Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Modifica dei requisiti per l'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro A.C. 2023
Riferimenti:
AC n. 2023/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 119
Data: 13/03/2007
Descrittori:
CONSULENTI DEL LAVORO   ESAMI DI ABILITAZIONE
ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 
SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

 

 

 

 

Modifica dei requisiti per l'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro

A.C. 2023

 

 

 

 

 

 

 

N. 119

 

 

13 marzo 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Lavoro

 

SIWEB

 

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File: LA0166


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  5

Elementi per l’istruttoria legislativa  6

§      Necessità dell’intervento con legge  6

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  6

§      Compatibilità comunitaria  6

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  10

§      Impatto sui destinatari delle norme  11

§      Formulazione del testo  11

Scheda di lettura

§      Contenuto della proposta di legge  15

Progetto di legge

§      A.C. 2023, (on. Pagliarini e on. Crapolicchio), Modifica all’articolo 3 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, in materia di requisiti per l’ammissione all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di consulente del lavoro  23

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 33 e 117)29

§      L. 11 gennaio 1979, n. 12 Norme per l'ordinamento della professione di consulente del lavoro (artt. 3 e 8)32

§      L. 19 novembre 1990, n. 341 Riforma degli ordinamenti didattici universitari (artt. 1, 2 e 3)34

§      L. 15 maggio 1997, n. 127 Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo (art. 17, comma 95)37

§      D.M. 22 ottobre 2004, n. 270 Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.38

 

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 2023

Titolo

Modifica all'articolo 3 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, in materia di requisiti per l'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro

Iniziativa

On. Pagliarini e On. Crapolicchio

Settore d’intervento

Professioni e mestieri

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

5 dicembre 2006

§       annuncio

6 dicembre 2006

§       assegnazione

23 gennaio 2007

Commissione competente

XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) 

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali)

V Commissione (Bilancio)

VII Commissione (Cultura)

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge in esame intende modificare la disciplina della legge n. 12 del 1979, recante Norme per l'ordinamento della professione di consulente del lavoro, in modo da richiedere per l’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di consulente del lavoro il possesso almeno di una laurea triennale nelle discipline riconducibili all’area giuridico-economica, ritenendo non più sufficiente il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali.

Pertanto l’articolo 1, novellando l’articolo 3, secondo comma, lettera d), della legge 12/1979, fermo restando il riferimento alle lauree quadriennali in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche conseguite secondo il “vecchio ordinamento”, già presenti anche nell’attuale formulazione della norma, introduce per l’ammissione al medesimo esame di Stato la previsione del requisito del conseguimento di una laurea triennale o quinquennale riconducibile all’area giuridico-economica ovvero del diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro. Pertanto viene eliminata la possibilità di accedere al tirocinio per l’esercizio della professione di consulente del lavoro per coloro che siano in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali.

L’articolo 2 dispone una dettagliata disciplina transitoria, in modo da salvaguardare coloro che abbiano già intrapreso il percorso per lo svolgimento della professione in base alle norme attualmente vigenti.

Si prevede quindi che coloro che, alla data dell’entrata in vigore del provvedimento, avessero già conseguito l’abilitazione per l’esercizio della professione sulla base del possesso del diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali, possono iscriversi all’albo dei consulenti del lavoro entro tre anni dalla stessa data.

Invece, ai soggetti che, pur non essendo in possesso dei requisiti relativi ai titoli di studio universitario previsti dalla nuova formulazione dell’art. 3, secondo comma, lettera d), della L. 12/1979, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame hanno già completato il tirocinio o sono iscritti al registro dei praticanti ovvero hanno presentato la domanda di iscrizione nello stesso registro, si concede la possibilità di sostenere l’esame di Stato entro e non oltre il 31 dicembre 2013.

Relazioni allegate

Al provvedimento è allegata la relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge si rende necessario poiché il provvedimento è volto a novellare la vigente disciplina legislativa relativa all’accesso alla professione di consulente del lavoro di cui alla L. 12/1972.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La disciplina delle professioni rientra, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, nell’ambito della competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni.

Il provvedimento, intervenendo in maniera specifica sulle disposizioni relative ai requisiti per l’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione ad una professione intellettuale, non sembra presentare profili problematici per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. Al riguardo si ricorda che l’articolo 33, comma 5 della Costituzione dispone che per l’abilitazione all’esercizio delle professioni è prescritto un esame di Stato.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Quanto alla normativa comunitaria, occorre premettere che condizione indispensabile per la creazione del mercato unico europeo è, oltre alla libera circolazione delle merci, anche la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali (artt. 3, 39 e segg. del Trattato di Roma istitutivo della comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209): ciò implica per i professionisti il riconoscimento non del solo diritto alla libera prestazione di servizi nell'ambito della Comunità, ma anche della libertà di “stabilimento”, ossia il diritto di ogni cittadino europeo di esercitare la propria attività in qualsiasi Stato membro.

Pertanto, si rende necessario il reciproco riconoscimento fra i paesi membri della CE dei diplomi, certificati e titoli professionali dei cittadini europei.

La Corte di giustizia ha riconosciuto l'immediata precettività delle norme del Trattato che statuiscono i citati principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (v. es: sentt. 21/6/74, n. 2/74 (Reyners), e 28/4/77, n. 71/76 (Thieffry)).

In un primo momento, la produzione normativa comunitaria ha avuto l'obiettivo di armonizzare le legislazioni nazionali relative all'esercizio delle singole professioni, come presupposto per il riconoscimento dei titoli professionali (in questa direzione il legislatore comunitario si è mosso, in particolare, per le professioni sanitarie): non sono tuttavia mancate resistenze in tale cammino, come dimostra la normativa dettata per gli avvocati (77/249/CEE) che ha consentito a questi professionisti la sola libera prestazione di servizi professionali in ambito CE (rinviando ulteriormente l'attuazione del diritto di stabilimento).

In un secondo momento, il legislatore comunitario ha invece percorso - con le direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE - la strada del riconoscimento reciproco dei titoli professionali sulla base della rispondenza a taluni requisiti minimi. In questa nuova ottica deve anzitutto ricordarsi la direttiva 89/48/CEE, che ha trovato attuazione in Italia con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 115.

Il quadro normativo comunitario, però, è stato innovato recentemente con la direttiva 2005/36/CE, che ha riformato il regime di riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali. La direttiva si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che intendono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

In materia di libertà di stabilimento e libera circolazione dei servizi, vanno segnalate anche le vicende della cd. direttiva Bolkenstein,relativa ai servizi nel mercato interno, con particolare riferimento all’eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi ed alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri.

Da ultimo, si segnala l’approvazione della risoluzione 2137/2006/CE del Parlamento europeo (cd. risoluzione Ehler) del 12 ottobre 2006, sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali, la quale sollecita l’eliminazione degli “ostacoli alla concorrenza che non sono giustificati o che nuocciano all'interesse generale”, pur riconoscendo “il diritto di emanare regolamentazioni legate a peculiarità tradizionali, geografiche e demografiche”.

 

 

 

 

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

La Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora il 24 luglio 2000[1]. La Commissione ritiene che l’articolo 1 della legge n. 12 dell’11 gennaio 1979 e l’articolo 58, comma 16, della legge n. 144 del 17 maggio 1999 non siano compatibili con le disposizioni degli articoli 43 e 49 (principi di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi) del Trattato CE, poiché riservano in misura sproporzionata le attività di elaborazione e di stampa dei fogli paga ai consulenti del lavoro o a professionisti assimilati iscritti negli albi italiani.

A complemento della costituzione in mora del luglio 2000, che resta impregiudicata, con lettera del 16 dicembre 2003la Commissione ha rilevato altresì che gli articoli 1 e 9 della legge n. 12 dell’11 gennaio 1979 e l’articolo 58, sedicesimo comma, della legge n. 144 del 17 maggio 1999 sono incompatibili con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE nella misura in cui impongano a chiunque voglia esercitare l’attività di consulente del lavoro in Italia di iscriversi all’albo professionale italiano e di possedere a tal fine un certificato di residenza, nonché di rispettare le disposizioni correlate in merito ai centri di elaborazione dati, che devono essere esclusivamente composti da consulenti del lavoro.

 

Il 7 luglio 2004la Commissione ha inviato all’Italia il parere motivato.

 

Il 7 settembre 2006la Commissione ha presentato il ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee (Causa C-365/06).

Documenti all’esame delle istituzioni europee
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Formazione professionale e apprendimento permanente

Il 25 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla creazione di un quadro europeo delle qualifiche.

Il PE, in particolare, sottolinea la necessità di istituire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze al fine di favorirne la trasparenza, la trasferibilità e l’impiego da parte dei vari Stati membri nel pieno rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali. Secondo il PE, tenuto conto delle nuove sfide poste dalla società dell’informazione e dai cambiamenti demografici, lo sviluppo di un quadro per le qualifiche riveste un’importanza cruciale per facilitare la mobilità professionale all’interno dell’UE e per promuovere la competitività e la coesione sociale come previsto dalla strategia di Lisbona. Il PE ricorda, altresì, che il quadro europeo delle qualifiche non è destinato a sostituire, bensì ad integrare i quadri nazionali per le qualifiche.

Il 5 settembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione relativa alla costituzionedel Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l’apprendimento permanente (COM(2006)479).

La proposta, che si inscrive nell’ambito della strategia di Lisbona, intende fornire uno strumento di riferimento per confrontare le qualifiche dei diversi sistemi di istruzione e di formazione nell’UE. L’elemento chiave è l’insieme di otto livelli di riferimento che descrivono le conoscenze e le capacità di chi apprende, spostando l’attenzione dagli input dell’apprendimento (durata, tipo di istituzione) ai risultati dell’apprendimento.

Si prevede che l’adozione della proposta, attualmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione, possa avvenire entro il 2007.

Nel programma legislativo e di lavoro per il 2007 figura l'intenzione della Commissione di procedere - in seguito alla presentazione della suddetta proposta di raccomandazione - all'abrogazione della decisione n. 85/368/CEE relativa ad un sistema per la comparabilità delle qualifiche di formazione professionale. La Commissione ritiene, infatti, che a causa della rapida evoluzione del settore delle qualifiche, questa decisione possa considerarsi superata.

L'iniziativa della Commissione rientra fra le misure preannunciate nel programma di lavoro allo scopo di semplificare e modernizzare il quadro normativo comunitario nel settore del mercato interno.

 

Sulla base di un documento presentato il 31 ottobre 2006 e oggetto di consultazione pubblicache si concluderà il 31marzo 2007 (SEC(2006)1431), la Commissione è impegnata a sviluppare un sistema europeo di crediti accademici nel campo dell’istruzione e formazione professionale (ECVET)[2], che aiuti a trasferire, cumulare e rendere riconoscibili tra paesi e sistemi educativi diversi le conoscenze professionali acquisite lungo tutto l’arco della vita.

Una conferenza organizzata sul tema dalla Presidenza tedesca dell’Unione europea, entro giugno 2007, concluderà il processo consultivo che dovrebbe consentire alla Commissione, sulla base dei risultati ottenuti e di eventuali altri contribuiti specifici quali, ad esempio, quelli forniti dal programma Leonardo da Vinci sull’istruzione professionale, di elaborare la proposta formale, entro la fine del 2007, per l’introduzione del sistema ECVET.

Il 14 novembre 2006 il Consiglio istruzione ha approvato conclusioni sulle priorità future di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale (IFP)[3].

Il Consiglio, ribadendo il ruolo chiave dell’IFP nel fornire un’ampia  base  di capacità e conoscenze, nel miglioramento della coesione sociale e nel sostegno alla competitività del mercato del lavoro europeo, sottolinea, tra l’altro, la necessità di sviluppare strumenti europei comuni per creare uno spazio europeo in materia di istruzione e formazione professionale (IFP) che includono, ad esempio, l’ECVET, il sistema EUROPASS[4] ed il quadro europeo delle qualifiche.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Collegamento con lavori legislativi in corso

In materia di professioni si ricorda che presso le Commissione riunite Giustizia e Attività produttive della Camera sono attualmente all’esame in sede referente alcuni progetti di legge diretti ad individuare i principi fondamentali relativi ad una complessiva riforma del sistema delle professioni intellettuali, in conformità alle previsioni costituzionali e agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria (A.C. 867, Siliquini ed altri; A.C. 1216, Mantini ed altri; A.C. 1319, Vietti ed altri; A.C. 1442, Mantini ed altri; A.C. 2160, Governo).

Il d.d.l. governativo, in particolare, prevede a tale scopo lo strumento della legge delega, ritenuto il meccanismo più idoneo per dettare una disciplina di base a carattere generale di una riforma che intende far convivere armonicamente una rinnovata funzione pubblicistica degli Ordini con le istanze più liberali e più rispondenti ad autonome logiche di mercato che fisiologicamente si fanno strada tra i liberi professionisti.

Impatto sui destinatari delle norme

Il provvedimento, richiedendo per l’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di consulente del lavoro il possesso almeno di una laurea triennale nelle discipline riconducibili all’area giuridico-economica, non consentirà più di accedere alla medesima professione a coloro che siano in possesso di un titolo di diploma di scuola secondaria superiore (secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali).

Vengono tuttavia fatte salve transitoriamente le situazioni giuridiche relative a coloro che abbiano già intrapreso il percorso per lo svolgimento della professione in base alle norme attualmente vigenti.

Formulazione del testo

All’articolo 1, si segnala che sarebbe opportuno sostituire la denominazione “laurea quinquennale” con “laurea magistrale” secondo la definizione utilizzata dal Decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 (regolamento recante norme sull'autonomia didattica degli atenei).

Si segnala inoltre che sarebbe opportuno un riferimento più preciso alle classi dei corsi di laurea triennale o specialistica (ora denominata magistrale) alle quali la pdl intende richiamarsi; tali classi sono elencate rispettivamente nei decreti ministeriali 4 agosto 2000 e 28 novembre 2000.

All’articolo 2 appare piuttosto vaga la definizione “diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali”.

 


Scheda di lettura


Contenuto della proposta di legge

La proposta di legge in esame intende modificare la disciplina della legge n. 12 del 1979, recante Norme per l'ordinamento della professione di consulente del lavoro, in modo da richiedere per l’ammissione all’esame di Stato per l’abilitazione alla professione di consulente del lavoro il possesso almeno di una laurea triennale nelle discipline riconducibili all’area giuridico-economica, ritenendo non più sufficiente il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali.

Nella relazione illustrativa viene evidenziato che la categoria professionale dei consulenti del lavoro già da vari anni sta cercando di ottenere una modifica della disciplina vigente, in modo da introdurre un unico percorso di accesso alla professione che implichi il possesso almeno del titolo di laurea triennale; tuttavia i tentativi effettuati in tal senso finora non hanno raggiunto lo scopo, anche per la necessità di adottare un provvedimento di rango legislativo per innovare la disciplina di cui alla L. 12/1979.

Nella medesima relazione viene precisato che attualmente la larga maggioranza (in particolare, circa l’80 per cento) di coloro che sostengono l’esame di Stato per consulente del lavoro è già in possesso almeno di una laurea triennale.

 

Pertanto l’articolo 1, novellando l’articolo 3, secondo comma, lettera d), della legge 12/1979, fermo restando il riferimento alle lauree quadriennali in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche conseguite secondo il “vecchio ordinamento”, già presenti anche nell’attuale formulazione della norma, introduce per l’ammissione al medesimo esame di Stato la previsione del requisito del conseguimento di una laurea triennale o quinquennale riconducibile all’area giuridico-economica ovvero del diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro. Pertanto viene eliminata la possibilità di accedere al tirocinio per l’esercizio della professione di consulente del lavoro per coloro che siano in possesso, come previsto dalla vigente formulazione dell’art. 3 della L. 12/1979, di un diploma di maturità di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all'area delle scienze sociali.

Si evidenzia che l’articolo in esame fa riferimento ai titoli di studio attualmente rilasciati dalle università (lauree triennali o quinquennali) ed ai titoli antecedenti alla riforma degli ordinamenti didattici (vedi infra) quali diploma universitario e laurea quadriennale.

 

Con riguardo alla formulazione del testo si segnala che sarebbe opportuno sostituire la denominazione “laurea quinquennale” con “laurea magistrale” secondo la definizione utilizzata dal Decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 (regolamento recante norme sull'autonomia didattica degli atenei).

Si segnala inoltre che sarebbe opportuno un riferimento più preciso alle classi dei corsi di laurea triennale o specialistica (ora denominata magistrale) alle quali la pdl intende richiamarsi; tali classi sono elencate rispettivamente nei decreti ministeriali 4 agosto 2000 e 28 novembre 2000.

 

La durata e l’organizzazione dei percorsi universitari dei corsi di laurea in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche è descritta nelle tabelle allegate al Regio Decreto 1652/1938 (Disposizioni sull'ordinamento didattico universitario) come modificate da successivi provvedimenti[5]; tali percorsi sono stati gradualmente sostituiti dagli ordinamenti didattici conseguenti alla riforma avviata dal 1999.

Nel frattempo la legge 341/1990[6] aveva previsto, per quanto qui interessa, un nuovo corso di livello universitario in esito al quale si otteneva il diploma universitario (art.1 e 2). La medesima legge disponeva che il corso avesse durata non inferiore a due anni e non superiore a tre e fornisse le conoscenze richieste da specifiche aree professionali; la definizione degli ordinamenti didattici veniva demandata a decreti del Presidente della Repubblica, adottati su proposta del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.

La riforma degli ordinamenti didattici universitari, avviata dall’art. 17, comma 95, della legge 127/1997[7] -così detta “Bassanini 2”-e realizzata dai decreti ministeriali di attuazione (in particolare dal DM 509/1999[8], poi sostituito dal D.M. 270/2004[9]) haprevisto la seguente articolazione (cosidetto” 3+2”) dei corsi di laurea e dei relativi titoli:

·         la laurea triennale, finalizzata ad assicurare un'adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali;

·         la laurea magistrale (inizialmente denominata, dal DM509/1999, specialistica) conseguibile in ulteriori due anni al termine del corso di laurea triennale (3+2), con l'obiettivo di fornire allo studente una formazione di livello avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici[10];

Per quanto qui interessa, nell’ambito dei decreti ministeriali (adottati nel 2000) recanti individuazione delle classi delle lauree e dei relativi contenuti formativi[11], sono state indicate le seguenti classi delle lauree in giurisprudenza, economia e scienze politiche:

Laurea (di durata triennale):

Classe 2 - Classe delle lauree inscienze dei servizi giuridici;

Classe 15 - Classe delle lauree inscienze politiche e delle relazioni internazionali;

Classe 17 - Classe delle lauree inscienze dell’economia e della gestione aziendale;

Classe 18 - Classe delle lauree inscienze dell’amministrazione;

Classe 28 - Classe delle lauree inscienze economiche;

Classe 31 - Classe delle lauree inscienze giuridiche;

Classe 35 - Classe delle lauree inscienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace

 

Laurea specialistica (ora denominata magistrale, ai sensi del citato DM 270/2004):

Classe 22/S – Classe delle lauree specialistiche in giurisprudenza

102/S Teorie e tecniche della normazione e dell’informazione giuridica,

60/S    Classe delle lauree specialistiche in relazioni internazionali 

64/S    Classe delle lauree specialistiche in scienze dell'economia 

70/S    Classe delle lauree specialistiche in scienze della politica 

71/S    Classe delle lauree specialistiche in scienze delle pubbliche amministrazioni  84/S    Classe delle lauree specialistiche in scienze economico-aziendali 

 

La realizzazione dei percorsi di laurea è comunque affidata all’autonomia delle università; queste ultime, nell’ambito di principi generali indicati dai decreti citati, stabiliscono nei regolamenti di ateneo articolazione e denominazione del corso di laurea (da attivare in una facoltà o con il concorso di più facoltà). Il titolo rilasciato alla conclusione degli studi indica poi la classe di appartenenza e la specifica denominazione del corso; inoltre, come supplemento al diploma viene rilasciato, un certificato che riporta, secondo modelli conformi a quelli adottati dai Paesi europei, le principali indicazioni relative al curriculum specifico seguito dallo studente (art.11 DM 270/2004).

 

Con riguardo alle professioni legali va ricordato inoltre che il citato DM 270/2004 ha autorizzato per i relativi corsi di laurea una deroga al modello 3+2 (articolo 6) consentendo l’istituzione di una classe di laurea magistrale con percorso unitario. Con Decreto del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca 25 novembre 2005[12] è stata pertanto definita una classe di laurea magistrale a ciclo unico per le professioni legali prevedendo l'avvio dei nuovi corsi a partire dall'anno accademico 2006/2007.

 

Si ricorda infine che, in relazione alle innovazioni introdotte dal DM 270/2004 si è reso necessario un riordino delle classi delle lauree e delle lauree specialistiche (ora magistrali); nel novembre 2006 sono stati pertanto trasmessi alle Camere per l’espressione del parere due schemi di decreto ministeriale relativi alle due tipologie di percorso; i provvedimenti in questione tuttavia non sono stati ancora emanati dopo l’espressione del prescritto parere. A titolo informativo si segnala comunque che in tali schemi di decreto sono state espunte la classe di laurea L 31 - Scienze giuridiche nonchè le classi di laurea specialistica  22/S – Giurisprudenza e  102/S Teorie e tecniche della normazione e dell’informazione giuridica, in considerazione dell’istituzione di una classe delle lauree magistrali in giurisprudenza con un percorso unitario di cinque anni (LMG/01, ai sensi del citato DM 25 novembre 2005).

 

L’articolo 2 dispone una dettagliata disciplina transitoria, in modo da salvaguardare coloro che abbiano già intrapreso il percorso per lo svolgimento della professione in base alle norme attualmente vigenti.

Si prevede quindi che coloro che, alla data dell’entrata in vigore del provvedimento, avessero già conseguito l’abilitazione per l’esercizio della professione sulla base del possesso del diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali, possono iscriversi all’albo dei consulenti del lavoro di cui all’art. 8 della L. 12/79 entro tre anni dalla stessa data (comma 1).

 

L’art. 8 della L. 12/1979 prevede che l'albo dei consulenti del lavoro è istituito in ogni provincia e che il consulente del lavoro iscritto in un albo provinciale può esercitare l'attività professionale in tutto il territorio dello Stato.

L'albo deve contenere il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, il titolo di studio, la residenza e l'eventuale domicilio degli iscritti, la data di iscrizione e gli estremi del diploma di abilitazione di cui è in possesso l'iscritto.

Inoltre, viene precisato che l'albo è compilato secondo l'ordine cronologico delle iscrizioni e che la data di iscrizione nell'albo stabilisce l'anzianità.

 

Con riguardo alla formulazione del testo appare piuttosto vaga la definizione “diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all’area delle scienze sociali”.

In relazione al riferimento al diploma di scuola secondaria superiore si segnala quanto segue.

§         Scuole ed istituti magistrali (della durata di tre e di quattro anni) erano preposti alla formazione dei docenti della scuola materna ed elementare; l’articolo 3 della legge 341/1990 (recante riforma degli ordinamenti didattici) ha previsto invece il conseguimento di un apposito titolo di laurea per l’insegnamento in tali ordini di scuole. Contestualmente all’attivazione dei nuovi corsi di laurea il Decreto del Ministro dell’istruzione 10 marzo 1997 ha disposto la graduale soppressione (a partire dall’anno scolastico 1998-1999) dei corsi ordinamentali delle scuole e degli istituti magistrali.

Sono rimasti operanti o sono stati attivati in seguito, nell’ambito dei percorsi sperimentali, il liceo delle scienze sociali e liceo socio-psico-pedagogico; articolati in vari indirizzi precisati nei decreti ministeriali di autorizzazione

 

Invece, ai soggetti che, pur non essendo in possesso dei requisiti relativi ai titoli di studio universitario previsti dalla nuova formulazione dell’art. 3, secondo comma, lettera d), della L. 12/1979, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame hanno già completato il tirocinio o sono iscritti al registro dei praticanti ovvero hanno presentato la domanda di iscrizione nello stesso registro, si concede la possibilità di sostenere l’esame di Stato entro e non oltre il 31 dicembre 2013 (comma 2).

Al riguardo nella relazione illustrativa viene precisato che il limite temporale per sostenere l’esame di Stato di cui al comma 2 è fissato in considerazione della durata del tirocinio e della necessità di permettere a chi ha appena iniziato il medesimo tirocinio di avere un ragionevole periodo per poter sostenere l’esame di Stato.

 

 


Progetto di legge


 

N. 2023

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato

PAGLIARINI, CRAPOLICCHIO

¾

 

Modifica all'articolo 3 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, in materia di requisiti per l'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro

 

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Presentata il 5 dicembre 2006

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Onorevoli Colleghi! - La legge 11 gennaio 1979, n. 12, recante «Norme per l'ordinamento della professione di consulente del lavoro», attualmente prevede, all'articolo 3, secondo comma, lettera d), che possono essere ammesse all'esame di Stato abilitante le persone che abbiano conseguito il diploma di maturità di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all'area delle scienze sociali o il diploma di laurea in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche.

      La categoria dei consulenti del lavoro è da anni impegnata per l'individuazione, a mezzo di idoneo strumento legislativo, di un unico percorso di accesso alla professione che preveda il possesso da parte dei candidati della laurea triennale o della laurea specialistica.

      I tentativi legislativi sin qui proposti non hanno sortito l'effetto desiderato. Da ultimo, nella passata legislatura, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva predisposto una bozza di regolamento per il riordino del tirocinio e dei titoli di accesso a venti professioni, tra cui quella in esame. I noti pronunciamenti del Consiglio di Stato ed i rilievi effettuati sull'impianto utilizzato dal Ministero hanno evidenziato, per i consulenti del lavoro, un difetto della tipologia di strumento adottato, assolutamente non adatto ad innovare la normativa esistente.

      I titoli di studio per l'accesso alla professione sono, come detto innanzi, contenuti nella legge 11 gennaio 1979, n. 12. Pertanto, solo con un provvedimento di pari rango si può intervenire per innovare la materia.

      La presente proposta di legge, alla luce delle considerazioni precedenti, è volta a modificare il titolo di studio richiesto dalla legge n. 12 del 1979 per l'ammissione all'esame di Stato per l'abilitazione alla professione di consulente del lavoro.

      Va fatto rilevare che, attualmente, l'80 per cento dei giovani che si presentano a sostenere l'esame di Stato è già in possesso almeno di una laurea triennale.

      L'intervento riformatore che si propone, di conseguenza, avrebbe come effetto quello di venire incontro ad una situazione già consolidata, consentendo solo a chi è in possesso almeno di una laurea triennale nelle discipline riconducibili all'area giuridico-economica, e non già di un diploma riconducibile all'area delle scienze sociali, di poter accedere al tirocinio per l'esercizio della professione di consulente del lavoro.

      In particolare, con l'articolo 1 della presente proposta di legge si inserisce al citato articolo 3, secondo comma, lettera d), della legge n. 12 del 1979, per l'ammissione all'esame di Stato, la previsione del requisito del conseguimento di una laurea triennale riconducibile all'area giuridico-economica, con i relativi percorsi di laurea specialistica. Si è conservato il riferimento alle lauree «vecchio ordinamento» in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche, che sono presenti anche nell'attuale formulazione dell'articolo 3, secondo comma, lettera d). In aggiunta, è stato previsto, quale ulteriore titolo abilitante, il diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro.

      L'articolo 2 prevede una specifica disciplina transitoria, volta a salvaguardare coloro che hanno già avviato il percorso per lo svolgimento della professione sulla base della vigente normativa. A tal fine si individua un periodo entro il quale coloro che hanno già ultimato il periodo di tirocinio o che lo stanno svolgendo alla data di entrata in vigore della modifica proposta possono sostenere l'esame di Stato abilitante anche se non in possesso del titolo di laurea. In questo caso, il termine ultimo per sostenere l'esame di abilitazione è stato stabilito al 31 dicembre 2013. Tale limite temporale tiene conto, soprattutto, dei termini di durata del praticantato (due anni) e della necessità di garantire a chi avrà appena iniziato il tirocinio secondo l'ordinamento previgente alla modifica di poter sostenere l'esame entro un congruo intervallo di tempo.

      Nel caso, invece, di soggetti che alla data di entrata in vigore della modifica legislativa proposta hanno già conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro sulla base del diploma di scuola secondaria superiore e che non risultano iscritti all'albo, si prevede che essi possano iscriversi al medesimo albo entro i tre anni successivi.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

 

      1. All'articolo 3, secondo comma, della legge 11 gennaio 1979, n. 12, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

          «d) abbiano conseguito una laurea triennale o quinquennale riconducibile agli insegnamenti delle facoltà di giurisprudenza, economia, scienze politiche, ovvero il diploma universitario o la laurea triennale in consulenza del lavoro, o una laurea quadriennale in giurisprudenza, in scienze economiche e commerciali o in scienze politiche».

 

Art. 2.

 

      1. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione con il titolo del diploma di scuola secondaria superiore secondo indirizzi riconducibili all'area delle scienze sociali possono iscriversi nell'albo di cui all'articolo 8 delle legge 11 gennaio 1979, n. 12, entro tre anni dalla medesima data di entrata in vigore.

      2. I soggetti non in possesso dei requisiti di cui all'articolo 3, secondo comma, lettera d), della legge 11 gennaio 1979, n. 12, come sostituita dall'articolo 1 della presente legge, che, alla data di entrata in vigore della medesima legge, hanno ottenuto il certificato di compiuta pratica o sono iscritti nel registro dei praticanti o hanno presentato domanda d'iscrizione nel predetto registro dei praticanti possono sostenere l'esame di abilitazione entro e non oltre il 31 dicembre 2013.

 

 




[1]  Procedura 1999/4856 - L’Italia ha risposto alla lettera di messa in mora del luglio 2000, con lettera del 27 settembre 2000, invocando la tutela dei diritti dei lavoratori per giustificare le restrizioni alle libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi: un livello minimo di competenze per l’esercizio delle attività in oggetto consentirebbe pertanto di proteggere i lavoratori dipendenti da eventuali irregolarità che potrebbero dar luogo a gravi violazioni dei diritti dei lavoratori.

[2]  ECVET: European Credit System for Vocational Education and Training.

[3]  Sulla base di tali conclusioni, il 4–5 dicembre 2006 i ministri europei dell’istruzione hanno elaborato il “comunicato di Helsinki”, documento che aggiorna le strategie e le priorità del processo di Copenhagen per lo sviluppo della cooperazione europea nel settore dell’istruzione e formazione professionale. Il processo di Copenhagen, a cui aderiscono i 27 stati membri dell’Unione europea, due dei paesi candidati (Croazia e Turchia), tre paesi dell’EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), le parti sociali e la Commissione europea, è nato quale contributo alla realizzazione degli obiettivi generali della strategia di Lisbona ed è aggiornato da una conferenza ministeriale che si tiene ogni due anni.

[4]   La decisione n. 2241/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2004 istituisce un quadro comunitario unico per realizzare la trasparenza delle qualifiche e delle competenze mediante l'istituzione di una raccolta personale e coordinata di documenti, denominata Europass, che i cittadini possono utilizzare su base volontaria per meglio comunicare e presentare le proprie qualifiche e competenze in tutta Europa. La decisione prevede che gli Stati membri, responsabili dell’attuazione del sistema Europass,  designino un Centro nazionale Europass (CNE) che confluirà in una rete  europea di CNE, le cui attività sono coordinate dalla Commissione.

 

[5]    R.D. 30 settembre 1938, n. 1652  Disposizioni sull'ordinamento didattico universitario.

[6]  L. 19 novembre 1990, n. 341, Riforma degli ordinamenti didattici universitari.

[7]   Legge 15 maggio 1997, n. 127, “Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”.

[8]   D.M. 3 novembre 1999, n. 509, “Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei”.

[9]  Decreto 22 ottobre 2004, n. 270 Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica..

[10]   D.M. 4 agosto 2000 sono state determinate in 42 le classi delle lauree universitarie di durata triennale; per ciascuna sono elencati, in altrettanti allegati al provvedimento, gli obiettivi formativi qualificanti e gli ambiti disciplinari entro i quali vanno individuate le attività formative indispensabili.

      Con D.M. 28 novembre 2000 sono poi state determinate in 104 le classi di appartenenza alle quali devono afferire i corsi di laurea specialistica (ora laurea magistrale) caratterizzati dagli stessi obiettivi formativi. 

 

[12]   Definizione della classe del corso di laurea magistrale in giurisprudenza.