed in coerenza con i vincoli e gli obiettivi stabiliti in tale documento. Con tale atto si determinano annualmente, e comunque entro il mese di settembre, per un periodo almeno triennale, gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria, le grandezze finanziarie e le altre condizioni nelle quali si sviluppa l'attività delle agenzie fiscali.

[59]   Cfr. emendamento del Governo 15.7.

[60]    Al riguardo, si osserva che ai sensi dell'articolo 211, il funzionario addetto all'ufficio quantifica l'importo dovuto per spese sulla base degli atti, dei registri, delle norme che individuano la somma da recuperare, e prende atto degli importi stabiliti nei provvedimenti giurisdizionali per le pene pecuniarie, per le sanzioni amministrative pecuniarie e per le sanzioni pecuniarie processuali, specificando le varie voci dell'importo complessivo. Ai sensi del successivo articolo 212, passato in giudicato o divenuto definitivo il provvedimento da cui sorge l'obbligo o, per le spese di mantenimento, cessata l'espiazione della pena in istituto, l'ufficio notifica al debitore l'invito al pagamento dell'importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, in caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti.  Entro un mese dal passaggio in giudicato, o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo, o dalla cessazione dell'espiazione della pena in istituto, l'ufficio chiede la notifica, ai sensi dell'articolo 137 e seguenti del codice di procedura civile, dell'invito al pagamento cui è allegato il modello di pagamento. Nell'invito è fissato il termine di un mese per il pagamento ed è richiesto al debitore di depositare la ricevuta di versamento entro dieci giorni dall'avvenuto pagamento. Da ultimo, ai sensi dell'articolo 213 l'ufficio procede all'iscrizione a ruolo scaduto inutilmente il termine per l'adempimento, computato dall'avvenuta notifica dell'invito al pagamento e decorsi i dieci giorni per il deposito della ricevuta di versamento.

[61]   Ai sensi del comma 121, primo periodo, della suddetta legge finanziaria per il 2007, l'attività di locazione immobiliare si considera svolta in via prevalente se gli immobili posseduti a titolo di proprietà o di altro diritto reale ad essa destinati rappresentano almeno l'80 per cento dell'attivo patrimoniale e se, in ciascun esercizio, i ricavi da essa provenienti rappresentano almeno l'80 per cento dei componenti positivi del conto economico. La disposizione chiarisce inoltre che, nel verificare il rispetto dei suddetti parametri relativi l'attivo patrimoniale e dei componenti positivi del conto economico, assumono rilevanza anche le partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell'art. 11, comma 2, del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, detenute in altre SIIQ ovvero in società che esercitino l’opzione al regime speciale, a condizione che una SIIQ ne detenga almeno il 95% dei diritti di voto e dei diritti di partecipazione agli utili.

[62]   Si ricorda che il regime speciale può essere esteso, in presenza di opzione congiunta, alle società per azioni residenti non quotate, svolgenti anch'esse attività di locazione immobiliare in via prevalente e in cui una SIIQ, anche congiuntamente ad altre SIIQ, possieda almeno il 95 per cento dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria e il 95 per cento di partecipazione agli utili.

[63]   La ritenuta non è operata in ogni caso sugli utili corrisposti alle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252; sugli utili corrisposti agli organismi d'investimento collettivo del risparmio istituiti in Italia e disciplinati dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58; sugli utili che concorrono a formare il risultato maturato delle gestioni individuali di portafoglio di cui all'art. 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

[64]   "Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo".

[65]   Si tratta dei regolamenti previsti dall'articolo 80, commi 4, 5 e 6, del predetto decreto legislativo n. 58/1998. In particolare, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, determina con regolamento i requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nella società. Tale regolamento stabilisce le cause che comportano la sospensione temporanea dalla cariche e la loro durata.  Inoltre, il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato sentite la CONSOB e la Banca d'Italia, determina i requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale delle società che hanno ad oggetto tale gestione accentrata degli strumenti finanziari, individuando la soglia partecipativa a tal fine rilevante.

[66]   Ai sensi dell’articolo 204 del D. Lgs. n. 58 del 1998.

[67]   Ai sensi del comma 1, articolo 27-bis, del DPR n. 600/73.

[68]    Legge 31 ottobre 1965, n. 1261, Determinazione dell’indennità spettante ai membri del Parlamento.

[69]    Legge 23 dicembre 2005 n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[70]    I dati numerici riportati nella presente scheda sono pubblicati nei siti internet della Camera dei deputati (http://www.camera.it/deputatism/4385/documentotesto.asp) e del Senato della Repubblica (http://www.senato.it/composizione/21593/111577/genpagina.htm).

[71]    Per i membri della Camera dei deputati, la diaria ammonta attualmente a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato da quelle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni che avvengono con il procedimento elettronico. È considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata.

      Per i senatori, la diaria ammonta a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 258,23 euro per ogni giorno di assenza del senatore dalle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni qualificate e verifiche del numero legale. È considerato presente il Senatore che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata.

[72]    Legge 23 dicembre 1998, n. 448, Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[73]    L’adeguamento relativo all’anno 2007 è stato disposto con d.p.c.m. del 27 aprile 2007 che ha previsto un incremento dei trattamenti rispetto a quelli in godimento alla data del 1° gennaio 2006 in misura pari a 4,28 per cento.

[74]    Nelle premesse al decreto si rileva che, in mancanza di una elaborazione specifica dell’ISTAT riferita al criterio di calcolo individuato dal comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, si è individuato un possibile parametro di riferimento per l’aggiornamento dei trattamenti nel dato di contabilità nazionale relativo all’incremento nel periodo di riferimento della retribuzione pro capite lorda nella Pubblica Amministrazione (pari al 13,30 per cento), precisandosi tuttavia che tale dato non può essere tenuto presente in toto e giustifica quindi l’attribuzione, salvo conguaglio, di un aumento identico a quello stabilito nel precedente d.p.c.m.

[75]    A.C. 1746, art. 64.

[76]    A.S. 1817.

[77]    Legge 13 agosto 1979 n. 384, Trattamento dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.

[78]    Legge 9 novembre 1999 n. 418, Disposizioni in materia di indennità dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato non parlamentari.

[79]    Legge 8 aprile 1952, Revisione del trattamento economico dei dipendenti statali.

[80]    D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1999, n. 203, S.O..

[81]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (c.d. Bassanini 1), art. 11, co. 1, lett. a).

[82]    D.L. 12 giugno 2001, n. 217, Modificazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché alla legge 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2001, n. 317.

[83]    D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[84]    Mediante l’approvazione dell’emendamento 17.10 del Governo (seduta del 5 dicembre 2007).

[85]    Si può dunque ritenere che il riassetto possa coinvolgere anche la Presidenza del Consiglio, pur non essendo questa disciplinata dal D.Lgs. 300/1999 bensì dal parallelo D.Lgs. 303/1999.

[86]    D.L. 26 aprile 2005, n. 63, Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore, e altre misure urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2005, n. 109.

[87]    Il comma 2 citato trasferisce inoltre alla Presidenza del Consiglio la segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), il Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) e l’Unità tecnica - finanza di progetto (UTPF) di cui all’art. 7 della L. 17 maggio 1999, n. 144, già operanti presso il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze.

[88]    D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell’àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, conv. con mod. dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.

[89]    L’Unità è stata costituita con D.P.C.M. 12 settembre 2006.

[90]    Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[91]    L’art. 17, co. 4-bis così recita: “L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

-        riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

-        individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

-        previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

-        indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

-        previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali”.

[92]    L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[93]    Per tale definizione v. S. Labriola II governo della repubblica: organi e poteri: commento alla legge 23 agosto 1988, n. 400.

[94]    La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.S. 1818) evidenziava che i commissari straordinari nominati ai sensi dell’art. 11 della L. 400/1988 non superano le 15 unità.

[95]    Per un esempio cfr. art. 5 del D.P.R. 27 febbraio 2004, Nomina del commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, ai sensi dell'art. 11 della L. 23 agosto 1988, n. 400, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2004, n. 97.

[96]    In tal senso si veda l’art. 3 del DPR 13 luglio 2007, Nomina del Commissario straordinario per ampliamento dell’insediamento militare americano all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza.

[97]   Il saldo finanziario considerato dal comma 678, ai fini della determinazione del concorso alla manovra, è calcolato in termini di cassa quale differenza tra entrate finali e spese finali, risultanti dai conti consuntivi (comma 680) .Nel computo del saldo sono pertanto ricomprese tutte le voci di entrata e di spesa, sia di parte corrente che in conto capitale, con la sola esclusione delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, vale a dire, delle voci di entrata e di spesa di carattere finanziario.

[98]   Più precisamente, il comma 688 della legge n. 296/2006 dispone che per gli enti  commissariati a decorrere dall'anno 2007 per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), le regole del patto di stabilità interno si applicheranno a partire dall’anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali.

[99]   Il SIOPE (istituito dall’articolo 28 della legge finanziaria per il 2003) consiste, sostanzialmente, in un sistema di rilevazione telematica di tutte le operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai cassieri delle amministrazioni pubbliche, rese omogenee attraverso un sistema di codificazione uniforme per tipologia di enti, che permette di rilevare in tempo reale le informazioni sui flussi di cassa delle amministrazioni, anche al fine di migliorare la conoscenza dei conti pubblici nazionali e garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni previste dall'art. 104 del trattato istitutivo della Comunità Europea, relativo alla procedura sui disavanzi eccessivi.

[100]Per quanto concerne la Libera Università di Aosta, il D.Lgs. 21-9-2000 n. 282 reca norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta in materia di potestà legislativa regionale inerente il finanziamento dell'università e l'edilizia universitaria e il DM 31-10-2000 reca l’autorizzazione all'Università (....) a rilasciare titoli di studio universitari aventi valore legale. Gli articoli 1 e 2 della L.R. 4-9-2001 n. 25 (modificati da ultimo dall’art. 46, comma 1, L.R. n. 34/2005) dispongono infine il finanziamento dell’Università mediante trasferimenti annuali correnti e di investimento, posti a carico del bilancio della regione. L’ammontare annuo complessivo tiene conto degli oneri gravanti sul bilancio dello Stato.

      Per la Libera Università di Bolzano, l’art. 18 della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 11 (assestamento bilancio 1997) dispone il finanziamento della Università di Bolzano, tenuto conto dei contributi annuali versati dallo Stato. Ogni anno viene quindi finanziato il relativo capitolo di bilancio (04130.00).

[101]Nell’Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, nell’aggiornamento relativo al 2006 e pubblicato nella GU n. 174 del 28-7-2006, alla voce “Universita' e istituti di istruzione universitaria pubblici” è specificato che sono incluse in tale tipologia l'Universita' della Valle d'Aosta, la Libera Universita' di Bolzano, l'Universita' di Urbino, l'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.

[102]  Le decisioni a ciò relative si fondano su una tecnica di gestione integrata dell’attivo e del passivo (cosiddetto Asset liability management) che prevede un’analisi articolata in quattro passaggi: - determinazione del rischio complessivo attuale, mediante raccolta dei dati sulla struttura del bilancio che individui, in un periodo pluriennale, le conseguenze derivanti dalla scadenza delle attività e delle passività in esso presenti; - effetto di possibili variazioni dei tassi d’interesse nel periodo considerato; - confronto tra il rischio effettivo risultante dalle analisi sub 1) e 2) con il rischio voluto, ossia il livello di rischio che s’intende affrontare; - eventuale introduzione di strumenti finanziari volti a ridurre l’esposizione al rischio, tenendo conto anche dei costi dei relativi contratti.

[103]  l primo si concreta, per i contratti di swap, in un andamento dei tassi d’interesse diverso dalle previsioni sulla cui base è stata impostata l’operazione. Esso risulta tanto maggiore quanto più lungo è l’orizzonte temporale del rapporto, che rende difficile prevedere gli andamenti futuri dei tassi e, quindi, la convenienza delle scelte da operarsi inizialmente. Per il suo contenimento possono essere utilizzate opzioni cap e collar, che accrescono ovviamente il costo del contratto. Qualora l’andamento del mercato sia diverso da quello atteso, è inoltre possibile valutare la convenienza dell’uscita da un’operazione di swap, che può realizzarsi attraverso un’operazione di effetto contrario (reversing), ovvero con la cessione ad un terzo (assigning) o, infine, con mediante accordo con la controparte per porre termine al contratto dietro pagamento del suo valore di mercato (unwinding). Il secondo si riferisce alla possibilità d’insolvenza della controparte con cui è stato stipulato il contratto. Esso può venire stimato sulla base del merito di credito (rating) di tale soggetto. Nell’esecuzione del contratto, è minore se i termini per la regolazione dei flussi di pagamento delle due parti coincidono (con versamento del solo differenziale). Sul complesso dei rapporti contrattuali può venire limitato attraverso un’opportuna diversificazione delle controparti.

[104]  In primo luogo, si è rilevato che lo sfasamento temporale esistente tra flussi di uscita e di entrate nei loro bilanci (a data tendenzialmente fissa i primi, con periodicità spesso irregolare i secondi, nella forma sia dei trasferimenti statali sia delle entrate proprie) impone una gestione indipendente di attivo e passivo. Inoltre si è osservato che nella gestione del passivo di tali enti può riuscire utile diversificare la struttura del debito, sovente concentrato in alcune categorie di tasso, con il principale fine di renderla più flessibile, riducendo i rischi connessi all’oscillazione, e di realizzare economie sugli interessi da pagare nel breve periodo. Per l’impiego di swap a questo fine si è rilevata l’esigenza di considerare non singole posizioni debitorie, bensì l’esposizione complessiva dell’ente; è stata ricordata altresì la necessità di analizzare previamente le tendenze del mercato per desumerne proiezioni di medio e lungo periodo sul possibile andamento dei tassi, di adottare obiettivi di copertura caratterizzati da basso livello di rischio, di verificare i risultati dell’operazione nel corso del suo svolgimento per rimodularne le caratteristiche secondo l’evoluzione del mercato. Inoltre, si è richiamata l’opportunità di comparare la convenienza dell’impiego degli strumenti finanziari derivati rispetto ad altre possibili forme di ristrutturazione del debito (estinzione o rinegoziazione) e, comunque, le diverse condizioni offerte dagli operatori e l’adeguatezza degli elementi dei contratti – la cui conformazione può essere modellata in aderenza alle specifiche necessità del caso – rispetto alle effettive esigenze dell’ente.

[105]  Le obbligazioni possono essere emesse esclusivamente a fronte di un preciso investimento chiaramente individuato, e il ricavo netto dell’emissione deve essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle acquisizioni che si intendono effettuare. L’emissione di titoli non può dunque essere in alcun caso operazione di acquisizione di mezzi finanziari non finalizzati.

[106]  È opportuno sottolineare che l'indebitamento mediante titoli degli enti territoriali si configura come raccolta di risparmio, definita dall'articolo 11, comma 1, del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) come l'attività che si esercita attraverso l'acquisizione di fondi con obbligo di restituzione sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma. L'elemento qualificante della fattispecie è pertanto costituito dall'obbligo della restituzione, che vale a distinguere la raccolta di risparmio in oggetto dalla raccolta di risparmio cosiddetto "di rischio". Più specifico è invece il criterio che individua la nozione di "sollecitazione del pubblico risparmio", che presuppone un'operatività limitata ai mercati regolamentati.

[107]  A tal fine i predetti enti sono tenuti a comunicare periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria. La definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento nonché dell’invio dei dati sono demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, recante altresì le norme relative all’ammortamento del debito e all’utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti. A quest’adempimento si è provveduto con il decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389.

[108]  In tal modo, sono stati eliminati l'obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l'obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze), e per conoscenza al Ministero dell'interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.

[109]  Tale regolamento prevede, all’articolo 1, che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunicano entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse. Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro, che entro dieci giorni può indicare, con determinazione motivata, il momento più opportuno per l'attuazione dell'operazione. In mancanza, l'operazione potrà essere conclusa entro venti giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione, nei casi di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, e nei termini indicati dagli enti in tutti gli altri casi. Restano escluse dalla comunicazione preventiva le operazioni di provvista con oneri a carico del bilancio dello Stato, per le quali si applicano le specifiche disposizioni di legge. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR. L’articolo 2 reca disposizioni sull’ammortamento del debito. L’articolo 3 riguarda specificamente le operazioni in strumenti derivati.

[110]  In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004). Sono state inoltre enunziate alcune linee guida. Il criterio dell'attività di coordinamento dell'accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento. Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento. Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento. La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.

[111]  Nello swap plain vanilla una delle controparti riceve periodicamente (di solito ogni semestre) un pagamento variabile legato ad un indice (ad es. Libor), e paga un tasso d’interesse fisso (ad es. il rendimento di una particolare categoria di titoli di Stato aumentato di un differenziale).

[112]  Si tratta di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale (articolo 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000).

[113]  Ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) per «strumenti finanziari» si intendono:

-        valori mobiliari;

-        strumenti del mercato monetario;

-        quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;

-        contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

-        contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;

-        contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione;

-        contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;

-        strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;

-        contratti finanziari differenziali;

-        contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini.

      Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del TUF, per “strumenti finanziari derivati” devono intendersi gli strumenti finanziari previsti dal sopra richiamato comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j) nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera d) dell’articolo 1 del TUF.

      Secondo il comma 2-bis dell’articolo 1 del TUF, il Ministro dell'economia e delle finanze, con il regolamento di cui all'articolo 18, comma 5, individua:

-        gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine;

-        gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine.  

      In generale, con la definizione di “strumenti finanziari derivati” s’intendono attività finanziarie il cui valore è determinato da quello di altri titoli scambiati sul mercato. Tra questi, gli strumenti negoziati sui mercati regolamentati sono i futures e le opzioni; quelli scambiati sui mercati non regolamentati (over-the-counter), rappresentati da contratti stipulati fra due parti, sono gli swap e i contratti forward.

[114]  Da ultimo, la legge 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 38-40 - Legge finanziaria 2005 e la legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 148 – Legge finanziaria 2006

[115]Più precisamente, l’art. 1, co. 1-bis, del D.L. n. 314/2004 richiama l'articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 80/2004 (legge n. 140/2004), che prevedeva l’applicazione, nell’esercizio finanziario 2005, delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002).

[116]  In particolare, l’articolo 141, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000 dispone che i consigli comunali e provinciali siano sciolti:

-        quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

-        quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:

-        impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;

-        dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;

-        cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;

-        riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

-        quando non sia approvato nei termini il bilancio;

-        nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1.000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (lettera aggiunta dal comma 7 dell’articolo 32 del D.L. n. 269/2003, conv. dalla legge n. 326/2003).

[117]Secondo lo schema generale delineato dal decreto legislativo n. 504/1992, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci diprovince e comuni con l'assegnazione dei seguenti fondi:

-        “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

-        “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

-        “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI).

      Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

[118]  Più precisamente, il citato articolo 24, nell’ambito della disciplina del Patto di stabilità interno per l’anno 2002, disponeva, al comma 9, una riduzione progressiva dei trasferimenti erariali correnti spettanti a comuni e province nel triennio 2002-2004, nell’ordine dell'1% nel 2002, del 2% nel 2003 e del 3% nel 2004, a valere sul complesso dei Fondi ordinario, perequativo e consolidato.

      In base alla relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2002, il taglio progressivo dei trasferimenti correnti nei tre anni è stato quantificato in complessivi 339,2 milioni di euro per il 2004, di cui 227 milioni di euro a valere sul Fondo ordinario, 68 sul Fondo consolidato e 44,1 milioni di euro sul Fondo perequativo.

[119]  A tal fine, le risorse che vengono considerate sono quelle costituite dai contributi ordinari (al netto della mobilità del personale, del rimborso per i minori introiti derivanti dall’imposta sulle insegne d’esercizio e del contributo per la fusione dei comuni), consolidati e perequativi attribuiti nel 2003, maggiorati, per i comuni, dal gettito dell’I.C.I. parametrato all’aliquota del 4 per mille (a suo tempo detratto dai trasferimenti) e dei maggiori introiti derivanti dall’addizionale energetica.

[120]Il comma 703 della legge finanziaria dello scorso anno assegna, per ciascuno degli anni 2007-2009, contributi in favore degli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali. In particolare:

-        55 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente ultrasessantacinquenne sia superiore al 30% della popolazione complessiva;

-        71 milioni, in favore dei comuni nei quali la popolazione residente al di sotto dei 5 anni sia superiore al 5% della popolazione complessiva;

-        42 milioni, per finalità di investimento, in favore dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane;

-        contributo di 20 milioni di euro in favore delle comunità montane.

[121]Per il 2004 dall'art. 2, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, per il 2005 dall’articolo 1, comma 65, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per il 2006 dall’art. 1, comma 152, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e per il 2007 dell’art. 1, co. 697, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[122]  La compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è stata istituita, per i comuni, dall’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), per il solo anno 2002. La disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 25, comma 5, della legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002) ed estesa all’anno 2003, come entrata transitoria per i comuni, in attesa della piena applicazione della disciplina dell’addizionale all’IRPEF, di cui al decreto legislativo n. 360/1998. L’aliquota di compartecipazione, inizialmente fissata al 4,5% del riscosso in conto competenza affluente al bilancio dello Stato per l’esercizio finanziario precedente, è stata aumentata al 6,5% per l’anno 2003 dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003). La medesima disposizione ha altresì istituito, per lo stesso anno 2003, una compartecipazione al gettito dell’IRPEF anche per le province, nella misura dell’1%, in tutto analoga a quella già attuata per i comuni.

[123]Decreto legge n. 159 del 1 ottobre 2007, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 29 novembre 2007.

[124]Legge n. 557 del 30 dicembre 1993, recante Ulteriori interventi correttivi di finanza pubblica per l'anno 1994.

[125]Ciò è previsto dal combinato disposto degli articoli 1 e 2 del D.lgs. n. 504 del 1992 , recante “Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, e degli articoli 27, 36 commi 1 e 2, e 42 del Testo unico delle Imposte sui redditi. (D.P.R. n. 917 del 1986).

[126]  D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[127]  Introdotto dall’art. 1, co. 480, lett. c), della legge finanziaria 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311).

[128]  Per tali soggetti, ai sensi del medesimo articolo, la tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni è ridotta alla metà.

[129]  Regolamento emanato ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della L. 23 dicembre 1999, n. 488, recante la disciplina e i criteri di ripartizione del fondo, istituito presso il Ministero dell'interno, per il contenimento delle tariffe applicate dagli enti locali ed alimentato con le risorse finanziarie derivanti dall'assoggettamento ad IVA di prestazioni di servizi non commerciali affidati dagli enti locali a soggetti esterni all'amministrazione.

[130]  D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[131]  Pubblicato nella G.U. n. 255 del 2 novembre 2007.

[132]  Così la circolare del Ministero dell’interno 2 novembre 2007.

[133]  D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[134]L. 3 agosto 1999 n. 265, Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla L. 8 giugno 1990, n. 142.

[135]Convertito con modificazioni dalla legge n. 35 del 1995.

[136]Convertito con modificazioni dalla legge n. 438 del 1995.

[137]  D.Lgs. 18-08-2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[138]Corte costituzionale, sentenza n. 229 del 2001.

[139]Corte costituzionale, sentenza n. 244 del 2005.

[140]  D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[141]  Si veda il documento trasmesso dall’Unione nazionale comunità montane in occasione dell’audizione presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato l’8 ottobre 2007.

[142]L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.

[143]Il riferimento è alla popolazione che risiede nel territorio classificato come montano, con esclusione di quella residente nei territori non classificati come montani pur essendo inclusi nel perimetro della comunità.

[144]  L.R. 6 marzo 1986, n. 9, Istituzione della Provincia regionale (art. 45).

[145]  La Corte ha già avuto occasione di affermare, con specifico riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., che la competenza primaria attribuita alle Regioni a statuto differenziato in materia di ordinamento degli enti locali «non è intaccata dalla riforma del titolo V, parte seconda della Costituzione, ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti definiti dagli statuti» (sentenze n. 238/2007, n. 48/2003).

[146]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (nel prosieguo: TUEL).

[147]A.C. 1942 e abbinati, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali.

[148]In questo senso anche l’art. 1, comma 2, del TUEL.

[149]L’emendamento (Em. 26.147 del Relatore) ha modificato i commi 1, 2, 3, 6, 7 e 8, e ha aggiunto i commi 6-bis e 8-bis..

[150]Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:

-        da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;

-        da 50 membri nei comuni con più di 500.000 abitanti;

-        da 46 membri nei comuni con più di 250.000 abitanti;

-        da 40 membri nei comuni con più di 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;

-        da 30 membri nei comuni con più di 30.000 abitanti;

-        da 20 membri nei comuni con più di 10.000 abitanti;

-        da 16 membri nei comuni con più di 3.000 abitanti;

-        da 12 membri negli altri comuni.

[151]Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:

-        da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

-        da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;

-        da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;

-        da 24 membri nelle altre province.

[152]Il riferimento ai “consiglieri” contenuto nella lettera b) del comma 2 dell’art. 26 sembrerebbe escludere gli assessori delle comunità montane e gli assessori o componenti del consiglio di amministrazione delle unioni di comuni.

[153]Si richiama in proposito l’osservazione contenuta nella nota precedente.

[154]Il vigente regolamento è stato approvato con D.M. 4 aprile 2000, n. 119. Il co. 10 dell’art. 82 prevede l’adeguamento degli importi ogni tre anni. Non essendo stato emanato un nuovo D.M., attualmente continua ad applicarsi il D.M. 119/2000 con le relative tabelle.

[155]Attualmente l’indennità è fissata in misura pari al 100 %.

[156]Il Ministero dell’interno, con la circolare 5 giugno 2000 n. 5/2000, Misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, ha precisato che, qualora gli organi intendano aumentare o diminuire gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza stabiliti dal D.M., attese le implicazioni d’ordine politico e gestionale-contabile della scelta, spetta necessariamente alla giunta ed al consiglio deliberare dette variazioni nei confronti, ciascuno, dei propri componenti. Va, altresì, tenuto conto che competenti a deliberare in ordine alle indennità di funzione spettanti ai presidenti dei consigli comunali e provinciali sono i rispettivi consigli, in quanto rileva l’appartenenza all’organo.

[157]Vale a dire: i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

[158]Del titolo II della parte I.

[159]Nel testo approvato dalla Commissione affari costituzionali del Senato, l’obbligo di aderire ad un’unica forma associativa era previsto anche per quanto riguarda le convenzioni. Con l’emendamento 14.750 del relatore, approvato dall’Assemblea il 9 novembre 2007 (pomerid.) tale obbligo è stato soppresso, lasciando libera per i Comuni la possibilità di stipulare convenzioni con altri Comuni. Il relatore ha osservato che la previsione soppressa sarebbe stata suscettibile di far aumentare le spese.

[160]Pubblicato nella Gazzetta ufficiale 7 aprile 2003, n. 87, S.O. n. 54.

[161]L. 8 aprile 1976, n. 278, Norme sul decentramento e sulla partecipazione dei cittadini nella amministrazione del comune.

[162]L. 8 giugno 1990, n. 142, Ordinamento delle autonomie locali.

[163]  L’art. 6 del TUEL prevede che gli statuti comunali e provinciali stabiliscono, tra l’altro, le forme di partecipazione popolare e di decentramento. Ai sensi dell’art. 8 del TUEL i comuni valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione.

[164]  I dati del censimento 2001 sono pubblicati nel D.P.C.M. 2 aprile 2003, Popolazione legale della Repubblica in base al censimento del 21 ottobre 2001.

[165]D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.

[166]L. 8 marzo 1989, n. 95, Norme per l'istituzione dell'albo e per il sorteggio delle persone idonee all'ufficio di scrutatore di seggio elettorale e modifica all'articolo 53 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

[167]L. 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999.

[168]La Commissione elettorale circondariale:

-        esamina le operazioni compiute dalla Commissione elettorale comunale e decide sui ricorsi presentati contro di esse;

-        cancella dagli elenchi formati dalla Commissione comunale i cittadini indebitamente proposti per la iscrizione o per la cancellazione, anche quando non vi sia reclamo;

-        decide sulle domande d’iscrizione o di cancellazione che possono esserle pervenute direttamente.

[169]L. 4 aprile 1985, n. 117, Norme per l’adeguamento degli onorari dei componenti gli uffici elettorali di sezione.

[170]D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[171]  Sentenze Corte costituzionale 390/2004, 417/2005, 449/2005, 88/2006

[172]       Si ricorda che lo schema di decreto legislativo correttivo al codice ambientale, su cui la Commissione ambiente ha espresso il parere di propria competenza nella seduta del 24 ottobre, prevede – attraverso due novelle all’art. 147 relativo all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e all’art. 150 sulla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento – l’unitarietà, anziché l’unicità, della gestione del servizio idrico integrato.

[173]  Il già richiamato schema di decreto legislativo correttivo richiede la condizione che i comuni gestiscano l’intero servizio idrico integrato, nonché il consenso dell’Autorità d’ambito competente.

[174]  Relativamente a quest’ultimo aspetto, con specifico riferimento alle tariffe del servizio idrico, non mancano considerazioni di segno opposto in merito alla necessità di elevare le tariffe sia per evitare gli sprechi che per consentire agli enti gestori adeguati investimenti sulle reti. Si richiama in proposito la posizione di Federutility (http://www.confservizicampania.it/­stampa_zoom.php?id=167) circa il fatto che “in Italia si registrano i consumi d'acqua pro-capite più elevati che nel resto d'Europa, accompagnati anche dalle tariffe più basse pagate dagli utenti per l'intero ciclo integrato (acqua potabile, fognature, depurazione)”. Da uno studio di Federutility “emergono infatti dati interessanti che rivelano le abitudini dei cittadini nel loro rapporto con le risorse idriche. A Berlino, dove l'acqua costa 4,30 euro ogni mille litri, i cittadini hanno un consumo pro-capite al giorno di 117 litri, mentre a Roma o a Torino (dove la tariffa varia tra i 0,78 ed i 0,81 euro al metro cubo) si superano tranquillamente i 220 litri per persona al giorno. A livello internazionale, anche extraeuropeo, sono poche le metropoli in cui il prezzo dell'acqua è al di sotto della media nazionale italiana. Solo Buenos Aires (0,17 euro/mc); Sao Paulo (0,68), Atene, Hong Kong , Miami e poche altre grandi città, registrano tariffe del servizio idrico integrato (acqua potabile, fognatura, depurazione) comparabili con quelle italiane”. In una nota diffusa sul web (http://www.enel.it/attivita/novita_eventi/energy_views/faq/index_10.asp) e basata su dati Eurostat, l’Enel evidenzia che “i consumi domestici medi per abitante sono in Italia assai più elevati che non in altri Paesi europei con tenore di vita più alto e ciò anche perché le tariffe non incentivano un consumo più attento: sono tra le più basse di tutti i Paesi occidentali. Il prezzo medio dell’acqua potabile è in Italia meno della metà di quello inglese, un terzo di quello svedese e circa un quinto di quello tedesco. Contrariamente a quanto avviene negli altri Paesi, il ridotto valore monetario del bene è altresì causa di usi impropri (ad esempio innaffiamento dei giardini o pulizia delle autovetture con acqua potabile) e di limitato interesse alla manutenzione degli impianti interni e al controllo delle perdite”.

      Sul punto, si richiama, infine, l’articolo 154 del codice ambientale che, al comma 6, prevede che “nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e industriali”. Insomma, se proprio vogliamo abbassare le tariffe facciamolo solo per certe categorie.

[175]  Si ricorda che la deliberazione 27 luglio 1984 prevedeva una classificazione delle discariche in categorie (di I categoria per rifiuti solidi urbani, rifiuti speciali assimilati agli urbani, fanghi non tossici e nocivi; di II categoria suddivise, a loro volta, in discariche di Tipo A per i soli rifiuti inerti e di Tipo B (per rifiuti sia speciali che tossici e nocivi, tal quali o trattati, a condizione che non contengano – in determinate concentrazioni - sostanze appartenenti ai gruppi 9-20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al D.P.R. n. 915/1982 e di III categoria per rifiuti tossici e nocivi contenenti sostanze appartenenti ai gruppi 9, 20 e 24, 25, 27, 28 di cui all'allegato al D.P.R. n. 915/ anche in concentrazioni superiori a una determinata soglia fissata dalle stesse norme). Tale delibera contiene, inoltre, condizioni e limiti di accettabilità per lo smaltimento in discarica dei rifiuti.

[176]D.P.R n. 398/2003, recante Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico. (Testo A).

[177]In particolare, il sopra citato comma 8 prevede che qualora alla chiusura giornaliera della contabilità della Banca d'Italia dovesse risultare un saldo a debito del Ministero, la Banca lo scrittura in un conto provvisorio, regolato al tasso ufficiale di sconto, ne dà immediata comunicazione al Ministro e non effettua ulteriori pagamenti per il servizio di tesoreria fino a quando il debito non risulti estinto.

[178]Il comma 6 dell’articolo 5 vieta sul Conto disponibilità sequestri, pignoramenti, opposizioni o altre misure cautelari. Non sono altresì ammessi sequestri, pignoramenti, opposizioni o altre misure cautelari notificati alla Banca d'Italia ed ai partecipanti al collocamento dei titoli di Stato risultati assegnatari in sede d'asta e volti a colpire il ricavato del collocamento di tali titoli non ancora affluito al predetto conto. Gli atti compiuti in violazione della presente norma sono nulli e la nullità deve essere rilevata d'ufficio dal giudice. Tali atti non comportano pertanto alcun onere di accantonamento sulle giacenze del conto e sulle somme provenienti dal predetto collocamento.

[179] Il Ministro può altresì, con proprio decreto, procedere ad una diminuzione dell'anzidetto importo in relazione ad una realizzata riduzione degli sfasamenti inframensili tra i flussi di incasso e di pagamento della Tesoreria statale.

[180]  Pubblicato in Gazz. Uff. 12 ottobre 2005, n. 238.

[181]Il D.L. 18 maggio 2006 n. 181, convertito con modificazioni nella legge 114/06, ha recato “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”. Il comma 2 dell’articolo 1 ha, tra l’altro, trasferito alla Presidenza del Consiglio, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, la segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), già istituita presso il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il trasferimento delle strutture è stato disposto con il DPCM 31 gennaio 2007 che ha incluso tra le spese afferenti le funzioni del trasferito Servizio centrale di segreteria del CIPE anche quelle relative al Fondo nazionale per la montagna.

[182]La Missione 1 assume il numero 21 nella tabella del Ministero dell’economia.

[183]In merito alla nuova collocazione in bilancio del Fondo per la montagna si segnala che la corrispondente autorizzazione di spesa era originariamente qualificata come spesa per investimenti (così l’allegato 7 del ddl finanziaria 2008 - A.S. 1817 - sull’originario art. 16). Viceversa l’allegato 7 del 22 novembre 2007 iscrive il rifinanziamento del Fondo per la montagna tra le “maggiori spese correnti – Altri interventi”, determinando così sotto il profilo contabile una dequalificazione della spesa.

[184]Natura 2000 è il nome che il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea ha assegnato ad un sistema coordinato e coerente (una "rete") di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione stessa, ed in particolare alla tutela di una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della Direttiva "Habitat", nonché delle specie di cui all'allegato I della Direttiva "Uccelli" e delle altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La Rete Natura 2000, ai sensi della Direttiva "Habitat" (art. 3), è costituita dalle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS). Attualmente la "rete" è composta da due tipi di aree: le Zone di Protezione Speciale, previste dalla Direttiva "Uccelli", e i Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC); tali zone possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione.(cfr.http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/rete_natura2000/rete_natura2000.asp.).

[185]D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, recante misure di definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[186]  Va rammentato che l’IMONT è a sua volta l’erede dell’Istituto per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna (INRM) che è stato istituito dall’articolo 5, comma 4, della legge 7 agosto 1997, n. 266, con il compito di coordinare e promuovere l'attività di studio e di ricerca nel settore, in collaborazione con regioni, enti locali, istituti e centri interessati europei e internazionali. Per l’organizzazione e il funzionamento dell’Istituto la norma rinviava ad un decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (D.M. 17 febbraio 1999, n. 72). Il D.Lgs. 204/1998 ha disposto che l’Istituto fosse finanziato nell’ambito del fondo ordinario degli enti del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica (articolo 7 comma 1).

      Successivamente l’articolo 6-bis, del D.L. n. 236/2002 ha disposto che l’Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna venisse riordinato e trasformato nell’Istituto nazionale per la montagna IMONT, con assegnazione della funzione di vigilanza sull’ente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La trasformazione e la definizione del regolamento del nuovo INMONT è stata approvata con la deliberazione n. 146, del 17 marzo 2004, che ha confermato all’ente una collocazione nell’ambito degli enti di ricerca.

[187]Gli accordi in oggetto sono stati stipulati - oltre che delle quattro regioni menzionate nel comma 1 del presente articolo (Lazio, Campania, Molise e Sicilia), anche dalle regioni Liguria ed Abruzzo. Tali regioni, che hanno presentato disavanzi strutturali, hanno concluso il suddetto accordo comprensivo del piano di rientro dal deficit sanitario nelle seguenti date: le regioni Lazio e Liguria, il 28 febbraio 2007, la regione Abruzzo il 6 marzo 2007, la regione Campania il 13 marzo 2007, la regione Molise il 27 marzo 2007 e la regione Sicilia il 31 luglio 2007.

[188]Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).

[189]Si ricorda che il procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro viene effettuato dal Tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, di cui rispettivamente agli articoli 12 e 9 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, con le modalità previste dagli accordi sottoscritti, ai sensi del citato articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[190]Tale disposizione è stata modificata dall’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge n. 296 del 2006.

[191]Tale Fondo transitorio è stato ripartito con decreto del Ministro della salute 23 aprile 2007.

[192]Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 maggio 2007, n. 64.

[193]Cfr. l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405.

[194]Le somme concernenti il citato ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario sono state ripartite con il decreto ministeriale 4 maggio 2007, Il suddetto importo di 3.000 milioni di euro è stato così ripartito: regione Abruzzo 144 milioni di euro; regione Campania 363 milioni di euro; regione Lazio 2.079 milioni di euro; regione Molise 202 milioni di euro; regione Sicilia 212 milioni di euro.

[195]Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

[196]Si ricorda che l’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha stabilito che il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è pari a 99.082 milioni di euro per l'anno 2008. Al riguardo, cfr. anche gli articoli 87 e 149, comma 7, del disegno di legge finanziaria per il 2008.

[197]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2007, n. 87.

[198]  Cfr. articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[199]Il D.Lgs. 56/2000 avrebbe dovuto comportare la trasformazione dell’intero sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario e concludersi nel 2013 con il superamento del criterio della “spesa storica” la stabilizzazione della perequazione delle capacità fiscali, il riconoscimento a ciascuna regione di parte del gettito derivante dai grandi tributi ai quali compartecipavano. L’emanazione del DPCM 14 maggio 2004, «Determinazione delle quote previste dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 – Anno 2002» ha reso numericamente evidenti gli effetti che sarebbero derivati dal progressivo abbandono del criterio della spesa storica nella ripartizione del fondo perequativo introdotto con il “federalismo fiscale”. Con il crescere della quota ripartita in base ai cosiddetti ‘parametri obiettivi’ stabiliti dall’allegato «A» le regioni con bassa capacità fiscale, più massicciamente dipendenti dall’ammontare della ‘perequazione’, avrebbero progressivamente perso parte dei trasferimenti che erano loro assicurati dalla invarianza della copertura della spesa storica: poco più che 98 milioni di euro nell’anno 2002, con la prima applicazione e la quota limitata al 5%; già 152 milioni di euro nell’anno successivo, quando la quota da ripartire secondo i parametri obiettivi sarebbe salita al 10%. A partire dal 2004 e sino al 2013 quella quota sarebbe aumentata del 9% annuo (19%, 28%, 37%, rispettivamente negli anni 2004, 2005 e 2006) raggiungendo nell’anno 2013 la quota massima del 100%. Nel 2013 la ‘spesa storica’ sarebbe divenuta una voce ‘per memoria’ ed il finanziamento del fabbisogno sanitario di ciascuna regione sarebbe stato assicurato integralmente secondo i ‘parametri obiettivi’. In questi la correzione della capacità fiscale effettuata fino al 90% (tramite il parametro «ß», o «coefficiente di solidarietà») avrebbe garantito la quasi totale perequazione delle basi imponibili lasciando soltanto il 10% dello sforzo fiscale di ciascuna regione come riconoscimento ad ognuna dell’apporto di quel territorio alla solidarietà generale. Questa prospettiva non si è realizzata: i numeri del decreto hanno fatto emergere la contraddizione fra la generale accettazione dei principi che avevano ispirato il decreto legislativo n. 56/2000 e la contestazione della loro concreta realizzazione nell’articolo 7.

[200]Il DPCM non risulta ancora pubblicato, l’Intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni il 18/10/2007, “Intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente la determinazione delle quote previste dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 per l’anno 2005” - Repertorio Atti n. 207/CSR, è disponibile nel sito http://www.palazzochigi.it/Conferenze/c%5Fstato%5Fregioni/atti/

[201]Intesa sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente la determinazione delle quote previste dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 per l’anno 2006. - Repertorio Atti n. 237/CSR del 15/11/2007, disponibile nel sito http://www.palazzochigi.it/Conferenze/c%5Fstato%5Fregioni/atti/

[202]Quest’ultima previsione è stata introdotta in Commissione Bilancio da un emendamento già in precedenza approvato dalla Commissione Affari esteri.

[203]Previsione anch’essa introdotta in Commissione Bilancio dall’emendamento ricordato in precedenza.

[204]L. 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[205]Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.

[206]Quest’ultima previsione è stata introdotta nel corso dell’esame in Commissione Bilancio della Camera.

[207]La legge finanziaria per il 2007 all’art. 1, comma 1317, ha autorizzato l’incremento del contingente in questione per non più di 65 unità, per consentire l’adempimento di obblighi assunti in sede europea in ordine al contrasto della criminalità organizzata e dell’immigrazione illegale, nel quadro della gestione della componente nazionale del “sistema informazione visti".

[208]Scheda tratta dal sito Internet del Ministero degli Affari esteri.

[209]Si tratta del Regolamento recante norme per l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, nonché delle relative funzioni dell’Amministrazione centrale del Ministero degli affari esteri.

[210]Ai sensi del comma 519 il richiamato personale deve almeno trovarsi in una delle seguenti situazioni:

-        sia già in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;

-        che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;

-        che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

[211]La rubrica dell’articolo è stata così modificata in conseguenza dell’emendamento – per il quale v. infra – che ha introdotto il comma 2-bis.

[212]  Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile.

[213]Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

[214]La base giuridica della decisione 2007/436/CE, Euratom, è rappresentata dall’art. 173 del Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica e dall’art. 269 del Trattato che istituisce la Comunità europea. In base all’art. 269 del Trattato “il bilancio dell’Unione europea, fatte salve le entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie”.

[215]Ossia quelli della tariffa doganale comune e gli altri diritti fissati dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri

[216]Cioè tutti i prelievi, supplementi, importi supplementari o compensatori, importi o elementi addizionali e altri diritti fissati dalle istituzioni comunitarie sugli scambi con i paesi non membri, nel quadro della politica agricola comune, nonché i contributi e altri diritti previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero

[217]Ottenuti mediante applicazione di un tasso inizialmente pari all’1%; secondo quanto stabilito nel corso del Consiglio europeo di Berlino (24-25 marzo 1999) il suddetto tasso è passato allo 0,75% nel 2002 e allo 0,50% nel 2004

[218]Per l’adozione delle disposizioni relative alle risorse proprie, l’articolo 269, paragrafo 1, del Trattato CE prevede una procedura particolare, che sfocia in una raccomandazione agli Stati membri ad adottare le disposizioni secondo le rispettive procedure costituzionali.

[219]Alla decisione 2000/597/CE, Euratom sulle risorse proprie della Comunità, è stata data attuazione mediante la legge 448/2001 (legge finanziaria per il 2002).

[220]Il Consiglio di Fontainebleau ha deciso nel giugno 1984 di introdurre la compensazione britannica, attraverso la quale il Regno Unito riceve una compensazione pari allo 0,66 per cento del suo saldo netto.

[221]Fonte: sito Internet del Ministero degli Affari esteri.

[222]Con successivo Decreto 8 agosto 2007 del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro del Commercio internazionale, è stato nominato Commissario generale del Governo per l'Esposizione Universale di Shanghai 2010 il prof. Beniamino Quintieri, ordinario di economia politica  presso l'universita' degli studi di Roma Tor Vergata.

[223]  In effetti, con successivo Decreto 31 agosto 2007 del Ministro degli Affari esteri il Ministro plenipotenziario Maria Assunta Accili Sabbatini è stata nominata  Segretario  generale  del  Commissariato generale per l'esposizione universale di Shanghai 2010.

[224]Si ricorda, in proposito che l’atto del governo n. 180, su cui la I Commissione della Camera ha espresso il parere in data 8 novembre 2007, recante schema di regolamento di riorganizzazione del Ministero degli Affari esteri, contiene all’art. 12 una disposizione finalizzata all’avvio della ristrutturazione della rete delle rappresentanze diplomatiche, consolari e degli istituti di cultura, in attuazione della lettera g) del comma 404 della legge finanziaria 2007, attraverso alcuni accorpamenti.

[225]Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero.

[226]Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.

[227]Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore”.

[228]  Norme per l’istituzione del servizio militare professionale.

[229]  Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore.

[230]  Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[231]  Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[232]  Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[233]  Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[234]  Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

[235]  Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005.

[236]  Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.

[237]  Riorganizzazione dell'area centrale del Ministero della difesa, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della L. 28 dicembre 1995, n. 549.

[238]  D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318, Regolamento per l'attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni.

[239]  D.M. 26 aprile 2001, Approvazione del listino relativo alle prestazioni obbligatorie per gli organismi di telecomunicazioni.

[240]  D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elettroniche.

[241] Procedura 2006/4404

[242]  Decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni.

[243]  D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[244]  Emendamento 38.9 del Governo.

[245]  L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[246]  D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio, n. 17, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa

[247]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[248]  D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217, Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell’articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252.

[249]  L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica.

[250]  Si tratta della Polizia di Stato, dipendente dal Ministero dell’interno, dell’Arma dei Carabinieri, dipendente dal Ministero della difesa, della Guardia di Finanza, dipendente dal Ministero dell’economia e delle finanze, della Polizia Penitenziaria,dipendente dal Ministero della giustizia, del Corpo forestale dello Stato, dipendente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

[251]  Legge 1 aprile 1981. n. 121, Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza.

[252]  Emendamento 39.45 (Nuova formulazione) del relatore, approvato, nella seduta del 7 dicembre 2007.

[253]  Articolo aggiuntivo Incostante 41.018.

[254]  Legge 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[255]L. 7 marzo 1996, n. 109, “Disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e all'articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Abrogazione dell'articolo 4 del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282”.

[256]  Legge 3 agosto 2004, n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tali matrici.

[257]L’art. 15 della L. 206 specifica che i benefici da essa previsti si applicano agli eventi verificatisi sul territorio nazionale a decorrere dal 1° gennaio 1961 e per gli eventi coinvolgenti cittadini italiani verificatisi all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2003. Peraltro, in deroga a tale disposizione, la L. 91/2006 ha previsto l’estensione dei benefici della L. 206/2004 anche ai familiari superstiti delle vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu l'11 novembre 1961.

[258]  Il co. 1-bis, introdotto dall’art. 1, co. 1270, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha esteso i benefici della L. 206/2004 ai familiari delle vittime del disastro aereo di Ustica del 1980 e ai familiari delle vittime, non ché ai superstiti, della così detta “banda della Uno bianca”. L’art. 34, co. 3, del D.L. 159/2007, convertito, con modificazioni, dalla L. 222/2007, ha inoltre novellato il co. 1 dell’art. 1 della L. 206, precisando che ai fini delle misure previste dalla legge, rientrano fra gli atti di terrorismo le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

[259]La disposizione è interpretata (v. circolare INPS n. 122 del 24 ottobre 2007) nel senso che la maggiorazione deve essere quindi riconosciuta ai soggetti con i quali vi è un rapporto di connubio al momento dell’evento terroristico e ai figli esistenti a tale momento indipendentemente dalla loro età anagrafica, nonché ai figli nati entro i trecento giorni successivi al verificarsi dell’evento stesso.

[260]D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[261]“Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”.

[262]Disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, a norma della legge 3 agosto 2004, n. 206, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2007.

[263]Entrambe le circolari sono pubblicate nei siti internet degli Istituti previdenziali.

[264]L. 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[265]L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[266]  L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche .

[267]  "Provvedimenti a favore del corpo degli agenti di investigazione, istituti con R.D. 14 agosto 1919, n. 1442".

[268]  "Modificazione dell'art. 14 del R.D.L. 13 marzo 1921, n. 261, concernente elargizioni a favore di famiglie di funzionari, ufficiali, sottufficiali ed agenti delle FF.AA. di polizia vittime del dovere". Si vedano anche il decreto legislativo del Capo dello Stato 22 luglio 1947, n. 836 ("Elargizioni a favore delle famiglie di funzionari, ufficiali, sottufficiali ed agenti delle Forze armate di polizia, vittime del dovere"); la legge 18 febbraio 1953, n. 116 ("Ratifica, con modificazioni, del decreto legislativo 22 luglio 1947, n. 836, concernente elargizione a favore delle famiglie di funzionari, ufficiali, sottufficiali ed agenti delle Forze armate di polizia, vittime del dovere"); la legge 22 febbraio 1968, n. 101 ("Rivalutazione della speciale elargizione a favore delle famiglie degli appartenenti alle forze di polizia caduti vittime del dovere e del contributo funerario a favore dei familiari del personale del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza deceduto in attività di servizio"); la legge 27 ottobre 1973, n. 629 ("Nuove disposizioni per le pensioni privilegiate ordinarie in favore dei superstiti dei caduti nell'adempimento del dovere appartenenti ai Corpi di polizia"); la legge 28 novembre 1975, n. 624 ("Provvidenze a favore dei superstiti dei caduti nell'adempimento del dovere appartenenti ai corpi di polizia").

[269]  "Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata".

[270]  "Regolamento recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata".

[271]  "Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso".

[272]  "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)".

[273]  "Disposizioni urgenti in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata", convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2003, n. 56.

[274]  "Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005".

[275]  "Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione".

[276]  "Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell'articolo 1, comma 565, della L. 23 dicembre 2005, n. 266".

[277]L. 3 agosto 2004 n. 206, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

[278]Modificazioni migliorative ai benefici previsti nel testo iniziale della L. 206/2004 sono state, in particolare, apportate dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, co. 792, 794 e 795) e dall’art. 34 del D.L. 159/2007, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[279]La circolare INPS n. 122 del 24 ottobre 2007 precisava al riguardo che la pensione dovrà essere calcolata, utilizzando quale retribuzione pensionabile l’ultima retribuzione integralmente percepita dal lavoratore al momento dell’evento terroristico, rapportata a settimana.

[280]L. 23 novembre 1998, n. 407, Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[281]L. 20 ottobre 1990, n. 302, Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

[282]Attraverso un rinvio all’art. 6 della L. 13 agosto 1980, n. 466, Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche.

[283]La data del 26 agosto 2004 è quella dell’entrata in vigore della L. 206/2004, che è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 dell’11 agosto 2004.

[284]D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, art. 5.

[285]Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992,

[286]Approvazione di "Tabella delle menomazioni"; "Tabella indennizzo danno biologico"; "Tabella dei coefficienti", relative al danno biologico ai fini della tutela dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25 luglio 2000.

[287]D.P.R. 28 luglio 1999, n. 510, Regolamento recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Le disposizioni di Tale regolamento che riunisce e coordinava precedenti disposizioni regolamentari attuative delle L. 466/1980, L. 302/1990 e reca norme per l’attuazione della L. 407/1998 sono richiamate, in quanto compatibili, dalla L. 206/2004 anche ai fini dell’attuazione della legge stessa (art. 14, co. 1, ultimo periodo, L. 206/2004).

[288]D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.

[289]Per l’adozione del decreto non è peraltro previsto alcun termine.

[290]Disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, a norma della legge 3 agosto 2004, n. 206, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2007.

[291]Ai sensi dell’art. 1 della L. 19 luglio 2000, n. 203, Erogabilità a carico del Servizio sanitario nazionale dei farmaci di classe C) a favore dei titolari di pensioni di guerra diretta.

[292]La lett. b) dell’art. 8, co. 10, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica è stata abrogata dall'art.85, co. 1, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

[293]Art. 1, co. 166, L. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)

[294]Tali oneri, quantificati in 3,57 mln di euro per il 2008, 417 mila euro per il 2009 e 488 mila euro per il 2010 trovano invece copertura a valere sulle risorse stanziate nella Tabella A, voce Ministero dell’economia e delle finanze, del d.d.l. finanziaria.

[295]A.C. 616 (on. Mazzoni), Modifica dell'articolo 15 della legge 3 agosto 2004, n. 206, in materia di benefìci per le vittime del terrorismo.

[296]Nella seduta pomeridiana della I Commissione del 20 febbraio 2007 il sen. Sinisi, relatore alla Commissione sul disegno di legge ha evidenziato come il Governo abbia presentato la relazione tecnica richiesta dalla Commissione bilancio sul provvedimento, evidenziando questioni problematiche relative alle modalità di copertura finanziaria indicate.

[297]Camera dei deputati – Resoconto stenografico dell’Assemblea. Seduta n. 82 del 5 dicembre 2006.

[298]Si tratta dei tredici aviatori italiani appartenenti alla forza multinazionale inviata dall’ONU in Congo durante la guerra civile che seguì la proclamazione dell’indipendenza di tale Paese, i quali l’11 novembre 1961 furono catturati da miliziani fedeli al leader nazionalista Lumumba (ucciso pochi mesi prima) nell’area dell’aeroporto di Kindu, e successivamente trasferiti nella prigione della città e qui uccisi.

[299]  L. 30 luglio 2004, n. 208, Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali.

[300]D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[301]  Legge 24 maggio 1970, n. 336, Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati.

[302]“Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”.

[303]       GU n. 289 del 13-12-2006.

[304]  Tali oneri venivano quantificati nei limiti di 13,6 milioni di euro per l’anno 2008, 11,4 milioni di euro per il 2009, 9,2 milioni di euro per il 2010, 7 milioni di euro per il 2011 e 4,8 milioni di euro per il 2012.

[305]  Tale limite risulta dall’approvazione dell’emendamento 9.478, che ha sostituito il limite di 47 milioni di euro.

[306]  Per ulteriori approfondimenti, cfr. il sito http://www.protezionecivile.it/minisite/index.php?­dir_pk=252&cms_pk=1441&n_page=5.

[307]  GU n. 246 del 22-10-2007.

[308]  Il richiamato regolamento CE 1260/1999 recante la disciplina dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006 è stato abrogato dall'art. 107 del regolamento CE 1083/2006 con decorrenza dal 1° gennaio 2007. Tale regolamento ha riformato la disciplina comunitaria dei Fondi strutturali per il nuovo periodo di programmazione 2007-2013, la quale interessa l’Unione europea allargata a 25 Pesi membri. In sintesi, il Regolamento prevede la riduzione dei fondi strutturali dai cinque del precedente periodo di programmazione a tre: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione.

      Di conseguenza, le risorse sono state concentrate attorno a tre nuovi obiettivi: convergenza , competitività e occupazione regionale e cooperazione territoriale . L’obiettivo “Convergenza”, che assume carattere prioritario per l’intervento dei fondi, sostituendo l’obiettivo 1 della pregressa programmazione, è inteso ad accelerare la convergenza degli Stati e delle regioni meno sviluppate attraverso il miglioramento delle condizioni di crescita e di occupazione basate sull’aumento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo sviluppo dell’innovazione, l’adattabilità ai cambianti economici e sociali, la protezione e il miglioramento della qualità dell’ambiente e l’efficacia amministrativa. L’obiettivo interessa le aree europee meno sviluppate, corrispondenti al livello NUTS II, il cui PIL per abitante, calcolato in base ai dati degli ultimi tre anni, è inferiore al 75% della media comunitaria. Per l’Italia, rientrano, ai sensi della Decisione della Commissione del 4 agosto 2006, le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. La Commissione ha peraltro previsto che, in via transitoria, nell’obiettivo “Convergenza” rientrino anche gran parte delle regioni il cui PIL per abitante sarebbe stato inferiore al 75% della media comunitaria calcolata sui 15 Stati membri ma che hanno superato tale soglia per effetto dell’allargamento (il c.d. “effetto statistico”). Per l’Italia, rientra in tale categoria la Basilicata, che nell’UE a 25 ha un PIL pro capite pari al 77,54%. Quest’ultima regione vi rientra fino al 2010.

      L’obiettivo “Competitività e occupazione regionale” è inteso a rinforzare la competitività e la capacità di attrazione, nonché l’occupazione mediante l’anticipazione dei mutamenti economici e sociali, l’innovazione e la società della conoscenza, lo spirito di impresa, la protezione e il miglioramento dell’ambiente, l’adattabilità dei lavoratori e delle imprese nonché lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi. Per l’Italia, l’obiettivo interessa alcune aree del Centro-Nord, comprensive di Abruzzo e Molise, e, in via transitoria, la Sardegna.

[309]  Si tratta dei soggetti elencati all’articolo 1 del medesimo provvedimento, e cioè le province, i comuni, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e qualsiasi altro ente od istituto pubblico sottoposto a tutela, od anche a sola vigilanza dell'amministrazione pubblica (comprese le aziende autonome per i servizi pubblici municipalizzati) e le imprese concessionarie di un servizio pubblico di comunicazioni o di trasporto, nonché le aziende private.

[310]  La Corte costituzionale, con sentenza 25 marzo 1987, n. 89 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 2, comma primo, n. 3 nella parte in cui non prevede la pignorabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti da altri enti diversi dallo Stato, da aziende ed imprese menzionati all'articolo 1 dello stesso decreto fino alla concorrenza di un quinto per ogni credito valutato nei confronti del personale. La stessa Corte, con sentenza 7-26 luglio 1988, n. 878 ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 2, primo comma, n. 3, nella parte in cui non prevede la pignorabilità e la sequestrabilità degli stipendi, salari e retribuzioni corrisposti dallo Stato, fino alla concorrenza di un quinto, per ogni credito vantato nei confronti del personale; con sentenza 10-19 marzo 1993, n. 99 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, primo comma, n. 3, nella parte in cui esclude, per i dipendenti degli enti indicati nell'articolo 1 dello stesso decreto, la sequestrabilità e la pignorabilità, entro i limiti stabiliti dall'art. 545, quarto comma, del Codice di procedura civile, anche per ogni altro credito, delle indennità di fine rapporto di lavoro spettanti ai detti dipendenti; con sentenza 20 novembre-4 dicembre 2002, n. 506, ha dichiarato, tra l'altro, in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità degli artt. 1 e 2, primo comma, del presente decreto, nella parte in cui escludono la pignorabilità per ogni credito dell'intero ammontare di pensione, indennità che ne tengono luogo ed altri assegni di quiescenza erogati ai dipendenti dai soggetti individuati dall'art. 1, anziché prevedere l'impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte delle pensioni, indennità o altri assegni di quiescenza necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.

[311]  D.L. 11 giugno 2002, n. 108, Disposizioni urgenti in materia di occupazione e previdenza convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2002, n. 172.

[312]  In base all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1260/99, l'obiettivo 1 concerne le regioni che presentano, nell'ultimo triennio, un PIL pro capite inferiore al 75% di quello della media comunitaria. Ai sensi dell’allegato I della decisione della Commissione (CE) n. 1999/502, le regioni italiane interessate sono (per il periodo 2000-2006): la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia. Inoltre, la legge finanziaria per il 2000 (L. 488/1999) ha introdotto la lettera a-bis)all’articolo 1, comma 1, del D.L. 32/1995, facendo rientrare nella nozione in esame, qualora essa sia richiamata da norme interne, anche Abruzzo e Molise.

[313]  Reg. (CE) 11 luglio 2006, n. 1083/2006, del Consigliorecante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento CE n. 1260/1999.

[314]  Il DM 1° marzo 2002 (contenente l’ultima proroga del trattamento CIGS per il periodo 14/2-13/5/2002 per i lavoratori in questione) è stato emanato ai sensi dell’art. 108 del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270. Tale articolo stabilisce che i trattamenti in favore dei lavoratori dipendenti dalle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo, possono essere ulteriormente prorogati per un periodo massimo di dodici mesi.

[315]  Analoga possibilità è riconosciuta ai lavoratori in mobilità dall’art. 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223. Il DM 17 febbraio 1993, n. 142, al quale rinvia la disposizione in esame, ha poi dettato le norme di attuazione del citato art. 7, comma 5.

[316]L. 17 febbraio 1982 n. 41 “Piano per la razionalizzazione e lo sviluppo della pesca marittima”.

[317]D.Lgs. 26 maggio 2004 n. 154 “Modernizzazione del settore pesca e dell'acquacoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[318]Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[319]  Il provvedimento è stato oggetto di una recente modifica ad opera del reg. (CE) 9 ottobre 2007, n. 1260/2007.

[320]  Anche tale provvedimento è stato modificato il 9 ottobre 2007, dal reg. (CE) n. 1261 allo scopo di migliorare il regime di ristrutturazione del comparto dal momento che la rinuncia alle quote produttive non ha raggiunto il livello atteso.

      A seguito della revisione dell’aiuto concesso il regolamento prevede peraltro il versamento retroattivo, in favore dei soggetti che hanno partecipato al regime di ristrutturazione, della differenza tra l’aiuto percepito nelle campagne 2006/2007 e 2007/2007 e quello riquantificato per la campagna 2008/2009.

[321]  Il D.L. n. 22/2005, convertito con modificazioni nella Legge 29 aprile 2005, n. 71, con gli articoli 1 e 1-bis ha recato una disciplina di sostegno delle imprese colpite da crisi di mercato, ovvero da una generale riduzione del reddito non ascrivibile al verificarsi di calamità naturali o particolari fenomeni atmosferici. La norma demanda al Ministro delle politiche agricole e forestali la dichiarazione dello stato di crisi di mercato, che si verifica allorquando l’imprenditore soffra una perdita di reddito pari al 30% di quello mediamente percepito nel triennio precedente. A tali imprenditori si applicano i benefici previsti dall’art. 5 del D.Lgs. n. 102/2004 per le ipotesi di calamità naturali, attingendo al Fondo di solidarietà nazionale.

[322]  Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet: http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/
pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf.

[323]  GU n. 164 del 16-7-2005

[324]    Sugli orientamenti e le proposte contenuti nella relazione l'Assemblea della Camera ha impegnato il Governo a seguito dell'approvazione nella seduta del 18 settembre della risoluzione Realacci 6-00021.

[325]Pubblicato nella GU 14 marzo 2007, n. 61.

[326]  Va rammentato che le funzioni dell’ISMEA, già ampliate a seguito dell’incorporamento della Cassa per la formazione della proprietà contadina avente funzioni di ricomposizione fondiaria, sono state estese in particolare nel corso della XIV legislatura con interventi normativi che ne hanno rafforzato l’attività sul fronte dei servizi creditizi e finanziari diretti alle imprese agricole singole o associate..

[327]  Infomercati è il consorzio obbligatorio previsto dall’art. 2 del D.L. n. 321/96 per la realizzazione del sistema di collegamento informatico e telematico dei mercati agro-alimentari all’ingrosso sull’intero territorio nazionale. Peraltro, a seguito delle integrazioni disposte all’art. 2 con il D.L. n. 223/2006 (art. 9, co. 2), anche ad Infomercati spetta il compito di effettuare, a richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate, rilevazioni dei prezzi al dettaglio dei prodotti agro-alimentari.

[328]Art. 1 dell’Intesa citata.

[329]  Pubblicato sulla G.U. 4 ottobre 2007, n. 31.

[330]  Nel comunicato del Consiglio dei Ministri il Comitato è altresì definito, tra parentesi, “Agenzia”.

[331]  L’importo è stato ridotto di 4 milioni di euro ad opera dell’art. 30 del D.L. n. 4/2006 che lo ha destinato alle Capitanerie di Porto per l’adeguamento dei propri mezzi aeronavali, e di ulteriori milioni di euro dal comma 92 della stessa legge n. 266/200 che li ha assegnati ad alcuni enti fieristici.

[332]Legge 1 luglio 1997, n. 206 “Norme in favore delle produzioni agricole danneggiate da organismi nocivi” che aveva disposto la concessione di contributi per la estirpazione ed il reimpianto di alberi di drupacee e rosacee colpiti rispettivamente dalle infezioni di «Sharka» e di «Erwinia amylovora», situati in zone soggette alla lotta obbligatoria. I contributi in conto capitale erano concessi a parziale copertura dei costi di estirpazione in impianti specializzati, di reimpianto e per il mancato reddito.

[333] Reg. (CE) 15 dicembre 2006, n. 1857/2006 “relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli e recante modifica del regolamento (CE) n. 70/2001”, numero 8, comma 1 dell’articolo 2.

[334]Orientamenti per gli aiuti di Stato nel settore agricolo, GUCE C n. 28/2000.

[335]Pubblicati in GUUE del 27 dicembre 2006, n. C 319.

[336]Reg. (CE) 6 ottobre 2004, n. 1860/2004 “relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti de minimis nel settore dell’agricoltura”.

[337]Dir. 23 ottobre 2000 n. 2000/60/CE “che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque”. La direttiva è stata recepita con il D.lgs. n. 152/2006.

[338]  Si veda ad esempio il Consiglio dei Ministri n. 32 del 27 dicembre 2006, al link http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=30327.

[339]  L’interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4-04675 presentata dal Deputato Rampelli in data giovedì 2 agosto 2007 nella seduta n. 200 riassume la travagliata vicenda di tale proposta emendativa.

[340]  Convenzioni adottate con deliberazione n. 6/1992 del Comitato interministeriale dei prezzi in data 29 aprile 1992 (CIP 6) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992.

[341]  Recante Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[342]  Il comma 1120, lettera g), dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007, prevede la soppressione del comma 71 dell'art. 1, della cd. legge “Marzano” (legge 23 agosto 2004, n. 239), che prevede i certificati verdi per l'energia elettrica prodotta con l'utilizzo dell'idrogeno e l'energia prodotta in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile.

[343]  La suddivisione in zone climatiche dell'Italia è stata prevista dalla legge 10 gennaio 1991, n. 10 e poi attuata dall'articolo 2 del D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412 il quale ha suddiviso il territorio nazionale nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi-giorno, indipendentemente dalla ubicazione geografica:

-        Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600;

-        Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;

-        Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;

-        Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;

-        Zona E: comuni che presentano un numero gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;

-        Zona F: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000.

      I Gradi Giorno (GG) sono un'unità di misura atta ad indicare il fabbisogno termico di una determinata area geografica relativa alle vigenti normative sul riscaldamento delle abitazioni. Indicano la somma annuale delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura convenzionale fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera. Un valore di GG basso indica un breve periodo di riscaldamento e temperature medie giornaliere prossime alla temperatura fissata per l'ambiente riscaldato (appunto 20 °C). Al contrario, valori di GG elevati, indicano periodo di riscaldamento prolungati e temperature medie giornaliere nettamente inferiori ai 20 °C.

[344]D.Lgs. 26 ottobre 1995 n. 504 “Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative”.

[345]    Si fa presente che la dizione originaria (“impianti di potenza elettrica superiore a 1MW”) è stata sostituita con l’attuale (“impianti di potenza nominale media annua superiore a 1MW”) a seguito dell’approvazione di un emendamento da parte della Commissione bilancio della Camera dei deputati.

[346]  Si fa presente che la dizione originaria (“impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW”) è stata sostituita con l’attuale (“impianti di potenza nominale media annua non superiore a 1MW”) a seguito dell’approvazione di un emendamento da parte della Commissione bilancio della Camera dei deputati.

[347]  Il richiamo è evidentemente riferito al decreto-legge n.159/2007 (“collegato” alla manovra di finanza pubblica, convertito, con modificazioni, in legge n. 222/2007) che all'articolo 26 il comma 4-bis reca alcune norme di incentivazione dell'energia prodotta da biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, secondo uno schema assai simile a quello delineato dai commi 2 e 3 dell’articolo in commento.

[348]  Gli ulteriori incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 saranno stabiliti con decreti ministeriali.

[349]  L'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999. Il comma 2 ha disposto la collocazione sul mercato elettrico secondo la relativa disciplina e nel rispetto delle regole di dispacciamento definite dal Gestore della rete in attuazione delle disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 per l'energia elettrica prodotta da impianti di potenza uguale o superiore a 10 MVA alimentati da fonti rinnovabili, ad eccezione di quella prodotta dagli impianti alimentati dalle fonti rinnovabili di cui al primo periodo del comma 3. Il comma 3 ha disposto il ritiro obbligatorio, su richiesta del produttore, da parte del gestore di rete alla quale l'impianto è collegato per l'energia elettrica prodotta da:

-        impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA;

-        impianti di potenza qualsiasi alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente.

      L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo riferimento a condizioni economiche di mercato[349].

      La disciplina di cui ai commi 2 e 3 non si applica all'energia elettrica ceduta al Gestore della rete nell'àmbito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti Cip 12 luglio 1989, n. 15/89, 14 novembre 1990, n. 34/90, 29 aprile 1992, n. 6/92, nonché della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas 28 ottobre 1997, n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima deliberazione. Secondo il comma 4, dopo la scadenza delle convenzioni citate di cui ai commi 2 e 3, l'energia elettrica prodotta dagli impianti di cui al comma 2 viene ceduta al mercato. Dopo la scadenza di tali convenzioni, l'energia elettrica di cui al comma 3 è ritirata dal gestore di rete cui l'impianto è collegato, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con riferimento a condizioni economiche di mercato.

[350]  Procedura d’infrazione n. 2004/5061

[351]  Procedura d’infrazione n. 2005/4669.

[352]  Procedura d’infrazione n. 2006/4990.

[353]  Decreto Legislativo del 16 marzo 1999 n. 79 concernente “attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”

[354]  Di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

[355]La Commissione cui viene rimessa la definizione del corrispettivo è la “Commissione competente alla determinazione dell'indennità definitiva” di esproprio, istituita - ai sensi del citato art. 41 del DPR n. 327/2001 - dalla Regione in ogni provincia e composta:

      a)   dal presidente della Provincia, o da un suo delegato, che la presiede;

      b)   dall'ingegnere capo dell'ufficio tecnico erariale, o da un suo delegato;

      c)   dall'ingegnere capo del genio civile, o da un suo delegato;

      d)   dal presidente dell'Istituto autonomo delle case popolari della Provincia, o da un suo delegato;

      e)   da due esperti in materia urbanistica ed edilizia, nominati dalla Regione;

      f)    da tre esperti in materia di agricoltura e di foreste, nominati dalla Regione su terne proposte dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

[356]La direttiva 96/57/CE, relativa ai requisiti di rendimento energetico di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni di uso domestico demanda agli stati membri l’adozione di misure atte garantire che gli elettrodomestici di refrigerazione possano essere immessi sul mercato soltanto se il consumo elettrico dell'apparecchio in questione è inferiore o uguale al consumo di energia elettrica massimo consentito per la sua categoria, calcolato secondo le procedure definite nell'allegato I della stessa direttiva. La conformità a tutte le disposizioni della è attestata dalla marcatura "CE".

[357]  Il paragrafo 5 dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE prevede che qualsiasi parte che intenda sporgere reclamo contro il gestore di un sistema di trasmissione o di distribuzione può adire l'autorità di regolamentazione che, in qualità di autorità per la risoluzione delle controversie, adotta una decisione entro due mesi dalla ricezione del reclamo. Il termine può essere prorogato di due mesi qualora l'autorità di regolamentazione richieda ulteriori informazioni. Il termine può essere ulteriormente prorogato con il consenso del reclamante. Detta decisione produce effetti vincolanti a meno che e fin quando non sia annullata in seguito ad impugnazione. Nel caso in cui il reclamo riguardi le tariffe di connessione per nuovi impianti di generazione di grandi dimensioni, il termine di due mesi può essere prorogato dall'autorità di regolamentazione.

[358]  Decreto del ministero dello sviluppo economico 19 febbraio 2007 (GU 23 febbraio 2007, n. 45) recante “Criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in attuazione dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.”

[359]  Il Gestore dei servizi elettrici - GSE spa - è il soggetto attuatore del DM (articolo 2, comma 1, lettera i)). In base al comma 3 dell'articolo 13 del DM il soggetto attuatore pubblica sul proprio sito internet e aggiorna con continuità la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito dei decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 e, separatamente, la potenza cumulata degli impianti entrati in esercizio nell'ambito del presente decreto. Sito internet : http://www.gsel.it/ita/

[360]  Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.

[361]  Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative.

[362]Legge 29 novembre 2007, n. 222 (GU 2007/11/30 n. 279 - S.O. n. 249).

[363]D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164 “Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144” (c.d. decreto Letta). Tale provvedimento ha disposto la liberalizzazione dell’attività di distribuzione del gas, introducendo il principio dell’affidamento mediante gara.

[364]L’AGCM ha inoltre ricordato che la direttiva 2003/55/CE, dopo aver ribadito l’importanza del ricorso a procedure di gara, ha ritenuto opportuno individuare un “approccio graduale, con un termine ultimo specifico” per completare il mercato interno del gas naturale, fissato al 1° luglio 2007, prendendo proprio in considerazione anche il tempo massimo necessario alle imprese per adeguarsi (considerando 4, 8, 10, 18 e art. 23, comma 1, di tale Direttiva). Pertanto, come evidenziato dal recente rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee da parte del TAR Lombardia, il periodo transitorio potrebbe addirittura rivelarsi già esaurito, qualora la Corte di Giustizia avallasse l’interpretazione proposta dal giudice del rinvio, che collega funzionalmente l’esperimento delle gare al termine previsto dalla suddetta direttiva per realizzare l’effettiva apertura del mercato della distribuzione, ovvero il 1° luglio 2007.

[365]Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[366]Recante attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge17 maggio 1999, n. 144. L’articolo 14 del D.Lgs. n. 164/2000 attiene proprio all’attività di distribuzione del gas naturale, che è attività di servizio pubblico. Il servizio è affidato esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni. Gli enti locali che affidano il servizio, anche in forma associata, svolgono attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione, ed i loro rapporti con il gestore del servizio sono regolati da appositi contratti di servizio.

[367]L’Autorità antitrust ha ricordato che - a fronte dell’obbligo di ricorrere a tali procedure introdotto fin dal 2000 dall’art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 164) - le procedure di gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas si sono finora svolte soltanto in misura del 5% e sulla base di criteri di aggiudicazione non propriamente competitivi, incentrati sull’ammontare del canone concessorio. Per quanto riguarda le altre gare (che sono la maggior parte) da espletare alla fine del periodo transitorio, la disposizione introdotta dal decreto “collegato” intende trovare soluzioni che consentano agli Enti Locali di gestirle al meglio, superando l’attuale circoscritta portata delle stesse, che coincide, nella quasi totalità dei casi, con il territorio dell’ente concedente.

[368]L’esito delle prime gare esperite mostra che l’Ente Locale ha attributo notevole rilievo, fra gli aspetti economici, al canone concessorio, che, oltre ad aver rappresentato nella maggior parte delle gare la variabile competitiva principale, ha assorbito anche fino al 70-80% del VRD, come definito dall’AEEG. Ciò potrebbe aver eroso parte dei margini di ricavo dell’impresa che, in un’ottica di breve periodo, potrebbe preferire di ridurre gli investimenti, con ripercussioni negative sui livelli di sicurezza e qualità del servizio. Di più, in un settore caratterizzato dalla presenza di operatori in cui gli enti concedenti possono avere partecipazioni azionarie o di controllo, il ricorso a criteri quanto più oggettivi e trasparenti potrebbe ridurre la discrezionalità nell’apprezzamento delle offerte da parte dell’Ente Locale e, dunque, le potenziali situazioni di conflitto di interesse in fase di aggiudicazione.

[369]  Per approfondimenti http://www.scienzaegoverno.org/n/005/PiattaformaHFP.pdf e http://euro­pa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/04/69&format=PDF&aged=1&language=IT&guiLanguage=en.

[370]  Per approfondimenti sulle prospettive di sviluppo dell’idrogeno, sui programmi e finanziamenti in atto si veda F. Di Mario, L’idrogeno: prospettive di sviluppo, al link http://termserv.ca­accia.enea.it/acca2/ENEA.pdf.

[371]  Si veda, in proposito, a titolo di esempio http://www.regione.veneto.it/NR/rdonlyres/C5C44A2D-25B6-41E8-8368-29B91BEBB8D0/0/AccordoIdrogenotestofirmato.pdf,

[372]  La legge 24 dicembre 1985, n. 808 reca “Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico”.

[373]  Il programma EFA, avviato nel 1988, è preordinato alla realizzazione di un velivolo militare da parte dell’Italia insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna, per assicurare la difesa aerea.

[374]  Tali stanziamenti sono oggetto di rimodulazione da parte della Tabella F allegata al presente ddl (v. la scheda relativa all'articolo 96, comma 5) che rende disponibile 600 milioni per il 2008 e 450 milioni per il 2009, in tal modo concentrando in unica annualità le risorse pluriennali stanziate dalla finanziaria per il 2007.

[375]  L’art. 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2001), in merito agli interventi FIT, prevede la riserva di una quota delle disponibilità del Fondo, determinata annualmente con decreto del Ministro dell’industria entro la data del 31 gennaio, per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative. Le modalità di gestione, le forme e le misure delle agevolazioni previste dal comma 106 sono state determinate con la direttiva ministeriale 3 febbraio 2003.

[376]  Il comma 222 della legge finanziaria 2005 allo scopo di favorire l’afflusso di capitale di rischio (cosiddetto venture capital) verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, consente al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, di sottoscrivere e alienare quote di fondi comuni d’investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR). Il fondo comune d’investimento è un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio della società che lo gestisce, o che lo ha istituito e che lo promuove, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di investitori. Il patrimonio viene gestito collettivamente (“in monte”), sulla base di linee d’investimento prefissate dal regolamento del fondo. Mediante la sottoscrizione di una quota di un fondo comune d’investimento, l’investitore acquisisce una compartecipazione nella gestione collettiva del patrimonio comune, effettuata secondo i criteri predefiniti nel regolamento del fondo.

[377]Si fa presente che il richiamato regolamento CE 1260/1999 recante la disciplina dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006 è stato abrogato dall'art. 107 del regolamento CE 1083/2006 con decorrenza dal 1° gennaio 2007.

[378]Si segnala che con l’entrata in vigore del Codice delle pari opportunità (D.Lgs 11 aprile 2006, n. 198) è stata abrogata, ad eccezione degli articoli 10, comma 6, 12 e 13, dall’articolo 57 del citato Codice, nel quale sono confluite varie disposizioni della legge stessa.

[379]  L’intero articolo è stato introdotto durante l’esame al Senato in Commissione 5a.

[380]  Ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3.

[381]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 1986.

[382]  Si faceva riferimento alle aree individuate dal DPR n. 218 del 1978, all’articolo 1, vale a dire Abruzzo, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, le province di Latina e di Frosinone, la provincia di Rieti, la provincia di Roma nella zona della bonifica di Latina, l'Isola d'Elba, l’Isola del Giglio e Capraia.

[383]  Ai sensi del D.Lgs C.P.S. n. 1075 del 1947.

[384]  Convertito, con modificazioni. dalla legge n. 95 del 1995.

[385]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.

[386]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 1997.

[387]  Ai sensi del regolamento (CE) 2081/93.

[388]  Disposizioni attuate con D.M. Tesoro n. 147/1999.

[389]  Ossia gli Obiettivi 1 Convergenza (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia) e 2 Competitività territoriale (Abruzzo, Molise, Basilicata in regime di phasing-out dall’Obiettivo 1 e Sardegna, in regime di phasing-in nell’Obiettivo 2), le aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87 del Trattato istitutivo CE (paragrafo 3, lettere a) e c)), elencate nella Carta degli aiuti a finalità regionale, nonché in aree svantaggiate individuate a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 14 marzo 1995).

[390]  Tale disposizione è prevista dal Regolamento 2006/1998/CE del 15 dicembre 2006. Esso è stato introdotto dal Regolamento 994/98/CE, che conferisce facoltà alla Commissione europea di stabilire, mediante un regolamento, una soglia al di sotto della quale gli aiuti di stato non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, che reca i criteri per la compatibilità degli stessi con il mercato comune, e sono pertanto dispensati dalla procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 3, che contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 87, paragrafo 1. Con il Regolamento 69/2001 la Commissione aveva fissato tale soglia a 100.000 euro su un periodo di tre anni. Il Regolamento 1998/2006 ha raddoppiato tale soglia portandola a 200.000 euro.

[391]Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

[392]Recante “Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri”. Convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[393]Si ricorda che la la normativa in materia, introdotta in attuazione degli Accordi di Schengen con la legge 675 del 31 dicembre 1996, recante Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto all trattamento dei dati personali (c.d. legge sulla privacy), cui nel tempo si sono affiancate ulteriori provvedimenti, è stata riordinata con il D.Lgs 30 giugno 2003, n. 196, recante “Codice in materia di protezione di dati personali”, attuativo della delega legislativa conferita al Governo con la legge 127/01 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004.