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Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Titolo: Bilancio e Finanziaria 2008 - A.C. 3256 e A.C. 3257 - Commissione Politiche dell'Unione europea
Riferimenti:
AC n. 3256/XV   AC n. 3257/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 291    Progressivo: 14
Data: 20/11/2007
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea
Altri riferimenti:
AS n. 1818/XV   AS n. 1818-ter/XV


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

 

 

Bilancio e finanziaria 2008

A.C. 3256 e A.C. 3257

Commissione Politiche dell’Unione europea

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 291/14

 

 

20 novembre 2007


Il dossier offre una ricostruzione generale della manovra di finanza pubblica per il triennio 2008-2010 e analizza le parti di competenza della XIV Commissione in relazione al disegno di legge di bilancio 2008-2010 (A.C. 3256) e al disegno di legge finanziaria 2008 (A.C. 3257).

Le schede di lettura analitiche dell’articolato del disegno di legge finanziaria sono contenute nel dossier n. 291.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le sezioni del presente dossier relative ai documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE e alle procedure di infrazione sono state predisposte dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (RUE) e sono state coordinate da Antonio Esposito e Daniela Chiodi.

 

Dipartimento affari comunitari

 

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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

 

File: UE0133.doc

 


I N D I C E

 

 

PARTE I – Gli obiettivi di finanza pubblica

1. Le previsioni macroeconomiche  3

2. Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2008  9

PARTE II – La manovra di finanza pubblica per il 2008

1. L’articolazione della manovra  17

2. Il contenuto della manovra  19

3. La disciplina contabile: la legge finanziaria  26

PARTE III – Il disegno di legge di bilancio per il 2007

1. La disciplina contabile: il Bilancio dello Stato  31

§      1.1 Funzioni e struttura del Bilancio  31

§      1.2 La ripresa del processo di riforma del Bilancio dello Stato  33

§      1.3 La nuova classificazione del Bilancio dello Stato  36

2. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente  53

§      2.1 Il quadro generale riassuntivo  53

§      2.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2007  54

§      2.3 Il bilancio di cassa  57

3. Emendamenti al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente approvati dal Senato  58

4. Il bilancio per il 2008 come modificato dalle Note di variazioni approvate dal Senato  60

5. L’evoluzione della spesa nel bilancio dello Stato per il 2006-2008 – Tavole allegate  61

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  62

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  63

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  64

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato  65

Tavola V – Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato  66

PARTE IV – Profili di competenza della XIV Commissione

1. Il disegno di legge di bilancio per il 2008  71

§      1.1. Le politiche comunitarie nel disegno di legge di bilancio per il 2008  71

§      1.2. Il sistema di finanziamento dell’Unione europea  73

§      1.3. Il Fondo di rotazione per le politiche comunitarie e i flussi finanziari Italia-UE   75

§      1.4. La contribuzione dell’Unione europea in favore dell’Italia  76

2. Il disegno di legge finanziaria 2008  79

§      2.1. Schede relative al disegno di legge finanziaria  80

§      Articolo 2, commi 15-18 (Proroga al 2010 delle agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici)81

§      Articolo 3, commi 29-31 (Disciplina dei dividendi in uscita)91

§      Articolo 3, commi 39-40 (Regime ordinario IVA per agenzie viaggi e turismo)95

§      Articolo 3, commi 43-50 (Disposizioni antielusive per i paradisi fiscali: white list)99

§      Articolo 9, comma 32 (Assegni per i nuclei familiari con disabili)113

§      Articolo 10 (Trasporto pubblico locale)117

§      Articolo 14, comma 4 (Contrasto all’immigrazione clandestina)127

§      Articolo 20 (Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari sottoscritti dagli enti territoriali)129

§      Articolo 32 (Organizzazione del vertice «G8» in Italia e approvazione della decisione comunitaria n. 2007/436/CE, Euratom)143

§      Articolo 47 (Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)151

§      Articolo 50 (Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)155

§      Articolo 52 (Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili)161

§      Articolo 53 (Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)177

§      Articolo 54 (Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili)189

§      Articolo 55 (Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni in materia di fonti rinnovabili)193

§      Articolo 58 (Sostegno all’imprenditoria femminile)199

§      Articolo 62 (Miglioramento del sistema di trasporto nazionale per favorire l’intermodalità e l’utilizzo di mezzi meno inquinanti)205

§      Articolo 68 (Modifiche delle modalità di gestione dell’autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste: federalismo infrastrutturale)227

§      Articolo 75 (Promozione e sicurezza della rete trapiantologica)233

§      Articolo 80 (Misure a tutela del territorio e dell’ambiente e sui cambiamenti climatici)239

§      Articolo 81 (Realizzazione di aree verdi per ridurre l’emissione di gas climalteranti, migliorare la qualità dell’aria e tutelare la biodiversità)259

§      Articolo 82 (Disposizioni sulla spesa e sull’uso dei farmaci)269

§      Articolo 83 (Disposizioni a favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario)281

§      Articolo 88 (Misure per promuovere la qualità nell’erogazione dell’assistenza protesica)287

§      Articolo 99 (Disciplina dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori)291

§      Articolo 101 (Tutela degli utenti dei servizi pubblici locali)299

§      Articolo 103 (Sviluppo di un Piano contro la violenza alle donne)305

§      Articolo 118 (Sicurezza sui luoghi di lavoro)311

§      Articolo 119 (Politiche migratorie nazionali e comunitarie)317

§      Articolo 124 (Contrasto all’esclusione sociale negli spazi urbani)335

§      Articolo 126 (Razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi)343

3. Il bilancio della Presidenza del Consiglio  355

§      3.1. La struttura del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Dipartimento per le politiche comunitarie  355

PARTE V – La strategia di Lisbona (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

§      1. Gli obiettivi361

§      2. Revisione intermedia  362

§      3. Linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione 2005-2008  364

§      4. Programma comunitario di Lisbona 2005-2008  365

§      5. Valutazione dei piani nazionali di riforma  366

§      6. Il Programma nazionale di riforma 2006-2008  367

§      7. La valutazione del PICO da parte della Commissione europea  369

§      8. Comunicazione della Commissione sulla globalizzazione  371

§      9. L’avvio del nuovo ciclo di governance  372

§      10. Gli stanziamenti per la crescita e la competitività nel quadro finanziario 2007-2013  373

Documentazione

§      Tabella 2 del D.D.L. di bilancio 2008 – A.S. 1818 (stralcio)377

§      Tabelle e allegati del D.D.L. finanziaria 2008 – A.S. 1818/2-ter (stralcio)377

§      Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – A.C. 3256 (legge finanziaria 2008) (stralcio)377

§      D.P.C.M. 30 maggio 2007, Conto finanziario per l’esercizio 2006 della Presidenza del Consiglio dei Ministri (stralcio)377

§      Strategia di Lisbona, Piano Nazionale di Riforma – Secondo Rapporto sullo Stato di Attuazione (stralcio)377

 


PARTE I
Gli obiettivi di finanza pubblica

 


1. Le previsioni macroeconomiche

Le previsioni macroeconomiche contenute nel DPEF 2008-2011, presentato nel giugno scorso, sono state riviste nella Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011, presentata in data 1 ottobre.

 

Per quanto concerne la crescita, la Nota di aggiornamento rivede al ribasso la stima di crescita del PIL reale per il 2008, indicandola all’1,5 per cento, rispetto ad una previsione del 1,9 per cento indicata nel DPEF di giugno.

Anche le previsioni relative al 2009 e 2010 vengono riviste al ribasso dello 0,1 per cento (1,6 e 1,7 per cento rispettivamente, a fronte di 1,7 e 1,8 stimati a giugno), mentre viene confermata la previsione relativa al 2011 (pari all'1,8 per cento).

Tali revisioni sono in gran parte ascrivibili alle persistenti incertezze in ordine all’ampiezza e alla durata degli effetti delle forti turbolenze sui mercati finanziari internazionali indotte dalla recente crisi dei mutui sub-prime statunitensi e, più in generale, alle conseguenze del rallentamento statunitense sull’economia mondiale e, di riflesso, su quella italiana.

 

Per ciò che riguarda le previsioni degli organi internazionali, la stima di crescita del PIL indicata dal Governo per il 2008 risulta sostanzialmente in linea con quella formulata dai principali organismi internazionali.

 

Prodotto interno lordo 2008

Confronti internazionali

(variazioni % a prezzi costanti)

 

Commissione UE

OCSE

FMI

Italia

1,4

1,7

1,3

Francia

2,0

2,2

2,0

Spagna

3,0

2,7

2,7

Germania

2,1

2,2

2,0

Area euro

2,2

2,3

2,1

Regno unito

2,2

2,5

2,3

Ue – 27

2,4

-

-

Usa

1,7

2,5

1,9

Giappone

1,9

2,1

1,7

Fonte: Commissione UE: Autumn economic outlook 2007; OCSE: Economic outolook for OECD countries, an interim assessment (settembre 07); FMI: World Economic Outlook (ottobre 2007).

 


Per quanto concerne le previsioni relative alle principali grandezze macroeconomiche, nel 2008 il buon andamento del reddito disponibile e il previsto rinnovo dei contratti di lavoro nel settore pubblico e privato sosterranno i consumi delle famiglie, che si attestano su una variazione costante dell’1,8 per cento per tutto l’arco di previsione 2008-2011, anche grazie al consolidamento dei livelli occupazionali.

 

Per quanto riguarda gli investimenti, è previsto un rallentamento costante della componente relativa alle costruzioni, a causa della fine del ciclo espansivo del settore nell’ultimo decennio, segnalata anche dalla tendenziale riduzione della concessione di mutui alle famiglie da parte delle banche.

Analoga flessione è prevista in relazione all’acquisto dei macchinari e attrezzature che tuttavia non dovrebbe spingersi oltre il 2008. Dopo tale anno, infatti, è prevista una ripresa delle variazioni in aumento di tale voce.

 

Dal lato del mercato estero, il graduale recupero di quote del mercato internazionale da parte della produzione nazionale sosterrà le esportazioni che sono previste in lieve aumento.

Anche per le importazioni vi sarà un incremento durante tutto l’arco 2008-2011, ma il consolidamento della moneta unica su ragioni di scambio bilaterali più elevate rispetto al passato, consentirà una riduzione del deficit corrente della bilancia dei pagamenti rispetto al PIL, che si attesterà su livelli negativi comunque piuttosto bassi.

 

Il costo del lavoro per unità di prodotto subirà una temporanea accelerazione nel 2008 (+3,4%) per il rinnovo dei contratti scaduti del pubblico impiego e di parte del settore privato. Nell’arco previsivo, tuttavia, è previsto un progressivo rallentamento dovuto ad una riduzione della dinamica incrementale delle retribuzioni.

L’inflazione al consumo è prevista attestarsi in media al di sotto del 2 per cento lungo tutto il periodo 2008-2011.

 


Nella tavola seguente sono esposte le previsioni relative alle principali grandezze macroeconomiche per gli anni 2008 e successivi.

 

Quadro macroeconomico programmatico

(variazioni % e contributi alla crescita del PIL)

 

2007

2008

2009

2010

2011

PIL

1,9

1,5

1,6

1,7

1,8

Importazioni

1,8

2,5

3,1

3,3

3,4

Domanda nazionale(*)

2,0

1,4

1,5

1,6

1,6

-spesa delle famiglie

2,0

1,8

1,8

1,8

1,8

-spesa delle P.A. e delle I.S.P.

1,6

0,3

0,0

0,0

0,0

Investimenti fissi lordi

2,4

1,6

1,8

2,1

2,3

Variazioni delle scorte(*)

-0,1

0,0

0,0

0,0

0,0

Esportazioni

2,0

2,8

3,5

3,8

4,1

Esportazioni nette (*)

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

(*) Contributo % relativo alla crescita del PIL.

 

 

LE PREVISIONI ECONOMICHE D’AUTUNNO DELLA COMMISSIONE EUROPEA[1]

L’economia dell’Unione Europea - Rallentamento della crescita, ma prospettive solide nonostante le difficoltà dell’economia statunitense

In base alle previsioni economiche d'autunno della Commissione UE la crescita dell'economia dell'Unione europea dovrebbe rallentare dal 2,9% nel 2007 al 2,4% sia nel 2008 che nel 2009 (e, nell'area dell'euro, dal 2,6% nel 2007 al 2,2% nel 2008 e al 2,1% nel 2009). Tuttavia, grazie ad un quadro mondiale tuttora favorevole e a fondamentali solidi, la revisione al ribasso rispetto alle previsioni di primavera è limitata a 0,3 punti percentuali nel 2008 per entrambe le aree rispetto a sei mesi fa.

Dopo una crescita solida nel primo semestre del 2007, il rallentamento nella seconda parte dell'anno è spiegato parzialmente dall'impatto delle turbolenze nei mercati finanziari, per quanto la fase ascendente del ciclo potrebbe essersi già conclusa prima dell'inizio di tali turbolenze questa estate. Secondo lo scenario previsivo centrale della Commissione le tensioni finanziarie si esauriranno gradualmente. Nel frattempo esse hanno chiaramente ridotto la propensione al rischio degli investitori e hanno determinato un inasprimento delle condizioni di finanziamento. Finora gli investimenti si sono dimostrati dinamici, ma in questa fase del ciclo dovrebbero attenuarsi, non da ultimo a causa del forte rallentamento nel settore della costruzione verificatosi in alcuni Stati membri. Il consumo privato ha registrato una ripresa e sta diventando il motore principale della crescita grazie a prospettive favorevoli in materia di occupazione, purché la fiducia dei consumatori resti buona.

Sul lato esterno, la crescita della UE continua ad essere sostenuta dalle prospettive favorevoli dell'economia mondiale, specialmente delle economie emergenti, che compensano ampiamente il rallentamento negli USA. Pertanto, secondo la Commissione, l'economia della UE crescerà in linea con il proprio potenziale nei due anni oggetto di previsione. Tuttavia l'inflazione dovrebbe salire al 2,4% nell'area dell'euro nei prossimi trimestri a causa dei prezzi più elevati dei prodotti di base, per poi riscendere a circa il 2% la prossima estate.

Disoccupazione ancora in calo

Una crescita vigorosa dell'occupazione, pari a circa l'1,5% sia nella UE che nell'area dell'euro, dovrebbe aver portato alla creazione di 3,6 milioni di nuovi posti di lavoro quest'anno nella UE (2,3 milioni nell'area dell'euro). Questo miglioramento ha riguardato un gran numero di settori, tipi di contratti di lavoro e Stati membri. In futuro la crescita dell'occupazione dovrebbe decelerare a circa l'1% in media nel 2008-2009 sia nella UE che nell'area dell'euro, di pari passo con la maturazione del ciclo economico. Ciononostante, dovrebbero essere creati 4,5 milioni di nuovi posti di lavoro nella UE nel 2008-2009 (3,2 milioni nell'area dell'euro), il che dovrebbe portare il tasso di occupazione globale ad oltre il 66% entro il 2009. Il tasso di disoccupazione dovrebbe ammontare al 6,6% nella UE e al 7,1% nell'area dell'euro entro il 2009, livelli mai registrati negli ultimi quindici anni.

Le carenze di manodopera stanno diventando più comuni e pertanto i salari dovrebbero crescere un pò più rapidamente nel periodo oggetto delle previsioni, in particolare nel 2008, quando l'andamento rifletterà in parte misure una tantum e di recupero rispetto agli anni precedenti caratterizzati da moderazione salariale. Ma la crescita sostenuta della produttività del lavoro dovrebbe limitare l'aumento dei costi unitari del lavoro e contribuire a contenere le pressioni inflazionistiche.

I rischi di un peggioramento

I principali rischi di un peggioramento delle prospettive di crescita sono collegati ad eventi verificatisi nei mercati finanziari e alla possibilità di un rallentamento più marcato o più protratto del previsto negli USA. In alcuni segmenti dei mercati finanziari continuano a registrarsi disfunzioni e non si può escludere un periodo più lungo di incertezza, il che influenzerebbe più gravemente del previsto le condizioni del credito e di conseguenza i mercati immobiliari. D'altro canto, il mercato del lavoro potrebbe registrare risultati migliori del previsto, il che rafforzerebbe i redditi da lavoro e la fiducia dei consumatori. Per quanto riguarda l'inflazione, ulteriori aumenti del prezzo del petrolio e incrementi dei prezzi degli alimentari e delle materie prime determinano rischi di un'inflazione più elevata rispetto alle previsioni dello scenario di base.

Le previsioni per l’economia italiana - La crescita prosegue, ma rimane al di sotto dell’area Euro

A seguito della debole crescita del PIL reale durante la prima metà dell’anno, le previsioni generali di crescita economica per il 2007 si attestano sull’1,9%, in linea con le previsioni della primavera e con il potenziale di crescita dell’economia. Rafforzati da uno sviluppo favorevole dell’occupazione e dagli incentivi fiscali per l’acquisto di beni durevoli, i consumi privati sono stati i principali veicoli della crescita del PIL nella prima metà dell’anno.

La domanda interna continuerà a svolgere il ruolo di principale contributo alla crescita durante l’anno, grazie anche all’atteso aumento degli investimenti. Per quanto concerne l’evoluzione del settore estero, se da un lato le esportazioni di beni hanno registrato un forte aumento in termini di valore, dall’altro l’Italia sta continuando ad accumulare perdite significative di quote di mercato in termini di volume. Comunque, tenendo conto delle moderate dinamiche di importazione - in particolare di beni energetici - si prevede che le esportazioni nette apporteranno un contributo lievemente positivo alla crescita del PIL nel 2007, sebbene il settore dei servizi, incluso quello turistico, abbia spinto nella direzione opposta. Le previsioni per l’inflazione per il 2007 sono dell’1,9 per cento, in diminuzione rispetto al 2,2 per cento del 2006, grazie anche ad un più basso contributo dei prezzi dell’energia e ad alcune delle misure di liberalizzazione adottate sinora, in particolare nel settore delle telecomunicazioni.

Le prospettive per il 2008 ed il 2009

L’impatto della crescita all’inizio del 2008 sarà considerevolmente più basso di quanto previsto nel 2007.

Nel contesto di un ambiente internazionale ancora favorevole, sebbene lievemente meno dinamico e più incerto, la previsione complessiva di crescita economica nel 2008 è del 1,4%, ossia 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni della primavera 2007 (a fronte di una previsione del Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF pari all’1,5 per cento, rivista al ribasso di 4 decimi di punto rispetto alla previsione del DPEF per tenere conto degli effetti della turbolenze nei mercati finanziari statunitensi dovute alla crisi dei mutui sub-prime).

Per il 2009, la crescita del PIL reale si prevede convergente rispetto al potenziale, all’1,6%, in linea con le previsioni del Governo.

Grazie all’atteso aumento del reddito reale disponibile, i consumi privati continueranno a rappresentare il maggior fattore trainante del PIL in entrambi gli anni, sebbene si preveda una decelerazione nel 2008, sulla scorta di un atteso aumento nel tasso di risparmio. La spesa per investimenti si prevede in decelerazione, a causa delle condizioni finanziarie meno favorevoli, nonché a causa di investimenti pubblici meno massicci. In particolare, nel 2008 gli investimenti in costruzioni residenziali subiranno un rallentamento rispetto agli alti tassi di crescita registrati nel biennio 2005-2007.

L’utilizzazione, attualmente elevata, della capacità produttiva, comporterà che la componente delle attrezzature continuerà a crescere nel 2008, sebbene ad un passo più moderato; si prevede una lieve accelerazione nel 2009. Data la domanda esterna ancora favorevole e l’attuale ristrutturazione nel settore manifatturiero, si prevede che la crescita delle esportazioni rimanga ampiamente stabile nel 2008 ed acceleri nel 2009, con un più alto contributo da parte dei servizi. Dall’altro lato, si prevede che la crescita delle importazioni si assesti su un sentiero coerente ai livelli storici, anche trainato dall’apprezzamento del tasso di cambio. Il risultato è un contributo lievemente negativo alla crescita economica da parte delle esportazioni nette nel 2008 e nel 2009 (a fronte di un contributo positivo dello 0, 1 per cento indicato dal Governo nella Relazione previsionale e programmatica per il 2008). In questo scenario, l’Italia continuerà a perdere quote di mercato in termini di volume.

Mercato del lavoro, costi e prezzi

Nel 2007 la crescita dell’occupazione rallenterà, dopo il forte aumento registrato nel 2006. Tuttavia, la diminuzione del tasso di disoccupazione rimarrà sostanziale. Assieme ad una limitata ripresa del tasso di crescita della forza lavoro, si prevede che il tasso di disoccupazione continui a scendere sia nel 2008 che nel 2009. Dopo il significativo aumento nel 2007, si prevede una decelerazione della produttività del lavoro durante il 2008, e un lieve recupero nel 2009. Nel settore manifatturiero si prevede un rallentamento della crescita della produttività già nel 2007, dopo i risultati sostenuti registrati nel 2006. Una crescita dinamica del costo per unità di lavoro, assieme all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e del petrolio, spingeranno lievemente verso l’alto il tasso di inflazione (al 2% nel 2008). Ci si aspetta peraltro una nuova decelerazione per l’anno successivo, all’1,9%, dal momento che le pressioni inflazionistiche saranno contenute.


2. Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2008

La Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011, approvata con risoluzione dalla Camera nella seduta del 4 ottobre 2007, ha rivisto le stime dei saldi di finanza pubblica, tenendo conto sia della più recente evoluzione delle entrate e delle spese, sia degli effetti delle misure adottate con il decreto legge collegato alla manovra n.159/07 sull’andamento tendenziale dei conti pubblici.

 

La stima dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche per l’anno in corso è stata pertanto rideterminata al 2,4 per cento del PIL, a fronte del 2,5 per cento indicato nel DPEF di giugno e contenuto nell’aggiornamento annuale del Programma di stabilità (dicembre 2006)[2].

 

Il quadro tendenziale di finanza pubblica, registrando la favorevole dinamica dei conti pubblici, prospetta, per il 2008, un indebitamento netto pari all’1,8 per cento del PIL, con un miglioramento rispetto alla previsione indicata nel DPEF di 0,4 punti percentuali di PIL.

 

Sulla base degli andamenti tendenziali delle entrate e delle spese, l’indebitamento netto continuerebbe a diminuire negli anni successivi al 2008 (di 0,2 punti percentuali nel 2009, di 0,4 punti nel 2010 e di 0,2 punti nel 2011), fino a giungere all’1 per cento nel 2011 (contro l’1,3 per cento indicato dal DPEF).

 

A fronte del miglioramento degli andamenti tendenziali, la Nota di aggiornamento conferma sostanzialmente il quadro programmatico di finanza pubblica per gli anni 2008 e seguenti indicato nel DPEF di giugno.

Per il 2008, si mantiene pertanto l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche fissato al 2,2 per cento dal DPEF[3].

Sono altresì confermate le stime contenute nel DPEF inerenti la spesa per interessi (4, 9 per cento) e dell’indebitamento netto corretto per il ciclo (2,1 per cento), nonché il percorso di crescita dell’avanzo primario, che nel 2008 dovrebbe attestarsi al 2,6 per cento del PIL.

Il rapporto debito-PIL dovrebbe attestarsi al 103,5 per cento[4].

Sempre per il 2008, le stime fornite dalla Nota prevedono il mantenimento al medesimo livello raggiunto nell’anno in corso della pressione fiscale (43 per cento del PIL), mentre la spesa corrente primaria si dovrebbe attestare al 40 per cento del PIL, con un aumento di due decimi di punto percentuale rispetto al 2007 (39,8 per cento del PIL)

 

Saldi di finanza pubblica per il 2008

(Valori in % del PIL)

 

 

Nota di aggiornamento

Indebitamento netto

- 2,2

Tendenziale

- 1,8

Avanzo primario

2,6

Tendenziale

3,0

Interessi

 4,9

Indebitamento netto corretto*

- 2,1

Debito Pubblico

Tendenziale

103,5

103,1

*              Per il ciclo e al netto delle misure una tantum

 

Per gli anni successivi al 2008, si prevede un indebitamento netto programmatico dell’1,5 per cento del PIL nel 2009 e dello 0,7 per cento del PIL nel 2010, fino ad arrivare al pareggio di bilancio nel 2011.

L’avanzo primario dovrebbe aumentare progressivamente fino a raggiungere il 4,9 per cento nel 2011, mentre il rapporto debito-PIL dovrebbe risultare pari al 101, 5 per cento nel 2009, al 98,5 per cento nel 2010, e al 95,1 per cento nel 2011.

Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica negli anni 2009-2011 occorrerà pertanto una manovra correttiva annua di almeno lo 0,4 per cento del PIL.

Tali risorse, sulla base delle indicazioni programmatiche del Governo, dovranno essere reperite senza aggravi della pressione fiscale, ma agendo sul fronte della spesa, in continuità con le azioni intraprese nell’anno in corso ai fini dell’attuazione di un programma di riqualificazione della spesa pubblica.

Coerentemente a tale impostazione, è previsto che la pressione fiscale diminuisca dal 42,8 per cento del PIL nel 2009 al 42,5 per cento nel 2011; analogamente, la spesa corrente primaria dovrebbe passare dal 39, 3 per cento del PIL nel 2009 al 38,6 per cento nel 2011.


LE PREVISIONI ECONOMICHE D’AUTUNNO DELLA COMMISSIONE EUROPEA[5]

 

In base alle previsioni economiche d'autunno della Commissione UE, si prevede che a seguito sia di entrate inattese che degli sforzi di risanamento, il disavanzo di bilancio per il 2007 sia nella UE che nell'area dell'euro scenda al livello più basso da molti anni a questa parte, facendo registrare una media dell'1,1% del PIL nella UE e dello 0,8% del PIL nell'area dell'euro.

Anche il disavanzo strutturale dovrebbe migliorare quest'anno, seppure in misura inferiore, ma successivamente il risanamento finanziario si interromperà.

 In particolare,. un peggioramento è previsto nel 2008 in taluni Paesi, a causa del rallentamento della crescita economica e dell'uso delle entrate impreviste per spese aggiuntive in taluni Paesi.

Il disavanzo globale per il 2008 dovrebbe salire all'1,2% del PIL nella UE e allo 0,9% nell'area dell'euro, per poi stabilizzarsi nel 2009, in caso di politiche invariate. In termini strutturali, anche il risanamento finanziario dovrebbe interrompersi nel 2008 e nel 2009.

Il debito pubblico è su un sentiero di discesa e dovrebbe calare al 63,4% del PIL nell'area dell'euro entro il 2009 e scendere al di sotto del 60% nella UE già nel 2007.

La Finanza pubblica italiana

Per quanto concerne l’Italia, per il 2007 si prevede che l’indebitamento netto si attesti al -2,3 per cento del PIL ( a fronte del -2,4 per cento indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF).

Il miglioramento rispetto al 4,4 per cento registrato nel 2006 riflette i sostenuti introiti e gli effetti delle misure una tantum, che si innalzano da un valore negativo dell’1,2 per cento del PIL nel 2006, ad un valore positivo dello 0,2 per cento del PIL (tasse sulla rivalutazione delle partecipazioni societarie e ricavi derivanti dalla vendita del patrimonio). Un’apprezzabile parte di questo miglioramento è dovuta alle nuove misure che compensano la perdita del gettito IVA legato alla decisione della Corte Europea di Giustizia relativamente al regime italiano dell’IVA per le auto aziendali, ufficialmente stimato a più dello 0,3 per cento del PIL.

L’avanzo primario è previsto attestarsi al 2,5 per cento del PIL durante il 2007.

Il rapporto entrate/ PIL - al netto delle misure una tantum - aumenterà di oltre l’1 per cento. Circa un terzo di questo aumento deriva dal trasferimento di parte dei flussi del TFR dalle imprese al sistema nazionale di previdenza (INPS), misura che porta risorse ulteriori nel breve termine, ma che non migliora la sostenibilità della finanza pubblica.

Il resto può essere ascritto a varie misure adottate nel 2006 per l’ampliamento della base imponibile, così come ad un gettito eccezionalmente positivo derivante dalla tassazione dei redditi d’impresa.

Per ciò che riguarda la spesa, si prevede un lieve aumento della quota del PIL relativa alla spesa per interessi.

Due pacchetti di misure adottate durante l’anno aventi l’effetto di aumentare il deficit (ci si riferisce ai Decreti Legge n. 81 e n. 159 del 2007), hanno lasciato presagire spese ulteriori, ufficialmente stimate come corrispondenti allo 0,9 per cento del PIL. Come risultato di queste misure, la spesa primaria corrente in termini reali è prevista in aumento del 2,3 per cento rispetto al 2006, al di sopra della crescita potenziale del prodotto.

Si prevede inoltre un aumento ancora maggiore degli investimenti pubblici, ancorché non pari a quanto previsto nelle proiezioni ufficiali, data la caduta registrata nel primo semestre. Ciò spiega le previsioni relative al deficit, inferiori di 0,1 punti percentuali, da parte dei servizi della Commissione. L’esito della spesa potrebbe peraltro essere più basso, se vi sono ritardi nei flussi di cassa, in particolare a livello locale, negli ultimi mesi dell’anno.

Il deficit strutturale - calcolato tenendo conto degli aggiustamenti del ciclo economico, al netto delle misure temporanee ed una tantum - si prevede che sia più basso, rispetto al 2006, di quasi lo 0,75 per cento del PIL.

Nel biennio 2006-2007, l’aggiustamento strutturale generale sarà vicino al 2 per cento del PIL.

Per il 2008, il Governo ha confermato l’obiettivo di un rapporto deficit / PIL del 2,2 per cento, con una crescita del PIL reale all’1,5 per cento.

Partendo da una proiezione di base di un rapporto deficit/PIL dell’1,8 per cento a legislazione invariata, il disegno di legge finanziaria adottato il 29 settembre ha un impatto sulla crescita del deficit di 0,4 punti percentuali. Il medesimo disegno di legge prevede una riorganizzazione della spesa, così come ulteriori spese correnti ed alcuni tagli alle tasse.

Il finanziamento degli accordi salariali del settore pubblico per il biennio 2006-2007 assorbe almeno tre quarti della spesa addizionale netta.

Nelle proiezioni ufficiali, il costo dei salari aumenta di circa il 7 per cento nel 2008 (9 per cento nel periodo 2007-2008).

I tagli fiscali sono principalmente legati alla deducibilità degli affitti ed alla diminuzione dei tributi locali sugli immobili. Il disegno di legge finanziaria prevede inoltre una riduzione delle aliquote IRES e IRAP.

I servizi della Commissione prevedono un deficit attestato al 2,3 per cento del PIL per il 2008 (a fronte di una previsione del 2,2 per cento indicata dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF). Da un lato, la stima dell’impatto del disegno di legge finanziaria per il 2008 è in linea con la stima ufficiale; dall’altro lato, le proiezioni di base sulla spesa primaria della Commissione sono lievemente più caute, stante l’assenza di misure convincenti per il contenimento della spesa e tenendo conto che alcune spese potrebbero slittare dal 2007 al 2008.

L’avanzo primario è previsto come sostanzialmente invariato.

Ci si attende che la spesa per interessi, rispetto al PIL, cresca ulteriormente dello 0,1 per cento. Non si prevedono miglioramenti nell’assetto strutturale del bilancio (le imposte sostitutive sulla rivalutazione delle partecipazioni societarie e i proventi derivanti dalla vendita del patrimonio dovrebbero ridurre il deficit dello 0,1 per cento del PIL).

La Commissione sottolinea quindi come vi siano rischi sia per la parte positiva, sia per la parte negativa legata alla previsioni sul deficit per l’anno 2008.

Da un lato, è possibile un miglior effetto di trascinamento del 2007, dati i risultati positivi di budget nella prima metà dell’anno e gli sviluppi favorevoli nel fabbisogno del settore statale fino a ottobre. Dall’altro lato, gli scostamenti previsionali simili a quelli registrati nel 2007 potrebbero condurre ad un deficit più alto. Inoltre, l’esito dei cambiamenti sostanziali nella tassazione delle imprese è soggetto a incertezza significativa su entrambi i fronti.

Basandosi sull’usuale assunto dell’invarianza delle politiche, si prevede poi che il deficit nel 2009 rimanga invariato rispetto al livello previsto nel 2008 (2,3 per cento del PIL). Inoltre, anche a causa di una sostanziosa crescita del PIL nominale, si prevede che il debito pubblico diminuisca dal 106,8 per cento nel 2006 al 104,3 per cento nel 2007(a fronte di una previsione del 105 per cento indicata dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF). Si prevede poi una diminuzione al 102,9 nel 2008 (a fronte del 103,5 per cento indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF) e, basandosi su uno scenario a politiche invariate, un’ulteriore lieve diminuzione nel 2009.


PARTE II
La manovra di finanza pubblica


1. L’articolazione della manovra

La manovra di finanza pubblica varata nel Consiglio dei Ministri del 28 settembre è composta da un decreto-legge collegato (n. 159 del 2007), avente impatto principalmente sull'esercizio 2007, dal disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e il bilancio pluriennale per il triennio 2008-2011 (AC 3257), dal disegno di legge finanziaria per il 2008 (AC 3256), e da una serie di provvedimenti collegati elencati nella Nota di aggiornamento al DPEF.

 

In particolare, i disegni di legge collegati, alcuni già trasmessi al Parlamento ed altri in corso di preparazione[6], riguardano:

 

§      l’attuazione dell’Accordo su previdenza, lavoro e competitività del 23 luglio scorso tra Governo e parti sociali, cd. Protocollo Welfare (AC 3178);

§      i costi della politica e la razionalizzazione della P.A.;

§      il sostegno ai non autosufficienti, le politiche sociali e la famiglia;

§      la razionalizzazione e l’ammodernamento del sistema sanitario nazionale;

§      le infrastrutture, l’ambiente, l’assetto e la mobilità sul territorio.

 

Nell'audizione del 4 ottobre presso le Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato il Ministro dell'economia ha precisato che la manovra annuale di finanza pubblica si articola su 4 anni, poiché, oltre a riguardare - come di norma - il triennio futuro (2008-1011), interviene ancora una volta sul 2007, con il decreto-legge n. 159 del 2007.

Tale legame del decreto-legge n. 159 del 2007 con la manovra di finanza pubblica è reso evidente dalla circostanza secondo la quale tale provvedimento anticipa alcuni degli interventi che il DPEF 2008-2011 inseriva nella cosiddetta "Tassonomia delle spese eventuali", relative ad impegni sottoscritti e alle prassi consolidate. Si tratta in particolare di una quota degli oneri del contratto del pubblico impiego, di stanziamenti per la cooperazione internazionale e per gli investimenti di Ferrovie ed ANAS.

 

Il decreto-legge n.159 del 2007, approvato contestualmente alla manovra di bilancio per il 2008 e attualmente in corso d’esame da parte del Parlamento, reca interventi che operano quasi esclusivamente nel 2007, con effetti onerosi pari a oltre 8400 milioni di euro, coperti, quanto a 5.978 milioni di euro a valere sulle maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni registrate nel disegno di legge di assestamento del Bilancio dello Stato, quanto 1.320 milioni di euro mediante utilizzo della riduzione dell’autorizzazione di spesa concernente il contributo al bilancio comunitario, anch’essa già iscritta (per un importo pari a 1300 milioni di euro) nell’assestamento 2007, e quanto 1.100 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’articolo 61, comma 1, della legge n. 289 del 2002.

I principali interventi introdotti dal decreto riguardano, per la spesa corrente, le misure una tantum a favore dei soggetti c.d. incapienti per un importo complessivo di 1.900 milioni di euro, le risorse per il pubblico impiego e la cooperazione internazionale, nonché le risorse per l'istruzione. Le maggiori spese in conto capitale riguardano le risorse a favore dell'edilizia residenziale pubblica, le spese per l'ambiente e le risorse per opere pubbliche e trasporti (investimenti Anas e Ferrovie).


2. Il contenuto della manovra

 

Diversamente dalle manovre adottate negli ultimi anni[7], la manovra finanziaria per il 2008 non ha la funzione di ricondurre il disavanzo tendenziale, vale a dire il disavanzo che si produrrebbe sulla base della legislazione vigente qualora non intervenissero ulteriori provvedimenti, ai valori programmatici.

 

Il Governo ha infatti confermato l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche indicato dal DPEF al -2,2 per cento del PIL per il 2008, destinando le maggiori risorse resesi disponibili dal favorevole andamento del quadro tendenziale dei conti pubblici e, segnatamente, delle entrate tributarie, al finanziamento di nuovi interventi oggetto dalla manovra contenuta nel disegno di legge finanziaria, la quale, rispetto al quadro tendenziale, reca un effetto espansivo di circa 0,4 punti di PIL nel 2008, 0,3 nel 2009 e nel 2010 e di 0,2 nel 2011.

 

La manovra finanziaria comporta pertanto un aumento dell'indebitamento netto per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 rispetto alle previsioni a legislazione vigente.

 

Nel 2008, a seguito delle modifiche apportate dal Senato all’articolato e alle tabelle del disegno di legge finanziaria, l'aumento dell'indebitamento netto, pari a circa 6.421 milioni di euro, deriva da una riduzione netta delle entrate di circa 2.345 milioni di euro e da un aumento complessivo delle spese pari a circa 4.076 milioni di euro[8].

 


La tabella seguente riepiloga gli effetti complessivi in termini di indebitamento netto per il triennio 2008-2010, disaggregandoli in termini di variazione netta delle entrate (composta dal saldo delle minori e maggiori entrate) e delle spese (anch'esse espresse come saldo delle maggiori e minori spese).

 

Effetti sul conto economico delle Amministrazioni Pubbliche

(mln euro)

2008

2009

2010

Maggiori entrate

707

733

1.160

Minori entrate

3.052

4.568

3.532

Riduzione Netta Entrate

2.345

3.835

2.372

Maggiori spese (articolato + tabelle)

9.767

6.860

8.973

Minori Spese

5.691

5.911

5.997

Aumento Netto Spese

4.076

949

2.976

Aumento dell'Indebitamento netto

6.421

4.785

5.348

 

Negli anni successivi, il peggioramento dell'indebitamento netto è inferiore a quello che si prevede nel 2008, risultando pari a circa 4.785 milioni di euro per il 2009 e a 5.348 milioni di euro per il 2010.

 

Tale andamento appare riconducibile ad una serie di fattori.

Gli effetti sul saldo derivanti dalla componente dal lato delle entrate rimangono significativi in ciascuno degli esercizi, con variazioni da un esercizio all'altro dovute principalmente ai meccanismi di saldo-acconto degli interventi operati sulle imposte.

Decrescente risulta invece il contributo netto delle spese. La variabilità del contributo delle maggiori spese è ascrivibile, tra l’altro, alle spese di attuazione del Protocollo Welfare (che mostrano un andamento crescente, nel 2010 pari a 2.750 milioni di euro, a fronte della stima per il 2008 di 1.278 milioni di euro). Il contributo crescente delle minori spese nel triennio dipende principalmente dalla valutazione dei risparmi connessi con la razionalizzazione della spesa delle Pubbliche amministrazioni, soprattutto in relazione alla riduzione dei consumi intermedi.

La riduzione di gettito è ascrivibile principalmente agli effetti degli interventi di natura tributaria sulle famiglie (casa e affitti), mentre l'incremento dal lato della spesa dipende in larga misura da interventi di parte corrente, tra cui, in particolare, le misure in materia di pubblico impiego e le risorse per l'attuazione del Protocollo Welfare, che costituiscono la gran parte delle maggiori spese correnti. La maggiore spesa in conto capitale vede rifinanziamenti nella parte tabellare del disegno di legge finanziaria. I risparmi di spesa riguardano in gran parte le misure di parte capitale e sono ascrivibili per oltre 1500 milioni di euro alla modifica del termine di perenzione dei residui passivi relativi a spese in conto capitale, cui si aggiungono ulteriori interventi di razionalizzazione della spesa di parte corrente, tra i quali una ulteriore riduzione dei consumi intermedi.

Nel complesso, nel 2008 le spese in conto capitale con le misure riportate nell'articolato diminuiscono di 2.554 milioni, in quanto le maggiori spese, pari a 1.337 milioni, risultano inferiori alle misure di contenimento valutate in circa 3.891 milioni.

 

Rispetto al testo del disegno di legge finanziaria presentato al Senato, le modifiche ivi apportate hanno determinato una riduzione della variazione netta delle entrate, che, per il 2008, sono passate da -2.606 milioni di euro a – 2.345 milioni di euro, a fronte della quale si è registrato un aumento netto delle spese per un importo pari a 261 milioni di euro.

 

La tabella seguente espone il confronto degli effetti in termini di indebitamento netto per l’anno 2008 tra il testo del disegno di legge finanziaria presentato dal Governo e quello approvato dal Senato.

 

Effetti sul conto economico delle Amministrazioni Pubbliche

(mln euro)

2008 AS1817

2008 AC3256

Differenza

Maggiori entrate

262

707

445

Minori entrate

2.867

3.052

185

Riduzione Netta Entrate

2.606

2.345

-261

Maggiori spese (articolato + tabelle)

8.557

9.767

1.210

Minori Spese

4.742

5.691

949

Aumento Netto Spese

3.815

4.076

261

Aumento dell'Indebitamento netto

6.421

6.421

0

 

 

Per quanto concerne il contenuto, si osserva, preliminarmente, come la manovra finanziaria per il 2008 si collochi nella nuova cornice generale della decisione di bilancio, caratterizzata dalla nuova classificazione in Missioni (34) e Programmi (167) del Bilancio dello Stato[9].

 

La riclassificazione del Bilancio dello Stato per Missioni e Programmi si è infatti riverberata anche nella struttura del disegno di legge finanziaria per il 2008.

 

La direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 luglio 2007, sopperendo alla mancanza di una procedura formalizzata comune a tutte le Amministrazioni, ha infatti introdotto delle linee guida per le Amministrazioni che hanno consentito una più ordinata e organica predisposizione delle proposte di variazione della legislazione vigente da introdurre nel disegno di legge finanziaria. Conseguentemente, già durante il processo di formazione del disegno di legge finanziaria, le singole proposte provenienti dai Dicasteri sono state strutturate seguendo la classificazione in Missioni e Programmi. Ai sensi della suddetta circolare le proposte di variazione dovevano infatti contenere: a) la definizione di priorità, con l’indicazione delle ragioni delle variazioni ed il grado di priorità rispetto alle altre proposte; b) la redistribuzione delle risorse già in gestione dell’Amministrazione sulla base della legislazione vigente piuttosto che ad un aumento; di conseguenza, le proposte dovevano includere le possibili abrogazioni di normativa vigente per liberare risorse al fine di potenziare i Programmi ritenuti prioritari; c) gli obiettivi da perseguire, anche al fine della realizzazione della c.d. spending review, ossia del piano di analisi e valutazione della spesa pubblica avviato dal Governo.

 

Le Missioni - ossia le funzioni principali e i grandi obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica - che interessano il disegno di legge finanziaria per il 2008 sono pari a 29 su un totale di 34 previste dalla nuova classificazione del Bilancio.

Le disposizioni relative a tali Missioni sono inserite al Titolo III, “Interventi sulle Missioni”, Capi I – XXVIII del provvedimento.

 

La tabella che segue reca l’elenco delle Missioni cui sono ascritti effetti di spesa nell’articolato e nelle tabelle del disegno di legge finanziaria secondo l’allegato 7 riferito al testo presentato al Senato e il corrispondente peso percentuale in termini di saldo netto da finanziare[10].

 

Anno
2008

Missioni

Saldo netto da finanziare

Quota parte
%
sul totale delle spese ripartite per Missione

3

Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

10.935,9

44,3

33

Fondi da ripartire

4.024,1

16,3

4

L'Italia in Europa e nel Mondo

3.493,7

14,1

25

Politiche previdenziali

1.631,4

6,6

28

Sviluppo e riequilibrio territoriale

1.150,0

4,7

11

Competitività e sviluppo delle imprese

1.067,3

4,3

26

Politiche del lavoro

880,0

3,6

13

Diritto alla mobilità

625,4

2,5

23

Istruzione universitaria

550,0

2,2

1

Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e PCM

134,0

0,5

14

Infrastrutture pubbliche e logistica

125,0

0,5

17

Ricerca ed innovazione

84,3

0,3

15

Comunicazioni

80,0

0,3

9

Agricoltura-politiche agroalimentari e pesca

74,7

0,3

29

Politiche economico-finanziarie e di bilancio

74,1

0,3

8

Soccorso civile

68,6

0,3

24

Diritti sociali e solidarietà sociale

58,8

0,2

27

Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

51,5

0,2

30

Giovani e sport

51,0

0,2

18

Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente

50,0

0,2

21

Tutela e valorizzazione dei beni culturali

35,4

0,1

5

Difesa e sicurezza del territorio

30,0

0,1

16

Commercio internazionale ed internazionalizzazione sistema produttivo

30,0

0,1

7

Ordine pubblico e sicurezza

24,3

0,1

31

Turismo

0,0

0,0

22

Istruzione scolastica

-20,0

-0,1

varie*

Misure di razionalizzazione della spesa che interessano più missioni/programmi

-604,0

-2,4

 

Totale

24.705,4

100,0

 

Sulla base di tali dati si evince come rimangano esclusi dalla ripartizione per Missione gli articoli iniziali del disegno di legge, relativi alle disposizioni di cui al Titolo I e II in materia di risultati differenziali e di entrata (da 1 a 15), nonché gli articoli finali, relativi alle disposizioni in materia di contenimento e razionalizzazione delle spese valide per tutte le Missioni (da 137 a 144) ed in materia di pubblico impiego (da 145 a 149), poiché non imputabili distintamente ad alcuna specifica Missione.

Per quanto attiene agli interventi sulle Missioni recati dal disegno di legge finanziaria presentato dal Governo, si osserva come, sul versante delle spesa, gli effetti più rilevanti in termini di saldo netto da finanziare siano ascrivibili alle Missioni 3 (Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali[11]), 33 (Fondi da ripartire) e 4 (L’Italia in Europa e nel mondo). Di particolare rilievo in termini di impatto quantitativo sono inoltre le diverse misure di riduzione/razionalizzazione della spesa che interessano più Missioni/Programmi (per un approfondimento in ordine alla riclassificazione del Bilancio dello Stato si rinvia alla Parte III del presente dossier).

 

Sempre in ordine al contenuto del disegno di legge finanziaria, esso reca, sul versante del reperimento delle risorse, una serie di misure di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, tra le quali si segnalano:

 

§      le minori spese in conto capitale ascrivibili alla previsione di riduzione del termine di perenzione dei residui propri di conto capitale, che viene portato da sette a tre anni (art. 142);

§      le minori spese correnti ascrivibili al taglio lineare delle spese per consumi intermedi non aventi carattere obbligatorio (art.126), nonché la limitazione delle iscrizioni di stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri per il 50 per cento dei versamenti riassegnabili all’entrata (art.131).

§      le misure finalizzate alla riduzione dei costi della politica, quali la non applicazione dell’adeguamento annuale all’indennità parlamentare (art. 16), la riduzione dei contributi relativi alle comunità montane oggetto di soppressione (art. 25), e la riduzione degli stanziamenti relativi al rimborso delle spese elettorali (art. 67, co. 1);

§      le minori spese in conto capitale derivanti dalla limitazione: degli investimenti degli enti previdenziali pubblici nella misura del 7 per cento dei fondi disponibili (art. 106); delle spese annue di manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nonché delle spese di manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati da enti pubblici (art. 131);

§      le minori spese correnti derivanti dalle misure volte alla riduzione del costo degli immobili in uso alle Amministrazioni statali, da attuarsi attraverso un piano di razionalizzazione degli spazi (art. 135).

 

Tra le misure di razionalizzazione della spesa, si segnalano, inoltre: le disposizioni di contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche concernenti la cilindrata massima delle autovetture di servizio, la riduzione delle spese postali e telefoniche, la razionalizzazione dell’uso delle dotazioni strumentali e informatiche e dei beni immobili (art. 128); le diposizioni in materia di riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche (art.137), nonché le misure in materia di limiti alle retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (art.144).

 

Per quanto concerne l’utilizzo delle risorse, tra le disposizioni recanti minori entrate, la quota preponderante è rappresentata degli interventi di carattere tributario in favore delle famiglie e, segnatamente, dalle misure agevolative riguardanti l’abitazione principale, tra le quali la detrazione ICI in favore dei proprietari e quelle Ire in favore degli affittuari, che determinano effetti, in termini di indebitamento netto, per circa 2,2 miliardi di euro.

 

Con riguardo agli interventi in favore delle famiglie, si rammenta che il decreto legge n. 159/2007 collegato alla manovra di finanza pubblica prevede per l’anno in corso l’istituzione di un fondo con una dotazione pari a 1,9 miliardi di euro, destinata all’attribuzione ai soggetti incapienti ed ai relativi familiari fiscalmente a carico di una somma forfetaria a titolo di rimborso di parte delle maggiori entrate affluite all’erario .

 

Gli interventi inerenti il prelievo sulle imprese appaiono invece caratterizzati da molteplici misure che, a fronte di riduzioni di aliquota (IRES e IRAP), determinano un ampliamento delle basi imponibili, realizzando nel contempo una semplificazione e razionalizzazione del prelievo medesimo.

In materia di pubblico impiego le maggiori spese sono ascrivibili in prevalenza all’integrazione degli stanziamenti per i rinnovi contrattuali del biennio 2006-2007 con riferimento ai protocolli siglati dal Governo con le organizzazioni sindacali nell’aprile e nel maggio 2007; le misure adottate in materia recano complessivamente, in termini di indebitamento netto, maggiori oneri pari ad oltre 2 miliardi di euro per il 2008.

Tra le disposizioni in materia di previdenza e assistenza, il peso preponderante è rappresentato dal finanziamento del Protocollo sul Welfare del 23 luglio 2007, la cui attuazione è rinviata al disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica attualmente all’esame della Camera (AC 3178). Si segnalano, inoltre, le misure nel settore degli ammortizzatori sociali le quali, peraltro, essendo finanziate a valere sul Fondo per l’occupazione, non hanno autonoma incidenza sui saldi.

In materia di sanità, si segnalano le disposizioni che, in attuazione di quanto previsto dai Piani di rientro del disavanzo sottoscritti da alcuni regione, autorizzano lo Stato ad effettuare un’anticipazione a Lazio, Campania, Molise e Sicilia, nel limite massimo di 9.100 milioni di euro, finalizzata all’estinzione anticipata dei debiti sanitari cumulati fino al 31 dicembre 2005 (art. 29).

In materia di enti locali, si segnala, infine, la modifica dei criteri contabili del patto di stabilità interno, finalizzata, tra l’altro, ad agevolare l’utilizzo degli avanzi di amministrazione per il finanziamento della spesa in conto capitale.


3. La disciplina contabile: la legge finanziaria

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

 

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).


 

PARTE III
Il disegno di legge di Bilancio per il 200
8


1. La disciplina contabile: il Bilancio dello Stato

1.1 Funzioni e struttura del Bilancio

Il Bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il Bilancio con legge.

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del Bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il Bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

 

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio;

§      dal quadro generale riassuntivo.

 

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare: esse sono individuate dai singoli disegni di legge di bilancio, con i quali si provvede, di volta in volta, alle eventuali modifiche o integrazioni rispetto alla classificazione dell'anno precedente.

Fino al bilancio 2007, le unità previsionali di base hanno seguito la classificazione delineata dall’articolo 4 della legge di riforma n. 94/97.

In particolare, negli stati di previsione relativi alla spesa, le unità previsionali di base sono articolate, al primo livello, per centri di responsabilità amministrativa, che attualmente corrispondono alle direzioni generali dei singoli dicasteri competenti a gestire le risorse finanziarie assegnate. Al secondo livello, sono articolate sulla base del titolo della spesa (corrente, in conto capitale o rimborso di passività finanziarie). Al terzo livello, le unità previsionali di base sono distinte in base alla tipologia di spesa. Per la spesa corrente le tipologie sono: funzionamento; interventi; trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi; oneri del debito pubblico; oneri comuni. Per la spesa in conto capitale, le unità previsionali di base sono articolate in: investimenti, oneri comuni; altre spese. Le unità previsionali di base presentano un ulteriore ripartizione (quarto livello), che si riferisce alla specifica destinazione dello stanziamento .Quando ci si riferisce genericamente alle “unità previsionali di base” si intende far riferimento alle unità di quarto livello. Le unità previsionali di base di quarto livello sono quelle che, sino al bilancio 2007, sono state oggetto di emendamenti nel corso dell’esame parlamentare, limitatamente alla parte discrezionale.

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)  l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b)  l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)  l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa. I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

Nel quadro generale riassuntivo sono esposti i seguenti saldi:

-        il risultato differenziale tra il totale delle entrate tributarie ed extratributarie e il totale delle spese correnti (risparmio pubblico, che corrisponde al saldo corrente);

-        il risultato differenziale tra tutte le entrate e le spese, ad esclusione delle operazioni finanziarie relative alle partecipazioni azionarie, ai conferimenti, alla concessione e riscossione di crediti e all’accensione e rimborso di prestiti (indebitamento o accreditamento netto);

-        il risultato differenziale tra il totale delle entrate finali ed il totale delle spese finali, vale a dire il totale delle entrate con esclusione delle entrate relative alle operazioni di accensione di prestiti e il totale delle spese con esclusione delle spese relative a rimborso di prestiti (saldo netto da finanziare);

-        il risultato differenziale fra il totale delle entrate finali e il totale delle spese (ricorso al mercato).

In appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa sono ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica. Queste ripartizioni non sono oggetto di votazione in Parlamento ed hanno un valore meramente conoscitivo

 

L’approvazione del Bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese ivi iscritte.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in Bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

1.2 La ripresa del processo di riforma del Bilancio dello Stato

Nel corso del 2007 è stato svolto un ampio dibattito[12] che è sfociato nell’avvio di un processo di riforma degli strumenti e delle procedure di finanza pubblica, che ha investito vari aspetti della problematica, dal potenziamento degli strumenti per il monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, alla modifica delle modalità con le quali si predispongono le manovre di Bilancio, sino alla riclassificazione del Bilancio dello Stato, anche in funzione di un vasto programma di analisi, valutazione e riqualificazione della spesa pubblica (cd. spending review).

 

In tale ambito, la Legge finanziaria per il 2007[13] ha predisposto una serie di strumenti finalizzati ad avviare una riforma dei bilanci pubblici, a potenziare il monitoraggio sugli andamenti di finanza pubblica e a consentire il controllo della spesa pubblica, quali:

-        la Commissione tecnica per la finanza pubblica[14] (CTFP), cui sono stati assegnati compiti di studio e analisi, al fine di formulare proposte per accelerare il processo di armonizzazione e di coordinamento della finanza pubblica e di riforma dei bilanci delle amministrazioni pubbliche; con specifico riferimento al Bilancio dello Stato, alla Commissione è stato assegnato il compito di disegnare una diversa classificazione della spesa, anche mediante ridefinizione delle unità elementari ai fini dell'approvazione parlamentare, finalizzata al miglioramento della scelta allocativa e ad una efficiente gestione delle risorse, rafforzando i processi di misurazione delle attività pubbliche e la responsabilizzazione delle competenti amministrazioni;

-        un apposito Servizio studi nell’ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, con finalità di raccordo alla Commissione tecnica (comma 476);

-        il rafforzamento delle attività e degli strumenti di analisi e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica già esistenti, anche con il potenziamento ed il collegamento fra loro delle strutture di supporto del Parlamento (comma 481);

-        un programma straordinario di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali (cd. spending review), affidato al Ministro dell'economia, volto a riesaminare in modo sistematico l’insieme dei Programmi di spesa in atto e valutando la loro corrispondenza agli obiettivi originari ed alle nuove priorità nell’azione di Governo, al fine di migliorare l’efficienza organizzativa e la qualità dei servizi offerti dallo Stato.

Ulteriori passi verso la riforma del Bilancio e un processo sistematico di analisi e valutazione della spesa sono stati:

-        la presentazione da parte del Ministro dell’economia al Consiglio dei Ministri e alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato degli “Orientamenti del MEF in materia di struttura del Bilancio e valutazione della spesa” (Gennaio 2007);

-        l’indicazione da parte del Presidente del Consiglio dei Dicasteri che avvieranno la spending review: Giustizia, Interni, Istruzione, Infrastrutture e Trasporti, (Aprile 2007);

-        la pubblicazione della Circolare del MEF per la predisposizione del Bilancio per l’anno 2008, recante una prima ipotesi di riclassificazione del Bilancio dello Stato (7 Giugno 2007) e della Direttiva del Presidente del Consiglio recante le modalità per la presentazione della legge finanziaria[15](3 agosto 2007);

-        la presentazione di un prima relazione sui risultati del programma di analisi e valutazione della spesa e sulle conseguenti iniziative di intervento: “Libro verde sulla spesa pubblica” (6 settembre 2007);

-        la presentazione del disegno di legge di bilancio per l’anno 2008 riclassificato per Missioni e Programmi (cfr.oltre).

 

Per quanto attiene al dibattito svoltosi sul versante parlamentare, si ricorda che in data 13 febbraio 2007, che le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato hanno deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva congiunta sulle linee di riforma degli strumenti e delle procedure di Bilancio[16].

Le due Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, nella riunioni, rispettivamente, del 9 e 10 maggio 2007, hanno costituito, ciascuna al proprio interno, un Comitato permanente per il monitoraggio della finanza pubblica - composto in modo paritetico da rappresentanti dei gruppi di maggioranza e dei gruppi di opposizione e presieduto dal Presidente della Commissione - chiamato a svolgere un'attività conoscitiva avente per oggetto le caratteristiche della spesa pubblica, le dinamiche che regolano il suo andamento, i fattori che ne rendono difficile, in base alla vigente normativa, il contenimento, e l'individuazione dei possibili rimedi ai fini di una più efficace allocazione delle risorse disponibili.

 

Per quanto concerne il Bilancio dello Stato, il dibattito che ha condotto alla riclassificazione del Bilancio in Missioni e Programmi (cfr.oltre) è scaturito dalla considerazione che la struttura attuale del Bilancio – fondata sulle unità previsionali di base articolate, al primo livello, in Centri di responsabilità amministrativa - non consente ancora una chiara identificazione delle “azioni” svolte attraverso l’utilizzo delle risorse pubbliche.

Fino al 2007 il Bilancio è stato infatti strutturato sulla base dell’organizzazione delle Amministrazioni (chi gestisce le risorse) e non anche sulle funzioni (cosa viene realizzato con le risorse disponibili).

Si è pertanto ritenuto che ciò renda complesso il monitoraggio e la valutazione delle politiche pubbliche, non agevolando la definizione delle priorità dell’azione politica ed amministrativa.

Conseguentemente, si è provveduto ad innovare la struttura del Bilancio ponendo al centro dell’attenzione i criteri di allocazione dell’insieme delle risorse pubbliche e le loro modalità di utilizzo, anche al fine di superare la tradizionale logica "incrementale", in base alla quale è invalsa la tendenza a rifinanziare le politiche di spesa in essere senza valutarne attentamente la qualità e l’efficienza in relazione agli obiettivi che si intendono conseguire.

La nuova classificazione del Bilancio, rendendo più evidente il legame tra risorse stanziate e azioni perseguite e consentendo per tale via una più agevole misurazione e verifica degli obiettivi raggiunti, appare, del resto, strettamente funzionale al processo di valutazione e riqualificazione della spesa (cd. spending review) avviato dal Governo al fine di riesaminare in modo sistematico l’efficienza e l’efficacia dell'insieme dei Programmi di spesa in atto.

1.3 La nuova classificazione del Bilancio dello Stato

In coerenza con il dibattito sviluppatosi e con agli impegni assunti in sede parlamentare, il Governo ha inteso dare una ulteriore spinta alla riforma del bilancio del 1997, procedendo, ai fini della predisposizione del Bilancio di previsione a legislazione vigente per il prossimo anno e per il triennio 2008-2010, ad una profonda revisione in senso funzionale del sistema di classificazione del Bilancio dello Stato, volta a chiarire meglio la relazione fra l’insieme complessivo delle risorse disponibili e le specifiche finalità pubbliche perseguite.

 

La revisione operata è avvenuta a legislazione vigente.

Al riguardo, la relazione al disegno di legge di Bilancio per il 20008[17], sottolinea come la nuova struttura del Bilancio si basi sempre sulla legge n. 468 del 1978, come modificata dalla legge di riforma n. 94 del 1997; nel riprendere il processo di riforma si capovolge tuttavia l'impostazione precedente, in quanto si passa da uno schema basato sulle Amministrazioni e le sottostanti unità organizzative (Centri di responsabilità che gestiscono le risorse), ad una struttura che pone al centro le funzioni da svolgere, individuando le grandi finalità perseguite nel lungo periodo con la spesa pubblica (le Missioni), e come esse si realizzano concretamente attraverso uno o più Programmi di spesa (cfr.oltre).

 

Si ricorda che la normativa vigente (articolo 4, comma 2, lettera b), della legge di riforma n. 94 del 1997), prevede che le “funzioni-obiettivo siano individuate con riguardo all’esigenza di definire le politiche pubbliche di settore e di misurare il prodotto della attività amministrativa, ove possibile anche in termini di servizi finali resi ai cittadini”. In linea con tali prescrizioni, nell’ambito del bilancio annuale, sino ad oggi, è stata applicata una classificazione funzionale della spesa, basata per i primi tre livelli (Divisioni, Gruppi, Classi) sulla classificazione COFOG (classification of functions of government - classificazione delle funzioni di Governo, previste dal SEC 95 elaborata in sede OCSE) e per il quarto livello sulle Missioni istituzionali, espressive delle realtà funzionali della spesa pubblica del nostro Paese. La suddivisione percentuale degli stanziamenti di spesa per funzioni obiettivo ha avuto, fino ad ora, un significato solo conoscitivo ed informativo, rivelandosi, ad avviso del Governo[18], insoddisfacente ed inadeguata, stante la sua scarsa capacità di raccordo con il bilancio decisionale votato dal Parlamento e la scarsa significatività nel rappresentare le peculiarità della spesa pubblica italiana. Tale classificazione, inoltre, sviluppandosi strutturalmente in modo trasversale tra i vari Ministeri, non risulta, sempre ad avviso del Governo, idonea a costituire la base per un diverso sistema gestionale diretto alla responsabilizzazione dei dirigenti.

 

La riclassificazione è stata attuata all’interno della struttura attuale del Bilancio dello Stato, il quale, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 468 del 1978, si articola in stati di previsione, corrispondenti, per quanto riguarda la spesa, ai Ministeri.

 

Per quanto concerne gli stati di previsione della spesa, la riorganizzazione operata si fonda su una classificazione delle risorse finanziarie secondo due livelli di aggregazione: 34Missioni, a loro volta articolate in 167 “Programmi.

 

Si segnala, peraltro, che nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di Bilancio presentato al Senato (A.S. 1818), si fa riferimento a 168 programmi, ma in realtà, secondo quanto riportato nell’allegato al medesimo disegno di legge “Riepilogo Missione/Programma”, i Programmi ivi effettivamente contemplati sono 167.

Le  Missioni

Le Missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica. Sono quindi una rappresentazione politico-istituzionale del Bilancio, volta a rendere più trasparenti i grandi aggregati di spesa e a meglio comunicare le direttrici principali dell’azione amministrativa delle singole Amministrazioni.

 

L’articolazione delle Missioni sottende una visione dello Stato che non svolge solo le funzioni fondamentali - quali, ad esempio, l'amministrazione della difesa (Missione 5), e della la giustizia (Missione 6), la tutela della salute (Missione 20) e la promozione dell’istruzione scolastica (Missione 22) - ma espleta anche compiti di tutela di particolari categorie sociali e di redistribuzione delle risorse, tutelando, ad esempio, i diritti sociali e la famiglia (Missione 24) e i giovani e lo sport (Missione 30), ovvero interessi collettivi, come lo sviluppo sostenibile e la tutela del territorio e dell’ambiente (Missione 18).

 

Le Missioni non corrispondono alla ripartizione degli stati di previsione, nel senso che vi sono numerosi Ministeri che partecipano a più di una Missione istituzionale e che vi sono Missioni istituzionali affidate alla responsabilità di più Ministeri. Esse possono essere pertanto ministeriali o trasversali a più Dicasteri (interministeriali), a seconda dell’attuale ripartizione di funzioni, superando, come accennato, l’approccio tradizionale che articola la spesa pubblica secondo l’organizzazione amministrativa del Governo.

 

Le Missioni possono essere ricondotte ad un concetto di "risorse di settore", ove la Missione circoscrive l'insieme di risorse disponibili per quella specifica funzione, e può dunque essere utilizzata nell'ambito del dibattito parlamentare per organizzare la discussione della sessione di Bilancio.

Rispetto alla classificazione funzionale della spesa applicata sino al Bilancio 2007, basata per i primi tre livelli sulla classificazione COFOG (classification of functions of government) - ossia sulla classificazione delle funzioni di Governo previste dal SEC/95 ed elaborata in sede OCSE - e per il quarto livello sulle Missioni istituzionali, espressive delle realtà funzionali del nostro Paese, il nuovo concetto di missione, introdotto per il Bilancio 2008, si avvicina al primo livello della classificazione COFOG (Divisioni), avente lo scopo di confrontare macroaggregati e consentire una rappresentazione sintetica della spesa pubblica. Di converso, se ne allontana per la maggiore capacità esplicativa, considerato che la classificazione in Missioni in oggetto ha ricondotto a funzioni primarie dello Stato italiano attività che, nella classificazione COFOG, vengono considerate al secondo (Gruppi) o al terzo (Classi) livello; nel contempo, non fa riferimento ad alcune funzioni di primo livello COFOG che hanno scarsa capacità esplicativa ( come, ad esempio, gli "Affari economici").

 

La nuova struttura prevede inoltre due Missioni trasversali, presenti in tutti i Ministeri: "Fonde da ripartire" e "Servizi istituzionali e generali".

La Missione "Fondi da ripartire" raccoglie alcuni fondi di riserva e speciali, che non hanno, in sede di predisposizione della legge di Bilancio di previsione, una collocazione specifica, ma la cui attribuzione è demandata ad atti e provvedimenti successivi adottati in corso di gestione.

La seconda - "Servizi istituzionali e generali" - raggruppa le spese di funzionamento dell'apparato amministrativo, le quali sono trasversali a più finalità e non attribuibili puntualmente alle singole Missioni. Rientrano, in particolare, in tale categoria le spese per "l'indirizzo politico" e per "gli affari generali".

 

Si segnala, in proposito, come durante il dibattito parlamentare svoltosi in ordine alla riforma degli strumenti e delle procedure di Bilancio, sia stato sottolineato come le due Missioni di carattere generale e trasversale che interessano gli stati di previsione di tutti i Ministeri tolgano in parte significatività alla costruzione dei Programmi, e che pertanto potrebbe in prospettiva valutarsi l’opportunità di ripartire le relative risorse nell’ambito dei singoli Programmi. Nella audizione dinanzi alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato del 9 ottobre 2007, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, nel riassumere le criticità del Bilancio riclassificato, ha inoltre sottolineato, tra l’altro, limpossibilità di rapportare direttamente alle Missioni alcune norme di carattere trasversale (come quelle, ad esempio, inerenti il pubblico impiego e i consumi intermedi).

 

Ciascuna Missione è di norma suddivisa in più Programmi[19], ma non mancano Missioni (Missione n. 25 – Politiche previdenziali – Missione n.31 - Turismo) che consistono in un unico Programma (cfr.oltre).

 

Come accennato, la riclassificazione del Bilancio consente di identificare chiaramente lo stock delle risorse disponibili[20] a legislazione vigente per ciascuna della 34 grandi finalità istituzionali perseguite con la spesa pubblica, offendo pertanto un quadro più ampio e completo di quello offerto dalla legge finanziaria, che si limita invece a definire soltanto le risorse incrementali al margine per il prossimo anno[21].

 

A tale proposito, analizzando la quota delle risorse disponibili per il 2008 per ognuna delle 34 Missioni rispetto al totale del Bilancio dello Stato, così come rideterminate dalla II Nota di Variazione approvata dal Senato - che ha trasferito nel bilancio a legislazione vigente gli effetti del disegno di legge finanziaria e degli emendamenti al disegno di legge di bilancio approvati dal Senato - emerge come le percentuali maggiori delle risorse siano destinate a:

§      le relazioni finanziarie con le autonomie locali (Missione 3 – Relazioni autonomie territoriali - 23,55 per cento );

§      gli interessi per il servizio del debito (Missione 34 – Debito pubblico - 16,33 per cento)[22];

§      i trasferimenti agli enti previdenziali per la previdenza obbligatoria e complementare (Missione 25– Politiche previdenziali- 14,31 per cento).

 

Il 10,51 per cento della spesa complessiva è poi destinato alle missioni relative all’istruzione scolastica e universitaria (Missione 22 – Istruzione scolastica – e 23 – Istruzione universitaria), il 5,68 per cento alle relazioni internazionali e alla cooperazione ( Missione 4 – L’Italia in Europa e nel mondo) e il 5,06 per cento è riferito ai diritti sociali e alla solidarietà sociale (Missione 24).

A fronte dell’entità delle risorse destinate alle suddette finalità istituzionali, si segnalano, a titolo esemplificativo, le risorse destinate alla ricerca e all’innovazione (Missione 17- 0,85 per cento); alle politiche del lavoro (Missione 26 - 0,76 per cento) e all’energia e diversificazione delle fonti energetiche (Missione 10 - 0,01 per cento).

 

La tabella che segue mostra l’ammontare complessivo e in quota percentuale delle risorse disponibili per ciascuna delle 34 Missioni iscritte nel Bilancio 2008, comprensive delle variazioni apportate dalla II Nota di variazione approvata dal Senato[23].

 

Numero Missione

Missioni

Stanziamenti BLV + II Nota Var.
(mln. di euro)

%
sul totale
BLV+II Nota Var.

3

Relazioni autonomie territoriali

112.792

23,55

34

Debito pubblico*

78.231

16,33

25

Politiche previdenziali

68.559

14,31

22

Istruzione scolastica

41.583

8,68

4

L'Italia in Europa e nel mondo

27.205

5,68

24

Diritti sociali e solidarietà sociale

24.234

5,06

33

Fondi da ripartire

19.961

4,17

5

Difesa e sicurezza del territorio

19.008

3,97

13

Diritto alla mobilità

10.514

2,19

7

Ordine pubblico e sicurezza

9.321

1,95

29

Politiche finanziarie e di bilancio**

8.920

1,86

23

Istruzione universitaria

8.760

1,83

6

Giustizia

7.268

1,52

28

Sviluppo e riequilibrio territoriale

5.489

1,15

11

Competitività e sviluppo imprese

4.433

0,93

17

Ricerca ed innovazione

4.060

0,85

14

Infrastrutture pubbliche e logistica

3.914

0,82

8

Soccorso civile

3.755

0,78

26

Politiche per il lavoro

3.624

0,76

1

Organi costituzionali

3.334

0,70

32

Servizi generali amministrazioni

2.830

0,59

18

Sviluppo sostenibile

1.665

0,35

21

Tutela beni culturali

1.633

0,34

27

Immigrazione

1.486

0,31

9

Agricoltura e pesca

1.364

0,28

15

Comunicazioni

1.354

0,28

19

Casa e assetto urbanistico

1.060

0,22

30

Giovani e sport

958

0,20

20

Tutela della salute***

881

0,18

2

Amm.ne generale territorio

352

0,07

16

Commercio internazionale

268

0,06

31

Turismo

113

0,02

10

Energia e fonti energetiche

59

0,01

12

Regolazione dei mercati

16

0,00

TOTALE

479.004

100,00

 

(*)    La Missione “Debito pubblico” rappresenta il valore cumulato del debito lordo consolidato dello Stato; essa si articola nei Programmi “Oneri per il servizio del debito statale”(interessi passivi) e “Rimborsi del debito statale” (rimborso di prestiti). Il dato indicato nella tabella si riferisce alla Missione al netto dei rimborsi del debito statale.

(**) Al netto delle regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposta.

(***) La voce non include le risorse delle regioni.

 

 

I Programmi

Ogni Missione si realizza concretamente attraverso uno o più Programmi.

 

I 167 Programmi individuati rappresentano “aggregati omogenei di attività svolte all’interno di ogni singolo Ministero, per perseguire obiettivi ben definiti nell’ambito delle finalità istituzionali, riconosciute al Dicastero competente”.

Essi sono prevalentemente di competenza di un unico Ministero, anche se non mancano Programmi condivisi tra più Amministrazioni[24].

 

Tra i Programmi, sono condivisi tra più Amministrazioni: Indirizzo politico; Servizi e affari generali per le Amministrazioni di competenza; Fondi da assegnare; Prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento; Sviluppo sostenibile; Tutela e conservazione della fauna, della flora e salvaguardia della biodiversità; Vigilanza, prevenzione e repressione in ambito ambientale; Previdenza obbligatoria e complementare, sicurezza sociale, trasferimenti agli enti ed organismi interessati; Rapporti con le confessioni religiose; Oneri per il servizio del debito statale; Rimborsi del debito statale.

 

Il Programma trova la sua base normativa nell’art. 2, comma 2, della legge 468/78, come modificato dalla legge n. 94/97, e rappresenta il fulcro della nuova classificazione proposta, in quanto, ad avviso del Governo, costituisce un livello di aggregazione sufficientemente dettagliato da consentire all’organo politico di poter scegliere chiaramente l'impiego delle risorse tra scopi alternativi.

 

I nuovi Programmi derivano sostanzialmente dall'aggregazione delle attuali Missioni istituzionali (4° livello funzionale successivo ai tre livelli della classificazione COFOG), in modo da identificare aggregati più ampi e significativi rispetto a quelli esistenti.

I Programmi indicano quanto più possibile i risultati da perseguire in termini di impatto dell’azione pubblica sui cittadini e nel territorio (outcome). Nel concreto, alcuni Programmi hanno carattere strumentale, indicano cioè input dell’Amministrazione statale per perseguire le sue finalità, o evidenziano prodotti o servizi finali dell’azione dello Stato (output)

 

Per ogni Ministero esistono due Programmi trasversali, dove vengono allocate le “spese indirette”, non attribuibili ex ante ai Programmi, e le spese di "indirizzo politico", collegati entrambi alla corrispondente Missione "Servizi istituzionali e generali", sopra richiamata.

 

Ciascun Programma si estrinseca in un insieme di sottostanti "attività" che ogni Amministrazione pone in essere per il raggiungimento delle proprie finalità.

I Programmi sono pertanto frazionati in “Macroaggregati”, i quali evidenziano le diverse tipologie di spesa attribuite a ciascun Programma e costituiscono le unità fondamentali di voto nell’esame parlamentare del disegno di legge di Bilancio, corrispondenti alle voci dell’attuale terzo livello delle unità previsionali di base, previsto dall’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 279/1997.

 

I Macroaggregati evidenziano le risorse attribuite e gestite dal Centro di responsabilità; i Centri di responsabilità vengono pertanto collocati al di sotto dei Macroaggregati, per consentire l'evidenziazione degli stanziamenti di Missioni, Programmi e unità previsionali di base, assegnati agli stessi Centri di responsabilità, secondo le schema seguente:

 

§      Missioni

§      Programmi

§      Macroaggregati (unità di voto parlamentare)

 

Per la Spesa corrente

-       1. Funzionamento

-       2. Interventi

-       3. Oneri comuni

-       4. Trattamenti di quiescenza, integrativi e sostitutivi

-       5. Oneri del debito pubblico

Per la Spesa in conto capitale

-       6. Investimenti

-       7. Altre spese in c/capitale

-       8. Oneri comuni

Rimborso di prestiti

-       9. Rimborso del debito pubblico

 

Centro di responsabilità amministrativa

 

In pratica, nel Bilancio predisposto per la decisione parlamentare, ogni Ministero ha in evidenza, in via progressiva, le “Missioni” sulle quali è coinvolto, i “Programmi” di competenza specifica, con riferimento ai Macroaggregati di spesa e, nell’ambito di questi ultimi, i Centri di responsabilità interessati.

Nell'allegato tecnico al Bilancio, il quale è comprensivo anche dei capitoli sottostanti a ciascun Centro di responsabilità amministrativa, la struttura contabile, per ogni stato di previsione della spesa, alla luce della nuova classificazione, è la seguente:

§      Primo livello di aggregazione:

-       34 Missioni

§      Secondo livello di aggregazione:

-       167 Programmi

          Terzo livello di aggregazione:

-       Macroaggregati (unità previsionale di base – unità di voto parlamentare), di cui 8 per i tre titoli della spesa - di cui 5 per la spesa corrente e 3 per la spesa in conto capitale – ed uno per il rimborso di prestiti.

          Quarto livello di aggregazione:

-       Centri di responsabilità amministrativa

·         Capitoli

 

A seguito della riclassificazione, le unità di voto per il 2008 presentano una sensibile riduzione rispetto alle unità di voto 2007, passando da 1.716 per il 2007, a 714 per il 2008, con una diminuzione del 60 per cento circa.

 


La tabella che segue evidenzia la variazione delle unità di voto del nuovo Bilancio di previsione 2008 rispetto all’anno precedente[25]:

 

Bilancio per unità previsionali di base

Amministrazioni

Unità di voto 2007

Unità di voto 2008

Entrate

164

60

Economia e Finanze

295

115

Sviluppo economico

84

46

Lavoro e previdenza sociale

60

26

Giustizia

39

16

Affari esteri

85

26

Pubblica istruzione

201

44

Interno

67

47

Ambiente, tutela territorio e mare

61

30

Infrastrutture

67

31

Comunicazioni

54

20

Difesa

81

26

Politiche agricole e forestali

59

34

Beni e attività culturali

108

34

Salute

55

25

Trasporti

65

40

Università e ricerca

34

30

Solidarietà sociale

37

26

Commercio internazionale

40

14

Aziende

 

 

Monopoli di Stato

19

7

Archivi notarili

15

7

Istituto agronomico oltremare

10

5

Fondo edifici di culto

16

5

Totale

1.716

714

 

Tale riduzione è ascrivibile al fatto che le poste 2008 da sottoporre al voto delle Camere sono, come detto, i Macroaggregati, ossia le unità previsionali di base al III livello (spese di funzionamento, spese per interventi, spese di investimento, ecc.) mentre, fino alla redazione del Bilancio di previsione 2007, le unità di voto erano rappresentate dalle unità previsionali di base al IV livello, determinate con riferimento ad aree omogenee di attività, anche a carattere strumentale, scaturenti dall'articolazione delle competenze istituzionali di ciascun Ministero[26].

 

Ciascun Macroaggregato è a sua volta suddiviso in tre voci corrispondenti alla fonte normativa della previsione di Bilancio.

 

Sono in particolare evidenziate:

 

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese predeterminate per legge (c.d. fattori legislativi), vale a dire spese obbligatorie a carattere rigido previste da disposizioni normative che quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in Bilancio. Questa quota non può essere modificata né in aumento né in riduzione durante l’esame parlamentare, ma solo con altra legge sostanziale. Con riferimento ad essa viene fornito l’elenco delle autorizzazioni legislative sottostanti, con l’indicazione anche dell’apporto finanziario recato da ciascuna di esse;

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente ad oneri inderogabili, vale a dire spese obbligatorie previste da disposizioni normative che tuttavia non quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in Bilancio, il quale è determinato in base all’effettivo fabbisogno; sono quindi spese vincolate a particolari meccanismi che regolano la loro evoluzione e che possono essere determinati sia dalle leggi che da altri atti normativi. Si tratta, in sostanza, di spese obbligatorie o aventi natura obbligatoria la cui quota iscritta in bilancio può essere modificata solo in caso di necessità di adeguamento al fabbisogno;

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese discrezionali, che rappresentano stanziamenti non prefissati legislativamente che trovano copertura nell'equilibrio complessivo della legge di bilancio individuato in coerenza con i vincoli di finanza pubblica. Si tratta delle spese di funzionamento dei Ministeri, che vengono quantificate tenendo conto delle necessità segnalate dalle Amministrazioni, in funzione dei programmi di spesa da perseguire. Tale quota può essere modificata in sede parlamentare; nella voce spese discrezionali è tuttavia precisata la quota che corrisponde alle spese vincolate, ossia le spese derivanti da obbligazioni giuridiche perfezionate, che pur essendo di natura discrezionale sono relative ad impegni giuridici assunti dall’amministrazione i quali devono in ogni caso essere adempiuti (es. canoni di locazione di immobili). La quota “vincolata” ai contratti in essere, qualificata spesa avente natura obbligatoria, non può essere ridotta senza determinare l’insorgere di un debito a carico dell’Amministrazione, con il conseguente contenzioso.

 

La ripartizione delle spese negli allegati riferiti a ciascun Macroaggregato in spese discrezionali, oneri inderogabili e spese predeterminate per legge e, segnatamente, la specifica indicazione nell’ambito delle spese predeterminate per legge delle singole disposizioni autorizzative introducono significativi elementi di trasparenza del Bilancio, rendendo più agevole il raccordo tra le disposizioni legislative di spesa e i corrispondenti stanziamenti di Bilancio.

 

La tabella 3, allegata al disegno di legge di Bilancio presentato al Senato (A.S.1818), rappresenta l'analisi gli oneri giuridicamente obbligatori per Missioni[27], attestando l'incidenza delle spese legislativamente vincolate sul totale delle spese finali.

In particolare, gli stanziamenti di competenza per l'anno finanziario 2008, direttamente ovvero indirettamente stabiliti dalla legge, risultano pari a 437.442 milioni di euro su un totale di spese finali pari a 466.909 milioni di euro, con una incidenza del 93,76 per cento, definiti nell'ambito delle spese correnti e in conto capitale.

 

A tale ultimo proposito, si segnala che nella relazione all’Aula del Senato sul disegno di legge di bilancio (A.S. 1817 A), si sottolinei come le indicazioni della suddetta tabella 3 concernente l’analisi degli oneri giuridicamente obbligatori per missioni destino molte perplessità, posto che se è prevedibile che la spesa corrente giuridicamente vincolante si aggiri intorno a percentuali comprese tra un minimo del 79,37 per cento ed un massimo del 100 per cento, non appare altrettanto plausibile che l’80-90 per cento della spesa in conto capitale sia vincolata, con l’eccezione vistosa delle Missioni 5 (difesa e sicurezza del territorio) e 20 (tutela della salute). In tale sede si è inoltre rilevato come un tale livello di rigidità del bilancio non consenta alcuna revisione della spesa né alcuna politica redistributiva.

 

Come accennato, al di sotto dei Macroaggregati si collocano i Centri di responsabilità amministrativa.

 

L’articolazione del Bilancio per Centri di responsabilità è prevista dalla vigente legislazione la quale, all’articolo 2, comma 2, della legge n. 468 del 1978 prevede l’articolazione per “centri di responsabilità amministrativa, cui è affidata la relativa gestione”. Il principio è confermato dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 297 del 1997, il quale prevede che le unità previsionali di base costituiscono “l’insieme organico delle risorse finanziarie affidate alla gestione di un unico centro di responsabilità amministrativa”.

 

Nell’ambito della riclassificazione operata, i Programmi sono stati definiti con riferimento alle attività effettivamente svolte, non alle strutture attualmente esistenti all’interno dei Ministeri; vi sono pertanto casi nei quali più Centri di responsabilità partecipano ad un singolo Programma attraverso lo svolgimento di specifiche attività che concorrono, in sostanza, al raggiungimento di obiettivi rientranti in uno stesso Programma[28].

 

Al riguardo, si segnala che nella audizione dinanzi alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato del 9 ottobre 2007, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, nel riassumere le criticità del Bilancio riclassificato, ha, tra l’altro, sottolineato:

§      l’insufficiente coerenza tra le strutture del Bilancio (i Programmi) e l’organizzazione amministrativa ( i Centri di responsabilità);

§      l’eccessiva frammentazione dei Programmi tra più Centri di responsabilità;

l’eccessiva eterogeneità delle dimensioni dei Programmi.

 

I Centri di responsabilità sono peraltro esposti a fini meramente conoscitivi, poiché, come precisato, l’unità elementare di voto è quella dei Macroaggregati.

 

La costruzione delle Missioni e dei Programmi risulta condizionata dall’attuale ripartizione di competenze nell’ambito delle strutture amministrative, per comprensibili esigenze di continuità gestionale. Ciò implica che il criterio di omogeneità funzionale che dovrebbe presiedere alla definizione delle Missioni e dei Programmi è stato rispettato solo parzialmente. Permane infatti l’asimmetria fra Bilancio “politico” (quello oggetto di approvazione parlamentare) e Bilancio “gestionale” (quello che guida la concreta gestione delle risorse da parte delle amministrazioni), la quale potrà essere completamente superata quando alla riclassificazione in senso funzionale corrisponderà la complessiva riforma delle strutture amministrative, che dovrebbe determinare, nella logica riformatrice del Governo, una completa corrispondenza fra Programmi d’azione inseriti nel Bilancio e Centri di responsabilità affidati alla gestione di un unico dirigente. La riclassificazione operata offre, in tal senso, a tutte le Amministrazioni centrali, l'opportunità di reimpostare la propria organizzazione, rivedendo strutture, responsabilità e attività svolte, identificando nel contempo le possibili sinergie, duplicazioni o sovrapposizioni di attività tra i diversi Centri di responsabilità amministrativa e Ministeri.

 

Nelle more del completamento del processo di riforma il disegno di legge di Bilancio per il 2008 ha peraltro introdotto talune disposizioni volte ad accrescere sensibilmente la flessibilità gestionale del Bilancio.

 

Si tratta di una esigenza emersa con forza negli ultimi anni, stante la rigidità dell’attuale Bilancio - che è il risultato di centinaia di leggi che si sono stratificate nel tempo e che spesso definiscono minuziosamente le modalità di impiego delle risorse (attivando migliaia di diversi capitoli di spesa) – che in quanto tale non incentiva un uso efficiente delle risorse, posto che quelle eventualmente risparmiate non possono essere utilizzate facilmente in altri impieghi se non con modifiche normative difficili da conseguire.

La tendenza, recentemente manifestatasi, a concedere ai Ministeri di spesa una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse si colloca peraltro nell’ambito della speculare tendenza a introdurre meccanismi di contenimento generalizzato della spesa, per la cui sostenibilità è apparsa necessaria la previsione di una maggiore flessibilità gestionale.

Per quanto concerne le norme di flessibilità contenute nel disegno di legge di bilancio per il 2008, si segnala, in particolare, l’articolo 22, comma 22, il quale dispone che, ai fini di assicurare alle Amministrazioni la necessaria flessibilità nella gestione delle risorse a seguito della ristrutturazione del Bilancio, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, è autorizzato ad effettuare con propri decreti - da comunicare alle Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione - variazioni compensative tra capitoli della medesima unità previsionale di base di parte corrente «funzionamento, interventi, oneri comuni, oneri del debito pubblico» e di conto capitale «investimenti e oneri comuni», che sono stati frazionati per la loro allocazione sui diversi programmi dello stesso stato di previsione. Inoltre, ai sensi del successivo comma 23, i Ministri competenti, nell’ambito dei programmi concernenti i propri stati di previsione, sono inoltre autorizzati ad effettuare, con propri decreti da comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, anche con evidenze informatiche, eventuali variazioni compensative per la stessa categoria economica tra i capitoli di spese discrezionali relativi ai programmi medesimi, allocati nei diversi centri di responsabilità amministrativa. Tali variazioni non devono peraltro comportare alterazioni dei saldi di indebitamento netto e fabbisogno[29].


La struttura del Bilancio decisionale

Come accennato, a seguito della nuova classificazione del Bilancio, in ciascun stato di previsione si prevede una esposizione che, attraverso le Missioni, i Programmi, i Macroaggregati - cui si aggiungono le analisi che si ritrovano nella parte illustrativa e tecnica del Bilancio, costituita dagli allegati a ciascuno stato di previsione - consente di identificare chiaramente le funzioni e gli obiettivi generali che lo Stato si prefigge di conseguire con la spesa pubblica.

La struttura del documento di Bilancio per la decisione non si discosta dall’impostazione adottata degli anni precedenti.

Il documento, infatti, si articola nelle consuete 19 tabelle (gli stati di previsione): la prima riguarda l’Entrata, le seguenti, dalla n. 2 alla n. 19, i singoli stati di previsione della spesa dei Ministeri.

Esso contiene inoltre l’insieme di “elenchi”, “riassunti”, “riepiloghi” e “tavole” che tendono a migliorare la lettura dei dati e, nel contempo, a fornire più immediatezza alla comprensione delle grandi cifre del bilancio.

Per quanto concerne gli allegati tecnici al disegno di legge di bilancio, essi sono costituiti dalle tabelle relative agli stati di previsione di ciascun Ministero.

La parte iniziale delle predette tabelle è rappresentata dalla Nota preliminare, che ha la funzione di illustrare i criteri utilizzati per la formulazione delle previsioni di spesa in coerenza con i criteri ed i parametri indicati nel DPEF[30].

Le Note preliminari si inseriscono pertanto nel quadro della definizione sia delle finalità da perseguire che delle risorse dirette a realizzarle, al fine di valorizzare l’allocazione delle risorse finanziarie pubbliche verso i risultati da raggiungere.

Nelle Note sono indicate, da parte di ciascun Ministro, le priorità – in coerenza con le scelte di politica economica definite sulla base dello scenario macroeconomico, finanziario ed istituzionale della vigente legislazione di settore - delle iniziative legislative in itinere o in progetto, e individuati gli obiettivi che le Amministrazioni intendono conseguire con riferimento ai propri Programmi, nonché gli indicatori di efficienza ed efficacia che si intendono utilizzare per valutare i risultati.

Gli obiettivi, definiti da ciascun Ministro su proposta dei Centri di responsabilità amministrativa, devono rappresentare le politiche pubbliche di settore di interesse del Ministero, coerenti con le priorità politiche scaturenti dai Programmi dell’amministrazione.

Per quanto concerne la struttura contabile dell’allegato tecnico di ciascun stato di previsione, essa indica, disaggregati per capitolo, i contenuti di ciascuna unità previsionale di base (Macroaggregato) e il carattere giuridicamente obbligatorio e/o discrezionale della relativa spesa.

Tramite i capitoli, individuati nell’ambito di ciascun Centro di responsabilità amministrativa, si ha il collegamento con la classificazione economica e funzionale COFOG, al terzo livello (Divisioni – Gruppi – Classi), cui si procede attraverso l’indicazione percentuale sottostante a ciascun capitolo di spesa in relazione alle finalità perseguite con le rispettive somme stanziate.

La struttura contabile, per ogni stato di previsione, ricalca quella già illustrata, secondo la sequenza: Missioni → Programmi → Macroaggregati → Centri di responsabilità amministrativa → Capitoli.

Lo stato di previsione di ogni Ministero presenta, inoltre, una scheda di analisiUnità previsionale di base – Macroaggregatoper ciascun Programma. Tale scheda fornisce specifiche informazioni contabili, rilevanti dal punto di vista conoscitivo, concernenti gli stanziamenti ivi previsti.

 

La scheda è così strutturata:

§      Indicazione della Missione del Ministero;

§      Indicazione del Programma, con la descrizione delle attività sottostanti;

§      Dettaglio contabile delle Unità previsionali di base, con la distinzione, al loro interno, della tipologia di spesa, a seconda che si tratti di: spese discrezionali, oneri inderogabili, spese predeterminate per legge o fattore legislativo.

 

Relativamente alle spese discrezionali viene riportata la quota vincolata (indicata con asterisco), cioè connessa a obbligazioni giuridicamente perfezionate, che impegnano quota parte dello stanziamento e lo rendono non assoggettabile a riduzioni senza causare l’insorgenza di nuovi debiti. Gli stanziamenti previsti, vengono distinti, a loro volta, per competenza, cassa e residui.

Nell’ambito dei fattori legislativi, vengono, infine, indicate le norme autorizzative su cui si fondano le previsioni di spesa, con il relativo importo. Come accennato, tale indicazione costituisce una innovazione rispetto agli anni precedenti, nell’ottica del perseguimento di una maggiore trasparenza sulla metodologia di costruzione del bilancio di previsione a legislazione vigente.

Il Bilancio gestionale

Nell’ambito della riclassificazione operata il collegamento con il Bilancio gestionale è assicurato mediante la ripartizione dei capitoli per Missioni e Programmi.

La legge di Bilancio, definitivamente approvata, sarà infatti accompagnata, conte di consueto, dal cosiddetto "Bilancio per capitoli", pubblicato con apposito Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze a norma dell'art. 1, comma 2, L. 94/1997.

La funzione che viene di fatto riconosciuta a tale Bilancio gestionale è quella di fornire lo strumento contabile, a disposizione del titolare del Centro di responsabilità amministrativa, per la gestione e la rendicontazione delle risorse finanziarie attribuite.

Il Bilancio gestionale continuerà ad essere strutturato per Centri di responsabilità e, nell’ambito degli stessi, per Missioni, Programmi, macroaggregati e capitoli, a loro volta disaggregati in ulteriori entità contabili, costituite dai piani gestionali.

Il c.d. “il Bilancio per capitoli" assumerà quindi la seguente struttura gestionale:

 

§      Missioni

§      Programmi

§      Macroaggregati

§      Centro di responsabilità amministrativa

§      Capitoli

     Piani gestionali.

 

Nel caso in cui più Centri di responsabilità concorrano al medesimo Programma occorrerà peraltro un coordinamento all’interno dei singoli Ministeri. Sul punto, la citata circolare del MEF del 5 giugno 2007, sottolinea l’opportunità di una visione unitaria delle risorse relative ad ogni singolo programma, l’istituzione della figura del “coordinatore di programma”.

Lo stato di previsione dell’entrata

Nel quadro della riclassificazione del Bilancio dello Stato sopra descritta, riferita in particolare al versante della spesa, si é operata anche la revisione dello stato di previsione dell'entrata, al fine di armonizzarlo alla nuova struttura, migliorando nel contempo il livello qualitativo delle informazioni fornite dal documento.

Nell'occasione, si è operato un avvicinamento della classificazione ai principi posti alla base dei criteri SEC 95, rispettando peraltro le peculiarità connesse all'inquadramento nell'ambito del Bilancio dello Stato.

La nuova classificazione dell'entrata è articolata su quattro livelli di aggregazione.

Nel primo livello si ha una suddivisione per i quattro titoli:

1)      entrate tributarie;

2)      entrate extra tributarie;

3)      entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e dalla riscossione di crediti;

4)      entrate derivanti dall'accensione di prestiti.


Al secondo livello è stata introdotta la distinzione tra entrate ricorrenti ed entrate non ricorrenti, di particolare rilevanza per la finanza pubblica ai fini della valutazione, per il rispetto del Patto di Stabilità e crescita, dei conti pubblici (in particolare dell’indebitamento strutturale, al netto del ciclo e delle una tantum) da parte dei competenti organismi comunitari.

 

Nel terzo livello è evidenziata la tipologia dell'entrata: per le tributarie, le voci sono costituite dai tributi più importanti (IRE, IRES, IVA), ovvero raggruppamenti di tributi aventi caratteristiche analoghe (ad esempio, imposte sostitutive, imposte sui generi di monopolio, ecc.); per i restanti titoli, è indicata la tipologia del provento per aggregati più o meno ampi (ad esempio, proventi speciali, redditi da capitale, entrate derivanti da servizi resi dall' amministrazione statale, ecc.).

 

Per il quarto livello, nelle entrate tributarie si distinguono gli introiti relativi ai singoli tributi in " entrate derivanti dall'attività ordinaria di gestione" ed "entrate derivanti dall'attività di accertamento e controllo", come già previsto nella struttura in essere nel Bilancio di previsione 2007. La suddivisione in parola consente di individuare, tra le entrate relative ad un determinato tributo o aggregato di tributi, la quota che si riferisce ai versamenti effettuati spontaneamente dai contribuenti dalla quota correlata all'attività di accertamento e controllo svolta dagli uffici finanziari, finalizzata alla lotta all'evasione. Nei restanti titoli, al quarto livello, che rappresenta le poste da sottoporre al voto delle Camere, vengono indicate le voci di dettaglio dei proventi che rientrano nelle tipologie di introiti individuate al terzo livello. Si riporta di seguito lo schema sintetico.

 

ENTRATE

§      Titoli I livello:

-       Tributarie

-       Extra Tributarie

-       Alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti

-       Accensione prestiti

§      Natura II livello:

-       Entrate ricorrenti

-       Entrate non ricorrenti

§      Unità di III livello

-       Tipologia dell'entrata

§      Unità di IV livello (unità di voto parlamentare)

-       Attività/Proventi

Come sopra accennato, si ricorda che a seguito della riclassificazione, le unità di voto inerenti l’entrata sono passate da 164 nel 2007 a 60.


2. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

2.1 Il quadro generale riassuntivo

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2008 a legislazione vigente (A.S. 1818) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2008 (A.S. 1818)
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

458.234
427.376

431.966
408.100

(2)      Spese finali

466.909

488.328

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

8.675

56.362

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, prevede entrate finali per 458.234 milioni e spese finali per 466.909 milioni di euro.

Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 8.675 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 56.362 milioni di euro.

 

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818) prevede:

 

BLV 2008 (A.S. 1818)
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

491.244
460.386

464.975
441.110

(2)      Spese finali

508.969

530.402

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

17.725

65.426

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 33.010 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 42.060 milioni di euro.

2.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2007

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2007, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento, come presentato dal Governo (A.S. 1679) e come modificato dal D.L. n. 81/2007[31] e le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818).

Il raffronto è effettuato con i dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2007

Assestato
2007

Assestato
2007
+
 
DL 81/2007

B.L.V.
2008

Entrate finali

432.304

439.882

440.301

458.234

Tributarie

404.669

412.072

412.492

427.376

Extratributarie

25.497

25.671

25.670

28.604

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

2.139

2.139

2.139

2.254

Spese finali

455.277

458.689

463.083

466.909

Spese correnti

414.558

417.643

420.410

421.860

- Spese correnti al netto interessi

340.508

342.228

344.988

343.249

- Interessi

74.050

75.415

75.422

78.611

Spese conto capitale

40.719

41.045

42.673

45.049

Rimborso prestiti

189.099

191.194

191.194

198.212

Spese Complessive

644.376

649.882

654.277

665.121

Saldo netto da finanziare

22.972

18.807

22.781

8.675

Risparmio pubblico

15.607

20.100

17.752

34.120

Avanzo primario

51.078

56.609

52.640

69.937

Ricorso al mercato (*)

224.591

212.310

223.285

215.937

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

 

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2008 registrano una sostanziale riduzione del saldo netto da finanziare rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2007, nell’importo di 14,1 miliardi di euro, passando dai 22,8 miliardi dell’assestato 2007, come integrato dal citato D.L. n. 81, agli 8,7 miliardi del BLV 2008.

Il bilancio a legislazione vigente per il 2008 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2007 come modificato dal D.L. n. 81/2007, un incremento sia delle entrate finali, di circa 18 miliardi, che delle spese finali di circa 3,8 miliardi di euro.

In particolare, per le entrate finali, l’incremento rispetto alle previsioni assestate per il 2007, è per la gran parte determinato dall’incremento di circa 14,9 miliardi di euro delle entrate tributarie e di 2,9 miliardi delle entrate extratributarie.

 

Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2008, quelle di parte corrente registrano, rispetto al bilancio assestato 2007, un incremento di 1,4 miliardi di euro e quelle in conto capitale di circa 2,4 miliardi.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2008 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2007, un incremento della spesa per interessi di 3,2 miliardi di euro.

 

 

La tavola seguente illustra la ripartizione delle spese finali del bilancio dello Stato, ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, evidenziando il raffronto tra il dato assestato 2007 e il dato a legislazione vigente per il 2008 e indicandone anche la variazione percentuale.

 

SPESE FINALI DEL BILANCIO DELLO STATO
(competenza- valori in milioni di euro)

CATEGORIE

ASS. 2007
+
DL 81/2007

BLV 2008

Var. %

Redditi da lavoro dipendente

85.962

86.864

1,0

Consumi intermedi

10.781

9.917

-9,9

Imposte pagate sulla produzione

4.485

4.529

1,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

191.588

193.012

0,7

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.105

3.895

-5,1

Trasferimenti correnti a imprese

5.952

4.564

-23,3

Trasferimenti all'estero

2.215

1.682

-24,1

Risorse proprie CEE

17.400

15.800

-9,2

Interessi passivi e redditi da capitale

75.422

78.612

4,2

Poste correttive e compensative

14.983

14.054

-6,2

Ammortamenti

841

847

0,7

Altre uscite correnti

6.675

8.285

24,1

Totale Spese Correnti

420.410

421.860

0,3

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

5.758

6.070

5,4

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

18.004

20.407

13,3

Contributi agli investimenti ad imprese

8.840

8.863

0,3

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

91

68

-25,3

Contributi agli investimenti a estero

354

175

-50,6

Altri trasferimenti in conto capitale

8.830

9.115

3,2

Acquisizioni di attività finanziarie

797

350

-56,1

Totale spese Conto Capitale

42.674

45.049

5,6

Totale Spese Finali

463.084

466.909

0,8

 

Le spese di parte corrente

Come si rileva nella relazione illustrativa del disegno di legge (A.S 1818), che analizza il raffronto tra i dati a legislazione vigente 2008 e quelli del disegno di legge di assestamento 2007, integrato dal D.L. n. 81, si rileva un incremento delle spese correnti rispetto al 2007 pari a 1.450 milioni di euro.

 

La variazione delle spese correnti ha riguardato i seguenti comparti:

-          redditi da lavoro dipendente (+902 milioni);

-          trasferimenti ad amministrazioni pubbliche (1.424 milioni), in particolare dei trasferimenti alle amministrazioni locali (+882 milioni) quale risultante dei maggiori trasferimenti alle regioni per 2.305 milioni e dei minori trasferimenti ai comuni per 2.225 milioni;

-          trasferimenti ad enti di previdenza (+1.153 milioni);

-          interessi (+3.189 milioni) dovuti all’andamenti dei tassi.

 

Presentano invece una riduzione, rispetto al 2007, i seguenti comparti di spesa:

-          trasferimenti ad imprese (-1.388 milioni);

-          consumi intermedi (-1.064 milioni);

-          finanziamento al bilancio dell'Unione Europea (-1.600 euro).

 

Le spese in conto capitale

Le previsioni per il 2008 evidenziano complessivamente un incremento pari a 2.374 milioni di euro della spesa in conto capitale, che passa dai 42,7 miliardi dell’assestamento 2007 ai 45 miliardi del bilancio a legislazione vigente 2008.

 

2.3 Il bilancio di cassa

 

 

Residui
presunti
31/12/07

Competenza 2008

Massa acquisibile/
spendibile

Cassa 2008

Coeff.
%

 

1

2

3 (1+2)

4

5= 4/3

Entrate finali
di cui:

155.653

458.234

613.887

431.966

70,4

- Tributarie

88.820

427.376

516.196

408.100

79,1

- Extratributarie

66.786

28.604

95.390

21.612

22,7

- Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

47

2.254

2.301

2.254

97,9

 

Spese finali
di cui:

78.166

467.909

545.074

488.328

89,6

Spese correnti al netto interessi

29.464

343.248

372.713

359.639

96,5

Interessi

583

78.612

79.194

78.654

99,3

Totale Spese correnti

30.047

421.860

451.907

438.293

97,0

Spese conto capitale

48.119

45.049

93.167

50.035

53,7

 

Il bilancio di cassa per l'anno 2008 reca, al netto di regolazioni debitorie e contabili, previsioni di incassi e pagamenti pari, rispettivamente, a 432 miliardi e 488 miliardi di euro.

La massa acquisibile e la massa spendibile (risultante dalla somma dei residui presunti al 31 dicembre 2007 e la previsione di competenza BLV 2008) vengono indicate, rispettivamente, in 613,9 miliardi e 545 miliardi.

I coefficienti di realizzazione espressi dal raffronto dei flussi di cassa previsti con i corrispondenti potenziali risultano pari al 70,4 per cento per le entrate finali ed al 89,6 per cento per le spese finali.


3. Emendamenti al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente approvati dal Senato

 

Di seguito si riportano le variazioni risultanti dagli emendamenti al disegno di legge di bilancio approvati dalla 5a Commissione del Senato.

L’Assemblea non ha apportato alcuna variazione.

 

(dati in euro)

Tab. 2 - Economia e finanze

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.12-5

1.3.1

Politiche economico-finanziarie e di bilancio (29) - Guardia di finanza - Funzionamento

+89.698

2.Tab. 2.12-5

5.1.1

Ordine pubblico e sicurezza (7)- Guardia di finanza - Funzionamento

+50.346

2.Tab. 2.12-5

25.2.3

Fondi da ripartire (34) – Ragioneria generale dello Stato – Oneri comuni di parte corrente

-140.044

 

 

Conseguentemente introduce il comma 22 all’articolo 2 del d.d.l di bilancio fissando in 50 unità il numero massimo di ufficiali ausiliari del Corpo della Guardia di finanza da mantenere in servizio nel 2008.

 

2.Tab. 2.20-5

3.1.1

Italia nell’Europa e nel Mondo (4) - Ragioneria generale dello Stato – Funzionamento

-120.000

2.Tab. 2.24-5

24.1.1

Servizi generali per le amministrazioni pubbliche (32) – Dipartimento amministrazione generale del personale e dei servizi del Tesoro – Funzionamento

-10.000.000

2.Tab. 11.10-5

1.2.1

Politiche economico-finanziarie e di bilancio (29) - Ragioneria generale dello Stato – Funzionamento

-1.000.000

 

 

Tab. 8 - Interno

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.24-5

3.2.1

Ordine pubblico e sicurezza (7) – Dipartimento della pubblica sicurezza - Funzionamento

+10.000.000

 


 

Tab. 11 Comunicazioni

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 11.9-5

4.1.1

Servizi generali per le amministrazioni pubbliche (32) – Gabinetto del Ministro - Funzionamento

-100.000

 

 

Tab. - 15 Salute

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 11.10-5

1.4.1

Tutela della salute (20) – Dipartimento dell’innovazione - Funzionamento

+1.000.000

 

 

Tab. 17 - Università e ricerca

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.20-5

2.2.1

Ricerca e innovazione (17) Ricerca di base – Dipartimento per l’università - Funzionamento

+120.000

2.Tab. 11.9-5

2.1.1

Ricerca e innovazione (17) Ricerca applicata – Dipartimento per l’università - Funzionamento

+100.000


4. Il bilancio per il 2008 come modificato dalle Note di variazioni approvate dal Senato

Il Governo ha presentato nel corso dell’esame al Senato due Note di variazioni:

 

§      la I Nota di variazioni (A.S. 1818-bis) provvede a trasporre nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 gli effetti contabili del D.L. n. 159/2007, recante “Interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l’equità sociale”, dichiarato collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008. Tali effetti interessano gli stati di previsione dell’entrata (Tabella 1), del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella 2), dello sviluppo economico (Tabella 3) del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Tabella 4), del Ministero dell’interno (Tabella 8); del Ministero dell’ambiente (Tabella 9);

§      la II Nota di variazioni (A.S. 1818-ter) trasferisce nel bilancio a legislazione vigente come modificato dalla I Nota gli effetti del disegno di legge finanziaria come approvato dal Senato e degli emendamenti approvati dal Senato direttamente al disegno di legge di bilancio.

 

Conseguentemente, il bilancio a legislazione vigente 2008, come integrato dalle due Note di variazioni, al lordo delle regolazioni debitorie e dei rimborsi IVA, viene ad essere così determinato:

(competenza – milioni di euro)

 

BLV 2008

I Nota

Differenza I Nota/BLV

II Nota

Differenza
II Nota/I Nota

Differenza
II Nota/BL
V

Entrate finali

491.244

491.289

45

491.471

182

227

Tributarie

460.386

460.414

28

459.706

-708

-680

Extratributarie

28.604

28.621

17

29.511

890

907

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

2.254

2.254

-

2.254

-

-

Spese finali

508.969

508.995

26

535.185

26.190

26.216

Spese correnti

458.220

458.251

31

468.251

10.000

10.031

- Spese correnti al netto interessi

379.608

 

1

 

2

3

- Interessi

78.612

78.612

-

78.616

4

4

Spese conto capitale

50.749

50.744

-5

66.933

16.189

16.184

Rimborso prestiti

198.212

198.212

-

198.212

-

-

Spese complessive

707.181

707.207

26

733.397

26.190

26.216

Saldo netto da finanziare

17.725

17.705

-20

43.714

26.009

25.989

Risparmio pubblico

30.770

30.785

15

20.965

-9.820

-9.805


5. L’evoluzione della spesa nel bilancio dello Stato
per il 2006-2008
– Tavole allegate

 

 

 

 

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola V     Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.

 

 

I dati del disegno di legge di assestamento 2007 sono riferiti al testo approvato dal Senato (A.C. 3170).

 


Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato
(*)

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

ECONOMIA E FINANZE

274.247

260.673

55,8

290.308

58,5

303.359

59,6

303.382

59,6

321.279

60,0

SVILUPPO ECONOMICO

3.439

3.402

0,7

6.451

1,3

6.630

1,3

6.625

1,3

8.788

1,6

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

72.866

72.103

15,4

56.855

11,5

58.800

11,6

58.806

11,6

61.667

11,5

GIUSTIZIA

8.155

7.983

1,7

7.816

1,6

7.608

1,5

7.608

1,5

7.565

1,4

AFFARI ESTERI

2.283

2.129

0,5

2.455

0,5

2.223

0,4

2.222

0,4

2.545

0,5

ISTRUZIONE

53.841

57.046

12,2

42.396

8,5

42.468

8,3

42.468

8,3

42.425

7,9

INTERNO

28.311

27.971

6,0

25.204

5,1

24.373

4,8

24.376

4,8

25.013

4,7

AMBIENTE E TUTELA MARE

1.199

1.187

0,3

1.428

0,3

1.514

0,3

1.514

0,3

1.596

0,3

INFRASTRUTTURE

8.040

7.885

1,7

4.106

0,8

4.027

0,8

4.027

0,8

4.159

0,8

COMUNICAZIONI

271

259

0,1

328

0,1

322

0,1

322

0,1

351

0,1

DIFESA

20.533

20.398

4,4

21.487

4,3

20.928

4,1

20.928

4,1

21.118

3,9

POLITICHE AGRICOLE

1.715

1.645

0,4

1.728

0,3

1.747

0,3

1.747

0,3

1.700

0,3

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

2.210

2.152

0,5

1.985

0,4

1.913

0,4

1.913

0,4

2.009

0,4

SALUTE

1.576

1.568

0,3

1.348

0,3

1.355

0,3

1.355

0,3

1.557

0,3

TRASPORTI

3

2

0,0

3.948

0,8

3.654

0,7

3.654

0,7

4.471

0,8

UNIVERSITA' E RICERCA

690

688

0,1

11.102

2,2

10.724

2,1

10.724

2,1

11.398

2,1

SOLIDARIETA' SOCIALE

 

 

 

17.282

3,5

17.079

3,4

17.079

3,4

17.267

3,2

COMMERCIO INTERNAZIONALE

2

2

0,0

262

0,1

245

0,0

245

0,0

279

0,1

TOTALE SPESE FINALI

479.381

467.093

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


 

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Redditi da lavoro dipendente

85.642

88.213

18,9

85.720

17,3

86.863

17,1

86.864

17,1

88.972

16,6

Consumi intermedi

12.593

12.163

2,6

10.813

2,2

9.916

1,9

9.916

1,9

9.882

1,8

Imposte pagate sulla produzione

4.667

4.844

1,0

4.488

0,9

4.529

0,9

4.529

0,9

4.525

0,8

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

183.939

182.512

39,1

191.079

38,5

193.012

37,9

193.014

37,9

199.456

37,3

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.920

4.668

1,0

4.075

0,8

3.896

0,8

3.898

0,8

4.101

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

4.739

4.598

1,0

5.730

1,2

4.564

0,9

4.564

0,9

4.202

0,8

Trasferimenti all'estero

1.739

1.576

0,3

1.945

0,4

1.682

0,3

1.682

0,3

1.938

0,4

Risorse proprie cee

15.850

14.577

3,1

16.100

3,2

15.800

3,1

15.800

3,1

15.800

3,0

Interessi passivi e redditi da capitale

75.695

70.801

15,2

75.415

15,2

78.612

15,4

78.612

15,4

78.616

14,7

Poste correttive e compensative

46.750

43.274

9,3

44.428

8,9

50.214

9,9

50.214

9,9

50.232

9,4

Ammortamenti

840,0

163,0

0,0

841

0,2

847

0,2

847

0,2

847

0,2

Altre uscite correnti

2.184

751

0,2

6.105

1,2

8.285

1,6

8.311

1,6

9.680

1,8

Totale spese correnti

439.558

428.140

91,7

446.739

90,0

458.220

90,0

458.251

90,0

468.251

87,5

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

4.196

4.138

0,9

5.759

1,2

6.070

1,2

6.071

1,2

6.270

1,2

Contributi investimenti ad amministrazioni pubbliche

14.817

14.769

3,2

17.501

3,5

20.407

4,0

20.407

4,0

24.780

4,6

Contributi agli investimenti ad imprese

10.223

10.107

2,2

8.140

1,6

8.863

1,7

8.863

1,7

10.357

1,9

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

130

130

0,0

91

0,0

68

0,0

68

0,0

110

0,0

Contributi agli investimenti a estero

399

399

0,1

354

0,1

175

0,0

175

0,0

215

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

9.190

8.626

1,8

17.535

3,5

14.816

2,9

14.810

2,9

15.681

2,9

Acquisizioni di attività finanziarie7

868

784

0,2

370

0,1

350

0,1

350

0,1

9.520

1,8

Totale spese conto capitale

39.823

38.953

8,3

49.750

10,0

50.749

10,0

50.744

10,0

66.933

12,5

Totale spese finali

479.381

467.093

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


 

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

II Nota

%

1 - Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

234.367

225.326

48,2

445.383

64,8

465.195

65,8

481.600

65,7

2 – Difesa

19.291

19.319

4,1

19.679

2,9

18.564

2,6

18.514

2,5

3 - Ordine pubblico e sicurezza

23.717

23.437

5,0

20.977

3,1

21.003

3,0

20.981

2,9

4 - Affari economici

50.450

48.272

10,3

55.138

8,0

56.430

8,0

62.600

8,5

5 - Protezione dell'ambiente

1.866

1.833

0,4

1.557

0,2

1.406

0,2

1.988

0,3

6 - Abitazioni e assetto territoriale

1.973

1.891

0,4

1.608

0,2

1.522

0,2

1.529

0,2

7 - Sanità

11.910

11.706

2,5

13.064

1,9

10.928

1,5

11.936

1,6

8 - Attività ricreative, culturali e di culto

12.798

9.832

2,1

10.289

1,5

9.927

1,4

10.033

1,4

9 – Istruzione

52.651

55.848

12,0

50.517

7,3

50.218

7,1

51.213

7,0

10- Protezione sociale

70.360

69.629

14,9

69.472

10,1

71.988

10,2

73.003

10,0

Spese complessive

479.383

467.093

100

687.684

100

707.181

100

733.397

100


 

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Funzionamento

87.774

90.325

19,3

83.173

16,8

81.708

16,1

81.708

16,1

81.366

15,2

Interventi

257.142

250.540

53,6

259.770

52,3

263.611

51,8

263.614

51,8

273.090

51,0

Oneri comuni

17.330

14.856

3,2

26.688

5,4

33.687

6,6

33.715

6,6

34.578

6,5

Trattamenti di quiescenza

1.164

1.187

0,3

1.104

0,2

soppresso

 

 

-

-

-

Oneri del debito pubblico

76.147

71.232

15,3

76.005

15,3

79.214

15,6

79.214

15,6

79.218

14,8

Totale spese correnti

439.557

428.140

91,7

446.740

90,0

458.220

90,0

458.251

90,0

468.252

87,5

Investimenti

36.509

36.098

7,7

37.014

7,5

46.973

9,2

46.968

9,2

63.425

11,9

Altre spese in conto capitale

492

413

0,1

122

0,0

122

0,0

122

0,0

122

0,0

Oneri comuni

2.823

2.444

0,5

12.613

2,5

3.654

0,7

3.654

0,7

3.386

0,6

Totale conto capitale

39.824

38.955

8,3

49.749

10,0

50.749

10,0

50.744

10,0

66.933

12,5

Totale spese finali

479.381

467.095

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


Tavola V – Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

2008

MISSIONI

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Differenza

1 - Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio

3.233

0,5

3.233

0,5

3.334

0,5

101

2 - Amministrazione generale

353

0,0

353

0,0

352

0,0

-1

3 - Relazioni finanziarie autonomie territoriali

100.023

14,1

100.023

14,1

112.792

15,4

12.769

4 - L'Italia in Europa e nel mondo

24.048

3,4

24.048

3,4

27.205

3,7

3.157

5 - Difesa e sicurezza del territorio

19.172

2,7

19.172

2,7

19.008

2,6

-164

6 – Giustizia

7.275

1,0

7.275

1,0

7.268

1,0

-7

7 - Ordine pubblico e sicurezza

9.422

1,3

9.425

1,3

9.321

1,3

-101

8 - Soccorso civile

3.710

0,5

3.710

0,5

3.755

0,5

45

9 - Agricoltura e pesca

1.255

0,2

1.255

0,2

1.364

0,2

109

10 - Energia e fonti energetiche

59

0,0

59

0,0

59

0,0

-

11 - Competitività e sviluppo imprese

5.574

0,8

5.574

0,8

4.433

0,6

-1.141

12 - Regolazione dei mercati

16

0,0

16

0,0

16

0,0

-

13 - Diritto alla mobilità

7.960

1,1

7.960

1,1

10.514

1,4

2.554

14 - Infrastrutture pubbliche e logistica

3.778

0,5

3.778

0,5

3.914

0,5

136

 15- Comunicazioni

896

0,1

896

0,1

1.354

0,2

458

16 - Commercio internazionale

234

0,0

234

0,0

268

0,0

34

17 - Ricerca ed innovazione

3.968

0,6

3.968

0,6

4.060

0,6

92

18 - Sviluppo sostenibile

1.017

0,1

1.017

0,1

1.665

0,2

648

19 - Casa e assetto urbanistico

1.060

0,1

1.060

0,1

1.060

0,1

-

20 - Tutela della salute

702

0,1

702

0,1

881

0,1

179

21 - Tutela beni culturali

1.380

0,2

1.380

0,2

1.633

0,2

253

22 - Istruzione scolastica

41.609

5,9

41.609

5,9

41.583

5,7

-26

23 - Istruzione universitaria

8.168

1,2

8.168

1,2

8.760

1,2

592

24 - Diritti sociali e solidarietà sociale

24.046

3,4

24.046

3,4

24.234

3,3

188

25 - Politiche previdenziali

66.903

9,5

66.908

9,5

68.559

9,3

1.656

26 - Politiche per il lavoro

2.701

0,4

2.701

0,4

3.624

0,5

923

27 - Immigrazione

1.427

0,2

1.427

0,2

1.486

0,2

59

28 - Sviluppo e riequilibrio territoriale

4.545

0,6

4.539

0,6

5.489

0,7

944

29 - Politiche finanziarie e di bilancio

65.007

9,2

65.004

9,2

65.125

8,9

118

30 - Giovani e sport

902

0,1

902

0,1

958

0,1

56

31 - Turismo

113

0,0

113

0,0

113

0,0

-

32 - Servizi generali amministrazioni

2.920

0,4

2.920

0,4

2.830

0,4

-90

33 - Fondi da ripartire

17.286

2,4

17.312

2,4

19.961

2,7

2.675

34 - Debito pubblico

276.417

39,1

276.417

39,1

276.421

37,7

4

TOTALE

707.181

100,0

707.207

100,0

733.397

100,0

26.216


Parte IV
Profili di competenza della XIV Commissione

 


1. Il disegno di legge di bilancio per il 2008

1.1. Le politiche comunitarie nel disegno di legge di bilancio per il 2008

Nel corso del 2007 si è svolto un ampio dibattito[32] che è sfociato nell’avvio di un processo di riforma degli strumenti e delle procedure di finanza pubblica, che ha investito vari aspetti della problematica, dal potenziamento degli strumenti per il monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, alla modifica delle modalità con le quali si predispongono le manovre di Bilancio, sino alla riclassificazione del Bilancio dello Stato, anche in funzione di un vasto programma di analisi, valutazione e riqualificazione della spesa pubblica (cd. spending review).

 

Il disegno di legge del Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 reca pertanto una nuova articolazione del bilancio, relativa agli stati di previsioni della spesa, basata su una classificazione delle risorse finanziarie secondo due livelli di aggregazione: 34Missioni, a loro volta articolate in 167 “Programmi.

Le Missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica. Sono una rappresentazione politico-istituzionale del Bilancio, volta a rendere più trasparenti i grandi aggregati di spesa e a meglio comunicare le direttrici principali dell’azione amministrativa delle singole Amministrazioni.

Le Missioni non corrispondono alla ripartizione degli stati di previsione, nel senso che vi sono numerosi ministeri che partecipano a più di una Missione istituzionale e che vi sono Missioni istituzionali affidate alla responsabilità di più ministeri. Esse possono essere pertanto ministeriali o trasversali a più Dicasteri (interministeriali), a seconda dell’attuale ripartizione di funzioni, superando, come accennato, l’approccio tradizionale che articola la spesa pubblica secondo l’organizzazione amministrativa del Governo.

 

Ogni missione si realizza concretamente attraverso uno o più Programmi[33].

I 167 Programmi individuati rappresentano “aggregati omogenei di attività svolte all’interno di ogni singolo Ministero, per perseguire obiettivi ben definiti nell’ambito delle finalità istituzionali, riconosciute al Dicastero competente”.

Essi sono prevalentemente di competenza di un unico Ministero, anche se non mancano Programmi condivisi tra più Amministrazioni.

Ogni Programma si compone a sua volta di "Macroaggregati", che rapprsentano le nuove Unità Previsionali di Base (UPB) sottoposte al voto durante l’esame parlamentare del disegno di legge di Bilancio; i macroaggregati evidenziano le risorse attribuite e gestite dai Centri di responsabilità (CRA), che vengono pertanto collocati al di sotto dei macroaggregati, per consentire l'evidenziazione degli stanziamenti di Missioni, Programmi e Macroaggregati, assegnati agli stessi Centri di responsabilità, secondo le schema seguente:

-       Missioni

-       Programmi

-       Macroaggregati (unità di voto parlamentare).

I Centri di responsabilità hanno il compito sia di individuare l’insieme degli Obiettivi che concorrono alla realizzazione dei Programmi caratterizzanti ciascuna Missione, sia di quantificare le risorse finanziarie necessarie al loro conseguimento.

Il disegno di legge di bilancio comprende anche un Allegato tecnico comprensivo dei capitoli sottostanti a ciascun Centro di responsabilità amministrativa: la legge di bilancio, definitivamente approvata, sarà infatti accompagnata – come di consueto – dal cosiddetto “Bilancio per capitoli”, pubblicato con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

La struttura contabile, per ogni stato di previsione, alla luce della nuova classificazione, è quindi la seguente:

 

SPESE

§      Primo livello di aggregazione:

-       34 Missioni

§      Secondo livello di aggregazione:

-       168 Programmi

§      Terzo livello di aggregazione

-       9 Macroaggregati (unità previsionale di base – unità di voto parlamentare)

§      Quarto livello di aggregazione

-       Centri di responsabilità amministrativa

-  Capitoli

 

Per quanto attiene alle politiche comunitarie nel ddl di bilancio per l’anno finanziario 2008, esse sono esposte nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella 2 allegata al ddl di bilancio) e più precisamente nella Missione 4 – L’Italia nell’Europa e nel mondo, che comprende sia alcuni Obiettivi riguardanti principalmente le relazioni finanziarie internazionali, che fanno capo al Centro di responsabilità 3 (Dipartimento del tesoro), sia l’Obiettivo 4.10.3 – Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE, che fa capo al Centro di responsabilità 4 – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Si ricorda che la Ragioneria generale dello Stato svolge un duplice ruolo nella gestione finanziaria degli interventi di politica comunitaria, curando sia l’intermediazione finanziaria tra le istituzioni comunitarie e le Amministrazioni titolari degli interventi, sia l’assegnazione delle quote di cofinanziamento nazionale degli interventi a carico della legge n. 183/1987.

1.2. Il sistema di finanziamento dell’Unione europea

Il sistema di finanziamento dell’Unione, previsto dall’articolo 269 del Trattato CE, stabilisce che il bilancio generale dell’Unione Europea sia integralmente finanziato dalle cosiddette “risorse proprie”, ossia dai mezzi finanziari conferiti da ciascuno Stato membro per garantire il funzionamento dell’amministrazione comunitaria e la realizzazione delle relative politiche. Tali risorse, attualmente disciplinate dalla decisione del Consiglio n. 597 del 29 settembre 2000, sono costituite da:

§         risorse proprie tradizionali (R.P.T.): derivano dall’esistenza di uno spazio doganale unificato e sono riscosse dai Paesi membri e poi versate alla Comunità, al netto delle spese di riscossione; esse sono costituite dai dazi doganali riscossi dai Paesi membri negli scambi con Paesi terzi, dai prelievi sulle importazioni di prodotti agricoli, derivanti da scambi con paesi terzi, nonché da contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero;

§         risorsa I.V.A., è costituita da un contributo a carico di ciascuno Stato membro calcolato applicando un’aliquota uniforme all’imponibile nazionale dell’IVA;

§         risorsa R.N.L. (Reddito Nazionale Lordo, già P.N.L.), che consiste in un contributo degli Stati membri commisurato alle quote parte dei RNL nazionali sul RNL comunitario, e destinata a finanziare le spese di bilancio non coperte dalle altre due suddette risorse (c.d. “risorsa complementare”).

La risorsa I.V.A. e la risorsa R.N.L. rappresentano attualmente la maggior parte delle risorse del bilancio UE.

Sono gli Stati membri ad accertare e versare quanto dovuto, mentre il  controllo è effettuato principalmente da organismi comunitari (Commissione e Corte dei Conti europea).

Nel nostro Paese alla suddetta decisione n. 2000/597/CE è stata data esecuzione con l’articolo 77 della legge finanziaria per il 2002.

Si ricorda che il sistema di risorse proprie in vigore dal 1° gennaio 2002 è caratterizzato dai seguenti aspetti[34]:

-          mantenimento del massimale delle risorse proprie all'1,27% del PNL europeo;

-          spese di riscossione delle risorse proprie tradizionali fissate al 25 %;

-          aliquota massima di prelievo IVA fissata allo 0,50 % a partire dal 2004.

L’esposizione contabile dei flussi finanziari intercorsi tra l'Italia e l'Unione europea è allegata al Rendiconto generale dello Stato.

 

Dall’esposizione dei flussi finanziari con l’UE allegata al Rendiconto 2006 risulta che nelle previsioni definitive di bilancio dell’UE per il 2006 la quota di contribuzione italiana all’UE relativa alle risorse proprie è di 13.213 milioni di euro, pari al 13,08% del totale della contribuzione a livello UE[35].

Di questa, la parte maggiore è costituita dalla risorsa RNL pari a 10.574 milioni di euro (pari ad una quota del 12,90%) La risorsa IVA, pari a 3.169 milioni di euro, vede invece una quota di contribuzione italiana pari al 16,31%: tale quota appare elevata anche in ragione del fatto che su tale risorsa si versa una parte della correzione dovuta al Regno Unito[36].

Come evidenziato nel Quadro riassuntivo degli stanziamenti in conto competenza, contenuto nella Tabella 2 (Stato di previsione 2008 del Ministero dell’economia e finanze) allegata al ddl di bilancio 2008 - con specifico riferimento alla Missione 4 – L’Italia in Europa e nel mondo, Programma 4.10: “Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE” prevede una spesa complessiva – a seguito dell’approvazione della Seconda Nota di variazioni - pari a 24.771,9 milioni di euro.

Nella legge di bilancio 2007 per la medesima spesa erano previsti 21.671,2 milioni di euro. Pertanto, rispetto all’anno precedente, si registra complessivamente una variazione in aumento dello stanziamento pari a 3.100,7 milioni di euro.

In particolare la voce di spesa corrente riferita alle Risorse proprie della Comunità, corrispondente al finanziamento del bilancio dell’Unione europea, reca uno stanziamento, dopo l’approvazione della Seconda Nota di variazioni, pari a 15.800 milioni di euro. Tale spesa viene così suddivisa:

 

ü    Capitolo 2751 – Somme da versare per il finanziamento del bilancio dell’UE a titolo di risorsa RNL e di risorsa IVA: 13.300 milioni di euro, con una diminuzione di 2.000 milioni di euro rispetto al bilancio 2007;

ü    Capitolo 2752 – Somme da versare per il finanziamento del bilancio dell’UE a titolo di risorse proprie tradizionali: 2.500 milioni di euro, con un aumento di 400 milioni di euro rispetto al bilancio 2007.

 

Si osserva come la spesa suindicata sia classificata tra quelle vincolate in quanto giuridicamente obbligatoria.

1.3. Il Fondo di rotazione per le politiche comunitarie e i flussi finanziari Italia-UE

Nel ddl di bilancio 2008 (A.C. 3257-Tab. 2) è altresì riportato lo stanziamento previsto per il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall’articolo 5 della legge n. 183/1987 (c.d. “legge Fabbri”)[37]. Si tratta di un Fondo che dà un quadro complessivo degli interventi cofinanziati dall’UE: ad esso infatti affluiscono disponibilità provenienti sia dal bilancio comunitario che quelle provenienti dal bilancio nazionale, è dotato di amministrazione autonoma e di gestione fuori bilancio e si avvale di due conti correnti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato:

-          l’uno che registra i movimenti di entrata e uscita che fanno capo ai versamenti comunitari, denominato: Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE (conto corrente n. 23211);

-          l’altro che registra le analoghe operazioni a carico dei finanziamenti nazionali, denominato: Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali  (conto corrente n. 23209).

Il Fondo di rotazione presenta annualmente il proprio rendiconto alla Corte dei Conti.

Lo stanziamento previsto per l’anno 2008 nel ddl di bilancio dello Stato (A.C. 3257-Tab. 2) complessivamente a carico del Fondo di rotazionea seguito dell’approvazione della Seconda Nota di variazioni - è pari a 8.572 milioni di euro: lo stanziamento è iscritto nel Capitolo 7493 e viene esposto anche nella Tabella F allegato al disegno di legge finanziaria 2008 (cfr. ultra).

Si ricorda che la dotazione finanziaria iscritta nello stesso capitolo nella legge di bilancio 2007 era pari a 4.254 milioni di euro: pertanto, rispetto all’anno precedente, lo stanziamento previsto per l’anno 2008 comporta una variazione in aumento di 4.318 milioni di euro.

1.4. La contribuzione dell’Unione europea in favore dell’Italia

Per quanto riguarda invece la contribuzione dell’Unione europea in favore dell’Italia, essa consegue alle politiche comuni di sviluppo poste in essere dall’Unione in vari settori e si realizza concretamente con gli Strumenti finanziari costituiti dai Fondi strutturali.

 

A seguito della definizione del nuovo quadro finanziario dell’UE per il periodo 2007-2013, l’11 luglio 2006 sono state definitivamente adottate le seguenti proposte legislative relative alla politica di coesione dell’UE per il medesimo periodo:

-     il regolamento (CE) 1083/2006 recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (c.d. regolamento generale);

-     il regolamento (CE) 1080/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER);

-     il regolamento (CE) 1081/2006 sul Fondo sociale europeo (FSE);

-     il regolamento (CE) 1083/2006 sul Fondo di coesione.

 

In sintesi, il Regolamento (CE) 1083/2006[38]del Consiglio ha abrogato il precedente regolamento 1260/1999 ed ha riformato la disciplina comunitaria dei Fondi strutturali, disponendo la riduzione di tali fondi dai cinque del precedente periodo di programmazione[39] a tre: Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione.

I nuovi Regolamenti prevedono il finanziamento dei seguenti 3 obiettivi prioritari di sviluppo:

 

a) l'obiettivo "Convergenza", volto ad accelerare la convergenza degli Stati membri e regioni in ritardo di sviluppo migliorando le condizioni per la crescita e l'occupazione tramite l'aumento e il miglioramento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo sviluppo dell'innovazione e della società della conoscenza, dell'adattabilità ai cambiamenti economici e sociali, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente e l'efficienza amministrativa;

b) l'obiettivo "Competitività regionale e occupazione", che punta, al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo, a rafforzare la competitività e le attrattive delle regioni e l'occupazione anticipando i cambiamenti economici e sociali, inclusi quelli connessi all'apertura degli scambi, mediante l'incremento e il miglioramento della qualità degli investimenti nel capitale umano, l'innovazione e la promozione della società della conoscenza, l'imprenditorialità, la tutela e il miglioramento dell'ambiente e il miglioramento dell'accessibilità, dell'adattabilità dei lavoratori e delle imprese e lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi;

c) l'obiettivo "Cooperazione territoriale europea", che è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera mediante iniziative congiunte locali e regionali, a rafforzare la cooperazione transnazionale mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato connesse alle priorità comunitarie e a rafforzare la cooperazione interregionale e lo scambio di esperienze al livello territoriale adeguato.

Inoltre con il regolamento (CE) 1082/2006 è stato istituito un nuovo strumento giuridico denominato Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT).

Per quanto riguarda invece il finanziamento della politica agricola, sono stati di recente adottati i seguenti provvedimenti:

     Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune, che istituisce il FEAGA (per il 1 pilastro) e il FEASR (per il 2 pilastro). In precedenza, per il periodo di programmazione 2000-2006, le spese comunitarie per il settore agricolo sono state finanziate da un unico fondo, il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), disciplinato dal reg. (CE) 1259/1999. Il fondo si articolava in due sezioni: garanzia per la copertura delle spese di gestione dei mercati agricoli e di sostegno diretto del reddito, nonché talune misure “di sviluppo rurale”; orientamento che ha finanziato le restanti misure di sviluppo rurale, ossia finalizzate ad introdurre modifiche di riequilibro strutturale a compensazione di situazione di arretratezza. Il nuovo regolamento istituisce invece due fondi distinti, definisce disposizioni specifiche relative a ciascun fondo, e reca talune regole generali di gestione e funzionamento comuni ad entrambi i fondi. Il FEAGA diviene lo strumento per realizzare la politica di sostegno dei mercati agricoli e dei redditi, denominata 1° pilastro della Politica Agricola Comunitaria (PAC), il FEASR finanzia i programmi di sviluppo rurale, ossia il 2° pilastro della PAC;

     Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che definisce gli obiettivi finanziati dal fondo;

     Regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo europeo per la pesca.

 

L’attuazione degli interventi cofinanziati dall’Unione europea si può desumere sia dai dati relativi al Fondo di rotazione per le politiche comunitarie che dai dati relativi ai trasferimenti effettuati dalle Amministrazioni statali, riportati entrambi nella Tabella dei flussi finanziari Italia - UE, allegata al Rendiconto generale dello Stato. In particolare, nell’ambito del Conto consuntivo del Ministero dell’Economia per l’anno finanziario 2007, sono riportate le erogazioni effettuate dal Fondo di rotazione per le politiche comunitarie.

Dal punto di vista quantitativo si ricorda che tra le politiche dell’Unione è la Politica Agricola Comune (PAC) ad assorbire tradizionalmente le quote di finanziamento comunitario più consistenti. Essa da un lato favorisce l’uso di nuove tecnologie e dall’altra opera per il sostegno dei mercati.

 

Dal Rendiconto 2006 si ricava che nell’esercizio 2006 sono stati accreditati all’Italia contributi per 10.047,584 milioni di euro, con un aumento dell’1,50% rispetto all’anno precedente (9.899,36 milioni di euro nel 2005).

Per quanto riguarda in particolare i fondi strutturali, i dati del Rendiconto 2006 evidenziano anche la ripartizione delle somme accreditate dall’UE all’Italia disaggregate in relazione ai singoli Obiettivi dei Fondi stessi. Si tratta di somme corrisposte sia in base alla programmazione 1994-1999 sia in base ai finanziamenti previsti nella programmazione 2000-2006[40].

 

 


2. Il disegno di legge finanziaria 2008

I profili di specifico interesse della XIV Commissione contenuti nel disegno di legge finanziaria 2008, di carattere più strettamente finanziario-quantitativo, sono ricavabili dalle Tabelle allegate D ed F. In particolare rileva lo stanziamento previsto per il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, istituito dall’articolo 5 della legge n. 183 del 1987.

Come già evidenziato sopra (par. 1.3), si tratta di un Fondo che dà il quadro degli interventi cofinanziati dall’Unione europea, cui affluiscono disponibilità provenienti in parte dal bilancio comunitario ed in parte dal bilancio nazionale.

Come già evidenziato nel par. 3, il fondo si avvale di due conti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato: Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti CEE e Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali.

Lo stanziamento previsto per l’anno 2007 nella legge di bilancio dello Stato complessivamente a carico del Fondo di rotazione (Cap. 7493) era pari a 4.254 milioni di euro.

Nel disegno di legge di bilancio 2008 (A.C. 3257-Tab. 2 – Cap. 7493), dopo l’approvazione della Seconda Nota di variazioni, tale stanziamento è stato aumentato a 8.572 milioni di euro (+4.318 milioni di euro). Si tratta delle somme da versare al suddetto conto corrente nella sezione finanziamenti nazionali.

A seguito della nuova classificazione del bilancio dello Stato il capitolo 7493 è incardinato nella Missione 4 – L’Italia in Europa e nel mondo, ed in particolare nel Programma 4.10 Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE”.

Si ricorda che su tale capitolo di bilancio (Cap. 7493) precedentemente all’abrogazione della legge n. 86 del 1989 (c.d. legge“La Pergola”), avvenuta  ad opera della legge n. 11 del 2005, si assommavano i finanziamenti relativi a due tipologie di spesa:

a) le spese per il coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea di cui alla legge n. 183 del 1987;

b) le spese per l’adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari di cui alla legge n. 86 del 1989.

Nel ddl di bilancio 2008 e nel ddl finanziaria 2008 non sono più presenti i riferimenti all’abrogata legge n. 86/1989 né si fa riferimento alla nuova legge n. 11 del 2005, ma si fa unicamente riferimento alla legge istitutiva del Fondo di rotazione, legge n. 183 del 1987.

Rispetto al suddetto stanziamento di bilancio, la tabella D del ddl finanziaria 2008 - che provvede a rifinanziare le norme relative a interventi di sostegno dell’economia classificati tra le spese in conto capitale - dispone il rifinanziamento del Fondo di rotazione, in un unico accantonamento destinato al coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (L. 183/1987) per un importo pari a 3.200 milioni di euro per il 2008, 2.000 milioni per il 2009 e 0,300 milioni per il 2010.

Un secondo intervento sul Fondo di rotazione è quello apportato dalla Tabella F allegata al ddl finanziaria 2008. Tale tabella assolve ad una duplice funzione: da una lato quella di fornire la consistenza effettiva dello stanziamento esistente sul Fondo, e dall’altro quello di fornire l’eventuale entità della rimodulazione degli stanziamenti stessi operata in sede di disegno di legge finanziaria.

A tale proposito, dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) emergeva una consistenza dello stanziamento in tabella F relativo al Fondo di rotazione pari a 4.204 milioni di euro per il 2007, per la parte destinata al coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (L. 183/1987). Per il 2008 ed il 2009 tali importi sono rispettivamente di 5.700 milioni di euro e di 4.899 milioni di euro. Per l’anno 2010 e successivi (come anno terminale dell’impegno viene indicato il 2015) l’importo indicato è pari a 5.000 milioni di euro.

A seguito di uno specifico emendamento all’articolo 87 del ddl finanziaria, approvato dal Senato, il Fondo è stato ridotto di 326 milioni di euro per il 2008, al fine di concorrere a coprire l’incremento di spesa derivante dall’abolizione, per il 2008, del ticket per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.

Pertanto l’autorizzazione totale di spesa di Tabella F sul Fondo di rotazione per le politiche comunitarie risulta pari a 8.572 milioni di euro per il 2008, a 6.897,5 milioni di euro per il 2009 ed a 5.298 milioni di euro per il 2010.

2.1. Schede relative al disegno di legge finanziaria

Nell’ambito del disegno di legge finanziaria per il 2008 si rinvengono alcune norme che assumono rilievo in ordine ai profili di carattere comunitario. Inoltre, taluni articoli vanno valutati alla luce della disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato: di seguito sono pertanto riportate le schede relative agli articoli rilevanti sotto gli indicati profili.


Articolo 2, commi 15-18
(Proroga al 2010 delle agevolazioni
per la riqualificazione energetica degli edifici)

 

15. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applicano, nella misura e alle condizioni ivi previste, anche alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2010.

16. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 344 a 347, nonché commi 353, 358 e 359, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono applicate secondo quanto disposto dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007, recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. Sono corrispondentemente ridotte le assegnazioni per il 2007 disposte dal CIPE a favore degli interventi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

17. La tabella 3 allegata alla legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituita, con efficacia dal 1o gennaio 2007, dalla seguente:

«Tabella 3

(Art. 1, comma 345)

 

Zona climat.

Strutture opache verticali

Strutture opache orizzontali
Coperture pavimenti

Finestre comprensive di infissi

A

0,72

0,42

0,74

5,0

B

0,54

0,42

0,55

3,6

C

0,46

0,42

0,49

3,0

D

0,40

0,35

0,41

2,8

E

0,37

0,32

0,38

2,5

F

0,35

0,31

0,36

2,2

 

18. Ai fini di quanto disposto al comma 15:

a) i valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale ai fini dell'applicazione del comma 344 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e i valori di trasmittanza termica ai fini dell'applicazione del comma 345 del medesimo articolo 1 sono definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico entro il 28 febbraio 2008;

b) per tutti gli interventi la detrazione può essere ripartita in un numero di quote annuali di pari importo non inferiore a tre e non superiore a dieci, a scelta irrevocabile del contribuente, operata all'atto della prima detrazione;

c) per gli interventi di cui al comma 345 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, limitatamente alla sostituzione di finestre comprensive di infissi in singole unità immobiliari, e al comma 346 del medesimo articolo 1, non è richiesta la documentazione di cui all'articolo 1, comma 348, lettera b), della medesima legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

I commi da 15 a 18 dell’articolo 2 intervengono sulle disposizioni recanti agevolazioni fiscali in materia di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio introdotte, per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2007, dai commi da 344 a 347 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006).

I commi da 16 a 18 sono stati inseriti nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio del Senato.

 

Il comma 344 dell'articolo unico della legge 296/2006 ha previsto una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico. Si prevede infatti che gli interventi debbano conseguire un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale (vale a dire il valore di consumo di energia per riscaldamento invernale) inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori massimi consentiti nell’allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192[41] emanato in attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia.

La tabella citata, di seguito riportata, individua i valori limite consentiti per il consumo annuo di energia per il riscaldamento nei mesi invernali (espressi in KWH) per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso.

 

Rapporto di forma dell’edificio

Zona climatica

 

A

B

C

D

E

F

S/V

fino a
600
GG

a
601
GG

a
900
GG

a
901
GG

a
1400
GG

a
1401
GG

A
2100
GG

a
2101
GG

a
3000
GG

oltre
3000
GG

Valori limite vigenti

<0,2

10

10

15

15

25

25

40

40

55

55

>0,9

45

45

60

60

85

85

110

110

145

145

valori limite applicabili dal 1° gennaio 2008

<0,2

9,5

9,5

14

14

23

23

37

37

52

52

>0,9

41

41

55

55

78

78

100

100

133

133

valori limite applicabili dal 1° gennaio 2010

<0,2

8,5

8,5

12,8

12,8

21,3

21,3

34

34

46,8

46,8

>0,9

36

36

48

48

68

68

88

88

116

116

 

I valori limite riportati in tabella sono espressi in funzione della zona climatica, così come individuata all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e del rapporto di forma dell’edificio S/V, dove:

a)    S, espressa in metri quadri, è la superficie che delimita verso l’esterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento) il volume riscaldato V;

b)    V e il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano.

Per valori di S/V compresi nell’intervallo 0,2-0,9 e, analogamente, per gradi giorno (GG) intermedi ai limiti delle zone climatiche riportati in tabella si procede mediante interpolazione lineare.

 

Il comma 345 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per l’installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari, di strutture opache verticali (pareti), strutture opache orizzontali (pavimenti e coperture), finestre comprensive di infissi, a condizione che tali strutture siano rispondenti a requisiti di trasmittanza termica U espressa in W/mqK (e quindi idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico) indicati nella tabella seguente, come modificata dal comma 17 dell’articolo 2 del disegno di legge finanziaria.

 

Zona climatica

Strutture opache verticali

Strutture opache orizzontali

Finestre comprensive di infissi

 

 

Pavimenti

Copertura

 

A

0,72

0,42

0,74

5,0

B

0,54

0,42

0,55

3,6

C

0,46

0,42

0,49

3,0

D

0,40

0,35

0,41

2,8

E

0,37

0,32

0,38

2,5

F

0,35

0,31

0,36

2,2

 

Il comma 346 stabilisce una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e industriali, nonché per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.

 

Il comma 347 prevede una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.

 

Il comma 348 ha stabilito, inoltre, le seguenti ulteriori condizioni per fruire delle detrazioni:

a)    l’asseverazione della rispondenza dell’intervento ai previsti requisiti da parte di un tecnico abilitato, che ne risponde civilmente e penalmente;

b)    l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio, se prevista dalla regione o dall’ente locale in base all’articolo 6 del già citato decreto legislativo n. 192 del 2005.

L’attestato di certificazione energetica è previsto per tutti gli edifici di nuova costruzione e per quelli sia intervenuta una ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro di edifici esistenti ovvero la demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati. L’attestato ha una validità temporale di dieci anni.

Qualora la certificazione energetica non sia prevista, il contribuente deve acquisire un “attestato di qualificazione energetica” predisposto e asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo o dell’unità immobiliare e i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa ovvero, nel caso in cui tali limiti non siano stati fissati, quelli fissati per un identico edificio di nuova costruzione. L’attestato di qualificazione comprende anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi.

Anche le spese per la certificazione possono rientrare negli importi detraibili.

 

Il comma 349 rinvia, in merito alle definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi in commento, a quelle fornite dal citato del decreto legislativo n. 192 del 2005.

L’individuazione delle modalità attuative dell’articolo è inoltre rinviata ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, che è stato emanato il 19 febbraio 2007 (in G.U. n. 47 del 26 febbraio 2007).

Tra l'altro l'articolo 10 del decreto dispone che la detrazione prevista dalle norme in esame non è cumulabile con le altre agevolazioni concesse per i medesimi interventi (le agevolazioni per ristrutturazioni edilizie previste ai sensi della legge 449/1997 ) mentre è compatibile con gli incentivi previsti in materia di risparmio energetico.

L'Agenzia delle Entrate ha emanato al riguardo la circolare interpretativa 31 maggio 2007 n. 36.

 

Il comma 15 proroga dal 31 dicembre 2007 al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale devono essere sostenute e documentate le spese di seguito indicate al fine della fruizione della detrazione fiscale del 55%. Si tratta di:

-          spese per la riqualificazione energetica (comma 344 della finanziaria 2007);

-          spese per interventi su strutture opache verticali, orizzontali e finestre (comma 345 della finanziaria 2007);

-          spese per l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (comma 346 della finanziaria 2007);

-          spese per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale (comma 347 della finanziaria 2007).

 

Il comma 18 reca alcune precisazioni con riferimento alla proroga delle agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici disposta dal comma 15 dell'articolo in esame.

In particolare, la lettera a) stabilisce che i valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale ai fini dell’applicazione del comma 344 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e i valori di trasmittanza termica ai fini dell’applicazione del comma 345 del medesimo articolo 1 sono definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico entro il 28 febbraio 2008.

La lettera b) prevede la possibilità di ripartire la detrazione per tutti gli interventi in un numero di quote annuali di pari importo non inferiore a tre e non superiore a dieci, a scelta irrevocabile del contribuente, operata all’atto della prima detrazione.

La lettera c) specifica che non è richiesta l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio (articolo 1, comma 348, lettera b), della legge 296/2006) per:

§      gli interventi su strutture opache verticali, orizzontali e finestre (comma 345 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296), limitatamente alla sostituzione di finestre comprensive di infissi in singole unità immobiliari;

§      l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda (comma 346 del medesimo articolo 1).

 

Il primo periodo del comma 16 dispone il rinvio, relativamente alle modalità di applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 344 a 347 nonché 353, 358 e 359 della legge finanziaria 2007, al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2007, recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.

 

I commi 353, 358 e 359 della finanziaria 2007 recano agevolazioni fiscali dirette a incentivare acquisti per l’incremento dell’efficienza energetica. Le norme introducono una detrazione fiscale per le spese, effettuati entro il 31 dicembre 2007, relative a:

-        sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+ (comma 353). La detrazione è pari al 20% delle spese e comunque per un importo non superiore a 200 euro per ciascun apparecchio;

-        acquisto e installazione di motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW e per la sostituzione di motori esistenti con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW (comma 358). La misura della detrazione è pari al 20% della spesa e comunque per un importo massimo di 1.500 euro per motore;

-        acquisto e installazione di variatori di velocità su impianti con potenza elettrica compresa tra 7,5 e 90 KW (comma 359). La detrazione è pari al 20% della spesa e comunque per un importo non superiore a 1.500 euro per intervento.

Ai sensi del comma 360, la definizione delle caratteristiche cui devono rispondere i motori ad elevata efficienza ed i variatori di velocità di cui ai commi 358 e 359 e le modalità applicative delle relative disposizioni sono rinviate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia.

 

Il decreto cui fa riferimento la norma in esame corrisponde, in particolare, ad un decreto interministeriale del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico emanato in attuazione del comma 349 della finanziaria 2007 e contenente modalità applicative relativamente ai commi da 344 a 348 della finanziaria 2007.

In data 19 febbraio 2007, oltre al decreto richiamato dalla norma, è stato emanato anche un altro decreto interministeriale, in particolare un decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, recante “Disposizioni in materia di detrazioni per le spese sostenute per l'acquisto e l'installazione di motori ad elevata efficienza e variatori di velocità (inverter), di cui all'articolo 1, commi 358 e 359, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.”

 

Non appaiono evidenti gli effetti dell'applicazione del D.M. recante disposizioni in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente ai commi 353, 358 e 359 della legge finanziaria 2007. Infatti tali disposizioni prevedevano agevolazioni tributarie per apparecchi domestici, motori industriali e variatori di velocità e hanno ricevuto attuazione con un altro D.M. (si veda sopra). Peraltro, durante l'esame in Commissione Bilancio, il governo ha presentato una relazione tecnica sull'emendamento che ha introdotto la disposizione in esame. Tale relazione afferma che " l'emendamento semplifica le modalità applicative ... pertanto, essendo procedurale, non comporta effetti di gettito".

 

Il secondo periodo del comma 16 prevede una corrispondente riduzione delle assegnazioni per il 2007 disposte dal CIPE a favore delle imprese previste nell’ambito dell’intervento ordinario nelle aree sottoutilizzate del territorio nazionale di cui alla legge 19 dicembre 1992, n. 488  a valere sul fondo per le aree sottoutilizzate. Si autorizza, infine, il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con proprio decreto le necessarie variazioni di bilancio.

La disposizione in esame non appare chiara.

L’utilizzo del termine “corrispondentemente ridotte” ed il richiamo ad un decreto ministeriale di variazioni di bilancio, sembrerebbe indicare che l’applicazione all’articolo 1, commi 353, 358 e 359, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 febbraio 2007 reca un onere, il cui ammontare tuttavia non viene indicato.

Per quanto riguarda le risorse della legge n. 488 del 1992 per le agevolazioni alle attività produttive, si ricorda che esse sono  assegnate dal CIPE in sede di riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), per essere poi trasferite all’apposito piano di gestione del Fondo unico incentivi alle imprese, ora confluito, ai sensi dell’articolo 1, comma 841, della legge finanziaria per il 2007 nel Fondo per la competitività e lo sviluppo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 luglio 2007, con il quale si è provveduto alla ripartizione delle risorse del Fondo per il 2007 non risultano essere assegnate risorse alla legge n. 488 (il decreto ha  confermato, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate l’assegnazione di 135 milioni per il 2007 per gli interventi della programmazione negoziata (contratti di programma).

Si ricorda, infine, che per quanto riguarda il FAS, il CIPE non ha ancora provveduto al riparto delle risorse aggiuntive 2007-2009.

 

Il comma 17 sostituisce la tabella 3 allegata alla legge finanziaria 2007 con efficacia retroattiva dal 1° gennaio 2007. La nuova tabella proposta, di seguito indicata, inverte i valori per i pavimenti e la copertura nell’ambito delle strutture opache orizzontali. La modifica è effettuata per correggere un errore materiale.

La nuova tabella 3 vigente è la seguente:

 

Zona climatica

Strutture opache verticali

Strutture opache orizzontali

Finestre comprensive di infissi

 

 

Copertura

Pavimenti

 

A

0,72

0,42

0,74

5,0

B

0,54

0,42

0,55

3,6

C

0,46

0,42

0,49

3,0

D

0,40

0,35

0,41

2,8

E

0,37

0,32

0,38

2,5

F

0,35

0,31

0,36

2,2

 

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

Il piano d’azione in materia di politica energetica europea per il periodo 2007-2009, approvato dal Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 (per maggiori informazioni sugli obiettivi del Piano d’azione si veda la scheda relativa all’articolo 30) fa proprie, tra l’altro, le priorità individuate dal piano d’azione sull’efficienza energetica(COM(2006)545), presentato dalla Commissione il 19 ottobre 2006.

In particolare, il Consiglio europeo invita a perseguire l’obiettivo di risparmiare il 20 % del consumo primario di energia nell’Unione europea, entro il 2020, attraverso interventi nei settori delle apparecchiature e degli elettrodomestici, dell’edilizia, dei trasporti, della produzione e trasporto di energia nonché attraverso la promozione di accordi internazionali che l’UE potrebbe proporre già nel corso del 2007.

Per ciò che concerne il settore dell’edilizia il piano d’azione sull’efficienza energetica propone di realizzare, nei prossimi sei anni[42], una serie azioni prioritarie, anche a carattere normativo, finalizzate all'efficienza energetica e all'efficacia economica.

Il piano d'azione include, tra l’altro, misure mirate di tipo settoriale e orizzontale che, in primo luogo, intendono fissare requisiti di efficienza in materia di energia dinamica, rendendo un ampia gamma di prodotti più efficienti sotto il profilo energetico, sviluppando servizi per l’effecienza energetica negli usi finali e rendendo gli edifici più efficienti sotto il profilo energetico.

In questo contesto, nel settore edilizio il piano propone:

la definizione di requisiti minimi di efficienza per edifici nuovi o ristrutturati;

la messa a punto, entro la fine del 2008, di una strategia per gli edifici a bassissimo consumo di energia, o case passive[43], con l’obiettivo di rendere molto più diffusi questi edifici entro il 2015;

l’ampliamento del campo d’applicazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia[44], estendendola a tutte le ristrutturazioni di edifici[45], a partire dal 2009.

I progressi del piano d’azione saranno valutati sia nel quadro del periodico riesame strategico della politica energetica dell'UE, previsto dal Libro verde sull’energia, sia nell’ambito di una revisione di medio termine che, nel 2009, dovrebbe avvalersi, tra l'altro, dei piani nazionali d'azione per l'efficienza energetica previsti dalla direttiva 2006/32/CE sull’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

Il 12 ottobre 2006 la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia[46], mediante l’invio di una lettera di messa in mora, per non aver correttamente recepito nel proprio ordinamento le disposizioni contenute nella direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico in edilizia. Il termine di recepimento della direttiva scadeva il 4 gennaio 2006. La direttiva figurava nell’allegato A della Legge comunitaria 2003[47].

La Commissione rileva che il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 di “attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico in edilizia”, costituisce un quadro generale di riferimento la cui concreta attuazione è demandata a specifiche norme successive quali decreti, linee guida e relazioni, da approvare entro termini compresi tra 120 e 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo stesso. La Commissione contesta all’Italia di non aver proceduto all’adozione di tali provvedimenti o, in ogni caso, di non averli notificati alla Commissione.

Per altro, a seguito dell’adozione del D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. 311 - contenente disposizioni correttive ed integrative al citato D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, espressamente apportate anche al fine di meglio conformare le disposizioni contenute nel predetto decreto legislativo alla direttiva 2002/91/CE – la procedura risulta provvisoriamente archiviata.

 


Articolo 3, commi 29-31
(Disciplina dei dividendi in uscita)

 

29. In attuazione del parere motivato della Commissione delle Comunità europee n. C(2006)2544 del 28 giugno 2006, al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modifiche:

a) all'articolo 27:

1) al comma 3, primo periodo, dopo le parole: «soggetti non residenti nel territorio dello Stato» sono inserite le seguenti: «diversi dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter,»;

2) al comma 3, terzo periodo, dopo le parole: «azionisti di risparmio» sono inserite le seguenti: «e dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter»;

3) al comma 3-bis, primo periodo, le parole: «di cui al comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 3 e 3-ter»;

4) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente:

«3-ter. La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l'aliquota dell'1,375 per cento sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato»;

b) all'articolo 27-bis, commi 1, alinea, e 3, le parole: «al terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «ai commi 3, 3-bis e 3-ter»;

c) all'articolo 27-ter, comma 1, le parole: «commi 1 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1, 3 e 3-ter».

30. Le disposizioni di cui al comma 29 si applicano agli utili formatisi a partire dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. A tal fine, le società ed enti che distribuiscono i dividendi indicano in dichiarazione gli ammontari degli utili o delle riserve di utili formatisi a partire dall'esercizio di cui al periodo precedente e di quelli formati in altri esercizi.

31. Fino all'emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 168-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dal comma 43, lettera n), del presente articolo, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del comma 3-ter dell'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dal comma 29, lettera a), numero 4), del presente articolo, gli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo sono quelli inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239.

 

 

Il comma 29 apporta modifiche alla disciplina dei dividendi “in uscita”.

 

Il trattamento fiscale degli utili da partecipazione societaria (e dei redditi ad essi assimilati) è contenuta nell’articolo 89 del TUIR, il quale – al comma 2 -prevede in via generale che tali redditi se percepiti da soggetti IRES siano esclusi dalla formazione del reddito del soggetto ricevente per il 95 per cento del loro ammontare

L’articolo 27, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973[48], dispone invece che gli utili corrisposti a soggetti residenti in relazione a partecipazioni societarie non qualificate siano soggette ad una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 12,50 per cento.

Per quanto concerne, invece, gli utili percepiti da soggetti non residenti l’art. 27, comma 3, del medesimo D.P.R. prevede che i dividendi corrisposti ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato, in relazione a partecipazioni non riguardanti stabili organizzazioni, siano tassati mediante l’applicazione di una ritenuta alla fonte del 27 per cento. La ritenuta è effettuata a prescindere dal fatto che si tratti di utili derivanti da partecipazioni qualificate[49] o meno e indipendentemente dalla circostanza che il percettore non residente sia una persona fisica o una società.

Una disciplina di maggior favore è prevista dall’art 27 bis del TUIR, il quale ha recepito le indicazioni al riguardo contenute nella direttiva c.d. società madri e figlie (modificata da ultimo con la direttiva 2003/123/CE, recepita con il decreto legislativo n. 49 de 2007).Le società rientranti in tali fattispecie possono, ai sensi dell’art. 27 bis citato, chiedere il rimborso della ritenuta subita.

 

Tale regime ha comportato l’apertura, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, a seguito della quale è stato emesso il parere motivato C(2006) 2544 del 28 giugno 2006.

La suddetta procedura è motivata dalla presunta incompatibilità del regime fiscale dei dividendi con i principi relativi alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento, dal momento che la normativa vigente  prevede una tassazione più onerosa dei dividendi corrisposti da società italiane a società residenti in altri Stati membri, o in Paesi aderenti allo Spazio Economico europeo[50], rispetto a quella applicata ai dividendi intersocietari domestici.

Al fine di recepire il parere della Commissione, il comma 29, lettera a), numero 4), inserisce nell’articolo 27 (“Ritenuta sui dividendi”) del d.P.R. n. 600 del 1973, il nuovo comma 3-ter, con cui è stabilito che - ai dividendi corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione Europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni, e ivi residenti (c.d. White list) – si applica una ritenuta a titolo di imposta con aliquota dell’1,375 per cento. Tale percentuale è finalizzata ad omogeneizzare il trattamento fra soggetti residenti e non, e deriva dall’applicazione della percentuale di esclusione dalla formazione del reddito  residenti (95%) all’aliquota generale dell’IRES (27,5%)

 

Le modifiche apportate dal comma 29, lettere b) e c), agli articoli 27-bis (“Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti”) e 27-ter (“Azioni in deposito accentrato presso la Monte Titoli S.p.A”) derivano da esigenze di coordinamento con il nuovo dettato dell’articolo 27.

Il comma 30 prevede che le disposizioni del comma 25 si applichino agli utili formatisi a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.

Ne consegue che – per la distribuzioni degli utili formatisi in precedenti esercizi – continui ad applicarsi la ritenuta alla fonte con aliquota del 27 per cento.

A tal fine, è previsto che le società ed enti che distribuiscono i dividendi indichino in dichiarazione l’ammontare degli utili, o delle riserve di utili, formatisi a partire dall’esercizio di cui al periodo precedente e quelli formatisi in altri esercizi.

 

Il comma 31 reca una clausola transitoria secondo cui, ai fini dell’applicazione del nuovo comma 3-ter dell’art. 27 del d.P.R. n. 600 del 1973, fino all’emanazione del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi ai sensi del nuovo art. 168-bis TUIR, introdotto dal comma  dell’articolo in essame, (c.d. White List), gli Stati dello Spazio economico europeo che assicurano un effettivo scambio di informazioni sono quelli inclusi nella lista del decreto del Ministro delle finanze del 4 settembre 1996, emanato in attuazione dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del d. lgs. n. 239 del 1996[51].

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

Il 22 gennaio 2007 la Commissione europea ha deciso di presentare ricorso contro l’Italia innanzi alla Corte di Giustizia[52] assumendo che il regime di imposizione dei dividendi pagati a società estere (c.d. dividendi in uscita) non sarebbe compatibile con i principi di libertà di stabilimento e di libera circolazione di capitali.

In particolare, la Commissione contesta all’Italia di tassare i pagamenti di dividendi in uscita pagati dalle società stabilite nel territorio nazionale a società stabilite in altri Stati membri della Comunità europea o in Paesi aderenti allo Spazio Economico europeo[53] più pesantemente di quelli destinati a società nazionali (c.d. dividendi interni).

I rilievi della Commissione europea concernono la disposizione di cui all’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, in base al quale i dividendi corrisposti ai soli soggetti non residenti nel territorio dello Stato, in relazione a partecipazioni non riguardanti stabili organizzazioni, sono tassati mediante l’applicazione di una ritenuta alla fonte del 27 per cento. La ritenuta è effettuata a prescindere dal fatto che si tratti di utili derivanti da partecipazioni qualificate o meno e indipendentemente dalla circostanza che il percettore non residente sia una persona fisica o una società.

Secondo la Commissione le previsioni in questione sarebbero contrarie agli articoli 56 Trattato e 31 e 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo in quanto restringerebbero sia la libera circolazione dei capitali che la libertà di stabilimento.

La Commissione ricorda, al riguardo, che la Corte di giustizia ha più volte ribadito, da ultimo nella sentenza Denkavit del 14 dicembre 2006 (causa C-170/05) il principio per cui gli Stati membri non possono tassare i dividendi pagati alle società di altri Stati membri in modo più gravoso dei dividendi pagati alle società nazionali.

Si segnala che sempre il 22 gennaio 2007 la Commissione ha deciso, sulla base di analoghe contestazioni, di presentare ricorso alla Corte di Giustizia contro Belgio, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo per regimi di tassazione discriminatoria dei dividendi in uscita previsti dalle rispettive legislazioni.

 

 

 


Articolo 3, commi 39-40
(Regime ordinario IVA per agenzie viaggi e turismo)

 

39. All'articolo 74-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Le agenzie di viaggi e turismo possono, per le prestazioni di organizzazione di convegni, congressi e simili, applicare il regime ordinario dell'imposta. In tali casi le agenzie di viaggi e turismo possono detrarre l'imposta dovuta o versata per i servizi da esse acquistati dai loro fornitori, se si tratta di operazioni effettuate a diretto vantaggio del cliente. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui diventa esigibile l'imposta per la prestazione in relazione alla quale le agenzie di viaggi e turismo optano per il regime ordinario dell'imposta. Qualora applichino sia il regime ordinario dell'imposta che il regime speciale d'imposizione sul margine, le agenzie di viaggi e turismo devono registrare separatamente nella propria contabilità le operazioni che rientrano in ciascuno di tali regimi».

40. L'efficacia della disposizione di cui al comma 39 è subordinata alla concessione di una deroga, ai sensi e alle condizioni dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, da parte dei competenti organi comunitari.

 

 

Il comma 39 dell’articolo 3, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, inserisce nell’articolo 74-ter (Disposizioni per le agenzie di viaggio e turismo) del D.P.R. n. 633 del 1972[54], il nuovo comma 8-bis, con cui è stabilito che le agenzie di viaggi e turismo, per le prestazioni di organizzazione di convegni, congressi e simili, possono applicare il regime ordinario dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Il citato articolo 74-ter assoggetta le agenzie di viaggi e turismo a un regime speciale IVA che prevede il calcolo dell’imposta secondo il metodo “base da base” (anziché con il sistema ordinario “imposta da imposta”): la base imponibile dell’imposta è calcolata, infatti, come differenza tra il valore dei corrispettivi e il valore dei costi al lordo dell’imposta. Sulla base imponibile (che viene anche definita margine commerciale) viene poi calcolata l’IVA dovuta, applicando l’aliquota ordinaria. A questo regime speciale, che si applica in via generale alle operazioni in cui l’agenzia di viaggio e turismo opera come soggetto in proprio (anche nel caso di rivendita di servizi, cioè nel caso in cui i servizi venduti dall’agenzia di viaggio al cliente sono organizzati da terzi soggetti), si affianca anche il regime IVA ordinario (che prevede il calcolo dell’IVA da versare come differenza tra IVA a debito e IVA a credito) per tutte quelle operazioni in cui l’agenzia di viaggio e turismo agisce come semplice intermediario di pacchetti e/o servizi turistici o quando acquista in nome proprio e per conto di clienti i servizi in discorso. Da tenere presente che il regime speciale crea una posizione di debito IVA per le agenzie in questione nel caso di corrispettivi superiori ai costi; nel caso opposto, si origina un credito di costo che può essere utilizzato nella liquidazione successiva, ma che di per sé non origina titolo per richiesta di rimborso, atteso che il credito di costo non configura posizione di credito d’imposta a fini IVA.

 

E’ importante sottolineare che le fatture emesse per le operazioni effettuate nell’àmbito del sopra illustrato regime speciale non contengono la separata indicazione dell’imposta (articolo 74-ter cit., comma 7), impedendo il tal modo ai clienti delle agenzie di viaggi e turismo di detrarre l’imposta pagata.

Si ricorda inoltre che la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), all’articolo 1, comma 304, ha consentito la detraibilità dell’IVA relativa alle prestazioni alberghiere e alla somministrazione di alimenti e bevande, effettuate in occasione di partecipazione a convegni, congressi ed eventi similari, ma che tale possibilità non è stata di fatto operante per i soggetti che si rivolgono, per l’organizzazione dei convegni e dei congressi, a agenzie di viaggi e turismo operanti con il regime speciale.

 

La disposizione in esame è diretta a superare questo ostacolo alla detraibilità dell’IVA pagata per la partecipazione a convegni e congressi, consentendo alle agenzie di viaggi e turismo di applicare il regime ordinario dell'imposta per le prestazioni di organizzazione di convegni, congressi e simili, effettuate a diretto vantaggio del cliente.

Le agenzie di viaggi e turismo potranno in tal caso detrarre l'imposta dovuta o versata per i servizi da esse acquistati dai loro fornitori. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui diventa esigibile l'imposta per la prestazione, in relazione alla quale le agenzie di viaggi e turismo optano per il regime ordinario dell'imposta.

Si prevede infine che le agenzie di viaggi e turismo, che applicano sia il regime ordinario che il regime speciale di cui all’articolo 74-ter, devono registrare separatamente nella propria contabilità le operazioni che rientrano in ciascuno di tali regimi.

 

Il comma 40 subordina l’efficacia della disposizione di cui al comma 39 alla concessione di una deroga, ai sensi e alle condizioni dell’articolo 395 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio d’Europa del 28 novembre 2006[55], da parte dei competenti organi comunitari.

 

L’articolo 395 della citata Direttiva prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, possa autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale.

L’autorizzazione si rende necessaria, dal momento che lo speciale regime IVA per le agenzie di viaggi è previsto dagli artt. 306 e seguenti della Direttiva in questione.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

Il 26 marzo 2007 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora per violazione del diritto comunitario, relativamente agli articoli 306-310 della direttiva 2006/112/CE, concernenti il regime speciale IVA delle agenzie di viaggio.

In particolare, in base all’articolo 74-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, “le operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio per l’organizzazione di pacchetti turistici costituiti da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, verso il pagamento di un corrispettivo globale sono considerate come una prestazione di servizi unica”. Tali disposizioni si applicano anche quando le prestazioni siano rese dalle agenzie tramite mandatari e non si applicano alle agenzie di viaggio che agiscono per nome e per conto dei clienti.

La Commissione ritiene che, per l’interpretazione data dall’Italia a tale norma, l’applicazione del regime speciale è prevista non solo quando le agenzie di viaggio vendono il servizio al viaggiatore, ma anche quando lo vendono a un soggetto diverso dal viaggiatore (ad esempio, nel caso in cui il servizio venga venduto da un’agenzia di viaggi ad un soggetto passivo che, a sua volta, rivendesse i servizi di viaggio secondo la Commissione la normativa italiana in questione non limitando esplicitamente l’applicazione del regime speciale ai servizi forniti al consumatore finale, cioè al viaggiatore, contrasterebbe con le disposizioni della direttiva 2006/112 sopra richiamate).

 


Articolo 3, commi 43-50
(Disposizioni antielusive per i paradisi fiscali: white list)

 

43. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale»;

b) all'articolo 10, comma 1, lettera e-bis), secondo periodo, le parole: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239» sono sostituite dalle seguenti: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis;»;

c) all'articolo 47, comma 4, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Nonostante quanto previsto dai commi precedenti, concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile gli utili provenienti da società residenti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, salvo i casi in cui gli stessi non siano già stati imputati al socio ai sensi del comma 1 dell'articolo 167 e dell'articolo 168 o se ivi residenti sia avvenuta dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, del rispetto delle condizioni indicate nella lettera c) del comma 1 dell'articolo 87»;

d) all'articolo 68, comma 4, nel primo periodo, le parole: «Paesi o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze adottato ai sensi dell'articolo 167, comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

e) all'articolo 73:

1) al comma 3, secondo periodo, le parole: «istituiti in Paesi diversi da quelli indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni,» sono sostituite dalle seguenti: «istituiti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis,»;

2) al comma 3, terzo periodo, le parole: «istituiti in uno Stato diverso da quelli indicati nel citato decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996,» sono sostituite dalle seguenti: «istituiti in uno Stato diverso da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis,»;

f) all'articolo 87, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

«c) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, o, alternativamente, l'avvenuta dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità di cui al comma 5, lettera b), dell'articolo 167, che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli individuati nel medesimo decreto di cui all'articolo 168-bis»;

g) all'articolo 89, comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Qualora si verifichi la condizione di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, l'esclusione di cui al comma 2 si applica agli utili provenienti dai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), e alle remunerazioni derivanti da contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), stipulati con tali soggetti residenti negli Stati o territori di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, o, se ivi non residenti, relativamente ai quali, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dell'articolo 167, siano rispettate le condizioni di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 87»;

h) all'articolo 110:

1) il comma 10 è sostituito dal seguente:

«10. Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

2) al comma 12-bis, le parole: «Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

i) all'articolo 132, comma 4, secondo periodo, le parole: «residenti in uno Stato o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «residenti negli Stati o territori di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

l) all'articolo 167:

1) al comma 1, primo periodo, le parole: «Stati o territori con regime fiscale privilegiato» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

2) al comma 1, secondo periodo, le parole: «assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati» sono sostituite dalle seguenti: «situate in Stati o territori diversi da quelli di cui al citato decreto»;

3) il comma 4 è abrogato;

4) al comma 5, lettera b), le parole: «dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «dalle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

m) all'articolo 168:

1) al comma 1, primo periodo, le parole: «Stati o territori con regime fiscale privilegiato» sono sostituite dalle seguenti: «Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis»;

2) al comma 1, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «La norma di cui al presente comma non si applica per le partecipazioni in soggetti residenti negli Stati o territori di cui al citato decreto relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni situate in Stati o territori diversi da quelli di cui al medesimo decreto»;

n) dopo l'articolo 168 è inserito il seguente:

«Art. 168-bis. - (Paesi e territori che consentono un effettivo scambio di informazione) - 1. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, sono individuati gli Stati e territori che consentono un effettivo scambio di informazione».

44. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 26:

1) nel comma 1, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Tuttavia, se i titoli indicati nel precedente periodo sono emessi da società o enti, diversi dalle banche, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da quote, l'aliquota del 12,50 per cento si applica a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al citato decreto, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, per le obbligazioni e i titoli similari diversi dai precedenti»;

2) al comma 5, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «L'aliquota della ritenuta è stabilita al 27 per cento se i percipienti sono residenti negli Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»;

b) all'articolo 26-bis:

1) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;»;

2) al comma 1, dopo la lettera a) sono aggiunte le seguenti:

«a-bis) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

a-ter) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

a-quater) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato»;

c) all'articolo 27, comma 4, lettera b), le parole: «sull'intero importo delle remunerazioni corrisposte, in relazione a partecipazioni, titoli, strumenti finanziari e contratti non relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 65, da società ed enti residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del citato testo unico» sono sostituite dalle seguenti: «sull'intero importo delle remunerazioni corrisposte, in relazione a partecipazioni, titoli, strumenti finanziari e contratti non relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 65, da società ed enti residenti negli Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del citato testo unico»;

d) all'articolo 37-bis, comma 3, lettera f-quater), le parole: «in uno degli Stati o nei territori a regime fiscale privilegiato, individuati ai sensi dell'articolo 167, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917» sono sostituite dalle seguenti: «in uno Stato o territorio diverso da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».

45. All'articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, primo periodo, le parole: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239,» sono sostituite dalle seguenti: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,»;

b) al comma 9, le parole: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell'articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239,» sono sostituite dalle seguenti: «e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,».

46. Al decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 5, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»;

b) all'articolo 5, comma 5, dopo la lettera a) sono aggiunte le seguenti:

«a-bis) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

a-ter) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

a-quater) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato»;

c) all'articolo 9, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano nei confronti di:

a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

b) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

c) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

d) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato».

47. Al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 5, secondo periodo, le parole: «effettuati da soggetti non residenti, esclusi i soggetti residenti negli Stati o nei territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati dal decreto del Ministro delle finanze in data 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999» sono sostituite dalle seguenti: «effettuati da soggetti residenti in Stati o territori individuati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917»;

b) all'articolo 7, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Non sono assoggettati ad imposizione i proventi di cui al comma 1 percepiti da:

a) soggetti residenti in Stati o territori di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

b) enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

c) investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Stati o territori di cui al decreto indicato nella lettera a);

d) banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato».

48. Le disposizioni di cui ai commi da 43 a 47 si applicano, salvo quanto previsto dal comma 49, a decorrere dal periodo di imposta che inizia successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917; fino al periodo d'imposta precedente continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2007.

49. La disposizione di cui al comma 43, lettera a), si applica a partire dal periodo di imposta successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ivi previsto; fino al periodo d'imposta precedente continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2007.

50. Nel decreto di cui all'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dalla lettera n) del comma 43 del presente articolo, sono altresì inclusi, per un periodo di cinque anni dalla data di pubblicazione del medesimo nella Gazzetta Ufficiale, gli Stati o territori che, prima della data di entrata in vigore della presente legge, non sono elencati nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, nonché nei decreti del Ministero dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001 e 23 gennaio 2002, pubblicati rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001 e n. 29 del 4 febbraio 2002. Sono altresì inclusi, per il medesimo periodo, nel decreto di cui al citato articolo 168-bis, gli Stati o territori di cui all'articolo 2 del citato decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, limitatamente ai soggetti ivi indicati, nonché gli Stati o territori di cui all'articolo 3 del medesimo decreto, ad eccezione dei soggetti ivi indicati.

 

 

I commi da 43 a 50 dell’articolo 3, riformulano le disposizioni antielusive italiane sostituendo il vigente sistema incentrato sull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale privilegiato (c.d. "paradisi fiscali", come tali individuati in una serie di liste approvate con decreto ministeriale) con un nuovo sistema incentrato sull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale conforme agli standard di legalità e trasparenza adottati dall’Unione europea (white list).

Il nuovo sistema è basato sulla futura emanazione, con decreto ministeriale, di due “white list che sostituiranno il sistema delle liste attualmente in vigore:

1)       La prima white list dovrà essere emanata ai fini dell’applicazione della presunzione di residenza fiscale in italia per i soggetti IRPEF;

2)      la seconda white list, prevista dal nuovo articolo 168-bis che viene introdotto nel TUIR, costituirà l’elenco di riferimento per tutte le norme antielusive e relative ad operazioni di vario tipo relative sia a persone fisiche che ad imprese residenti che ad  imprese situate fiscalmente in tali Paesi. Peraltro, si prevede espressamente che questa seconda white list, da emanare con un successivo DM, dovrà riprodurre il contenuto delle vigenti liste per almeno cinque anni successivi alla sua emanazione: pertanto, nella sostanza, la disciplina vigente continuerà ad applicarsi per almeno cinque anni successivamente all’emanazione del nuovo decreto.

 

L’ordinamento italiano vigente reca norme antielusive riguardanti varie tipologie di situazioni, connesse sia ai trasferimenti di residenza che alla collocazione fittizia della stessa in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato (Stati c.d. di black list), nonchè ad operazioni intercorrenti tra imprese residenti e imprese situate fiscalmente in tali Paesi.

Si ricorda che l'art. 167, comma 4 del TUIR, stabilisce, in materia di imprese estere controllate, che devono essere considerati privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti.

Attualmente, sono vigenti varie liste di Stati, contenute nei seguenti decreti ministeriali, come successivamente modificati:

-        il D.M. 4 maggio 1999, ai fini della presunzione di residenza fiscale per le persone fisiche[56];

-        il D.M. 4 settembre 1996, recante l’elenco degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni[57] ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito in vigore con la Repubblica italiana;

-        il D.M. 23 gennaio 2002, relativamente alle imprese, che prevede l’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato[58];

-        il D.M. 21 novembre 2001, che contiene invece un elenco[59] di stati considerati non privilegiati ai fini dell’articolo 96-bis, comma 2-ter del TUIR[60].

 

Le disposizioni dei commi da 43 a 50 in commento sostituiscono il criterio della presenza di una tassazione in misura ridotta nei paesi stranieri quale elemento discriminante per l’inserimento del paese nella black list e prevedono, in sua sostituzione, l’emanazione di due white list, basate esclusivamente sul criterio dell’esistenza di un effettivo scambio di informazioni tra gli Stati, quale strumento principale di contrasto all’evasione ed elusione fiscale.

 

A tal fine vengono apportate numerose modifiche, sia sostanziali che di coordinamento, agli articoli del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, nonché ad altre leggi rilevanti in materia tributaria, quali il D.P.R. n. 600 del 1972 sull’accertamento delle imposte sui redditi, le norme fiscali speciali dettate per gli organismi di investimento collettivo e le norme sui finanziamenti raccolti dalle società a responsabilità limitata per lai cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato.

La prima modifica sostanziale è apportata dal comma 43, lettera a), che sostituisce innanzitutto il comma 2-bis dell’art. 2 del TUIR, stabilendo che la presunzione di residenza in Italia, salvo prova contraria, dei cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in altri Stati o territori, sia operativa qualora si tratti di Stati diversi da quelli individuati in una futura lista contenuta in un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro degli affari esteri.

Si tratta pertanto della prima delle white list contemplate dal disegno di riforma.

Il comma 49 prevede che la norma del comma 43, lettera a) in questione trovi applicazione a partire dal periodo di imposta successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’apposito decreto.

Nella norma del comma 43, lett. a) non viene peraltro indicato il termine per l’emanazione del decreto ministeriale.

 

La seconda modifica rilevante è quella apportata dalla lettera n) del comma 43, che inserisce nel TUIR il nuovo articolo 168-bis, in base al quale – con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri - saranno individuati gli Stati o territori che consentono un effettivo scambio di informazione (seconda white list).

Anche in questo caso non si indica il termine per l’emanazione del decreto.

Peraltro, il successivo comma 48 stabilisce la decorrenza delle nuove disposizioni, di cui ai commi da 43 a 47, dal periodo di imposta successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto contenente la nuova white list prevista dal nuovo articolo 168-bis. Il comma 48 prevede inoltre che fino al periodo d’imposta precedente continuino ad applicarsi le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2007.

Sempre con riguardo alla decorrenza della nuova disciplina, il comma 50, modificato al Senato, prevede che per un periodo transitorio di cinque anni, decorrente dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto, saranno inclusi nel decreto sulla white list, di cui al nuovo articolo 168-bis TUIR, gli Stati che fino alla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria non sono considerati a regime fiscale privilegiato e che sono elencati:

§      nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996;

§      nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001;

§      nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 23 gennaio 2002.

Saranno altresì inclusi nella nuova white list, per il medesimo periodo transitorio di cinque anni, gli Stati o territori di cui all’articolo 2 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001 limitatamente ai soggetti ivi indicati, nonché gli Stati o territori di cui all’articolo 3 del medesimo decreto ad eccezione dei soggetti ivi indicati.

Pertanto, in base al comma 50, vengono fatti salvi gli elenchi di paesi attualmente vigenti, per un periodo di almeno cinque anni dall’emanazione del futuro decreto.

Si rileva che analoga previsione di salvaguardia del regime vigente non è contemplata per l’elenco di paesi che dovranno essere individuati nella white list da utilizzare per la presunzione di residenza dei soggetti IRPEF, di cui al comma 43 lettera a).

In base alla nuova disciplina del comma 43 lettera a) pertanto, la presunzione di residenza in un “paradiso fiscale”, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, scatterà non più qualora egli trasferisca la residenza in un paese ricompreso nella vigente “black list” di cui al D.M. 4 maggio 1999, bensì qualora il contribuente trasferisca la residenza in un paese che non sia contemplato tra quelli della futura “white list”. La mancata inclusione di un paese nella futura “white list” farebbe pertanto scattare l’inversione dell’onere della prova a sfavore del contribuente il quale avrebbe l’onere di provare di non aver posto in essere operazioni elusive, anziché essere l’amministrazione finanziaria a provare l’eventuale comportamento elusivo del contribuente.

Si ricorda che all'interno dell'Unione europea, i governi hanno competenza esclusiva per quanto riguarda i livelli dell’imposizione diretta, ovvero l’imposta sui redditi individuali e sugli utili societari, sempre che tali imposte siano compatibili con il mercato unico e con la libera circolazione dei capitali, ossia non ostacolino gli investimenti transfrontalieri. Qualora tuttavia il mercato unico, la libera circolazione dei capitali o i diritti dei singoli siano lesi dalle norme tributarie, la Commissione europea o i soggetti direttamente interessati possono adire la Corte di giustizia delle Comunità europee. Le imposte sulle persone fisiche e le relative aliquote sono pertanto di competenza dagli Stati membri, salvo l’eventuale intervento dell’UE per impedire discriminazioni o agevolazioni speciali per chi si avvale della possibilità di lavorare o investire in un altro paese.

 

Le lettere da b) a m) del comma 43 recano numerose modifiche di coordinamento alle disposizioni del TUIR, al fine di adeguarle con il nuovo elenco di Paesi inclusi nella white list previsto dal nuovo articolo 168-bis del TUIR. Si tratta dei seguenti istituti:

§      individuazione degli oneri deducibili ai fini del calcolo della base imponibile IRPEF (lettera b),che modifica l’art. 10, comma 1, lett. e-bis));

§      regime fiscale dei dividendi, ai fini della loro imputazione a reddito di capitale (lettera c)che modifica l’art. 47, comma 4);

§      regime fiscale delle plusvalenze, ai fini della loro imputazione a reddito di impresa (lettera d) che modifica l’art. 68, comma 4);

§      individuazione del paese di residenza dei trust e degli istituti di contenuto analogo, ai fini della loro sottoposizione all’IRES (lettera e) che modifica l’art. 73);

§      individuazione delle plusvalenze esenti, ai fini del calcolo della base imponibile IRES (lettera f) che modifica l’art. 87);

§      individuazione di dividendi e interessi, ai fini della loro esclusione dalla base imponibile IRES (lettera g) che modifica l’art. 89);

§      indeducibilità dalla base imponibile IRES di spese e altri componenti negativi e di spese per prestazioni di servizi resi da professionisti (lettera h) che modifica l’art. 110);

§      condizioni per l’esercizio dell’opzione di adesione al consolidato mondiale (lettera i));

§      imputazione a soggetti, residenti o meno, di redditi derivanti dal controllo o, comunque, da partecipazioni in imprese, enti o società (lettere l) e m)).

 

Le modifiche dei commi 43-40 in commento non incidono invece sulla “white list” predisposta in attuazione dell’articolo 11 del D. Lgs. n. 239 del 1996[61], ai soli fini dell’applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo, che elenca i Paesi e territori nei cui confronti è previsto il non assoggettamento a tassazione di alcuni redditi di capitale e che, in particolare, dispone un regime di esenzione per gli interessi ed altri proventi dei titoli di Stato e dei titoli obbligazionari e similari emessi da banche, Spa con azioni negoziate in mercati regolamentati italiani, enti pubblici economici trasformati in Spa in base a disposizioni di legge, enti territoriali (cfr. anche sub articolo 3, comma 27, del presente ddl finanziaria).

 

Il comma 44 modifica le relative disposizioni del D.P.R. n. 600 del 1973, relativo all’accertamento delle imposte, in quanto per alcune categorie di reddito - come i proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute, i mutui di titoli garantiti e altri strumenti finanziari – vige un regime di esenzione nei confronti di soggetti residenti in Stati che consentono uno scambio di informazioni e che con la novella in esame vengono collegati alla white list di cui al nuovo art. 168-bis TUIR, anziché ala lista vigente.

In questo senso vanno interpretate le novelle di cui alla:

§      lettera a), che modifica l’art. 26 (Ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale);

§      lettera b), che modifica l’art. 26-bis (Esenzione dalle imposte sui redditi per i non residenti);

§      lettera c), che modifica l’art. 27 (Ritenuta sui dividendi);

§      lettera d), che modifica l’art. 37-bis (Disposizioni antielusive).

 

Il comma 45 modifica l’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77 contenente disposizioni tributarie sui proventi delle quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di diritto estero, al fine di coordinare con la nuova white list il regime fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero.

 

Il comma 46 intende coordinare con la nuova white list il regime fiscale applicabile alle plusvalenze e ai redditi da capitale diversi, nonché il regime applicabile ai proventi erogati da organismi di investimento collettivo soggetti ad imposte sostitutive.

 

Il comma 47 coordina con la nuova white list il regime fiscale sugli interessi e altri proventi corrisposti in relazione ai finanziamenti raccolti dalle società a responsabilità limitata aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e di altri enti pubblici, nonché il regime fiscale dei proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni di investimento immobiliari.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

Lotta all’evasione fiscale

Il 31 maggio 2006 la Commissione ha adottato una comunicazione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta alle frodi fiscali (COM(2006)254).

La comunicazione, in particolare, sottolinea che, nel campo della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri si evidenziano alcuni problemi di funzionamento: linguistici, mancanza di risorse umane e di conoscenza delle procedure di cooperazione a livello dei funzionari incaricati del controllo, ecc. Considerato che l'accesso rapido alle informazioni costituisce un fattore determinante per lottare contro la frode, secondo la Commissione occorre prevedere metodi più efficienti per lo scambio di informazioni, tenuto conto dei recenti progressi tecnologici e del livello delle apparecchiature di cui dispongono le imprese. A tal fine occorre considerare la possibilità di scambi automatici più frequenti e più dettagliati tra gli Stati membri o persino di accesso diretto a basi di dati nazionali. La necessaria modernizzazione del sistema VIES (Sistema di scambio di informazioni in materia di Iva) è l'occasione per realizzare alcuni di questi miglioramenti.

Sul documento il Consiglio ecofin del 5 giugno 2007 ha adottato conclusioni, in cui ha chiesto alla Commissione di presentare proposte legislative per migliorare l'efficacia di un'ampia serie di misure antifrode convenzionali, e di studiare misure antifrode di più ampia portata compresa la tassazione nello Stato membro di partenza.

Pacchetto IVA

Una delle proposte relative alla semplificazione e all’ammodernamento del sistema IVA (c.d. pacchetto IVA) (COM(2004)728), presentato dalla Commissione il 29 ottobre 2004, è volta a modificare il regolamento (CE) 1798/20031, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.

Il pacchetto di proposte è stato esaminato nell’ambito della procedura di consultazione dal Parlamento europeo il 7 settembre 2005, dal Consiglio il  5 giugno 2007. In tale data il Consiglio ECOFIN ha raggiunto un accordo politico in vista dell’adozione definitiva entro il 31 dicembre 2007 in modo tale che il pacchetto possa entrare in vigore al più tardi il 1º gennaio 2010. Il 25 ottobre 2007 la Presidenza ha presentato una versione consolidata delle proposte; nel Consiglio del 13 novembre 2007 non è stato raggiunto l’accordo previsto sul pacchetto di proposte a causa della posizione assunta dal Lussemburgo.

Programma Fiscalis 2013

Il 27 maggio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di decisione che istituisce un programma comunitario per il miglioramento del funzionamento dei sistemi di imposizione nel mercato interno (Fiscalis 2013). Per raggiungere l’obiettivo generale del miglioramento del funzionamento del sistema occorre, secondo la Commissione, accrescere la cooperazione tra i paesi partecipanti, le loro amministrazioni e i loro funzionari.

I sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni che gli Stati devono assicurare comprendono la rete comune di comunicazione/interfaccia comune di sistema (CCN/CSI), il sistema di scambio di informazioni sull’IVA (VIES), i sistemi relativi alle accise, il sistema di controllo informatico dei movimenti dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS). Gli elementi comunitari dei sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni sono l’hardware, il software e i collegamenti di rete, comuni a tutti i paesi partecipanti.

Gli elementi non comunitari dei sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni comprendono le basi di dati nazionali che fanno parte di questi sistemi, i collegamenti di rete tra gli elementi comunitari e non comunitari, e il software e l’hardware che ciascun paese partecipante ritenga necessari per il pieno funzionamento di detti sistemi nella propria amministrazione.

La proposta, trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo, è stata esaminata da quest’ultimo il 20 giugno 2007 ed è in attesa di essere discussa dal Consiglio.

 


Articolo 9, comma 32
(Assegni per i nuclei familiari con disabili)

 

32. Nei limiti della maggiore spesa di 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, i livelli di reddito e gli importi degli assegni per i nuclei familiari con almeno un componente inabile e per i nuclei orfanili sono rideterminati secondo criteri analoghi a quelli indicati all'articolo 1, comma 11, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con decreto interministeriale del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi disponibili delle famiglie risultante dagli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

Il comma 32 dell’articolo 9, introdotto durante l’esame al Senato, demanda ad un decreto del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, la rideterminazione, a decorrere dal 2008, nel limite di una maggiore spesa annua di 30 milioni di euro, della misura degli assegni per il nucleo familiare e dei relativi limiti massimi di reddito, volta all’elevamento dei medesimi, con riferimento ai nuclei familiari con almeno un componente inabile (totalmente) al lavoro ed ai nuclei familiari "orfanili" (in cui, cioè, siano deceduti entrambi i genitori).

La rideterminazione è attuata sulla base di criteri analoghi a quelli di cui alla Tabella 1 allegata all'art. 1, comma 11, lettera a), della L. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi familiari disponibili risultante dall'istituto in esame degli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni IRPEF.

 

Si ricorda che il citato comma 11 dispone una rideterminazione degli importi dell’assegno per il nucleo familiare e dei relativi limiti di reddito, di cui all’articolo 2 del D.L. 13 marzo 1988, n. 69[62], consentendo, inoltre, che con decreto interministeriale venga operata un'ulteriore rimodulazione. In particolare si prevede che:

-        i livelli di reddito e gli importi annuali dell'assegno per il nucleo familiare, con riferimento ai nuclei familiari con entrambi i genitori e almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili nonché ai nuclei familiari con un solo genitore e almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili, sono rideterminati secondo la Tabella 1 allegata alla legge in esame, a decorrere dal 1° gennaio 2007 (lettera a));

-        gli importi degli assegni per tutte le altre tipologie di nuclei con figli sono rivalutati del 15 per cento, sempre con decorrenza dal 1° gennaio 2007 (lettera b));

-        i livelli di reddito e gli importi degli assegni per i nuclei con figli di cui alle lettere a) e b) nonché quelli per i nuclei familiari senza figli possono essere rimodulati ulteriormente con decreto interministeriale[63], secondo criteri analoghi a quelli adottati nella Tabella summenzionata, "anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi disponibili delle famiglie risultante dagli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni a fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche" (lettera c));

-        nel caso di nuclei familiari con più di tre figli, o soggetti equiparati, di età inferiore a 26 anni compiuti, ai fini della determinazione dell’assegno, si prendono in considerazione, oltre ai figli minori, anche i figli che abbiano già compiuto diciotto anni, ma che non ne abbiano ancora compiuto ventuno, purché siano studenti o apprendisti (lettera d));

-        gli ordinari criteri di rivalutazione dei livelli di reddito e dell'importo dell'assegno (cfr. infra) non si applicano con riferimento al 2007 e trovano nuovamente applicazione a decorrere dal 2008 (lettera e)).

 

Si ricorda che riguardo l’applicazione dell’art. 1, comma 11 sopra richiamato si sono verificate disparità di trattamento per alcuni livelli di reddito, tale da determinare, a parità di reddito del nucleo familiare, un importo inferiore dell’assegno in nuclei con almeno un figlio minore e almeno un componente inabile. Su tale questione è intervenuto il D.M. 7 marzo 2007, recante “Modalità applicative dell'articolo 1, comma 11, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di assegni familiari” il quale ha stabilito che, dal momento che la norma della legge finanziaria aveva lo scopo di fornire una maggior tutela ai nuclei familiari più bisognosi, ivi compresi i nuclei in cui sono presenti componenti inabili, al fine di sanare tale situazione di disuguaglianza, l’importo dell’assegno per i nuclei con componenti inabili debba essere quantomeno pari a quello dei nuclei equivalenti senza componenti inabili. E’ poi intervenuta la circolare n. 88 del 18 maggio 2007 dell’INPS, che ha ridefinito le tabelle relative agli assegni.

 

Il decreto interministeriale previsto dal comma in esame deve essere emanato entro il 29 febbraio 2008.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 10 maggio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazionePromuovere la solidarietà tra le generazioni” (COM(2007)244), volta ad aiutare gli Stati membri ad affrontare la sfida demografica[64].

Per aiutare i cittadini europei a conciliare più efficacemente il lavoro e la famiglia, la comunicazione richiama l’attenzione su tre settori nei quali gli Stati membri, i partners sociali e la società civile, così come la UE, possono svolgere un ruolo incisivo:

-        sostegno finanziario per affrontare i costi di mantenimento di una famiglia;

-        servizi di assistenza di qualità, sia per i bambini, sia per gli anziani dipendenti;

-        tempo di lavoro flessibile, con orari di lavoro appropriati e facilitazioni in materia di congedo.

La comunicazione ritiene che incoraggiando una risposta più efficace ai bisogni della famiglia relativi alla cura dei bambini e delle persone dipendenti ed una ripartizione più equilibrata delle responsabilità familiari e domestiche, le politiche familiari nazionali rafforzeranno la solidarietà intergenerazionale. Pur ricordando che la competenza esclusiva in materia di politiche familiari spetta agli Stati membri, la Commissione sottolinea che l’Unione può apportare un suo contributo alla loro modernizzazione; attraverso l’accento posto sull’uguaglianza tra donne e uomini e, più in generale, sulle pari opportunità, la strategia di Lisbona costituisce una cornice adatta a sostenere questa evoluzione delle politiche familiari nazionali.

Parallelamente alla comunicazione, la Commissione intende costituire il gruppo di alto livello di esperti governativi sulle questioni demografiche, volto ad assistere la Commissione nella preparazione dei rapporti e dei forum biennali sulla demografia, nell’attività di analisi e di scambio di esperienze.

 

La Commissione osserva che nell’Unione europea la spesa per le prestazioni familiari e i servizi di custodia dei bambini risulta in media pari al 2,1% del PIL, ma può variare fra lo 0,7% e il 3,9% a seconda dei paesi, con livelli piuttosto bassi nei paesi dell’Europa meridionale, che tendono a ricorrere in misura maggiore alla solidarietà nell’ambito del nucleo familiare, e livelli più elevati nei paesi nordici e continentali.

Alleanza per la famiglia

La comunicazione della Commissione “Promuovere la solidarietà tra le generazioni”, sopra citata, accoglie favorevolmente l’iniziativa di una Alleanza europea per la famiglia, annunciata dal Consiglio europeo di primavera, che servirà da piattaforma per lo scambio di conoscenze e di esperienze.

In particolare, la Commissione precisa che l’Alleanza per la famiglia costituirà una piattaforma di scambi e di conoscenze sulle politiche favorevoli alle famiglie e sulle buone pratiche degli Stati membri, destinate a rispondere alle sfide poste dal cambiamento demografico. Per costituire questa piattaforma, la Commissione intende sviluppare, dal 2007, strumenti per sistematizzare lo scambio di buone pratiche e la ricerca. Inoltre, in tale contesto, la Commissione intende stimolare la cooperazione e il partenariato tra tutte le parti interessate per favorire una migliore conciliazione tra vita professionale, familiare e privata, ricorrendo a nuovi mezzi messi a disposizione dai fondi strutturali. Infine, in occasione del terzo forum demografico previsto per il 2010, la Commissione presenterà una relazione sulle realizzazioni portate a termine nel quadro dell’Alleanza.

Il Consiglio occupazione ha adottato, nella sessione del 30 e 31 maggio 2007, conclusioni sull’importanza delle politiche favorevoli alla famiglia in Europa e sulla creazione di un’Alleanza per la famiglia.

Le conclusioni esortano gli Stati membri, in particolare, a utilizzare le possibilità offerte dai fondi strutturali europei e da altri pertinenti strumenti europei di finanziamento per assicurare l’adeguato sostegno finanziario a alle iniziative locali, regionali o nazionali a favore della famiglia, quali l’organizzazione di forum e partenariati a livello nazionale, regionale o locale volti a promuovere l’occupazione tramite una migliore conciliazione tra vita lavorativa, familiare e privata, agevolando l’accesso all’assistenza all’infanzia e all’assistenza alle persone non autosufficienti e adeguando l’organizzazione del lavoro alle esigenze della famiglia.

 

 


Articolo 10
(Trasporto pubblico locale)

 

1. Al fine di promuovere lo sviluppo del trasporto pubblico locale, nella prospettiva del processo di riforma del settore, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo di 500 milioni di euro per l'anno 2008.

2. La disponibilità del fondo di cui al comma 1 è destinata per 220 milioni di euro all'adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni al fine di garantire l'attuale livello dei servizi, ivi incluso il recupero dell'inflazione, per 150 milioni di euro per le finalità di cui al comma 1031 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per 130 milioni di euro per il finanziamento dell'articolo 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211.

3. Le risorse per l'adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni sono ripartite con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. Al Ministero dei trasporti è altresì destinata una quota pari a 4 milioni di euro a decorrere dal 2008 per la riattivazione, in via d'urgenza, dei lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti in relazione all'apertura di procedimenti tesi a riesaminare le procedure contrattuali da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee.

5. All'articolo 1, comma 1031, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:

«c-bis) per l'acquisto di elicotteri destinati ad un servizio minimo di trasporto pubblico locale per garantire collegamenti con isole minori con le quali esiste un fenomeno di pendolarismo;

c-ter) all'acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b) è riservato almeno il 50 per cento della dotazione del fondo».

6. Gli interventi finanziati, ai sensi e con le modalità della legge 26 febbraio 1992, n. 211, con le risorse di cui al comma 2, individuati con decreto del Ministro dei trasporti, sono destinati al completamento delle opere in corso di realizzazione in misura non superiore al 20 per cento. Il finanziamento di nuovi interventi è subordinato all'esistenza di parcheggi di interscambio, ovvero alla loro realizzazione, che può essere finanziata con le risorse di cui al comma 2.

7. Le modalità di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, si applicano anche alle risorse di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47.

8. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, spetta una detrazione dall'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento per un importo delle spese stesse non superiore a 250 euro. La detrazione spetta sempreché le spese stesse non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. La detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12.

L’articolo 10, al comma 1, istituisce, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, un fondo per lo sviluppo del trasporto pubblico locale, con una dotazione di 500 milioni di euro per l'anno 2008. Il fondo è destinato a sostenere il processo di riforma del settore.

 

La riforma dei trasporti pubblici locali (TPL) è stata avviata dal D.Lgs. n. 422/1997, successivamente modificato ed integrato dal D.Lgs. 400/1999 e da ulteriori disposizioni. A tale revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59.

Il D.Lgs. 422/1997 ha disciplinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale ed ha fissato i criteri di organizzazione dei servizi medesimi.

Le funzioni delegate alle regioni riguardano l'intero comparto del servizio di trasporto, comprese le ferrovie di interesse regionale e locale. Le competenze conferite sono essenzialmente di carattere programmatorio, amministrativo e finanziario.

Al conferimento e all’attribuzione delle relative risorse si provvede, previo accordo di programma tra Ministero dei trasporti e regione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i Ministri interessati ed il Ministro del tesoro. E’ demandata ad apposite leggi regionali la puntuale individuazione delle funzioni conferite.

La regione è dunque individuata come unico soggetto regolatore di tutto il comparto. Ad essa è attribuita una doppia responsabilità, pianificatoria e finanziaria. In ossequio al principio di sussidiarietà, le regioni sono peraltro tenute a conferire a province, comuni ed enti locali le funzioni in materia di trasporto pubblico locale che non richiedano un unitario esercizio a livello regionale; gli enti locali godono peraltro di competenza residuale.

 

Il comma 2 ripartisce la disponibilità del fondo di cui al comma 1 destinando:

§       220 milioni di euro all’adeguamento dei trasferimenti statali alle regioni per garantire l’attuale livello dei servizi, ivi incluso il recupero dell’inflazione;

§       150 milioni di euro al fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, istituito dall’art. 1, comma 1031 della legge finanziaria 2007;

§       130 milioni di euro al finanziamento dei contributi alle operazioni di mutuo contratte, da enti locali e soggetti attuatori, per la realizzazione degli interventi contemplati dalla medesima legge in vista dello sviluppo, nelle aree urbane, dei sistemi di trasporto pubblico ed in particolare dei sistemi di trasporto rapido di massa e di tranvie veloci, contributi previsti dall’art. 9 della legge 26 febbraio 1992, n. 211.

Il comma 3 dispone che alla ripartizione dei 220 milioni di euro, destinati dal comma 2 all’adeguamento dei trasferimenti statali, si provvede con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome.

 

Il comma 4 destina, a decorrere dal 2008, 4 milioni di euro al Ministero dei trasporti, affinché possano essere riattivati, in via d’urgenza, i lavori di realizzazione di sistemi innovativi di trasporto in ambito urbano, interrotti all’apertura di procedimenti tesi al riesame, da parte della Corte di giustizia europea, delle procedure contrattuali.

 

Il comma 5 integra l’articolo 1, comma 1031, della legge finanziaria 2007, disponendo che il fondo istituito per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, sia finalizzato anche all’acquisto di elicotteri destinati a garantire collegamenti con isole minori interessate da fenomeni di pendolarismo.

 

L’articolo 1 comma 1031 della legge 296/2006 istituisce un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale, il cui ammontare è fissato in 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, finalizzato a:

-          realizzare una migliore correlazione tra lo sviluppo economico, assetto territoriale e organizzazione del trasporti;

-          favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani attraverso il miglioramento del servizio offerto dal trasporto pubblico locale.

Il fondo è destinato, nella misura massima del 75 per cento, all’acquisto di:

a)       veicoli ferroviari per l’espletamento dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a. e dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale in concessione a F.S. S.p.a., di cui, rispettivamente agli articoli 8 e 9 del D.Lgs. 422/1997;

b)       veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;

c)       autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.

 

Il medesimo comma stabilisce inoltre un vincolo di utilizzo delle risorse del fondo, riservandone almeno il 50 per cento all'acquisto dei veicoli di cui alle lettere a) e b).

 

Il comma 6 destina le risorse di cui al comma 2 (130 milioni di euro per il finanziamento dei contributi previsti dall’art. 9, legge 26 febbraio 1992, n. 211, alle operazioni di mutuo contratte da enti locali e soggetti attuatori per lo sviluppo, nelle aree urbane, dei sistemi di trasporto pubblico ed in particolare dei sistemi di trasporto rapido di massa e di tranvie veloci):

§       al completamento delle opere in corso di realizzazione, in misura non superiore al 20 per cento;

§       al finanziamento di nuovi interventi, subordinatamente all’esistenza di parcheggi di interscambio ovvero alla loro realizzazione, finanziabile con le medesime risorse.

 

Il comma 7 dispone che l'assegnazione delle risorse destinate al finanziamento del rinnovo del contratto di lavoro nel settore del trasporto pubblico locale dall’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355[65], avvenga secondo le modalità stabilite dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16[66], per la ripartizione di risorse destinate al rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale 2004-2007.

 

In applicazione dell'intesa sottoscritta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri tra i rappresentanti delle associazioni datoriali ed i sindacati in data 18 novembre 2004, l’art. 1 comma 3 del D.L. 16 del 2005, ha previsto che le risorse stanziate dall’articolo 1, comma 2 (260 milioni di euro annui a decorrere dal 2005) per il finanziamento della spesa relativa al rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale 2004-2007 del trasporto pubblico locale, sono assegnate a regioni e province autonome con decreto del Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministro dell'economia, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni: la ripartizione è effettuata con riferimento alla consistenza del personale in servizio alla data del 30 novembre 2004 presso le aziende di trasporto pubblico locale. Le spese sostenute dagli enti territoriali per la corresponsione alle aziende di trasporto pubblico locale degli importi derivanti dal rinnovo del primo biennio (anni 2004-2005) del contratto collettivo nazionale sono escluse dal patto di stabilità interno.

L'articolo 1, comma 1231 della legge finanziaria 2007, ha novellato il comma 3 in esame, aggiungendo alle aziende di trasporto pubblico locale anche le aziende ferroviarie limitatamente a quelle che applicano il contratto autoferrotranvieri di cui all’articolo 23 del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355 - alla data del 30 novembre 2004.

 

Il comma 8 contiene una disposizione di carattere fiscale, prevedendo che spetta una detrazione dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2008 per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale, fino a concorrenza del suo ammontare, nella misura del 19 per cento e per un importo non superiore a 250 euro.

La detrazione spetta purché le medesime spese non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo; la detrazione spetta anche se la spesa è stata sostenuta nell’interesse delle persone a carico (indicate nell’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi DPR 917/1986) che si trovino nelle condizioni indicate nel comma 2 del medesimo articolo 12 – che abbiano cioè un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.

La relazione tecnica precisa che la legislazione vigente non prevede la detraibilità delle spese in oggetto e valuta un effetto di gettito negativo di 93 milioni di euro, in termini di competenza, per l'anno 2008 e, in termini di cassa, pari a -163 milioni di euro nel 2009 e +70 milioni di euro nel 2010.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Mobilità urbana sostenibile

Il 25 settembre 2007 la Commissione europea ha adottato un libro verde[67] dal titolo "Verso una nuova cultura della mobilità urbana" (COM(2007)551) con il quale avvia una consultazione pubblica, che si concluderà il 15 marzo 2008, al fine di individuare le misure intese a favorire una mobilità urbana sostenibile. Sulla base dei risultati della consultazione, essa intende elaborare, nell’autunno del 2008, un piano d'azione sulla mobilità urbana che contempli una serie di azioni da intraprendere a livello comunitario, nazionale, regionale e locale, con il coinvolgimento anche delle imprese e dei cittadini.

Il libro verde effettua un’analisi della situazione dell'ambiente e della mobilità urbana nell'UE, riconoscendo che si tratta di problemi di carattere locale, la cui soluzione richiede, tuttavia, un intervento a tutti i livelli; in tale contesto l’UE, in particolare, dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento, proponendo azioni in materia di scambio delle migliori prassi, definizione di norme comuni o armonizzazione, concessione di contributi finanziari, promozione della ricerca e semplificazione della legislazione.

L’obiettivo finale è quello di sviluppare una nuova mobilità urbana basata sull'ottimizzazione di tutte le modalità di trasporto e la promozione della co-modalità (vale a dire l’uso efficiente dei vari modi di trasporto singolarmente o in combinazione tra di loro) tra il trasporto pubblico e privato.

Sulla base delle suddette valutazioni, il libro verde individua una serie di misure riconducibili a cinque settori prioritari di intervento:

-   la riduzione della congestione mediante la promozione della co-modalità, il ricorso a modalità di trasporto alternative all'auto privata quali i mezzi pubblici, il car-sharing, migliori collegamenti tra i vari modi di trasporto, l'adozione di sistemi intelligenti per la gestione del traffico, l’aumento dei parcheggi ed una contestuale riduzione delle tariffe, la costruzione di nuove infrastrutture ed un migliore utilizzo di quelle già esistenti. Il documento suggerisce, inoltre, di valutare l’opportunità di istituire un sistema di “etichettatura” per le città pioniere nella lotta contro la congestione;

-   la riduzione dell'inquinamento al fine di contribuire al raggiungimento dell'obiettivo di ridurre entro il 2020 del 20%, rispetto al 1990, le emissioni di gas ad effetto serra e di portare a 120g/km le emissioni di CO2 entro il 2012. Secondo la Commissione, il conseguimento di tali obiettivi richiede una serie di interventi, anche mediante la concessione di incentivi fiscali, fra cui un maggiore ricorso a mezzi di trasporto pubblici più rispettosi dell'ambiente, quali tram e metropolitane; la promozione delle attività di ricerca nel settore delle tecnologie pulite, del risparmio energetico e dei carburanti alternativi. Il libro verde ricorda, infine, che nell’ambito della politica in materia di aiuti di Stato la Commissione si è impegnata a prendere in considerazione i benefici per l’ambiente degli investimenti a favore dei trasporti puliti e la necessità di un trasferimento verso modalità di trasporto meno inquinanti;

-   la promozione di trasporti urbani intelligenti per garantire una gestione più efficiente della mobilità urbana, migliorando le informazioni relative al traffico. In questo contesto il libro verde suggerisce: di prendere in considerazione la possibilità di ricorrere ai sistemi di navigazione satellitare quali GALILEO[68] ai fini della gestione dei dati relativi al traffico e agli spostamenti; di applicare i sistemi di pedaggio intelligenti per garantire l'interoperabilità tra i vari modi di trasporto, tra le diverse zone di una stessa area urbana e tra diverse aree urbane, differenziando le tariffe in funzione del momento e del target; di sviluppare sistemi integrati che combinino una pianificazione intelligente degli itinerari, sistemi di aiuto ai conducenti, veicoli intelligenti ed interazioni fra le infrastrutture;

-   una migliore accessibilità ai trasporti urbani, soprattutto per alcune categorie di utenti, quali le persone a mobilità ridotta, i disabili, gli anziani ed i bambini, prendendo in considerazione anche l’opportunità di elaborare una carta europea dei diritti e degli obblighi degli utenti dei trasporti pubblici. Al fine di perseguire questo obiettivo il libro verde considera prioritario migliorare la qualità delle infrastrutture urbane e dei collegamenti sia all'interno delle città sia con le aree limitrofe, le stazioni, i porti e gli aeroporti, riflettendo anche sulla necessità di istituire corsie preferenziali per i trasporti pubblici;

-   il rafforzamento della sicurezza del trasporto urbano soprattutto al fine di tutelare gli utenti più vulnerabili della strada quali i ciclisti, i pedoni, le donne, i bambini e le persone anziane.

Il libro verde, inoltre, prospetta interventi sul fronte della formazione e dell’educazione al fine di rafforzare, tra l’altro, le competenze dei professionisti della mobilità urbana e sottolinea la necessità di migliorare le conoscenze e la raccolta di dati anche mediante la creazione di un osservatorio per la mobilità urbana.

Per quanto riguarda le risorse finanziarie necessarie per realizzare le priorità individuate, il libro verde ricorda che sono previsti cofinanziamenti a favore di interventi nel settore del trasporto urbano e del trasporto pubblico nell’ambito degli strumenti della politica di coesione per il periodo 2007-2013 (fondo europeo di sviluppo regionale e fondo di coesione) che dispongono complessivamente di una dotazione finanziaria pari a circa 8 miliardi di euro, a cui si aggiungono 9,5 miliardi destinati a progetti integrati di sviluppo urbano e rurale che possono comprendere anche investimenti nel settore dei trasporti. A tale contributo si aggiungono i prestiti erogati dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), circa 2,5 miliardi di euro all’anno, destinati alla realizzazione di progetti nel settore del trasporto urbano. Il documento ricorda, inoltre, che il settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico – istituito con la decisione n. 1982/2006/CE - sostiene attività nel settore della mobilità urbana, degli aspetti energetici dei trasporti, del trasporto urbano pulito e della mobilità sostenibile e che, nell’ambito di tale programma, è stata avviata l’iniziativa CIVITAS[69]. Il libro verde, infine, sottolinea la necessità che tutti gli attori, compresi gli utenti, e a tutti i livelli concorrano alla realizzazione delle misure in materia di mobilità urbana; fra le possibili misure intese a favorire il raggiungimento di questo obiettivo la Commissione annovera, tra l’altro, la promozione del partenariato pubblico-privato e l’utilizzo degli introiti derivanti dai parcheggi e dalla tariffazione stradale urbana per finanziare le misure in materia di trasporto urbano.

Le questioni connesse al trasporto urbano sono, inoltre, affrontate nell’ambito di una comunicazione del 22 giugno 2006 dal titolo “Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314), intesa ad effettuare un esame intermedio delle misure contenute nel libro bianco sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370).

La Commissione traccia un quadro della situazione attuale nel settore del trasporto urbano dal quale risulta, tra l’altro, che i trasporti urbani producono il 40% delle emissioni globali di CO2 generate dal trasporto stradale e che tale modalità di trasporto è confrontata a notevoli problemi in termini di sicurezza e di congestione. In tale contesto si sottolinea l’importanza di assicurare un livello elevato di mobilità per i cittadini e le imprese in tutta l’UE, dissociandola tuttavia dalle conseguenze negative da essa prodotte quali la congestione, l’inquinamento e gli incidenti.

La comunicazione sottolinea che spetta alle singole città promuovere iniziative al fine di dare soluzione a questi problemi, e ricorda a tale proposito l’esperienza positiva di alcune città quali Atene, Londra e Stoccolma che hanno adottato politiche per una mobilità sostenibile basate essenzialmente sulla promozione di modalità di trasporto alternative al trasporto in auto. L’UE, dal canto suo, continua ad adoperarsi al fine di promuovere gli studi e lo scambio delle migliori prassi a livello comunitario in settori quali le infrastrutture di trasporto, la regolamentazione, la gestione della congestione e del traffico, i servizi pubblici di trasporto, la tassazione delle infrastrutture, la pianificazione urbana, la sicurezza, la protezione e la cooperazione con le regioni limitrofe. La Commissione ritiene, inoltre, che sia necessario valutare se esistono ostacoli alla politica in materia di trasporto urbano a livello comunitario ed individuare le situazioni in cui esiste un consenso favorevole allo sviluppo di soluzioni congiunte, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

Strategia tematica per l’ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718), destinata a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee mediante una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitarie in materia ambientale. La strategia propone una serie di azioni tra cui l’adozione di orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile, basati sull’esperienza acquisita dalle città, sui pareri degli esperti e sui risultati delle ricerche, al fine di favorire la piena attuazione della legislazione comunitaria.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro: chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città, con le loro politiche, possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, e di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento (che dovranno essere definiti nell’ambito della politica di coesione, vedi infra) per affrontare i problemi dell'ambiente urbano, come pure le opportunità nell'ambito del regolamento e dei fondi LIFE+ (istituito dal regolamento (CE) n. 614/2007); incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare i fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia sull’ambiente urbano, la quale, fra l’altro, contiene raccomandazioni ed orientamenti specifici al fine di promuovere un trasporto urbano sostenibile. Nella risoluzione approvata il PE, in particolare:

-   insiste sul fatto che la Commissione, d’intesa con le autorità nazionali, debba incitare tutti gli agglomerati con popolazione superiore a 100.000 abitanti ad elaborare un piano di gestione urbana sostenibile (PGUS) e un piano di trasporti urbani sostenibili (PTUS). A tale proposito sottolinea la necessità che i PTUS siano utilizzati in modo flessibile al fine di tenere in debita considerazione le esigenze specifiche di ogni Stato membro e delle singole aree urbane nonché le necessità delle regioni interessate da vincoli specifici;

-   sottolinea che i PTUS dovrebbero contenere obiettivi concreti e quantificabili che possano essere presentati e controllati mediante un quadro di valutazione, anche al fine di migliorare la diffusione delle buone prassi tra gli Stati membri;

-   ritiene che i PTUS debbano comprendere strumenti attraverso i quali le autorità locali possano promuovere i trasporti pubblici e lo sviluppo di infrastrutture di trasporto pubblico, e diffondere informazioni sugli esempi da seguire, come l'introduzione di sistemi integrati di tariffe e biglietteria;

-   invita le amministrazioni comunali a fare sistematicamente riferimento a criteri di sostenibilità nei loro bandi di appalti pubblici e ad includere nei PGUS impegni in tal senso;

-   ritiene che l'utilizzazione di modi di trasporto e di tecnologie ecologici costituisca un fattore chiave per ottenere un ambiente urbano più pulito e sottolinea, a tale riguardo, la necessità di incentivare l’uso di autotreni e di autobus conformi alle norme comunitarie in materia di autoveicoli più ecologici, con particolare riferimento alla direttiva 2005/55/CE sull’emissione di inquinanti gassosi e di particolato. In tale contesto il PE intende prestare particolare attenzione alla proposta della Commissione per l'introduzione di mezzi di trasporto pubblici puliti e propone di assegnare alle agenzie locali che si occupano di efficienza energetica un settore di attività specifico che riguarda i trasporti urbani;

-   sostiene lo sviluppo dei trasporti pubblici che utilizzano fonti di energia sostenibili e sollecita la creazione di un equilibrio migliore tra trasporti individuali e collettivi nelle aree urbane;

-   sottolinea la necessità di promuovere un maggiore utilizzo dei trasporti pubblici e collettivi nelle aree urbane e di orientare i servizi di trasporto urbano in funzione dei requisiti della pianificazione spaziale, delle necessità dei cittadini e dei mutamenti demografici (anziani, disabili, ecc.);

-   chiede agli Stati membri di compiere sforzi, d'intesa con le amministrazioni locali, per far passare almeno il 5% di passeggeri/km dall'automobile privata a metodi di trasporto intraurbano sostenibili, come il trasporto pubblico, entro il periodo 2002-2012.

Politica di coesione 2007-2013

Gli aspetti urbani sono affrontati altresì nell’ambito della politica di coesione la cui disciplina è contenuta nei regolamenti relativi ai fondi strutturali nel periodo di programmazione 2007-2013[70]. I regolamenti stabiliscono, in particolare, la concentrazione degli interventi strutturali su tre nuovi obiettivi: convergenza, competitività ed occupazione regionale e cooperazione territoriale.

In questo nuovo quadro legislativo, il campo di intervento delle iniziative comunitarie relative al periodo 2000-2006, tra cui URBAN[71], sarà integrato nelle priorità dei suddetti nuovi obiettivi. In particolare il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), i cui interventi saranno concentrati sugli obiettivi “Competitività e occupazione regionale” e “Cooperazione territoriale”, riserverà una particolare attenzione alle specificità territoriali delle zone urbane, soprattutto quelle relative alle cittadine di medie dimensioni il cui ruolo nel promuovere lo sviluppo regionale sarà valorizzato mediante aiuti alla riqualificazione urbana.

Il 18 agosto 2006 il Consiglio ha adottato una decisione sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione[72], che con riferimento alle zone urbane, prevedono interventi intesi a potenziare le infrastrutture di trasporto, segnatamente gli investimenti nei collegamenti secondari nell’ambito di una strategia regionale integrata per i trasporti e le comunicazioni nelle zone urbane e rurali, e nella promozione di reti di trasporto sostenibili dal punto di vista ambientale. Al fine di completare i suddetti orientamenti strategici, il 13 luglio 2006, la Commissione ha adottato la comunicazione “La politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all’occupazione all’interno delle regioni” (COM(2006)385). Il documento propone l’elaborazione di un approccio integrato che deve agire non soltanto a favore della crescita e dell’occupazione, ma anche perseguire obiettivi sociali ed ambientali. Tale approccio mira ad agire su alcuni aspetti specifici della dimensione urbana e, in particolare, a rafforzare l’attrattiva delle città, facendo leva, tra l’altro, su trasporti.

Il Quadro strategico nazionale dell’Italia 2007-2013, approvato dalla Commissione europea con decisione del 13 luglio 2007, prevede nell’ambito della priorità 6 “Reti e collegamenti per la mobilità”, l’obiettivo “Promuovere la mobilità urbana sostenibile e la logistica urbana” nonché l’obiettivo “Favorire la connessione delle aree produttive e dei sistemi urbani alle reti principali, le sinergie tra i territori e i nodi logistici e l’accessibilità delle aree periferiche: migliorare i servizi di trasporto a livello regionale e promuovere modalità sostenibili”.

 

 


Articolo 14, comma 4
(Contrasto all’immigrazione clandestina)

 

4. Per le esigenze di rafforzamento dell'attività di contrasto all'immigrazione clandestina, è autorizzata, a favore del Ministero dell'interno, la spesa di 9,1 milioni di euro per l'anno 2008, 19,1 milioni di euro per l'anno 2009 e 17,5 milioni di euro per l'anno 2010. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede, quanto a 12 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro per l'anno 2010, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge e, per la restante parte, pari a 9,1 milioni di euro per l'anno 2008, 7,1 milioni di euro per l'anno 2009 e 1,5 milioni di euro per l'anno 2010, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

 

Il comma 4 dell’articolo 14 autorizza per il triennio 2008-2010 una spesa differenziata per ciascun anno a favore del Ministero dell’interno da utilizzare per il rafforzamento dell’attività di contrasto all’immigrazione clandestina.

A tal fine sono autorizzate per il 2008 la spesa di 9,1 milioni di euro; per il 2009 di 19, 1 milioni di euro; per il 2010 di 17,5 milioni di euro.

Gli oneri derivanti da tale impegno sono reperiti come segue:

§      12 milioni per il 2009 e 16 milioni per il 2010 a valere sulle maggiori entrate derivanti da quanto disposto dalle disposizioni dello stesso art. 14 e della legge finanziaria nel suo complesso;

§      9,1 milioni di euro previsti per il 2008, i restanti 7,1 milioni di euro della spesa prevista per il 2009 e i restanti 1,5 milioni di euro per il 2010 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 3, co. 151, della legge finanziaria 2004[73].

 

Il comma citato istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'amministrazione, con una dotazione, a decorrere dall'anno 2004, di 100 milioni di euro. La ripartizione tra le varie unità previsionali di base è demandata a decreti del Ministro dell'Interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche:

-          al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio;

-          alle competenti Commissioni parlamentari;

-          alla Corte dei conti.

Procedure di contenzioso

Il 27 giugno 2007 la Commissione europea ha inviato un parere motivato[74] all’Italia ritenendo che la legislazione nazionale che disciplina le condizioni per l’esercizio delle attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali non sia compatibile con le regole ed i principi del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (articoli 43 e 49 del Trattato).

In particolare la Commissione ricorda che il decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446 (che, tra l’altro, riordina la disciplina dei tributi locali) riserva la prestazione dei servizi di accertamento e riscossione relative ai tributi in questione – nonché la possibilità di partecipare alle procedure concorsuali per l’affidamento di tali servizi – a determinate società pubbliche o società miste pubblico-private, istituite dalla legge italiana, ed anche a soggetti iscritti in un albo speciale. Il decreto ministeriale dell’11 settembre 2000, n. 289 ha successivamente stabilito quali condizioni debbano essere soddisfatte ai fini della predetta iscrizione. La Commissione ritiene che alcune condizioni prescritte per l’iscrizione all’albo siano discriminatorie e che – in ogni caso – l’obbligo di iscrizione in un albo abbia effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi. La Commissione ritiene inoltre che le informazioni fornite dalle autorità italiane non hanno dimostrato che tali restrizioni sono giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico.

Di conseguenza, la Commissione considera che le disposizioni sopra citate, riservando la possibilità di esercitare le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali ad alcuni soggetti di natura pubblica o mista e agli operatori iscritti all’albo, determinino una restrizione ingiustificata della libera prestazione dei servizi, in contrasto con gli articoli 43 e 49 del trattato CE.

 

 


Articolo 20
(Norme per limitare i rischi degli strumenti finanziari
sottoscritti dagli enti territoriali)

 

1. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, sono informati alla massima trasparenza contrattuale.

2. I contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono recare le informazioni ed essere redatti secondo le indicazioni specificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca d'Italia. Il Ministero dell'economia e delle finanze verifica la conformità dei contratti ai modelli di cui al predetto decreto.

3. La regione o l'ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione dei rischi e delle caratteristiche dello strumento proposto.

4. Il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell'efficacia dei contratti.

Premessa

L’articolo 20 in esame pone norme per limitare i rischi insiti nei contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti dagli enti pubblici territoriali.

La diffusione degli strumenti finanziari derivati è fenomeno recente, che s’inquadra nell’elaborazione di strategie finanziarie volte a permettere ai soggetti operanti sul mercato di garantirsi da rischi finanziari connessi alla loro attività o di realizzare una gestione attiva dell’indebitamento, adeguandolo all’evoluzione delle condizioni di mercato per fruire delle opportunità derivanti dalle oscillazioni dei tassi d’interesse.

Un accorto impiego di questi strumenti può consentire infatti di modificare le caratteristiche del debito esistente, ristrutturandolo in maniera conveniente e riducendo per conseguenza l’esposizione complessiva, senza estinguerlo anticipatamente o rinegoziarne le condizioni (operazioni che possono essere in talune circostanze onerose o impossibili).

 

Ad esempio, attraverso un contratto di interest rate swap è possibile ottenere su un debito a tasso d’interesse fisso effetti corrispondenti all’applicazione di un tasso variabile, o viceversa, ovvero mutare l’indice di riferimento per un debito contratto a tasso d’interesse variabile, o, ancora, modificare i tempi di pagamento degli interessi o del capitale.

 

L’operazione può servire per ristrutturare l’intero debito pregresso oppure quote di esso, ad esempio per diversificarne le caratteristiche in modo da ridurre il rischio complessivo. La diversificazione può riferirsi a tre elementi: tipo d’indicizzazione (tasso fisso o variabile con differenti indici); scadenza (breve, media, lunga); divisa (valuta nazionale o estera)[75].

Le descritte operazioni finanziarie possono risultare per converso svantaggiose qualora le scelte operate si fondino su un’analisi erronea.

Può infatti verificarsi che le scelte compiute non siano corrispondenti alla struttura di attività e passività del bilancio del soggetto che le compie, sia perché invece di diversificare la struttura del debito ne accentuino gli squilibri, sia perché nel determinare le date per la regolazione periodica dei flussi di pagamento non siano stati adeguatamente considerati gli andamenti di cassa delle parti (con conseguente rischio di mancanza di liquidità).

I rischi tipici di queste operazioni sono il rischio legato alle variazioni di valore degli indici di riferimento o delle attività sottostanti, e il rischio di credito[76].

L’applicazione di queste tecniche alla finanza degli enti territoriali è assai recente, poiché in precedenza l’indebitamento di essi consisteva in mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti (a tasso fisso) o con istituti bancari (a tassi stabiliti entro i limiti massimi fissati dall’autorità di Governo). L’esigenza di una gestione più attenta e responsabile del debito di questi enti, con la cessazione di talune forme di sostegno a carico della finanza statale, ha imposto la ricerca di finanziamenti a condizioni di mercato. In questo contesto si è sviluppato l’impiego delle emissioni obbligazionarie, le cui condizioni dipendono dall’andamento del mercato e dal merito di credito degli enti emittenti, per il quale può rendersi necessario il rilascio di un rating da parte delle agenzie specializzate.

Nel medesimo quadro, la dottrina ha segnalato le opportunità che potevano sorgere anche in favore degli enti locali dall’impiego di strumenti innovativi di finanza derivata, in relazione alle caratteristiche della loro gestione finanziaria[77].

 

Sulle problematiche relative al collocamento di strumenti finanziari derivati la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati sta conducendo una serie di audizioni informali. Da ultimo, nella seduta del 15 novembre 2007, si è tenuta l’audizione dei rappresentanti dell’Unione delle Province d’Italia (UPI) e dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI).

L'impiego di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali

Nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali, contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’articolo 205 autorizza gli enti locali a contrarre prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.

L’emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali è disciplinata dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1995), e dal regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.

La disciplina consente a regioni, province, comuni e unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane e consorzi tra enti locali territoriali di deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti[78]. È esplicitamente previsto il divieto di finanziare spese di parte corrente.

Per quanto riguarda le regioni, la legge n. 724 del 1994 rinvia alla disciplina contenuta nell'articolo 10 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in base alla quale la facoltà di emettere titoli obbligazionari deve essere esercitata mediante apposita legge regionale di autorizzazione entro precisi limiti quantitativi e contabili.

 

Il regolamento, oltre a determinare le caratteristiche dei titoli obbligazionari e i criteri e le procedure che gli enti emittenti sono tenuti ad osservare per la raccolta del risparmio[79], definisce altresì l'ammontare delle commissioni di collocamento da corrispondere agli intermediari autorizzati e i criteri di quotazione sul mercato secondario.

 

Relativamente alle emissioni in valuta, l’articolo 2 del medesimo regolamento emanato con il decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420, prescrive la copertura del rischio di cambio mediante una corrispondente operazione di swap che trasformi, per l'emittente, l'obbligazione in valuta estera in un'obbligazione in valuta nazionale, senza introdurre elementi di rischio. L'operazione dovrà essere effettuata da intermediari di provata affidabilità ed esperienza nel settore, con riferimento anche alla valutazione loro assegnata dalle maggiori agenzie di rating.

 

Il comma 1 dell'articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica, ha conferito al Ministero dell'economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all'accesso al mercato dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni[80].

I commi 2 e 3 hanno modificato la disciplina dell'emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.

 

In particolare, il comma 2 – diversamente da quanto indicato dalla legislazione previgente, informata ad un sistema di ammortamento con rimborso graduale di quote di capitale e interessi – ha previsto la possibilità di emettere titoli obbligazionari e di contrarre mutui con rimborso in un'unica soluzione alla scadenza (c.d. struttura bullet). In questo caso l’ente territoriale, al momento dell'emissione o dell'accensione, dovrà costituire un fondo di ammortamento del debito (sinking fund) reinvestibile, ovvero concludere operazioni di swap per l'ammortamento del debito (amortizing swap), in base alle quali l'ente s’impegna a pagare rate di ammortamento e la controparte a corrispondere rate d’interesse più il capitale alla scadenza.

Questi metodi tendono, tra l'altro, a garantire una maggiore flessibilità alle politiche di spesa e una più efficiente comparabilità finanziaria dei BOC con altri strumenti d’investimento. La disposizione contiene l’espresso riferimento a strumenti finanziari derivati, il cui impiego viene così ad essere previsto nella finanza degli enti locali.

 

Il comma 3 ha abrogato il primo periodo del comma 6 dell’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonché l’articolo 3 del regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420[81].

 

Varie disposizioni sono contenute nel regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389[82].

Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004[83]. Dettagliate indicazioni sono fornite circa le tipologie di operazioni derivate ammesse. Oltre agli swap di tasso di cambio a copertura del rischio di cambio nel caso di indebitamento in valuta, sono quelle espressamente indicate nelle lettere da a) a d) dell’articolo 3, comma 2, del regolamento, da intendersi nella forma «plain vanilla»[84].

Non sono ammessi gli strumenti derivati che contengono leve o moltiplicatori dei parametri finanziari (ad esempio, pagare due volte il tasso Euribor), né operazioni derivate riferite ad altre operazioni derivate preesistenti, in base alla considerazione che nessun derivato è configurabile come una passività.

 

Nel caso in cui si verifichi una variazione della passività sottostante ad un derivato, ad esempio perché è stata rinegoziata o convertita oppure perché ha raggiunto un ammontare inferiore a quanto inizialmente previsto, la posizione nello strumento derivato può essere riadattata sulla base di condizioni che non determinino una perdita per l'ente; solo nel caso in cui l'ente ritenga di dover chiudere la posizione nello strumento derivato è ammissibile la conclusione di un derivato uguale e di segno contrario con un'altra controparte.

 

Per la determinazione del rischio di credito degli intermediari valgono le stesse regole indicate in relazione ai fondi e agli swap d’ammortamento.

 

Infine, atteso il rischio inerente all'attività in derivati, la circolare raccomanda agli enti di fare altresì riferimento alle norme del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998 e successive modificazioni (in particolare articoli da 25 a 31) e al "Documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari" ad esso allegato.

Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2007

I commi da 736 a 738 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) contengono disposizioni in materia di indebitamento degli enti locali tramite utilizzo di strumenti derivati.

 

In materia sono intervenute le circolari esplicative del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007, pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007 e 22 giugno 2007, n. 6301, pubblicata in G.U. n. 151 del 2 luglio 2007.

 

Il comma 736 è diretto a ridurre l’utilizzo, da parte di regioni ed enti locali[85], di strumenti finanziari derivati per le operazioni di gestione del debito.

Il comma in esame afferma che le operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati effettuate da regioni e enti locali devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato. È stabilito inoltre che le suddette operazioni possono essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al rischio di credito assunto.

I commi 737 e 738 introducono obblighi di comunicazione a carico delle regioni e degli enti locali che pongono in essere operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati.

Ai sensi del comma 737, che introduce i commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), le regioni e gli enti locali, prima della sottoscrizione di contratti relativi alle operazioni sopra indicate, devono trasmetterli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del Tesoro. La trasmissione è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti stessi. Sono espressamente confermate le disposizioni di cui al citato D.M. n. 389 del 2003 in materia di controllo sull’andamento delle operazioni. La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2007.

L’articolo 1 del D.M. n. 389 del 2003, concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali e delle regioni, prevede che tali soggetti comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.

Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR.

Il nuovo comma 2-ter stabilisce che le operazioni di cui al nuovo comma 2-bis (operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati) che vìolano la vigente normativa sono comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.

 

Il comma 738 stabilisce che gli enti tenuti alle comunicazioni di cui al citato articolo 41 della legge n. 448 del 2001 debbono conservare, per almeno cinque anni, elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette all’obbligo di comunicazione. L’organo di revisione dell’ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento dell’obbligo da parte degli enti vigilati.

 

Gli obblighi di comunicazione a carico di regioni ed enti locali, previsti dal citato articolo 41, sono quelli di cui nuovo comma 2-bis, introdotto dal precedente comma 737, e l’obbligo di comunicare periodicamente al Ministero dell’economia i dati relativi alla propria situazione finanziaria, al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di vigilare sugli andamenti di finanza pubblica.

Le disposizioni recate dall’articolo 20 in esame

L’articolo 20 in esame ha riguardo ai contratti su strumenti finanziari e a contratti su strumenti finanziari derivati[86].

Il comma 1 dell’articolo 20 in esame dispone che i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono essere informati alla massima trasparenza contrattuale.

 

Si rileva che l’espressione “massima trasparenza contrattuale” risulta eccessivamente generica, in quanto non fornisce alcun parametro di valutazione né alcun criterio di orientamento ai fini della redazione del decreto ministeriale di attuazione previsto dal successivo comma 2.

 

Il comma 2 dell’articolo 20 in esame demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite la Consob e la Banca d’Italia, il compito di indicare le informazioni che devono recare i contratti su strumenti finanziari, anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali nonché il compito di specificare le indicazioni secondo le quali tali contratti devono essere redatti.

 

Si rileva che la norma non indica il termine entro cui deve essere emanato il decreto.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze sarà quindi tenuto a verificare la conformità dei contratti ai modelli di cui al predetto decreto ministeriale.

 

Il comma 3 dell’articolo 20 in esame stabilisce che la regione o l’ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario deve attestare espressamente di aver preso piena considerazione:

a) dei rischi dello strumento proposto;

b) delle caratteristiche dello strumento proposto.

 

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 in esame, il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti.

La norma di chiusura recata dal comma 4 in esame parrebbe significare - qualificando il rispetto di quanto previsto ai commi 2 e 3 in termini di “elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti” - che il contratto stipulato tra l’ente territoriale e la sua controparte avente ad oggetto strumenti finanziari anche derivati non deve ritenersi nullo ovvero annullabile anche ove non siano rispettate le disposizioni recate dai commi 3 e 4.

Il mancato rispetto di tali norme impedirebbe, infatti, soltanto il dispiegarsi dell’efficacia del contratto.

Pertanto, un adeguamento successivo dell’ente territoriale alle prescrizioni recate dai commi 2 e 3 consentirebbe al contratto, di per sé valido, di produrre anche gli effetti suoi propri.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

Il 22 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva[87] che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione stessa secondo le procedure di comitatologia[88]

La direttiva reca infatti alcune clausole di delega alla Commissione per l’adozione di misure esecutive di carattere tecnico nel quadro del cd. metodo Lamfalussy[89]

Si tratta, nello specifico, di misure intese ad adeguare le definizioni o a modificare la portata delle esenzioni, ad approfondire o a completare le disposizioni della direttiva concernenti i requisiti di organizzazione o le condizioni di esercizio che si applicano alle imprese di investimento o agli enti creditizi, nonché ad aggiungere disposizioni di dettaglio riguardanti gli obblighi di trasparenza pre e post-negoziazione che si impongono alle diverse sedi di negoziazione contemplate dalla direttiva

In particolare, la proposta prevede che tali competenze siano esercitate secondo la procedura di regolamentazione con controllo[90] anziché, come attualmente stabilito, secondo la procedura di regolamentazione. In tal modo si intende adeguare la direttiva vigente alle modifiche apportate dalla decisione n. 2006/512/CE alla decisione n. 1999/468/CE, recante la disciplina delle procedure di comitatologia.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 14 novembre 2007.

Nell’esercizio dei poteri di attuazione ad essa delegati dalla direttiva 2004/39 (secondo livello del processo decisionale Lamfalussy) la Commissione ha pubblicato, il 13 marzo 2007, il mandato al Comitato europeo dei regolatori del mercato mobiliare (CESR) per l’espressione del parere sulle misure esecutive della medesima direttiva concernenti la negoziazione dei prodotti derivati.

Sulla base di tale parere, la Commissione predisporrà un progetto di misure esecutive che sarà sottoposto al Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), secondo la procedura di regolamentazione con controllo.

Nell’ambito delle competenze relative al terzo livello Lamfalussy, il 19 luglio 2007 la Commissione ha pubblicato la relazione del CESR sulla trasparenza dei mercati obbligazionari e dei mercati di strumenti finanziari diversi dalle azioni.

Sempre in relazione al terzo livello decisionale, il 22 giugno 2007 il CESR ha pubblicato un questionario relativo al rating degli strumenti di finanza strutturata, le cui risposte dovranno pervenire entro il 31 luglio 2007.

Il 22 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva COM(2006)909 che modifica la direttiva 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato,  per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione stessa secondo le procedure di comitatologia. (Si rinvia a quanto illustrato in relazione alla proposta di direttiva modificativa della direttiva 2004/39/CE).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo nella seduta del 13 novembre 2007.

Tra il 17 luglio e il 14 settembre 2007 il Comitato europeo dei regolatori dei valori mobiliari (CERS) ha svolto una consultazione via Internet, al fine di valutare l’opportunità di intraprendere iniziative nell’ambito del “terzo livello” del modello Lamfalussy, che permettano un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni della direttiva sulla trasparenza 2004/109/CE e della direttiva di attuazione 2007/14/CE, adottata dalla Commissione l’8 marzo 2007. In considerazione del fatto che la Commissione è attualmente impegnata nella valutazione di possibili misure che agevolino l’attuazione delle disposizioni della direttiva sulla trasparenza riguardanti lo stoccaggio centrale delle informazioni,[91] la consultazione mira inoltre a stabilire quale ruolo possa essere svolto dal CERS al fine di facilitare la creazione di una rete UE dei meccanismi di stoccaggio nazionale.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura di infrazione n. 2007/404), ex art. 226 del TCE, per il mancato recepimento, entro il 31 gennaio 2007, della direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio.

Nella stessa data, la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura n. 2007/414) per mancato recepimento della direttiva 2006/73/CE della Commissione, recante misure di esecuzione della direttiva 2004/39/CE, per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva.

Si segnala che il decreto legislativo recante recepimento delle direttive in questione è stato adottato dal Consiglio dei Ministri il 30 agosto 2007.

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di costituzione in mora ex art. 226 del TCE, per mancato recepimento, entro il 20 gennaio 2007, della direttiva 2004/109/CE (procedura n. 2007/405) sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE.

Il decreto legislativo di recepimento della direttiva è stato adottato dal Consiglio dei Ministri  il 30 ottobre 2007.

 

 


Articolo 32
(Organizzazione del vertice «G8» in Italia e approvazione della decisione comunitaria n. 2007/436/CE, Euratom)

 

1. Per l'organizzazione del vertice «G8» previsto per l'anno 2009 è stanziata la somma di euro 30 milioni per l'anno 2008.

2. Piena e diretta esecuzione è data alla decisione n. 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 11, terzo comma, della decisione stessa.

 

 

La disposizione del comma 1 è volta ad assicurare copertura finanziaria alle spese per lo svolgimento del vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8 in Italia nel 2009, stanziando a tale scopo la somma di 30 milioni di euro per l’anno 2008.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 settembre 2007, recante dichiarazione di "grande evento" relativa alla Presidenza italiana del G8 nell'anno 2009, ha conferito alla Presidenza medesima, in considerazione della complessità organizzativa dell'evento sotto il profilo della sicurezza, dell'ordine pubblico, della mobilità, della ricezione alberghiera e delle telecomunicazioni, la dichiarazione di "grande evento", ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001 n. 343[92], convertito con modificazioni dalla legge n. 41 del 2001.

L'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge citato estende l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 della legge n. 225 del 1992[93] anche ai grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.

L'articolo 5 della legge 2005 relativo allo stato di emergenza e al potere di ordinanza, disciplina anzitutto il potere del Consiglio dei ministri di dichiarazione dello stato di emergenza, sulla base del quale possono anche essere adottate ordinanze in deroga ad ogni vigente disposizione, ma nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose, nonché avvalersi di commissari delegati per gli interventi di emergenza.

 

Si ricorda che dal 1975, i Capi di Stato o di Governo dei principali Paesi industrializzati si incontrano annualmente per esaminare le maggiori problematiche economiche e politiche.

I sei Paesi che si incontrarono al primo Vertice, tenutosi a Rambouillet in Francia nel novembre 1975, furono la Francia, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, il Giappone e l'Italia. Si unirono a loro il Canada al Vertice di San Juan di Porto Rico del 1976, e la Comunità Europea al Vertice di Londra del 1977.

A partire dal Vertice di Napoli del 1994 il G7 e la Russia si sono incontrate come P8 ("Political 8"), e da allora ad ogni Vertice G7. Il Vertice degli otto Paesi a Denver nel 1997 ha segnato la piena partecipazione della Russia alle discussioni, fatta eccezione per quelle di ordine finanziario ed economico. Il Vertice di Birmingham del 1998 ha visto la piena partecipazione della Russia e quindi la nascita del G8. Tuttavia il foro di discussione a 7 continua ad esistere per la trattazione dei suddetti temi finanziari.

I Vertici del G7/G8 hanno più volte affrontato questioni di macroeconomia, relative al commercio internazionale ed alle relazioni con i paesi in via di sviluppo. Argomenti come le relazioni economiche Est-Ovest, l'energia ed il terrorismo sono stati più volte oggetto di dibattito.

Partendo da questi temi iniziali l'agenda del Vertice si è estesa in modo considerevole negli anni includendo temi come l'occupazione e le reti d'informazione; grandi questioni transnazionali come l'ambiente, il crimine e la droga; ed una serie di questioni politiche e di sicurezza che vanno dai diritti umani al controllo delle armi, alla sicurezza regionale. Per affrontare tali questioni il G7/G8 ha altresì sviluppato una serie di incontri a livello ministeriale. Infatti i Ministri del G7/G8 si riuniscono ad hoc per affrontare le questioni più pressanti. Infine anche Gruppi di esperti o Gruppi di lavoro vengono convocati su determinati argomenti.

Si ricorda dunque che il vertice G8 si tiene ogni anno; l’ultima edizione si è svolta a Heiligendamm in Germania nel 2007 e la prossima si terrà in Giappone, nel 2008. Nel 2009 sarà ospitato in Italia, a La Maddalena. Quello sull'isola della Maddalena sarà il quinto appuntamento del G8 ospitato in Italia, dopo i primi due a Venezia (22-23 giugno 1980 e 8-10 giugno 1987), il terzo a Napoli (8 luglio 1994) e il quarto a Genova (20-22 luglio 2001).

 

Il comma 2, è diretto a dare esecuzione alla decisione n. 2007/436/CE, Euratom del Consiglio del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee[94].

 

Si ricorda che le risorse proprie sono costituite dai dazi doganali[95], dai prelievi riscossi sulle importazioni di prodotti agricoli[96], dai proventi dell’IVA[97] e da un’ultima risorsa, istituita con l’Accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio del 1988. Tale risorsa consiste in contributi versati dagli Stati membri nell’ipotesi in cui le precedenti risorse non siano sufficienti a garantire la copertura del bilancio comunitario. In seguito alla Decisione del Consiglio del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, tali contributi non vengono più calcolati in percentuale sul prodotto nazionale lordo (PNL) dei singoli Stati membri, bensì calcolando il reddito nazionale lordo (RNL).

La parte del bilancio non finanziata da risorse proprie, è costituita da imposte e prelievi effettuati sui redditi del personale, interessi bancari, rimborsi di aiuti comunitari non utilizzati, interessi di mora e il saldo dell’esercizio precedente.

 

In virtù dell’articolo 11 della decisione 2007/436/CE, Euratom, per l’adozione della decisione gli Stati membri notificano al Segretario generale del Consiglio l’espletamento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all’esame delle disposizioni nazionali che le sono comunicate dagli Stati membri e, conseguentemente, comunica agli Stati membri gli adattamenti necessari in linea con le normative comunitarie[98] (art. 8 decisione n. 2007/436/CE, Euratom).

 

La decisione 2007/436/CE, Euratom, che ha effetto a partire dal 1o gennaio 2007, sostituisce la decisione del 2000/597/CE, Euratom, sul sistema delle risorse proprie[99]. Essa riprende i contenuti dell’accordo politico sul bilancio dell’Unione europea definito dal Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005, accordo che ha modificato il sistema di finanziamento delle risorse proprie dell’Unione.

 

Il massimale è mantenuto all’1,31 per cento del RNL per stanziamenti di impegno e all’1,24 per cento del RNL per stanziamenti di pagamento, come previsto per il periodo 2000-2006 dalla decisione vigente (articolo 3 della decisione).

L’aliquota dell’IVA viene fissata allo 0,30 per cento, anche se sono introdotte correzioni a favore di alcuni fra i maggiori contribuenti netti al bilancio comunitario. In particolare, per il periodo 2007-2013 l’aliquota di prelievo della risorsa IVA per la Germania è fissata allo 0,15 per cento, per i Paesi Bassi e la Svezia allo 0,10 per cento, per l’Austria allo 0,225 per cento.

È prevista inoltre una riduzione lorda del proprio contributo RNL annuo pari a 605 milioni di euro e a 150 milioni di euro rispettivamente per i Paesi Bassi e la Svezia nel periodo 2007-2013.

È prevista anche la risorsa RNL, da determinare secondo la procedura di bilancio tenuto conto di tutte le altre entrate, relativa a un  alla somma dei redditi nazionali lordi di tutti gli Stati membri.

Per quanto riguarda la compensazione britannica[100], essa viene sostanzialmente ribadita nella decisione, anche se con talune limitazioni in quanto dopo un periodo di introduzione graduale previsto fra il 2009 e il 2011, il Regno Unito dovrà partecipare integralmente al finanziamento dei costi dell’allargamento, ad eccezione dei pagamenti diretti nel settore agricolo e delle spese connesse al mercato e delle spese per lo sviluppo rurale originate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

La decisione sulle risorse proprie 2007-2013

La decisione 2007/436/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee per il 2007-2013 è stata adottata dal Consiglio il 7 giugno 2007.

Le risorse proprie sono i mezzi di finanziamento della Comunità. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie della Comunità di cui raccomanda l’adozione da parte degli Stati membri, in conformità delle loro rispettive norme costituzionali.

La decisione è ora sottoposta ad adozione da parte dei singoli Stati membri, secondo le procedure previste dalla rispettive norme costituzionali. Essa entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell’ultima notifica, con effetto retroattivo a decorrere dal 1° gennaio 2007.

La decisione prevede i seguenti elementi qualificanti:

·       il massimale (vale a dire il tetto massimo delle risorse proprie) è mantenuto all’1,31% del RNL per stanziamenti di impegno e dell’1,24% del RNL per stanziamenti di pagamento, come previsto per il periodo 2000-2006 dalla decisione vigente;

·       sono confermate  le risorse proprie già previste per il periodo 2000-2006 dalla decisione 2000/597/CE/Euratom:

-   i diritti riscossi nel quadro della politica agricola comune e i dazi doganali (denominati "risorse proprie tradizionali", RPT);

-   un'aliquota dello 0,30% (rispetto allo 0,75% applicato nel 2002-2003 e allo 0,50% nel 2004-2006 previsto dalla decisione vigente) applicata alla base imponibile dell'IVA ("risorsa IVA"). La base imponibile da prendere in considerazione non potrà eccedere il 50% del PIL di ciascuno Stato;

-   un'aliquota, da determinare secondo la procedura di bilancio tenuto conto di tutte le altre entrate, applicata alla somma dei prodotti nazionali lordi (PNL) di tutti gli Stati membri ("risorsa PNL");

-   le altre entrate dell’UE (ovvero le imposte pagate dai funzionari, le ammende inflitte dall'Unione alle imprese, gli interessi di mora, ecc.).

·       sono introdotte correzioni soltanto a favore di alcuni tra i maggiori contribuenti netti al bilancio comunitario:

-   per il periodo 2007-2013 l'aliquota di prelievo della risorsa IVA per la Germania è  fissata allo 0,15%, per i Paesi Bassi e la Svezia allo 0,10, e per l’Austria allo 0,225%;

-   per il periodo 2007-2013 i Paesi Bassi beneficiano di una riduzione lorda del loro contributo annuale a titolo di risorsa RNL pari a 605 milioni di euro. La Svezia beneficerà di una riduzione lorda del suo contributo annuale RNL pari a 150 milioni di euro;

·       il meccanismo di correzione di bilancio per il Regno Unito[101] (cosiddetto “sconto britannico”) viene mantenuto, così come le riduzioni del contributo a tale meccanismo dovuto da Germania, Austria, Svezia e Paesi Bassi[102]. Tuttavia, viene disposta una parziale modifica della base su cui è calcolata la correzione in modo tale che, a partire al più tardi dal 2013, il Regno Unito partecipi integralmente al finanziamento degli stanziamenti diretti ai 10 nuovi Paesi membri (e di eventuali ulteriori Stati aderenti), esclusa la spesa per il mercato e per i pagamenti diretti in agricoltura. A tal fine la correzione a favore del Regno Unito, relativamente agli stanziamenti per i Paesi in questione, sarà ridotta di una percentuale progressiva secondo il seguente schema:

 

Anno

 

Riduzione percentuale

2009

20

2010

70

2011

100

 

Nel periodo 2007-2013, peraltro, il contributo aggiuntivo del Regno Unito al bilancio comunitario derivante da tale meccanismo non potrà superare i 10,5 miliardi di euro. Tale previsione verrà modificata in caso di un eventuale, ulteriore allargamento dell’UE prima del 2013;

·       si prevede che la Commissione europea proceda ad una revisione generale di tutti gli aspetti relativi non solo alle spese dell’UE, compresa la PAC, ma anche alle risorse proprie, inclusa la correzione per il Regno Unito. La Commissione europea è invitata a presentare tale revisione nel 2008/2009.

La revisione del Bilancio dell’UE

La disciplina delle risorse proprie dell’UE dovrebbe essere oggetto di una profonda revisione nell’ambito di una più ampia riflessione sulla riforma del bilancio dell’UE. L’avvio di tale riforma è espressamente previsto dall’accordo interistituzionale sul quadro finanziario dell’UE per il 2007-2013,  stipulato il 17 maggio 2006.  Un’apposita dichiarazione allegata all’accordo, infatti, stabilisce, recependo quanto stabilito dal Consiglio europeo di dicembre 2005, che la Commissione europea elabori una relazione, da presentare entro il 2008-2009, su tutti gli aspetti del bilancio comunitario, inclusi, tra gli altri, la spesa per la politica agricola comune e lo sconto britannico. Sulla base della relazione della Commissione, il Consiglio europeo potrebbe procedere ad eventuali modifiche alle prospettive finanziarie in corso (2007-2013) ed iniziare contestualmente i lavori preparatori per il quadro finanziario post-2013.

La medesima dichiarazione impegna inoltre la Commissione, nell’ambito del processo di consultazione volto alla preparazione della revisione nel 2008-2009, a tenere conto dello scambio di vedute approfondito che avrà con il Parlamento europeo. La Commissione prende inoltre atto dell'intenzione del Parlamento europeo di chiedere una conferenza che coinvolga il Parlamento europeo ed i Parlamenti nazionali per riesaminare il sistema delle risorse proprie e di considerare l'esito di tale conferenza un contributo nel quadro del processo di consultazione volto alla revisione.

Il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali hanno, anch’essi, avviato un dibattito sulla revisione del sistema delle risorse proprie prima ancora della conclusione del negoziato sulle prospettive finanziarie, sia nell’ambito delle riunioni annuali della Commissione per i bilanci del Parlamento europeo con i presidenti delle corrispondenti commissioni dei Parlamenti nazionali sia nelle riunioni sul futuro dell’Europa che si sono svolte su base semestrale a partire dal maggio 2006.

Da ultimo, la Commissione europea ha adottato il 12 settembre 2007 un documento di consultazione pubblica in vista della revisione del bilancio. Dopo la chiusura della consultazione il 15 aprile 2008, la Commissione organizzerà il 27 maggio 2008 una conferenza sul tema della revisione del bilancio dell’UE.

Tenendo conto dei risultati della consultazione e della conferenza, la Commissione intende presentare una proposta sulla revisione del bilancio nel corso del 2008-2009.

 

 


Articolo 47
(Sospensione temporanea delle esecuzioni forzose
in danno di imprenditori agricoli della regione Sardegna)

 

1. Ai fini della ristrutturazione dei debiti degli imprenditori agricoli della regione Sardegna verso gli istituti finanziari che, ai sensi della legge regionale 13 dicembre 1988, n. 44, hanno concesso agli imprenditori medesimi finanziamenti su cui sono stati autorizzati i concorsi negli interessi dichiarati illegittimi ai sensi della decisione 97/612/CE della Commissione, del 16 aprile 1997, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è istituita una commissione di tre esperti, di cui uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed uno dalla regione Sardegna. La commissione presenta al Presidente del Consiglio dei ministri le proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti entro il 31 luglio 2008, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato. Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

L'articolo 47, introdotto nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio Commissione del Senato, prevede l'istituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di una commissione di tre esperti, avente il compito di formulare proposte per la ristrutturazione dei debiti contratti da imprenditori agricoli sardi, con riferimento alle vicissitudini che hanno riguardato la legge regionale della Sardegna 13 dicembre 1988, n. 44, recante "Costituzione del Fondo regionale di garanzia per l'agricoltura e provvidenze per l'agricoltura". Dei tre membri dell'istituenda commissione, il primo dovrà essere designato dal Ministero dell'economia e delle finanze, il secondo dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il terzo dalla Regione autonoma della Sardegna.

Entro il 31 luglio 2008, la Commissione dovrà presentare al Presidente del Consiglio dei Ministri proposte per la ristrutturazione dei predetti debiti, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

Fino a tale data sono sospesi i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui risultanti alla data di entrata in vigore della disposizione in esame.

L'art. 5 della suddetta legge regionale, infatti, aveva istituito un regime di aiuti a favore di aziende agricole la cui situazione finanziaria fosse stata pregiudicata da circostanze avverse, sotto forma di concorsi negli interessi su mutui, al fine di consentire a tali aziende di ricostituire la loro liquidità. Le circostanze avverse che giustificavano l'intervento della Regione, la misura del finanziamento e la durata delle operazioni dovevano essere decise, di volta in volta, dalla Giunta regionale, la quale, nel corso di un decennio, per quattro volte ha deciso di fare ricorso a tale disposizione (dicembre 1988, giugno 1990, novembre 1990, giugno 1992).

Tuttavia, con decisione del 16 aprile 1997, n. 612, la Commissione europea ha dichiarato che gli aiuti concessi dalla Regione erano illegali, in quanto concessi senza che la Commissione avesse potuto pronunciarsi al loro riguardo in fase di progetto, nonché incompatibili con il mercato comune. La Commissione ha inoltre imposto all'Italia di abolire i suddetti aiuti e di adottare le misure necessarie al fine di recuperare gli aiuti in questione, tramite rimborso.

Con legge regionale 6 dicembre 1997, n. 13 , la Regione Sardegna ha provveduto ad abrogare l'art. 5 della legge 44/1988. Successivamente, sono stati emanati i decreti di revoca degli aiuti già accordati.

I beneficiari degli aiuti si sono rivolti al Tribunale di Cagliari per sentir dichiarare l'insussistenza dell'obbligo al rimborso. Il giudice adìto ha sospeso il giudizio e rimesso alla Corte di giustizia delle Comunità europee il vaglio della legittimità della decisione adottata dalla Commissione europea.

Con sentenza del 23 febbraio 2006 , la Corte del Lussemburgo ha confermato la validità della decisione impugnata.

 

Si segnala che la Commissione Agricoltura della Camera è già intervenuta sulla questione nella seduta del 30 ottobre 2007, approvando, con il consenso unanime delle forze politiche, una risoluzione che impegna il Governo ad intraprendere con la massima urgenza tutte le iniziative che si rendono più opportune per fare fronte alla grave crisi socio-economica in cui versano le aziende agricole ed agropastorali sarde per le quali si stanno applicando le misure di recupero, tramite rimborso, degli aiuti concessi dalla regione Sardegna, in tale ambito provvedendo ad adottare atti idonei a sospendere i giudizi pendenti, le procedure di riscossione e recupero, nonché le esecuzioni forzose relative ai suddetti mutui, ed altresì valutando la necessità di adottare provvedimenti straordinari ed urgenti, anche di natura normativa, che relativamente ai territori rurali della regione Sardegna in cui sono ubicate le aziende agricole sopra indicate ed altresì nei territori, in particolare nelle zone interne, ove sono presenti le aziende agropastorali in analoga situazione di crisi, abbiano gli stessi effetti della dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico, di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

La Commissione ha altresì inoltrato al Presidente della Camera la richiesta di autorizzazione per lo svolgimento di una indagine conoscitiva sulla questione.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 4 aprile 2007 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento inteso ad aumentare il massimale individuale degli aiuti di modesta entità (de minimis) a favore dell’agricoltura da 3000 a 6000 euro per beneficiario nell’arco di tre anni elevando il limite massimo complessivo per Stato membro dallo 0,3% allo 0,6% del valore della produzione agricola; tali aiuti de minimis, essendo considerati non suscettibili di falsare la concorrenza, non sono pertanto soggetti all’obbligo di notifica. Non rientrerebbero nel campo di applicazione del progetto gli aiuti fissati in base al prezzo o al quantitativo commercializzato, gli aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, gli aiuti condizionati all’impiego preferenziale di prodotti interni e gli aiuti concessi alle imprese in difficoltà.  

La Commissione prevede di adottare il regolamento definitivo, dopo la consultazione con gli Stati membri e alla luce delle eventuali osservazioni, entro la fine del 2007 per farlo entrare in vigore dal 1* gennaio 2008 al 31 dicembre 2013.

 

 

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Articolo 50
(Incentivi alle fonti energetiche rinnovabili)

 

1. Ai fini della piena attuazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, con particolare riferimento all'articolo 2 della direttiva medesima, i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi.

2. La procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi di cui al comma 1118 dell'articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006, per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio, e, in via prioritaria, per quelli in costruzione, è completata dal Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. L'articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persona giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell'energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.

 

 

I commi 1 e 2 intervengono sulla contestata questione degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili recata dai commi 117-1120 dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2007. L’aspetto critico di tali disposizioni era di mantenere ferma l’incentivazione anche a favore degli “impianti autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione” anteriormente all’entrata in vigore della stessa legge finanziaria, compresi i contributi c.d. CIP6.

Si ricorda infatti che, all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria per il 2007, il Governo ha manifestato la volontà[103] di modificare al più presto il testo contestato dell’articolo 1117 nel senso di limitare gli incentivi agli impianti realizzati ed operativi. In realtà tale modifica, che si è tentato di inserire in diversi provvedimenti normativi, al momento non è stata introdotta[104].

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che i finanziamenti e gli incentivi di cui al secondo periodo del comma 1117 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), sono concessi ai soli impianti realizzati ed operativi. Risulterebbero dunque esclusi gli impianti solo autorizzati, in costruzione o “in collaudo”.

 

Il comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007 dispone al primo periodo che i finanziamenti e gli incentivi pubblici di competenza statale finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica sono concessi esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, così come definite dall’articolo 2 della Direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.

Si ricorda che la citata direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”. Ai sensi dell’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 387 del 29 dicembre 2003, per fonti rinnovabili si intendono: «le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani». Tali definizioni riprendono quelle dell’articolo 2 della Direttiva 2001/77/CE citata dalla norma in esame.

La vera differenza tra la disciplina comunitaria e il decreto di recepimento nazionale consisteva nell’ l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti, ad opera dell’articolo 17. Tali disposizioni sono state abrogate dal comma 1120 dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007.

 

Il secondo periodo del comma 1117 dell'art. 1 della legge finanziaria 2007, su cui interviene l’articolo in esame, fa salvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della medesima legge finanziaria, ivi comprese le convenzioni adottate con delibera del Comitato interministeriale prezzi il 12 aprile 1992 (CIP6) e destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 1118 sempre dell'art. 1 della legge finanziaria 2007.

 

La relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2008 precisa che la disposizione in esame è volta a restringere ai soli impianti già realizzati e resi operativi:

§      i benefici derivanti dalle convenzioni CIP6[105] e destinate al sostegno delle fonti energetiche assimilate alle rinnovabili, disciplinate dal comma 1118 dell' art. 1 della legge finanziaria 2007;

§      i finanziamenti previsti in applicazione dell’art. 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239[106], riguardante i certificati verdi, ora abrogato dalla lettera g) del comma 1120 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007[107].

In tal modo, dunque, tramite questo intervento normativo si mira ad impedire che i finanziamenti finalizzati alla promozione delle fonti rinnovabili possano essere in gran parte utilizzati per impianti alimentati per converso da fonti non rinnovabili, con il rischio di vanificare il perseguimento dell’obiettivo di coprire, entro il 2010, il 25 per cento del consumo interno lordo di elettricità tramite l’utilizzo di fonti rinnovabili, come richiesto dalla citata direttiva 2001/77/CE.

 

Il comma 2 stabilisce che la procedura del riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi prevista dal comma 1118 della legge 296/2006 per gli impianti autorizzati e non ancora in esercizio debba essere attivata in via prioritaria per gli impianti in costruzione e sia soggetta al parere delle Commissioni parlamentari competenti. Infine si prevede che tale procedura di riconoscimento in deroga debba concludersi inderogabilmente entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

 

Secondo il sopra citato comma 1118, il Ministro dello sviluppo economico provvede con propri decreti a definire le condizioni e le modalità per l’eventuale riconoscimento in deroga del diritto agli incentivi a specifici impianti già autorizzati all’entrata in vigore della legge finanziaria 2007 e non ancora in esercizio, non rientranti nella tipologia di cui al periodo precedente, nonché a ridefinire l’entità e la durata dei sostegni alle fonti energetiche non rinnovabili assimilate alle fonti energetiche rinnovabili utilizzate da impianti già realizzati ed operativi alla data di entrata in vigore della presente legge, tenendo conto dei diritti pregressi e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, allo scopo di ridurre gli oneri che gravano sui i prezzi dell’energia elettrica e eliminare vantaggi economici che non risultino specificamente motivati e coerenti con le direttive europee in materia di energia elettrica.

 

La norma in esame, dunque, nel tener ferma la potestà di riconoscimento in deroga riconosciuta dal comma 1118 dell'art. 1 della legge finanziaria per il 2007 al Ministro dello sviluppo economico, introduce le seguenti novità:

§      l'applicazione in via prioritaria per gli impianti in costruzione;

§      il parere delle competenti Commissioni parlamentari;

§      il completamento della procedura inderogabilmente entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Si segnala, inoltre, che risulta assegnato alle commissioni riunite 10ª (Industria, commercio, turismo) e 13ª (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato in sede referente il ddl S. 1347, che sostanzialmente ripropone le stesse disposizioni recate dai commi 1 e 2 appena commentati.

 

Il comma 3, introdotto al Senato, reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il quale ha previsto una rideterminazione della tassazione sugli oli minerali al fine di perseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

 

La variazione delle accise sugli oli minerali secondo l'articolo 8 citato non deve dar luogo ad aumenti della pressione fiscale complessiva. A tal fine sono previste dal comma 10 dell'articolo 8 le misure compensative delle maggiori entrate derivanti dall'aumento delle accise. In particolare, la lettera f) del comma 10, su cui interviene il comma in esame, prevede misure compensative con incentivi per la riduzione delle emissioni inquinanti, per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili nonché per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa quale fonte energetica nei comuni ricadenti nelle zone climatiche[108] E ed F ovvero per gli impianti e le reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica, con la concessione di un'agevolazione fiscale con credito d'imposta pari a lire 20 per ogni chilovattora (Kwh) di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all'utente finale.

Al riguardo il comma 3 in esame specifica che la disciplina ivi prevista si applica anche alla fattispecie in cui la persone giuridica gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica coincida con la persona giuridica utilizzatore dell'energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 ha approvato un piano d’azione globale in materia di energia per il periodo 2007-2009, sulla base della comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007.

Il piano comprende un insieme di azioni prioritarie finalizzate al raggiungimento dei tre obiettivi della politica energetica europea, già prospettati nel Libro verde sull’energia presentato dalla Commissione nel marzo 2006[109]:

·         aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento;

·         garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili;

·         promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro i cambiamenti climatici.

L’obiettivo strategico per la politica energetica europea è di ridurre almeno del 20%, entro il 2020, le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990, all’interno di un’azione internazionale volta a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 30 % le emissioni di gas serra a livello globale, di cui l’UE deve farsi promotrice.

Il piano d'azione, tra l’altro, prevede azioni prioritarie nel settore delle energie rinnovabili.

In particolare, il Consiglio europeo ha adottato un obiettivo vincolante che prevede una quota del 20% di energie rinnovabili nel totale dei consumi energetici dell'UE entro il 2020, comprensiva di una percentuale del 10% per i biocarburanti nel totale dei consumi di benzina e gasolio per autotrazione dell'UE entro il 2020.

Il piano d’azione, tra l’altro, fa riferimento alla comunicazione relativa ad una roadmap per le energie rinnovabili (COM(2006)848), nella quale la Commissione, tra l’altro, propone: di rafforzare il dispositivo giuridico al fine di eliminare ogni ostacolo ingiustificato all'integrazione delle fonti energetiche rinnovabili nel sistema energetico dell'UE, semplificando la disciplina per il collegamento e l'estensione delle reti, le procedure di autorizzazione per la costruzione di sistemi che utilizzano fonti energetiche rinnovabili nonché eliminando gli oneri burocratici per le piccole e medie imprese innovative;  di riesaminare, nel 2007, la situazione dei regimi di sostegno a favore delle energie rinnovabili messi in atto dagli Stati membri, al fine di analizzarne i risultati e valutare la necessità di proporne un'armonizzazione nel quadro del mercato interno dell'elettricità dell'UE.

Si segnala, inoltre, che nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata dalla Commissione nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), la Commissione prospetta, tra l’altro, la compatibilità con il mercato comune e la non assoggettabilità all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, TCE degli aiuti a favore delle energie rinnovabili.

Gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a creare incentivi individuali che permettano di aumentare la quota di energie rinnovabili rispetto alla produzione complessiva di energia. La Commissione, infatti, rileva che il costo elevato della produzione di alcuni tipi di energia rinnovabile non permette alle imprese di praticare prezzi competitivi sul mercato e costituisce un ostacolo che impedisce alle energie rinnovabili di accedere al mercato. Tuttavia la Commissione sottolinea che grazie ai progressi tecnologici nell'ambito delle energie rinnovabili, negli ultimi anni la differenza di costo ha evidenziato una tendenza al ribasso, con conseguente riduzione della necessità di aiuti. Gli aiuti di Stato possono perciò rappresentare uno strumento adeguato unicamente per quegli impieghi delle fonti energetiche rinnovabili caratterizzati da vantaggi per l'ambiente e da sostenibilità evidenti.

 

 


Articolo 52
(Norme per l’incentivazione dell’energia elettrica
prodotta da fonti rinnovabili)

 

1. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento, è incentivata con i meccanismi di cui ai commi da 2 a 12. Con le medesime modalità è incentivata la sola quota di produzione di energia elettrica imputabile alle fonti energetiche rinnovabili, realizzata in impianti che impiegano anche altre fonti energetiche non rinnovabili. Le modalità di calcolo di tale quota sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

2. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 1 allegata alla presente legge e di potenza elettrica superiore a 1 megawatt (MW), è incentivata mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di quindici anni, tenuto conto dell'articolo 1, comma 382, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all'obbligo della quota minima di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. L'immissione dell'energia elettrica prodotta nel sistema elettrico è regolata sulla base dell'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

3. La produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati dalle fonti di cui alla tabella 2 allegata alla presente legge e di potenza elettrica non superiore a 1 MW, immessa nel sistema elettrico, ha diritto, in alternativa ai certificati verdi di cui al comma 2 e su richiesta del produttore, a una tariffa fissa onnicomprensiva di entità variabile a seconda della fonte utilizzata, come determinata dalla predetta tabella 2, per un periodo di quindici anni, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte. Al termine di tale periodo, l'energia elettrica è remunerata, con le medesime modalità, alle condizioni economiche previste dall'articolo 13 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. La tariffa onnicomprensiva di cui al presente comma può essere variata, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

4. All'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, le parole da: «Il Ministro delle attività produttive» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «Per il periodo 2007-2012 la medesima quota è incrementata annualmente di 0,75 punti percentuali. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti gli ulteriori incrementi della stessa quota per gli anni successivi al 2012».

5. A partire dal 2008, i certificati verdi, ai fini del soddisfacimento della quota d'obbligo di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, hanno un valore unitario pari a 1 MWh e vengono emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) per ciascun impianto a produzione incentivata di cui al comma 1, in numero pari al prodotto della produzione netta di energia elettrica da fonti rinnovabili moltiplicata per il coefficiente, riferito alla tipologia della fonte, di cui alla tabella 1, allegata alla presente legge, fermo restando quanto disposto a legislazione vigente in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte.

6. A partire dal 2008, i certificati verdi emessi dal GSE ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono collocati sul mercato a un prezzo, riferito al MWh elettrico, pari alla differenza tra il valore di riferimento, fissato in sede di prima applicazione in 180 euro per MWh, e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica definito dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas in attuazione dell'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, registrato nell'anno precedente e comunicato dalla stessa Autorità entro il 31 gennaio di ogni anno a decorrere dal 2008. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella 1 per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell'incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

7. A partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell'obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili e dei successivi aggiornamenti derivanti dalla normativa dell'Unione europea, il GSE, su richiesta del produttore, ritira i certificati verdi, in scadenza nell'anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere all'obbligo della quota minima dell'anno precedente di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell'anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.

8. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stabilite le direttive per l'attuazione di quanto disposto ai precedenti commi. Con tali decreti, che per le lettere b) e c) del presente comma sono adottati di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, inoltre:

a) sono stabilite le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo nonché le modalità per l'estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

b) sono stabiliti i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all'allegato X alla parte quinta, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, a scopi alimentari, industriali ed energetici;

c) sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell'applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle 1 e 2;

d) sono aggiornate le direttive di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell'articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

9. Il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all'articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 29 aprile 2006 fino al 31 dicembre 2007.

10. La produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui al presente articolo a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

11. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas definisce:

a) le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 3;

b) le modalità con le quali le risorse per l'erogazione delle tariffe di cui al comma 3, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 7, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell'energia elettrica.

12. A decorrere dal 1o gennaio 2008 sono abrogati:

a) il comma 6 dell'articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

b) il comma 383 e il primo periodo del comma 1118 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

13. Allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, gli impianti diversi da quelli di cui al comma 1, aventi diritto ai certificati verdi, continuano a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 5. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all'obbligo della quota minima di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 2.

14. Agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 1 continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

15. Il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20, resta fermo in otto anni.

 

 

L’articolo 52, introdotto al Senato, delinea una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

 

I commi da 1 a 12 dettano una nuova disciplina per gli impianti nuovi, ossia entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007.

I commi da 13 a 15 riguardano, invece, gli impianti esistenti, ossia in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 1 prevede che la nuova disciplina sugli incentivi alla produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevista dai successivi commi da 2 a 12, si applichi agli impianti entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento. 

Gli incentivi riguardano anche agli impianti misti (ossia gli impianti che utilizzano sia fonti rinnovabili che non rinnovabili) limitatamente alla quota di produzione imputabile alle fonti rinnovabili, secondo modalità di calcolo da definire, entro novanta giorni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

I commi 2 e 3 prevedono due meccanismi alternativi di incentivazione:

a) i certificati verdi;

b) la tariffa fissa omnicomprensiva.

 

Il comma 2, concernente gli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW, prevede unicamente il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni.

 

Il comma 3, concernente invece gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW, prevede l’incentivazione mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni o, in alternativa, su richiesta del produttore, mediante una tariffa fissa (variabile a seconda delle fonte utilizzata, secondo quanto previsto dalla tabella 2 allegata), per un periodo di 15 anni (tariffa variabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, in ogni caso assicurando l’effetto incentivante).

In entrambi i casi è fatta salva la normativa vigente (che deve quindi considerarsi “speciale”) in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte[110].

Il comma 4 prevede che la quota minima di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili che, nell'anno successivo, deve essere immessa nel sistema elettrico nazionale (ai sensi dell'articolo 11, commi 1, 2 e 3, del D.Lgs. 79/1999), sia incrementata di 0,75 punti percentuali (e non di 0,35 punti annuali, come attualmente previsto dall’articolo 4 comma 1, del decreto legislativo n.387/2003)

L’incentivazione dell’energia da fonti rinnovabili.

La direttiva 2001/77/CE ha previsto per ogni Stato membro gli obiettivi da raggiungere nell’ambito della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, per l’Italia l’obiettivo da raggiungere entro il 2010 è fissato al 25% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

La direttiva 2001/77/CE è stata recepita dall’Italia con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 che ha ulteriormente innalzato l’obbligo, fissato al 2% dall’articolo 11 decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di immettere nella rete nazionale una quota di energia generata da impianti alimentati da fonti rinnovabili ed ha definito nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime. In particolare, è stato previsto un incremento pari annualmente a 0,35 punti percentuali, a decorrere dall'anno 2004 e fino al 2006[111], della quota minima di energia da fonti rinnovabili che gli importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di immettere sul mercato.

I certificati verdi costituiscono lo strumento di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Come detto tale quota, inizialmente fissata al 2%, è stata incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006, secondo quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n.387/2003.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo – ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n.387/2003 - della precedenza nel dispacciamento[112]. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto.

Per quanto concerne la durata dei certificati verdi, l'articolo 20, comma 5, del D.Lgs. 387/2003 l’ha inizialmente fissata a 8 anni (non si calcolano i periodi di fermata degli impianti causati da eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti); successivamente tale durata è stata elevata a 12 anni dall'art. 267, comma 4, lettera d), del D.lgs. 152/2006.

Per i soggetti che non rispettano l’obbligo di immissione, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offerta è rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Il comma 5 prevede che il valore dei certificati verdi corrisponda alla produzione di energia elettrica moltiplicata per i coefficienti previsti dalla tabella A, diversificati in relazione alla fonte utilizzata. I certificati verdi, emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE), hanno un valore unitario pari a 1 MWh (fatta salva la normativa speciale prevista per biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, per la quale v. nota supra)

 

Attualmente, il comma 87 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004 n. 239  stabilisce il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 in 0,05 GWh (50 MWh) o multipli di detta grandezza.

 

Il comma 6 prevede che i certificati verdi siano collocati sul mercato a un prezzo per MWh elettrico pari alla differenza tra il valore di riferimento fissato a 180 euro per megawattora e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica registrato nell'anno precedente, definito dall'Autorità per l'energia in attuazione di quanto previsto dall'articolo 13, comma 3 del D.Lgs. 387/2003.

Tale valore medio annuo deve essere comunicato dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas entro il 31 gennaio di ogni anno. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella A per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.

 

L'Autorità per l’energia elettrica e il gas ha attuato il comma 3 dell'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 con la delibera 23 febbraio 2005, n. 34/05 (modificata, da ultimo, con la delibera 4 luglio 2007 n.167/07). L'articolo 4 della delibera 34/05 prevede che il gestore di rete che ritira l'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4 del D.Lgs. 387/2003 riconosca ai produttori un prezzo pari a quello di cessione dall'Acquirente unico alle imprese distributrici per la vendita al mercato vincolato definito dall'articolo 30, comma 1, lettere a), b) e c). Tale disposizione ha precisato i criteri di calcolo del prezzo che fanno riferimento rispettivamente alla media ponderata dei costi per l'acquisto dell'energia e per la copertura dei rischi connessi all'oscillazione dei prezzi (lettera a)), ai costi di dispacciamento (lettera b)), al corrispettivo riconosciuto all'Acquirente Unico (lettera c)).

In base all'articolo 33, comma 2,l’Acquirente unico comunica all’Autorità e pubblica nel proprio sito Internet, entro il termine del mese successivo a quello di competenza, il prezzo di cui all’articolo 30 relativo al mese di competenza.

Secondo i dati pubblicati dall'Acquirente unico il prezzo medio di cessione nel I trimestre del 2007 è stato pari a 81,8 €/MWh, per il II trimestre del 2007 pari a 79,3 €/MWh, per il III trimestre del 2007 si prevede sia pari a 82,6 €/MWh mentre per il IV trimestre si prevede sia pari 84,0 €/MWh . In base a tali dati il valore medio per il 2007 si attesterebbe a 81,9 €/MWh.

Conclusivamente il prezzo fissato dal comma in esame per il collocamento sul mercato dei certificati verdi potrebbe attestarsi attorno ai 98 euro per megawattora (180 euro meno il valore medio). Si segnala che il prezzo di riferimento individuato dal GSE per i certificati verdi per l'anno 2006 è stato pari a 125,28 €/MWh (al netto dell'IVA del 20 %).

 

Il comma 7 prevede che fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili (v. supra), il GSE, su richiesta del produttore, ritiri i certificati verdi, in scadenza nell’anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere l’obbligo della quota minima, a un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente dal Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.

 

Il comma 8 rinvia a decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la fissazione delle direttive per l’attuazione di quanto disposto ai precedenti commi.

Con tali decreti, e per i punti b) e c) di intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabiliti inoltre:

a) le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo nonché le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica;

Il servizio di scambio sul posto è previsto attualmente per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW, dunque la disposizione in esame eleverebbe tale soglia da 20 a 200 kW. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW è inoltre previsto che non siano dovuti i diritti di officina elettrica, pertanto la disposizione in esame pur elevando la soglia di ammissione al servizio di scambio sul posto non muta la disciplina sui diritti di officina elettrica.

L'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 387/2003 prevede che l’Autorità disciplini le condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW. L’articolo 6, comma 2 prevede che nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita dell’energia elettrica prodotta; L’articolo 6, comma 3 stabilisce che la disciplina dello scambio sul posto sostituisca ogni altro adempimento, a carico dei soggetti che realizzano gli impianti, connesso all’accesso e all’utilizzo della rete elettrica.

La disciplina del servizio di scambio sul posto è stata definita dalla delibera AEEG n. 28/2006. Con il termine scambio sul posto si intende il servizio erogato dall’impresa distributrice competente nell’ambito territoriale in cui è ubicato l’impianto che consiste nell’operare un saldo annuo tra l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto medesimo e l’energia elettrica prelevata dalla rete.

Il servizio di scambio sul posto consente ad un cliente di utilizzare i servizi di rete per “immagazzinare” l’energia elettrica immessa quando non ci sono necessità di consumo e di ri-prelevarla dalla rete quando gli serve.

Lo scambio sul posto comporta pertanto il venir meno del costo di acquisto dell’energia elettrica per una quantità pari a quella prodotta dall’impianto (sia la quota auto-consumata immediatamente sia la quota immessa in rete e ri-prelevata successivamente). Lo scambio sul posto è alternativo alla vendita di energia elettrica: pertanto, nell’ambito dello scambio, le immissioni di energia in rete non possono essere vendute. L’energia elettrica immessa in rete e non consumata nell’anno di riferimento costituisce un credito, in termini di energia ma non in termini economici, che può essere utilizzato nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Al termine dei tre anni successivi, l’eventuale credito residuo viene annullato. Tale quantità di energia elettrica immessa in rete e mai consumata non può essere pagata poiché nell’ambito della disciplina dello scambio sul posto non è consentita la vendita. Pertanto lo scambio sul posto presenta vantaggi qualora, su base triennale, il consumo di energia elettrica risulti mediamente pari o superiore alla produzione. In caso contrario sarebbe preferibile scegliere, anziché lo scambio sul posto, la vendita di energia elettrica.

 

Per quanto riguarda i diritti di officina elettrica essi sono definiti dall'articolo 53 del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504  il quale prevede l'obbligo di denuncia di officina e licenza di esercizio e di pagamento dell'accisa sull'energia elettrica per:

a) i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali, indicati come venditori;

b) gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio;

c) i soggetti che utilizzano l'energia elettrica per uso proprio con impiego promiscuo, con potenza disponibile superiore a 200 kW intendendosi per uso promiscuo l'utilizzazione di energia elettrica in impieghi soggetti a diversa tassazione.

Su richiesta possono essere riconosciuti come soggetti obbligati:

a) i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica utilizzata con impiego unico previa trasformazione o conversione comunque effettuata, con potenza disponibile superiore a 200 kW;

b) i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica da due o più fornitori, qualora abbiano consumi mensili superiori a 200.000 kWh.

I soggetti predetti hanno l'obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione, relativa agli impianti di pertinenza e alle modifiche societarie, nonché la cessazione dell'attività, entro trenta giorni dalla data in cui tali eventi si sono verificati.

Peraltro l’articolo 10, comma 7, primo periodo, della legge 13 maggio 1999 n. 133  prevede che l’esercizio di impianti che utilizzano fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 20 kW, anche collegati alla rete, non sia soggetto agli obblighi di apertura di officina elettrica ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del testo unico approvato con decreto legislativo n. 504/1995.

 

b) i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all’allegato X alla parte V, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , a scopi alimentari, industriali ed energetici;

L'allegato X alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 reca la disciplina dei combustibili, la parte II dell'allegato disciplina le caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura, la sezione 4 della parte II reca le caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo .

 

c) sono stabilite le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle A e B;

La disposizione sembra riferirsi al comma 4-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159  inserito durante l'esame presso il Senato del disegno di legge di sede di conversione. Il disegno di legge è attualmente all'esame della Camera dei deputati.

 

d) sono aggiornate le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell’articolo 20, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.

 

Il comma 5 dell'art. 11 del D.Lgs. 79/1999 già prevede che con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, siano adottate le direttive per l'attuazione di quanto disposto dai commi 1, 2 e 3, nonché gli incrementi della percentuale di cui al comma 2 per gli anni successivi al 2002, tenendo conto delle variazioni connesse al rispetto delle norme volte al contenimento delle emissioni di gas inquinanti, con particolare riferimento agli impegni internazionali previsti dal protocollo di Kyoto.

Il comma 8 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 387, con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, siano aggiornate le direttive di cui all'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

 

Il comma 9 prevede che il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi, di cui all’articolo 267, comma 4, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si applichi ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 29 aprile 2006 e fino al 31 dicembre 2007.

Si ricorda che la lettera d) dell’articolo 267, comma 4, del d.lgs. n.152/2006 ha elevato da otto a dodici anni il periodo di validità dei certificati verdi.

 

Il comma 10 prevede che la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui al presente articolo a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

In altri termini, si prevede per gli impianti entrati in esercizio nel corso del 2008 la possibilità di cumulare più incentivi pubblici, escludendo tale possibilità per gli impianti entrati in esercizio a partire dal 2009.

 

Il comma 11 dispone che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisca:

a)    le modalità di erogazione delle tariffe di cui al comma 3;

b)    le modalità con le quali le risorse per l’erogazione delle tariffe di cui al comma 3, nonché per il ritiro dei certificati verdi di cui al comma 7, trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica.

 

Il comma 12 prevede l'abrogazione, a decorrere dal 1º gennaio 2008:

a)    del comma 6 dell’articolo 20 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387;

b)    del comma 383 e del primo periodo del comma 1118 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Il comma 6 dell'art. 20 del D.Lgs. 387/2003 prevede la possibilità di elevare, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il periodo di riconoscimento dei certificati verdi per la produzione di elettricità da impianti alimentati da biomassa, ad esclusione di quella prodotta da centrali ibride. Tale incremento può essere realizzato anche mediante rilascio, dal nono anno, di certificati verdi su una quota dell'energia elettrica prodotta.

Al medesimo fine, possono anche essere utilizzati i certificati verdi attribuiti al Gestore della rete dall'articolo 11, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. La predetta elevazione del periodo di riconoscimento dei certificati verdi non può essere concessa per la produzione di energia elettrica da impianti che hanno beneficiato di incentivi pubblici in conto capitale.

 

Il comma 382 della legge 296/2006 demanda a un decreto ministeriale del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da adottare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la revisione della disciplina dei certificati verdi, al fine di incentivare l’impiego di prodotti di origine agricola e zootecnica.

Il comma 383, oggetto di abrogazione, prevede che agli assegnatari dei nuovi certificati verdi non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 87, della legge n. 239 del 2004. Tale disposizione prevede che il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo n. 79 del 1999 è stabilito in 0,05 GWh o multipli di detta grandezza.

Il primo periodo del comma 1118 della legge 296/2006 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con propri decreti ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, provveda a definire i criteri e le modalità di erogazione dei finanziamenti e degli incentivi pubblici di competenza statale concedibili alle fonti rinnovabili di cui all'articolo 2 della direttiva 2001/77/CE.

 

I commi da 13 a 15 disciplinano, come detto, gli impianti esistenti, ossia gli impianti in esercizio alla data del 31 dicembre 2007.

 

Il comma 13, allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi, prevede che gli impianti entrati in esercizio prima del 1° gennaio 2008, aventi diritto ai certificati verdi, continuano a beneficiare dei medesimi certificati, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, di cui al comma 5. I predetti certificati sono utilizzabili per assolvere all’obbligo della quota minima di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, unitamente ai certificati di cui al comma 2.

 

Il comma 14 stabilisce che agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 1, cioè entrati in esercizio in data precedente al 1° gennaio 2008, continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica.

 

Il comma 15 mantiene fermo in otto anni il periodo di diritto ai certificati verdi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 7 febbraio 2007, n. 20 .

 

Tale disposizione ha mantenuto la validità del diritto all'acquisizione dei certificati verdi per i soggetti titolari di impianti realizzati o in fase di realizzazione in attuazione del comma 71 dell'articolo unico della legge 23 agosto 2004 n. 239 . Il comma 71 citato aveva esteso la possibilità di acquisire i certificati verdi all'energia elettrica prodotta:

-      con l'utilizzo dell'idrogeno;

-      in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile;

-      da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento.

Il comma 71 citato è stato abrogato dal comma 1120 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006).

Tuttavia, come anticipato, l'art. 14 del D.Lgs. 20/2007 ha mantenuto la validità dei diritti di cui al comma 71 purché gli impianti posseggano almeno uno dei seguenti requisiti:

a)    siano già entrati in esercizio nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e la data del 31 dicembre 2006;

b)    siano stati autorizzati dopo la data di entrata in vigore della legge 23 agosto 2004, n. 239, e prima della data del 31 dicembre 2006 ed entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008;

c)    entrino in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data del 31 dicembre 2006.

 

Il comma 2 dell'articolo 14 del D.Lgs. 20/2007 ha posto un ulteriore requisito per gli impianti di potenza elettrica superiore a 10 MW che mantengono il trattamento derivante dall'applicazione dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, come vigente al 31 dicembre 2006. Tali impianti devono infatti ottenere entro due anni dalla data di entrata in esercizio, la registrazione del sito secondo il regolamento EMAS  e con le modalità e nel rispetto dei commi 3 e 4.

Il comma 3 dell'articolo 14 ha previsto la disapplicazione dell'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 relativamente ai certificati verdi rilasciati all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento. Ciò al fine di consentire l'esercizio dei diritti acquisiti.

L'articolo 267, comma 4, lettera c) del D.Lgs. 152/2006 aveva previsto che i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239, potessero essere utilizzati per assolvere all'obbligo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, solo dopo che fossero stati annullati tutti i certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 387 del 2003 .

Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14 citato ha limitato la possibilità di utilizzare i predetti certificati alla copertura del 20 per cento dell'obbligo di immissione di una quota minima di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Infine, l'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 14 ha attribuito ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la possibilità di modificare la predetta percentuale allo scopo di assicurare l'equilibrato sviluppo delle fonti rinnovabili e l'equo funzionamento del meccanismo di incentivazione agli impianti citati.

Il comma 4 dell'articolo 14 obbliga i soggetti che beneficiano dei diritti richiamati al comma 1 di realizzare un sistema di monitoraggio continuo delle emissioni inquinanti degli impianti. Secondo il comma 5 il Gestore del sistema elettrico - GSE effettua periodiche verifiche al fine del controllo dei requisiti che consentono l'accesso e il mantenimento dei diritti richiamati al comma 1.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il piano d’azione in materia di politica energetica europea per il periodo 2007-2009, approvato dal Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 (per maggiori informazioni sugli obiettivi del Piano d’azione si veda la scheda relativa all’articolo 30), in particolare per ciò che riguarda la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fa riferimento ad una relazione sui progressi realizzati in tale settore (COM(2006)849), con cui la Commissione ha valutato in quale misura gli Stati membri abbiano progredito verso il conseguimento dei loro obiettivi indicativi nazionali e la conformità di questi ultimi con l’obiettivo indicativo globale del 21% di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili[113]. In particolare l’Italia, assieme ad Austria, Cipro, Estonia, Francia, Lettonia, Malta e Repubblica slovacca, è stata inserita nel quinto ed ultimo gruppo di merito, quello cioè che include i paesi che, in base al tasso di penetrazione del mercato raggiunto e alle politiche attuate al momento, sono considerate più distanti dall’obiettivo indicativo. La relazione conferma, ad avviso della Commissione, la necessità di un ulteriore impegno per definire un percorso che consenta di integrare le energie rinnovabili nei grandi orientamenti politici ed economici per i settori dei trasporti, dell’elettricità, del riscaldamento e del raffreddamento.

Procedure di contenzioso

In relazione al recepimento e all’applicazione della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Commissione europea ha avviato, nei confronti dell’Italia, tre procedure di infrazione.

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[114] con cui contesta le diverse procedure messe in atto a livello regionale e comunale per il rilascio di permessi di costruzione e gestione degli impianti di energia idroelettrica, in particolare nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali sistemi autorizzatori non sono ritenuti dalla Commissione conformi alle disposizioni relative alle procedure amministrative di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora,[115] nella quale rileva che le misure messe in atto dall’Italia per conformarsi alle disposizioni della direttiva 2001/77/CE (decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387) rappresentano un mero recepimento formale della direttiva, per la cui concreta attuazione sarebbe necessaria l’introduzione di specifiche norme. La Commissione, inoltre, pone in evidenza che alcuni degli atti normativi di cui il D.lgs n.387 del 2003 prevedeva l’emanazione, non sono stati adottati secondo le scadenze previste dal decreto.

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[116] con la quale si contesta il mancato rispetto degli obblighi inerenti al riconoscimento delle garanzie di origine debitamente rilasciate da altri Stati membri dell’UE, con particolare riferimento alle importazioni effettuate nel 2004 e 2005.

In particolare, la Commissione rileva che l’articolo 11, comma 10, del D. lgs. n.387, del 29 dicembre 2003, notificato dall’Italia quale misura di recepimento della succitata direttiva 2001/77/CE, stabilisce correttamente che la garanzia di origine di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili rilasciata in altri Stati membri dell’UE, a seguito del recepimento della direttiva 2001/77/CE, è riconosciuta anche in Italia.

Tuttavia una nota “Informativa sull’obbligo di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 79/99[117] relativamente alle importazioni di elettricità prodotta da fonti rinnovabili”, fornita dal Ministero dello Sviluppo economico in relazione all’articolo 11, comma 10, del D. lgs 387/03, implicherebbe in pratica, che le garanzie di origine rilasciate in altri Stati membri per le importazioni effettuate nel 2004 e nel 2005 non possano essere riconosciute.

Secondo la Commissione, tale disposizione normativa risulterebbe in conflitto con gli obblighi stabiliti all’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2001/77/CE e costituirebbe un rifiuto ingiustificato di riconoscere le garanzie di origine debitamente rilasciate in altri Stati membri poiché tale mancato riconoscimento della garanzia di origine non risulterebbe fondato su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori.

 


Articolo 53
(Norme per facilitare la diffusione di fonti energetiche rinnovabili)

 

1. All'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «o altro soggetto istituzionale delegato» sono sostituite dalle seguenti: «o dalle province delegate»;

b) al comma 3, dopo le parole: «del patrimonio storico-artistico» sono inserite le seguenti: «, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico»;

c) al comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli impianti offshore l'autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d'uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima»;

d) dopo il primo periodo del comma 4 è inserito il seguente: «In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano»;

e) al secondo periodo del comma 4, le parole: «, in ogni caso,» sono soppresse e, dopo le parole: «a seguito della dismissione dell'impianto» sono aggiunte le seguenti: «o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale»;

f) al comma 5, le parole: «di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c)»;

g) al comma 5, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività»;

h) al comma 6 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, dei comuni e delle comunità montane. La definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali è rimessa alla commissione provinciale di cui all'articolo 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327»;

i) al comma 10 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro il predetto termine, si applicano le linee guida nazionali».

2. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell'iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal terzo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, introdotto dall'articolo 1, comma 75, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

3. Quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e successive modificazioni, sia presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell'articolo 3 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

4. Al decreto legislativo n. 387 del 2003 è allegata la seguente tabella:

«Tabella A

(Articolo 12)

Fonte                                            Soglie

1. Eolica...................................... 60 kW

2. Solare fotovoltaica..................... 20 kW

3. Idraulica.................................. 100 kW

4. Biomasse .............................. 200 kW

5. Gas di discarica, gas

residuati dai processi di

depurazione e biogas................ 250 kW».

 

L'articolo 53 modifica in più parti la disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Il comma 1, in particolare, reca una serie di integrazioni e modifiche all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, concernente la promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità. Tali modifiche sono evidenziate nel seguente testo a fronte.

 

D.lgs. n. 387/2003

(testo vigente)

D.lgs. n. 387/2003

(testo proposto)

 

 

Art. 12.

Art. 12.

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

(Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative).

1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.

1. Identico.

2. Restano ferme le procedure di competenza del Mistero dell'interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.

2. Identico.

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.

 

3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni. Per gli impianti offshore l’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con le modalità di cui al comma 4 e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

 

4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. In caso di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio storico-artistico, la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, è rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4.

 

5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

6. L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.

 

6. L'autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province, dei comuni e delle comunità montane. La definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali è rimessa alla commissione provinciale di cui all’articolo 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.

7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.

7. Identico.

9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonché di quanto disposto al comma 10.

9. Identico.

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

 

10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Le regioni adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida. In caso di mancato adeguamento entro i predetti termini, si applicano le linee guida nazionali.

 

Il testo vigente del comma 3 dell'articolo 12 prevede, fra l’altro, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.

 

I punti a), b) e c) modificano il comma 3 dell’articolo 12.

Il punto a) specifica che l'autorizzazione unica può essere rilasciata, oltre che dalla regione, dalle province delegate dalla regione.

Il punto b) precisa inoltre che l'autorizzazione unica costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.

Il punto c) integra la disposizione con la previsione che l'autorizzazione unica per gli impianti offshore (cioè in mare aperto) sia rilasciata dal Ministero dei trasporti, sentito il Ministro dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare, a seguito di un procedimento unico e previa concessione d’uso del demanio marittimo da parte della competente autorità marittima.

 

Il testo vigente del comma 4 dell'articolo 12 citato prevede che l'autorizzazione unica sia rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge n. 241/1990 Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto.

 

Il punto d) integra il comma 4 dell’articolo 12 con la previsione che in caso di dissenso nel procedimento unico (purché il dissenso non  sia espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico) la decisione, ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle regioni, sia rimessa alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Al riguardo, il comma 6-bis dell'articolo 14-ter della legge 241/1990, applicabile anche al procedimento di cui all'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003, prevede che all'esito dei lavori della conferenza di servizi, e in ogni caso scaduto il termine, l'amministrazione procedente adotti la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede. Dunque in caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali (si veda infra) l'amministrazione procedente ben può concludere il procedimento e concedere l'autorizzazione unica se le posizioni prevalenti sono state orientate in tal senso. Con la modifica in esame invece nel caso di dissenso non riferibile ad interessi speciali l'amministrazione procedente dovrebbe comunque rimettere la decisione alla Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Per quanto riguarda il dissenso espresso da una amministrazione statale preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, continuerebbe ad applicarsi il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 il quale prevede la rimessione della decisione entro dieci giorni:

-        al Consiglio dei Ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;

-        alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata "Conferenza Stato-regioni", in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;

-        alla Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori, la decisione è assunta entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio dei Ministri, della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata, valutata la complessità dell'istruttoria, decida di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.

Tuttavia il comma 3 dell'articolo 14-quater della legge 241/1990 prevede l'applicazione della disciplina citata anche nel caso in cui il motivato dissenso sia espresso da un'amministrazione preposta alla tutela della salute e della pubblica incolumità, casi invece non fatti salvi dal comma 3 in esame.

Pertanto i casi di dissenso espresso da amministrazioni preposte alla tutela della salute o della pubblica incolumità sono superabili con decisione della Giunta regionale ovvero alle Giunte delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il punto e) modifica il comma 4 dell'articolo 12 nella parte in cui prevede l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente  a seguito della dismissione dell'impianto. In alternativa a tale obbligo, per gli impianti idroelettrici, si prevede l'obbligo di esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale.

 

Il testo vigente del comma 5 dell'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003 prevede che non si applichino le procedure di cui ai commi 3 e 4 per l'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione.

 

Il punto f) modifica il comma 5 dell’articolo 12, provvedendo a correggere un errore materiale (in quanto l'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 non reca alcun comma 2 ed il riferimento è da intendersi al comma 1).

Gli impianti previsti dalle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 2 del D.Lgs. 387/2003 sono i seguenti:

b) impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili: impianti alimentati dalle biomasse e dalla fonte idraulica, ad esclusione, per quest'ultima fonte, degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi, di cui alla lettera d) .

c) impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta: impianti alimentati dalle fonti rinnovabili che non rientrano tra quelli di cui alla lettera b).

 

Il punto g) aggiunge due periodi alla fine comma 5 dell’articolo 12.

Il primo periodo prevede l'applicazione dell'istituto della denuncia di inizio attività[118] per gli impianti con capacità di generazione inferiore alle soglie individuate dalla seguente tabella:

 

Fonte

Soglie

Eolica

60 kW

Solare fotovoltaica

20 kW

Idraulica

100 kW

Biomasse

200 kW

Gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas

250 kW

 

Relativamente alla disciplina della DIA recata dagli artt. 22 e 23 del DPR n. 380/2001, si ricorda brevemente che l’art. 23 del DPR n. 380/2001 dispone, tra l’altro, che “il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie”. Lo stesso articolo dispone anche che la DIA “è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni. La realizzazione della parte non ultimata dell'intervento è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è comunque tenuto a comunicare allo sportello unico la data di ultimazione dei lavori”.

 

La disposizione rimette poi ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, la possibilità di individuare maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina di inizio attività.

 

Il punto h) modifica il comma 6 dell'articolo 12, in modo da precisare che l'autorizzazione non può prevedere né essere subordinata a misure di compensazione non soltanto a favore delle regioni, e delle province ma anche dei comuni, delle comunità montane, mentre la definizione del corrispettivo dovuto agli enti locali per la volontaria assegnazione di diritti di utilizzo di aree demaniali viene rimessa alla Commissione provinciale prevista dall'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327  .

 

La Commissione cui viene rimessa la definizione del corrispettivo è la “Commissione competente alla determinazione dell'indennità definitivadi esproprio, istituita - ai sensi del citato art. 41 del DPR n. 327/2001 - dalla Regione in ogni provincia e composta:

a)    dal presidente della Provincia, o da un suo delegato, che la presiede;

b)    dall'ingegnere capo dell'ufficio tecnico erariale, o da un suo delegato;

c)    dall'ingegnere capo del genio civile, o da un suo delegato;

d)    dal presidente dell'Istituto autonomo delle case popolari della Provincia, o da un suo delegato;

e)    da due esperti in materia urbanistica ed edilizia, nominati dalla Regione;

f)     da tre esperti in materia di agricoltura e di foreste, nominati dalla Regione su terne proposte dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

La Regione può nominare altri componenti e disporre la formazione di sottocommissioni, aventi la medesima composizione della commissione prevista dal comma 1. La commissione ha sede presso l'ufficio tecnico erariale. Il dirigente dell'Ufficio distrettuale delle imposte cura la costituzione della segreteria della commissione e l'assegnazione del personale necessario. Nell'ambito delle singole regioni agrarie, delimitate secondo l'ultima pubblicazione ufficiale dell'Istituto centrale di statistica, entro il 31 gennaio di ogni anno la commissione determina il valore agricolo medio, nel precedente anno solare, dei terreni, considerati non oggetto di contratto agrario, secondo i tipi di coltura effettivamente praticati.

 

Merita evidenziare che in molte regioni il rilascio dell’autorizzazione regionale è condizionato alla stipula di una convenzione tra Comune e società che realizzano gli impianti, e che in molti casi tali convenzioni prevedono la corresponsione di somme compensative a favore dei Comuni che ospitano gli impianti medesimi.

Il testo vigente del comma 10 dell'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003 prevede che in Conferenza unificata, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvino le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

 

Il punto i) aggiunge alla fine del comma 10 dell'articolo 12 una norme volta a prevedere l'adeguamento da parte delle Regioni delle rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle linee guida, decorsi i quali si applicano le linee guida nazionali.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame specifica che per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili la dimostrazione di avere concretamente avviato la realizzazione dell’iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio dei lavori è fornita anche con la prova di avere svolto le attività previste dal terzo periodo del comma l dell’articolo 15 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, così come introdotto dall’articolo 1, comma 75, della legge 23 agosto 2004, n. 239.

Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 15 del D.Lgs. 79/1999 prevede che i soggetti destinatari di incentivi relativi alla realizzazione di impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili che non rispettino la data di entrata in esercizio dell'impianto indicata nella convenzione e nelle relative modifiche e integrazioni sono considerati rinunciatari qualora non abbiano fornito idonea prova all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di avere concretamente avviato la realizzazione dell'iniziativa mediante l'acquisizione della disponibilità delle aree destinate ad ospitare l'impianto, nonché l'accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente, ovvero l'indizione di gare di appalto o la stipulazione di contratti per l'acquisizione di macchinari o per la costruzione di opere relative all'impianto, ovvero la stipulazione di contratti di finanziamento dell'iniziativa o l'ottenimento in loro favore di misure di incentivazione previste da altre leggi a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 3 prevede che quando la domanda di autorizzazione unica per le opere di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 è presentata da una amministrazione aggiudicatrice, ai sensi del comma 25 dell’art. 3 del d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), le conseguenti attività sono soggette alla disciplina del medesimo codice.

Si ricorda che l’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387/2003 assoggetta ad un’autorizzazione unica “la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi”.

Relativamente al profilo di amministrazione aggiudicatrice, si ricorda che, ai sensi del citato art. 3, comma 25, del d.lgs. n. 163/2006, vi rientrano le “amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”. La definizione di “organismo di diritto pubblico” è contenuta nel successivo comma 26.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 50.

 

 


Articolo 54
(Connessione degli impianti, acquisto e trasmissione
dell’elettricità da fonti rinnovabili)

 

1. Il gestore di rete connette senza indugio e prioritariamente alla rete gli impianti che generano energia elettrica da fonti rinnovabili che ne facciano richiesta, nel rispetto delle direttive impartite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

2. Al comma 2 dell'articolo 14 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, sono aggiunte le seguenti lettere:

«f-bis) sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia;

f-ter) prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, e dell'articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, vincolanti fra le parti;

f-quater) prevedono l'obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche nel caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l'energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui;

f-quinquies) prevedono che gli interventi obbligatori di adeguamento della rete di cui alla lettera f-quater) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti per autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell'energia elettrica prodotta;

f-sexies) prevedono che i costi associati alla connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) e che i costi associati allo sviluppo della rete siano a carico del gestore della rete;

f-septies) prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze, operanti nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le loro forme consortili».

3. Il Ministro dello sviluppo economico è autorizzato ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo tese a promuovere e realizzare gli adeguamenti della rete elettrica ulteriori che risultino necessari per la connessione ed il dispacciamento dell'energia elettrica generata con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

 

L’articolo 54, introdotto al Senato, detta norme in materia di connessione agli impianti, acquisto e trasmissione dell’elettricità da fonti rinnovabili.

 

Il comma 1 prevede, qualora ne sia fatta richiesta, la connessione prioritaria alla rete elettrica degli impianti che utilizzano fonti rinnovabili, nel rispetto delle direttive impartite dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.

 

Tale previsione risulta in linea con l'art.11, par. 3 della direttiva 2003/54/CE  la quale dà facoltà agli Stati di imporre al gestore del sistema di trasmissione di dare la precedenza nel dispacciamento agli impianti di generazione che impiegano fonti energetiche rinnovabili o rifiuti, oppure che assicurano la produzione mista di calore e di energia elettrica.

Per quanto concerne la normativa nazionale, si ricorda che l'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999.

 

Il comma 2 integra l’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (aggiungendovi sei lettere, da f-bis) a f-septies)), al fine di puntualizzare i contenuti delle direttive che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas è chiamata ad adottare per definire le condizioni tecniche ed economiche per la connessione alla rete di impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

L'articolo 14 del decreto legislativo n.387/2003 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas emani specifiche direttive relativamente alle condizioni tecniche ed economiche per l'erogazione del servizio di connessione di impianti alimentati da fonti rinnovabili alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV, i cui gestori hanno obbligo di connessione di terzi (comma 1).

Ai sensi del comma 2 le direttive, in particolare:

a)    prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, degli standard tecnici per la realizzazione degli impianti di utenza e di rete per la connessione;

b)    fissano le procedure, i tempi e i criteri per la determinazione dei costi, a carico del produttore, per l'espletamento di tutte le fasi istruttorie necessarie per l'individuazione della soluzione definitiva di connessione;

c)    stabiliscono i criteri per la ripartizione dei costi di connessione tra il nuovo produttore e il gestore di rete;

d)    stabiliscono le regole nel cui rispetto gli impianti di rete per la connessione possono essere realizzati interamente dal produttore, individuando altresì i provvedimenti che il Gestore della rete deve adottare al fine di definire i requisiti tecnici di detti impianti; per i casi nei quali il produttore non intenda avvalersi di questa facoltà, stabiliscono quali sono le iniziative che il gestore di rete deve adottare al fine di ridurre i tempi di realizzazione;

e)    prevedono la pubblicazione, da parte dei gestori di rete, delle condizioni tecniche ed economiche necessarie per la realizzazione delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete per la connessione di nuovi impianti;

f)     definiscono le modalità di ripartizione dei costi fra tutti i produttori che ne beneficiano delle eventuali opere di adeguamento delle infrastrutture di rete. Dette modalità, basate su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori tengono conto dei benefici che i produttori già connessi e quelli collegatisi successivamente e gli stessi gestori di rete traggono dalle connessioni.

I gestori di rete sono tenuti a fornire al produttore che richiede il collegamento alla rete di un impianto alimentato da fonti rinnovabili le soluzioni atte a favorirne l'accesso alla rete, unitamente alle stime dei costi e della relativa ripartizione (comma 3).

L'Autorità adotta i provvedimenti eventualmente necessari per garantire che la tariffazione dei costi di trasmissione e di distribuzione non penalizzi l'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, compresa quella prodotta in zone periferiche, quali le regioni insulari e le regioni a bassa densità di popolazione (comma 4).

 

La disposizione in commento prevede che l’Autorità emani ulteriori direttive, le quali:

1)    sottopongono a termini perentori le attività poste a carico dei gestori di rete, individuando sanzioni e procedure sostitutive in caso di inerzia (lettera f-bis));

2)    prevedono, ai sensi del paragrafo 5 dell’articolo 23 della direttiva 2003/54/CE del 26 giugno 2003[119]e dell’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, procedure di risoluzione delle controversie insorte fra produttori e gestori di rete con decisioni, adottate dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, vincolanti fra le parti (lettera f-ter));

3)    prevedono l’obbligo di connessione prioritaria alla rete degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, anche nel caso in cui la rete non sia tecnicamente in grado di ricevere l’energia prodotta ma possano essere adottati interventi di adeguamento congrui (lettera f-quater));

4)    prevedono che gli interventi obbligatori di adeguamento della rete di cui alla lettera i) includano tutte le infrastrutture tecniche necessarie per il funzionamento della rete e tutte le installazioni di connessione, anche per gli impianti per autoproduzione, con parziale cessione alla rete dell’energia elettrica prodotta (lettera f-quinquies));

5)    prevedono che i costi associati alla connessione siano ripartiti con le modalità di cui alla lettera f) mentre i costi associati allo sviluppo della rete siano a carico del gestore della rete (lettera f-sexies));

6)    prevedono le condizioni tecnico-economiche per favorire la diffusione, presso i siti di consumo, della generazione distribuita e della piccola cogenerazione mediante impianti eserciti tramite società terze, operanti nel settore dei servizi energetici, comprese le imprese artigiane e le forme consortili (lettera f-septies)).

 

Il comma 3 delega il Ministro dello sviluppo economico ad emanare, con proprio decreto, misure e linee di indirizzo tese a promuovere e realizzare gli adeguamenti della rete elettrica ulteriori che risultassero necessari per la connessione ed il dispacciamento dell'energia elettrica generata con impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 52.

Procedure di contenzioso

Si veda il paragrafo Procedure di contenzioso relativo all’articolo 52.

 

 


Articolo 55
(Armonizzazione delle funzioni dello Stato e delle regioni
in materia di fonti rinnovabili)

 

1. Il Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano della quota minima di incremento dell'energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l'obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiornamenti proposti dall'Unione europea.

2. Entro i successivi novanta giorni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri piani o programmi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o programmi, provvedono a definirli, e adottano le iniziative di propria competenza per concorrere al raggiungimento dell'obiettivo minimo fissato di cui al comma 1.

3. Ogni due anni, dopo l'entrata in vigore delle disposizioni del presente articolo, il Ministro dello sviluppo economico verifica per ogni regione le misure adottate, gli interventi in corso, quelli autorizzati, quelli proposti, i risultati ottenuti al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, e ne dà comunicazione con relazione al Parlamento.

4. Nel caso di inadempienza dell'impegno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 2, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell'obiettivo di pertinenza di cui al comma 1, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza nei sei mesi successivi all'invio del richiamo, provvede entro gli ulteriori sei mesi con le modalità di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

5. Le regioni promuovono il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell'obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

6. Con accordi di programma, il Ministero dello sviluppo economico o altri Ministeri interessati e le regioni promuovono lo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, ed apparecchi, e interventi per le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese, avvalendosi in particolare delle risorse del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.

 

 

L’articolo 55, introdotto al Senato, regola le funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di fonti rinnovabili.

 

Il comma 1 prevede che il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni, stabilisca con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della quota minima di incremento dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, e dei successivi aggiornamenti proposti dall’Unione europea.

 

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE  prevede che gli Stati membri adottino misure appropriate atte a promuovere l'aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Sono previsti obiettivi indicativi nazionali, ovvero non vincolanti, per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. In particolare è fissato un obiettivo generale per la Comunità europea del 22,1 % di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità entro il 2010.

Nell'allegato alla direttiva 2001/77/CE contenente i valori di riferimento per gli obiettivi indicativi nazionali degli Stati membri relativi al contributo dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili al consumo lordo di elettricità entro il 2010 all'Italia è attribuito l'obiettivo del 25% di elettricità da fonti rinnovabili .

L'articolo 3 della direttiva 2001/77/CE prevede inoltre che la Commissione sorvegli i progressi compiuti dagli Stati membri e pubblichi una relazione contenente le sue conclusioni, per la prima volta entro il 27 ottobre 2004 e successivamente ogni due anni.

Nel gennaio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione contenente la relazione sui progressi realizzati nel settore dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nella quale si prevede il raggiungimento di una quota del 19% entro il 2010. Per quanto riguarda l'Italia si "constata un notevole divario tra l'attuale tasso di penetrazione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili e l'obiettivo del 25% fissato per il 2010".

Contestualmente, la Commissione europea ha presentato una comunicazione nella quale preannuncia la presentazione di una proposta legislativa che fissi un obiettivo obbligatorio (giuridicamente vincolante) di una quota del 20% di energie rinnovabili sul consumo energetico dell'Ue per il 2020.

 

Il comma 2 stabilisce che entro i novanta giorni successivi al decreto previsto dal comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguino i propri piani o programmi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica negli usi finali o, in assenza di tali piani o programmi, provvedano a definirli, e adottino le iniziative di propria competenza per concorrere al raggiungimento dell’obiettivo minimo fissato di cui al comma 1.

 

In base al comma 3 ogni due anni, dopo l’entrata in vigore delle norme di cui al comma 1, il Ministro dello sviluppo economico, verifica per ogni Regione le misure adottate, gli interventi in corso, quelli autorizzati, quelli proposti, i risultati ottenuti al fine del raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1, e ne dà comunicazione con relazione al Parlamento.

 

Il comma 4 prevede che in caso di inadempienza dell’impegno delle regioni relativamente a quanto previsto al comma 2, ovvero nel caso di provvedimenti delle medesime regioni ostativi al raggiungimento dell’obiettivo di pertinenza di cui al comma 1, il Governo invia un motivato richiamo a provvedere e quindi, in caso di ulteriore inadempienza entro sei mesi dall’invio del richiamo, esercita il potere sostitutivo entro i successivi sei mesi, con le modalità di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 .

L'articolo 120, comma 2, della Costituzione, prevede che il Governo possa sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

L'articolo 8 della legge 131/2003 reca le norme per l'attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.

Il primo comma prevede che nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

In base al secondo comma qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia.

Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame. 

Si prevede, infine, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.

 

Il comma 5 prevede che le regioni promuovono il coinvolgimento delle province e dei comuni nelle iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di incremento delle fonti energetiche rinnovabili nei rispettivi territori.

 

Il comma 6 prevede che con accordi di programma, il Ministero dello sviluppo economico, o altri Ministeri interessati e le regioni, promuovano lo sviluppo delle imprese e delle attività per la produzione di impianti, apparecchi, interventi per le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese avvalendosi in particolare delle risorse del Quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.

 

Il Quadro strategico nazionale 2007-2013 prevede dieci azioni prioritarie, tra queste la priorità n. 3 è assegnata all'energia e ambiente, la quale si articola in due obiettivi generali, uno dei quali finalizzato a promuovere le opportunità di sviluppo locale attraverso l’attivazione di filiere produttive collegate all’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e al risparmio energetico.

La strategia del Quadro si attua anche attraverso due programmi operativi interregionali, ovvero una forma di intervento volta a realizzare una strategia e conseguire obiettivi che si riferiscono ad aree più ampie di quelle di una singola regione. Uno dei due programmi operativi interregionali è dedicato all'energia rinnovabile e al risparmio energetico. Per tale programma operativo interregionale è previsto uno stanziamento per gli anni 2007-2013 di 803,9 milioni di euro.

 

Merita al riguardo evidenziare che la disposizione in esame va raccordata con quanto previsto al comma 10 dell'articolo 30-ter del disegno di legge in esame, in base al quale la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, ha diritto di accesso agli incentivi di cui allo stesso articolo (certificati verdi o tariffa fissa) a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 52.

 

Procedure di contenzioso

Si veda il paragrafo Procedure di contenzioso relativo all’articolo 52.

 

 

 


Articolo 58
(Sostegno all’imprenditoria femminile)

 

1. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al comma 847, dopo le parole: «da piccole e medie imprese» sono aggiunte le seguenti: «e per sostenere la creazione di nuove imprese femminili ed il consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili».

 

 

L'articolo 58 novella il comma 847, art. 1, dalla legge finanziaria 2007 (L 296/2006) modificando la disciplina del Fondo per la finanza d'impresa, istituito dallo stesso comma, in modo da estenderne l'applicazione prioritaria alla creazione di nuove imprese femminili ed al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili (lettera a)).

 

In particolare il richiamato comma 847 della finanziaria 2007, di cui si propone la modifica, ha istituito il “Fondo per la finanza d'impresa per facilitare l'accesso al credito, alla finanza ed al mercato finanziario delle imprese e razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al capitale di rischio. I

Nel Fondo sono confluite le risorse del Fondo centrale di garanzia (istituito dall’art. 15 legge 266/97), del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350 del 2003), che sono stati soppressi, nonché le risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge finanziaria 2001 (interventi FIT[120]) e dell’art. 1, comma 222, della legge finanziaria 2005 (alienazione di fondi comuni di investimento)[121]. Al Fondo è stata conferita inoltre la somma di 50 milioni di euro per il 2007, 100 milioni per il 2008 e 150 milioni per il 2009.

Gli interventi del Fondo sono volti a facilitare:

§      operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;

§      la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.

Con riferimento alle operazioni di partecipazione al capitale di rischio, gli interventi del Fondo per la finanza di impresa sono prioritariamente destinati:

§      al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico;

§      al rafforzamento patrimoniale di piccole e medie imprese localizzate nelle aree dell'obiettivo 1 e dell'obiettivo 2 di cui al regolamento CE n. 1260/1999[122];

§      a programmi di sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese.

A questi obiettivi prioritari il comma in esame aggiunge, come detto, il sostegno alla creazione di nuove imprese femminile e al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese.

Le modalità di funzionamento del Fondo sono rinviate ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 848), prevedendo anche la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti i. Il decreto provvederà, altresì a fissare i criteri per la realizzazione degli interventi previsti dal precedente comma, le priorità d’intervento, nonché le condizioni di eventuali cessioni a terzi degli impegni assunti posti a carico dei fondi le cui dotazioni confluiscono nel Fondo per la finanza d’impresa. Il termine ultimo per l’adozione del decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è fissato in due mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria.

Si fa presente che il suddetto decreto interministeriale non risulta fin qui adottato. Fino all’adozione del suddetto decreto, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione dell’Unione europea saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione (comma 849).

Il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti da altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali per la finanza di imprese individuate dallo stesso decreto è, invece, demandato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 850).

 

Si segnala che una integrazione alla disciplina del Fondo per la finanza d'impresa in favore delle imprese femminili è contenuta anche all’art. 46-ter del ddl di conversione del DL 159/07 - attualmente all’esame della Camera – in cui si prevede che le modalità di funzionamento del Fondo siano definite, per quanto attiene agli interventi a sostegno dell’imprenditoria femminile, anche con il concerto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema occupabilità e imprenditorialità

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), in data 11 e 12 luglio 2007, ha adottato un parere di iniziativa sul tema “Occupabilità e imprenditorialità – La società civile, le parti sociali e gli enti regionali e locali in una prospettiva di genere” (2007/C 256/21). Il CESE sottolinea che, malgrado i buoni risultati conseguiti, è necessario realizzare maggiori riforme nel quadro della strategia di Lisbona, per garantire la partecipazione, in condizioni di parità, delle donne e degli uomini alla creazione di imprese e all’accesso all’occupazione.

Il CESE osserva in via preliminare che in Europa le donne non dispongano ancora delle stesse opportunità imprenditoriali né delle stesse possibilità sul mercato del lavoro che hanno gli uomini e ricorda che le imprenditrici rappresentano solo il 30% dell’imprenditoria dell’UE e il 37% delle lavoratrici autonome; in particolare,  evidenzia che le donne devono far fronte a maggiori ostacoli rispetto agli uomini nella creazione di imprese, per via degli stereotipi e delle barriere culturali e sociali, dell’orientamento formativo e delle difficoltà aggiuntive nell’ottenere i finanziamenti necessari per i progetti imprenditoriali.

A tal fine il Comitato economico e sociale europeo

-   ritiene necessario rafforzare la prospettiva di genere nella strategia di Lisbona, rivedendo gli obiettivi comunitari e quelli nazionali per garantire che le imprenditrici e le donne occupate siano più numerose, e che migliori la qualità del loro lavoro. In particolare, sottolinea l’importanza di far partecipare le parti sociali al processo di elaborazione degli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione, fin dalle primissime fasi e di consultarle sugli aspetti relativi all’inclusione di criteri di genere;

-   sostiene la risoluzione del Parlamento europeo del 17 marzo 2007 sulla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini, con particolare riferimento alla richiesta, rivolta agli Stati membri, di integrare o rafforzare i propri piani nazionali per l’occupazione e l’integrazione sociale al fine di inserirvi misure volte, tra l’altro, a promuovere l’imprenditoria femminile.

-   ritiene che negli orientamenti in materia di occupazione[123] si debbano definire alcuni obiettivi concreti e si debbano migliorare gli indicatori qualitativi e quantitativi necessari per procedere ad analisi comparative tra gli Stati membri dei progressi compiuti verso la parità effettiva delle donne nel mercato del lavoro e nell’imprenditorialità;

-   richiama l’attenzione sulle donne immigrate o appartenenti a una minoranza, ribadendo che le politiche dell’UE per l’integrazione e di lotta alle discriminazioni  debbano includere la prospettiva di genere, affinché le donne immigrate o appartenenti a minoranze etniche o culturali possano sviluppare i loro progetti imprenditoriali e inserirsi nel mercato del lavoro a parità di condizioni. Il CESE, nel ricordare che anche le donne diversamente abili devono far fronte a difficoltà aggiuntive per inserirsi nel mercato del lavoro e per creare imprese, propone di rafforzare, nei nuovi orientamenti e nei piani nazionali di riforma, l’obiettivo consistente nell’inserimento di questa categoria femminile nel mercato del lavoro, accompagnandolo con indici specifici;

-   ricorda che il Fondo sociale europeo, attraverso l’iniziativa EQUAL, ha sviluppato approcci importanti e innovativi per dare impulso all’imprenditorialità e all’occupabilità di queste donne che sono vittime di maggiori discriminazioni; invita pertanto gli enti locali e regionali a sfruttare queste esperienze per svilupparle ulteriormente nel quadro degli interventi del FSE previsti per il nuovo periodo di programmazione 2007-2013;

-   sottolinea che nella comunicazione della Commissione “Piano d’azione: un’agenda europea per l’imprenditorialità” (COM(2004) 70) viene proposta una serie di misure per la promozione del’imprenditorialità, destinate all’UE e ai responsabili politici di tutti gli Stati membri. Il piano sottolinea, tra l’altro, la necessità di fornire alle donne un sostegno personalizzato;

-   ribadisce che gli enti locali e regionali devono incoraggiare le donne a sviluppare lo spirito imprenditoriale, quale fattore di parità e di sviluppo economico e sociale a livello locale. Ritiene necessario definire delle misure di sostegno che consentano alle imprenditrici di accedere ai servizi finanziari e ai crediti necessari;

-   afferma che gli Stati membri devono fornire maggiore sostegno alle piccole imprese, dato che la maggioranza delle imprenditrici ritiene che le politiche fiscali siano uno degli ostacoli principali allo sviluppo delle imprese, per via delle incongruenze esistenti nella legislazione in vigore;

-   invita la Commissione a promuovere un dibattito per migliorare la protezione sociale delle imprenditrici.

Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI

Il 4 ottobre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Piccole e medie imprese, essenziali per conseguire una maggiore crescita e rafforzare l’occupazione – Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI” (COM(2007)592).

La comunicazione sottolinea, tra l’altro, che non è stato ancora pienamente sfruttato l’immenso potenziale imprenditoriale delle donne, degli anziani e delle minoranze etniche.

 


Articolo 62
(Miglioramento del sistema di trasporto nazionale per favorire l’intermodalità e l’utilizzo di mezzi meno inquinanti)

 

1. Le annualità relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, sono ridotte di 56.368.535 euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012, e di 4.722.845 euro per il 2013.

2. Le somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti relativi all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 1, della legge 23 dicembre 1997, n. 454, e successive modificazioni, sono mantenute nel conto dei residui per essere versate all'entrata del bilancio dello Stato per l'ammontare di euro 452.311.525 nell'anno 2008.

3. Gli oneri previsti dalla tabella E, allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, sono ridotti di 5 milioni di euro per il 2008, di 7 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010.

4. L'articolo 145, comma 40, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, è abrogato.

5. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 51, è ridotta della somma di 713.000 euro a decorrere dal 2008.

6. Al fine di consentire la piena operatività degli incentivi alle imprese di autotrasporto, di cui al decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, e al relativo regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 2006, n. 205, volti a spostare quote rilevanti di traffico pesante dalla modalità stradale a quella marittima, è autorizzata la spesa di 77 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

7. L'autorizzazione di spesa relativa al limite di impegno quindicennale disposto dall'articolo 3, comma 2-ter, del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, è soppressa.

8. Per interventi necessari a fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai programmati lavori di ammodernamento dell'autostrada A3 nel tratto Gioia Tauro - Reggio Calabria e per migliorare la qualità del servizio di trasporto e di sicurezza nello Stretto di Messina è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 22 milioni di euro per l'anno 2009 e di 7 milioni di euro per l'anno 2010, da destinare ad interventi infrastrutturali nella misura del 50 per cento.

9. La programmazione degli interventi di cui al comma 8 e la ripartizione delle relative risorse sono approvate con uno o più decreti del Ministro dei trasporti e, per gli interventi infrastrutturali, del Ministro delle infrastrutture.

10. A valere sulle risorse assegnate dal Ministero dei trasporti all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, sono individuate con decreto del Ministro dei trasporti le risorse necessarie per il potenziamento e la sicurezza dell'aeroporto di Reggio Calabria, nonché per gli interventi di continuità territoriale da e per tale aeroporto e per l'adeguamento del servizio cargo da e per l'aeroporto di Catania.

11. L'attuazione delle disposizioni di cui al comma 5 dell'articolo 38 della legge 1o agosto 2002, n. 166, e successive modificazioni, prosegue per un ulteriore biennio, secondo le disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, nonché al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004, n. 340, e al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 167 del 20 luglio 2005, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse finanziarie stanziate per il triennio 2004-2006 effettivamente disponibili rivenienti dalle operazioni effettuate ai sensi dell'articolo 38 della citata legge n. 166 del 2002.

12. Con decreto del Ministro dei trasporti sono definite condizioni e modalità operative per l'attuazione di quanto previsto al comma 11. Dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti di cui al presente comma decorre il biennio di attuazione delle misure di cui al medesimo comma 11.

13. Le somme del fondo istituito dal comma 6 dell'articolo 38 della legge n. 166 del 2002, che residuano dall'attuazione, nel triennio 2004-2006, delle misure di cui al medesimo articolo sono utilizzate ai fini di quanto disposto dal comma 11 del presente articolo.

14. L'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 38, comma 7, della legge n. 166 del 2002 prosegue per un ulteriore triennio, secondo le disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, nonché agli articoli 14 e 15 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004, n. 340, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

15. Il triennio di cui al comma 14 decorre dalla data di sottoscrizione degli accordi di programma di cui all'articolo 38, comma 7, della legge n. 166 del 2002.

16. Per l'attuazione di quanto disposto al comma 14, sul Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti di cui al comma 6 dell'articolo 38 della legge n. 166 del 2002, istituito nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

17. Per il completamento e l'implementazione della rete immateriale degli interporti finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale, è autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010.

18. Al fine di ottimizzare i flussi nei nodi del sistema logistico nazionale, gli interventi previsti dal comma 1044 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono rifinanziati nella misura di 2 milioni di euro per l'anno 2009 e 2 milioni di euro per l'anno 2010.

19. Il contributo, previsto all'articolo 1, comma 1044, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dovrà essere utilizzato, prioritariamente, ai fini della riduzione del cofinanziamento nel limite del 35 per cento del contributo statale previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 18T del 20 giugno 2005 e dalla conseguente convenzione in essere tra il Ministero dei trasporti e la UIRnet S.p.A., stipulata in data 21 dicembre 2006.

20. Al fine di implementare le azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale e dare attuazione alle azioni previste dal Piano nazionale della sicurezza stradale mediante azioni mirate e sinergiche volte a rafforzare i controlli su strada anche attraverso l'implementazione di idonee attrezzature tecniche funzionali all'aumento dei controlli stradali, intensificare l'attività ispettiva e le verifiche previste dal codice della strada, dotare gli uffici ed il personale preposto ad attività di sicurezza stradale degli opportuni strumenti per l'esercizio delle attività istituzionali, ivi compresa la formazione, è autorizzata la spesa di 35 milioni di euro per l'anno 2008, di 30 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010, di 49 milioni di euro per l'anno 2011, di 56 milioni di euro per l'anno 2012 e di 4 milioni di euro per l'anno 2013.

21. Per il proseguimento degli interventi previsti dall'articolo 1, comma 1038, della citata legge n. 296 del 2006, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 15 milioni di euro per l'anno 2010.

22. Il capitale sociale delle Ferrovie della Calabria S.r.l., delle ferrovie Apulo Lucane S.r.l., delle ferrovie del Sud-Est S.r.l. è aumentato nel 2008 rispettivamente di 10 milioni di euro per una spesa complessiva di 30 milioni di euro.

23. Al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2008, di 10 milioni di euro per l'anno 2009 e di 10 milioni di euro per l'anno 2010, in favore di Trenitalia s.p.a. e di società del gruppo, per l'avvio di un programma finalizzato alla realizzazione di interventi volti alla rimotorizzazione, in conformità alla direttiva 2004/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, delle automotrici con motori diesel ancora utilizzate per il trasporto regionale su linee non elettrificate, in modo da conseguire, a regime, un risparmio energetico netto quantificabile in 233 milioni di euro, nonché una riduzione delle emissioni inquinanti di oltre 40.000 tonnellate.

24. È istituito presso il Ministero dei trasporti un fondo per l'ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma, al fine di determinare la migliore efficacia ed efficienza delle comunicazioni ferroviarie tra l'Abruzzo e la città di Roma, per il quale è autorizzata la spesa di 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con vincolo di destinazione per la tratta Avezzano-Roma.

 

 

L'articolo 62 contiene disposizioni finanziarie relative al settore del trasporto.

 

Il comma 1 riduce l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10 della legge 23 dicembre 1997, n. 454, recante "Interventi per la ristrutturazione dell'autotrasporto e lo sviluppo dell'intermodalità", di una somma pari a 56.368.535 euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2012, e di 4.722.845 per il 2013.

Il citato articolo 10 ha autorizzato limiti di impegno quindicennali per complessivi 150 miliardi di lire[124] (pari a 77.468.535 euro) quali contributi pari alla rata di ammortamento per capitale e interessi a fronte di mutui o altre operazioni finanziarie attivate dai soggetti operanti nel settore dell'autotrasporto, per le seguenti finalità, indicate negli articoli da 1 a 5 della stessa legge n. 454 del 1997:

-        interventi per la ristrutturazione dell’autotrasporto e lo sviluppo dell’intermodalità e del trasporto combinato;

-        investimenti innovativi e formazione professionale;

-        incentivazione all’esodo volontario di autotrasportatori monoveicolari e alla riduzione volontaria dell’offerta di autotrasporto;

-        incentivi per l’aggregazione di imprese di autotrasporto, diretta all’operatività nel comparto dei servizi intermodali e alla razionalizzazione dell’offerta di trasporto stradale;

-        interventi e agevolazione per il trasporto combinato ferroviario, marittimo e per vie navigabili interne.

 

Sempre con riferimento all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10 della legge n. 454 del 1997, il comma 2 dell’articolo in oggetto, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, dispone il mantenimento in conto residui delle somme rese disponibili per pagamenti non più dovuti. Tali importi, per un ammontare di 452.311.525 euro per il 2008, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Il comma 3 riduce di 5 milioni di euro per il 2008, di 7 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010 gli oneri previsti dalla tabella E, allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 226, recante "Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore".

La tabella E allegata alla legge n. 226 del 2004 definisce gli oneri finanziari annuali relativi al Corpo delle capitanerie di porto. Ai sensi dell’articolo 28 della stesa legge la determinazione annuale della consistenza dei volontari di truppa da assegnare al Corpo delle capitanerie di porto dovrà essere effettuata in coerenza con l’andamento dei suddetti oneri. Si segnala che gli importi attualmente previsti dalla citata tabella E, per gli anni interessati dal comma in esame, ammontano a:

§       76.404.162,91 euro per il 2008;

§       75.993.137,67 euro per il 2009;

§       75.188.592,32 euro per il 2010.

 

Il comma 4 abroga l’articolo 145, comma 40, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001).

La richiamata norma ha istituito un fondo di lire 1,5 miliardi (pari a 774.685 euro) nel 2001 e 5.164.589,99 euro a decorrere dall'anno 2002, per la promozione di trasporti marittimi sicuri, anche mediante il finanziamento di studi e ricerche.

 

Il comma 5 riduce di 713.000 euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6 della legge 7 marzo 2001, n. 51, recante "Disposizioni per la prevenzione dell'inquinamento derivante dal trasporto marittimo di idrocarburi e per il controllo del traffico marittimo".

La richiamata norma ha autorizzato, a decorrere dal 2001, la spesa di 13 miliardi di lire annue (pari a 6.713.940 euro), da parte del Ministero dei trasporti e della navigazione per la realizzazione del sistema globale di comunicazione per l'emergenza e la sicurezza in mare (GMDSS - Global Maritime Distress and Safety System), in attuazione delle regole 4, 5, 7, 8 e 9 del capitolo IV, come sostituito dagli emendamenti del 1988, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14 marzo 1992, dell'Allegato alla Convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare, aperta alla firma a Londra il 1° novembre 1974, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 23 maggio 1980, n. 313.

 

I commi 6-7 recano disposizioni per il finanziamento delle "autostrade del mare"; la misura si connette a quelle recate dai successivi commi 8 e 9 dirette ad affrontare l'emergenza derivante dai lavori sull'autostrada A3, nel tratto terminale della regione Calabria, e nello Stretto di Messina.

Norme sulle "autostrade del mare" sono contenute anche nell'articolo 76, comma 3, del disegno di legge in esame (si veda la relativa scheda).

 

Le “autostrade del mare” identificano il trasporto effettuato su più percorsi, in parte “tracciati” (tratte terrestri) ed in parte “non tracciati” (tratte marittime), in una logica di trasporto in grado di offrire una maggiore competitività rispetto alla sola modalità terrestre congestionata e ormai vicina al punto di saturazione. Tale modalità di trasporto risponde alla domanda di una moderna logistica in cui il flusso di trasporto si snodi senza soluzione di continuità per tutto il percorso. Il programma europeo “Autostrade del Mare” (Motorways of the Sea) si fonda su una logica di sistema integrato di trasporti, attraverso il quale l’accrescimento dell'efficacia e della competitività della modalità di trasporto combinata strada-mare avviene compatibilmente alla tutela dell'ambiente ed al decongestionamento delle strade, in un'ottica di sviluppo ecosostenibile. A livello nazionale sono state adottati diversi interventi per dare attuazione al progetto comunitario delle Motorways of the Sea. Tra questi vanno ricordati in particolare - oltre all'istituzione della società Rete Autostrade Mediterranee (RAM) - i finanziamenti per la riqualificazione e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali disposti con le leggi n. 413 del 1998 e n. 166 del 2002, gli incentivi all'autotrasporto per il trasferimento di traffico dal tutto-strada al combinato strada-mare con l'introduzione del cosiddetto ecobonus di cui alla legge n. 265 del 2002 (per il quale si veda oltre) ed il potenziamento degli impianti e della piattaforme logistiche portuali disposto con la legge obiettivo.

 

Il comma 6 autorizza la spesa di 77 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per consentire la piena operatività degli incentivi alle imprese di autotrasporto finalizzati allo spostamento di quote rilevanti di traffico dalla modalità stradale a quella marittima.

Si tratta degli incentivi per l’utilizzo delle autostrade del mare, c.d. ecobonus, di cui all’articolo 3, commi 2-ter e 2-quater, del D.L. 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, e al relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 11 aprile 2006, n. 205. In particolare il primo periodo del citato articolo 3, comma 2-ter, ha autorizzato, a decorrere dal 2006, la spesa di 20 milioni di euro, quale limite di impegno quindicennale a carico dello Stato, al fine dell'innovazione del sistema dell'autotrasporto di merci, dello sviluppo delle catene logistiche e del potenziamento dell'intermodalità, con particolare riferimento alle «autostrade del mare», nonché per lo sviluppo del cabotaggio marittimo e per i processi di ristrutturazione aziendale, per l'innovazione tecnologica e per interventi di miglioramento ambientale.

 

Il comma 7, sempre con riferimento agli incentivi di cui al comma 6, sopprime la sopra indicata autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro relativa al limite di impegno quindicennale.

Con riferimento ai sopra illustrati commi 6 e 7, il Governo afferma, nella relazione illustrativa al disegno di legge in esame, che occorre rendere fruibile agli interessati il meccanismo dell’ecobonus, ed assicurare la completa spendibilità di tutte le risorse attivabili, a partire dall’anno 2008 (anno in cui è prevista la prima erogazione dei rimborsi sulle tariffe pagate nell’anno in corso) e fino al 2010. Per tali finalità occorre sopprimere l’autorizzazione di spesa di cui al limite di impegno quindicennale, disposto dall’articolo 3, comma 2-ter, della legge n. 265 del 2002, e convertire il limite di impegno quindicennale. Tale misura, si legge nella stessa relazione, non ha effetto sull’indebitamento netto dell’Amministrazione, ma incide soltanto sul saldo netto da finanziare e fabbisogno finanziario.

 

Il comma 8 autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008, di 22 milioni di euro per l’anno 2009 e di 7 milioni di euro per l’anno 2010 per interventi diretti a:

§      fronteggiare i problemi di mobilità e sicurezza derivanti dai programmati lavori di ammodernamento dell’autostrada A3 nel tratto Gioia Tauro – Reggio Calabria;

§      migliorare la qualità del servizio di trasporto e di sicurezza nello Stretto di Messina.

Le somme stanziate dovranno essere destinate, nella misura del cinquanta per cento, ad interventi infrastrutturali.

Il comma 9 demanda la programmazione degli interventi di cui al comma 8 e la ripartizione delle relative risorse ad uno o più decreti del Ministro dei trasporti e, per interventi infrastrutturali, del Ministro delle infrastrutture.

 

Si segnala che l’articolo 8 del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, in corso di conversione (A.C. 3194), finanzia, per il solo anno 2007, una serie di interventi diretti al miglioramento del trasporto in Calabria ed in Sicilia ed in particolare del trasporto che attraversa lo Stretto di Messina.

 

Il comma 10 stabilisce che, a valere sulle risorse assegnate dal Ministero dei trasporti all’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC), ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1997, n. 250[125], il Ministro dei trasporti dovrà individuare, con proprio decreto, le risorse necessarie:

§      per il potenziamento e la sicurezza dell’aeroporto di Reggio Calabria;

§      per gli interventi di continuità territoriale da e per tale aeroporto;

§      per l’adeguamento del servizio cargo da e per l’aeroporto di Catania.

 

I commi da 11 a 13 dispongono la prosecuzione per un biennio degli incentivi, in favore delle imprese che effettuano trasporti di merci mediante il sistema ferroviario, previsti, per il triennio 2004-2006, dall’articolo 38, comma 5, della legge 1° agosto 2002, n. 166, recante "Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti", e successive disposizioni di attuazione.[126]

L’articolo 38, comma 5, della legge n. 166 del 2002 ha riconosciuto, per il triennio 2004-2006, un contributo alle imprese che si impegnano contrattualmente per un triennio con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con un’impresa ferroviaria a realizzare treni completi di trasporto combinato[127] o di merci pericolose in un quantitativo minimo annuo. Tale impegno deve essere rispettato almeno nella misura del 90 per cento, a pena di decadenza dal diritto a percepire il contributo. Il contributo è riconosciuto in funzione dei treni-chilometro effettuati sul territorio italiano. La misura del contributo è stabilita con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, in funzione del limite massimo di risorse attribuite per questo scopo dal successivo comma 6 dell’articolo 38. Tale comma prevede l’istituzione del Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, finalizzato alle agevolazioni per le imprese ferroviarie che effettuino investimenti per facilitare il trasporto delle merci per ferrovia, con limiti di impegno quindicennali (14,5 milioni di euro per l’anno 2002, 5 milioni di euro per l’anno 2003 e 13 milioni di euro per l’anno 2004), quali concorso dello Stato agli oneri derivanti da mutui o da altre operazioni finanziarie effettuate dai soggetti individuati da un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Il successivo D.M. 22 dicembre 2004, n. 340, all’articolo 7, ha stabilito che le risorse del Fondo di cui all’articolo 38 cit., comma 6, siano destinate, per il triennio 2004-2006, alle seguenti finalità:

-        il cinquanta per cento alla concessione degli incentivi di cui all’articolo 38, comma 5;

-        il venticinque per cento alla concessione di contributi per l’acquisto di beni di investimento per lo sviluppo del trasporto ferroviario delle merci, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose (agevolazione prevista dall’articolo 38 cit., comma 6, e disciplinata in dettaglio dall’articolo 13 del D.M. n. 340 del 2004);

-        il restante venticinque per cento alla concessione dei contributi previsti dal comma 7 del citato articolo 38 (a proposito del quale si rinvia alla scheda di lettura del successivo comma 14 del presente articolo).

L'articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21, ha affidato la gestione del fondo alla Cassa depositi e prestiti.

 

Come osserva il Governo nella relazione illustrativa, le risorse stanziate dal citato articolo 38 non sono state completamente utilizzate nel triennio 2004-2006, sia per alcune specifiche rigidità della normativa, sia per il ritardo nell’attuazione della legge. Si propone pertanto la prosecuzione dell’intervento di cui all’articolo 38 cit., comma 5, per un ulteriore biennio, nell’àmbito delle risorse finanziarie stanziate per il triennio 2004-2006 per tale intervento ed effettivamente disponibili (comma 11).

 

Il comma 12 demanda ad un decreto del Ministro dei trasporti la definizione delle condizioni e modalità operative per l’attuazione di quanto previsto al comma 11, facendo decorrere il biennio di attuazione delle misure di cui al medesimo comma 11 dalla data di entrata in vigore del predetto decreto.

 

Il comma 13 destina inoltre agli interventi di cui al comma 11 (ovvero alla concessione del contributo di cui all’articolo 38 cit., comma 5) le somme del Fondo di cui al comma 6 dell’articolo 38 cit., che residuano dall’attuazione, nel triennio 2004-2006, delle altre misure previste dal medesimo articolo 38 (ovvero quelle di cui al comma 7 di tale articolo e quelle destinate alla concessione di contributi per l’acquisto di beni di investimento, ai sensi dell’articolo 13 del D.M. n. 340 del 2004).

 

I commi da 14 a 16 dispongono la prosecuzione per un triennio degli incentivi, in favore delle imprese ferroviarie per il trasporto combinato e accompagnato delle merci, previsti, per il triennio 2004-2006, dall’articolo 38, comma 7, della citata legge n. 166 del 2002, e successive disposizioni di attuazione[128], per quanto compatibili con le disposizioni di cui al presente articolo.

L’articolo 38, comma 7, della legge n. 166 del 2002 disciplina l’erogazione di contributi in favore delle imprese ferroviarie che si impegnino a sottoscrivere con i Ministeri competenti accordi di programma per il trasporto combinato e accompagnato[129] delle merci. Il contributo è rapportato ai treni-chilometri effettuati nel territorio nazionale. Alla concessione del contributo è destinato, per il triennio 2002-2004, il venticinque per cento delle risorse del Fondo di cui al comma 6 del medesimo articolo 38.

L’articolo 14 del D.M. n. 340 del 2004 detta modalità applicative per la concessione del contributo di cui all’articolo 38 cit., comma 7, mentre l’articolo 15 dello stesso D.M. stabilisce che sulle risorse destinate alla concessione di detto contributo è finanziato, in via prioritaria, l’accordo di programma attuativo del progetto sperimentale di autostrada ferroviaria alpina sulla direttrice Aiton-Orbassano, in adempimento di quanto definito nel vertice italo-francese di Périgueux del 27 novembre 2001, ed alle condizioni e secondo le modalità ivi previste.

 

Il comma 15 dell’articolo in esame fa decorrere l’inizio del triennio di cui al comma 14 dalla data di sottoscrizione degli accordi di programma, stipulati ai sensi del sopra illustrato articolo 38, comma 7.

 

Il comma 16 autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010 per l’attuazione di quanto disposto al precedente comma 14, sul Fondo per la contribuzione agli investimenti per lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia, con particolare riferimento al trasporto combinato e di merci pericolose ed agli investimenti per le autostrade viaggianti, di cui al più volte citato comma 6 dell’articolo 38 della legge n. 166 del 2002.

 

I commi da 17 a 19 recano disposizioni sugli interporti.

Si rammenta che le infrastrutture dedicate all’intermodalità sono costituite dagli interporti e dai centri intermodali. Gli interporti sono definiti dalla normativa vigente come un complesso organico di strutture e servizi fra loro integrati e uniformati secondo uno schema di rete logistica e mediante tecnologie telematiche. Essi sono finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comprendono uno scalo ferroviario idoneo per la formazione o la ricezione di treni completi intermodali, e risultano essere in collegamento con porti, aeroporti e vie di grande comunicazione.

 

Il comma 17 autorizza un contributo di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010 per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale.

Si ricorda che l'articolo 1, comma 1044, terzo periodo, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) ha autorizzato un contributo di 5 milioni di euro per il 2008 per il completamento della rete immateriale degli interporti al fine di potenziare il livello di servizio sulla rete logistica nazionale.

 

Il comma 18, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, al fine di ottimizzare i flussi nei nodi del sistema logistico nazionale, rifinanzia con 2 milioni di euro per l’anno 2009 e 2 milioni di euro per l’anno 2010 gli interventi previsti dell’articolo 1, comma 1044, della legge n. 296 del 2006.

Il citato articolo 1, comma 1044, primo periodo, autorizza la spesa di 30 milioni di euro per il completamento della rete nazionale degli interporti, con particolare riferimento al Mezzogiorno. Il Ministro dei trasporti dovrà individuare, con proprio decreto, gli interventi immediatamente cantierabili, tendenti ad eliminare i «colli di bottiglia» del sistema logistico nazionale ed a realizzare le interconnessioni stradali e ferroviarie fra hub portuali e interporti (il decreto non risulta essere stato emanato).

 

Il comma 19 stabilisce che il contributo di cui al sopra illustrato articolo 1, comma 1044, dovrà essere utilizzato prioritariamente per la riduzione dal cinquanta al trentacinque per cento della quota di finanziamento, a carico degli interporti, del sistema di gestione della rete logistica nazionale, di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 18T del 20 giugno 2005 e alla conseguente convenzione in essere tra il Ministero dei trasporti e la UIRnet S.p.A., stipulata in data 21 dicembre 2006.

Il D.M. 18T del 20 giugno 2005 è stato emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 456, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), il quale ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005-2007 per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali. Il menzionato decreto ministeriale ha destinato i finanziamenti di cui al citato articolo 1, comma 456, della legge n. 311 del 2004, alla corresponsione di contributi per la realizzazione di un sistema (piattaforma) di gestione della rete logistica nazionale che permetta la interconnessione dei nodi di interscambio modale (interporti), anche al fine di migliorare la sicurezza del trasporto delle merci. L’attuazione dell’intervento è affidata alle società interportuali di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240, che dovranno costituire un unico soggetto attuatore comune. Per la realizzazione del sistema le società interportuali dovranno predisporre e presentare, attraverso il soggetto attuatore, un piano finanziario che preveda, oltre al contributo statale, risorse aggiuntive (mezzi propri, credito ed altri finanziamenti non statali) tali da garantire la piena realizzazione del progetto ed almeno pari al cinquanta per cento del contributo statale [articolo 4, comma 1, lettera a), del D.M.].

Il soggetto attuatore comune è la società UIRNet S.p.A., appositamente costituita tra gli interporti di rilevanza nazionale. Tale società ha stipulato, nel dicembre 2006, la relativa convenzione con il Ministero dei trasporti.

 

Va ricordato che il citato comma 1044 reca due diversi finanziamenti: il primo per un importo di trenta milioni di euro riservato al “completamento della rete nazionale degli interporti”; il secondo, pari a cinque milioni, per “il completamento della rete immateriale degli interporti al fine di potenziare il livello di servizio sulla rete logistica nazionale”.

 

Il comma 20 autorizza la spesa di 35 milioni di euro per l’anno 2008, di 30 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010, di 49 milioni di euro per l’anno 2011, di 56 milioni di euro per l’anno 2012 e di 4 milioni di euro per l’anno 2013, con le seguenti finalità:

·         implementare le azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale;

·         dare attuazione alle azioni previste dal Piano nazionale della sicurezza stradale, mediante azioni mirate e sinergiche volte a rafforzare i controlli su strada, anche attraverso l’implementazione di idonee attrezzature tecniche funzionali all’aumento dei controlli stradali;

·         intensificare l’attività ispettiva e le verifiche previste dal codice della strada;

·         dotare gli uffici ed il personale preposto ad attività di sicurezza stradale degli opportuni strumenti per l’esercizio delle attività istituzionali, ivi compresa la formazione.

 

Il Piano nazionale della sicurezza stradale è stato istituito dall’articolo 32 della legge 17 maggio 1999, n. 144, con la finalità di ridurre il numero e gli effetti degli incidenti stradali. Il Piano, che consiste in un sistema articolato di indirizzi, misure per la promozione e l'incentivazione di strumenti per migliorare i livelli di sicurezza da parte degli enti proprietari e dei gestori, di interventi infrastrutturali, di misure di prevenzione e controllo, viene attuato attraverso programmi annuali predisposti dal Ministro delle infrastrutture che devono essere approvati dal CIPE. Il Piano viene aggiornato ogni tre anni o quando fattori particolari ne motivino la revisione.

Si segnala che sul tema della sicurezza stradale è recentemente intervenuto l’articolo 6-bis del D.L. 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, il quale ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo contro l'incidentalità notturna, con un’autorizzazione di spesa di 500 mila euro per ciascuno degli anni 2007-2009, da utilizzare per le attività di contrasto all’incidentalità notturna.

 

Il comma 21 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 15 milioni di euro per l’anno 2010 per il proseguimento degli interventi previsti dall’articolo 1, comma 1038, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

 

La richiamata norma ha stanziato un contributo di 15 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 sia al fine di realizzare interventi volti all'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza, sia relativi all'infrastruttura ferroviaria sia installati a bordo dei materiali rotabili, sia per le gestioni commissariali governative che per le ferrovie di proprietà del Ministero dei trasporti.

Il tema della sicurezza ferroviaria è da tempo all’attenzione sia del legislatore nazionale che di quello comunitario. In particolare nel secondo pacchetto ferroviario approvato in sede europea in data 29 aprile 2004 sono previste specifiche misure in ordine alla sicurezza del sistema ferroviario, tra cui si ricordano in particolare il regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un'Agenzia ferroviaria europea al fine di implementare la sicurezza e la direttiva 2004/49/CE, che prevede un complesso di misure per accrescere il livello di sicurezza delle ferrovie comunitarie.

 

Il comma 22 autorizza la spesa complessiva di 30 milioni di euro, nel 2008, per aumentare, di 10 milioni di euro, il capitale sociale di ciascuna delle seguenti società di gestione di servizi ferroviari:

·         Ferrovie della Calabria S.r.l.;

·         Ferrovie Apulo Lucane S.r.l.;

·         Ferrovie del Sud-Est S.r.l..

 

Il comma 23, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, autorizza la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2008 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010 in favore di Trenitalia s.p.a. e di società del gruppo per l’avvio di un programma di rimotorizzazione, in conformità della Direttiva 2004/26/CE, delle automotrici con motori diesel utilizzate per il trasporto regionale su linee non elettrificate. Lo stanziamento è diretto a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti; in particolare si propone di conseguire, a regime, un risparmio energetico netto quantificabile in 233 milioni di euro e una riduzione delle emissioni inquinanti di oltre 40.000 tonnellate.

La citata direttiva 2004/26/CE concerne il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali. La direttiva è stata recepita mediante il decreto ministeriale 2 marzo 2006 (pubblicato nel Supplemento ordinario n. 47 alla Gazzetta Ufficiale del 21 febbraio 2007, n. 43)

 

Il comma 24, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, istituisce, presso il Ministero dei trasporti un "Fondo per l’ammodernamento dei collegamenti ferroviari tra Pescara e Roma", per migliorare l’efficacia ed l’efficienza delle comunicazioni ferroviarie tra l’Abruzzo e la città di Roma. A tal fine è autorizzata la spesa di 56 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, con vincolo di destinazione per la tratta Avezzano-Roma.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Logistica del trasporto merci

Il 18 ottobre 2007 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure[130] intese a migliorare l’efficienza e la sostenibilità del trasporto merci comunitario, considerato di fondamentale importanza per contribuire, tra l’altro, alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona per quanto riguarda il rafforzamento della competitività dell’economia europea, la promozione della mobilità sostenibile, la tutela dell’ambiente, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e quella dei trasporti. Il pacchetto comprende:

·         una comunicazione dal titolo “L’agenda dell’UE per il trasporto merci: rafforzare l’efficacia, l’integrazione e la sostenibilità del trasporto merci in Europa” (COM(2007)606).

La comunicazione, sottolineata la necessità di interventi urgenti per evitare che i problemi del trasporto merci si accentuino in seguito alla crescita del settore e per garantire la sostenibilità e l’efficienza di questa modalità di trasporto, prospetta una serie di iniziative della Commissione ispirate ad un approccio globale basato sui seguenti princìpi: lo sviluppo di corridoi di trasporto che, grazie alle economie di scala, offrono possibilità tecniche ed economiche che li rendono attraenti per utilizzare al meglio le diverse modalità; una migliore gestione delle infrastrutture, del traffico e delle merci mediante il ricorso alle nuove tecnologie e la soppressione degli ostacoli amministrativi e commerciali; la semplificazione delle catene di trasporto merci e delle relative procedure amministrative, anche mediante la creazione di uno sportello unico; il miglioramento della qualità dei servizi relativi al trasporto merci;

·         una comunicazione relativa ad un piano d’azione per la logistica del trasporto merci (COM(2007)607).

Il piano d’azione ricorda, in via preliminare, l’importanza di catene logistiche efficienti e di alta qualità al fine di garantire il trasporto di merci non solo all’interno dell’UE, ma anche verso i paesi terzi. La Commissione prospetta una serie di misure, da attuare entro il 2013 secondo un calendario ben definito, che riguardano alcune aree prioritarie di intervento quali: lo sviluppo di servizi on-line per il trasporto merci e di sistemi di trasporto intelligenti, la promozione dell’efficienza e della qualità mediante la soppressione delle strozzature, la formazione degli addetti ai lavori, la promozione delle migliori prassi, la semplificazione delle catene di trasporto, il rafforzamento della sicurezza, interventi sulle dimensioni dei veicoli;

·         una comunicazione relativa alla creazione di una rete ferroviaria a priorità merci (COM(2007)608).

Al fine di rilanciare il trasporto merci per ferrovia e di renderlo più competitivo, la comunicazione in esame considera di fondamentale importanza la creazione di corridoi multimodali dedicati al trasporto merci. Per favorire il raggiungimento di questo obiettivo la Commissione prospetta alcune misure che saranno oggetto di una riflessione strutturata all’interno di un gruppo strategico composto da rappresentanti degli Stati membri, dai gestori dell’infrastruttura e dagli utenti. La Commissione sottolinea che, a completamento delle misure prospettate, dovranno proseguire i lavori già avviati a livello comunitario (interoperabilità tecnica, semplificazione delle operazioni tecniche ed amministrative, ecc.) e ribadisce che le azioni comunitarie dovranno essere completate da iniziative prese dagli Stati, dalle regioni e da altri attori pubblici o privati a favore dello sviluppo del trasporto merci ferroviario a livello regionale o locale;

·         una comunicazione sulla politica portuale europea (COM(2007)616).

La comunicazione presenta un piano d’azione inteso a promuovere un sistema portuale efficiente a livello comunitario in grado di fronteggiare le sfide che oggi si registrano in questo settore costituite principalmente: dalla crescita della domanda di trasporto internazionale; dall’evoluzione tecnologica caratterizzata dallo sviluppo del trasporto in container; da una gestione dei porti più rispettosa dell’ambiente; dal ricorso sempre più frequente alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni; dalla diversificazione modale a vantaggio della ferrovia, delle vie navigabili interne e del trasporto marittimo; dalla necessità di stabilire un dialogo con le parti in causa e le amministrazioni locali; dalla necessità di conciliare lo sviluppo e la gestione dei porti con la normativa comunitaria, in particolare per quanto riguarda le regole in materia di trasparenza e di concorrenza. La comunicazione, inoltre, individua una serie di opzioni per far fronte all’aumento della domanda di capacità portuali: lo sfruttamento ottimale delle capacità portuali esistenti e, solo in seconda istanza, la costruzione di nuove capacità; la semplificazione delle procedure amministrative e doganali; l’adozione di orientamenti in materia di aiuti di Stato a favore dei porti; la trasparenza degli oneri portuali e delle procedure di selezione dei fornitori di servizi nautici; la promozione di un dialogo strutturato tra le città e i porti; il reciproco riconoscimento della formazione dei lavoratori portuali; l’applicazione delle regole comunitarie in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro;

·          una relazione sulla realizzazione delle autostrade del mare (SEC(2007)1367), con la quale ha avviato una consultazione pubblica, chiedendo alle parti interessate di farle pervenire le proprie osservazioni entro il 20 dicembre 2007 (per un approfondimento del contenuto della relazione si rinvia al paragrafo sui documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’art. 76);

Il documento sottolinea l’importanza di uno spazio del trasporto marittimo europeo senza barriere al fine di estendere il mercato interno comunitario al trasporto marittimo intracomunitario per renderlo più efficiente e competitivo.

Il 27 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica (COM(2006)79).

L’obiettivo della proposta è quello di sviluppare un approccio europeo al fine di migliorare il livello di sicurezza della catena dei trasporti e di evitare le procedure e gli oneri amministrativi inutili a livello europeo e nazionale.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 4 giugno 2008.

Il 23 maggio 2007 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento riguardante l'accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada (COM(2007)265).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo l’11 marzo 2008.

Sicurezza stradale

A. Libro bianco sulla politica comune dei trasporti

La Commissione ha definito le linee generali della strategia europea in materia di sicurezza stradale con il libro bianco del 2001 sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370).

Il documento fissa, tra l’altro, l’obiettivo di dimezzare, entro il 2010, il numero delle vittime degli incidenti stradali in tutta l’Unione europea ed individua a tal fine una serie di aree prioritarie di intervento.

Conformemente a quanto previsto dal libro bianco del 2001, la Commissione ha proceduto ad effettuare un esame intermedio delle misure e delle azioni da esso contemplate, adottando, il 22 giugno 2006, una comunicazione dal titolo “Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314).

Nel documento in esame la Commissione preannuncia l’adozione di una serie di misure intese migliorare la sicurezza stradale fra cui:

-   l’adozione di un approccio integrato per la sicurezza stradale che comprenda la progettazione dei veicoli e le tecnologie utilizzate, le infrastrutture e il comportamento dei conducenti;

-   la valutazione, nel 2008, del funzionamento e dei costi delle norme vigenti nel settore della sicurezza per il trasporto su strada, proponendo, sulla base dell’esperienza maturata, le modifiche necessarie la fine di evitare distorsioni della concorrenza;

-   la promozione di campagne di sensibilizzazione, anche mediante l’istituzione della giornata europea per la sicurezza stradale (la prima giornata europea per la sicurezza stradale si è svolta il 27 aprile 2007);

-   l’elaborazione, nel 2007, di una strategia per la sicurezza nel trasporto terrestre e pubblico;

-   la promozione della mobilità intelligente mediante la continuazione dei programmi già avviati, quali “Automobile intelligente” (vedi infra) e un migliore sfruttamento dei sistemi di navigazione satellitare tra cui GALILEO e il lancio, nel 2008, di un programma di ampia portata per lo sviluppo di tecnologie intelligenti per il trasporto stradale.

 

Il Consiglio trasporti del 12 ottobre 2006 ha proceduto ad un dibattito orientativo sul riesame intermedio del libro bianco in occasione del quale, in particolare:

-   ha riconosciuto gli importanti progressi realizzati nel settore della sicurezza stradale grazie all’attuazione delle misure prospettate dal libro bianco;

-   ha sottolineato la necessità di offrire ai cittadini e alle imprese europei sistemi di trasporto con un livello elevato di mobilità, in grado al tempo stesso di migliorare la sicurezza;

-   ha sottolineato la necessità di adottare misure a livello comunitario solo nel caso in cui esse apportino un evidente valore aggiunto, ribadendo l'importanza di applicare e di attuare in maniera efficace la normativa comunitaria vigente in materia di trasporti;

-   ha evidenziato la necessita di riesaminare continuamente la politica in materia di sicurezza stradale e di sviluppare ulteriori misure al fine di raggiungere l’obiettivo di dimezzare le vittime della strada entro il 2010 nonché di intensificare gli sforzi utilizzando un approccio integrato mirato alle infrastrutture, ai veicoli e ai conducenti.

 

B. Programma d’azione sulla sicurezza stradale

Al fine di conseguire gli obiettivi indicati nel libro bianco, nel giugno 2003 la Commissione ha presentato un programma di azione sulla sicurezza stradale (COM(2003)311) relativo al periodo 2003-2010. Il programma introduce il concetto di “responsabilità condivisa” secondo il quale tutte le autorità a livello comunitario, nazionale e locale devono concorrere, in base ad un’applicazione rigorosa del principio di sussidiarietà, al raggiungimento degli obiettivi individuati nel libro bianco. A tal fine la Commissione propone che tutti i soggetti interessati sottoscrivano una Carta di azione sulla sicurezza stradale[131], il cui testo figura in allegato al programma medesimo.

Il programma individua una serie di misure da attuare entro il 2010 al fine di ridurre le principali cause di incidenti stradali. I principali settori di intervento individuati nel programma di azione sono:

-   incoraggiare gli utenti ad un migliore comportamento mediante un rafforzamento dei controlli di polizia e la promozione di campagne di sensibilizzazione e di educazione;

-   sfruttare le nuove tecnologie nel settore dell’informazione e della comunicazione[132] per rafforzare la sicurezza passiva (protezione in caso di incidente) e quella attiva (prevenzione degli incidenti);

-   migliorare le infrastrutture stradali con l’obiettivo a lungo termine di ridurre la percentuale di strade e di tunnel a rischio elevato;

-   rafforzare la sicurezza del trasporto professionale di merci e passeggeri;

-   migliorare il soccorso e le cure alle vittime della strada;

-   procedere alla raccolta, all’analisi e alla diffusione dei dati sugli incidenti.

Il 22 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un bilancio intermedio delle misure previste nel programma d’azione sulla sicurezza stradale (COM(2006)74).

Il documento effettua un’analisi delle azioni adottate recentemente al fine di rafforzare la sicurezza stradale dalla quale risulta che, in linea di massima, la sicurezza stradale nell’Unione europea è migliorata, anche se in maniera non uniforme. Il numero di incidenti è diminuito in media del 4% all'anno tra il 2001 e il 2005 e del 5% tra il 2003 e il 2004. Questi dati, secondo la Commissione, dimostrano che le misure adottate al fine di rafforzare la sicurezza stradale, anche grazie all’adozione di piani nazionali per la sicurezza stradale, producono risultati positivi. La comunicazione sottolinea, tuttavia, che malgrado i progressi realizzati siano apprezzabili, sono necessari ulteriori interventi al fine di raggiungere l'obiettivo di dimezzare il numero di vittime della strada entro il 2010.

 

Il Consiglio trasporti dell’8 e 9 giugno 2006 ha adottato conclusioni sulla comunicazione relativa al bilancio intermedio.

Il 18 gennaio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla comunicazione relativa al bilancio intermedio.

 

C. Raccomandazione sulla sicurezza stradale

Il 6 aprile 2004 la Commissione ha adottato una raccomandazione sull’applicazione della regolamentazione in materia di sicurezza stradale (2004/345/CE)[133].

Nel preambolo la Commissione ricorda, innanzitutto, l’importanza dell’obiettivo fissato dal libro bianco del 2001 volto a ridurre del 50% le vittime della strada entro il 2010. Considerato che le principali infrazioni, cause di incidenti mortali, continuano ad essere l’eccesso di velocità, la guida in stato di ebbrezza ed il mancato utilizzo della cintura di sicurezza e che una migliore applicazione della regolamentazione relativa a queste infrazioni ridurrebbe di più del 50% il numero delle vittime, la Commissione ha deciso di formulare alcune raccomandazioni esclusivamente su questi aspetti della sicurezza stradale.

D. Relazione del gruppo CARS 21[134]

Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha adottato la comunicazioneUn quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo – Posizione della Commissione sulla relazione finale del gruppo ad alto livello CARS 21” (COM(2007)22), intesa a delineare la futura politica europea in campo automobilistico.

Per quanto riguarda i profili relativi alla sicurezza stradale, la comunicazione ricorda l’obiettivo fissato nel libro bianco del 2001 e ribadisce la necessità che un'efficace strategia di sicurezza stradale sia basata su un approccio integrato che comprenda miglioramenti in materia di tecnologia dei veicoli, infrastrutture stradali, comportamenti di guida e applicazione delle norme. Il documento preannuncia, inoltre, una serie di iniziative che la Commissione intende adottare, sulla base delle raccomandazioni del gruppo CARS 21.

E. Altre iniziative all’esame delle istituzioni dell’UE

Allo stato attuale sono all'esame delle istituzioni europee alcune iniziative volte a disciplinare e a rafforzare diversi aspetti della sicurezza stradale. Molte di esse sono intese a dare seguito agli orientamenti individuati nel libro bianco sulla politica comune dei trasporti e nel programma di azione sulla sicurezza stradale.

Si tratta di:

·         una proposta di direttiva del 27 marzo 2003 relativa al dispositivo di ritenuta per passeggeri dei veicoli a motore a due ruote (COM(2003)145).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 21 ottobre 2003. Il 2 giugno 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata (COM(2006)265) intesa tra l’altro, alla luce dei dibattiti svoltisi in seno al Consiglio, ad apportare alcune rettifiche alla direttiva 93/32/CE relativa al dispositivo di ritenuta per passeggeri dei veicoli a motore a due ruote. La proposta modificata è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 25 settembre 2007;

·         una proposta di direttiva del 5 ottobre 2006 riguardante la gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (COM(2006)569).

La proposta persegue l’obiettivo di integrare la sicurezza stradale in tutte le fasi di progettazione e di realizzazione delle infrastrutture stradali nella rete transeuropea di trasporto, senza imporre agli Stati membri nuovi standard o procedure tecniche, ma definendo un livello minimo di elementi necessari per rafforzare la sicurezza stradale e diffondere l’uso delle migliori prassi esistenti.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 9 aprile 2008;

·         una proposta di direttiva del 13 giugno 2007 relativa ai dispositivi di rimorchio e di retromarcia dei trattori agricoli o forestali a ruote (COM(2007)319).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura l’11 dicembre 2007;

·         una proposta di direttiva del 21 giugno 2007 relativa alle targhette e alle iscrizioni regolamentari nonché alla loro posizione e modo di fissaggio per i veicoli a motore e i loro rimorchi (COM(2007)344).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura l’11 dicembre 2007;

·         una proposta di direttiva del 27 luglio 2007 relativa ai dispositivi d'illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (COM(2007)451).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura l’11 dicembre 2007;

·         una comunicazione del 17 settembre 2007 relativa all’iniziativaAutomobile intelligente (COM(2007)541).

Il documento presenta una nuova serie di misure e di tecnologie “salvavita” volte ad integrare le misure già contemplate nella prima comunicazione del 2006 (COM(2006)59) per rendere le automobili più sicure. Il documento preannuncia l’intenzione della Commissione di elaborare, entro la metà del 2008, linee guida sugli incentivi, anche di natura fiscale, da parte degli Stati membri destinati ai sistemi per automobili intelligenti. Entro la fine del 2008 la Commissione intende, altresì, avviare consultazioni su come accelerare l’introduzione del controllo elettronico della stabilità sulle automobili di piccole e medie dimensioni e per stabilire se l’installazione di sistemi di assistenza alla frenata e per la prevenzione delle collisioni debba essere resa obbligatoria per tutte le automobili. Infine, in seguito ad una consultazione che dovrebbe essere avviata entro la fine del 2007, la Commissione intende adottare, nell’estate 2008, una tabella di marcia per lo spiegamento delle tecnologie delle informazioni e delle comunicazioni che integrano i veicoli e le infrastrutture.

F. Strumenti di programmazione legislativa a strategica

La promozione della sicurezza stradale figura fra le priorità del programma delle Presidenze tedesca, portoghese e slovena che copre il periodo dal 1° gennaio 2007 al 30 giugno 2008.

In questo ambito le tre Presidenze intendono esaminare misure di armonizzazione ed attuare il programma d’azione per la sicurezza stradale, compresa l’installazione di specchietti retrovisori per l’angolo morto sugli automezzi pesanti. Per quanto riguarda l’iniziativa e-safety, verrà discusso un quadro a sostegno delle tecnologie fondamentali e saranno promosse specifiche misure legislative comunitarie. Verranno, inoltre, prese in considerazione le questioni relative ai sistemi di informazione sul traffico, ai sistemi di assistenza alla guida, alla progettazione dell’interfaccia uomo-macchina nei veicoli e alla chiamata automatica di emergenza (e-call).

 

La promozione della sicurezza stradale viene considerata prioritaria anche dalla Commissione che, nel programma di lavoro per il 2007, ha inserito fra le proprie priorità la presentazione, entro marzo 2007, di una proposta legislativa sull’applicazione transfrontaliera di sanzioni nel settore della sicurezza stradale.

La proposta si concentrerebbe in particolare sulla creazione, a livello UE, di un sistema transfrontaliero in grado di garantire il perseguimento delle violazioni al codice stradale commesse in uno Stato membro da conducenti provenienti da altri Stati membri.

Procedure di contenzioso

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha deciso di presentare innanzi alla Corte di giustizia[135] un ricorso contro l’Italia per la non corretta applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, della direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (cosiddetto “Codice delle comunicazioni elettroniche”).

I rilievi mossi dalla Commissione riguardano la mancata messa a disposizione delle autorità incaricate dei servizi di soccorso, da parte delle imprese esercenti reti telefoniche pubbliche, delle informazioni relative all’ubicazione del chiamante per le chiamate effettuate da telefoni cellulari al numero di emergenza unico europeo “112”, come disposto dal citato articolo 26, paragrafo 3.

 

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[136]per essere venuta meno agli obblighi imposti dall’articolo 11, paragrafo 5, della direttiva 2004/54/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea. La Commissione contesta, in particolare, all’Italia di non aver trasmesso, entro il 30 aprile 2007, la relazione riguardante le misure nazionali adottate per conformarsi ai requisiti della direttiva, le misure da adottare e le conseguenze dell’apertura o della chiusura delle principali strade di accesso alle gallerie.

 

 


Articolo 68
(Modifiche delle modalità di gestione dell’autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste: federalismo infrastrutturale)

 

1. Al fine della realizzazione di infrastrutture autostradali, previste dagli strumenti di programmazione vigenti, le funzioni ed i poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore attribuiti all'ANAS S.p.a. possono essere trasferiti con decreto del Ministro delle infrastrutture dall'ANAS S.p.a. medesima ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall'ANAS S.p.a. e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato.

2. Le attività di gestione, comprese quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, del raccordo autostradale di collegamento tra l'Autostrada A4 - tronco Venezia-Trieste, delle opere a questo complementari, nonché della tratta autostradale Venezia-Padova, sono trasferite, una volta completati i lavori di costruzione, ovvero scaduta la concessione assentita all'Autostrada Padova-Venezia S.p.a., ad una società per azioni costituita pariteticamente tra l'ANAS S.p.a. e la regione Veneto o soggetto da essa interamente partecipato. La società, quale organismo di diritto pubblico, esercita l'attività di gestione nel rispetto delle norme in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi ed è sottoposta al controllo diretto dei soggetti che la partecipano. I rapporti tra la società ed i soggetti pubblici soci sono regolati, oltre che dagli atti deliberativi di trasferimento delle funzioni, sulla base di apposita convenzione. La società assume direttamente gli oneri finanziari connessi al reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del raccordo autostradale di collegamento tra l'Autostrada A4 - tronco Venezia-Trieste, anche subentrando nei contratti stipulati direttamente dall'ANAS S.p.a.. Alla società è fatto divieto di partecipare, sia singolarmente sia con altri operatori economici, ad iniziative diverse che non siano strettamente necessarie per l'espletamento delle funzioni di cui al comma 1, ovvero ad esse direttamente connesse.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame dispone in termini generali l’applicazione del principio del cd. federalismo infrastrutturale per la realizzazione di infrastrutture autostradali, previste dagli strumenti di programmazione vigenti.

Esso, in particolare, prevede che le funzioni ed i poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore attribuiti all’ANAS S.p.A. possono essere trasferiti, con decreto del Ministro delle infrastrutture, ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall’ANAS stessa e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato.

 

Nella relazione illustrativa viene sottolineato che tale norma provvede ad estendere all’intero territorio nazionale – in attuazione degli impegni enunciati nel DPEF 2008-2012[137] - quanto “fatto ad esempio per gli importanti progetti riferiti alla Pedemontana lombarda e alla Pedemontana di Formia” al fine di “creare un modello operativo che consenta di superare i limiti funzionali e normativi riscontrati nel passato e assicurare un contesto di maggiore efficienza, funzionalità e tempestività nell’attività di programmazione, esecuzione e gestione di nuove infrastrutture autostradali con una significativa riduzione nei tempi e nei costi di costruzione e di gestione delle infrastrutture stesse”.

Relativamente agli esempi citati si ricorda che essi sono stati introdotti dai commi 979 e 981 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007). La prima di tali disposizioni, con riferimento alla realizzazione della Pedemontana Lombarda, nonché dell’autostrada Brescia-Bergamo-Milano (cd. Brebemi) e delle tangenziali esterne di Milano, ha previsto che l’ANAS S.p.A. possa affidare il completamento della progettazione e della relativa attività esecutiva ad un organismo di diritto pubblico costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa società e dalla Regione Lombardia. A tal fine, in data 19 febbraio 2007, è stata istituita la Società Concessioni Autostradali Lombarde Spa, composta al 50% da Anas e al 50% da Infrastrutture Lombarde Spa (società controllata al 100% dalla Regione Lombardia). Il comma 981, con riferimento alla Pedemontana di Formia,ha previsto che il completamento della progettazione e della relativa attività esecutiva possa avvenire anche attraverso affidamento di ANAS Spa ad un organismo di diritto pubblico, costituito in forma societaria e partecipato dalla stessa società e dalla provincia di Latina.

Nell’Allegato infrastrutture, si richiama il modello operativo adottato con la CAL (Concessioni autostrade Lombarde)  e ne ipotizza l’implementazione in altre realtà territoriali per la realizzazione di alcune arterie autostradali (si fa espresso riferimento al Passante di Mestre, al Corridoio Tirrenico Meridionale-“Nuova Pontina”, alla Termoli-S. Vittore).

 

Il comma 2 prevede un’immediata applicazione del modello del federalismo infrastrutturale, disponendo direttamente il trasferimento ad una società per azioni costituita pariteticamente tra l’Anas S.p.A. e la Regione Veneto o soggetto da essa interamente partecipato, delle attività di gestione, comprese quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, relative alle seguenti opere:

§         raccordo autostradale di collegamento A4 – tronco Venezia-Trieste, ed opere a questo complementari;

§         tratta autostradale Venezia-Padova;

Per quanto riguarda la tempistica del trasferimento, si fa riferimento al completamento dei lavori di costruzione, ovvero alla scadenza della concessione assentita all’Autostrada Padova-Venezia S.p.A.

Per quanto riguarda il funzionamento della società, alla quale viene riconosciuta la natura di organismo di diritto pubblico, se ne prevede:

§         l’esercizio dell’attività di gestione nel rispetto delle norme in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi;

§         la sottoposizione al controllo diretto dei soggetti che la partecipano.

Viene inoltre previsto che i rapporti tra la società ed i soggetti pubblici soci sono regolati, oltre che dagli atti deliberativi di trasferimento delle funzioni, sulla base di apposita convenzione.

Inoltre è previsto gli oneri finanziari connessi al reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del raccordo autostradale A4 – tronco Venezia-Trieste, siano assunti direttamente dalla società, anche subentrando nei contratti stipulati direttamente dall’Anas S.p.A.

Infine viene fatto divieto, alla società, di partecipare, sia singolarmente sia con altri operatori economici, ad iniziative diverse che non siano strettamente necessarie per l’espletamento delle funzioni di cui al comma 1, ovvero ad esse direttamente connesse.

Si fa notare, relativamente a tutte queste disposizioni, che esse non comparivano nei citati commi 979 e 981 della finanziaria 2007, che si limitavano a prevedere semplicemente il subentro (anche mediante apposita convenzione) della nuova S.p.A. nei rapporti attivi e passivi inerenti la realizzazione delle opere.

 

Si ricorda che la delibera CIPE n. 121 del 2001 ha inserito – solo per le procedure - il Passante di Mestre nel Programma delle infrastrutture strategiche della cd. legge obiettivo nell’ambito dell’”Asse autostradale medio padano Brescia-Milano-Passante di Mestre”. Con riferimento al Passante esterno di Mestre, il CIPE, con deliberazione n. 92 del 31 ottobre 2002 ha stabilito che la parte non autofinanziata dalle Società concessionarie venisse assunta dallo Stato e imputata alla legge obiettivo. Con la deliberazione n. 6 del 3 febbraio 2004 il CIPE ha poi preso atto che il costo residuo sarà sostenuto dall’ANAS, mediante mutuo da stipulare con Infrastrutture Spa e sarà recuperato con i pedaggi autostradali; quindi, con delibera del 26 gennaio 2007 n. 3, a modifica delle precedenti delibere adottate, il medesimo CIPE ha approvato la proposta del Ministro delle infrastrutture relativa alla realizzazione e gestione del Passante di Mestre, tra l'altro dando mandato al Ministero alla Regione Veneto e all'ANAS S.p.A. di individuare, entro tre mesi dalla data della delibera stessa, previa verifica della compatibilità con la normativa nazionale e comunitaria e in modo da non comportare ritardi nei tempi di realizzazione del passante né aggravi di costi, le modalità di affidamento a società per azioni, controllata in modo paritario tra la Regione e ANAS S.p.A., delle attività di soggetto gestore del passante di Mestre e delle tratte assentite in concessione alla Società delle autostrade di Venezia e Padova. L’Allegato infrastrutture al DPEF 2008-2012 indica il Passante di Mestre tra le opere in corso, integralmente coperte, per un costo di 750 Meuro.

Si segnala inoltre che è attualmente all’esame della Commissione ambiente (ai sensi dell’articolo 2, commi 82 e 84, del decreto-legge 262 del 2006) lo schema di convenzione disciplinante il rapporto tra Anas Spa (concedente) e la Società delle Autostrade di Venezia e Padova Spa (concessionario) per la costruzione ed esercizio dell'autostrada A4 Mestre (VE) – Padova, della tangenziale Ovest di Mestre (km 32,4) del raccordo autostradale tra la tangenziale Ovest di Mestre e l’aeroporto Marco Polo di Venezia (km 9,4). Lo schema di convenzione riguarda anche la progettazione ed esecuzione di una serie di interventi di adeguamento della viabilità e per la sicurezza del traffico, indicati nella lett. b) dell’art. 2 dello schema di convenzione. La scadenza della concessione è fissata al 30 novembre 2009. Il Piano economico-finanziario 2007-2015 (Allegato E) indica un costo per la realizzazione delle opere pari a 55,57 milioni di euro, prevede il completo ammortamento del costo delle medesime al 31 dicembre 2015, indica, alla scadenza della concessione, un valore di subentro pari a 105,3 milioni di euro e reca il cronoprogramma degli interventi.

Procedure di contenzioso

Il 12 ottobre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[138] contestando che la decisione dell’autorità concedente ANAS di accordare una proroga della concessione in favore della società Brescia-Padova costituirebbe una violazione della direttiva 2004/18/CE, e segnatamente del suo articolo 58, ovvero, nel caso in cui tale direttiva non fosse applicabile, degli articoli 43 e 49 del trattato CE.

Con delibera del 20 febbraio 2006, l’autorità concedente ANAS ha deciso di accordare una proroga di 23 anni (2013-2036) della concessione autostradale della quale è titolare la società Brescia-Padova ed ha approvato l’atto aggiuntivo diretto a modificare la convenzione di concessione in tal senso[139].

Secondo le informazioni di cui dispone la Commissione, nel 1999, Anas e la società Brescia-Padova hanno sottoscritto una convenzione che ha integralmente sostituito le convenzioni e gli atti aggiuntivi precedentemente conclusi, prevedendo già una proroga della concessione originaria. Tale convenzione ha per oggetto la realizzazione e la gestione di alcune opere autostradali, tra cui l’autostrada “Valdastico” e l’autostrada “Brescia-Padova”, fissando la scadenza della concessione al 30 giugno 2013. Il tratto sud dell’autostrada Valdastico non è stato tuttavia ancora costruito.

Le autorità italiane hanno osservato che il concessionario non ha potuto realizzare interamente quest’ultima autostrada per ragioni ad esso non imputabili e che tale opera non potrà essere completata prima della scadenza dell’attuale concessione, essendo la fine dei lavori prevista per il 2016. La proroga della concessione attuale sarebbe dunque necessaria per permettere di realizzare il tratto dell’autostrada Valdastico e di gestirlo per il tempo strettamente necessario a garantire una remunerazione suscettibile di permettere il finanziamento dei lavori. Pertanto, secondo le autorità italiane, essendo la costruzione e la gestione della suddetta opera già previste nella convenzione di concessione già in vigore, non ci sarebbe una nuova attribuzione in favore del concessionario.

La Commissione ricorda in via preliminare che, ai sensi del diritto comunitario, la proroga di una concessione equivale all’attribuzione di una nuova concessione, pertanto soggetta al rispetto della direttiva 2004/18/CE, la quale impone di affidare le concessioni che rientrano nel suo campo di applicazione attraverso una procedura di messa in concorrenza, con pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale UE.

Le concessioni di lavori che non rientrano nel campo di applicazione di tale direttiva, nonché le concessioni di servizi, devono comunque essere affidate nel rispetto degli articoli 43 e 49 del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. Tali articoli impongono all’autorità concedente di assicurare una pubblicità adeguata che permetta un’apertura delle concessioni alla concorrenza.

La Commissione ritiene, pertanto, che la concessione in questione sia qualificabile come concessione di lavori e, considerata la sua durata, il valore del contratto è da ritenersi superiore alla soglia di applicazione della direttiva 2004/18/CE. Di conseguenza, la decisione di prorogare la suddetta concessione, che si traduce nell’affidamento diretto, senza alcuna previa messa in concorrenza, di una nuova concessione, risulterebbe contraria alle regole della direttiva, in particolare al suo articolo 58.

Inoltre, la Commissione rileva che le Autorità italiane non hanno fornito elementi suscettibili di dimostrare che l’autostrada Valdastico non può essere completata dal concessionario prima della scadenza della concessione e che, per di più, un periodo di gestione di circa vent’anni è indispensabile per consentirgli di farlo.

 


Articolo 75
(Promozione e sicurezza della rete trapiantologica)

 

1. Per consentire ai centri regionali per i trapianti di cui all'articolo 10 della legge 1o aprile 1999, n. 91, l'effettuazione di controlli e interventi finalizzati alla promozione e alla verifica della sicurezza della rete trapiantologica, è autorizzata, a partire dal 2008, la spesa di euro 700.000. Le risorse di cui al presente comma sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, a decorrere dal 2008, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2004, n. 138.

2. Al fine di razionalizzare i costi e ottimizzare l'impiego dei fondi di funzionamento, nonché di organizzare le risorse umane e logistiche necessarie al conseguimento degli obiettivi di sanità pubblica attribuitigli dalla legge, il Centro nazionale per i trapianti, istituito con legge 1o aprile 1999, n. 91, ai fini dell'esercizio delle funzioni di coordinamento e controllo delle attività di donazione, prelievo e trapianto di organi, tessuti e cellule, fatta salva la disciplina prevista dalla legge 21 ottobre 2005, n. 219, può:

a) stipulare accordi di collaborazione e convenzioni con amministrazioni pubbliche, enti, istituti, associazioni ed altre persone giuridiche pubbliche o private, nazionali, comunitarie o internazionali;

b) stipulare, nei limiti del finanziamento costituito dai fondi istituzionali e da quelli provenienti da programmi di ricerca nazionali ed internazionali, contratti di lavoro secondo le modalità previste dalle norme vigenti nella pubblica amministrazione, ivi compresa quella di cui all'articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, in quanto compatibile.

 

 

L’articolo 75 reca disposizioni finalizzate agli interventi di promozione e sicurezza della rete trapiantologica.

Il comma 1 - nel testo modificato dal Senato - prevede un'ulteriore autorizzazione di spesa, pari a euro 700.000 annui a decorrere dal 2008, in favore dei centri regionali per i trapianti, istituiti ai sensi dall'articolo 10 della legge 1° aprile 1999, n. 91[140].

Il nuovo stanziamento è concesso per permettere ai centri suddetti lo svolgimento di controlli ed interventi intesi alla promozione ed alla verifica della sicurezza della "rete trapiantologica".

Il riparto delle risorse è operato con decreto del Ministro della salute, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si rileva che il comma 1 menziona solo i centri regionali, mentre il riferimento sostanziale sembrerebbe posto anche in favore dei centri interregionali (cfr. infra).

 

La misura attuale dello stanziamento annuo in favore dei centri regionali ed interregionali è pari a 2.169.119 euro, ai sensi dell'articolo 10, comma 8, della citata legge n. 91 del 1999.

Il testo originario del presente comma attribuiva lo stanziamento aggiuntivo in oggetto, per le medesime finalità, al Centro nazionale per i trapianti - costituito presso l'Istituto superiore di sanità, ai sensi dell'articolo 8 della citata legge n. 91 del 1999[141].

All'autorizzazione di spesa in esame si fa fronte riducendo nella misura corrispondente lo stanziamento di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2004, n. 138 (stanziamento relativo al Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie, istituito presso il Ministero della salute)[142].

 

Si ricorda che le funzioni del Centro nazionale per i trapianti - tra cui la tenuta delle liste dei soggetti in attesa di trapianto, l'individuazione dei criteri per la definizione di protocolli operativi per l'assegnazione degli organi e dei tessuti (ai fini dei trapianti) e la definizione delle linee guida rivolte ai centri regionali o interregionali per i trapianti (allo scopo di assicurare l'uniformità dell'attività di prelievo e di trapianto sul territorio nazionale) - sono definite dal comma 6 del citato articolo 8 della legge n. 91 del 1999.

Le funzioni dei centri regionali per i trapianti - tra cui compiti di coordinamento nel settore in esame e nell'àmbito del relativo territorio, nonché di controllo sull'esecuzione di alcuni test - sono individuate dall'articolo 10, comma 6, della citata legge n. 91 del 1999.

Inoltre, i centri possono essere anche interregionali, se costituiti in associazione da più regioni, secondo la disciplina di cui al suddetto articolo 10 della legge n. 91 del 1999 (i centri interregionali hanno le medesime funzioni di quelli regionali).

 

Il comma 2 al fine di razionalizzare i costi e ottimizzare l’impiego dei fondi di funzionamento, nonché di organizzare le risorse umane e logistiche necessarie al conseguimento degli obiettivi di sanità pubblica, modifica la disciplina relativa alle attribuzioni del Centro nazionale per i trapianti, disponendo che esso, ai fini dell'esercizio delle funzioni di coordinamento e controllo delle attività di donazione, prelievo e trapianto di organi, tessuti e cellule, possa:

§      stipulare accordi di collaborazione e convenzioni con amministrazioni pubbliche, enti, istituti, associazioni ed altre persone giuridiche pubbliche o private, nazionali, comunitarie od internazionali;

§      concludere - nei limiti delle risorse derivanti dai fondi istituzionali e dai programmi di ricerca nazionali ed internazionali - contratti di lavoro secondo le modalità previste per le pubbliche amministrazioni. Tra queste ultime modalità sono esplicitamente comprese, per quanto compatibili, quelle relative ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle aziende sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere ai sensi dell'articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

Le disposizioni in esame fanno in ogni caso salva la disciplina dettata dalla legge 21 ottobre 2005, n. 219 che regolamenta le attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti e dei prodotti emoderivati.

 

Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, i direttori generali possono conferire incarichi per l'espletamento di funzioni particolari mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, entro il limite del due per cento della dotazione organica della dirigenza, a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale. I contratti hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo.

Le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere possono stipulare, oltre a quelli sopradescritti, contratti a tempo determinato, in numero non superiore al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, a esclusione della dirigenza medica, nonché della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa, per l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, ad esperti di provata competenza che non godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 16 ottobre 2006 la Commissione ha presentato una relazione[143] sulla promozione delle donazioni volontarie non retribuite di cellule e tessuti (COM(2006)593). La relazione, da un lato, riassume i provvedimenti adottati dagli Stati membri per cercare di garantire tali donazioni - in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 12 della direttiva 2004/23/CE, relativa alla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane[144] - dall’altro, suggerisce alcune iniziative:

·       gli Stati membri dovrebbero reperire più dettagliate informazioni  sulle prassi quotidiane di compensazione nei vari ospedali o presso le organizzazioni di raccolta, per trasmetterle successivamente alla Commissione;

·       basandosi su tali informazioni la Commissione potrebbe discutere con gli Stati membri della necessità di pubblicare linee guida per l’attuazione del principio della donazione non retribuita ed eventualmente per la trasparenza degli eventuali compensi e la documentazione delle spese da rimborsare;

·       la Commissione potrebbe esaminare con gli Stati membri la necessità di pubblicare linee guida sulle misure di promozione e pubblicità a favore delle donazioni, misure che devono tener conto degli orientamenti e delle restrizioni o divieti in materia di pubblicità per quanto riguarda l’offerta di tessuti e cellule umane per ottenere vantaggi economici.

Il 3 maggio 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione sulla “Donazione e trapianto di organi: azioni politiche a livello UE” (COM(2007)275). Il documento illustra le iniziative che la Commissione intende assumere in materia per garantire la qualità e la sicurezza degli organi, per fare aumentare la loro disponibilità e combatterne il traffico, e per rendere più efficienti e accessibili i sistemi dei trapianti. Dopo aver analizzato i problemi principali da affrontare, la Commissione sottolinea nel documento come l’approccio organizzativo più efficace sembra consistere in un sitema flessibile che combini una rete decentrata formata da organizzazioni locali – attive principalmente nel reperimento degli orgnai – con la promozione della donazione presso grandi organizzazioni impegnate soprattutto ad incoraggiare la “messa in comune” degli organi  e la cooperazione. La Commissione avrebbe intenzione quindi di proporre:

·       un piano d’azione per una cooperazione rafforzata fra Stati membri;

·       una proposta di direttiva sulla qualità e la sicurezza della donazione e del trapianto di organi recante un quadro giuridico inglobante l’istituzione di autorità nazionali di sorveglianza o responsabilità dell’attuazione della direttiva, un insieme comune di norme sulla qualità e sulla sicurezza, la garanzia della rintracciabilità e la segnalazione di gravi eventi o reazioni, l’istituzione di strutture ispettive e di misure di controllo, la garanzia di una completa caratterizzazione degli organi per dar modo alle equipes di trapianto di procedere ad una appropriata valutazione del rischio.

Procedure di contenzioso

Il 17 aprile 2007 la Commissione ha inviato due lettere di messa in mora all’Italia:

·       la prima[145], per non avere provveduto alla trasposizione nel diritto interno della direttiva 2004/23 sulla definizione delle norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani" (tale direttiva  è stata recentemente attuata con il Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n. 191);

·       la seconda[146], per il mancato recepimento della direttiva 2006/17/CE di attuazione della direttiva 2004/23/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche per la donazione, l’approvvigionamento e il controllo di tessuti e cellule; la direttiva 2006/7/CE avrebbe essere dovuta recepita nell’ordinamento nazionale entro il 1 novembre 2006.

 

 


Articolo 80
(Misure a tutela del territorio e dell’ambiente
e sui cambiamenti climatici)

 

1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, tenuto conto dei piani di bacino, adotta piani strategici e di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico e per favorire forme di adattamento dei territori. A tal fine sono utilizzate le risorse iscritte sulle autorizzazioni di spesa di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come determinate dalla Tabella F della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma nonché delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 è autorizzata la spesa di euro 265 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 a valere sulle risorse di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183.

2. È istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, nonché per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico. A decorrere dall'anno 2008 sono destinate al fondo di cui al presente comma risorse per un importo annuale di 40 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 1. Entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, individua le modalità di utilizzazione del fondo, anche prevedendo iniziative di cofinanziamento con regioni ed enti locali o con altri soggetti, pubblici o privati, nonché mediante l'attivazione di fondi di rotazione.

3. È istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo per la promozione di interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio, con dotazione di 20 milioni di euro per anno a decorrere dal 2008, a valere sulle risorse di cui al comma 1. Il fondo è finalizzato alla sottoscrizione di accordi di programma e alla formulazione di bandi pubblici da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la promozione degli interventi di cui al primo periodo. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare nel termine di cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di utilizzo del fondo di cui al presente comma.

4. Al fine di potenziare le attività di vigilanza e controllo in materia di ambiente marino e costiero, anche attraverso azioni di sicurezza operativa e di informazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato ad avvalersi di strutture specialistiche del Reparto ambientale marino del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera. Sono a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare gli oneri connessi all'acquisto dei beni strumentali necessari per lo svolgimento delle attività di cui al presente comma. A tal fine è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro a valere sulle risorse di cui al comma 1.

5. Per consentire la verifica ed il monitoraggio delle aree ad elevato rischio idrogeologico e la raccolta dei dati ambientali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è autorizzato alla stipula di accordi di programma con altre amministrazioni centrali e periferiche per l'estensione del Piano straordinario di telerilevamento, già previsto dall'articolo 27 della legge 31 luglio 2002, n. 179, al fine di renderlo punto di riferimento e di accesso per le cartografie e le informazioni ambientali di altre amministrazioni centrali e periferiche. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, determinato nella misura massima di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005, n. 58.

6. Per l'istituzione e il finanziamento di nuove aree marine protette, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2008.

7. Ai fini della riqualificazione e valorizzazione economica del territorio della regione fluviale del fiume Po e della crescita del turismo, le regioni interessate attuano interventi finalizzati all'aumento della sicurezza idraulica ed idrogeologica, alla riqualificazione ambientale e alla estensione delle reti ecologiche, alla tutela delle risorse idriche, al recupero e alla tutela dei beni culturali, architettonici ed archeologici. Tali interventi sono programmati dalla Autorità di bacino di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, anche su proposta delle regioni ed in coerenza con la pianificazione vigente. Per l'attuazione degli interventi di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede l’adozione, da parte del Ministro dell’ambiente, di piani strategici e di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico e per favorire forme di adattamento dei territori. L’attuazione di tali piani debba avvenire d’intesa con le regioni e gli enti locali interessati e tenuto conto dei piani di bacino.

 

La norma in esame sembra ispirata a finalità analoghe a quelle dell’art. 1 del DL n. 180/1998 (ora confluito nell’art. 67 del d.lgs. n. 152/2006), dell’art. 16 della legge n. 179/2002, concernenti la realizzazione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico[147].

Si ricorda, in proposito, che il DL n. 180/1998 ha introdotto una serie di misure finalizzate da un lato all'accelerazione del processo attuativo della legge n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, dall'altro all'adozione di interventi urgenti, anche attraverso lo stanziamento di specifiche risorse finanziarie.

L’art. 1 di tale decreto, ora abrogato dal d.lgs. n. 152/2006, prevedeva - tra l’altro - l’adozione, entro tempi definiti, da parte di tutte le autorità di bacino, di piani stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico (PAI) “che contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime”, nonché la definizione di programmi di interventi urgenti per la riduzione del rischio idrogeologico con priorità per le aree per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza. Lo stesso articolo prevedeva che per la realizzazione di tali interventi potessero essere adottate ordinanze di protezione civile.

Tale disposizioni si trovano ora riprodotte, nella sostanza, nell’art. 67 del citato d.lgs. n. 152/2006 (cd. codice ambientale).

Si ricorda, inoltre, che l’art. 16 della legge n. 179/2002 ha previsto, per le finalità di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico di cui al DL n. 180/1998, la definizione e attuazione (entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge), da parte del Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, di programmi di interventi urgenti per il riassetto territoriale delle aree medesime per le quali viene dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.

 

Viene inoltre disposto che, per le finalità indicate, sono utilizzate le risorse iscritte sulle autorizzazioni di spesa di cui alla legge n. 183/1989 e al DL n. 398/1993, come determinate dalla tabella F della legge finanziaria 2007.

Nella tabella F della legge finanziaria 2007, relativamente alla legge n. 183/1989 e al DL n. 398/1993, è indicato uno stanziamento di 265 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

L’ultimo periodo del comma 1 in commento autorizza quindi la spesa di 265 milioni di euro per ciascuno degli anni del biennio 2008-2009 a valere sulle risorse di cui alla legge n. 183/1989, ma specifica che tale somma è destinata anche all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4.

 

Da un punto di vista formale, sarebbe opportuna una ricollocazione dell’ultimo periodo del comma 1 in un comma aggiuntivo 4-bis.

 

Si fa notare che nella relazione illustrativa all’AS 1817 veniva sottolineato che gli interventi necessari per la messa in sicurezza del territorio nazionale contro il rischio idrogeologico sono stimati in 44 miliardi di euro, di cui 4 miliardi solo per la fascia costiera.

 

Il comma 2 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, di un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, e per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico.

 

Come indicato dall’ENEA, si tratta di una delle tecnologie disponibili per lo sfruttamento della fonte solare per la produzione di energia, “che consente di produrre calore ad alta temperatura mediante sistemi solari a concentrazione. Le possibilità di utilizzo di questa fonte energetica spaziano dalla produzione di energia elettrica alla chimica delle alte temperature per produzione di idrogeno e altri combustibili, alla dissalazione di acqua marina con processi termici, alla produzione di freddo con impianti ad assorbimento, fino alla produzione di calore per usi domestici ed impieghi nel settore agroindustriale. Il programma ENEA sul solare a concentrazione è stato finanziato con fondi pubblici da uno specifico articolo della legge finanziaria 2001”[148]. Ci si riferisce in particolare all’articolo 111 della legge finanziaria 2001, recante un contributo straordinario all’ENEA per attuare “un programma di ricerca, sviluppo e produzione dimostrativa alla scala industriale di energia elettrica a partire dall'energia solare utilizzata come sorgente di calore ad alta temperatura”.

 

La dotazione del fondo è stabilita in 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, a valere sulle risorse di cui al comma 1.

 

Lo stesso comma demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente l’individuazione, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle modalità di utilizzazione del fondo.

Viene altresì previsto che tali modalità possano contemplare anche iniziative di cofinanziamento con regioni ed enti locali o con altri soggetti, pubblici o privati, nonché l’attivazione di fondi di rotazione.

 

Il comma 3 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, di un fondo per la promozione di interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio. Tale fondo è in particolare finalizzato alla sottoscrizione di accordi di programma, alla formulazione di bandi pubblici da parte del Ministro dell’ambiente per la promozione degli interventi di riduzione e prevenzione della produzione di rifiuti e per lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio.

La dotazione del fondo è stabilita in 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, a valere sulle risorse di cui al comma 1.

Lo stesso comma demanda ad un decreto del Ministro dell’ambiente la definizione, entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle modalità di utilizzo del fondo.

 

Con riferimento ai commi 2 e 3, che destinano a due distinti fondi risorse a decorrere dal 2008 a valere sulle risorse di cui al comma 1, si segnala che l’autorizzazione di spesa recata da tale ultima disposizione si riferisce esclusivamente agli anni 2008 e 2009.

 

Il comma 4, al fine di potenziare le attività di vigilanza e controllo in materia di ambiente marino e costiero, anche attraverso azioni di sicurezza operativa e di informazione, autorizza il Ministero dell’ambiente ad avvalersi di strutture specialistiche del Reparto ambientale marino del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera.

Viene altresì disposto che sono a carico del Ministero dell’ambiente gli oneri connessi all’acquisto dei beni strumentali necessari per lo svolgimento delle attività di cui al presente comma.

Per le finalità del presente comma viene autorizzata la spesa di 5 milioni di euro sempre a valere sulle risorse di cui al comma 1.

 

Il Reparto Ambientale Marino (RAM) è stato istituito dall’art. 20 della legge n. 179/2002. Tale reparto ha sede presso il Ministero dell'Ambiente ed è posto alle dipendenze funzionali del Ministro.

L'art. 8 del D.P.R. n. 261/2003 (regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio) ha inserito il RAM tra gli organismi di supporto di cui il Ministro si avvale per l'esercizio delle sue funzioni per le attività che interessano la difesa dell'ambiente marino e delle coste.

Il RAM, per il concreto perseguimento delle finalità assegnate, si avvale di tutti gli Uffici Marittimi periferici. Sotto tale profilo, essendo comunque promanazione del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, svolge attività di impulso nei confronti delle Capitanerie di Porto, nonché azione di raccordo tra le Direzioni Generali del Ministero dell'Ambiente e le Autorità Marittime periferiche.

 

Il comma 5, al fine di consentire la verifica ed il monitoraggio delle aree ad elevato rischio idrogeologico e la raccolta dei dati ambientali, autorizza il Ministero dell’ambiente a stipulare accordi di programma con altre amministrazioni centrali e periferiche per l’estensione del Piano straordinario di telerilevamento, già previsto dall’art. 27 della legge n. 179/2002.

Viene altresì previsto che tale estensione è finalizzata a rendere il Piano citato punto di riferimento e di accesso per le cartografie e le informazioni ambientali di altre amministrazioni centrali e periferiche.

Per l’attuazione della disposizione viene autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, alla quale si fa fronte mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, comma 1, del DL n. 16/2005.

Si ricorda, in proposito, che il citato art. 1, comma 1, del DL n. 16/2005 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo da ripartire per il miglioramento della qualità ambientale dell'aria, con una dotazione di 140 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.

Successivamente l’art. 1, comma 432, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006) ha trasferito il citato fondo nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente ed ha altresì previsto una riserva del 50% da destinare alle finalità di cui al DL n. 180/1998, prevedendo che “a tale scopo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, definisce ed attiva programmi di interventi urgenti di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico”.

Si rammenta altresì che il DM 16 ottobre 2006 ha istituito un programma di finanziamenti per le esigenze di tutela ambientale connesse al miglioramento della qualità dell'aria con particolare riferimento al materiale particolato nei centri urbani, destinandovi una somma complessiva pari a 210 milioni di euro nel triennio 2006-2008, cioè precisamente il 50% non riservato alla difesa del suolo dal citato comma 432.

Relativamente al Piano Straordinario di telerilevamento si ricorda che esso è stato istituito dall’art. 27 della legge n. 179/2002 per consentire la verifica ed il monitoraggio delle aree ad elevato rischio idrogeologico. A tal fine lo stesso articolo ha autorizzato il Ministero dell'ambiente a stipulare un accordo di programma con il Ministero della difesa e la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

L’obiettivo è quello di avviare, per la prima volta, la costituzione di una base dati rappresentativa del territorio nazionale, con particolare riguardo alla sua configurazione e al suo rapporto con l'ambiente, ad altissima risoluzione, e ad elevato valore aggiunto, da ottenersi tramite l'utilizzo delle tecnologie più evolute che le piattaforme satellitari e su aeromobili rendono attualmente disponibili.

I dati acquisiti saranno resi disponibili alle diverse amministrazioni innanzitutto per supportare le indagini conoscitive e le attività di prevenzione e di predizione nelle aree classificate e/o classificabili come quelle a elevato rischio di dissesto idrogeologico così come individuate negli strumenti di pianificazione di bacino (PAI).

In data 26 gennaio 2006 è stata raggiunta un’intesa, ai sensi dell’art. 27, comma 1, della legge 31 luglio 2002, n. 179, sulla proposta di accordo di programma tra il Ministro dell’ambiente, il Ministro della difesa e il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la realizzazione del citato Piano Straordinario di Telerilevamento (PST) ad alta precisione[149].

Successivamente, nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea numero S152 del 9 Agosto 2007, è stato pubblicato il bando di gara per la "fornitura di dati, sistemi e servizi per la realizzazione del sistema informativo del Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale (PST-A)".

 

Il comma 6 autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2008 per l’istituzione e il finanziamento di nuove aree marine protette.

Si segnala, in proposito, che sul sito internet del Ministero dell’ambiente[150] è disponibile l’elenco cartografico delle aree marine protette istituite e di prossima istituzione.

Per quanto riguarda le aree marine protette di prossima istituzione, si tratta di 18 aree marine protette, per le quali è stato avviato l'iter istruttorio.

 

Il comma 7 prevede che, ai fini della riqualificazione e valorizzazione economica del territorio della regione fluviale del fiume Po e della crescita del turismo, le regioni interessate attuano interventi finalizzati:

§         all’aumento della sicurezza idraulica ed idrogeologica;

§         alla riqualificazione ambientale;

§         all’estensione delle reti ecologiche;

§         alla tutela delle risorse idriche;

§         al recupero e alla tutela dei beni culturali, architettonici ed archeologici.

 

Con riferimento alla formulazione del comma 7, andrebbe chiarito che anche la finalità di crescita del turismo si riferisce al territorio della regione fluviale del fiume Po.

 

La stessa disposizione attribuisce la competenza della programmazione degli interventi all’Autorità di bacino di cui all’art. 63 del d.lgs. n. 152/2006, anche su proposta delle regioni ed in coerenza con la pianificazione vigente.

Si ricorda che l’art. 63 del d.lgs. n. 152/2006 ha previsto l’istituzione, in ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64, di una Autorità di bacino distrettuale, provvedendo a sopprimere dal 30 aprile 2006 le precedenti autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.

Tra i distretti elencati nell’art. 64 figura (lettera b) del comma 1) il distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq, comprendente il bacino del Po[151], già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989.

Si ricorda, inoltre, che l’art. 1 del d.lgs. n. 284/2006 ha novellato l'art. 170 del decreto n. 152 prevedendo che “nelle more della costituzione dei distretti idrografici di cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto legislativo correttivo, le autorità di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina”. Lo stesso articolo ha previsto che, fino alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo correttivo “sono fatti salvi gli atti posti in essere dalle autorità di bacino dal 30 aprile 2006”.

Per l’attuazione del comma 7 viene autorizzata la spesa di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2008, 2009, 2010.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 10 novembre 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione Monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES): dal concetto alla realtà[152], in cui delinea una strategia per la realizzazione di un sistema globale di osservazione della terra che ricorra a tecniche spaziali e terrestri. L’obiettivo del GMES è assicurare, su basi durevoli, servizi affidabili e puntuali riguardo ai temi ambientali e della sicurezza, per andare incontro ai bisogni di coloro che indirizzano le politiche pubbliche. Il GMES è un’iniziativa guidata dall’UE, nel cui ambito all’Agenzia spaziale europea spetta il compito attuare la componente spaziale, mentre la Commissione gestirà le azioni volte ad individuare e sviluppare servizi basati sia su dati disponibili in situ che su dati ottenuti tramite telerilevamento. Secondo quanto indicato dalla Commissione il sistema GMES verrà sviluppato a tappe, la prima delle quali prevede l’avvio di tre progetti pilota.

Tale impostazione è stata confermata dalla comunicazione sulla politica spaziale europea[153] del 26 aprile 2007, redatta in consultazione con gli Stati membri di UE e ASE e con le altre parti interessate e che rappresenta un documento congiunto della Commissione europea e del Direttore generale dell’ASE.

Secondo quanto indicato, i primi tre servizi operativi GMES relativi al monitoraggio terrestre, al monitoraggio marino e alla gestione di emergenze entreranno nella fase pilota entro il 2008, grazie al finanziamento del Settimo programma quadro. Entro il 2009 la Commissione avanzerà proposte relative al quadro programmatico e istituzionale per un sistema GMES sostenibile, dopo aver proceduto a un’intensa consultazione con le parti interessate.

Il progetto GMES figura tra le iniziative prioritarie di breve termine della politica spaziale europea, come risulta anche dalla risoluzione adottata il 22 maggio 2007 dal quarto Consiglio Spazio[154]. A proposito del GMES, la risoluzione sottolinea che la Commissione deve presentare, a tempo debito e previa piena consultazione degli Stati membri e dell'Agenzia spaziale europea, proposte di misure per quanto riguarda: il finanziamento, ivi compresa l'agevolazione del finanziamento da parte degli utenti; l'infrastruttura operativa; la gestione efficace, che dovrà essere pienamente operativa e in grado di garantire servizi sostenibili rispondenti ad esigenze specifiche degli utenti.

Rifiuti

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente[155], il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato la strategia per la prevenzione e il riciclo di rifiuti, che comprende una comunicazione[156] e una proposta di direttiva[157] per modernizzare la direttiva quadro sui rifiuti 75/442/CEE.

La strategia individua un obiettivo a lungo termine che mira a fare dell’Europa una società che ricicla, cerca di contenere la produzione di rifiuti e trasforma in risorsa i rifiuti che non possono essere evitati. Per realizzare tale obiettivo saranno sfruttate le conoscenze generate dalla strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali[158], adottata nella medesima data. L’attenzione è focalizzata sul concetto di ciclo di vita[159] nella politica di gestione dei rifiuti.

In tale contesto, la proposta di direttiva intende ottimizzare le disposizioni della direttiva 75/442/CEE, meglio conosciuta come direttiva quadro sui rifiuti, senza peraltro modificarne la struttura essenziale e le disposizioni principali. Ciò che si propone non è una revisione radicale, ma piuttosto un miglioramento e un adeguamento della direttiva.

La strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti individua infatti tre motivi principali che giustificano tale revisione.

In primo luogo, alcune definizioni contenute nella direttiva 75/442/CEE non sono risultate sufficientemente chiare e hanno dato luogo a divergenze ed incertezze nell’interpretazione delle disposizioni principali della direttiva tra uno Stato membro e l’altro e, in alcuni casi, anche tra una regione e l’altra. Anche a seguito di questa situazione, si è reso spesso necessario l’intervento della Corte di giustizia delle Comunità europee, che in numerose cause è stata chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione della direttiva. Tutto ciò ha creato notevoli difficoltà per gli operatori economici e le autorità competenti. La mancanza di certezza giuridica riguarda principalmente la definizione di rifiuto e la distinzione tra recupero e smaltimento. La proposta di revisione introduce dunque definizioni più chiare o, a seconda dei casi, linee guida interpretative per chiarire la questione a livello comunitario.

In secondo luogo, la strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti imposta in maniera nuova la politica sui rifiuti per adattarla maggiormente alla situazione attuale, nella quale gran parte delle principali operazioni di gestione dei rifiuti è ormai disciplinata dalla legislazione ambientale. È dunque importante che la direttiva quadro sui rifiuti si adegui a questa nuova impostazione. Tutto ciò implica una serie di modifiche, la principale delle quali è l’introduzione di un obiettivo ambientale. La maggior parte delle direttive in materia ambientale prevede oggi un obiettivo di questo genere, che serve ad orientare la direttiva verso una finalità ben precisa. Per quanto riguarda la proposta in esame, l’obiettivo ambientale orienta la direttiva verso la riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla produzione e dalla gestione dei rifiuti, tenendo conto dell’intero ciclo di vita. Un altro aspetto importante di questo cambiamento di strategia è il passaggio ad un approccio maggiormente basato sulle norme. La proposta rafforza infatti la normazione in una serie di settori, mediante l’applicazione di norme minime e di definizioni precise di recupero, nonché mediante l’introduzione di criteri per individuare quando un rifiuto cessa di essere tale. Ciò consentirà di adottare criteri per specifici flussi di rifiuti, in modo da garantire che i materiali riciclati non danneggino l’ambiente, e di ridurre l’onere amministrativo per gli operatori che producono materiali riciclati conformi a tali criteri.

Infine, la strategia evidenzia la necessità di semplificare il quadro normativo vigente. La proposta di direttiva prevede quindi:

·       l’abrogazione della direttiva 75/439/CEE concernente l’eliminazione degli oli usati, che considera prioritaria la rigenerazione di tali rifiuti. L’abrogazione di tale disposizione  permetterà di ridurre i costi di gestione di questo flusso di rifiuti e di concentrare l’attenzione sull’aspetto ambientale più importante, ossia la raccolta degli oli usati, favorendo in tal modo una maggiore efficienza ambientale nella loro gestione;

·       l’integrazione nella direttiva quadro sui rifiuti della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi. Le disposizioni della direttiva sui rifiuti pericolosi sono strettamente connesse a quelle della direttiva quadro sui rifiuti; il loro inserimento nel testo della direttiva quadro consente quindi di consolidare e semplificare la legislazione.

Si segnala infine che la proposta di modifica della direttiva 75/442/CEE introduce l’obbligo, per gli Stati membri, di elaborare programmi di prevenzione dei rifiuti. Secondo quanto rilevato dalla Commissione tale disposizione non avrà, probabilmente, un grande impatto diretto sotto il profilo ambientale, economico o sociale, anche se le ripercussioni potranno variare in funzione delle azioni intraprese, ma consentirà di concentrare l’attenzione dei responsabili politici a livello comunitario, nazionale e sub-nazionale sulla prevenzione, intensificando in tal modo le politiche di prevenzione dei rifiuti. La disposizione assicura peraltro la flessibilità necessaria a consentire l’elaborazione di soluzioni nazionali e locali capaci di sfruttare i vantaggi connessi alla prevenzione dei rifiuti.

Il Consiglio ambiente del 27 giugno 2006 ha approvato conclusioni con le quali accoglie favorevolmente la strategia tematica della Commissione. La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 13 febbraio 2007, nell’ambito della procedura di codecisione. Il Parlamento europeo ha proposto diversi emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Il Consiglio ambiente del 28 giugno 2007 ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di direttiva, introducendo alcune modifiche. L’esame in seconda lettura del Parlamento europeo è previsto per marzo 2008.

Protezione del suolo

Il 22 settembre 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica per la protezione del suolo che si compone di una comunicazione, una proposta di direttiva e una valutazione di impatto. La comunicazione (COM (2006) 231) definisce gli obiettivi globali della strategia per assicurare un livello adeguato di protezione del suolo in Europa e individua la tipologia di misure da adottare.

La strategia si articola attorno a quattro pilastri fondamentali:

·       adozione di una legislazione quadro finalizzata principalmente alla protezione e all’uso sostenibile del suolo;

·       integrazione della protezione del suolo nella formulazione e nell’attuazione delle politiche nazionali e comunitarie;

·       riduzione del divario oggi esistente in termini di conoscenze in alcuni settori della protezione del suolo, sostenendo la ricerca attraverso programmi di ricerca comunitari e nazionali;

·       maggiore sensibilizzazione in merito alla necessità di difendere il suolo.

Con particolare riguardo a quest’ultimo aspetto, la difesa del suolo, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva, partendo dalla constatazione che alcuni fenomeni, come l’erosione, la diminuzione di materia organica, la compattazione, la salinizzazione e gli smottamenti, avvengono in determinate aree a rischio che devono essere individuate.

La proposta di direttiva istituisce un quadro normativo comune e modifica la direttiva 2004/35/CE (COM (2006) 232).

La proposta di direttiva, in particolare, pone l’attenzione sull’individuazione delle aree a rischio di erosione, diminuzione della materia organica, compattazione, salinizzazione e smottamenti. La proposta istituisce una disciplina per l’adozione, al livello territoriale e amministrativo più opportuno, di piani per affrontare le minacce ove queste si presentano. Gli Stati membri saranno tenuti ad individuare le aree a rischio in base ad elementi comuni, a fissare obiettivi di riduzione del rischio per le aree in questione e a preparare programmi contenenti le misure necessarie per conseguire tali obiettivi. L’accettabilità del rischio e le misure varieranno in funzione della gravità dei processi di degrado, delle condizioni locali e di considerazioni di ordine socioeconomico.

La valutazione di impatto contiene l’analisi degli impatti economici sociali e ambientali delle differenti opzioni che sono state prese in considerazione nella fase preparatoria[160] e delle misure finali adottate dalla Commissione.

Il 20 febbraio 2007 il Consiglio ha tenuto un dibattito orientativo sulla strategia tematica per la protezione del suolo e sulla corrispondente proposta di direttiva quadro. Nel corso della discussione sono stati contemplati alcuni aspetti principali: il principale valore aggiunto della strategia tematica proposta;fino a che punto la proposta di direttiva quadro riesca a raggiungere l'obiettivo di creare un'utilizzazione del suolo consolidata e più sostenibile in tutta l'UE;settori potenzialmente problematici in termini di campo di applicazione, requisiti e attuazione della direttiva proposta;fino a che punto la strategia tematica proposta e il progetto di direttiva quadro per la protezione del suolo si integrino e contribuiscano efficacemente all'azione comunitaria relativa ad altre politiche ambientali e gli altri settori. Il 13 novembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia tematica per la protezione del suolo in cui, nell’apprezzare l’iniziativa della Commissione, chiede di garantire flessibilità nell'azione degli Stati membri, in considerazione della forte diversità dei suoli, delle diverse problematiche regionali e delle vigenti disposizioni nazionali in materia di protezione del suolo. La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata il 14 novembre 2007 in prima lettura dal Parlamento europeo, che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione.

Biodiversità

Il 22 maggio 2006 la Commissione ha adottato la comunicazioneArrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltreSostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano” (COM(2006)216).

Il documento definisce un approccio per interrompere entro il 2010 la perdita di biodiversità nell’Unione europea e contribuire a garantire la biodiversità planetaria entro lo stesso termine. In particolare, la Commissione propone un piano d’azione contenente misure concrete; definisce le responsabilità delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri; specifica indicatori per monitorare i progressi realizzati.

La comunicazione identifica quattro aree prioritarie ed i relativi obiettivi:

·       la biodiversità nell’Unione europea (salvaguardare gli habitat e le specie più importanti; conservare e ristabilire la biodiversità nelle campagne e nell’ambiente marino; conciliare sviluppo territoriale e biodiversità; ridurre gli effetti delle specie allogene invasive);

·       l’Unione europea e la biodiversità globale (rafforzare l’efficacia della governance internazionale in materia di biodiversità ed ecosistemi; potenziare il sostegno alla biodiversità nell’ambito dell’assistenza esterna dell’UE; ridurre l’impatto del commercio internazionale);

·       biodiversità e cambiamenti climatici (sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici);

·       conoscenze (rafforzare le conoscenze in materia di conservazione ed uso sostenibile della biodiversità).

Per raggiungere gli obiettivi indicati, secondo la Commissione occorre assicurare finanziamenti adeguati, rafforzare il processo decisionale nell’UE, istituire partenariati tra i gruppi interessati alla conservazione della biodiversità e i vari settori della società che hanno un impatto su di essa; favorire la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e incoraggiarne la partecipazione ad un uso sostenibile della biodiversità.

Il Consiglio ambiente ha adottato, il 18 dicembre 2006, conclusioni sul tema “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010”, nelle quali, rallegrandosi della comunicazione della Commissione: esorta la Commissione e gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per mettere a punto la rete Natura 2000; pone l’accento sull’importanza della pianificazione territoriale e sottolinea la responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda la pianificazione regionale e locale in tale contesto; sollecita la Commissione e gli Stati membri a cogliere le opportunità previste dalle politiche in materia di agricoltura, sviluppo rurale, silvicoltura e pesca allo scopo di sostenere l’obiettivo della biodiversità, sia all’interno delle zone protette, sia nell’insieme dell’ambiente più ampio rurale e marino.

Il 22 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di iniziativa in materia di biodiversità in cui, nel condividere obiettivi prioritari e misure di sostegno proposti dalla Commissione nella comunicazione, esprime profonda preoccupazione per la costante perdita di biodiversità. Secondo il PE i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono fenomeni strettamente collegati e di pari rilievo.

La strategia per l’ambiente marino

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 25 ottobre 2005 la Commissione ha presentato la strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino[161], congiuntamente ad una proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino[162].

Obiettivo finale della strategia è quello di raggiungere un buon livello ecologico dell’ambiente marino entro il 2021 e di proteggere tale risorsa dalla quale dipendono attività economiche e sociali rilevanti. La strategia marina costituirà il pilastro ambientale della futura politica marittima a cui la Commissione sta lavorando, disegnata per raggiungere il pieno potenziale economico di oceani e mari, in armonia con l’ambiente marino.

L’opinione della Commissione è che, di fronte a tale obiettivo ambizioso, nell’elaborare e attuare la sua futura strategia l’UE debba seguire una serie di principi innovativi:

-   un duplice approccio, sul piano comunitario e regionale, che definisca a livello dell’UE i principi per la cooperazione tra gli Stati membri e i paesi terzi che si affacciano sui mari e sugli oceani d’Europa, mantenendo a livello regionale la pianificazione e l’esecuzione degli interventi; questo consentirà di tener conto delle condizioni, dei problemi e delle esigenze specifiche delle varie regioni marine e di offrire soluzioni appropriate;

-   un approccio basato sulla conoscenza, affinché le decisioni politiche siano prese in modo informato e consapevole;

-   un approccio ecosistemico, che consenta di gestire in modo integrato le attività umane che hanno un impatto sull’ambiente marino, così da promuovere un migliore equilibrio tra conservazione e sfruttamento sostenibile di mari ed oceani;

-   un approccio cooperativo, che favorisca l’ampia partecipazione di tutti i soggetti interessati e rafforzi la cooperazione con le vigenti convenzioni marittime regionali.

La proposta di direttiva che accompagna la strategia istituisce, tra l’altro, sulla base di criteri geografici e ambientali, le regioni marine europee: il Mar Baltico, l'Atlantico nord-orientale e il Mar Mediterraneo. Ciascuno Stato membro, in stretta collaborazione con gli altri Stati membri e con i paesi terzi della medesima regione marina, sarà chiamato a sviluppare strategie marine per le proprie acque. Tali strategie conterranno una dettagliata valutazione dei fattori di rischio e di pressione cui è sottoposto l’ambiente marino, obiettivi ambientali su scala regionale, indicatori e misure di monitoraggio per valutare il grado di raggiungimento di tali obiettivi. Su queste basi ciascuno Stato sarà chiamato a sviluppare ed attuare programmi finalizzati al raggiungimento di un buon livello ecologico, accompagnati da valutazioni di impatto e analisi costi-benefici. A tal fine essi saranno incoraggiati ad operare nell’ambito di convenzioni marittime regionali.

La strategia marina proposta dalla Commissione è pienamente coerente con la direttiva 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque. La direttiva stabilisce infatti che le acque superficiali e sotterranee e i corpi idrici raggiungano un buon livello ecologico entro il 2015 e che la prima revisione del piano di gestione dei bacini idrografici abbia luogo nel 2021. 

Il 23 ottobre 2006 il Consiglio ha effettuato un dibattito orientativo sulla strategia tematica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino. Il dibattito si è incentrato essenzialmente sulle questioni seguenti:

·       in generale, il Consiglio ritiene che la strategia marina, unitamente alla proposta di direttiva, fornisca gli strumenti necessari per conseguire gli obiettivi connessi con l'ambiente marino fissati nel sesto programma d'azione in materia di ambiente e stabilisca nel contempo il pilastro ambientale di una futura politica marittima dell'UE;

·       è stata sottolineata la necessità di garantire coerenza tra i vari livelli di regolamentazione. Il lavoro fatto e gli obblighi derivanti da accordi internazionali, come le convenzioni marittime regionali, vanno presi in considerazione onde evitare sovrapposizioni e duplicazioni. La strategia e la direttiva proposta devono essere compatibili con le altre normative e politiche comunitarie, come la direttiva quadro relativa alle risorse idriche, le direttive sugli habitat e sugli uccelli selvatici e la politica comune della pesca;

·       è stato inoltre riconosciuto che la situazione specifica dei paesi privi di sbocchi al mare dovrà essere presa in considerazione in sede di attuazione della direttiva, sebbene tali paesi abbiano un contributo da dare al conseguimento dei suoi obiettivi.

Il 14 novembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino in cui, nell’accogliere con favore l’iniziativa della Commissione, chiede una politica europea forte in materia di protezione del mare. Il PE tra l’altro, prende nota del ritardo registrato dagli Stati membri nell'ottemperare alle componenti marine della rete Natura 2000 e incoraggia gli Stati membri ad individuare le aree marine protette che presentano un interesse specifico sul piano scientifico o della biodiversità, o che sono sottoposte ad intense pressioni.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura il 14 novembre 2006 dal Parlamento europeo che l’ha approvata con alcuni emendamenti parzialmente accolti dalla Commissione. Nella stessa data il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia. Il 23 luglio 2007 il Consiglio ambiente ha adottato una posizione comune sulla proposta, che è stata trasmessa al Parlamento europeo in vista della seconda lettura, prevista per dicembre 2007.

Mar Mediterraneo

Dopo un’ampia consultazione informale sul sito web della Commissione dedicato all’ambiente, il 6 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una comunicazione in cui propone una strategia ambientale a lungo termine per la pulizia e la protezione del Mar Mediterraneo[163]. Nella comunicazione la Commissione sottolinea come, malgrado gli sforzi internazionali messi in atto negli ultimi 30 anni, l’ecosistema del mar Mediterraneo, unico nel suo genere, sia soggetto ad un crescente degrado ambientale, causato dall’effetto congiunto dell’inquinamento, della distruzione degli ecosistemi costieri e della cementificazione. La marea nera verificatasi durante il conflitto in Libano ha drammaticamente sottolineato la vulnerabilità di questo habitat naturale. Il declino del Mediterraneo minaccia dunque la salute dei 143 milioni di individui che vivono sulle sue coste, così come lo sviluppo a lungo temine di settori chiave dell’economia dipendenti dal mare, quali la pesca e il turismo.

Nonostante le sfide ambientali siano ben note e la soluzione esista, la Commissione ritiene che finora l’efficacia dell’azione internazionale sia stata ostacolata dalla carenza di finanziamenti, dalla bassa priorità politica accordata alla protezione ambientale in molti paesi, dalla limitata sensibilizzazione dell’opinione pubblica e infine dalla debole cooperazione istituzionale.

La Commissione sottolinea che le necessità ambientali del Mediterraneo superano di gran lunga i mezzi attualmente a disposizione per farvi fronte. Di conseguenza, le organizzazioni internazionali, la comunità dei donatori e soprattutto i paesi rivieraschi dovranno compiere sforzi supplementari e coordinati per migliorarne le condizioni. A questo proposito, la Commissione intende concentrare i propri sforzi e le limitate risorse disponibili sui settori di attività in cui l’intervento appare più efficace.

I punti centrali della strategia sono:

·       ridurre i livelli di inquinamento nella regione;

·       promuovere l’uso sostenibile del mare e delle zone costiere;

·       incoraggiare i paesi rivieraschi a cooperare sui temi ambientali;

·       aiutare i paesi partner a sviluppare istituzioni e politiche efficaci per proteggere l’ambiente.

·       coinvolgere le organizzazioni non governative e la società civile nelle decisioni ambientali che le riguardano.

Tali obiettivi saranno raggiunti attraverso quattro strumenti: supporto finanziario dei programmi dell’Unione europea già in corso o pianificati; rafforzamento del dialogo con i rappresentanti della regione; migliore coordinamento con altre organizzazioni e partner; condivisione dell’esperienza acquisita dall’Unione europea nella lotta contro l’inquinamento nel Mediterraneo e in altre regioni.

La strategia è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

Riforma degli aiuti di Stato

Nel quadro della riforma degli aiuti di Stato 2005-2009, prospettata nel piano d’azione in materia adottato il 7 giugno 2005 (COM(2005)107), la Commissione preannuncia, tra l’altro, che riesaminerà la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente che giungerà a scadenza il 31 dicembre 2007[164].

In tale contesto, il 5 novembre 2007 è scaduto il termine di presentazione delle osservazioni, per le parti interessate, su un progetto preliminare reso pubblico attraverso il sito web della Commissione il 5 ottobre 2007.

La commissione, tra l’altro, prevede di inserire tra gli aiuti compatibili con il mercato comune e non assoggettabili all’obbligo di notifica di cui all’articolo 88, paragrafo 3, TCE anche i seguenti tipi di aiuto a tutela dell’ambiente:

·       aiuti per il risparmio energetico;

gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a creare incentivi individuali che permettano di conseguire gli obiettivi ambientali relativi al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, nel quadro del raggiungimento dell’obiettivo di ridurre a livello comunitario, entro il 2020, le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 20% rispetto al livello del 1990 secondo quanto stabilito dal Consiglio europeo dell'8 e 9 marzo 2007[165].

L’intensità di aiuto massima consentita è del 60 % dei costi d’investimento ammissibili, innalzabile fino al 60 % per le medie imprese e fino al 70% per le piccole imprese;

·       aiuti in favore delle energie rinnovabili;

gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a creare incentivi individuali che permettano di aumentare la quota di energie rinnovabili rispetto alla produzione complessiva di energia. La Commissione, infatti, rileva che il costo elevato della produzione di alcuni tipi di energia rinnovabile non permette alle imprese di praticare prezzi competitivi sul mercato e costituisce un ostacolo che impedisce alle energie rinnovabili di accedere al mercato.

L’intensità di aiuto massima consentita è del 50 % dei costi d’investimento ammissibili. Per la biomassa l’intensità di aiuto non può superare il 50%. Tali livelli sono innalzabili fino al 60 % per le medie imprese e fino al 70% per le piccole imprese;

·       aiuti per la gestione dei rifiuti;

gli aiuti di questo tipo sono intesi, secondo la Commissione, a fornire incentivi per conseguire l'obiettivo principale comunitario in materia di gestione dei rifiuti, vale a dire dissociare la produzione di rifiuti dall'attività economica, in modo tale che la crescita all'interno dell'Unione europea non si traduca in un accumulo sempre maggiore di rifiuti. Ai fini dell’applicazione degli aiuti, la gestione dei rifiuti si considera comprendente attività finalizzate al riutilizzo, al riciclaggio e al recupero. Al fine di garantire che vi sia una ricaduta positiva sull'ambiente, che il principio "chi inquina paga" non sia eluso e che non sia perturbato il funzionamento normale dei mercati dei materiali secondari, la Commissione considera compatibili con il mercato gli aiuti che rispettano tutte le seguenti condizioni: a) l'investimento è inteso a ridurre l'inquinamento prodotto da altre imprese (gli "inquinatori"), escluso l'inquinamento prodotto dal beneficiario degli aiuti; b) gli aiuti non esentano indirettamente gli inquinatori dagli oneri che incomberebbero loro in forza della normativa comunitaria, ovvero da oneri che andrebbero considerati come normali costi di un'impresa per gli inquinatori; c) gli investimenti vanno oltre lo "stato dell'arte"[166] oppure prevedono un impiego innovativo di tecnologie tradizionali; d) i materiali interessati sarebbero altrimenti eliminati o trattati secondo un approccio meno rispettoso dell'ambiente; e) gli investimenti non si limitano ad accrescere la domanda di riciclaggio dei materiali senza potenziare la raccolta dei medesimi.

Procedure di contenzioso

Rifiuti

Nei confronti dell’Italia risultano avviate due procedure di infrazione per inadempimento degli obblighi derivanti dalla direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CE:

Il 2 maggio 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[167] per essere venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell'articolo 1 della citata direttiva. Secondo la Commissione l’Italia con l’articolo 10 della legge n. 93 del 2001 e l'articolo 1, commi 17 e 19, della legge n. 443 del 2001 ha escluso le terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo riutilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, dall'ambito di applicazione della disciplina nazionale sui rifiuti.

Il 23 giugno 2005 la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia[168] ritenendo che la normativa nazionale di recepimento violi la citata direttiva 75/442/CEE sui rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. In particolare, la Commissione sostiene che l’articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) sia in contrasto con gli obblighi derivanti dall’articolo 1(a) della direttiva citata, poiché prevede che siano esclusi dall’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 (che ha recepito la direttiva 75/442/CEE come modificata):

-   sostanze o oggetti destinati alle operazioni di smaltimento o recupero di rifiuti non esplicitamente elencate agli allegati B e C del decreto legislativo n. 22/97;

-   beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di consumo, qualora gli stessi possano essere e siano riutilizzati in un ciclo produttivo o di consumo, a condizione che non sia effettuato alcun intervento preventivo di trattamento e che gli stessi non rechino pregiudizio all’ambiente, oppure, anche qualora venga effettuato un intervento preventivo di trattamento, quando quest’ultimo non configuri un’operazione di recupero fra quelle elencate all’allegato C del decreto legislativo n. 22/97.

La Commissione è del parere che una siffatta esclusione costituisca un'indebita restrizione della nozione di rifiuto, e quindi dell'ambito d'applicazione della normativa italiana sulla gestione dei rifiuti. Di fatto, l'interpretazione prospettata dal legislatore italiano avrebbe per effetto una limitazione dell'applicazione delle disposizioni della direttiva alle sole fattispecie identificate dalla normativa italiana, escludendone altre non prevedibili a priori che potrebbero invece esservi assoggettate ed in relazione alle quali un'interpretazione estensiva della nozione di rifiuto si renderebbe necessaria. Ciò, secondo la Commissione, si pone in contrasto con le disposizioni della direttiva, che non possono essere derogate da una norma di diritto interno.

Si segnala per altro che il citato articolo 14 del decreto legge n. 138 dell’8 luglio 2002 (convertito in legge n. 178 dell’8 agosto 2002) è stato abrogato dall’articolo 264 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. D’altra parte il suddetto decreto legislativo delinea una nozione di rifiuto comunque restrittiva, dal momento che introduce all’articolo 183 i concetti di “sottoprodotto” e “di materia prima seconda” e li esclude dal regime giuridico del rifiuto.

A tale proposito si segnala che il 21 settembre 2007 il Governo ha trasmesso alla Camera dei deputati per il prescritto parere uno schema di decreto legislativo concernente ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale. Come indicato nella relazione di accompagnamento allo schema, l’intervento del Governo è volto a sanare la situazione e consentire la chiusura delle due procedure di infrazione sopra descritte.

Protezione del suolo

Il 15 febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso contro l’Italia[169] per non aver completato, entro il 22 dicembre 2004, le analisi e l’esame delle caratteristiche relative a ciascun distretto idrografico compreso nel territorio, come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE.

La Commissione contesta, inoltre, all’Italia di non aver presentato, entro il 22 marzo 2005, secondo quanto stabilito dall’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE, una relazione sintetica delle analisi richieste dall’articolo 5 e dei programmi di monitoraggio di cui all’articolo 8 della medesima direttiva.


Articolo 81
(Realizzazione di aree verdi per ridurre l’emissione di gas climalteranti, migliorare la qualità dell’aria e tutelare la biodiversità)

 

1. È istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un fondo di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per la forestazione e la riforestazione al fine di ridurre le emissioni di CO2, per la realizzazione di aree verdi in zone urbane e periurbane al fine di migliorare la qualità dell'aria nei comuni a maggiore crisi ambientale, e di tutelare la biodiversità.

2. Al fine di sostenere le azioni e le politiche finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto, ratificato ai sensi della legge 1o giugno 2002, n. 120, nonché ai fini di cui alla delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002, la somma di 2 milioni di euro annui a valere sul fondo di cui al comma 1 è destinata all'istituzione e alla gestione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio e alla gestione dell'Inventario nazionale delle foreste di carbonio.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame istituisce, presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, un apposito un fondo per la forestazione e la riforestazione di aree incolte, al fine di ridurre le emissioni di CO2, e per la realizzazione di aree verdi in zone urbane e periurbane per migliorare la qualità dell’aria nei comuni a maggiore crisi ambientale e per tutelare la biodiversità.

La disposizione individua la dotazione del fondo in 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

 

Il “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010”[170], elaborato dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e adottato con la delibera CIPE n. 123 del 2002, in attuazione dell’art. 2, comma 1, del Protocollo di Kyoto, ha stimato un potenziale massimo di assorbimento di carbonio, derivante dalle foreste già esistenti, pari a 10,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Inoltre, ha previsto alcune iniziative di forestazione e riforestazione per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto.

Il 18 dicembre 2006 il Ministro dell'Ambiente e il Ministro dello Sviluppo Economico con decreto DEC/RAS/1448/2006 hanno approvato il Piano Nazionale di Assegnazione delle quote di CO2 per il periodo 2008-2012, successivamente trasmesso alla Commissione europea che ha accolto il Piano a condizione che vi fossero apportati alcuni cambiamenti. Tale Piano quantifica gli assorbimenti di carbonio (derivanti da interventi di afforestazione e riforestazione, attività di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e pascoli e di rivegetazione) in 16,2 milioni di tonnellate/anno di anidride carbonica equivalente. Il Piano ed il relativo parere della Commissione europea costituiranno la base per la predisposizione del successivo Schema di Decisione di Assegnazione, attualmente in fase di elaborazione.

Si segnala, infine, che la relazione della Commissione ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici (approvata il 28 giugno 2007)[171] sottolinea il ruolo che nella riduzione delle emissioni può essere svolto dall’agricoltura, anche sotto il profilo della capacità di assorbimento di CO2 nei terreni agricoli e nel patrimonio forestale.

In merito, invece, al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane, si richiama il DM 3 agosto 2007[172] con cui è stato approvato un Programma di finanziamenti per il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane e per il potenziamento del trasporto pubblico con una dotazione complessiva di 270 milioni di euro, in attuazione del comma 1121 e segg. dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 che ha istituito un Fondo per la mobilità sostenibile nelle aree urbane.

 

Il comma 2 destina 2 milioni di euro a valere sulle risorse del fondo previsto dal comma 1, per l’istituzione e la gestione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio e per la gestione dell’Inventario nazionale delle foreste di carbonio (IFNI), in attuazione del Protocollo di Kyoto, ratificato con legge n. 120 del 2002 e della richiamata delibera CIPE n. 123 del 2002.

 

Si rammenta, innanzitutto, che con l’art. 1 del DM del 2 febbraio 2005[173] che ha dato attuazione dei programmi pilota a livello nazionale in materia di afforestazione e riforestazione, sono stati destinati 2.250.000 di euro per l'aggiornamento dell'Inventario forestale nazionale e degli altri serbatoi di carbonio, nonché per l'istituzione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali

Si ricorda, infatti, che l’istituzione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali e dell’Inventario nazionale delle foreste di carbonio (IFNI) è prevista dalla citata delibera CIPE n. 123 del 2002 quale strumento indispensabile per poter raccogliere tutte le informazioni necessarie per il calcolo dell’assorbimento di carbonio.

I punti 7.3 e 7.4 della delibera prevedono in particolare:

§         la realizzazione, entro il 31 maggio 2005, da parte del Ministero per le politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, dell'Inventario forestale nazionale e quello degli altri serbatoi di carbonio, al fine di avviare la procedura di revisione del limite all'utilizzo dei crediti, derivanti dalla gestione forestale, assegnato all'Italia;

§         la realizzazione, entro il 31 dicembre 2006, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministero per le politiche agricole e forestali, del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali, al fine di certificare i flussi di carbonio nel periodo 2008-2012 derivanti da attività di afforestazione, riforestazione, deforestazione, gestione forestale, gestione dei suoli agricoli e pascoli e rivegetazione.

Tali due strumenti sono, quindi richiamati nel “Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010[174].

In esso si legge che il Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali rappresenta “lo strumento di certificazione delle quantità di carbonio assorbito dai sistemi agrari e forestali italiani. Il Registro è costituito dall’immagine dell’uso del suolo d’Italia a cui vanno riferiti i dati statistici sul contenuto di carbonio delle tipologie agrarie e forestali (suoli agrari; suoli, biomasse e necromasse forestali). La certificazione dei crediti di carbonio sarà diretta conseguenza della contabilizzazione delle variazioni del contenuto di carbonio nelle suddette tipologie...”. Nel Piano nazionale 2003-2010 viene indicata un’ipotesi di spesa di gestione del Registro per il periodo 2007-2012, pari a 6 milioni di euro.

In merito, invece, all’Inventario forestale nazionale, il citato Piano ne prevede l’aggiornamento ogni 5 anni in corrispondenza con la fine del periodo di impegno del Protocollo di Kyoto (il primo aggiornamento, quindi, deve essere pronto per il 2012). “L’Inventario sarà composto dall’Inventario Forestale Nazionale (IFNI), da un Sistema Informativo Territoriale delle superfici forestali e da una banca dati sul contenuto di carbonio nelle biomasse, nelle necromasse e nei suoli forestali”. Nel Piano viene indicata un’ipotesi di spesa per l’Inventario Forestale Nazionale (azioni addizionali da intraprendere per il calcolo del carbonio nelle foreste e nel suolo) pari a 4 milioni di euro nel periodo 2003-2012.

Si ricorda, inoltre, che nell’ambito delle audizioni svolte presso l’VIII Commissione Ambiente sulle tematiche relative ai cambiamenti climatici nel mese di giugno 2007, il Ministro dell’ambiente aveva comunicato che era in corso la verifica dei costi per il completamento dell’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio e per la realizzazione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio.

L’Inventario nazionale delle Foreste, infatti, realizzato dal Corpo Forestale[175] non è ancora utile, nella sua versione attuale, ai fini del conteggio delle emissioni, in quanto quantifica, al momento, solo l’estensione e la funzionalità degli ecosistemi forestali nazionali e tali informazioni non sono sufficienti per la gestione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio agro-forestali. Pertanto all’inizio del 2003 hanno avuto inizio i rilievi per il secondo inventario forestale nazionale, l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC), il cui obiettivo principale è la valutazione delle riserve di carbonio presenti negli ecosistemi forestali[176].

Si ricorda, da ultimo, che per il finanziamento delle misure derivanti dall’attuazione del Protocollo di Kyoto sono intervenuti l’art. 1, comma 433, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006), che ha autorizzato un contributo di 100 milioni di euro per il 2006 e l’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) che ha previsto l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Si segnala, infine, l’articolo 26, comma 1-bis, del d.l. n. 159 del 2007 (il cui disegno di legge di conversione è attualmente all’esame del Parlamento) che concede al Ministero dell’ambiente per l'anno 2007 un contributo straordinario di 10 milioni di euro per l'attuazione di interventi urgenti di adattamento e mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici. La disposizione fa in particolare riferimento agli interventi di protezione degli ecosistemi e della biodiversità terrestre e marina più compromessi, di difesa e gestione del suolo nelle aree a rischio idrogeologico e a rischio desertificazione, di gestione delle risorse idriche, ripristino delle aree costiere e delle zone umide, e attribuisce priorità agli interventi nelle aree esposte a rischio di eventi alluvionali o franosi ovvero a rischio valanga.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Biodiversità

Il 22 maggio 2006 la Commissione ha adottato la comunicazioneArrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltreSostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano” (COM(2006)216).

Il documento definisce un approccio per interrompere entro il 2010 la perdita di biodiversità nell’Unione europea e contribuire a garantire la biodiversità planetaria entro lo stesso termine. In particolare, la Commissione propone un piano d’azione contenente misure concrete; definisce le responsabilità delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri; specifica indicatori per monitorare i progressi realizzati.

La comunicazione identifica quattro aree prioritarie ed i relativi obiettivi:

·       la biodiversità nell’Unione europea (salvaguardare gli habitat e le specie più importanti; conservare e ristabilire la biodiversità nelle campagne e nell’ambiente marino; conciliare sviluppo territoriale e biodiversità; ridurre gli effetti delle specie allogene invasive);

·       l’Unione europea e la biodiversità globale (rafforzare l’efficacia della governance internazionale in materia di biodiversità ed ecosistemi; potenziare il sostegno alla biodiversità nell’ambito dell’assistenza esterna dell’UE; ridurre l’impatto del commercio internazionale);

·       biodiversità e cambiamenti climatici (sostenere l’adattamento della biodiversità ai cambiamenti climatici);

·       conoscenze (rafforzare le conoscenze in materia di conservazione ed uso sostenibile della biodiversità).

Per raggiungere gli obiettivi indicati, secondo la Commissione occorre assicurare finanziamenti adeguati, rafforzare il processo decisionale nell’UE, istituire partenariati tra i gruppi interessati alla conservazione della biodiversità e i vari settori della società che hanno un impatto su di essa; favorire la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e incoraggiarne la partecipazione ad un uso sostenibile della biodiversità.

Il Consiglio ambiente ha adottato, il 18 dicembre 2006, conclusioni sul tema “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010”, nelle quali, rallegrandosi della comunicazione della Commissione: esorta la Commissione e gli Stati membri ad intensificare gli sforzi per mettere a punto la rete Natura 2000; pone l’accento sull’importanza della pianificazione territoriale e sottolinea la responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda la pianificazione regionale e locale in tale contesto; sollecita la Commissione e gli Stati membri a cogliere le opportunità previste dalle politiche in materia di agricoltura, sviluppo rurale, silvicoltura e pesca allo scopo di sostenere l’obiettivo della biodiversità, sia all’interno delle zone protette, sia nell’insieme dell’ambiente più ampio rurale e marino.

Il 22 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di iniziativa in materia di biodiversità in cui, nel condividere obiettivi prioritari e misure di sostegno proposti dalla Commissione nella comunicazione, esprime profonda preoccupazione per la costante perdita di biodiversità. Secondo il PE i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono fenomeni strettamente collegati e di pari rilievo.

Foreste

Il 15 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa ad un piano d’azione 2007-2011 dell’UE per le foreste (COM(2006)302).

Il piano d’azione persegue quattro obiettivi principali:

·         migliorare la competitività a lungo termine;

·         migliorare e tutelare l’ambiente;

·         migliorare la qualità di vita;

·         favorire il coordinamento e la comunicazione.

Tale piano è articolato in una serie di azioni chiave che la Commissione propone siano attuate di concerto con gli Stati membri e una serie ulteriore di azioni realizzabili dagli Stati membri in funzione delle specifiche realtà e priorità nazionali, ricorrendo sia a strumenti comunitari che a strumenti nazionali.

In particolare, la Commissione, nell’ambito dell’obiettivo di migliorare e tutelare l’ambiente, intende mantenere e accrescere in maniera appropriata la biodiversità, l’immobilizzazione del carbonio, l’integrità e la salute degli ecosistemi forestali e la loro capacità di recupero, a diversi livelli geografici. Fra le azioni chiave proposte dalla Commissione per l’obiettivo in questione si segnala il contributo al conseguimento degli obiettivi comunitari in materia di diversità biologica per il 2010 ed oltre attraverso un rapido intervento a livello comunitario e nazionale, per il ripristino degli habitat e degli ecosistemi naturali, se si vuole realizzare l’obiettivo di arrestare la perdita di diversità biologica.

Nel contesto dell’obiettivo di migliorare la qualità della vita, si segnala inoltre che una delle azioni chiave della Commissione prevede di studiare il potenziale dei boschi urbani e periurbani. Tale azione chiave prevede che, sulla base delle attività scientifiche, la Commissione e gli Stati membri:

-   riesaminino ed integrino le metodologie di valutazione dell’impatto dei boschi urbani e periurbani sulla società e sul singolo cittadino, al fine di elaborare degli indicatori per il lungo termine e solide linee direttrici per indirizzare in futuro gli investimenti e la gestione;

-   studino strutture che coinvolgano le comunità locali e le parti interessate, diverse da quelle convenzionali, nella pianificazione, realizzazione, gestione ed uso dei boschi urbani e periurbani.

Sulla comunicazione il Consiglio ha approvato conclusioni il 24 ottobre 2006, nelle quali, in particolare:

-   pone l’accento sul contributo rilevante che le foreste offrono al conseguimento degli obiettivi ambientali comunitari in materia di preservazione della biodiversità, contenimento del cambiamento climatico, preservazione delle risorse idriche, lotta all’erosione e alla desertificazione;

-   invita la Commissione e gli Stati membri ad ottimizzare il contributo delle foreste e dei prodotti forestali alla mitigazione dei cambiamenti climatici e promuovere l'adattamento delle foreste ai cambiamenti climatici, al fine tra l'altro di rispettare pienamente gli impegni assunti dall'UE ai sensi di accordi internazionali, quali la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e il protocollo di Kyoto;

-   invita a porre particolare attenzione al miglioramento della qualità di vita nelle zone urbanizzate;

-   invita gli Stati membri a utilizzare nel miglior modo le misure per le foreste disponibili nell’ambito della politica comunitaria per lo sviluppo rurale relativa al periodo 2007-2013[177], compresa la  forestazione, il rimboschimento, le misure agroforestali, per attuare le azioni chiave prospettate nel piano d’azione dell’UE per le foreste.

Strategia sull’ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM (2005) 718), destinata ad aiutare gli Stati membri e le autorità locali e regionali a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee. La strategia per l’ambiente urbano è una delle sette strategie previste dal Sesto programma di azione in materia di ambiente. Il suo obiettivo è favorire una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitarie in materia ambientale, attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche tra le autorità locali.

La strategia, basata sui contenuti di una comunicazione precedente (COM (2004)60) e di un’ampia consultazione dei soggetti interessati svoltasi nell’autunno 2005, propone una serie di azioni tra le quali si segnalano:

-   Orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile. Gli orientamenti saranno basati sull’esperienza acquisita dalle città, sui pareri degli esperti e sui risultati delle ricerche, e serviranno a favorire la piena attuazione della legislazione comunitaria, oltre a costituire una fonte di informazioni supplementari ai fini dell’elaborazione e dell’attuazione di specifici piani di azione.

-   Formazione. Alcuni programmi comunitari offriranno alle autorità locali opportunità di formazione e di rafforzamento delle capacità, per consentire loro di sviluppare le competenze necessarie per gestire l’ambiente urbano. Verrà inoltre offerto un sostegno per promuovere la collaborazione e l’apprendimento reciproco tra autorità locali.

-   Sostegno allo scambio delle migliori pratiche a livello comunitario. In questo contesto verrà valutata l’opportunità di elaborare un nuovo programma europeo per lo scambio di conoscenze ed esperienze sui problemi dell’ambiente urbano, nell’ambito della nuova politica di coesione. A tal fine la Commissione opererà in stretta collaborazione con gli Stati membri e le autorità locali, sulla base di una rete pilota di punti di contatto nazionali sulle questioni urbane (la “Piattaforma europea delle conoscenze”) che fornisce consulenza alle autorità locali in tutta Europa.

-   Portale Internet della Commissione destinato alle autorità locali. La Commissione studierà la fattibilità di un portale destinato alle autorità locali sul sito “Europa”, in modo da facilitare l'accesso alle informazioni più recenti.

-   Sostegno finanziario. Verrà favorito l'utilizzo dei programmi comunitari di sostegno esistenti nel quadro della politica di coesione o di ricerca.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro: chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città, con le loro politiche, possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, e di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento per affrontare i problemi dell'ambiente urbano, come pure le opportunità nell'ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[178]; riconosce l'importanza del settimo programma quadro di ricerca e sviluppo[179], nonché la necessità di promuovere l'ecoinnovazione attraverso la rapida attuazione del piano d'azione per le tecnologie ambientali (ETAP)[180]; incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, tra cui, segnatamente, meccanismi innovativi e flessibili per il finanziamento del rinnovamento urbano; invita l'Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell'ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l'attuazione della gestione ambientale integrata.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia sull’ambiente urbano, nella quale, fra l’altro: sottolinea la dimensione sociale di un progetto urbanistico sostenibile e raccomanda di migliorare in via generale la qualità della vita nei centri delle città attraverso una strategia globale (soprattutto a carattere sociale, culturale ed ecologico); chiede, quale misura cautelare per salvaguardare i centri storici e gli spazi naturali, i fiumi, i laghi o le zone umide, che si creino, in prossimità di questi luoghi, anelli di protezione a basso indice di edificabilità per evitare le pressioni immobiliari; sottolinea che alcuni centri storici – pregevoli elementi del nostro patrimonio comune – sono da anni abbandonati nelle città: raccomanda di disporre, a livello nazionale, regionale o locale, programmi di aiuto per promuovere un adeguato restauro di queste zone e che includano l’architettura, gli spazi aperti e le piazze nonché le rive dei fiumi, i ponti e altre opere pubbliche; si rammarica del fatto che, sebbene la costruzione urbana sostenibile sia ritenuta uno dei quattro principali settori della “strategia tematica sull’ambiente urbano”, la strategia proposta non contempli alcuna azione specifica in materia; propone che i fondi dell’UE siano assegnati e utilizzati dagli Stati membri al fine di riadattare edifici e quartieri.

Si segnala infine che, facendo seguito agli impegni assunti nella strategia per l’ambiente urbano, la Commissione ha predisposto un documento che contiene le linee guida per la gestione ambientale integrata. Come precisato dalla Commissione non si tratta di previsioni vincolanti ma piuttosto di una sintesi delle informazioni disponibili e delle migliori pratiche finanziate da fondi europei, con lo scopo di assistere le autorità municipali nella definizione di sistemi di gestione ambientale integrata a livello locale. 

Procedure di contenzioso

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[181] per non aver presentato, entro i termini previsti, la relazione richiesta ai sensi della decisione 280/2004/CE relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto[182].

L’art 3, par. 1 della decisione, infatti, prevede l’obbligo per gli Stati membri di presentare, entro il 15 gennaio di ogni anno, una relazione contenente i dati sulle emissioni di gas ad effetto serra, per consentire alla Commissione la valutazione dei progressi effettivi e la preparazione delle relazioni annuali sulle emissioni comunitarie, in applicazione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto.

Il 21 giugno 2007, con l’invio della lettera di messa in mora[183], una seconda procedura di infrazione è stata avviata nei confronti dell’Italia per essere venuta meno agli obblighi imposti dalla medesima decisione 280/2004/CE. In questo caso, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, l’Italia avrebbe dovuto trasmettere entro il 15 marzo 2007 una serie di informazioni necessarie alla Commissione per valutare i progressi realizzati dagli Stati membri nella limitazione delle emissioni di gas ad effetto serra e nell’attuazione del protocollo di Kyoto. Tali informazioni riguardano le politiche e le misure nazionali adottate in materia nonché le previsioni in merito alle emissioni di gas ad effetto serra almeno per gli anni 2010, 2015 e 2020.

 


Articolo 82
(Disposizioni sulla spesa e sull’uso dei farmaci)

 

1. In nessun caso il medico curante può prescrivere, per il trattamento di una determinata patologia, un medicinale di cui non è autorizzato il commercio quando sul proposto impiego del medicinale non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazioni cliniche di fase seconda. Parimenti, è fatto divieto al medico curante di impiegare, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, un medicinale industriale per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata ovvero riconosciuta agli effetti dell'applicazione dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora per tale indicazione non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda.

2. Ai fini delle decisioni da assumere ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell'articolo 2, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, la Commissione tecnico-scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco, subentrata nelle competenze della Commissione unica del farmaco, valuta, oltre ai profili di sicurezza, la presumibile efficacia del medicinale, sulla base dei dati disponibili delle sperimentazioni cliniche già concluse, almeno di fase seconda.

3. Le confezioni di medicinali in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate, legittimamente in possesso di ospiti delle Residenze sanitarie assistenziali (RSA) ovvero in possesso di famiglie che hanno ricevuto assistenza domiciliare, per un loro congiunto, dall'azienda sanitaria locale (ASL) o da una organizzazione non lucrativa avente finalità di assistenza sanitaria, possono essere riutilizzate nell'ambito della stessa RSA o della stessa ASL o della stessa organizzazione non lucrativa, qualora, rispettivamente, non siano reclamate dal detentore all'atto della dimissione dalla RSA o, in caso di suo decesso, dall'erede, ovvero siano restituite dalla famiglia che ha ricevuto l'assistenza domiciliare alla ASL o all'organizzazione non lucrativa.

4. Al di fuori dei casi previsti dal comma 3, le confezioni di medicinali in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate, ad esclusione di quelle per le quali è prevista la conservazione in frigorifero a temperature controllate, possono essere consegnate dal detentore che non abbia più necessità di utilizzarle ad organizzazioni senza fini di lucro, riconosciute dalle regioni e province autonome, aventi finalità umanitarie o di assistenza sanitaria.

5. Ai fini del loro riutilizzo, le confezioni di medicinali di cui ai commi 3 e 4 sono prese in carico da un medico della struttura od organizzazione interessata, che provvede alla loro verifica, registrazione e custodia. Le disposizioni di cui ai commi da 3 a 5 si applicano anche a medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope.

6. L'adempimento ai fini dell'accesso agli importi di cui all'articolo 1, comma 181, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con riferimento alla spesa farmaceutica registrata nell'esercizio 2007, s'intende rispettato alle seguenti condizioni:

a) con riferimento al superamento del tetto del 13 per cento per la spesa farmaceutica convenzionata, alla verifica del conseguimento degli effetti finanziari delle misure di contenimento della spesa farmaceutica adottate nell'anno 2007, negli importi definiti e comunicati alle regioni dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, ai sensi dell'articolo 1, comma 796, lettera l), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'anno 2005, ovvero, per le regioni che hanno sottoscritto un accordo con lo Stato ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, negli importi programmati nei piani di rientro di riorganizzazione, di riqualificazione e di individuazione degli interventi per il perseguimento dell'equilibrio economico. La verifica del conseguimento degli effetti finanziari delle misure adottate dalle regioni è effettuata dal predetto Tavolo di verifica degli adempimenti, che si avvale del supporto tecnico dell'Agenzia italiana del farmaco;

b) con riferimento al superamento della soglia del 3 per cento per la spesa farmaceutica non convenzionata, alla verifica dell'idoneità e della congruità del processo attuativo dei Piani di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera adottati dalle regioni. La predetta verifica è effettuata congiuntamente dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, che si avvalgono del supporto tecnico dell'Agenzia italiana del farmaco.

7. Per il consolidamento e il rafforzamento delle strutture e dell'attività dell'assistenza domiciliare oncologica effettuata dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori è autorizzata l'erogazione di un ulteriore contributo straordinario pari ad 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.

8. È istituito presso il Ministero della salute, senza oneri per la finanza pubblica, un registro dei dottori in chiropratica. L'iscrizione al suddetto registro è consentita a coloro che sono in possesso di diploma di laurea magistrale in chiropratica o titolo equivalente. Il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente. Il chiropratico può essere inserito o convenzionato nelle o con le strutture del Servizio sanitario nazionale nei modi e nelle forme previsti dall'ordinamento. Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro della salute.

 

 

L’articolo in esame reca disposizioni in materia di spesa farmaceutica e di utilizzo dei medicinali.

Il comma 1 limita la possibilità di uso dei medicinali non ancora autorizzati in Italia e di uso dei farmaci in termini diversi rispetto all'autorizzazione.

In particolare, la norma prevede il divieto per il medico curante di prescrivere medicinali di cui non è autorizzato il commercio quando, sull’impiego del medicinale, non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazioni cliniche di fase seconda.

Analogamente, è fatto divieto al medico curante di impiegare, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, un medicinale industriale per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata o riconosciuta agli effetti dell’applicazione dell’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora per tale indicazione non siano disponibili almeno dati favorevoli di sperimentazione clinica di fase seconda.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536[184], convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili, a totale carico del Servizio sanitario nazionale: i medicinali innovativi la cui commercializzazione sia autorizzata in altri Stati (ma non sul territorio nazionale), i farmaci non ancora autorizzati, ma sottoposti a sperimentazione clinica, ed i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata.

Tale possibilità è subordinata alla condizione che il farmaco sia tra quelli inseriti in un apposito elenco, predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (in precedenza, dalla Commissione unica del farmaco), conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa.

In ogni caso, secondo l'articolo 2 del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23[185], convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, non possono essere inclusi nell'elenco i medicinali per i quali non siano già disponibili risultati di studi clinici di fase seconda[186].

Inoltre, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del citato decreto-legge n. 23 del 1998, il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale (prodotto industrialmente) per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata (ovvero riconosciuta in base alla summenzionata normativa di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 536 del 1996), qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che non esista valida alternativa terapeutica e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale.

Il comma 4 prescrive che, in ogni caso, il medicinale non è rimborsabile da parte del Servizio sanitario nazionale, al di fuori dei casi di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 536 del 1996 (e sempre che, naturalmente, il farmaco rientri nell'elenco summenzionato).

Il comma 5 dello stesso decreto-legge n. 23 del 1998 stabilisce che la violazione, da parte del medico, di tale disciplina è oggetto di procedimento disciplinare.

L’articolo 1, comma 796, lettera z), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha introdotto alcune limitazioni all’applicazione della descritta normativa.

In particolare, la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 23 del 1998 non è applicabile al ricorso a terapie farmacologiche a carico del Servizio sanitario nazionale, che, nell'ambito dei presìdi ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all'immissione in commercio, quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento. Il ricorso a tali terapie è consentito esclusivamente nell'ambito delle sperimentazioni cliniche dei medicinali di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211. In caso di ricorso improprio, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 4 e 5, del citato decreto-legge n. 23 del 1998.

Le regioni provvedono ad adottare entro il 28 febbraio 2007 disposizioni per le aziende sanitarie locali, per le aziende ospedaliere, per le aziende ospedaliere universitarie e per gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico volte alla individuazione dei responsabili dei procedimenti applicativi delle disposizioni in questione, anche sotto il profilo della responsabilità amministrativa per danno erariale.

Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali, tale responsabilità è attribuita al direttore sanitario delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliere universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.

 

Il comma 2 prevede che, ai fini delle decisioni che devono essere assunte per la redazione dell'elenco di medicinali di cui all’articolo 1, comma 4, del citato decreto-legge n. 536 del 1996, la Commissione consultiva tecnico-scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) valuta (oltre ai profili di sicurezza) la presumibile efficacia del medicinale sulla base dei dati disponibili delle sperimentazioni cliniche (già concluse) almeno di fase seconda.

I commi da 3 a 5 dettano disposizioni per evitare sprechi di medicinali, con particolare riferimento al reimpiego di confezioni di medicinali, in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate.

Il comma 3 riguarda le confezioni (aventi i suddetti requisiti) già in legittimo possesso di ospiti delle residenze sanitarie assistenziali o di famiglie che abbiano ricevuto assistenza domiciliare, per un loro congiunto, dall'azienda sanitaria locale o da un'organizzazione non lucrativa avente finalità di assistenza sanitaria. La norma prevede che tali confezioni possano essere reimpiegate nell'àmbito della stessa residenza sanitaria o azienda sanitaria od organizzazione non lucrativa, qualora non siano richieste dal detentore all'atto della dimissione dalla residenza sanitaria (o, in caso di suo decesso, dagli eredi) o, rispettivamente, qualora siano restituite dalla famiglia che abbia ricevuto l'assistenza domiciliare all'azienda sanitaria o all'organizzazione non lucrativa.

Il comma 4 consente che le confezioni di medicinali, in corso di validità, ancora integre e correttamente conservate - al di fuori dei casi di cui al comma 3 e di quelli in cui sia richiesta la conservazione in frigorifero a temperature controllate - siano consegnate dal detentore (che non abbia più necessità di impiegarle) ad organizzazioni senza scopo di lucro, riconosciute dalle regioni e province autonome, aventi finalità umanitarie o di assistenza sanitaria.

Il comma 5 richiede che le confezioni di farmaci, ai fini del reimpiego di cui ai commi 3 e 4, siano prese in carico da un medico della struttura od organizzazione interessata, che provvede alla verifica, alla registrazione ed alla custodia delle stesse. Si specifica, altresì, che le disposizioni in esame (commi da 3 a 5) si applicano anche a farmaci contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope.

Il comma 6 concerne l'applicazione dei limiti di spesa farmaceutica per il 2007.

 

In proposito, si ricorda che la disciplina vigente fino al 2007 prevede che il limite di spesa (nazionale e regionale) per l'assistenza farmaceutica territoriale è pari al 13 per cento della spesa sanitaria corrente, mentre il tetto per l'assistenza farmaceutica complessiva è pari al 16 per cento[187].

Nel limite del 13 per cento summenzionato, non rientra - oltre alla spesa farmaceutica relativa ai ricoveri ospedalieri - la distribuzione diretta per uso domiciliare (da parte delle farmacie ospedaliere o da parte di quelle convenzionate per conto delle aziende sanitarie locali).

Per quanto concerne l’assistenza farmaceutica ospedaliera il limite è fissato per il 2007 al 3 per cento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato[188].

I limiti di spesa farmaceutica per gli anni 2008 e seguenti sono ora disciplinati dall'articolo 5 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159[189], attualmente in fase di conversione (A.C. 3194).

 

Il comma in esame specifica le condizioni in base alle quali si intendono rispettati da parte delle regioni i due tetti di spesa per il 2007 (13 per cento per la spesa farmaceutica convenzionata e 3 per cento per la spesa farmaceutica non convenzionata), ai fini dell'accesso alle quote di finanziamento integrativo a carico dello Stato di cui all’articolo 1, comma 181, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 1, comma 164, della stessa legge n. 311 del 2004 prevede che lo Stato, in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente[190], concorre al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2001, 2002 e 2003. A tal fine, è autorizzata, a titolo di regolazione debitoria, la spesa di 2.000 milioni di euro per l'anno 2005, di cui 50 milioni di euro finalizzati al ripiano dei disavanzi della regione Lazio per l'anno 2003, derivanti dal finanziamento dell'ospedale «Bambino Gesù». Le predette disponibilità finanziarie sono ripartite tra le regioni con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Il comma 173 dell’articolo 1 della stessa legge dispone, poi, che l'accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato derivante da quanto disposto al comma 164, rispetto al livello di cui all'accordo Stato-regioni dell'8 agosto 2001[191], pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 208 del 7 settembre 2001, per l'anno 2004, rivalutato del 2 per cento su base annua a decorrere dal 2005, è subordinato alla stipula di una specifica intesa tra Stato e regioni, che contempli ai fini del contenimento della dinamica dei costi una serie di interventi e misure specifiche.

Il comma 181 prevede, inoltre, che, con riferimento agli importi indicati al comma 164, relativamente alla somma di 1.000 milioni di euro per l'anno 2005, 1.200 milioni di euro per l'anno 2006 e 1.400 milioni di euro per l'anno 2007, il relativo riconoscimento alle regioni resta condizionato, oltre che agli adempimenti di cui al comma 173, anche al rispetto da parte delle regioni medesime dell'obiettivo per la quota a loro carico sulla spesa farmaceutica previsto dall'articolo 48 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (che fissa il limite del 16 per cento, sia a livello nazionale che regionale, per l’assistenza farmaceutica complessiva).

 

In particolare, la norma statuisce che il limite del 13 per cento si intende rispettato in caso di conseguimento degli effetti finanziari delle misure di contenimento della spesa farmaceutica adottate nel 2007:

§         negli importi definiti e comunicati alle regioni dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti[192] per l'anno 2005, ai sensi dell'articolo 1, comma 796, lettera l), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007);

 

L’articolo 1, comma 796, lettera l), della legge n. 296 del 2006 prevede che nei confronti delle regioni che abbiano comunque garantito la copertura degli eventuali disavanzi, è consentito l'accesso alle quote di finanziamento integrativo, con riferimento alla spesa farmaceutica registrata negli esercizi 2005 e 2006 alle seguenti condizioni:

  1) con riferimento al superamento del tetto del 13 per cento per la spesa farmaceutica convenzionata, in caso di mancato rispetto dell'obbligo di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, le regioni devono procedere all’applicazione, entro la data del 28 febbraio 2007, di una quota fissa per confezione (ticket) di importo idoneo a garantire l'integrale contenimento del 40 per cento. Le regioni interessate, in alternativa all’applicazione di tale quota fissa, possono adottare anche diverse misure regionali di contenimento della spesa farmaceutica convenzionata, purché di importo adeguato a garantire l'integrale contenimento del 40 per cento. L’adozione e congruità di tali misure è verificata entro la stessa data dal Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, avvalendosi del supporto tecnico dell'AIFA;

  2) con riferimento al superamento della soglia del 3 per cento, per la spesa farmaceutica non convenzionata, le regioni interessate, in caso di mancato rispetto dell'obbligo di contenimento della spesa per la quota a proprio carico, devono presentare, entro la stessa data del 28 febbraio 2007, ai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze un Piano di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera, che rechi interventi diretti al controllo dei farmaci innovativi, al monitoraggio dell'uso appropriato degli stessi e degli appalti per l'acquisto dei farmaci. L’idoneità del piano deve essere verificata congiuntamente nell'ambito del Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti di cui alla citata Intesa del 23 marzo 2005.

 

§         ovvero, per le regioni che abbiano stipulato un accordo con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze (ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006), negli importi definiti dai piani di rientro dal disavanzo sanitario.

 

L’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge finanziaria per il 2007 prevede l’istituzione di un Fondo transitorio (1.000 milioni di euro nel 2007; 850 milioni di euro nel 2008; 700 milioni di euro nel 2009) destinato alle regioni nelle quali si è registrato un elevato disavanzo. L’accesso a tali risorse è condizionato, tra l’altro:

·       alla sottoscrizione di un apposito accordo, stipulato, ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dai Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione interessata per l’individuazione degli interventi necessari al perseguimento dell'equilibrio economico. Tale accordo deve includere un programma di rientro del disavanzo entro il 2010;

·       all’attivazione dell’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive.

In caso di mancato conseguimento degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo previsti dal piano di rientro, è disposto l’automatico innalzamento – per l’anno di imposta dell’esercizio successivo – dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente e fino alla copertura integrale dei disavanzi.

Viene inoltre precisato che la maggiorazione dei suddetti tributi ha carattere generalizzato e non è suscettibile di differenziazioni per settori di attività e per categorie di soggetti passivi e che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, svolga un’attività di affiancamento alle regioni che hanno sottoscritto il previsto accordo per l’accesso alle risorse del Fondo transitorio, comprensivo del Piano di rientro dai disavanzi. Tale affiancamento è finalizzato al monitoraggio del Piano di rientro, all’adozione dei provvedimenti regionali subordinati alla preventiva approvazione dei suddetti Ministeri, all’attività dei Nuclei con funzioni consultive di supporto tecnico da realizzarsi nelle singole regioni, nell’ambito del Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria (SiVeAS).

 

Le verifiche in oggetto sono compiute dal citato Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, che si avvale del supporto dell'Agenzia italiana del farmaco (lettera a).

Per quanto concerne il limite del 3 per cento per la spesa farmaceutica non convenzionata, esso si intende rispettato in caso di verifica positiva dell'idoneità e della congruità del processo attuativo dei Piani di contenimento della spesa farmaceutica ospedaliera adottati dalle regioni.

Tali verifiche sono svolte congiuntamente dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza[193] e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, con il supporto dell'Agenzia italiana del farmaco (lettera b).

Il comma 7, aggiunto dal Senato, dispone un ulteriore contributo straordinario, pari ad 1 milione di euro annuo per il triennio 2008-2010, in favore della Lega italiana per la lotta contro i tumori, ai fini del consolidamento e rafforzamento delle strutture e dell'attività di assistenza domiciliare oncologica effettuata dalla medesima.

Si ricorda che, in base all’articolo 3 della legge 18 febbraio 1963, n. 67[194], la Lega italiana per la lotta contro i tumori, con sede in Roma, a decorrere dall’esercizio finanziario 1963-64 riceve da parte del Ministero della salute un contributo annuale, unitamente ad altri enti di ricerca (Centro internazionale di ricerche per il cancro di cui alla legge 2 ottobre 1967, n. 947; Ufficio internazionale delle epizozie di cui alla legge 22 dicembre 1980, n. 927).

Il riparto delle risorse stanziate annualmente in sede di legge finanziaria è effettuato con decreto ministeriale, previo parere delle commissioni parlamentari.

Il decreto ministeriale di riparto relativo al 2007 ha attribuito alla Lega italiana per la lotta contro i tumori un contributo pari a 3.568.523,94 euro.

Il decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria)[195] ha stanziato, poi, un contributo straordinario di 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 a beneficio della suddetta Lega, a cui si aggiungono le risorse, pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, di cui all'articolo 1, comma 817, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Conseguentemente, a legislazione vigente, il contributo straordinario (che si somma alle risorse ordinarie individuate con il citato decreto di riparto) è pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e a 2 milioni di euro per il 2009[196].

Il comma 8, inserito dal Senato, istituisce, presso il Ministero della salute, un registro dei dottori in chiropratica, senza oneri a carico della finanza pubblica.

L'iscrizione nel suddetto registro è consentita a coloro che siano in possesso di diploma di laurea magistrale (nuova denominazione della laurea specialistica) in chiropratica o di titolo equivalente. La norma, seppur formulata implicitamente con riguardo al titolo necessario per l’esercizio della professione di chiropratico, istituisce, quindi, una nuova laurea specialistica; rinviando al regolamento la definizione delle disposizioni attuative.

Si specifica che il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore in chiropratica ed esercita le sue mansioni liberamente, come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute, ai sensi della normativa vigente.

Il chiropratico può essere inserito nelle strutture del Servizio sanitario nazionale, o essere convenzionato con le medesime, nei modi e nelle forme previste dall'ordinamento.

Il regolamento di attuazione del presente comma è emanato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008, dal Ministro della salute.

 

Con riferimento al comma in esame, sembrerebbe opportuna una verifica sulla correttezza dello strumento regolamentare per l’attuazione della norma relativa alla professione di chiropratico, considerato che, ai sensi dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione, la potestà regolamentare nelle materia di legislazione concorrente (nel caso di specie, la disciplina delle “professioni”) spetta alle regioni. Inoltre, con riferimento all’istituzione della nuova laurea specialistica in chiropratica, potrebbe risultare opportuno che il regolamento di attuazione sia adottato con il concerto del Ministro dell’Università e della ricerca.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 16 novembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (COM (2005)567), volta a riempire la lacuna normativa in materia di terapia cellulare somatica, terapia genica e ingegneria tessutale.

Gli obiettivi principali dell’intervento consistono nel garantire un elevato livello di protezione sanitaria per i pazienti europei trattati con prodotti per terapie avanzate;nell’armonizzare l’accesso al mercato e migliorare il funzionamento del mercato interno istituendo un quadro normativo su misura ed esaustivo per l'autorizzazione, la supervisione e il controllo successivamente all'autorizzazione dei prodotti per terapie avanzate; nello stimolare la competitività delle imprese europee che operano in questo campo; nel garantire la sicurezza giuridica generale, pur consentendo una sufficiente flessibilità a livello tecnico, al fine di tenere il passo con l’evoluzione della scienza e della tecnologia. La proposta prevede una procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione sul mercato, un nuovo comitato di esperti, requisiti rafforzati per la gestione del rischio, la rintracciabilità da donatore a paziente, la sicurezza e l’alta qualità scientifica delle terapie.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata, in prima lettura, il 25 aprile 2007, dal Parlamento europeo che ha approvato alcuni emendamenti. Il Consiglio ha raggiunto un accordo politico il 31 maggio 2007 che recepisce tutti gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo; il 30 ottobre 2007 il Consiglio ambiente ha adottato il regolamento che è in attesa di essere pubblicato.

 

Il 22 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2006)919) che modifica la direttiva 2001/83/CE relativa ai medicinali per uso umano. La proposta è volta ad adeguare la normativa comunitaria in materia di medicinali in modo da conformarla alla decisione (CE) n. 2006/512 del 17 luglio 2006 sulle competenze di esecuzione conferite alla Commissione[197].

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di essere esaminata dal Consiglio. Il Parlamento europeo dovrebbe esaminarla, in prima lettura, nella sessione del 29 novembre  2007.

Procedure di contenzioso

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[198]  per non aver correttamente attuato le direttive 89/105/CEE e 2001/83/CE relativa ai medicinali per uso umano. Secondo la Commissione l’Italia non ha adottato le misure necessarie a garantire l’obiettività e la trasparenza delle sue decisioni relative alla fissazione dei prezzi e al rimborso dei prodotti medicinali (revisione del Prontuario Farmaceutico Nazionale) ed è venuta meno agli obblighi imposti dalle citate direttive stabilendo l’obbligo di specificare sull’imballaggio esterno e sul foglietto illustrativo del farmaco la denominazione e la classificazione del prodotto in un determinato carattere.

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[199] per essere venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 2001/83/CE relativa ai medicinali per uso umano; in particolare l’Italia ha stabilito, contravvenendo a quanto disposto dagli articoli 126 e 116 della direttiva in questione, una seconda procedura (in aggiunta a quella di rinnovo prevista dal diritto comunitario) di revisione sistematica dei medicinali secondo la quale il titolare dell’autorizzazione di commercializzazione deve presentare nuovi documenti, in mancanza dei quali l’autorizzazione può essere revocata (art. 4 della legge n. 362 del 1999 e art. 2 del decreto ministeriale del 27 gennaio 2000); inoltre non ha specificato, nella normativa nazionale, i motivi per i quali può essere revocata l’autorizzazione di commercializzazione di un medicinale revisionato, contravvenendo pertanto all’articolo 125 della citata direttiva; in aggiunta, l’Italia non ha fornito prove concrete del fatto che i dati scientifici presentati dal titolare dell’autorizzazione alle autorità sanitarie italiane vengano sottoposti ad un’analisi approfondita.

 

Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha presentato ricorso (causa C-62/07) alla Corte di giustizia delle Comunità europee contro l’Italia per non avere adottato le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2005/28/CE dell'8 aprile 2005, che stabilisce i principi e le linee guida dettagliate per la buona pratica clinica relativa ai medicinali in fase di sperimentazione ad uso umano nonché i requisiti per l'autorizzazione alla fabbricazione o importazione di tali medicinali[200].

L’articolo 31, comma 1 della citata direttiva aveva fissato il termine per l’attuazione al 29 gennaio 2006, stabilendo altresì l’obbligo per gli Stati membri di comunicare immediatamente alla Commissione il testo delle disposizioni attuative nonché una tavola di concordanza tra tali norme e quelle della direttiva.

La direttiva era inserita nell’allegato B[201] della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005)

 


Articolo 83
(Disposizioni a favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario)

 

1. Per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti, è autorizzata la spesa di 180 milioni di euro per l'anno 2008.

2. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissati i criteri in base ai quali sono definite, nell'ambito di un piano pluriennale, le transazioni di cui al comma 1 e, comunque, nell'ambito della predetta autorizzazione, in analogia e coerenza con i criteri transattivi già fissati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute 3 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2 dicembre 2003, sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute in data 13 marzo 2002, con priorità, a parità di gravità dell'infermità, per i soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l'utilizzo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni.

3. Agli oneri di cui al comma 1 si provvede mediante incremento, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, delle aliquote di base di cui all'articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, per il calcolo dell'imposta sui tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 

 

L’articolo in esame reca disposizioni in favore di soggetti che abbiano subito danni in campo sanitario.

Il comma 1 autorizza la spesa di 180 milioni di euro per l’anno 2008 per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione da sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno intrapreso azioni risarcitorie tuttora pendenti.

Il comma 2 demanda, ad un decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la definizione dei criteri in base ai quali, nell’ambito di un piano pluriennale, sono definite le transazioni di in esame. In ogni caso, nell’ambito delle citate autorizzazioni, devono essere fissati criteri coerenti con quelli già determinati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute 3 novembre 2003, sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute del 13 marzo 2002, assicurando priorità, a parità di infermità, ai soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l’utilizzo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)[202] di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.

 

L’articolo 1 del citato decreto ministeriale del 3 novembre 2003 precisa, tra l’altro, che, al risarcimento dei danni subiti dai soggetti emofiliaci a seguito di assunzione di emoderivati infetti, si provvede in base ai seguenti criteri: a) stipula di atto formale di transazione con gli aventi causa da danneggiati deceduti; b) stipula di atto formale di transazione con i soggetti danneggiati viventi che abbiano ottenuto almeno una sentenza favorevole; c) stipula di atto formale di transazione con i soggetti danneggiati viventi che hanno azionato la loro pretesa in giudizio senza avere ancora ottenuto alcuna sentenza favorevole.

 

Infine, il comma 3 prevede la copertura finanziaria degli oneri conseguenti alle disposizioni di cui al comma 1, mediante incremento, da effettuare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, delle aliquote di base di cui all’articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati destinati al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 

Con riferimento ai soggetti danneggiati in ambito sanitario, si ricorda che il decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (A.C. 3194-A), attualmente in sede di conversione alla Camera, reca disposizioni analoghe a quelle contenute nell’articolo in commento.

In particolare, l’articolo 33 del citato decreto-legge n. 159 del 2007, nel testo modificato dal Senato, prevede, al comma 1, un’autorizzazione di spesa di 150 milioni di euro per il 2007 (rispetto ai 94 milioni di euro del testo originario del decreto-legge) per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti.

Il testo originario del decreto-legge in esame, oltre a fissare, come già detto, un limite di spesa più basso per tali interventi, fa riferimento solo alle transazioni da stipulare con soggetti talassemici danneggiati da sangue o emoderivati infetti.

Analogamente, a quanto previsto dall’articolo 83 del disegno di legge finanziaria per il 2008 (in commento), il comma 2 del citato articolo 33, anch’esso modificato dal Senato, stabilisce che, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissati i criteri per la definizione delle citate transazioni. Il testo riformulato prevede, altresì, che la risoluzione delle controversie in atto sia attuata nell'ambito di uno specifico piano pluriennale e che i criteri per la definizione delle transazioni siano delineati, in analogia con i criteri transattivi già fissati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministro della salute 3 novembre 2003[203], sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute in data 13 marzo 2002, in modo da assicurare priorità, a parità di gravità dell'infermità, per i soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l'utilizzo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.

Nel corso dell’esame in sede referente presso la V Commissione Bilancio della Camera, è stato soppresso il comma 2-bis del citato articolo 33 – introdotto dal Senato - recante l’innalzamento delle aliquote di base per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati ai fini della delle copertura degli oneri  - per un importo pari a 56 milioni di euro - derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1 in favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni infette e vaccinazioni obbligatorie.

A seguito di una ulteriore modifica da parte della stessa Commissione Bilancio, che ha aggiunto una lettera b-ter) all’articolo 47, comma 1, del decreto-legge in oggetto, la copertura dei predetti oneri è stata disposta a valere sulla dotazione  del Fondo di riserva per le spese impreviste di cui all'articolo 9 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

 

Per quanto concerne la copertura finanziaria di cui al comma 3 dell’articolo 83 del disegno di legge finanziaria in esame, si ricorda che le vigenti aliquote di accisa sui tabacchi sono contenute nel decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni. Tale decreto ha introdotto nuove misure rispetto a quelle indicate nella legge n. 75 del 1985 senza, peraltro, provvedere alla novella della norma originaria.

Ai sensi dell’articolo 28, comma 1, lettera a), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427), e successive modifiche e integrazioni, le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati sono stabilite nelle seguenti misure:

sigarette............................................. 58,50%;

sigari e sigaretti.................................. 23%;

tabacco da fumo................................. 56%;

tabacco da masticare.......................... 24,78%;

tabacco da fiuto.................................. 24,78%.

 

Appare opportuno segnalare che precedenti provvedimenti normativi hanno rinviato la determinazione di incrementi delle aliquote di accise sui tabacchi al fine di garantire un maggior gettito fiscale. In particolare:

-            l’articolo 21, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) prevedeva un aumento dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sole sigarette al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 435 milioni di euro a decorrere dal 2003[204];

-            l’articolo 2, comma 62, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) ha previsto la facoltà di disporre aumenti dell’aliquota di base dell’imposta di consumo sulle sigarette al fine di assicurare, a decorrere dal 2004, ulteriori maggiori entrate annue per 650 milioni di euro. In attuazione di questa norma è stato emanato il D.M. 15 ottobre 2004 con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione delle sigarette dal 58 per cento al 58,5%;

-            l’articolo 1, comma 485, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) ha previsto un aumento dell’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati, al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 500 milioni nel 2005 e 1.000 euro a decorrere dal 2006. In attuazione di questa norma è stato emanato il decreto direttoriale 25 ottobre 2005, con il quale è stata aumentata l’aliquota di base della tassazione del tabacco da fumo dal 54 per cento al 56 per cento;

-            l’articolo 1, comma 551, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha previsto la facoltà di aumentare l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati in misura tale da assicurare il mantenimento del gettito per l’anno 2006 e per gli anni successivi;

-            l’articolo 1, comma 100, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto la facoltà di aumentare l’aliquota di base della tassazione dei tabacchi lavorati in misura tale da assicurare, a decorrere dal 2007, un maggior gettito complessivo pari a 1.100 milioni di euro annui.

 

Si osserva che le aliquote di base dell’imposta di consumo sui tabacchi lavorati, di cui alla legge n. 76 del 1985, sono state modificate, senza novellare la norma, prima dall’articolo 1 del decreto-legge 29 maggio 1989, n. 202 e, da ultimo, dall’articolo 28 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331.

 

In generale, dal punto di vista della redazione del testo (anche al fine di evitare duplicazioni), potrebbe risultare opportuno un maggior coordinamento delle disposizioni di cui all’articolo in esame con quelle recate dall’articolo 33 del decreto-legge n. 159 del 2007, attualmente in sede di conversione.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 16 novembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento recante modifica della direttiva 2001/83/CE sui medicinali per terapie avanzate (tra cui anche quelli costituiti con sostanze derivate da sangue umano) e del regolamento (CE) n. 726/2004 (COM (2005)567). La proposta è volta a riempire la lacuna normativa in materia di terapia cellulare somatica, terapia genica e ingegneria tessutale.

Gli obiettivi principali dell’intervento consistono: nel garantire un elevato livello di protezione sanitaria per i pazienti europei trattati con prodotti per terapie avanzate; nell’armonizzare l’accesso al mercato e migliorare il funzionamento del mercato interno, istituendo un quadro normativo su misura ed esaustivo per l'autorizzazione, la supervisione e il controllo successivamente all'autorizzazione dei prodotti per terapie avanzate; nello stimolare la competitività delle imprese europee che operano in questo campo; nel garantire la sicurezza giuridica generale, pur consentendo una sufficiente flessibilità a livello tecnico, al fine di tenere il passo con l’evoluzione della scienza e della tecnologia. La proposta prevede una procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione sul mercato, un nuovo comitato di esperti, requisiti rafforzati per la gestione del rischio, la rintracciabilità da donatore a paziente, la sicurezza e l’alta qualità scientifica delle terapie.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata, in prima lettura, il 25 aprile 2007, dal Parlamento europeo che ha approvato alcuni emendamenti. Il Consiglio ha raggiunto un accordo politico il 31 maggio 2007.

Procedure di contenzioso

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia due pareri motivati:

Il primo, per la mancata attuazione della direttiva 2005/62, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE (che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti) per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali[205]; il termine di attuazione è scaduto il 31 agosto 2006;

Un secondo, per la mancata attuazione della direttiva 2005/61/CE, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE (che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti), per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità e la notifica di effetti indesiderati ed incidenti gravi[206]. Il termine di attuazione di tale direttiva è scaduto il 31 agosto 2006.

Entrambe le direttive sono ricomprese nell’allegato B della legge 6 febbraio 2007 n. 13 (legge comunitaria 2006).

 


Articolo 88
(Misure per promuovere la qualità nell’erogazione
dell’assistenza protesica)

 

1. Il Ministero della salute promuove l'adozione da parte delle regioni di programmi finalizzati ad assicurare qualità ed appropriatezza nel campo dell'assistenza protesica, sulla base di linee guida adottate con accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Nell'anno 2008, a livello nazionale e in ogni singola regione, la spesa per l'erogazione di prestazioni di assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura di cui all'elenco 1 allegato al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332, non può superare il livello di spesa registrato nell'anno 2007 incrementato del tasso di inflazione programmata. Al fine di omogeneizzare sul territorio nazionale la remunerazione delle medesime prestazioni, gli importi delle relative tariffe, fissate quali tariffe massime dall'articolo 4 del decreto del Ministro della salute 12 settembre 2006, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2006, sono incrementati del 9 per cento.

3. Dall'applicazione dell'articolo 1, comma 409, lettera c), della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono escluse le attività di informazione ed aggiornamento relative alla assistenza protesica su misura realizzate in coerenza con i programmi regionali di cui al comma 1 ovvero accreditate nei programmi di educazione continua in medicina.

 

 

Ai sensi del comma 1 il Ministero della salute promuove l'adozione, da parte delle regioni, di programmi volti a garantire qualità ed appropriatezza nel campo dell'assistenza protesica, sulla base di apposite linee guida da definirsi con accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

Il comma 2, introduce, per il solo 2008, un limite di spesa, nazionale e regionale, per l'erogazione di prestazioni di assistenza protesica, relativamente ai dispositivi su misura di cui all'elenco n. 1 allegato al regolamento di cui al D.M. 27 agosto 1999, n. 332[207].

Tale limite di spesa non può superare quello registrato per il 2007, incrementato del tasso di inflazione programmata (primo periodo).

Il secondo periodo dello stesso comma 2, al fine di omogeneizzare sul territorio nazionale la remunerazione delle prestazioni di assistenza protesica, dispone un aumento del 9 per cento del livello delle tariffe massime relative alle medesime prestazioni (livello di cui all'articolo 4 del D.M. 12 settembre 2006[208]).

Il comma 3 esclude dall'ambito di applicazione dell'articolo 1, comma 409, lettera c), della legge 23 dicembre 2005, n. 266[209], le attività di informazione ed aggiornamento relative all'assistenza protesica su misura, svolte in coerenza con i programmi regionali (di cui al comma 1) o accreditate nell'ambito dei programmi di formazione continua in medicina (ECM).

Ai sensi della citata lettera c) del citato comma 409 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, le aziende che producono o distribuiscono in Italia dispositivi medici, inclusi quelli medico-diagnostici in vitro e i dispositivi su misura, sono tenute a dichiarare, mediante autocertificazione presentata al Ministero della salute-Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici, entro il 30 aprile di ogni anno, l'ammontare complessivo della spesa sostenuta nell'anno precedente per le attività di promozione rivolte ai medici, agli operatori sanitari, ivi compresi i dirigenti delle aziende sanitarie, e ai farmacisti, nonché la ripartizione della stessa nelle singole voci di costo (a tal fine attenendosi alle indicazioni, per quanto applicabili, contenute nell'allegato tecnico al D.M. 23 aprile 2004, concernente le attività promozionali poste in essere dalle aziende farmaceutiche).

Si ricorda che la successiva lettera d) dello stesso comma 409[210] prevede, altresì, che le aziende in esame, entro il 30 aprile di ogni anno, versano, in conto entrate del bilancio dello Stato, un contributo pari al 5 per cento delle spese autocertificate, calcolate al netto delle spese per il personale addetto.

 

L’esclusione delle attività di informazione relativa all’assistenza protesica su misura dall’ambito di applicazione dell’articolo 1, comma 409, lettera c) della legge n. 266/2005 sembra sollevare conseguentemente le aziende che producono i dispositivi in esame anche dagli obblighi di cui alla lettera d) del medesimo articolo.

Procedure di contenzioso

Il 31 maggio 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[211] per il mancato recepimento della direttiva 2005/50/CE relativa alla riclassificazione delle protesi articolari dell’anca, del ginocchio e della spalla nel quadro della direttiva 93/42/CE concernente i dispositivi medici.

 

 


Articolo 99
(Disciplina dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori)

 

1. Il presente articolo istituisce e disciplina l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori, quale nuovo strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, conformemente ai princìpi stabiliti dalla normativa comunitaria volti ad innalzare i livelli di tutela.

2. Dopo l'articolo 140 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è inserito il seguente:

«Art. 140-bis. - (Azione collettiva risarcitoria). - 1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti di cui al comma 1 dell'articolo 139 e gli altri soggetti di cui al comma 2 del presente articolo, fermo restando il diritto del singolo cittadino di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi conformemente a quanto previsto dall'articolo 24 della Costituzione, possono richiedere singolarmente o collettivamente al tribunale del luogo ove ha la residenza il convenuto, la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione delle somme dovute direttamente ai singoli consumatori o utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti commessi nell'ambito di rapporti giuridici relativi a contratti cosiddetti per adesione, di cui all'articolo 1342 del codice civile, che all'utente non è dato contrattare e modificare, di atti illeciti extracontrattuali, di pratiche commerciali illecite o di comportamenti anticoncorrenziali, messi in atto dalle società fornitrici di beni e servizi nazionali e locali, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti.

2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono individuate le ulteriori associazioni di consumatori, di investitori e gli altri soggetti portatori di interessi collettivi legittimati ad agire ai sensi del presente articolo.

3. L'atto con cui il soggetto abilitato promuove l'azione collettiva di cui al comma 1 produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione.

4. Con la sentenza di condanna il giudice determina i criteri in base ai quali deve essere fissata la misura dell'importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti.

5. In relazione alle controversie di cui al comma 1, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale.

6. La definizione del giudizio rende improcedibile ogni altra azione ai sensi del presente articolo nei confronti dei medesimi soggetti e per le medesime fattispecie.

7. Contestualmente alla pubblicazione della sentenza di condanna di cui al comma 4 ovvero della dichiarazione di esecutività del verbale di conciliazione, il giudice, per la determinazione degli importi da liquidare ai singoli consumatori o utenti, costituisce presso lo stesso tribunale apposita camera di conciliazione, composta in modo paritario dai difensori dei proponenti l'azione di gruppo e del convenuto, e nomina un conciliatore di provata esperienza professionale iscritto all'albo speciale per le giurisdizioni superiori, che la presiede. A tale camera di conciliazione tutti i cittadini interessati possono ricorrere singolarmente o tramite delega alle associazioni di cui al comma 1. Essa definisce, con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i modi, i termini e l'ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizione del verbale rende improcedibile l'azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito dal verbale per l'esecuzione della prestazione dovuta.

8. In caso di inutile esperimento della composizione di cui al comma 7, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l'accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 4 e la determinazione precisa dell'ammontare del risarcimento dei danni riconosciuto ai sensi della medesima sentenza.

9. La sentenza di condanna di cui al comma 4, unitamente all'accertamento della qualità di creditore ai sensi dei commi 7 e 8, costituisce, ai sensi dell'articolo 634 del codice di procedura civile, titolo per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, richiesta dal singolo consumatore o utente, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del medesimo codice di procedura civile.

10. La sentenza di condanna di cui al comma 4, ovvero l'accordo transattivo di cui al comma 5, devono essere opportunamente pubblicizzati a cura e spese della parte convenuta, onde consentire la dovuta informazione alla maggiore quantità di consumatori e utenti interessati.

11. Nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti conclusi secondo le modalità previste dall'articolo 1342 del codice civile, la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, accertata dall'autorità competente, rende nulli i contratti nei confronti di tutti i singoli consumatori o utenti nel periodo di diffusione del messaggio stesso. La nullità può essere fatta valere solo dal promotore dell'azione di gruppo.

12. In caso di soccombenza, anche parziale, del convenuto, lo stesso è condannato al pagamento delle spese legali. In ogni caso, il compenso dei difensori del promotore della azione collettiva non può superare l'importo massimo del 10 per cento del valore della controversia».

3. Le disposizioni di cui al presente articolo diventano efficaci decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

L’articolo 99, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, istituisce e disciplina l’istituto dell’azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori.

 

La protezione degli interessi dei consumatori - non contemplata in via diretta dalla nostra Costituzione - trova riconoscimento nell’art. 153 par. 1 del Trattato di Roma, istitutivo della Comunità economica europea, che ha previsto a tal fine che “…la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi”.

Tuttavia, pur essendosi succeduti nel corso degli anni una serie di interventi del legislatore comunitario sul tema generale della tutela degli interessi dei consumatori, nei suoi diversi aspetti, non è stato trattato, in tale sede, il tema delle "azioni di gruppo o di classe", trattandosi di ambiti più strettamente connessi all'ordinamento interno del singolo Stato e al sistema processuale in esso adottato.

La tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, nei suoi diversi e poliedrici aspetti, ha costituito, soprattutto negli ultimi anni, uno dei punti focali della normazione comunitaria. La disciplina nazionale è  dunque costituita, in buona parte, da una serie di disposizioni legislative volte a dare attuazione alle numerose direttive comunitarie sulla materia.

Nel nostro ordinamento, un primo significativo intervento volto a tutelare in via giudiziale gli interessi dei consumatori si ha con l’approvazione della legge comunitaria per il 1994 (legge 6 febbraio 1996, n. 52). L’articolo 25, dando attuazione alla direttiva CEE n. 93/13 del Consiglio in tema di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, era intervenuto sulla normativa concernente i contratti per adesione, novellando il codice civile mediante l’aggiunta al capo XIV, del titolo II, del libro IV, di un capo XIV-bis, rubricato “Dei contratti del consumatore” (articoli 1469-bis-1469-sexies). Con la nuova disciplina viene modificata radicalmente la disciplina dei contratti standardizzati, cioè di tutti quei contratti che vengono presentati al consumatore sotto forma di moduli prestampati in cui le condizioni generali del contratto sono state predisposte unilateralmente dal venditore o professionista[212] .

Successivamente, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti) ha introdotto, in armonia con i principi consolidati a livello comunitario, una disciplina organica della tutela degli interessi dei consumatori riconoscendo il potere inibitorio delle associazioni dei consumatori (la legittimazione ad agire).

La nuova disciplina ha previsto l'attribuzione alle associazioni dei consumatori iscritte nell'apposito elenco istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi, indipendentemente dalla segnalazione di un cittadino e dunque dall'esigenza di tutelare una singola posizione individuale.

In particolare, l’art. 3 della legge 218/1998 ha introdotto una forma di tutela processuale collettiva degli interessi dei consumatori modellata su quella prevista dall’art. 1469-sexies, basata quindi sulla azione inibitoria.

Sia la disciplina prevista dal codice civile che quella di cui alla successiva legge 281/1998 sono ora pressoché integralmente abrogate a seguito del loro assorbimento all’interno del cd. Codice del consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206).

Nel Codice del consumo, entrato in vigore il 23 ottobre 2005, sono infatti confluite tutte le disposizioni in materia di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti.

 

Nello specifico, mentre il comma 1 dell’articolo in esame dichiara la finalità del provvedimento (istituzione e disciplina della class action in conformità con la normativa nazionale e comunitaria), il comma 2 integra la disciplina della legittimazione ad agire giudizialmente a tutela degli interessi collettivi stabilita dagli artt. 139 e 140 del Codice del consumo (D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206).

 

A tale scopo, nello stesso Codice è introdotto un articolo aggiuntivo (art. 140-bis) che disciplina e scandisce le diverse fasi dell’azione collettiva, mirante ad ottenere dal giudice una pronuncia che, accertando la lesione degli interessi di una determinata categoria di persone, condanni il convenuto ad un risarcimento.

 

Le fasi del procedimento, necessarie ed eventuali, sono le seguenti:

 

·       le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale[213]  (fermo restando il diritto del singolo ad agire autonomamente in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi) chiedono singolarmente o collettivamente al tribunale competente (in base alla residenza del convenuto) la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente a singoli consumatori o utenti interessati in conseguenza di atti illeciti commessi in ambito contrattuale o extracontrattuale. In particolare, il nuovo articolo l’art. 140-bis fa riferimento (comma 1):

 

Ø      in ambito contrattuale, ad illeciti relativi ai rapporti giuridici originati dai contratti cd. di massa o per adesione, conclusi secondo le modalita` previste dall’articolo 1342 del codice civile (con moduli o formulari)[214];

Ø      in ambito extracontrattuale, a pratiche commerciali illecite o comportamenti anticoncorrenziali attuati da società, nazionali o locali, fornitrici di beni e servizi, quando ledano i diritti di una pluralità di consumatori.

 

L'atto con cui il soggetto abilitato promuove l'azione collettiva produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione (comma 3).

 

·       già prima della eventuale sentenza di condanna (che determina i criteri di liquidazione degli importi in favore dei singoli consumatori-utenti, comma 4) le parti (ovvero le associazioni rappresentative e il convenuto) possono cercare una conciliazione per arrivare ad un accordo transattivo davanti al giudice (comma 5); ogni altra azione risarcitoria per il medesimo oggetto e nei confronti delle stesse parti, a giudizio definito, risulta improcedibile (comma 6);

 

·       una volta esecutivo il verbale di conciliazione o, in assenza di conciliazione, contestualmente alla pubblicazione della sentenza di condanna, il giudice costituisce presso lo stesso tribunale apposita Camera di conciliazione[215] per la determinazione del quantum dei singoli risarcimenti in favore dei consumatori. A tale organo possono ricorrere tutti gli interessati o, per delega, le associazioni (comma 7);

·       a questo punto, la Camera di conciliazione definisce, con verbale, i modi, i termini e l’entità del risarcimento. Alla sottoscrizione del verbale ad opera delle parti consegue l’improcedibilità delle singole azioni risarcitorie eventualmente avviate prima dello spirare del termine stabilito per l’esecuzione della prestazione dovuta  (comma 7).

·         in caso di fallimento del tentativo di composizione sopra illustrato (comma 7), il comma 8 del nuovo articolo 140-bis  prevede, a fini di tutela del singolo consumatore o utente, una seconda fase giudiziale, "di accertamento", stavolta riservata non all’associazione ma al singolo consumatore danneggiato; questi potrà, infatti, instaurare un giudizio avente ad oggetto, in contraddittorio, il mero accertamento - in capo a se stesso, consumatore o utente – dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna derivante dalla class action nonché la precisa determinazione dell’ammontare del risarcimento dei danni genericamente riconosciuto dalla stessa sentenza. L’individuazione del quantum da liquidare sarà favorito dalla eventuale sentenza di condanna che abbia già definito i criteri di risarcimento (cfr comma 4).

·         la sentenza di accertamento costituisce titolo esecutivo nei confronti del responsabile. Più precisamente, alla sentenza di condanna e all’accertamento della qualità di creditore (in sede conciliativa o giudiziale), consegue il diritto del singolo consumatore e utente di chiedere al giudice l’emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti del debitore.

 

Il procedimento d’ingiunzione appartiene alla categoria dei procedimenti sommari, caratterizzati, appunto, dalla sommarietà della cognizione. E’ finalizzato ad ottenere la rapida formazione di un titolo esecutivo nei confronti del debitore, consistente nella ingiunzione di pagamento o consegna che il giudice adito può pronunciare nei casi previsti dall’art. 633 c.p.c.

Se il richiedente è creditore di una somma liquida di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili o ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente (giudice di pace o tribunale in composizione monocratica), infatti, pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna:

1.           se del diritto fatto valere si dà prova scritta;

2.           se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso di spese fatte da avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo;

3.           se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale, oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata.

In presenza delle condizioni di ammissibilità previste nell'articolo 633, il giudice, con decreto motivato (art. 641 c.p.c.) ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste (o, invece di queste, la somma che il ricorrente è disposto ad accettare) nel termine di quaranta giorni, con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione e che, in mancanza di questa, si procederà a esecuzione forzata. Quando concorrono giusti motivi, il termine può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta (comma 2). Nel decreto, eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno già efficacia esecutiva secondo le vigenti disposizioni, il giudice liquida le spese e le competenze e ne ingiunge il pagamento.

La fase (eventuale) di opposizione è poi disciplinata dall’articolo 645, che stabilisce che essa si proponga davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, con atto di citazione; in seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito. Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva (653). Se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta.

 

Ai sensi del comma 10 del nuovo articolo 140-bis, la sentenza di condanna di cui al comma 4, ovvero l'accordo transattivo di cui al precedente comma 5, devono essere opportunamente pubblicizzati a cura e spese della parte convenuta, onde consentire la dovuta informazione alla maggiore quantità di consumatori e utenti interessati.

La nuova norma, al comma 11, stabilisce, inoltre, relativamente a taluni contratti, effetti estensivi automatici alle condanne per pubblicità ingannevole.

Nello specifico, ai sensi della citata disposizione, nelle azioni collettive aventi ad oggetto prodotti o servizi venduti attraverso contratti per adesione di cui all’art. 1342 c.c., la diffusione di messaggi pubblicitari ingannevoli, accertata dall'autorità competente, rende nulli i contratti nei confronti di tutti i singoli consumatori o utenti nel periodo di diffusione del messaggio stesso.

 

Il comma 12 della nuova disposizione stabilisce, poi, che spettano al convenuto, in caso di soccombenza anche solo parziale, le spese del procedimento e precisa, altresì, che il compenso dei difensori del promotore della azione collettiva non può superare l'importo massimo del 10 per cento del valore della controversia.

 

Da ultimo, il comma 13, concernente l'entrata in vigore del nuovo articolo 140-bis,  prevede che le disposizioni contenute in tale norma diventano efficaci decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

In relazione all’articolo in esame, si segnala che tale disposizione riproduce in parte il contenuto del disegno di legge A.C. 3838-A, approvato nel corso della precedente legislatura dalla Camera dei deputati e successivamente trasmesso al Senato.

Si segnala, altresì, che per quanto riguarda l'attuale legislatura, la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha da tempo avviato l'esame di una serie di provvedimenti in materia di class action. In particolare, nel corso della seduta del 7 novembre 2007 la II Commissione ha approvato come testo base un nuovo testo del disegno di legge governativo A.C. 1495[216].

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

L’8 febbraio 2007 la Commissione ha presentato il Libro verde “Revisione dell’acquis relativo ai consumatori”, col quale intende, da un lato,  dare avvio ad un processo di profonda revisione delle norme comunitarie in materia di protezione dei consumatori, per adattarle alle nuove esigenze della realtà digitale ed in particolare alle vendite on-line e, dall’altro, aprire una consultazione (chiusa il 15 marzo scorso) su 28 proposte concrete d’intervento, presentate in allegato allo stesso Libro verde. Tra le questioni sottoposte a consultazione si segnalano, in particolare, quelle relative al diritto di recesso, al periodo di riflessione, alle modalità e ai costi della restituzione di prodotti, anche per quanto riguarda gli acquisti transfrontalieri, e all’opportunità di estendere a determinati servizi on-line le garanzie e i diritti che valgono per i prodotti acquistati in negozio.

La Commissione intende utilizzare i risultati della consultazione per elaborare proposte legislative specifiche.

Il 13 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013. Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace” (COM(2007)99), col quale intende sviluppare la fiducia dei cittadini nel mercato interno e nelle sue nuove potenzialità, costituite dallo sviluppo degli acquisti on-line. Obiettivi principali della strategia sono:

·       dare maggiori poteri ai consumatori;

·       promuovere il loro benessere;

·       proteggerli efficacemente dai rischi e dalle minacce che non possono essere affrontate individualmente.

Tra le aree prioritarie di intervento si segnala, in particolare, il miglioramento della regolamentazione sulla protezione dei consumatori (tra le iniziative previste dalla Commissione vi è la presentazione di un rapporto sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari) e delle procedure di ricorso, attraverso il rafforzamento dei meccanismi extragiudiziali di risoluzione delle controversie, accompagnato da una riflessione sui meccanismi di ricorso collettivo e sull’applicazione della normativa sui provvedimenti inibitori.

Sul documento della Commissione il Consiglio ha adottato, il 30 maggio 2007, una risoluzione, con la quale sottolinea la volontà di vedere attuata tale strategia, insistendo in modo particolare su alcune priorità: un maggiore orientamento alla trasparenza dei mercati, la garanzia di un alto livello di protezione che consenta di guadagnare la fiducia dei consumatori negli acquisti transfrontalieri, la modernizzazione dell’acquis comunitario, e l’attenzione alla scelta da presentare ai consumatori circa i servizi finanziari relativa alla previdenza per la vecchiaia o il finanziamento di beni immobiliari.

Il 30 aprile 2007 la Commissione ha presentato il Libro verde sui servizi finanziari al dettaglio (COM(2007)226) con il quale definisce gli obiettivi generale della sua politica in questo settore e avvia una consultazione (terminata il 16 luglio 2007) volta a raccogliere osservazioni sugli orientamenti scelti. Tra gli obiettivi della Commissione per la realizzazione di una migliore regolamentazione dei servizi finanziari al dettaglio vi è quello di garantire ai consumatori l’accesso a sistemi di soluzione alternativa delle controversie. I risultati della consultazione verranno integrati nella elaborazione di specifiche proposte legislative miranti a risolvere i problemi e le difficoltà esistenti.

Il 21 maggio 2007 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico su una proposta di direttiva volta ad armonizzare le norme UE da applicare  al credito al consumo (COM(2002)443). La proposta fissa la soglia di penalità oltre la quale i consumatori dovrebbero versare un’indennità alle banche o agli organismi di credito in caso di rimborso anticipato del loro credito a tassi fisso. Dalla proposta è escluso il credito ipotecario.

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in seconda lettura, nell’ambito della procedura di codecisione, presumibilmente nella sessione del 12 dicembre 2007.

Procedure di contenzioso

Il 27 giugno 2007 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato per la mancata attuazione della direttiva n. 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari.

 


Articolo 101
(Tutela degli utenti dei servizi pubblici locali)

 

1. Al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali e di garantire la qualità, l'universalità e l'economicità delle relative prestazioni, in sede di stipula dei contratti di servizio gli enti locali sono tenuti ad applicare le seguenti disposizioni:

a) previsione dell'obbligo per il soggetto gestore di emanare una «Carta della qualità dei servizi», da redigere e pubblicizzare in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, recante gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per proporre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell'utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;

b) consultazione obbligatoria delle associazioni dei consumatori;

c) previsione che sia periodicamente verificata, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, l'adeguatezza dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato fissati nel contratto di servizio alle esigenze dell'utenza cui il servizio stesso si rivolge, ferma restando la possibilità per ogni singolo cittadino di presentare osservazioni e proposte in merito;

d) previsione di un sistema di monitoraggio permanente del rispetto dei parametri fissati nel contratto di servizio e di quanto stabilito nelle Carte della qualità dei servizi, svolto sotto la diretta responsabilità dell'ente locale o dell'ambito territoriale ottimale, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori ed aperto alla ricezione di osservazioni e proposte da parte di ogni singolo cittadino che può rivolgersi, allo scopo, sia all'ente locale, sia ai gestori dei servizi, sia alle associazioni dei consumatori;

e) istituzione di una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori nella quale si dia conto dei reclami, nonché delle proposte ed osservazioni pervenute a ciascuno dei soggetti partecipanti da parte dei cittadini;

f) previsione che le attività di cui alle lettere b), c) e d) siano finanziate con un prelievo a carico dei soggetti gestori del servizio, predeterminato nel contratto di servizio per l'intera durata del contratto stesso.

 

L’articolo 101, introdotto al Senato, prevede una serie di prescrizioni rivolte agli enti locali al fine di incrementare la tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici locali, implementando qualità, universalità ed economicità delle relative prestazioni.

 

Giova ricordare brevemente che nel corso della XIV legislatura sono stati approvati due interventi di riordino complessivo volti alla liberalizzazione della gestione dei servizi pubblici locali.

La “prima” riforma dei servizi pubblici locali è stata attuata dall’art. 35 della L. 448/2001 , legge finanziaria per il 2002, recante un complesso di disposizioni concernenti sia la proprietà e la gestione delle reti, sia l’erogazione dei servizi. In tale ambito appare di particolare rilievo rammentare l’introduzione del principio generale secondo il quale l’erogazione dei servizi di rilevanza industriale avviene in regime di concorrenza e attraverso l’affidamento del servizio.

A differenza dell’esercizio dei servizi pubblici, completamente liberalizzato, gli enti locali mantengono un notevole controllo sulle reti e le altre infrastrutture (in parte attenuato dall’art. 35 che ha introdotto anche in questo campo alcuni elementi di concorrenza), considerato che l’ente locale titolare del servizio rimane proprietario delle reti e degli impianti necessari all’erogazione del servizio.

La “seconda” riforma dei servizi pubblici locali è stata adottata nell’ambito del D.L. 269/2003 , il cosiddetto decreto per la competitività, ed in particolare dall’articolo 14.

Ulteriori modifiche all’art. 113 del testo unico sono state introdotte - poco dopo la conversione del D.L. 269 – dall’art. 4, co. 234, della legge finanziaria per il 2004

Si segnala, infine, che presso l’Assemblea del Senato è incardinato un disegno di legge recante “Delega al Governo per il riordino dei servizi pubblici locali” (A.S. n.772) nel quale, come si evince dalla relazione di accompagno, “entrano in gioco da protagonisti gli utenti dei servizi pubblici locali, con la obbligatorietà della adozione da parte di ciascun gestore di una carta dei servizi che indichi:

-      modalità di accesso alle informazioni;

-      modalità di reclamo;

-      modalità per adire le vie conciliative e giudiziarie;

-      livelli minimi di ciascun servizio;

-      modalità di ristoro dell’utenza (in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza)”.

L’intento del d.d.l. pendente presso il Senato appare, pertanto, il rafforzamento del diritto di cittadinanza, della qualità dei servizi, l’apertura al confronto con le associazioni dei consumatori e delle imprese, con le quali deve essere concordata la stessa carta. La carta, prosegue la relazione, viene introdotta “non come un vuoto vademecum privo di effetti sul piano pratico, perché dall’osservanza della carta si fa discendere lo stesso perdurare dell’affidamento, insieme alla valutazione della soddisfazione degli utenti alla luce dell’evasione dei reclami presentati dalle rilevazioni mediante sondaggi caratterizzati dalla maggiore obbiettività e compilati sotto la vigilanza dell’ente locale e delle autorità nazionali di regolazione.

Più specificamente, l’articolo 3 del suddetto disegno di legge, come modificato dalla I° Commissione Affari Costituzionali del Senato, alla lettera a) del comma 1 prevede che ogni soggetto gestore di servizio pubblico locale debba tempestivamente pubblicizzare mediante mezzi idonei, a pena di revoca dell’affidamento, una carta dei servizi resi all’utenza, approvata dall’Autorità competente e adottata in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, che indichi anche le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per porre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie, nonché i livelli minimi garantiti per ciascun servizio e le modalità di ristoro dell’utenza, mediante meccanismi di rimborso automatico ovvero in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza, avendo particolare riguardo alle categorie deboli e in specie ai diversamente abili.

 

L’articolo in esame prevede che, in sede di stipula dei contratti di servizio, gli enti locali sono tenuti al rispetto delle seguenti disposizioni:

a)    il soggetto gestore è tenuto ad emanare una "Carta della qualità dei servizi", redatta e pubblicizzata sulla base di intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, dalla quale si possano evincere gli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate così come determinati nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni garantite, con particolare riferimento a quelle concernenti la proposizione dei reclami e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonchè le modalità di ristoro dell'utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;

 

Ai sensi dell’art. 11 del D.L. 30 luglio 1999, n. 286, i soggetti che erogano servizi di pubblica utilità sono tenuti ad adottare una Carta dei Servizi secondo gli schemi emanati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la quale assumono nei confronti dell'utente impegni diretti a garantire predeterminati e controllabili livelli di qualità delle prestazioni.

Si ricorda che in data 27 gennaio 1994, attraverso una Direttiva della Presidenza del Consiglio sono stati recepiti le regole ed i principi di un documento di studio del governo Ciampi, in seguito ulteriormente recepiti in altre leggi (v. art. 2, D.L. n. 165/1995, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 273/1995, articolo successivamente abrogato e sostituito dall'art. 11, D.Lgs. n. 286/1999; L. n. 481/1995 sui poteri delle Autorità di regolazione), che hanno definitivamente sanzionato l'obbligo legislativo di adottare le carte dei servizi.

La c.d. direttiva Ciampi, relativa ai "Principi sull'erogazione dei servizi pubblici", ha fissato i principi cui deve essere progressivamente uniformata l'erogazione dei servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione, a tutela delle esigenze dei cittadini che possono fruirne nel rispetto delle esigenze di efficienza e imparzialità cui l'erogazione deve uniformarsi. Il rispetto di detti principi deve essere assicurato dalle amministrazioni pubbliche nell'esercizio dei loro poteri di direzione, controllo e vigilanza.

Nella direttiva viene affermato, per la prima volta, mutuando in gran parte dall'esperienza britannica, il principio in base al quale "le aziende si impegnano nei confronti del cittadino-utente a fornire determinati livelli di servizio ed a garantire precise forme di tutela…" ed "i soggetti erogatori danno immediato riscontro all'utente circa le segnalazioni e le proposte da esso formulate".

I punti fondamentali della Direttiva possono così sintetizzarsi:

§         enunciazione dei principi fondamentali cui devono attenersi i soggetti che erogano un servizio pubblico;

§         adozione degli standard di qualità e quantità del servizio ed indicazione di eventuali fattori esterni che potrebbero incidere significativamente sul conseguimento degli standard. Tali standard devono essere sottoposti a verifica con gli utenti in adunanze pubbliche e devono essere periodicamente aggiornati

§         semplificazione delle procedure relative agli atti concernenti la prestazione di servizio pubblici, con un espresso riferimento alla semplificazione e all'informatizzazione dei sistemi di prenotazione e delle forme di pagamento delle prestazioni

Il citato articolo 2 della legge 273/1995, dalla rubrica "qualità dei servizi pubblici", prevedeva che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri venissero emanati schemi generali di riferimento delle carte dei servizi pubblici predisposti dal Dipartimento della funzione pubblica d'intesa con le singole amministrazioni interessate.

Successivamente, l'art. 11 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, ha abrogato il suddetto articolo 2 della legge 273/1995, prevedendo al comma 2 che "le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all'utenza per mancato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Un ultimo importante aspetto delle carte dei servizi che va ancora segnalato, e del quale al momento non si conoscono risvolti giurisdizionali significativi ha riguardo alla carta dei servizi come strumento di tutela dell'utente. Infatti, tra le esigenze cui si ritiene dovrebbero rispondere le carte dei servizi vi è anche quella di assicurare un sostegno delle aspettative dei cittadini ad una prestazione del servizio pubblico secondo regola d'arte. In questo senso le carte dei servizi potrebbero contribuire a puntualizzare e specificare l'obbligo di prestare il servizio, che non è più quello di erogare una prestazione qualunque, ma una prestazione con caratteristiche oggettivamente stabilite.

 

b)    gli enti locali sono tenuti a consultare le associazioni dei consumatori.

 

In merito a quanto sopra si ricorda che Il cd. Codice del Consumo (D.Lgs.206/2005) nella Parte V (artt.136-141), raccoglie le norme in materia di associazioni dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale. In tale ambito, oltre alle norme in materia di azioni inibitorie e legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori, particolare rilievo assume l’articolo 141 che, in attuazione di quanto previsto dal criterio di delega di cui all'articolo 7, comma 1, lett d) della legge n.229/2003, reca disposizioni in tema di composizione extragiudiziale delle controversie, prevedendo l’attivazione di tali forme di composizione extragiudiziale allo scopo di deflazionare il carico di contenzioso pendente e di agevolare la rapida soluzione delle liti.

Tra le disposizioni più innovative della legge si ricordano il riconoscimento della legittimazione delle associazioni di consumatori ad agire in giudizio per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti (articolo 3) e l’istituzione di un apposito organismo, il "Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti", presso il MAP, con il compito di svolgere tra l’altro attività consultive e di ricerca (articolo 4).

 

c)    obbligo per il soggetto gestore, con la partecipazione delle associazioni dei consumatori, di verificare periodicamente l'adeguatezza dei parametri quantitativi e qualitativi del servizio erogato, fissati nel contratto di servizio, alle esigenze dell'utenza cui il servizio stesso si rivolge con la possibilità per ogni singolo cittadino di far conoscere osservazioni e proposte in merito;

d)    obbligo di approntare un sistema di monitoraggio permanente in ordine al rispetto dei parametri fissati nel contratto di servizio e di quanto stabilito nelle "Carte della qualità dei servizi" con una responsabilità diretta in capo all'ente locale od ambito territoriale ottimale prevedendo la partecipazione delle associazioni dei consumatori come pure  la ricezione di osservazioni e proposte da parte di ogni singolo cittadino che potrà rivolgersi, allo scopo, tanto all'ente locale quanto a gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori;

e)    previsione dell’obbligo per il soggetto gestore di istituire una sessione annuale di verifica del funzionamento dei servizi tra ente locale, gestori dei servizi ed associazioni dei consumatori nella quale si dia conto di reclami, proposte ed osservazioni pervenute, da parte dei cittadini, a ciascuno dei soggetti partecipanti;

f)     le attività di cui alla lettere b), c) e d) dovranno essere finanziate con un prelievo a carico dei soggetti gestori del servizio predeterminato nel contratto di servizio per l'intera durata del contratto stesso».

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

L’8 febbraio 2007 la Commissione ha presentato il Libro verde “Revisione dell’acquis relativo ai consumatori”

Il 13 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013. Maggiori poteri per i consumatori, più benessere e tutela più efficace” (COM(2007)99)

 

Per il contenuto dei due documenti si veda il paragrafo Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativo all’articolo 99.

 

 


Articolo 103
(Sviluppo di un Piano contro la violenza alle donne)

 

1. Per l'anno 2008 è istituito un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro, destinato a un Piano contro la violenza alle donne.

 

 

L'articolo 103, che non ha subito modifiche nel corso dell'esame in Senato, istituisce un fondo destinato ad un Piano contro la violenza alle donne e stanzia a tal fine 20 milioni di euro per l'anno 2008.

 

Si ricorda che l'art. 1, comma 1261, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007) stabiliva che una quota del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità[217], fosse destinato, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 , al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

Tale articolo prevedeva poi che il Ministro per i diritti e le pari opportunità, con decreto emanato di concerto con i Ministri delle politiche sociali, del lavoro, della salute e della famiglia, stabilisse i criteri di ripartizione del Fondo, destinandone una quota parte all’istituzione di un Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere[218] e una quota parte al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere[219].

Al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere sono stati assegnati 3 milioni di euro annui (DM 16 maggio 2007); con successivo decreto 3 agosto 2007 – tuttora in attesa di registrazione da parte della Corte dei conti – tale cifra è stata così ripartita: 800 mila euro all’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere e 2,2 milioni di euro al Piano d’azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

 

Si ricorda inoltre che nel Documento di Programmazione economico-finanziaria 2008-2011, il Governo ha dichiarato di voler istituire, nel quadro delle compatibilità finanziarie, un fondo destinato a tre fondamentali linee di azione, tra le quali la promozione e la tutela dei diritti umani, nel cui ambito realizzare un programma specifico contro le molestie e la violenza. In tale quadro, anche al fine di monitorare forme di violenza e di abuso connesse a nuovi fondamentalismi, il Governo intende in particolare valorizzare l’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale, operando in stretta connessione con la Conferenza unificata e con i movimenti e le associazioni interessate al problema.

Su questo argomento sono all'esame della Commissione Giustizia della Camera dei deputati numerose proposte di legge dirette, in particolare, al potenziamento degli strumenti relativi alla lotta contro la violenza sessuale e al rafforzamento della tutela delle vittime dei reati di violenza sessuale, anche attraverso l'individuazione nel nostro codice penale di una nuova fattispecie di reato in materia di "molestie assillanti" o "molestie insistenti".

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Con decisione n. 779 del 20 giugno 2007 è stato istituito il programma specifico per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (Daphne III)” nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia”.

Il programma, istituito per il periodo dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 con una dotazione di 116,85 milioni di euro, prevede i seguenti obiettivi specifici:

-   prevenire e combattere tutte le forme di violenza che si verificano nel settore pubblico o privato contro i bambini, i giovani e le donne, adottando misure preventive e sostenendo le vittime e i gruppi a rischio;

-   promuovere azioni transnazionali.

Il 18 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005)514) relativa ad un approccio integrato alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla definizione di un piano d’azione sulla materia.

La comunicazione mira a potenziare l’impegno dell’Unione europea e degli Stati membri per la prevenzione e la lotta contro la tratta degli esseri umani, realizzata ai fini dello sfruttamento sessuale o dello sfruttamento di manodopera, conformemente alle definizioni riportate nella decisione quadro del 19 luglio 2002 relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani e alla tutela, assistenza e riabilitazione delle sue vittime.

Secondo il documento, per combattere efficacemente la tratta degli esseri umani è necessario un approccio integrato, che si fondi sul rispetto dei diritti umani e tenga conto della natura mondiale del fenomeno. Tale approccio richiede una risposta politica coordinata, segnatamente nel settore della libertà, sicurezza e giustizia, delle relazioni esterne, della cooperazione allo sviluppo, dell’occupazione, della parità tra uomo e donna e della non discriminazione. La comunicazione, inoltre, si propone di consolidare il dialogo tra settore pubblico e privato in materia.

La comunicazione della Commissione fa seguito agli orientamenti stabiliti in materia dal nuovo programma pluriennale per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea, il cosiddetto programma dell’Aja, adottato dal Consiglio europeo nel novembre 2004, che ha invitato il Consiglio e la Commissione a elaborare, nel 2005, un piano per stabilire norme comuni, migliori pratiche e meccanismi per prevenire e combattere la tratta degli esseri umani e potenziare la lotta contro l’immigrazione clandestina.

La comunicazione richiama l’attenzione, fra l’altro, sulla tratta delle bambine e sottolinea che le istituzioni dell’UE e gli Stati membri devono promuovere strategie specifiche di prevenzione sulla base della differenza di genere come un elemento chiave per combattere la tratta delle donne e delle bambine. Tali strategie, secondo la Commissione, dovrebbero prevedere l’attuazione dei principi di parità tra uomo e donna e l’eliminazione della domanda di tutte le forme di sfruttamento, compreso lo sfruttamento sessuale e quello della manodopera.

La comunicazione è in attesa di esame da parte del Consiglio.

Il Parlamento europeo ha esaminato la comunicazione nella sessione plenaria del 17 gennaio 2006, approvando una risoluzione sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, vulnerabili allo sfruttamento sessuale, nella quale, tra l’altro:

-   sottolinea l'importanza, nel quadro della messa a punto e dell'attuazione delle strategie di prevenzione, di un approccio basato sui diritti umani e sull'integrazione della prospettiva di genere e che consideri l'infanzia nella sua specificità;

-   deplora che le misure adottate finora per contrastare il traffico degli esseri umani non abbiano portato alla riduzione del numero di donne e bambini sfruttati sul mercato della schiavitù sessuale. Al contrario, considera che la tratta degli esseri umani ai fini sessuali è l'attività criminale in più rapida crescita rispetto alle altre forme di criminalità organizzata dell'UE.

-   sollecita la Commissione e il Consiglio a predisporre una chiara base giuridica per la lotta contro ogni forma di violenza contro le donne, e chiede di rendere “integralmente comunitaria” la politica europea in materia di lotta alla tratta degli esseri umani. A questo proposito sono raccomandate l'instaurazione di una politica comune dell'UE incentrata sull'elaborazione di un quadro giuridico e l'applicazione delle norme regolamentari nonché sulle contromisure, la prevenzione, le azioni penali e la punizione dei responsabili, come pure sulla protezione e il sostegno alle vittime;

-   esorta gli Stati membri e la Commissione a continuare i propri studi sulle cause alla base della tratta degli esseri umani (in particolare di donne e bambini a fini sessuali);

-   sottolinea che è opportuno scoraggiare la domanda anche con misure a carattere educativo, giuridico, sociale e culturale. A questo proposito, nel sollecitare gli Stati membri ad affrontare “seriamente” i problemi derivanti dalla prostituzione nel loro territorio, il Parlamento europeo chiede loro di istituire linee telefoniche di assistenza nazionali ed internazionali contro la tratta delle donne, che potrebbero essere pubblicizzate nel quadro di campagne di informazione. Inoltre, evidenzia l'esigenza di un Telefono azzurro, vale a dire un unico numero internazionale gratuito destinato ai bambini[220];

-   esorta la Commissione e gli Stati membri a prendere con urgenza tutte le misure opportune per contrastare la tendenza a ricorrere alle nuove tecnologie, in particolare Internet, per divulgare informazioni sulla disponibilità e sulla domanda di donne e bambini per prestazioni sessuali, “il cui sviluppo incide sull'incremento della tratta”;

-   invita gli Stati membri a varare e/o rafforzare le campagne di sensibilizzazione miranti ad informare sui pericoli e ad educare i membri vulnerabili della società nei paesi di origine, ad allertare e sensibilizzare il pubblico al problema nonché a ridurre la domanda nei paesi di destinazione. Il Parlamento chiede poi che “la pratica degradante che consiste nell'acquisto e nello sfruttamento da parte di uomini, di donne e bambini” divenga oggetto di una campagna nell'ambito dei programmi comunitari. La Commissione, inoltre, è invitata a istituire, a livello dell'intera Unione, una giornata di lotta contro la tratta di esseri umani, contraddistinta da un logo internazionale e da un messaggio coerente, al fine di sensibilizzare la popolazione in generale al fenomeno della tratta di donne e bambini;

-   sottolinea l'importanza di affrontare la connessione tra traffico di esseri umani, immigrazione legale e immigrazione clandestina e di considerare le vie di immigrazione legale come un meccanismo di prevenzione della tratta. Gli Stati membri sono quindi invitati a rivedere le loro politiche in materia di visti, nella prospettiva di prevenire gli abusi e di assicurare una protezione contro lo sfruttamento. E' poi posto in luce il legame tra sfruttamento sessuale e sfruttamento del lavoro nel settore della fornitura di servizi domestici;

-   invita gli Stati membri ad applicare la legge e a rafforzare l'azione penale nei confronti dei trafficanti e dei loro complici. Inoltre, chiede un'azione repressiva contro gli autori delle pagine Internet in cui vengono proposti annunci di intermediari della tratta e di coloro che cercano di ottenere prestazioni sessuali da minori (la cui definizione deve essere omogenea in tutti gli Stati membri, vale a dire le persone di età inferiore ai 18 anni). Ritiene inoltre necessario perseguire il riciclaggio dei proventi della tratta e sottoporre a procedimenti penali i clienti che consapevolmente ricorrono alle prestazioni di prostitute coatte;

-   sottolinea che finora esiste solo in Italia ed in Belgio il diritto di soggiorno per le vittime della tratta delle donne dopo il processo contro i trafficanti e che, ai fini della testimonianza da parte delle vittime e della condanna dei responsabili, sarebbe necessario concedere il permesso di soggiorno in tutti gli Stati membri;

-   infine, esorta tutti gli Stati membri ad adottare, nel proprio diritto penale, atti normativi identici che contengano una chiara definizione giuridica della tratta dei bambini, basata sulle norme internazionalmente riconosciute, per evitare che il traffico di bambini venga considerato come una sottocategoria del traffico di esseri umani.

Il Parlamento europeo ha adottato, il 16 novembre 2006, una raccomandazione destinata al Consiglio sulla lotta contro la tratta degli esseri umani.

 


Articolo 118
(Sicurezza sui luoghi di lavoro)

 

1. All'articolo 1, comma 2, lettera p), alinea, della legge 3 agosto 2007, n. 123, le parole: «, da finanziare, a decorrere dall'anno 2008, per le attività di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a valere, previo atto di accertamento, su una quota delle risorse di cui all'articolo 1, comma 780, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, accertate in sede di bilancio consuntivo per l'anno 2007 dell'INAIL,» sono soppresse.

2. All'articolo 1 della citata legge 3 agosto 2007, n. 123, dopo il comma 7 è aggiunto, in fine, il seguente:

«7-bis. Per l'attuazione del principio di delega di cui al comma 2, lettera p), è previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro a decorrere dal 1o gennaio 2008».

3. La dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementata di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e di 10 milioni di euro a decorrere dal 2010.

 

I commi 1 e 2 dell’articolo in esame sono volti a modificare le modalità di finanziamento previste dall’articolo 1, comma 2, lettera p), della L. 123 del 2007[221], per l’attuazione di una parte della delega in materia di salute e sicurezza sul lavoro di cui alla medesima legge, in particolare per la parte di cui ai nn. 1) e 2) della stessa lettera p), relativa alle attività dirette alla realizzazione di progetti formativi per la prevenzione aziendale nonché al finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese.

 

La citata L. 123 del 2007, in primo luogo, all’articolo 1, reca la delega, per il Governo, ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformità all’articolo 117 della Costituzione e garantendo l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere e alla condizione dei lavoratori immigrati.

Ai fini dell’esercizio della delega il disegno di legge prevede una serie di principi e criteri direttivi, tra cui, la lettera p), prevede la promozione della cultura e delle azioni di prevenzione, attraverso:

§         la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, da indirizzare nei confronti di tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale anche attraverso il sistema della bilateralità (lettera p), n. 1);

§         il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e microimprese, i cui oneri siano sostenuti dall’INAIL, nell’ambito e nei limiti delle spese istituzionali del medesimo Istituto. Deve essere garantita la semplicità delle procedure relative a tali finanziamenti (lettera p), n. 2);

§         la promozione e la diffusione della cultura della salute e della sicurezza sul lavoro in ambito scolastico ed universitario e nei percorsi di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in considerazione dei relativi principi di autonomia didattica e finanziaria (lettera p), n. 3).

La lettera in esame precisa inoltre che le attività di cui ai su indicati numeri 1) e 2) debbano essere finanziate, a decorrere dal 1° gennaio 2008, a valere, previo atto di accertamento, su una quota delle risorse di cui all’articolo 1, comma 780, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), accertate in sede di bilancio consuntivo per l’anno 2007 dell’INAIL[222].

 

Pertanto, in primo luogo (comma 1), novellando l’alinea della menzionata lettera p), viene soppressa l’attuale modalità di finanziamento, secondo la quale le suddette attività di cui ai nn. 1) e 2) della medesima lettera p) debbono essere finanziate, a decorrere dal 1° gennaio 2008, a valere, previo atto di accertamento, su una quota delle risorse (destinate alla riduzione dei premi INAIL relativi alla gestione separata artigianato) di cui all’articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296 del 2006), accertate in sede di bilancio consuntivo per l’anno 2007 dell’INAIL.

Conseguentemente viene ripristinata l'originaria destinazione integrale delle risorse di cui all’articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007, alla riduzione dei premi dell'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali relativi alla gestione separata artigianato.

Al comma 2, introducendo il comma 7-bis (rectius: comma 8) all’articolo 1 della L. 123/2007, in sostituzione della soppressa modalità di finanziamento, per l’esercizio della delega relativa alla su menzionata lettera p), viene previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2008.

Si osserva che tale nuova copertura è posta, almeno letteralmente, con riferimento tout court alla lettera p), quindi non solamente alle attività di cui ai nn. 1) e 2), ma anche a quelle di cui al n. 3) della medesima lettera. Sembrerebbe quindi che lo stanziamento in oggetto sia destinato anche alle attività di promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro all'interno dell'attività scolastica ed universitaria e nei percorsi di formazione.

Tale interpretazione tuttavia non appare coerente con il comma 7 dell’articolo 1 della L. 123/2007, ai sensi del quale dall’attuazione dei criteri di delega recati dal medesimo articolo, con esclusione di quelli di cui al comma 2, lettera p), nn. 1) e 2), non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Sarebbe quindi opportuno coordinare meglio il vigente comma 7 con il nuovo comma 7-bis introdotto dal provvedimento in esame.

 

Infine, il comma 3, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, incrementa di 7,5 milioni di euro annui per il biennio 2008-2009 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 la dotazione del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.

 

Tale Fondo è stato istituito, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ai sensi dell'art. 1, comma 1187, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive della copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. A tale fondo è attualmente attribuita la somma di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

In attuazione del citato comma 1187 è stato emanato il D.M. 2 luglio 2007[223], che ha disciplinato le tipologie dei benefici concessi, comprese le anticipazioni sulle prestazioni erogate dall’INAIL, nonché i requisiti e le modalità di accesso agli stessi benefici.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Salute e sicurezza sul luogo di lavoro

Il 21 febbraio 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro” (COM(2007) 62), il cui obiettivo principale è una riduzione continua, durevole ed omogenea degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. In particolare, la Commissione mira a ridurre del 25% l’incidenza degli infortuni sul lavoro a livello dell’UE-27, entro il 2012.

Per raggiungere questo obiettivo, la Commissione propone le seguenti misure:

-   garantire una buona attuazione della legislazione dell’UE;

-   sostenere le PMI nell’applicazione della legislazione in vigore;

-   adattare il contesto giuridico all’evoluzione del mondo del lavoro e semplificarlo;

-   favorire lo sviluppo e l’attuazione di strategie nazionali;

-   promuovere un mutamento dei comportamenti dei lavoratori, nonché approcci orientati alla salute presso i datori di lavoro;

-   mettere a punto metodi per l’identificazione e la valutazione dei nuovi rischi potenziali;

-   migliorare il follow-up dei progressi realizzati;

-   promuovere la salute e la sicurezza a livello internazionale.

Con la comunicazione la Commissione intende stimolare tutte le parti interessate ad agire di concerto per ridurre i costi elevati degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché ad assicurare il benessere sul luogo di lavoro per i cittadini europei, facendo un deciso passo avanti verso l’attuazione dell’agenda per i cittadini adottata il 10 maggio 2006[224].

A tal fine, la comunicazione afferma la necessità di un coordinamento effettivo, a livello comunitario e nazionale, tra le politiche in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e politiche che potrebbero avere un impatto in questo settore, quali sanità pubblica; sviluppo regionale e coesione sociale; appalti pubblici; occupazione e ristrutturazioni.

Il 30 maggio 2007 il Consiglio ha approvato una risoluzione sulla comunicazione, intitolata “Lavoro di qualità”, con cui accoglie favorevolmente la strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro proposta dalla Commissione.

Procedure di contenzioso

La Commissione ha presentato, il 13 dicembre 2006 (Causa C-504/06)[225], ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee per non corretto recepimento nell’ordinamento italiano dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 92/57/CEE, del 24 giugno 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili.

La Commissione osserva che nel diritto italiano, i cantieri che non raggiungono i 200 uomini-giorno e che non espletano i lavori di cui all’allegato II della direttiva, sono coperti esclusivamente dalle disposizioni in materia di coordinamento di cui all’articolo 7 del decreto n. 626/1994. Questo articolo però impone soltanto un obbligo generale di cooperazione e di coordinamento ai datori di lavoro che all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva affidano lavori ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi.

Secondo la Commissione, pertanto, non è possibile ritenere che le disposizioni precise e dettagliate della direttiva 92/57/CE relative al coordinamento richiesto durante le fasi di elaborazione e di realizzazione dell’opera siano considerate recepite dall’articolo del decreto in questione, come sostenuto dal Governo italiano nel corso della procedura di infrazione.

 


Articolo 119
(Politiche migratorie nazionali e comunitarie)

 

1. È autorizzata la spesa di euro 1.500.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, per la partecipazione del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ai programmi finanziati dall'Unione europea attraverso i fondi europei in materia migratoria. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

2. Il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, istituito presso il Ministero della solidarietà sociale dall'articolo 1, comma 1267, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è integrato di 50 milioni di euro per l'anno 2008.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 119 autorizza la spesa di 1.500.000 euro per ciascun anno del triennio 2008-2010, per la partecipazione del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ai programmi finanziati dalla UE attraverso i fondi europei in materia migratoria.

La copertura del relativo onere è ottenuta mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3, comma 151 della legge 350/2003 (legge finanziaria 2004).

 

La disposizione da ultimo citata ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo da ripartire per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'Amministrazione, con una dotazione, a decorrere dall'anno 2004, di 100 milioni di euro.

 

In sede di relazione illustrativa, il Governo precisa che il comma in esame è volto a consentire l’utilizzo dei fondi europei in materia migratoria destinati all’Italia, che in assenza di risorse interne per il cofinanziamento dei progetti (fissato in sede europea in una misura che va dal 20% al 50 %), rischierebbero di andare perduti.

 

La relazione tecnica rimanda al Programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”[226] che stabilisce meccanismi di solidarietà finanziaria (Fondi) riguardanti i seguenti quattro ambiti:

§       controlli e sorveglianza delle frontiere esterne (gestione integrata delle frontiere) e politica in materia di visti, in complementarità con l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (FRONTEX);

§       gestione integrata, da parte degli Stati membri, dei rimpatri di cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare nell’UE e applicazione efficace ed uniforme delle norme comuni concernenti il rimpatrio conformemente all'evoluzione della politica condotta in tale settore;

§       integrazione dei cittadini dei paesi terzi in soggiorno regolare attraverso azioni positive in grado di sostenere gli sforzi compiuti dagli Stati membri per permettere loro di integrarsi più facilmente nelle società europee;

§       sostegno e promozione degli sforzi compiuti dagli Stati membri per accogliere rifugiati e sfollati (sulla base dell’esistente Fondo europeo per i rifugiati) e sostenere le conseguenze di tale accoglienza; individuazione delle migliori pratiche e creazione di strutture di cooperazione efficaci per migliorare la qualità del processo decisionale nel quadro del regime europeo comune in materia di asilo.

È prevista pertanto, in sede di Unione, l'istituzione di 4 fondi:

§       Fondo per le frontiere esterne (2007-2013) di cui alla Decisione n. 574/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo per le frontiere esterne per il periodo 2007-2013, nell’ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§       Fondo europeo per i rimpatri (2008-2013) di cui alla Decisione 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2013 nell’ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§       Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi (2007-2013), di cui alla Decisione 2007/435/CE del Consiglio, del 25 giugno 2007, che istituisce il Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell'ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§       Fondo Europeo per i rifugiati (2008-2013) di cui alla Decisione n. 573/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008-2013, nell'ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori e che abroga la decisione 2004/904/CE del Consiglio;

 

Il comma 2 integra, per l’anno 2008, il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati di 50 milioni di euro.

Il Fondo, istituito presso il Ministero della solidarietà sociale ai sensi dell’art. 1, commi 1267-1268 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006[227]), con una dotazione pari a 50 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009, è fra l’altro finalizzato alla realizzazione di un piano per l’accoglienza degli alunni stranieri, anche per favorire il rapporto scuola-famiglia, mediante l’utilizzo, per fini non didattici, di apposite figure professionali madrelingua quali i mediatori culturali. I provvedimenti concernenti l’utilizzazione del Fondo sono adottati dal ministro della solidarietà sociale di concerto con il ministro per i diritti e le pari opportunità. presso il Ministero della solidarietà sociale.

 

In attuazione della legge finanziaria 2007, è stata emanata la Direttiva del 3 agosto 2007 concernente l’utilizzazione del Fondo, con cui vengono definiti gli obiettivi e le aree prioritarie di intervento che saranno finanziate per l’anno 2007, per un ammontare complessivo di 50 milioni di euro.

Le aree prioritarie di intervento individuate sono: sostegno all’accesso all’alloggio; accoglienza degli alunni stranieri; tutela dei minori stranieri non accompagnati; valorizzazione delle seconde generazioni di stranieri; tutela delle donne immigrate a rischio di marginalità sociale; diffusione della lingua e della cultura italiana; diffusione della conoscenza della Costituzione italiana, dell’ordinamento giuridico nazionale e dei percorsi di inclusione sociale. I progetti potranno essere presentati, in forma singola ovvero in partenariato da Regioni, province autonome, enti locali, associazioni e altri organismi privati che svolgono attività per favorire l'integrazione sociale degli stranieri, iscritte al registro di cui all’art. 52 del D.P.R. 394/99 nonché associazioni ed enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 215/2003[228].

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Strumenti finanziari

Per fornire adeguato supporto finanziario alle azioni dell’UE nell’area libertà, giustizia e sicurezza, per il periodo 2007-2013, sono stati adottati i programmi quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” (COM(2005)124-1), “Diritti fondamentali e giustizia” (COM(2005)122-1), “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005)123-1), i cui obiettivi sono in linea con le priorità politiche individuate dal programma dell’Aja.

In particolare, il programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” per il periodo 2007-2013[229] intende rispondere al problema della ripartizione equa delle responsabilità tra gli Stati membri, per quanto riguarda l’onere finanziario conseguente all’introduzione di una gestione integrata delle frontiere esterne e all’attuazione di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione. Esso opera in funzione di complementarietà rispetto alle altre iniziative ed organi operanti nel contesto della stessa politica comune, quali l’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne (Frontex), il Sistema di informazione visti (VIS) e il Sistema di informazione Schengen (SIS). Il programma quadro si sostanzia nei seguenti strumenti finanziari specifici:

-   “Fondo europeo per le frontiere esterne“, con una dotazione di 1820 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 574/2007/CE del 7 maggio 2007);

-   “Fondo europeo per i rifugiati”, con una dotazione di 699,3 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 573/2007/CE del 7 maggio 2007);[230]

-   “Fondo europeo per il rimpatrio”, con una dotazione di 676 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 575/2007/CE del 7 maggio 2007);

-   “Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, con dotazione pari a 825 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 2007/435/CE del 25 giugno 2007).

Il 26 giugno 2007, la Commissione, secondo quanto preannunciato nella comunicazione del 25 gennaio 2006 “Programma tematico di cooperazione con i paesi terzi nei settori dell’emigrazione e dell’asilo” (COM(2006)26), ha presentato il programma di cooperazione con i paesi terzi nel campo dell’immigrazione e dell’asilo, con una dotazione di 380 milioni di euro per il periodo 2007-2013, destinato a sostituire il vigente programma Aeneas.

L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione

Il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative (cd. pacchetto Frattini) volte al sostegno dell’immigrazione legale e al contrasto all’immigrazione clandestina. Il pacchetto comprende:

·       la comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea”(COM(2007)247);

·       la comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”(COM(2007)248);

·       la proposta di direttiva (COM(2007)249) relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell’Unione europea (vedi infra ).

La comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea” fa seguito all’invito, rivolto alla Commissione dal Consiglio europeo del 14 -15 dicembre 2006, a “presentare proposte sul dialogo rafforzato e misure concrete” per quanto riguarda l’applicazione dell’approccio globale.

L’approccio globale in materia di immigrazione è stato adottato dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005, attraverso l’approvazione di un documento dal titolo Approccio globale in materia di migrazione: azioni prioritarie incentrate sull'Africa e il Mediterraneo”. In considerazione della crescente importanza delle questioni migratorie per l’Unione europea e per i suoi Stati membri ed allo scopo di rispondere alle opportunità ed alle sfide della migrazione, come delineato nel programma dell’Aja, il documento del Consiglio europeo conteneva l’indicazione di una serie di interventi da attuare nel 2006 e la definizione di un programma di azioni prioritarie in quattro settori:

-   potenziamento della cooperazione e dell'operato degli Stati membri;

-   cooperazione con i principali Paesi d’origine in Africa;

-   cooperazione con i Paesi vicini dell'area mediterranea;

-   aspetti legati al finanziamento e all’attuazione degli interventi.

L’approccio globale all’immigrazione, inizialmente centrato sull’Africa e l’area mediterranea[231], viene ora esteso anche alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea.

La comunicazione interessa pertanto principalmente: Turchia, Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia, incluso il Kosovo); i paesi partner della politica europea di vicinato (ENP) in Europa orientale (Ucraina, Moldavia e Bielorussia) e Caucaso meridionale (Armenia, Azerbadjan e Georgia) e la Federazione russa. Per ogni singola area geografica viene ricordato l’attuale quadro di dialogo politico ed economico con l’UE e le relazioni di cooperazione (che investono di solito anche l’immigrazione) e vengono formulate raccomandazioni al fine di rafforzare la cooperazione in materia di immigrazione sulla base delle iniziative già esistenti.

La comunicazione sottolinea inoltre che l’applicazione dell’approccio globale alle aree orientali e sudorientali vicine all’UE, secondo il concetto di “rotte migratorie”, esige che si considerino anche i paesi di origine e di transito più lontani: paesi partner della Politica Europea di vicinato (PEV)[232] in Medio Oriente (Siria, Libano e Giordania), Iran e Iraq; Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) e paesi d’origine asiatici come la Cina, l’India, il Pakistan, l’Afghanistan, il Bangladesh, lo Sri Lanka, il Vietman, le Filippine e l’Indonesia.

La comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”intende conferire un contenuto operativo all’Approccio globale in materia di migrazione dell’UE, fornendo un sostegno all’immigrazione legale.

A tal fine essa esamina la natura giuridica, la forma e i contenuti dei “partenariati per la mobilità” che l’Unione europea potrà concludere con i paesi terzi, che si sono impegnati a cooperare attivamente nella gestione dei flussi migratori, anche combattendo contro la migrazione illegale, e che desiderano assicurare ai loro cittadini un migliore accesso al territorio dell’Unione. I partenariati saranno concepiti in funzione della specificità di ogni paese terzo interessato nonché del livello di impegno che il paese terzo è disposto ad assumere per combattere la migrazione illegale e facilitare il reinserimento dei migranti di rientro. Gli impegni della CE e degli Stati membri partecipanti potrebbero comprendere: migliori opportunità di migrazione legale per cittadini del paese terzo; assistenza ai paesi terzi per lo sviluppo della loro capacità di gestire i flussi migratori legali; misure per affrontare il rischio della fuga di cervelli e promuovere la migrazione circolare o di rientro; miglioramento e/o facilitazione delle procedure per il rilascio di visti di breve durata a cittadini di un paese terzo. La comunicazione affronta, inoltre, il tema specifico della “migrazione circolare”, individuando le forme di migrazione circolare più adatte al contesto dell’UE (migrazione circolare di cittadini di paesi terzi stabiliti nell’UE e migrazione circolare di persone residenti in un paese terzo) e indicando interventi legislativi specifici al fine di promuoverle. In particolare la comunicazione suggerisce l’introduzione di incentivi alla migrazione circolare in alcuni strumenti legislativi annunciati nel Piano d’azione sulla migrazione legale[233]: proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti altamente qualificati; proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti stagionali; proposta di direttiva sull’ammissione di tirocinanti retribuiti[234]. Modifiche potrebbero inoltre essere apportate alla direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei soggiornanti di lungo periodo, alla direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato e alla direttiva 2005/71/CE, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007 e il Consiglio affari generali del 18 giugno 2007, nelle loro conclusioni, hanno accolto favorevolmente le misure proposte, esprimendo soddisfazione per i progressi realizzati nell’attuazione della Strategia di approccio globale alla migrazione, stabilita dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 e completata dalle conclusioni sullo sviluppo di una politica europea integrata delle migrazioni del 14-15 dicembre 2006. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha approvato le conclusioni del Consiglio del 12 e del 18 giugno, invitando gli Stati membri e la Commissione ad assicurare che siano assegnate risorse umane e finanziarie adeguate, all’interno del quadro finanziario esistente, per permettere la tempestiva attuazione della politica migratoria globale. Il Consiglio europeo ha inoltre stabilito che valuterà lo stato di attuazione della politica migratoria globale nella prossima riunione del dicembre 2007, in base ad una relazione interinale sull’andamento dei lavori, elaborata dalla Commissione.

Immigrazione legale

I documenti di riferimento per la politica dell’Unione in materia di immigrazione legale e integrazione sono costituiti dalla comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione”, presentata dalla Commissione il 1° settembre 2005 (COM(2005)389), e dal Piano d’azione per l’immigrazione legale, presentato dalla Commissione il 21 dicembre 2005 (COM(2005)669), al fine di sviluppare una politica coerente dell’UE in materia di immigrazione legale, nel periodo rimanente del programma dell’Aia (2006-2009).

La comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione” propone un quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea.

Poiché l’integrazione tocca diversi settori, tra cui il lavoro, le politiche urbane e l’istruzione, la Commissione intende far sì che le priorità della politica per l’integrazione siano tradotte in modo coerente nell’insieme delle diverse politiche. Tra le misure raccomandate nei diversi settori interessati figura il miglioramento dei programmi e delle attività di accoglienza per gli immigrati legali e per le persone a loro carico. Tali misure dovrebbero includere dei fascicoli informativi per gli immigrati economici appena arrivati, nonché corsi di orientamento linguistico e di educazione civica, finalizzati a far sì che gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali ed europei.

Il Consiglio, nel corso della riunione del 1° dicembre 2005, ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha adottato conclusioni in proposito, nelle quali esprime parere favorevole sul documento. Il Parlamento europeo ha esaminato il documento nel corso della seduta del 6 luglio 2006, approvando una risoluzione, nella quale, tra l’altro, per promuovere l’integrazione degli immigrati, sollecita lo scambio delle migliori pratiche, il dialogo interculturale e corsi di lingua. Sollecita anche procedure rapide e trasparenti per la loro naturalizzazione e l’effettiva attuazione delle direttive europee in questo campo.

Il Piano d’azione per l’immigrazione legale comprende, invece, quattro sezioni consacrate alle principali dimensioni del fenomeno dell’immigrazione legale, nel quadro di un approccio globale, così come richiesto dal Consiglio europeo del 15 – 16 dicembre 2005. In particolare, la Commissione prevede di presentare, per tappe, proposte legislative sulle condizioni per l’entrata ed il soggiorno degli immigrati da Paesi terzi con finalità di lavoro.

Si tratta in particolare di:

-   una direttiva di carattere generale (effettivamente presentata il 23 ottobre 2007 -vedi infra) che mira a definire un quadro comune di diritti per tutti i cittadini di Paesi terzi legalmente occupati, già ammessi in uno Stato membro, ma non ancora in possesso dello status di residenti di lunga durata;

-   quattro direttive specifiche, che tratteranno delle condizioni di entrata e soggiorno di determinate categorie di immigrati (lavoratori altamente qualificati – presentata il 23 ottobre 2007, vedi infra -, lavoratori stagionali, lavoratori in trasferimento all'interno di società multinazionali e tirocinanti retribuiti). Gli Stati membri resteranno competenti per determinare le quote di lavoratori migranti da ammettere.

Il Piano d’azione è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006 e dal Parlamento europeo (che ha adottato una risoluzione) il 24 ottobre 2006. Nella risoluzione adottata il Parlamento europeo sottolinea, tra l’altro, che la politica dell'UE deve prevedere efficaci misure di accoglienza e di integrazione degli immigrati, soprattutto delle donne, che rappresentano ormai la maggioranza, e invitano gli Stati membri a rafforzare le strutture e i servizi sociali che consentiranno il normale stabilimento dei migranti, nonché l'informazione relativa ai diritti e ai doveri che discendono dai principi e dalle leggi vigenti in ciascuno Stato membro. Il 26 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato un’ulteriore risoluzione sul piano d'azione sull'immigrazione legale, nel quale, partendo dal documento adottato dalla Commissione nel 2005, esprime la posizione del Parlamento su tutte le ulteriori iniziative finora promosse in materia dalla Commissione e dal Consiglio.

 

Le più recenti iniziative in materia di immigrazione legale

Sulla base di quanto stabilito nel Piano d’azione, il 23 ottobre 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di misure comprendente:

·       una proposta di direttiva (COM(2007)637) relativa all’ammissione nell’Unione di migranti per posti di lavoro altamente qualificati.

La proposta di direttiva ha l’obiettivo di:

- instaurare una procedura speciale per l’ingresso e il soggiorno di cittadini  di paesi terzi che richiedano di risiedere nell’Unione europea per occupare posti di lavoro altamente qualificati per un periodo superiore a tre mesi;

- definire le condizioni in cui i cittadini di paesi terzi che si trovino in situazione di soggiorno regolare in uno Stato membro, ai sensi della proposta di direttiva in questione, possano soggiornare con le loro famiglie in altri Stati membri.

Per definire la nozione di “impiego altamente qualificato” la proposta di direttiva si basa su due elementi: l’obbligo di esercitare un’attività economica dipendente (escludendo quindi i lavoratori autonomi) e l’elevata qualificazione professionale richiesta. A questo proposito, al fine di includere nel campo di azione della proposta di direttiva anche quei lavoratori che non abbiano necessariamente bisogno di un diploma di studi superiori per esercitare la loro attività (ad es. nel settore dell’informatica), viene considerata, al posto del diploma, l’esperienza acquisita in almeno tre anni di attività nel settore.

Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, la proposta di direttiva stabilisce che iI richiedente debba provare di possedere i diplomi o i requisiti di esperienza suddetti e presentare obbligatoriamente un contratto di lavoro (o un’offerta vincolante di impiego), in cui sia indicato uno stipendio pari almeno a tre volte il salario minimo fissato a livello nazionale. Il richiedente (ma non i suoi familiari) in possesso dei requisiti previsti riceverà un permesso di soggiorno denominato “carta blu europea”, con la menzione delle condizioni a cui essi sono autorizzati a lavorare. E’ prevista una procedura accelerata (30 giorni) per i cittadini di paesi terzi che già soggiornino regolarmente in uno Stato membro e vogliano modificare il proprio statuto giuridico. Gli articoli 7, 9 e 10 della proposta stabiliscono che essa non crea un “diritto di ammissione”, enunciando i motivi di rifiuto, possibili o obbligatori, del rilascio, ritiro o mancato rinnovo del permesso di soggiorno, quali, in particolare, il non rispetto dei requisiti, l’esistenza di quote e la possibilità per lo Stato membro di procedere a un esame del mercato del lavoro.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

·       una proposta di direttiva (COM(2007)638), che istituisce una procedura unica per la richiesta di permesso unico di residenza e lavoro e stabilisce un insieme comune di diritti per i lavoratori dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro.

La proposta prevede che la direttiva si applichi ai cittadini di paesi terzi che richiedano l’autorizzazione a risiedere e a lavorare nel territorio dell’Unione europea e ai lavoratori provenienti da paesi terzi e soggiornanti regolarmente in uno Stato membro.

In base alla proposta di direttiva:

- ogni domanda di autorizzazione a soggiornare e a lavorare sul territorio dello Stato membro è introdotta nel quadro di una procedura di domanda unica;

- la decisione relativa al rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico prende la forma di un titolo combinato che autorizza contestualmente a soggiornare e a lavorare nel quadro di un atto amministrativo unico.

La proposta prevede che il permesso unico sia rilasciato, con l’integrazione obbligatoria delle opportune informazioni riguardo al lavoro, nel formato armonizzato già previsto dal Regolamento CE n. 1030/2002 per il permesso di soggiorno per cittadini di paesi terzi.

Il Capo III della proposta di direttiva è dedicato al diritto alla parità di trattamento. Esso stabilisce in particolare che i lavoratori provenienti da paesi terzi godano dell’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali almeno per quanto riguarda: a) condizioni di lavoro, incluse le condizioni in materia di salario, di licenziamento, di salute e sicurezza sul lavoro; b) libertà di associazione, di affiliazione e di impegno in una organizzazione di lavoratori o datori di lavoro o in qualsiasi organizzazione professionale, compresi i vantaggi che possono da ciò derivare senza pregiudizio delle disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e di sicurezza pubblica; c) istruzione e formazione professionale; d) riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli professionali, conformemente alle procedure nazionali applicabili; e) i settori della sicurezza sociale quali definiti dal regolamento CE 1408/71,  relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati, non salariati e ai membri delle loro famiglie; f) il pagamento dei diritti di quiescenza in caso di spostamento in un paese terzo; g) vantaggi fiscali; h) accesso a beni e servizi offerti al pubblico, comprese le procedure di accesso all’ abitazione e l’assistenza offerta dai servizi per l’impiego.

Gli Stati membri possono limitare l’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali:

-   esigendo la prova di una conoscenza appropriata della lingua per consentire l’accesso all’istruzione e alla formazione; l’accesso all’università può essere subordinato a prerequisiti particolari in materia di studio;

-   restringendo i diritti conferiti in materia di istruzione e formazione, per quanto riguarda le borse di studio;

-   restringendo i diritti conferiti dal punto h), per quanto riguarda gli alloggi sociali, ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato o  abbiano avuto il diritto di soggiornare nel loro territorio per almeno tre anni;

-   restringendo i diritti conferiti dai punti a), b) e g), ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego;

-   restringendo i diritti conferiti dal punto e) ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego, tranne che per quanto riguarda le indennità di disoccupazione.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di consultazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

Il 10 agosto 2007 la Commissione ha presentato una proposta di decisione (COM(2007)466) che istituisce una rete europea sulle migrazioni (REM).

Obiettivo della REM è "soddisfare le esigenze di informazione sulla migrazione e sull’asilo delle istituzioni comunitarie, delle autorità e delle istituzioni degli Stati membri e dei cittadini, fornendo informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili nell’intento di sostenere il processo politico e decisionale nell’Unione europea in questi settori".

La rete è tenuta, in particolare, a raccogliere e scambiare dati e informazioni provenienti da varie fonti, analizzarli, pubblicare relazioni, creare e mantenere un sistema di scambio di informazioni accessibile al pubblico basato su Internet (sito REM) e cooperare con altri organi competenti europei e internazionali. La rete sarà composta dai punti di contatto nazionali, uno per Stato membro, e dalla Commissione europea. Per garantire la partecipazione attiva degli Stati membri e un adeguato collegamento tra l'attività della REM e l'agenda politica dell'UE, sarà istituito un comitato direttivo composto da rappresentanti dei singoli Stati membri, della Commissione e del Parlamento europeo.

La proposta di decisione, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio

Integrazione

Per quanto riguarda, in particolare, l’integrazione, si ricorda che nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

L’idea di elaborare un manuale sull’integrazione è nata dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, al fine di sviluppare la cooperazione e gli scambi di informazioni tra i differenti Punti di contatto nazionali sull’integrazione, allora istituiti. La prima edizione del manuale è stata pubblicata nel novembre 2004, durante la presidenza olandese.

Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione, relativamente ai temi della abitazione e dell’integrazione economica. Vengono presentate, in particolare, le politiche integrative, governative e non, consigliando modi e strumenti per renderle efficaci. Con l’ausilio di esempi concreti, vengono descritte le pratiche attuate per migliorare la qualità abitativa nello spazio urbano ed eliminare le barriere sociali per gli immigrati.

Il manuale suggerisce modalità di integrazione economica che permettano di facilitare l’accesso degli immigrati al mercato del lavoro e strategie antidiscriminatorie sul posto di lavoro, che si basino sulla valorizzazione della diversità.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007, nelle sue conclusioni, richiamandosi al programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione del 1° settembre 2005 “Agenda comune per l’integrazione”, ha ribadito l’importanza di sostenere le politiche di integrazione nell’Unione europea promuovendo l’unità nella diversità. In questo quadro il Consiglio ha espresso apprezzamento per la pubblicazione del manuale sull’integrazione, ha invitato la Commissione a fornire costantemente il suo sostegno ai Punti di contatto nazionali per l’integrazione e ha esortato gli Stati membri ad avvalersi degli strumenti finanziari offerti dal programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha espresso compiacimento per le conclusioni del Consiglio del 12 giugno, sottolineando l’importanza di ulteriori iniziative volte ad agevolare lo scambio di esperienze sulle politiche di integrazione degli Stati membri[235].

L’11 settembre 2007 la Commissione ha presentato la terza relazione annuale su migrazione e integrazione (COM(2007)512)[236], nella quale, richiamandosi ai “Principi di base comuni della politica di integrazione dell’immigrante nell’Unione europea (PCB)”, adottati dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004, nel quadro del programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione ”Un programma comune per l’integrazione” (vedi supra), ribadisce la necessità di rafforzare il nesso fra le politiche relative all’immigrazione legale e le strategie di integrazione.

Lotta all’immigrazione clandestina

Il 1° settembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva[237], che stabilisce norme comuni in materia di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi in condizioni di soggiorno irregolare.

La proposta di direttiva introduce norme comuni agli Stati membri riguardanti il rimpatrio, l'allontanamento, l'uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. La proposta è volta a stabilire un corpus di norme applicabile a qualsiasi cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente e prevede una procedura diretta a porre fine ad un soggiorno irregolare. Nei confronti del cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente deve essere presa una decisione di rimpatrio. Va data priorità al rimpatrio volontario e, solo se il cittadino in questione non intende rimpatriare volontariamente, gli Stati membri fanno rispettare l’obbligo di rimpatrio con un provvedimento di allontanamento. La proposta attribuisce una dimensione europea agli effetti delle misure di rimpatrio adottate a livello nazionale, ponendo in essere un divieto al rientro sul territorio, valido per l’insieme dell’Unione Europea

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 15 gennaio 2008.

Nel quadro dell’impegno dell’Unione europea contro l’immigrazione illegale e lo sfruttamento dei lavoratori clandestini, il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2007)249), relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare[238]. La proposta, che mira ad introdurre un deterrente all’utilizzo di manodopera irregolare, intende ridurre le discrepanze fra le misure preventive, le sanzioni e le modalità di applicazione già esistenti nei vari Stati membri, creando, inoltre, condizioni di parità tra le imprese.

La proposta di direttiva prevede sanzioni per i datori di lavoro (persone fisiche o giuridiche, ma anche privati cittadini quando agiscono in qualità di datori di lavoro) che impieghino cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, senza aver svolto le necessarie verifiche. In base alla proposta infatti, e come misura preventiva, i datori di lavoro, prima dell’assunzione sono tenuti a verificare che i cittadini di paesi terzi siano in possesso di permesso di soggiorno o di altra autorizzazione analoga. Oltre a multe ed altre sanzioni amministrative, la Commissione propone, per i casi più gravi anche sanzioni penali.In particolare, la proposta di direttiva dispone che la violazione del divieto di impiego illegale, se intenzionale, costituisca reato se:

-   la violazione prosegue, oppure è reiterata, dopo che le autorità o i giudici nazionali competenti, in un periodo di due anni, hanno accertato che il datore di lavoro l’ha già commessa due volte;

-   la violazione riguarda un numero significativo di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare (almeno quattro);

-   la violazione è accompagnata da situazioni di particolare sfruttamento, ad esempio, da condizioni lavorative sensibilmente diverse da quelle di cui godono i lavoratori assunti legalmente, oppure

-   il datore di lavoro ricorre al lavoro o ai servizi di una persona nella consapevolezza che tale persona è vittima della tratta di esseri umani.

La proposta prevede che gli Stati membri predispongano un meccanismo che consenta ai cittadini di paesi terzi interessati di presentare denunce, sia direttamente che tramite terzi, come sindacati o associazioni. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rilasciare permessi di soggiorno per un periodo limitato – a seconda della durata dei procedimenti nazionali – ai cittadini dei paesi terzi vittime di sfruttamento e che cooperino ad azioni penali contro i datori di lavoro. La proposta prevede infine che gli Stati membri effettuino un numero minimo di ispezioni nelle imprese stabilite nei loro territori.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Consiglio nella riunione del 5 dicembre 2007 e dal Parlamento europeo nella seduta del 9 aprile 2008. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha sottolineato l’importanza della proposta, in considerazione del fatto che il lavoro illegale costituisce uno dei principali fattori di attrazione per gli immigrati clandestini[239].

Per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina e il controllo delle frontiere, conformemente al programma dell’Aja, il 19 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione (COM(2006)402), sulle priorità politiche nella lotta contro l’immigrazione clandestina, di cittadini di paesi terzi. Nella comunicazione si esamina, in particolare, come rendere più sicure le frontiere esterne, ipotizzando l’introduzione di una gestione elettronica delle frontiere e di un sistema d’ingresso e di uscita automatizzato. Vi si trattano, inoltre, i problemi della regolarizzazione (dai primi anni Ottanta sono state regolarizzate, in cinque Stati dell’UE, 3.752.565 persone) e la necessità di affrontare il problema dell’occupazione dei cittadini di paesi terzi in situazione irregolare.

Il documento è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006.

Nella stessa data e come parte dello stesso “pacchetto” di misure[240] miranti ad accrescere la solidarietà fra gli Stati membri nella lotta all’immigrazione clandestina, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM(2006)403), che istituisce un Codice comunitario dei visti, volto a facilitare i viaggi effettuati legalmente ed a lottare contro l’immigrazione clandestina, mediante una maggiore armonizzazione delle leggi nazionali e delle prassi degli uffici consolari locali. Ai fini della semplificazione, e in accordo con la politica della Commissione di “legiferare meglio”, la proposta incorpora in un unico Codice dei visti tutti gli strumenti giuridici che disciplinano le decisioni relative alle condizioni e alle procedure di rilascio dei visti.

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 12 marzo 2008.

Si ricorda infine che il 27 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle priorità politiche nella lotta contro l'immigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi.

Controllo delle frontiere

Infine, per quanto riguarda più specificamente il controllo delle frontiere, il 30 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea[241]”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne[242], evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali.

La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

In questo quadro, il 24 maggio 2007 l’Agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) ha lanciato il programma “Rete di pattuglie europea” (EPN), primo sistema di coordinamento delle pattuglie di sorveglianza delle frontiere marittime dell’Unione europea, per contrastare l’immigrazione clandestina. Il progetto interessa le coste atlantiche e mediterranee, al fine di sincronizzare le misure adottate dagli Stati membri e permettere la loro integrazione alle attività comuni dell’UE.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12 e 13 giugno 2007 ha adottato il regolamento (COM(2006)401), relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Nel corso della medesima riunione, il Consiglio ha adottato conclusioni sulla necessità di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, la Commissione e l’agenzia Frontex in materia di rimpatrio, nel quadro del sostegno che sarà fornito dal Fondo per il rimpatrio 2008-2013.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha invitato tutti gli interessati a prodigare gli sforzi per rendere operative al più presto le squadre di intervento rapido e per sfruttare al massimo le nuove possibilità offerte dalla rete di pattuglie costiere e dal registro centralizzato delle attrezzature tecniche o toolbox (CRATE), gestito da Frontex, la cui utilizzazione è subordinata alla firma di specifici memorandum di intesa tra Frontex e gli Stati membri coinvolti

Il 12 giugno 2007 il Consiglio ha adottato un regolamento[243] relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Come constatato nel corso del Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007, Frontex ha avviato le procedure di applicazione del regolamento, che prevedono la redazione di una lista di ufficiali, la loro formazione e la composizione delle squadre. La prima esercitazione dovrebbe avere luogo in Portogallo nel periodo ottobre-novembre 2007.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007 ha adottato conclusioni sull’ulteriore rafforzamento delle frontiere marittime meridionali dell’UE[244]nelle quali esorta gli Stati membri, in uno spirito di solidarietà e di responsabilità condivisa, a fornire supporto, in modo bilaterale, a singoli Stati membri[245] che siano sottoposti a particolari pressioni, acuite da fattori quali la loro posizione geografica, il livello di impegno degli Stati terzi confinanti nello adempiere ai loro obblighi internazionali in materia di ricerca e salvataggio e lo stato attuale della cooperazione con detti paesi.

Procedure di contenzioso

Il 4 aprile 2006, la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[246] (procedura d’infrazione n. 2006/2075) per mancato rispetto del regolamento (CE) 1030/2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi. Non rilasciando ancora permessi di soggiorno conformi al modello uniforme, lo Stato italiano violerebbe l’articolo 9 del regolamento citato, in base al quale gli Stati membri rilasciano permessi di soggiorno di modello uniforme al più tardi entro un anno a decorrere dall’adozione degli elementi e dei requisiti di sicurezza complementari. Tali elementi e requisiti sono stati effettivamente definiti con la decisione della Commissione C/2002/3069 del 14 agosto 2002, il cui articolo 2 impone agli Stati membri di fornire alla Commissione un fac-simile del permesso di soggiorno, non appena disponibile.

 


Articolo 124
(Contrasto all’esclusione sociale negli spazi urbani)

 

1. Il comma 340 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente:

«340. Al fine di contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città caratterizzati da degrado urbano e sociale, sono istituite, con le modalità di cui al comma 342, zone franche urbane con un numero di abitanti non superiore a 30.000. Per le finalità di cui al periodo precedente, è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, che provvede al finanziamento di programmi di intervento, ai sensi del comma 342».

2. Il comma 341 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dai seguenti:

«341. Le piccole e microimprese, come individuate dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che iniziano, nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle zone franche urbane individuate secondo le modalità di cui al comma 342, possono fruire delle seguenti agevolazioni, nei limiti delle risorse del Fondo di cui al comma 340 a tal fine vincolate:

a) esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque periodi di imposta. Per i periodi di imposta successivi, l'esenzione è limitata, per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esenzione di cui alla presente lettera spetta fino a concorrenza dell'importo di euro 100.000 del reddito derivante dall'attività svolta nella zona franca urbana, maggiorato, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2009 e per ciascun periodo d'imposta, di un importo pari a euro 5.000, ragguagliato ad anno, per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, residente all'interno del sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana;

b) esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive, per i primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di euro 300.000, per ciascun periodo di imposta, del valore della produzione netta;

c) esenzione dall'imposta comunale sugli immobili, a decorrere dall'anno 2008 e fino all'anno 2012, per i soli immobili siti nelle zone franche urbane dalle stesse imprese posseduti ed utilizzati per l'esercizio delle nuove attività economiche;

d) esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, per i primi cinque anni di attività, nei limiti di un massimale di retribuzione definito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, solo in caso di contratti a tempo indeterminato, o a tempo determinato di durata non inferiore a dodici mesi, e a condizione che almeno il 30 per cento degli occupati risieda nel sistema locale di lavoro in cui ricade la zona franca urbana. Per gli anni successivi l'esonero è limitato per i primi cinque al 60 per cento, per il sesto e settimo al 40 per cento e per l'ottavo e nono al 20 per cento. L'esonero di cui alla presente lettera spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca urbana.

341-bis. Le piccole e le micro imprese che hanno avviato la propria attività in una zona franca urbana antecedentemente al 1o gennaio 2008 possono fruire delle agevolazioni di cui al comma 341, nel rispetto del regolamento (CE) n. 1998/2006, della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. L 379 del 28 dicembre 2006.

341-ter. Sono, in ogni caso, escluse dal regime agevolativo le imprese operanti nei settori della costruzione di automobili, della costruzione navale, della fabbricazione di fibre tessili artificiali o sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada.

341-quater. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, saranno determinati le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione delle esenzioni fiscali di cui ai commi da 341 a 341-ter».

3. Il comma 342 dell'articolo l della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è sostituito dal seguente:

«342. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, provvede alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e per la individuazione e la selezione delle zone franche urbane, sulla base di parametri socio-economici, rappresentativi dei fenomeni di degrado di cui al comma 340. Provvede successivamente, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, alla perimetrazione delle singole zone franche urbane ed alla concessione del finanziamento in favore dei programmi di intervento di cui al comma 340. L'efficacia delle disposizioni dei commi da 341 a 342 è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, all'autorizzazione della Commissione europea».

 

 

Le disposizioni dell’articolo in esame novellano i commi 340-342, articolo 1, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) che hanno introdotto la disciplina delle c.d. “Zone franche urbane” (ZFU), da individuare in aree e quartieri particolarmente degradati nelle città del Mezzogiorno[247], con particolare riferimento al centro storico di Napoli.

 

Il comma 1, che sostituisce interamente il comma 340 della legge finanziaria per il 2007, provvede a definire l’ambito di riferimento rispetto alla normativa vigente, disponendo che le ZFU sono istituite in aree o quartieri con non più di 300.000 abitanti, per contrastare fenomeni di esclusione sociale e favorire l’integrazione sociale e culturale in aree di degrado degli spazi urbani.

Si elimina pertanto la finalità volta a favorire lo sviluppo economico e sociale, anche tramite interventi di recupero urbano, ed il riferimento al centro storico di Napoli.

Le disposizioni in esame mantengono la dotazione di 50 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 riferita all’apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per il finanziamento dei programmi di intervento. In particolare, viene eliminata la disposizione secondo la quale il predetto Fondo provvedeva al cofinanziamento dei programmi regionali di intervento riferiti alle medesime aree.

 

Si segnala, peraltro, che lo stanziamento relativo al capitolo di bilancio 8430 “Fondo per favorire lo sviluppo economico e sociale delle zone franche urbane” è iscritto nello stato di previsione del Ministero per lo sviluppo economico, alla Missione 28 “Sviluppo e riequilibrio territoriale”, Programma 5.2. “Politiche per il sostegno dei sistemi produttivi per il Mezzogiorno e le aree sottoutilizzate”, Macroaggregato 5.2.6. Investimenti (Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione).

 

Il comma 2, che sostituisce il comma 341 della legge finanziaria per il 2007, introduce talune agevolazioni fiscali e contributive per le piccole e microimprese[248] che iniziano, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle aree individuate come ZFU. Sono elencate dalla norma:

 

a)             l’esenzione dalle imposte sui redditi (IRPEF e IRES) per i primi cinque periodi di imposta; per i periodi di imposta successivi l’esenzione è limitata al 60 per cento per i primi cinque periodi, al 40 per cento per il sesto e il settimo e al 20 per cento per l’ottavo e il nono. Si prevede un limite di 100.000 euro di reddito esente, maggiorato, a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2009 e per ciascun periodo d’imposta, di 5.000 euro – ragguagliato ad anno – per ogni nuovo assunto a tempo indeterminato, a condizione ch sia residente all’interno del Sistema locale di lavoro[249] in cui ricade la ZFU[250];

b)             esenzione dall’IRAP nei primi cinque periodi di imposta, fino a concorrenza di 300.000 euro del valore della produzione netta, per ciascun periodo di imposta;

c)             esenzione dall’ICI, per il periodo 2008-2012, per i soli immobili situati nelle aree individuate come ZFU, posseduti dalle imprese che beneficiano dell’agevolazione e utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche;

d)             l’esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, nei limiti del massimale definito con decreto del Ministro del lavoro, solo nei casi di contratti a tempo indeterminato ovvero non inferiori a 12 mesi, e a condizione che almeno il 30% degli occupati risieda nel Sistema locale di lavoro[251] in cui ricade la ZFU; l’agevolazione si riduce dal 100% al 60% negli ulteriori cinque anni, al 40% nel sesto e settimo anno e al 20% nell’ottavo e nel nono. La predetta misura agevolativa si estende altresì ai titolari di reddito di lavoro autonomo[252].

 

Le stesse agevolazioni si applicano altresì alle piccole e microimprese che abbiano avviato la propria attività nelle aree individuate come ZFU nel periodo antecedente al 1° gennaio 2008, con la limitazione che ad esse si applica il regime degli aiuti di importanza minore. Pertanto, esse potranno accedere alle agevolazioni esclusivamente nei limiti del regime di aiuti "de minimis"[253], per i quali l'importo complessivo degli aiuti concessi non può superare, a pena di sanzioni, l’importo di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari (comma 341-bis).

 

Il comma 341-ter dispone i casi di esclusione dalle agevolazioni. Si tratta delle imprese operanti nei settori della costruzione di automobili e navale, della fabbricazione delle fibre tessili e sintetiche, della siderurgia e del trasporto su strada. E’ demandata ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle condizioni, dei limiti e delle modalità di applicazione delle esenzioni fiscali sopra elencate, entro il 30 gennaio 2008.

 

Il comma 3, che sostituisce il comma 342 della legge finanziaria 2007, disciplina le modalità per l'istituzione delle ZFU. Si mantiene la disposizione secondo la quale il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, definisce i criteri per l’individuazione delle zone franche urbane[254] e l’allocazione delle risorse; tuttavia, rispetto alla precedente formulazione, non si fa più riferimento al parere delle regioni interessate. 

Inoltre, è stata introdotta la disposizione secondo cui la proposta del Ministro dello sviluppo economico, in base alla quale il CIPE individua le ZFU, sia presentata di concerto con il Ministro della solidarietà sociale[255]. Successivamente, su proposta del Ministro per lo sviluppo economico, il CIPE provvede alla concessione del finanziamenti in favore dei programmi di intervento per le ZFU.

Rispetto al testo precedente, si prevede, infine,  che le disposizioni di cui ai precedenti commi 341 e 342 siano soggette ad autorizzazione da parte della Commissione europea, in ottemperanza a quanto sancito dall'articolo 88 comma 3 del TCE, che prevede la valutazione, da parte della Commissione, sulla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune[256].

 

E’ appena il caso di ricordare che le disposizioni in esame non modificano il comma 343 della legge finanziaria per il 2007 che completa la disciplina relativa alle zone franche urbane. In particolare, tale norma ha disposto che il monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi – anche in coordinamento con i nuclei di valutazione delle regioni interessate – siano effettuati dal Nucleo di valutazione e verifica del Ministero dello sviluppo economico, il quale presenta al CIPE una relazione annuale in merito ai risultati di tali attività.

 

Si ricorda che Il 17 aprile 2003 è stata formalmente costituita, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la "Rete dei Nuclei di valutazione e verifica delle amministrazioni centrali e regionali” (Rete NUVV) prevista - insieme alla costituzione e attivazione dei singoli Nuclei - dall’articolo 1 della legge n. 144 del 1999[257], al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE

Il 24 e 25 maggio 2007, si è svolta a Lipsia, la riunione informale dei ministri responsabili dello sviluppo urbano e della coesione territoriale, nel corso della quale sono stati adottati due documenti: l’“Agenda territoriale dell’UE” e la “Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili”[258].

Il primo documento è inteso a promuovere una intensificazione della cooperazione territoriale attorno ai temi della crescita economica sostenibile, delle politiche del mercato del lavoro; dello sviluppo urbano e territoriale sostenibile, associando i diversi attori regionali e locali.

Il secondo documento sottolinea che una pianificazione urbana integrata è la condizione indispensabile per lo sviluppo sostenibile delle città europee e propone le strategie volte a valorizzare il tessuto urbano e a migliorare il mercato dell’occupazione, i trasporti urbani e l’integrazione degli immigrati.

La coesione territoriale rientra tra le priorità che la Presidenza portoghese intende perseguire nel secondo semestre del 2007. In particolare, la Presidenza intende presentare un piano d’azione per la coesione territoriale nel corso della riunione informale dei ministri del riassetto del territorio il 23 e 24 novembre 2007 alle Azzorre.

In occasione della riunione del Consiglio affari generali del 23 luglio 2007, il commissario alla politica regionale, Danuta Hübner, ha annunciato la presentazione di una comunicazione sulla coesione territoriale nel corso del 2008.

Parere del Comitato economico e sociale sulle aree metropolitane europee

Il 20 luglio 2007 è stato pubblicato il parere del Comitato economico e sociale (CESE) su “Le aree metropolitane europee – implicazioni socioeconomiche per il futuro dell’Unione europea”. Il CESE auspica che la Commissione prepari un Libro verde sulle aree metropolitane come complemento dell’Agenda territoriale e degli orientamenti strategici per la coesione allo scopo di stimolare il dibattito europeo sulla base di un’analisi obiettiva.

Nel constatare che il dibattito sulle aree metropolitane è assai più vivace di alcuni anni fa, anche a causa del riconoscimento del legame esistente fra lo sviluppo economico, sociale ed ambientale delle grandi metropoli e la strategia di Lisbona, il CESE evidenzia una convergenza manifesta sulle problematiche e segnala, fra i punti più discussi, oltre a quelli direttamente attinenti allo sviluppo economico:

-        la società multiculturale (immigrazione) e le sfide legate alla povertà e all’esclusione;

-        l’occupabilità della manodopera e la creazione di posti di lavoro;

-        la riduzione dell’insicurezza, della criminalità e dei rischi del terrorismo internazionale,

-        la riduzione delle disparità fra i territori infraregionali e la creazione di un partenariato fra il centro e la periferia.

La Commissione europea ha presentato, il 30 maggio 2007, la IV Relazione sulla coesione economica e sociale che descrive la situazione economica, sociale e territoriale dell’UE a 27 e delle sue 268 regioni.

In particolare, il documento individua una serie di sfide che gli Stati membri e le regioni saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni e che assumono particolare rilievo per la politica di coesione in quanto suscettibili di produrre sul territorio dell’Europa un impatto disuguale, amplificando così le disparità sociali ed economiche.

In una comunicazione (COM(2007)273) che accompagna la IV Relazione, la Commissione suggerisce una serie di questioni per avviare il dibattito sul futuro della politica di coesione di fronte alle sfide citate; a tal fine, in occasione del Quarto Forum sulla coesione, tenutosi a Bruxelles il 27 e 28 settembre 2007, la Commissione ha avviato una consultazione pubblica sul potenziamento dello sviluppo regionale e della convergenza attraverso la politica di coesione. Tra le questioni da dibattere se ne segnalano due in particolare: l’impatto delle sfide individuate dalla relazione sugli elementi chiave della coesione sociale (l’inclusione, l’integrazione, le opportunità per tutti); il contributo della politica di coesione alla promozione di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile che tenga conto della diversità dei territori all’interno dell’UE, tra cui le città più sfavorite.

 


Articolo 126
(Razionalizzazione del sistema degli acquisti di beni e servizi)

 

1. Le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, inviano, entro il 28 febbraio per l'anno 2008 ed entro il 31 dicembre per gli anni successivi, al Ministero dell'economia e delle finanze un prospetto contenente i dati relativi alla previsione annuale dei propri fabbisogni di beni e servizi, per il cui acquisto si applica il codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, conformemente alle modalità e allo schema pubblicati sul portale degli acquisti in rete del Ministero dell'economia e delle finanze e di Consip s.p.a.

2. Il Ministero dell'economia e delle finanze, avvalendosi di Consip s.p.a., individua, sulla base delle informazioni di cui al comma 1 e dei dati degli acquisti delle amministrazioni di cui al comma 1, per gli anni 2005-2007, acquisiti tramite il Sistema di contabilità gestionale ed elaborati attraverso l'utilizzo di sistemi informativi integrati realizzati ai sensi dell'articolo 1, comma 454, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, indicatori di spesa sostenibile per il soddisfacimento dei fabbisogni collegati funzionalmente alle attività da svolgere, tenendo conto delle caratteristiche di consumo delle specifiche categorie merceologiche e dei parametri dimensionali della singola amministrazione, nonché dei dati di consuntivo.

3. Gli indicatori ed i parametri di spesa sostenibile definiti ai sensi del comma 2 sono messi a disposizione delle amministrazioni di cui al comma 1, anche attraverso la pubblicazione sul portale degli acquisti in rete del Ministero dell'economia e delle finanze e di Consip s.p.a., quali utili strumenti di supporto e modelli di comportamento secondo canoni di efficienza, nell'attività di programmazione degli acquisti di beni e servizi e nell'attività di controllo di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.

4. In relazione ai parametri di prezzo-qualità di cui al comma 3 dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso Consip s.p.a., entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, predispone e mette a disposizione delle amministrazioni pubbliche gli strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l'utilizzo dei detti parametri, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.

5. Per raggiungere gli obiettivi di contenimento e di razionalizzazione della spesa pubblica, fermo restando quanto previsto dagli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i soggetti aggiudicatori di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, possono ricorrere per l'acquisto di beni e servizi alle convenzioni stipulate da Consip s.p.a. ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nel rispetto dei princìpi di tutela della concorrenza.

6. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall'articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dei prospetti contenenti i dati di previsione annuale dei fabbisogni di beni e servizi di cui al comma 1, individua, entro il mese di marzo di ogni anno, con decreto, segnatamente in relazione agli acquisti d'importo superiore alla soglia comunitaria, secondo la rilevanza del valore complessivo stimato, il grado di standardizzazione dei beni e dei servizi ed il livello di aggregazione della relativa domanda, nonché le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip s.p.a. per le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute a ricorrere alla Consip s.p.a., in qualità di stazione appaltante ai fini dell'espletamento dell'appalto e dell'accordo quadro, anche con l'utilizzo dei sistemi telematici.

7. Le dotazioni delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri, concernenti spese per consumi intermedi, non aventi natura obbligatoria, sono rideterminate in maniera lineare in misura tale da realizzare complessivamente una riduzione di 545 milioni di euro per l'anno 2008, 700 milioni di euro per l'anno 2009 e 900 milioni di euro a decorrere dal 2010. Dalla predetta riduzione sono esclusi i fondi di cui all'articolo 1, comma 601, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

8. Il Ministro dell'economia e delle finanze allega al Documento di programmazione economico-finanziaria una relazione sull'applicazione delle misure di cui al presente articolo e sull'entità dei risparmi conseguiti.

 

 

L’articolo, oggetto di modifiche nel corso dell’esame al Senato, reca norme volte a razionalizzare il sistema degli acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni statali centrali e periferiche, nonché da parte delle amministrazioni pubbliche, genericamente intese.

 

In particolare, al comma 1 si dispone che le amministrazioni statali centrali e periferiche trasmettano annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze un prospetto previsionale del proprio fabbisogno di beni e servizi per il cui acquisto si applica il “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Sono comunque escluse dall’applicazione di tale misura gli istituti e scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie.

 

Il prospetto previsionale del fabbisogno deve essere conforme alle modalità e allo schema pubblicati sul Portale degli acquisti in rete del Ministero dell’economia e delle finanze e di Consip s.p.a.

In sede di prima applicazione, il prospetto va trasmesso al Ministero dell’economia e finanze entro il 28 febbraio 2008; mentre, a regime va trasmesso al medesimo Ministero entro il 31 dicembre di ogni anno.

 

Si ricorda che il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, emanato in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE[259], disciplina i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere.

Il Codice non si applica, in tutto o in parte, a talune tipologie di contratti indicate nella parte I, Titolo II del suddetto Codice (artt.16-27), le quali sono in sintesi, contratti relativi alla produzione e al commercio di armi, munizioni e materiale bellico, contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza, contratti aggiudicati in base a norme internazionali, taluni contratti di servizi specificamente indicati nell’articolo 19 del Codice, taluni contratti nel settore delle telecomunicazioni, taluni appalti aggiudicati a scopo di rivendita o di locazione di terzi, appalti aggiudicati per l’acquisto e la fornitura di energia, contratti di sponsorizzazione.

 

Il comma 2 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze – avvalendosi di CONSIP[260] s.p.a. – individui gli indicatori di spesa sostenibile per il soddisfacimento dei fabbisogni. Tale individuazione avviene sulla base delle:

-        informazioni raccolte dai prospetti preliminari di fabbisogno;

-        informazioni circa gli acquisti delle suddette amministrazioni per gli anni 2005-2007, avute mediante il “Sistema di contabilità gestionale[261] ed elaborate attraverso sistemi informativi integrati.

I fabbisogni sono quelli collegati funzionalmente alle attività da svolgere, tenuto conto delle caratteristiche di consumo dei beni e dei parametri dimensionali della singola amministrazione, nonché dei dati di consuntivo.

 

I sistemi informativi integrati sono realizzati, come esplicitato dallo stesso comma 2, ai sensi dell’articolo 1, comma 454 della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006), che prevede un programma per l'adozione di sistemi informativi comuni alle amministrazioni dello Stato ai fini della definizione dei fabbisogni di beni e servizi e la definizione un insieme di indicatori dei livelli di spesa sostenibili per categorie di spesa comune, da utilizzarsi nel processo di formazione dei relativi capitoli di bilancio. Il programma è realizzato dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il supporto della CONSIP Spa, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

 

Il comma 3 stabilisce che gli indicatori ed i parametri di spesa sostenibile elaborati dal Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del comma 2 costituiscono strumenti di supporto e modelli di comportamento nell’attività di programmazione degli acquisti di beni e servizi e nell’attività di controllo di gestione.

Tali indicatori devono essere messi a disposizione delle amministrazioni statali, anche mediante pubblicazione sul Portale degli acquisti in rete del Ministero dell’economia e delle finanze e di CONSIP s.p.a.

 

Si ricorda che l’articolo 4 del decreto legislativo n. 286/1999 [262], richiamato nel comma 3, reca la disciplina del controllo di gestione, disponendo in particolare che ciascuna amministrazione pubblica definisce l'unità o le unità responsabili della suddetta attività, nonché i criteri per l’esercizio di tale attività, con particolare riferimento ai criteri e modalità di rilevazione e ripartizione dei costi tra le unità organizzative e le modalità di individuazione degli obiettivi per cui i costi sono sostenuti. Gli indicatori di spesa di cui al comma 3 dell’articolo in esame si inseriscono dunque quali parametri “precostituiti“ nell’esercizio del controllo gestionale.

 

Si osserva che la disciplina recata dai commi 1-3 in esame sembra completare quella, già contenuta nell’articolo 1, comma 449 della legge finanziaria 2007, che demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[263] l’individuazione, entro il mese di gennaio di ogni anno, delle tipologie di beni e servizi per il cui approvvigionamento le amministrazioni statali centrali e periferiche - ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - sono obbligate ad utilizzare le convenzioni – quadro stipulate dalla Consip s.p.a.

 

Il comma 4 stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze, attraverso CONSIP s.p.a., metta a disposizione delle amministrazioni pubbliche, entro tre mesi dall’entrata in vigore del testo in esame, strumenti di supporto per la valutazione della comparabilità del bene e del servizio e per l’utilizzo dei parametri di prezzo-qualità stabiliti da CONSIP s.p.a per l’acquisto di beni e servizi, anche con indicazione di una misura minima e massima degli stessi.

Tale disposizione, come evidenziato nella relazione illustrativa al disegno di legge, è finalizzata a garantire un’effettiva applicazione delle disposizioni in materia di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione di cui all’articolo 26 della legge 488 del 1999. Tale articolo, al comma 3, facoltizza le pubbliche amministrazioni ad aderire alle convenzioni quadro stipulate da Consip s.p.a, ovvero le obbliga a seguirne i parametri prezzo-qualità. In particolare, evidenzia la relazione, se la totalità degli acquisti autonomi fosse avvenuta nel rispetto del brenchmark Consip, si sarebbe ottenuto, a parità di quantità, un risparmio potenziale del 20%, pari a 2.800 milioni Pertanto, si ritiene opportuna l’introduzione di una norma che, ai fini di un mero coordinamento sistematico con la disciplina vigente, precisi e confermi, al fine di evitare dubbi interpretativi, che gli acquisti di beni e servizi, anche da parte delle amministrazioni regionali e locali, oltre che centrali, debbano fare riferimento ai parametri Consip.

 

La disciplina vigente.

 

Come accennato, l’articolo 26, comma 3, della legge 488/1999 (legge finanziaria 2000) combinato con il disposto dell’articolo 58 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001)[264] prevede che le amministrazioni pubbliche possano ricorrere alle “convenzioni Consip” [265], ovvero ne utilizzino i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l'acquisizione di beni e servizi. L’ultimo periodo di tale comma disponeva poi che quanto sopra non si applicasse ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e ai comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti. Su tale disposizione ha inciso l’articolo 1, comma 449 della legge finanziaria 2007, il quale, sebbene richiami il disposto dell’articolo 26, sembra implicitamente estenderne l’ambito di applicazione. Il comma 449, in particolare:

§       demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione, entro il mese di gennaio di ogni anno, delle tipologie di beni e servizi per il cui approvvigionamento le amministrazioni statali centrali e periferiche - ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - sono obbligate a utilizzare le convenzioni – quadro stipulate dalla Consip s.p.a. Tale individuazione avviene tenuto conto delle caratteristiche del mercato e del grado di standardizzazione dei prodotti.

§       dispone che gli enti del servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento;

§       dispone che le restanti amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), tra cui rientrano gli enti territoriali, possono ricorrere alle convenzioni Consip e a quelle stipulate dalle centrali regionali di acquisto, la cui istituzione è prevista al comma 456 della stessa legge finanziaria 2007, ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti.

Con riferimento agli enti territoriali, si ricorda che l’articolo 26, comma 3 escludeva i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e i comuni montani con popolazione fino a 5.000 abitanti dall’obbligo di utilizzare i parametri di prezzo-qualità delle convenzioni Consip come limiti massimi per la stipula dei contratti (art. 26, comma 3, legge n. 488/99). Tale esclusione è stata dunque superata dalla disposizione in esame.

 

Il comma 5, al fine di raggiungere gli obiettivi di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica e nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza., estende la possibilità di ricorrere per gli acquisti di beni e servizi alle convenzioni quadro Consip a tutti i soggetti tenuti all’applicazione della normativa nazionale e comunitaria in tema di appalti pubblici (ossia i “soggetti aggiudicatori” ai sensi del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).

 

Si ricorda che ai sensi del citato Codice degli appalti pubblici (articolo 3, comma 25 del decreto legislativo 163/2006[266]), sono “soggetti aggiudicatori” i seguenti soggetti: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

La relazione illustrativa chiarisce che la norma è finalizzata ad estendere l’opportunità di ridurre i costi di funzionamento anche ad altri soggetti, quali le società in mano pubblica. Al riguardo, si cita ad esempio il caso di un comune, il quale, secondo la disciplina vigente, può acquistare cassonetti per i rifiuti tramite il sistema Consip, ma lo stesso non possono fare le società municipalizzate costituite dai comuni per gestire il relativo servizio.

 

La norma in esame specifica che rimane fermo il sistema degli acquisti della P.A. mediante convenzioni, come risultante dalle già citate disposizioni legge finanziaria 2000 (articolo 26), dalla legge finanziaria 2001 (articolo 58) e dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 449).

Per un commento a tali disposizioni cfr. supra.

 

Il comma 6, introdotto dal Senato, stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze debba, sulla base dei dati contenuti nei prospetti inviati dalle pubbliche amministrazioni., stabilire entro il mese di marzo di ogni anno, con riferimento agli acquisti di importo superiore alla soglia comunitaria, le tipologie di beni e servizi non oggetto di convenzioni Consip per le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche (esclusi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e quelle universitarie) devono ricorrere a Consip s.p.a. in qualità di stazione appaltante, ai fini – anche con modalità telematiche -  dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro.

Resta ferma la richiamata disciplina degli acquisti delle pp.aa., come definita dalle leggi finanziarie 2000, 2001 e 2007.

 

 

Il comma 7, modificato dal Senato, effettua un “taglio lineare” delle dotazioni di bilancio dei singoli Ministeri relative a spese per consumi intermedi non aventi carattere obbligatorio.

La riduzione di spesa determinata dal tale taglio lineare è indicata in 545 milioni di euro per l’anno 2008, 700 milioni di euro per l’anno 2009 e 900 milioni di euro a decorrere dal 2010.

Sono esentati dalla riduzione il Fondo per le competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche e il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, istituiti dal comma 601 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione.

 

Al riguardo si segnala che la Corte dei Conti[267] ha rilevato,che tale riduzione lineare (la quale nel testo originario era pari a 500 milioni di euro) si aggiunge a quella disposta dal comma 507 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007, aggravando la situazione di precarietà operativa della amministrazioni conseguente alle precedenti manovre correttive,  in tal modo rischiando di riproporsi, nel 2008, la necessità del ricorso ad un provvedimento d’urgenza analogo a quello intervenuto nel corrente anno (DL.81/07).

Si ricorda che nel corso degli ultimi anni, le spese per consumi intermedi sono state oggetto di ripetuti interventi di riduzione.

Si rammenta, in particolare, l’articolo 1, comma 295 della legge finanziaria 2005, il quale ha stabilito il taglio lineare degli stanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria, per un importo pari a 700 milioni di euro per l’anno 2005 e a 1.300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

Da ultimo, la legge finanziaria 2007, all’articolo 1, comma 507, ha disposto l’accantonamento e l’indisponibilità, in maniera lineare, di una quota, pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, 5.031 milioni per il 2008 e 4.922 milioni per il 2009, delle dotazioni delle u.p.b iscritte nel bilancio dello Stato[268]. Gli stanziamenti su cui incidono gli accantonamenti riguardano sia le spese correnti che quelle in conto capitale, ivi incluse le spese predeterminate legislativamente. Come già rilevato della Corte dei Conti [269], degli stanziamenti utilizzabili circa il 23 per cento è rappresentata da consumi intermedi. La Corte ha osservato che tali elementi “testimoniano della difficoltà di ottenere significative riduzioni di spesa nel breve periodo senza compromettere la qualità dell’intervento pubblico.” A conferma dei suddetti aspetti problematici in ordine all’efficacia di ulteriori interventi di contenimento dei consumi intermedi, si ricorda che il D.L. 2 luglio 2007, n. 81 ha previsto disaccantonamenti di somme nel 2007 per 1.972,9 milioni di euro, pari al 43,2 per cento delle risorse originariamente accantonate e rese indisponibili ai sensi del citato comma 507[270].

A tale riguardo, si segnala, inoltre, per ciò che attiene alle misure di limitazione di spesa per consumi intermedi degli enti pubblici non territoriali, che l’articolo 131, comma 10 del disegno di legge finanziaria in esame abroga la previsione (già disapplicata per l’anno 2007 dal d.l. n. 81/2007, art. 4) di riduzione del 20 per cento delle spese di funzionamento stabilita per tali enti per il triennio 2007-2009 dall’articolo 22, comma 2, del D.L. n. 223 del 2006.

 

Il comma 8, anch’esso introdotto dal Senato, prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze alleghi al DPEF una relazione sull’applicazione della disciplina recata dall’articolo in esame e sull’entità dei relativi risparmi.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria

Il 18 luglio 2007 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora[271] all’Italia per l’affidamento diretto di appalti pubblici aventi ad oggetto forniture e servizi collegati alle attività di intercettazione telefonica ed ambientale, nonché i servizi connessi a tali attività di trascrizione del contenuto delle registrazioni, senza ricorrere ad alcuna procedura di messa in concorrenza. Tali forniture e servizi sono state affidati, secondo le informazioni ricevute dalla Commissione, per finalità di ordine giudiziario, su richiesta delle Procure della Repubblica istituite presso ciascun tribunale italiano, direttamente a soggetti esterni all’amministrazione.

Nella nota inviata dalle Autorità italiane il 10 aprile 2007 viene specificato che il sistema e le operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale e le attività connesse sono gestite in modo decentrato da ciascuna Procura, relativamente alla propria competenza territoriale. Le Autorità ritengono che, in attesa dell’entrata in vigore del regime definitivo di gara unico a livello nazionale con più lotti, l’aggiudicazione degli appalti in questione da parte delle Procure della Repubblica avvenga comunque nel rispetto delle norme e dei principi di diritto comunitario primario contenuti nel Trattato CE, ed in particolare dei principi di libertà di stabilimento (art. 43) e di libera prestazione di servizi (art. 49), nonché dei principi che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza. Secondo le Autorità italiane, il rispetto di tali principi sarebbe assicurato nello specifico attraverso l’incremento delle imprese cui gli Uffici di Procura possono rivolgersi al fine di ottenere i servizi richiesti nonché la predisposizione di documenti di gara standard da parte del Ministero di Giustizia per la selezione dell’operatore mediante procedure negoziate. La giustificazione del ricorso a tali procedure sembra potersi rinvenire nel provvedimento del Ministero della Giustizia del 2 ottobre 2002, che dichiara la segretezza di tutte le attività necessarie alla realizzazione del sistema informativo dei centri di intercettazione telefonica, dei sistemi a loro in dotazione e del software di gestione.

La Commissione rileva che le Autorità italiane non hanno esplicitato quali sono le esigenze di segretezza che giustificherebbero il ricorso generalizzato, da parte delle amministrazioni competenti, alle deroghe alle regole comunitarie in materia di aggiudicazione di appalti pubblici per gli affidamenti dei servizi e delle forniture in questione, e non hanno fornito la prova che il ricorso a procedure negoziate senza osservare alcuna forma di pubblicità preventiva sia al tempo stesso necessario e proporzionato per tutelare tali esigenza. Più in particolare, le informazioni trasmesse dalle Autorità italiane nonché il provvedimento ministeriale, pur facendo riferimento alle disposizioni nazionali in materia di appalti pubblici dichiarati segreti, non forniscono alcuna indicazione sulle ragioni della dichiarazione di segretezza relativa all’aggiudicazione degli appalti in questione, né tanto meno sulle ragioni per le quali le esigenze di segretezza relative alle operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale osterebbero all’applicazione, da parte delle amministrazioni competenti, delle regole comunitarie in materia di appalti pubblici per le aggiudicazioni in discorso.

La Commissione osserva altresì che la deroga prevista dal provvedimento ministeriale sembra avere una portata generale che permette di ricorrervi per l’attribuzione della realizzazione di tutti gli interventi contemplati dal provvedimento.

Da ultimo, la Commissione rileva che secondo le informazioni di cui è a conoscenza, il Ministero di Giustizia avrebbe raccomandato agli Uffici di Procura, anche attraverso specifiche circolari illustrative, di utilizzare lo strumento della procedura negoziata con un numero limitato di imprese attive sul mercato italiano per gli affidamenti delle forniture e dei servizi funzionali alle attività di intercettazione di telecomunicazioni, il che comporta, di fatto, l’esclusione di qualsiasi potenziale concorrente europeo dall’avere accesso all’aggiudicazione degli appalti in questione.

Pertanto, la Commissione considera che la pratica seguita dalle competenti amministrazioni italiane di aggiudicare appalti pubblici aventi ad oggetto forniture e servizi a supporto delle attività di intercettazione telefonica ed ambientale ed eventualmente i servizi ad esse connessi, quali quelli di trascrizione del contenuto delle registrazioni, ricorrendo a procedure negoziate senza la preventiva pubblicazione di un bando di gara, o comunque senza osservare alcuna forma di pubblicità, non sembra essere giustificata da alcuna delle deroghe previste dalle direttive, e di conseguenza tale pratica risulta in contrasto con le regole comunitarie in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Inoltre, la Commissione considera che, nella misura in cui il provvedimento ministeriale del 2 ottobre 2002 permette di attribuire direttamente, senza osservare alcuna forma di pubblicità, appalti pubblici collegati alle attività di intercettazione telefonica derogando alle norme comunitarie in materia di appalti pubblici, senza che siano soddisfatte le condizioni che permettono di avvalersi delle deroghe previste dalle direttive in materia, tale provvedimento è altresì contrario alle menzionate regole.

La Commissione ritiene, pertanto, che l’Italia sia venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù della direttiva 92/50/CE (ed in particolare degli articoli 11, 15 e 17), che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi,della direttiva 93/36/CEE (ed in particolare degli articoli 6 e 9), che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture,  e della direttiva 2004/18/CEE (ed in particolare degli articoli 28, 35 e 36) relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, nonché degli articoli 28, 43 e 49 del Trattato CE e del principio di non discriminazione sulla base della nazionalità.

 

Il 27 giugno 2007 la Commissione europea ha inviato un parere motivato[272] all’Italia ritenendo che la legislazione nazionale che disciplina le condizioni per l’esercizio delle attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali non sia compatibile con le regole ed i principi del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (articoli 43 e 49 del Trattato).

In particolare la Commissione ricorda che il decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446 (che, tra l’altro, riordina la disciplina dei tributi locali) riserva la prestazione dei servizi in questione – nonché la possibilità di partecipare alle procedure concorsuali per l’affidamento della prestazione di tali servizi – a determinate società pubbliche o società miste pubblico-private, istituite dalla legge italiana, ed anche a soggetti iscritti in un albo speciale. Il decreto ministeriale dell’11 settembre 2000, n. 289 ha successivamente stabilito quali condizioni debbano essere soddisfatte ai fini della predetta iscrizione. La Commissione ritiene che alcune condizioni prescritte per l’iscrizione all’albo siano discriminatorie e che – in ogni caso – l’obbligo di iscrizione in un albo abbia effetti restrittivi sulla libera prestazione dei servizi. La Commissione ritiene inoltre che le informazioni fornite dalle autorità italiane non hanno dimostrato che tali restrizioni sono giustificate da ragioni imperative di interesse pubblico.

Di conseguenza, la Commissione considera che le disposizioni nazionali sopra citate, le quali riservano la possibilità di esercitare le attività di liquidazione, di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali ad alcuni soggetti di natura pubblica o mista e agli operatori iscritti all’albo, siano da ritenersi contrarie agli articoli 43 e 49 del trattato CE.

 

Il 21 marzo 2007 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[273] poiché ritiene che la facoltà di proroga delle convenzioni per la gestione di interventi in favore delle imprese artigiane, prevista dall’articolo 23-bis del decreto legge n. 273/2005, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge di conversione n. 51 del 23 febbraio 2006, sia contraria alla direttiva 2004/18/CE, segnatamente ai suoi articoli 20, 28 e 35, paragrafo 2, nonché agli articoli 43 e 49 del trattato CE.

La Commissione ricorda che l’articolo 23-bis dispone che le convenzioni per le concessioni delle agevolazioni, sovvenzioni, contributi o incentivi alle imprese artigiane, di cui all’articolo 3, comma 1, della legge 26 novembre 1993 n. 489, ed all’articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112, possono essere prorogate, con atti integrativi delle convenzioni stesse, per una sola volta e per un periodo di tempo non superiore alla metà dell’originaria durata, con una riduzione di almeno il 15 per cento delle relative commissioni. La Commissione rileva che la facoltà di proroga prevista da tale articolo sembra permettere, in pratica, l’attribuzione diretta, ai titolari di un precedente contratto avente ad oggetto servizi finanziari e/o di assistenza tecnica in favore delle amministrazioni competenti per la concessione delle agevolazioni agli artigiani, di un nuovo appalto avente ad oggetto i medesimi servizi, alla sola condizione che il prestatore accetti di ridurre il corrispettivo originariamente previsto.

Dato che, come confermato dalle Autorità italiane, le convenzioni menzionate in detto articolo sono qualificabili come appalti pubblici di servizi ai sensi del diritto comunitario, la Commissione ricorda che le regole comunitarie applicabili all’attribuzioni di tali appalti esigono, in linea di principio, che essi siano aggiudicati a seguito di una procedura di messa in concorrenza. In particolare, la direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori, di forniture e di servizi, dispone che gli appalti aventi ad oggetto i servizi figuranti nell’allegato II di detta direttiva (tra i quali i servizi finanziari, i servizi di consulenza gestionale e i servizi connessi) devono essere attribuiti conformemente alle regole di pubblicità e di partecipazione previste dalla direttiva (art. 20), le quali impongono di ricorrere ad una procedura aperta o ristretta (art. 28), preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell’UE (art. 35).

La Commissione ricorda inoltre che il ricorso alla procedura negoziata non preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara è consentito nei soli casi previsti dall’articolo 31 della direttiva: il paragrafo 4, lettera b) di tale articolo permette di attribuire un nuovo appalto di servizi al titolare di un precedente appalto qualora si tratti di nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi, già affidati al prestatore, subordinando peraltro tale possibilità ad una serie di condizioni.

Pertanto, la Commissione rileva che l’articolo 23-bis, nella misura in cui consente di attribuire un nuovo appalto di servizi direttamente al titolare di un precedente appalto senza che siano soddisfatte le condizioni alle quali la direttiva 2004/18/CE subordina tale possibilità, è contrario a tale direttiva.

 

Infine, la Commissione rileva che l’affidamento di servizi diversi da quelli sopra citati, è comunque soggetto al rispetto degli articoli 43 e 49 del trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi nonché ai principi generali di non discriminazione e di parità di trattamento, che impongono l’obbligo di garantire, in favore di ogni potenziale partecipante, un livello adeguato di pubblicità che consenta un’apertura del mercato dei servizi alla concorrenza.

 

 


3. Il bilancio della Presidenza del Consiglio

In seguito all’approvazione del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303[274] è stata attribuita un’ampia autonomia finanziaria ed organizzativa alla Presidenza del Consiglio. La struttura dei bilanci e la disciplina della gestione delle spese, in coerenza con i principi generali della contabilità pubblica e tenendo conto delle specifiche esigenze della Presidenza, sono demandati all’emanazione di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

La Presidenza del Consiglio presenta pertanto annualmente un autonomo bilancio che viene approvato con decreto del Presidente del Consiglio e nel quale si possono trovare i dati di spesa relativi al Dipartimento per le politiche comunitarie.

Pertanto, a partire dall’anno 2000, le spese relative al Dipartimento per le politiche comunitarie fanno parte del complesso di spese stanziate nella “Presidenza del Consiglio dei ministri”, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze[275] (Tabella 2).

Nel disegno di legge di bilancio per l’anno 2008 la Presidenza del Consiglio dei ministri corrisponde al Programma 1.3 incardinato nella Missione 1 (“Organi costituzionali, organi a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri”).

Lo stanziamento iscritto nelle previsioni iniziali di bilancio per il 2008 era pari a 687,3 milioni di euro; a seguito dell’approvazione della Seconda Nota di variazioni, la dotazione finanziaria della Presidenza del Consiglio ha registrato una variazione in aumento di 141 milioni di euro: pertanto lo stanziamento risulta essere attualmente di 828,3 milioni di euro, con un aumento – rispetto alle previsioni assestate secondo la legge di bilancio per l’anno 2007 – di circa 173 milioni di euro.

3.1. La struttura del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Dipartimento per le politiche comunitarie

Con D.P.C.M. 9 dicembre 2002[276] è stata definita la disciplina dell’autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Dipartimento per le politiche comunitarie è pertanto uno dei centri di responsabilità di spesa (C. d. R. n. 4) della Presidenza del Consiglio.

Per quanto riguarda l’anno 2007, il bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio per il 2007 è stato approvato con D.P.C.M. 12 dicembre 2006[277]. Non è ancora disponibile il bilancio di previsione per l’anno 2008, e pertanto non si conosce la ripartizione delle somme spettanti a ciascun centro di responsabilità.

La nota preliminare al bilancio di previsione 2007 evidenziava che al Centro di responsabilità del Dipartimento per le politiche comunitarie erano destinati fondi per 3,448 milioni di euro.

La Nota allegata al bilancio di previsione evidenzia come il Dipartimento per le politiche comunitarie sia coinvolto in numerose iniziative volte al raggiungimento di alcuni obiettivi “primari”. Tra questi di particolare rilievo sono:

a)             l’attuazione della Strategia di Lisbona, ivi compresa la preparazione, la redazione e l’attuazione del Programma nazionale di riforma;

b)             l’attività della Struttura di missione istituita con il DPCM del 28 luglio 2006;

c)             la preparazione di iniziative e manifestazioni per il rilancio del progetto europeo, anche in considerazione del 50° anniversario della firma dei Trattati di Roma, ivi compresa l’istituzione di un premio per l’Europa;

d)             il perseguimento di una politica dell’informazione incentrata sui grandi temi di interesse comunitario.

 

Occorre segnalare, in relazione al punto b), che con D.P.C.M. 28 luglio 2006 è stata istituita, presso il Dipartimento per le politiche comunitarie, una Struttura di missione con i compiti di: 1) prevenzione dell’insorgenza del contenzioso comunitario e 2) rafforzamento del coordinamento delle attività volte alla risoluzione delle procedure d’infrazione.

Per quanto riguarda il primo dei due aspetti, la Struttura si propone un intervento il più possibile anticipato, eventualmente anteriore all’apertura formale delle procedure, operando per garantire il tempestivo recepimento del diritto comunitario e attivandosi presso la Commissione già in fase di reclamo.

In relazione al secondo profilo, la Struttura è chiamata a svolgere una funzione di assistenza e di coordinamento delle Amministrazioni nazionali, di quelle regionali e degli enti locali, e di cura dei rapporti con la Commissione, in modo da contribuire attivamente alla risoluzione delle procedure d’infrazione e alla complessiva riduzione dell’incidenza del contenzioso comunitario.

 

Con D.P.C.M. 30 maggio 2007[278] è stato approvato il Conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’anno 2006.

Le previsioni finali di spesa relative all’anno 2006 relativamente al Dipartimento per le politiche comunitarie ammontavano a 4,919 milioni di euro, di cui 4,917 riguardano le spese correnti.

Circa la procedura di formazione del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio, l’art. 3 dispone che il Segretario Generale emani entro il 30 aprile la direttiva per la formulazione dello schema di bilancio annuale e pluriennale. L’art. 6 dispone poi che l'Ufficio bilancio e ragioneria trasmetta il progetto di bilancio al Segretario generale, il quale, sentita la Conferenza dei capi dipartimento, lo sottopone entro il 30 novembre, al Presidente per l'approvazione. Il Segretario generale comunica poi il bilancio di previsione ai Presidenti delle Camere entro quindici giorni dalla sua approvazione.

Il bilancio di previsione è ripartito in unità previsionali di base, determinate per aree omogenee di attività, affidate a ciascun centro di responsabilità. I centri di responsabilità corrispondono al Segretariato generale ed alle strutture affidate a Ministri e Sottosegretari.

Per quanto riguarda invece il conto finanziario, questo viene predisposto entro il 30 aprile dall'Ufficio bilancio e ragioneria, unitamente al conto del patrimonio comprende i risultati della gestione del bilancio per l'entrata e la spesa, distintamente per competenza e per residui. Entro il 15 maggio il Segretario generale presenta il conto finanziario al Presidente per l'approvazione. Il Segretario generale trasmette poi il conto finanziario e la relazione, entro quindici giorni dall'approvazione, ai Presidenti delle Camere nonché alla Corte dei conti ai fini del referto annuale.

 

Si ricorda che l'attuale organizzazione interna del Dipartimento per le politiche comunitarie è stabilita dal decreto del Ministro delle politiche comunitarie 9 febbraio 2006, che ha provveduto ad aggiornare alle modifiche apportate dalla legge n. 11/2005 – principalmente l’istituzione del CIACE – il precedente decreto di organizzazione del 10 febbraio 2004, ora abrogato.

 

 


Parte V
La strategia di Lisbona

(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

 


1. Gli obiettivi

Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha definito una serie di azioni volte a far sì che entro il 2010 l’Unione europea consegua l’obiettivo di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

Al fine di raggiungere tali obiettivi, il Consiglio europeo ha individuato una strategia globale volta a:

·         migliorare le politiche in materia di società dell’informazione e di ricerca e sviluppo tecnologico:

-   accelerando il processo di riforma strutturale ai fini della competitività e dell’innovazione;

-   Casella di testo:  creando un ambiente favorevole all’avviamento e allo sviluppo di imprese innovative, specialmente piccole e medie imprese;

-   promuovendo riforme economiche per un mercato interno completo e pienamente operativo;

·         modernizzare il modello sociale europeo:

-   investendo nell’istruzione e formazione;

-   promuovendo lo sviluppo di una politica attiva dell’occupazione;

-   combattendo  i fenomeni di esclusione sociale.

·         promuovere un contesto economico sano e prospettive di crescita favorevoli applicando un’adeguata combinazione di politiche macroeconomiche.

Principale strumento per l’attuazione della strategia indicato dal Consiglio europeo di Lisbona è il metodo di coordinamento aperto. Tale metodo - inteso come strumento per diffondere le migliori pratiche e conseguire una maggiore convergenza verso le finalità principali dell’Unione europea e concepito per assistere gli Stati membri nell’elaborazione progressiva delle loro politiche - implica:

-   la definizione di orientamenti dell’Unione in combinazione con calendari specifici per il conseguimento di obiettivi a breve, medio e lungo termine;

-   la determinazione di indicatori e parametri di riferimento quantitativi e qualitativi per confrontare le migliori pratiche nei diversi Stati membri e nei diversi settori;

-   la trasposizione degli orientamenti nelle politiche nazionali e regionali tenendo conto delle diversità nazionali e regionali;

-   il periodico svolgimento di attività di monitoraggio e valutazione inter pares.

2. Revisione intermedia

Il Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005 ha proceduto alla revisione intermedia della strategia di Lisbona sia con riferimento agli obiettivi che alle procedure e agli strumenti di attuazione.

Nelle  conclusioni il Consiglio europeo ha rilevato, infatti, a cinque anni dall’avvio, la necessità di rilanciare la strategia di Lisbona riorientandone le priorità verso la crescita e l’occupazione, mobilitando tutti i mezzi nazionali e comunitari nei tre ambiti economico, sociale, ambientale, coinvolgendo tutte le forze interessate (Parlamenti, autorità locali, parti sociali e società civile).

Il Consiglio europeo ha individuato i seguenti assi fondamentali del rilancio:

·         Conoscenza e innovazione – motori di una crescita sostenibile

A tal fine è importante: sviluppare la ricerca, l’istruzione e l’innovazione in tutte le forme che consentano di convertire la conoscenza in valore aggiunto e creare nuovi e migliori posti di lavoro; incoraggiare un autentico dialogo tra le parti interessate, pubbliche e private, conseguire l’obiettivo generale di un livello di investimenti per la ricerca pari al 3% del PIL di ciascuno Stato membro, con una ripartizione adeguata tra investimenti privati e pubblici; rafforzare l’attrattiva dell’Europa per i ricercatori. Gli Stati membri dovranno sviluppare la politica di innovazione in funzione delle loro specificità promuovendo, tra l’altro, la ricerca congiunta tra imprese e università, e migliorando l’accesso al capitale di rischio, sviluppando partenariati per l’innovazione e poli di innovazione a livello regionale e locale.

·       Spazio attraente per investire e lavorare

Particolare importanza è attribuita al completamento del mercato interno e alla creazione di un quadro normativo più favorevole alle imprese che, da parte loro, dovrebbero sviluppare la responsabilità sociale. Il mercato interno dei servizi deve essere pienamente operativo, preservando al tempo stesso il modello sociale europeo.

In questo contesto si sottolinea, inoltre, l’importanza di raggiungere un accordo ambizioso ed equilibrato al termine del ciclo dei negoziati di Doha (avviato nel novembre 2001 nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio)[279] e di assicurare la convergenza di standard a livello internazionale, anche in materia di rispetto dei diritti della proprietà intellettuale.

·         Crescita e occupazione al servizio della coesione sociale

Il Consiglio europeo ha ribadito l’obiettivo di attrarre un maggior numero di persone sul mercato del lavoro, investendo in una politica attiva dell’occupazione e in misure volte a conciliare vita professionale e vita familiare; ha rilevato la necessità di dare priorità alle pari opportunità, alle strategie di invecchiamento attivo, alla promozione dell’integrazione sociale e alla trasformazione del lavoro non dichiarato in lavoro regolare; sviluppare nuove fonti occupazionali, nei servizi alle persone e alle imprese, nell’economia sociale, nella pianificazione territoriale e nella protezione dell’ambiente. Le conclusioni sottolineano inoltre che occorre: sviluppare nuove forme di organizzazione del lavoro e una maggiore diversità dei contratti, che combinino meglio flessibilità e sicurezza; intensificare gli sforzi per elevare il livello generale d’istruzione e ridurre il numero di giovani che lasciano la scuola precocemente; assicurare l’apprendimento permanente, in particolare per i lavoratori meno qualificati e per il personale delle piccole e medie imprese, e la rapida adozione del programma che la Commissione presenterà a tal riguardo.

·         Governance

Il Consiglio europeo, inoltre, al fine di migliorare la governance  della strategia, ha stabilito un dispositivo semplificato basato su un ciclo di tre anni, con inizio nel 2005, e che sarà rinnovato nel 2008.

Il ciclo è stato avviato con la relazione strategica della Commissione discussa dal Consiglio europeo di giugno 2005, che ha adottato gli orientamenti politici per le dimensioni economica, sociale e ambientale della strategia.

Sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio ha adottato le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione 2005-2008, contenenti indirizzi di massima per le politiche economiche e per l’occupazione.

Seguendo queste linee direttrici, gli Stati membri hanno definito  programmi di riforma nazionali, che sono stati oggetto di consultazione con le parti interessate. Gli Stati membri, che hanno rafforzato il coordinamento al loro interno, nominando un “coordinatore nazionale Lisbona” (per l’Italia, il ministro per le politiche comunitarie), hanno presentato i programmi di riforma nazionali nell’autunno 2005.

La Commissione ha presentato, in corrispondenza dei programmi nazionali, un programma comunitario di Lisbona, comprendente l’insieme delle azioni da intraprendere a livello comunitario.

Le relazioni sull’attuazione della strategia di Lisbona, trasmesse annualmente dagli Stati alla Commissione, sono riunificate in un unico documento, il primo dei quali è stato presentato nell’autunno 2006.

La Commissione riferisce annualmente sull’attuazione della strategia nelle sue tre dimensioni e, conseguentemente, il Consiglio europeo di primavera si pronuncerà sui progressi compiuti e sugli eventuali adeguamenti delle linee direttrici integrate.

3. Linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione 2005-2008

Il Consiglio europeo di giugno 2005 ha definito le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008[280], poi formalmente adottate dal Consiglio nel luglio 2005. Le linee direttrici si articolano in:

 

A. una raccomandazione[281] del Consiglio del 12 luglio 2005 recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE)[282], applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità.

I GOPE definiscono, anzitutto, le seguenti linee direttrici macroeconomiche, intese a sostenere uno sviluppo economico equilibrato e a sfruttare il massimo potenziale attuale di crescita:

-   garantire la stabilità economica;

-   assicurare il carattere sostenibile dell’economia, attraverso la riduzione del debito;

-   favorire una allocazione efficace delle risorse;

-   rafforzare la coerenza delle politiche macroeconomiche e strutturali;

-   vigilare che l’evoluzione dei salari contribuisca alla stabilità macroeconomica e alla crescita;

-   contribuire al dinamismo e al buon funzionamento dell’UEM;

In secondo luogo, sono individuate le seguenti linee direttrici microeconomiche, intese a rinforzare l’efficacia e la capacità di adattamento dell’economia europea ed accrescerne il potenziale di crescita:

-   sviluppare e approfondire il mercato interno;

-   assicurare l’apertura e la competitività dei mercati;

-   rendere l’ambiente delle imprese più attraente;

-   incoraggiare una cultura più imprenditoriale e creare un ambiente favorevole alle PMI;

-   ampliare e migliorare le infrastrutture europee e completare i progetti transfrontalieri prioritari approvati;

-   aumentare e migliorare gli investimenti nella ricerca-sviluppo;

-   facilitare l’innovazione e l’adozione delle TIC;

-   incoraggiare l’impiego sostenibile delle risorse e rafforzare le sinergie tra la protezione dell’ambiente e la crescita;

-   contribuire alla creazione di una base industriale solida

 

B.  una decisione del Consiglio del 12 luglio 2005 recante le linee direttrici per l’occupazione[283] che enunciano i seguenti obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri:

-   applicare politiche per l’occupazione volte a raggiungere il pieno impiego, a migliorare la qualità e la produttività del lavoro e a rafforzare la coesione sociale e territoriale;

-   favorire un approccio al lavoro fondato sul ciclo di vita;

-   creare mercati del lavoro che favoriscano l’inserzione di coloro che sono in cerca di lavoro e delle persone svantaggiate;

-   migliorare la risposta ai bisogni del mercato del lavoro;

-   favorire la flessibilità conciliandola con la sicurezza sul lavoro e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro;

-   vigilare che l’evoluzione dei salari e degli altri costi del lavoro sia favorevole all’occupazione;

-   aumentare e migliorare gli investimenti nel capitale umano;

-   adattare i sistemi di educazione e di formazione alle nuove competenze richieste.

4. Programma comunitario di Lisbona 2005-2008

In ottemperanza alle conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2005 la Commissione ha presentato, il 20 luglio 2005, la comunicazione sul programma comunitario di Lisbona 2005-2008 relativo alle azioni da intraprendere a livello comunitario a favore della crescita e dell’occupazione (COM(2005)330). Il programma ha proposto misure suddivise in tre settori principali:

 

Il programma comunitario è corredato da una tabella che indica, nel dettaglio, le misure legislative e non legislative in corso d’esame presso le istituzioni comunitarie o in via di elaborazione da parte della Commissione europea.

In linea generale, le misure si concentrano sui seguenti obiettivi:

-   promozione della ricerca e dell’innovazione in Europa;

-   riforma del regime degli aiuti di Stato;

-   semplificazione del quadro regolamentare nel quale operano le imprese;

-   completamento del mercato interno dei servizi;

-   raggiungimento di un accordo ambizioso nei negoziati di Doha (nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio);

-   rimozione degli ostacoli alla mobilità dei lavoratori e dei ricercatori;

-   sviluppo di un approccio comune al tema dell’emigrazione per cause economiche;

-   iniziative per affrontare le conseguenze sociali delle ristrutturazioni in alcuni settori economici.

5. Valutazione dei piani nazionali di riforma

Nell’autunno 2005 tutti gli Stati membri hanno approntato programmi nazionali di riforma, di cui la Commissione ha stimato i punti di forza e le carenze in occasione di una prima valutazione, a gennaio 2006, nell’ambito della relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori[284].

Le specifiche valutazioni della Commissione in relazione al programma nazionale di riforma presentato dall’Italia sono riportate in un apposito paragrafo del presente dossier.

Relazione annuale della Commissione

La Commissione ha presentato, il 12 dicembre 2006, la relazione annuale sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata “Un anno di realizzazioni” (COM(2006)816).

 La relazione, che è stata presentata al Consiglio europeo di primavera del 2007, si basa sui rapporti nazionali di attuazione presentati dagli Stati membri nell’autunno 2006 e sul riesame, compiuto dalla stessa Commissione, dell’andamento delle riforme a livello di UE nel contesto del programma comunitario di Lisbona.

Tra le conclusioni chiave della relazione si segnalano le seguenti:

-   i progressi negli ultimi anni sono stati validi per quanto concerne l’impulso alla ricerca e sviluppo tecnologico e l’innovazione, il miglioramento del quadro normativo e il miglioramento del contesto in cui le aziende operano, soprattutto le PMI;

-   si sono registrati importanti passi avanti per quanto concerne il rafforzamento della sostenibilità finanziaria, grazie alle misure appropriate che i governi hanno generalmente adottato per migliorare le loro posizioni di bilancio e per affrontare i previsti aumenti dei costi delle pensioni e dell’assistenza sanitaria. La continuazione di questo processo  e il risanamento delle finanze nel medio-lungo termine rimangono una sfida di rilievo;

-   la scarsa concorrenza in molti mercati, soprattutto quelli dei servizi in rete, compreso quello energetico, continua a rallentare l’Europa;

-   nei mercati del lavoro sono state adottate delle misure significative. L’occupazione è in aumento e la disoccupazione cala. Il crescente consenso a favore di un approccio di flessicurezza alla riforma del mercato del lavoro costituisce uno sviluppo estremamente positivo che, tuttavia, deve essere ancora tradotto pienamente in azione.

Raccomandazioni agli Stati membri

La relazione annuale comprende 25 “capitoli per paese”, nell’ambito dei quali sono esposti i progressi realizzati dagli Stati membri nell’attuazione delle misure previste dai programmi nazionali di riforma. Per le raccomandazioni relative all’Italia si rinvia al paragrafo 7.

6. Il Programma nazionale di riforma 2006-2008

Nel quadro del rilancio della strategia di Lisbona deciso dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005, le cui modalità di intervento sono state precisate dal Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005 con gli Orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione 2005-2008, il Governo italiano ha approvato, in data 14 ottobre 2005, il Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione (PICO), nel quale vengono indicati le riforme, le misure e gli interventi nazionali programmabili per perseguire gli obiettivi dell'Accordo di Lisbona del 2000.

Il Piano ha individuato cinque obiettivi prioritari:

-   l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese;

-   l’incentivazione della ricerca scientifica e tecnologica;

-   il rafforzamento dell’istruzione e della formazione;

-   l’adeguamento delle infrastrutture materiali e immateriali;

-   la tutela dell’ambiente.

In questo ambito le categorie di interventi delineate dal Piano hanno riguardato sia provvedimenti di carattere generale per il sistema economico, sia progetti specifici con effetti positivi sulla produttività e competitività dell’economia italiana.

Il 19 ottobre 2006 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Programma nazionale di riforma 2006-2008 – Primo Rapporto sullo stato di attuazione della strategia di Lisbona (PNR), che è stato trasmesso alla Commissione europea a cura del Ministro per il commercio internazionale e le politiche europee.

Il 23 ottobre 2007 il Consiglio dei Ministri ha poi approvato il Secondo Rapporto sullo stato di attuazione della Strategia di Lisbona[285]. Il documento – oltre ad illustrare lo stato di avanzamento degli interventi già predisposti dal Governo per il raggiungimento degli obiettivi della strategia stessa – indica gli ulteriori obiettivi secondo le raccomandazioni formulate dal Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007: stabilità di bilancio, concorrenza e liberalizzazioni, divari regionali di occupazione, qualità dell’istruzione, ricerca, infrastrutture, sviluppo sostenibile.

Il Rapporto è distinto tra parte macroeconomica, parte microeconomica e parte dedicata alle politiche del lavoro e della protezione sociale, ed individua specifici settori di intervento.

Nella prima parte viene esaminata l’evoluzione dell’economia italiana e dei conti pubblici negli anni 2007-2008 ed il quadro programmatico di medio termine, con particolare riferimento alla manovra di bilancio 2008. Un particolare risalto viene dato alle politiche di coesione, nonché a quelle per la giustizia e la sicurezza, per il loro impatto trasversale sulla competitività e sul contesto macroeconomico del Paese.

Nella seconda parte vengono analizzati i seguenti principali settori di intervento microeconomico: l’ampliamento dell’area di libera scelta per i cittadini e le imprese, la ricerca e l’innovazione tecnologica, le infrastrutture, la tutela dell’ambiente, la politica energetica.

Nella terza parte sono trattate le politiche del lavoro, la formazione, l’istruzione e la sanità.

Per quanto attiene ai temi regionali, il Rapporto contiene una parte specifica dedicata alla programmazione regionale riferita alla Strategia di Lisbona e riporta in allegato i contributi specifici di quindici Regioni e della Provincia autonoma di Bolzano.

Un elemento di novità è costituito inoltre dalla Nota aggiuntiva su "Donne, Innovazione, Crescita" che viene allegata al Rapporto con l’intento di rendere più efficace l’azione del Governo in tema di occupazione femminile.

 

 

7. La valutazione del PICO da parte della Commissione europea

Nella relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori, presentata nel gennaio 2006, la Commissione ha operato una specifica valutazione del PICO presentata dall’Italia, formulano le seguenti considerazioni:.

-      una delle principali sfide per l’Italia è quella di accrescere la concorrenza su tutti i mercati, anche attraverso l’approfondimento del mercato interno. Inoltre, ritiene che gli obiettivi di aumentare i tassi di occupazione e ridurre le disparità occupazionali a livello regionale trarranno beneficio dalle riforme volte a rafforzare l’educazione e la formazione, anche se ulteriori iniziative andrebbero prese in considerazione. Tra i punti di forza del programma figurano anche gli interventi diretti a migliorare il contesto normativo in cui operano le imprese, in particolare attraverso la riduzione dei costi amministrativi e la riforma della legge fallimentare;

-      il programma nazionale riconosce l’importanza dell’integrazione fra le dimensioni microeconomica, macroeconomica e dell’occupazione. Non vengono tuttavia individuati obiettivi per la spesa inerente alla ricerca e sviluppo tecnologico;

-      le autorità italiane sono incoraggiate ad accrescere i loro sforzi per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche e ad adottare misure più incisive e più specifiche per promuovere la concorrenza, soprattutto nelle industrie e nei servizi di rete. E’ inoltre necessaria l’adozione di un approccio più generale diretto ad accrescere l’offerta di lavoro e i tassi di occupazione, intervenendo in particolare sulle disparità regionali.

-      la creazione di un numero consistente di posti di lavoro negli ultimi anni ha contribuito a far scendere il tasso di disoccupazione all’8% nel 2004, ossia al di sotto della media UE. Contemporaneamente il tasso di occupazione, pari al 57,6% (2004) rimane molto al di sotto dell’obiettivo di Lisbona. L’Italia ha registrato, inoltre, una perdita di competitività sul piano internazionale e ha un debito pubblico molto forte.

 

Nella relazione annuale sull’attuazione della strategia di Lisbona, presentata nel dicembre 2006 (cfr. paragrafo 5), la Commissione ha formulato valutazioni aggiornate sull’attuazione del PICO, che tengono conto del primo rapporto sullo stato di attuazione presentato dal Governo nell’ottobre 2006.

Secondo l’analisi  della Commissione europea, l’attuazione del programma di riforma per la crescita e l’occupazione varato dall’Italia ha registrato finora progressi considerevoli. Rispetto al programma nazionale di riforma dello scorso anno, il rapporto sullo stato di attuazione presentato dall’Italia a ottobre 2006 illustra una strategia più chiara, che abbraccia tutti i settori di intervento con le rispettive sinergie, secondo un approccio più ambizioso. La Commissione rileva che i progressi più sostanziali si registrano sul versante microeconomico; per quanto riguarda le strategie e i provvedimenti sul fronte macroecoomico, la Commissione ritiene che siano in generale adeguati, ma che tutto dipenda dalla loro attuazione. Tra i punti di forza della riforma italiana, la Commissione individua: i provvedimenti volti a potenziare la competitività delle libere professioni e di altri servizi; gli sforzi per un impiego più esteso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; le misure per un maggior coordinamento degli interventi intesi a migliorare il clima commerciale.

 

La Commissione raccomanda all’Italia di:

·         perseguire una politica rigorosa di risanamento fiscale, in modo che il rapporto debito pubblico/PIL cominci a diminuire, e dare piena attuazione alle riforme pensionistiche, nell’intento di garantire la sostenibilità a lungo termine dei conti pubblici;

·         proseguire sulla strada delle riforme al fine di accrescere la competitività nei mercati dei prodotti e dei servizi;

·         ridurre le disparità regionali in termini di occupazione lottando contro il lavoro irregolare, potenziando i servizi per la prima infanzia e garantendo l’efficienza dei servizi per l’occupazione su tutto il territorio nazionale;

·         sviluppare una strategia globale di apprendimento continuo e migliorare la qualità dell’istruzione garantendone l’adeguatezza al mercato del lavoro.

 

Secondo la Commissione, inoltre, è importante che l’Italia concentri gli sforzi in materia di: ricerca e sviluppo, in cui, malgrado gli sviluppi positivi in specifici campi, la strategia rimane nell’insieme incompleta; provvedimenti efficaci volti ad una maggiore sostenibilità dei servizi sanitaria e che ne garantiscano la qualità e l’accessibilità; uso sostenibile delle risorse, dove è essenziale attuare e quindi potenziare le misure; attuazione dei piani di ristrutturazione infrastrutturale; istituzione di un sistema globale di valutazione d’impatto della normativa proposta.

Il Consiglio europeo di primavera 2007

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007 ha confermato quanto rilevato nella relazione della Commissione relativa all’attuazione della strategia nel 2006 riguardo agli sforzi concreti che gli Stati membri stanno compiendo per far avanzare le riforme, benché i risultati varino a seconda dello Stato membro e delle politiche. Il Consiglio ha approvato le raccomandazioni indirizzate dalla Commissione a ciascun paese relativamente alle politiche economiche e occupazionali per gli Stati membri e la zona dell’euro i cui Stati membri dovrebbero garantire un efficace coordinamento delle politiche.

Il Consiglio europeo, per consentire la preparazione del prossimo ciclo triennale della strategia di Lisbona rinnovata:

-   ha invitato la Commissione a presentare una relazione intermedia nell’autunno del 2007, in vista della proposta di orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione (2008-2011);

-   ha invitato gli Stati membri a presentare tempestivamente le relazioni nazionali sull’attuazione dei programmi nazionali di riforma;

-   ha sottolineato la rilevanza dello scambio di migliori pratiche nel contesto della sorveglianza multilaterale e esorta a  una maggiore cooperazione tra i coordinatori di Lisbona;

-   nel confermare l’importanza di un più forte sentimento di appartenenza della società civile, delle parti sociali, delle regioni e delle autorità locali, soggetti chiave per la realizzazione degli obiettivi della strategia, ha rilevato la necessità di un ulteriore impegno per migliorare la comunicazione;

-   ha sottolineato il ruolo fondamentale delle parti sociali e la necessità del loro continuo e attivo contributo al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona.

8. Comunicazione della Commissione sulla globalizzazione

Il 3 ottobre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “L’interesse europeo: riuscire nell’epoca della globalizzazione” (COM(2007) 581) che ha costituito la base per il dibattito sul tema dei capi di Stato e di governo dell'UE al vertice informale di Lisbona del 18-19 ottobre.

Il documento, che risponde alla richiesta di una relazione intermedia sulla strategia di Lisbona formulata dal Consiglio europeo della primavera di marzo 2007, enuncia vari obiettivi politici: promuovere le riforme economiche così da assicurare una prosperità sostenuta; ampliare le possibilità dei cittadini d'inserirsi nel mondo del lavoro, di accedere all'istruzione, di usufruire di servizi sociali, cure sanitarie e altre forme di tutela sociale; combattere la povertà all'interno e fuori dell'Europa; adottare e attuare le direttive che la Commissione proporrà a dicembre per conseguire gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra e a favore dell'impiego di fonti rinnovabili di energia; strutturare il mercato interno del XXI secolo basandosi sul riesame del mercato unico che la Commissione renderà pubblico a novembre; fare della migrazione legale una forza motrice per la creazione di ricchezza; stroncare l'immigrazione clandestina.

Particolare rilievo è attribuito nel documento alla dimensione esterna della politica economica, osservando che l'UE, mercato unico di 500 milioni di persone, massima esportatrice mondiale di merci e servizi e massima importatrice mondiale di merci, trae grandi benefici da un sistema economico mondiale aperto. La Commissione sottolinea che questo potere economico conferisce all'Europa la capacità d'intervenire positivamente nei problemi che si presentano a livello mondiale e di assicurare che la governance commerciale internazionale e le norme globali di regolamentazione rispondano agli interessi europei.

Nel documento si rammenta, inoltre, che la Commissione effettuerà un riesame integrale dell'Unione economica e monetaria, per proporre idee sul contributo che possono apportare le politiche, il coordinamento e la governance per ottimizzare il funzionamento dell'area dell'euro.

Il documento conferma la scelta dei quattro settori prioritari indicti dal Consiglio Europeo di Primavera 2006 e pone in rilievo i considerevoli successi ottenuti, pur insistendo sull'urgente esigenza di accelerare e approfondire ancora le riforme, così da sfruttare appieno il potenziale inutilizzato di crescita e di occupazione.

9. L’avvio del nuovo ciclo di governance

Nel dicembre 2007 la Commissione presenterà la relazione annuale sui progressi nell'attuazione della rinnovata strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione basata sulle relazioni annuali presentate da tutti gli Stati Membri.

La relazione, che formerà oggetto di dibattito al Consiglio europeo di nel marzo 2008, comprenderà una minuziosa valutazione dei progressi compiuti a livello UE e in ciascuno Stato membro, in particolare nei quattro settori prioritari di azione: ricerca e innovazione, ambiente imprenditoriale, investimenti nelle risorse umane, energia e mutamenti climatici.

 

Nel gennaio 2008 sarà avviato Il nuovo ciclo di governance, quando la Commissione presenterà la sua relazione strategica, che sarà esaminata dalle pertinenti formazioni del Consiglio e discussa dal Consiglio europeo di primavera del 2008; nel giugno del 2008 saranno adottati formalmente i nuovi orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione, nonché raccomandazioni specifiche per ciascun paese.

Conclusioni del Consiglio ECOFIN in vista del nuovo ciclo triennale della strategia di Lisbona

In preparazione del nuovo ciclo triennale, il Consiglio ECOFIN ha svolto uno scambio di vedute, in occasione della riunione del 13 novembre 2007.

Il Consiglio ha adottato conclusioni sulla base della richiamata comunicazione della Commissione “L’interesse europeo: riuscire nell’epoca della globalizzazione”, concordando sul fatto che l’UE e i suoi Stati membri debbano cooperare per trarre pienamente vantaggio dalla mondializzazione e accogliere con successo le sfide dell’invecchiamento della popolazione e dell’evoluzione delle condizioni ambientali. Il Consiglio, in particolare, sottolinea che:

·         d’accordo con quanto sostiene la Commissione, le linee direttrici per la crescita e l’occupazione non richiedono una riforma sostanziale. Il nuovo ciclo dovrebbe piuttosto concentrarsi sull’attuazione delle riforme, anche se è necessario adottarne di nuove;

·         i quattro settori prioritari in materia di riforma individuati dal Consiglio europeo della primavera 2006 (occupazione, conoscenza e innovazione, il potenziale delle imprese, l’energia e il cambiamento climatico) continuano a costituire la cornice adatta alla strategia di Lisbona sia  a livello dell’UE sia a livello nazionale; in tale ambito, ritiene però necessario porre maggiormente l’accento sulle misure attuative;

·         accoglie con favore la seconda serie di relazioni sull’attuazione dei programmi nazionali di riforma, presentate dagli Stati membri a ottobre 2007;

·         attende con interesse di poter esaminare i risultati del prossimo ciclo di sorveglianza multilaterale, effettuato dal Comitato di politica economica;

·         attende con interesse la relazione strategica della Commissione, compresa la sua valutazione dei progressi realizzati a livello nazionale e per quanto riguarda il programma comunitario di Lisbona;

·         il riesame dei programmi nazionali di riforma (PNR) nel 2008 costituirà per gli Stati membri un ‘occasione importante per rivedere le proprie priorità e definire le principali sfide da affrontare nel periodo 2008-2011;

·         ricorda che è necessario assicurare la coerenza tra la strategia di Lisbona, politiche di bilancio sane e sostenibili e un ambiente macroeconomico favorevole alla crescita non inflazionistica e l’insieme degli strumenti dell’UE per contribuire agli obiettivi del programma di Lisbona per la crescita e l’occupazione.

10. Gli stanziamenti per la crescita e la competitività nel quadro finanziario 2007-2013

Il 17 maggio 2006 Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea hanno stipulato l’accordo interistituzionale sulle prospettive finanziarie dell’UE per il periodo 2007-2013[286].

L’accordo interistituzionale fissa il massimale medio delle spese dell’UE per il 2007-2013 all’1,048% del reddito nazionale lordo (RNL) europeo in stanziamenti di impegno (pari a 864,316 miliardi di euro) e all' 1 % in stanziamenti di pagamento (pari a 820,780 miliardi di euro).

Gli stanziamenti per il finanziamento di interventi per la crescita e la competitività nell’ambito della strategia di Lisbona sono collocati nella rubrica 1 “Crescita sostenibile” del quadro finanziario 2007-2013e in particolare nella sotto rubrica 1aCompetitività per la crescita e l’occupazione”. Peraltro anche gli stanziamenti contenuti nella sotto rubrica 1bCoesione per la crescita ed occupazione”, relativi ai fondi strutturali destinati alla politica di coesione, debbano integrare gli obiettivi definiti dalla strategia di Lisbona, come previsto espressamente negli orientamenti strategici per la coesione economica, sociale e territoriale 2007-2013, adottati con la decisione 2006/702/CE.

Di seguito si riportano gli stanziamenti relativi alle due sottorubriche per ciascuno degli anni del periodo di riferimento.

 

QUADRO FINANZIARIO 2007-2013

(milioni di euro - prezzi 2004)

 

STANZIAMENTO DI IMPEGNO

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

Totale

2007-2013

1. Crescita sostenibile

51 267

52 415

53 616

54 294

55 368

56 876

58 303

382 139

1a Competitività per la crescita e l'occupazione

8 404

9 097

9 754

10 434

11 295

12 153

12 961

74 098

1b Coesione per la crescita e l'occupazione

42 863

43 318

43 862

43 860

44 073

44 723

45 342

308 041


 

 

Documentazione

 


 



[1]    Fonti: Sito internet dell’Unione Europea. Il testo completo delle previsioni economiche di autunno della Commissione è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa. eu/economy_finance/index_en.htm.

[2]    Tale stima incorpora anche gli effetti del decreto legge n.159/07 adottato contestualmente alla Nota di aggiornamento. Tale decreto, la cui adozione è stata resa possibile dai favorevoli andamenti di finanza pubblica, che si sono rivelati migliori rispetto alle previsioni, a causa sia del virtuoso andamento del gettito tributario, sia di una crescita più contenuta della spesa primaria corrente rispetto a quella stimata in precedenza, si configura come un manovra di carattere espansivo che comporta un incremento dell’indebitamento netto rispetto al valore tendenziale pari allo 0,5 per cento del PIL. Il quadro a legislazione vigente indica, infatti, per il 2007, un indebitamento netto tendenziale del 1,9 per cento, inferiore di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni del DPEF di giugno ante decreto legge n.81/07.

[3]    La manovra finanziaria per il 2008 comporta, dunque, un peggioramento del’indebitamento netto rispetto al quadro tendenziale a legislazione vigente parti allo 0,4 per cento del PIL (sul punto, cfr., oltre, la Parte II, par. 2, del presente dossier).

[4]    A fronte del 103, 2 per cento stimato per il 2008 dal DPEF di giugno.

[5]    Fonti: Sito internet dell’Unione Europea. Il testo completo delle previsioni economiche di autunno della Commissione è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/index_en.htm.

[6]    La Nota di aggiornamento al DPEF ha specificato che tali disegni di legge debbono essere presentati alle Camere entro il 15 novembre, ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 1, lettera c), della legge n. 468/1978 e successive modificazioni

[7]    Al riguardo, si osserva, come dall’anno 2000 le manovre finanziarie annuali abbiano sempre operato una correzione netta sul saldo di riferimento, al fine di ricondurre l’andamento tendenziale dei conti pubblici agli obiettivi programmatici, ad eccezione tuttavia dell’esercizio 2001, nel quale la manovra netta – al pari di quella prevista per il prossimo anno - è risultata negativa, ossia ha prodotto un effetto di peggioramento sull'indebitamento netto. Si ricorda che nelle valutazioni relative alle manovre annuali di finanza pubblica la manovra netta corrisponde alla correzione netta operata sul saldo di riferimento; rappresenta cioè la somma algebrica del complesso degli interventi disposti con la manovra annuale. Con la dizione manovra lorda si fa invece riferimento al complesso delle risorse attivate, comprensive quindi di quelle destinate a finanziare interventi di spesa o di riduzione di entrata.

[8]    I dati contenuti nel presente paragrafo sono stati elaborati sulla base di un allegato 7, aggiornato alle modifiche apportate nel corso dell’esame al Senato, acquisito per le vie brevi dalla Ragioneria generale dello Stato.

[9]    Cfr., oltre, la Parte III, del presente dossier.

[10]   Si ricorda che le Missioni cui l’allegato 7 riclassificato non ascrive effetti di spesa nell’articolato della legge finanziaria per il 2008 sono: Missione 2, Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza di governo; Missione 12, Regolazione dei mercati; 19, Casa e assetto urbanistico; 29, Politiche economico-finanziarie e di bilancio; 31, Turismo e 34, Debito pubblico.

[11]   La quota particolarmente elevata degli importi in termini di saldo netto da finanziare ascrivibile a tale Missione è imputabile, per la gran parte, alle operazioni di ristrutturazione del debito concernenti i disavanzi dei servizi sanitari regionali.

[12]   Si veda, al riguardo, il dossier del Servizio Studi, Documentazioni e ricerche, “Il dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio”, n. 73.

[13]   Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 474-481.

[14]   Istituita dalla Legge finanziaria per il 2007, è stata costituita con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 16 marzo 2007.

[15]   In base a tale atto di indirizzo, al fine di razionalizzare il processo di formazione del disegno di legge finanziaria, i singoli Dicasteri sono stati chiamati a formulare le proprie proposte - sulla base della nuova classificazione del Bilancio in Missioni e Programmi - distinte per programma e a indicare, in ordine di priorità, le opzioni di riallocazione di risorse all’interno dello stesso stato di previsione, specificando altresì gli obiettivi che si intendono perseguire.

[16]   Si rinvia, al riguardo, al citato dossier del Servizio Studi, Documentazioni e ricerche, “Il dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio” n. 73.

[17]   Atto Senato n.1818

[18]    Cfr. la relazione al disegno di legge di Bilancio 2008 presentato al Senato (A.S. 1818).

[19]   Si segnalano, ad esempio, la Missione 17 (Ricerca e Innovazione), 4 (L’Italia in Europa e nel mondo) e 22 (Istruzione scolastica), articolate, rispettivamente, in 16, 11 e 10 distinti Programmi.

[20]   Al netto di alcune partite finanziarie - quali i rimborsi del debito statale - il Bilancio 2008 ripartisce tra le 34 Missioni ivi contemplate circa quasi 480 miliardi di euro.

      Si ricorda, peraltro, come la legge finanziaria per il 2007 abbia previsto alcuni istituti (accantonamenti del comma 507 e Fondo TFR) che fanno sì che taluni stanziamenti di bilancio non corrispondano più all’effettiva disponibilità. A tale riguardo, nel corso del sopra richiamato dibattito parlamentare in ordine alla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, è stato sottolineato, tra l’altro, come, a fini di trasparenza, appaia opportuno che nel bilancio sia data evidenza contabile a queste situazioni, sottolineandosi, altresì, come il meccanismo di flessibilità gestionale previsto dal comma 507 (possibilità di apportare variazioni nell’ambito degli accantonamenti), concepito con riferimento alle unità previsionali di base del bilancio 2007, possa comportare problemi di applicazione se trasposto nel nuovo bilancio, data la maggiore ampiezza, rispetto alle unità previsionali di base, dei macroaggregati (cfr.oltre), ai quali sembrerebbero doversi riferire gli accantonamenti.

[21]   A fronte di un bilancio di oltre 470 miliardi di euro (al netto delle partite finanziarie concernenti i rimborsi del debito statale e di imposta), le variazioni proposte dalla legge finanziaria per il 2008 dal lato della spesa – che riguardano 29 delle 34 missioni dello Stato - incidono per circa il 3 per cento del bilancio.

[22]   Considerando la Missione 34 ( Debito pubblico) al netto del Programma 34.2 “Rimborso del debito statale”, pari a 198.178 milioni di euro, che riguarda titoli in scadenza nell’esercizio finanziario 2008.

[23]   Si veda anche la Tavola V allegata al presente dossier, nella quale i dati sono riferiti al lordo del rimborso del debito statale.

[24]   Si segnala che nel disegno di legge di bilancio presentato al Senato (A.S. 1818), reca un allegato nel quale è esposto il riepilogo delle 34 Missioni con i relativi Programmi.

[25]   Il prospetto in esame riproduce la tabella n. 4 del disegno di legge di bilancio, AS. 1818.

[26]   Si ricorda che la tabella 4 del disegno di legge di Bilancio per il 2008 reca il prospetto che per ogni Ministero mette a confronto le unità previsionali di base, presenti nel disegno di Bilancio di previsione 2008, con le unità previsionali di base esposte nel Bilancio di previsione 2007.

[27]   Al netto delle regolazioni contabili, debitorie, dei rimborsi iva, ecc.

[28]   Al fine di convogliare attività e risorse in processi che rispondano ad esigenze di efficacia e di efficienza, la circolare n.21 del 5 giugno 2007 del Ministero dell’Economia e delle Finanze prevede la figura del “coordinatore di programma” che, nell’ambito di ogni Ministero, dovrebbe assumere il compito di razionalizzare l’impiego delle risorse disponibili. Tale coordinamento, realizzato dal Ministro ovvero da un suo delegato, è volto a garantire una visione unitaria delle risorse relative ad ogni singolo programma

[29]   Il comma 19 del medesimo articolo 22 dispone inoltre che con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente - da comunicare alle Commissioni parlamentari e da inviare alla Corte dei conti - possono essere effettuate variazioni compensative tra capitoli delle unità previsionali del medesimo stato di previsione della spesa, fatta eccezione per le autorizzazioni di spesa di natura obbligatoria, per le spese in annualità e a pagamento differito e per quelle direttamente regolate con legge. Per una migliore flessibilità gestionale del bilancio, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, è autorizzato ad apportare con propri decreti da inviare alla Corte dei conti per la registrazione, variazioni compensative in termini di cassa, nell’ambito di ciascun titolo di bilancio, tra capitoli delle unità previsionali di base del medesimo stato di previsione.

[30]   Cfr. art. 2 della legge n. 468/1978 come modificata dalla legge n. 94/1997.

[31]   Si tratta del decreto-legge 2 luglio 2007 n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 3 agosto 2007, con il quale il Governo, alla luce dei favorevoli andamenti tendenziali di finanza pubblica, ha realizzato, contestualmente alla presentazione del DPEF, una manovra di carattere espansivo pari a circa lo 0,4 per cento del PIL.

[32]    Si veda, al riguardo, il dossier del Servizio Studi, Documentazioni e ricerche, “Il dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio”, n. 73.

[33]   Ciascuna missione è di norma suddivisa in più Programmi, ma non mancano Missioni (Missione n. 25 – Politiche previdenziali – Missione n.31 - Turismo) che consistono in un unico programma.

[34]   Ulteriori caratteristiche del nuovo sistema rispetto al precedente sono le seguenti:

-          l'imponibile massimo IVA sulla base del quale va calcolata l'aliquota di prelievo resterà fissato al 50% del PNL di ciascuno Stato membro ("livellamento della risorsa IVA");

-          la risorsa IVA è uguale all'aliquota effettiva IVA applicata alle basi imponibili IVA (compreso un eventuale livellamento);

-          il metodo di riscossione delle risorse proprie continuerà ad essere determinato da disposizioni nazionali, sulle quali la Commissione eserciterà un regolare controllo. Gli Stati membri informeranno altresì regolarmente la Commissione delle anomalie che possono avere un impatto finanziario, riscontrate in sede di riscossione;

-          non saranno create nuove risorse proprie ma la Commissione dovrà avviare prima del 1° gennaio 2006, un riesame generale del funzionamento del sistema delle risorse proprie, anche alla luce dell’allargamento;

-          vengono applicate le nozioni statistiche più recenti, definite nel sistema europeo dei conti economici integrati (SEC 95 - regolamento CE n. 2223/96): per PNL si intende il RNL dell’anno ai prezzi di mercato fornito dalla Commissione in applicazione del SEC95;

-          vengono apportati correttivi (un sistema differenziato per Stato membro) e adeguamenti tecnici (a favore del Regno Unito) al sistema della correzione britannica.

[35]    Nel 2005 la quota di contribuzione italiana è stata di 13.511 milioni di euro, pari al 13,73%del totale della contribuzione a livello UE; nel 2004 la contribuzione italiana era di 13.358 milioni di euro, pari al 14,1% del totale della contribuzione a livello UE.

[36]    Si ricorda che in base al meccanismo di “Correzione britannica” (rebate) il Governo inglese beneficia dal 1984 di un ristorno finanziario di circa 4,6 miliardi di euro annui a titolo di compensazione ex post per lo squilibrio fra versamenti alle casse di Bruxelles e ritorni diretti (agricoltura ed aiuti regionali). Come evidenziato nell’Allegato n. 3 al Conto consuntivo del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, “tale correzione consente al Regno Unito di ridurre il proprio saldo netto negativo di circa due terzi, il cui onere viene ripartito sui restanti Paesi membri secondo la chiave RNL”.

[37]   Legge 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[38]    Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell' 11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999.

[39]    Si ricorda che nel precedente periodo di programmazione 2000-2006 i principali strumenti finanziari erano:

-     FEOGA sezione Orientamento (che finanziava il miglioramento delle strutture agricole) e FEOGA sezione Garanzia (che finanziava la Politica Agricola Comune intervenendo direttamente sui prezzi dei prodotti agricoli);

-     Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) che sovvenzionava la politica regionale nelle regioni in ritardo;

-     Fondo sociale europeo (FSE) che finanziava interventi di formazione professionale per la politica sociale e l’occupazione);

-     SFOP (Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca);

-     Fondo di coesione (istituito dall’art. 161 del Trattato CE), di cui beneficiavano solo Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo e che interveniva nei settori dell’ambiente e delle reti transeuropee.

[40]   Cfr. il dossier del Servizio Studi Progetti di legge n. 274/14 Rendiconto 2006 - Assestamento 2007.

[41]   Il D.Lgs. è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto, nonché alla promozione della competitività dei comparti più avanzati, attraverso lo sviluppo tecnologico. Tra i precedenti interventi legislativi in materia si ricordano la legge n. 373/1976 (Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici), con la quale si è inteso regolare le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari negli edifici pubblici o privati, nonché le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti; la legge n. 10/1991, le cui disposizioni sono state dirette a favorire ed incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi.

[42]    Al termine dei primi sei anni la Commissione prospetta un ulteriore piano d’azione per concretizzare entro il 2020 tutte le potenzialità in materia di risparmio energetico.

[43]    Sono definite abitazioni passive o a energia zero, quelle abitazioni prive di sistema di riscaldamento tradizionale e di sistemi di climatizzazione, che sono dotate di un alto livello di isolamento termico e di un sistema meccanico di ventilazione a scambio di calore, altamente efficace.

[44]    Il termine di recepimento previsto dalla direttiva è il 4 gennaio 2006, tuttavia gli Stati membri hanno tre anni di tempo per realizzarne la completa attuazione.

[45]    L’art. 6 della direttiva 2002/91/CE attualmente prevede un limite di 1000 mq di metratura totale, al di sotto del quale non è previsto l’obbligo di migliorare il rendimento energetico in occasione di ristrutturazioni importanti.

[46]    Procedura n. 2006/2378.

[47]   Legge 31 ottobre 2003, n. 306.

[48]    Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[49]    Ai sensi dell’articolo 67, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi-TUIR), le partecipazioni qualificate sono quelle che comportano la detenzione di oltre il 20 per cento dei diritti di voto o di oltre il 25 per cento del capitale nelle società non quotate; di oltre il 2 per cento dei diritti di voto o di oltre il 5 per cento del capitale nelle società quotate.

[50]   Lo Spazio Economico Europeo (SEE) è stato istituito il 1° gennaio 1994 in seguito ad un accordo tra l’AELS (Accordo Europeo di  Libero Spazio) e l’UE, con lo scopo di permettere ai paesi AELS di partecipare al Mercato comune europeo, senza dover essere membri dell’Unione.

 

[51]    Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati.

[52]   Procedura di infrazione n. 2006/4350.

[53]   Lo Spazio Economico Europeo (SEE) è stato istituito il 1° gennaio 1994 in seguito ad un accordo tra l’AELS (Accordo Europeo di  Libero Spazio) e l’UE, con lo scopo di permettere ai paesi AELS di partecipare al Mercato comune europeo, senza dover essere membri dell’Unione.

 

[54]   Recante “Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”.

[55]    Recante “Direttiva del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto”.

[56]   Si considerano fiscalmente privilegiati, ai fini dell'applicazione dell'art. 2, comma 2-bis del testo unico delle imposte sui redditi, i seguenti Stati e territori:

Alderney; Andorra; Anguilla; Antigua e Barbuda; Antille Olandesi; Aruba; Bahama; Bahrein; Barbados; Belize; Bermuda; Brunei; Cipro; Costa Rica; Dominica; Emirati Arabi Uniti; Ecuador; Filippine; Gibilterra; Gibuti; Grenada; Guernsey; Hong Kong; Isola di Man; Isole Cayman; Isole Cook; Isole Marshall; Isole Vergini Britanniche; Jersey; Libano; Liberia; Liechtenstein; Macao; Malaysia; Maldive; Malta; Maurizio; Monserrat; Nauru; Niue; Oman; Panama; Polinesia Francese; Monaco; San Marino; Sark; Seicelle; Singapore; Saint Kitts e Nevis; Saint Lucia; Saint Vincent e Grenadine; Svizzera; Taiwan; Tonga; Turks e Caicos; Tuvalu; Uruguay; Vanuatu; Samoa.

[57]   Si tratta dei seguenti: 1) Albania, 2) Algeria 3) Argentina 5) Australia 6) Austria 8) Bangladesh 9) Belgio 10) Bielorussia 11) Brasile 12) Bulgaria 13) Canada 14) Cina 15) Corea del Sud 16) Costa d'Avorio 17) Croazia 18) Danimarca 19) Ecuador 20) Egitto 21) Emirati Arabi Uniti 22) Estonia 23) Federazione Russa 24) Filippine 25) Finlandia 26) Francia 28) Germania 29) Giappone 30) Grecia 31) India 32) Indonesia 33) Irlanda 34) Israele 35) Jugoslavia 36) Kazakistan 38) Kuwait 39) Lituania 40) Lussemburgo 41) Macedonia 42) Malta 43) Marocco 44) Mauritius 45) Messico 46) Norvegia 47) Nuova Zelanda 48) Paesi Bassi 49) Pakistan 50) Polonia 51) Portogallo 52) Regno Unito 53) Repubblica Ceca 54) Repubblica Slovacca 55) Romania 56) Singapore 57) Slovenia 58) Spagna 59) Sri Lanka 60) Stati Uniti 61) Sud Africa 62) Svezia 64) Tanzania 65) Thailandia 66) Trinidad e Tobago 67) Tunisia 68) Turchia 70) Ucraina 71) Ungheria 73) Venezuela 74) Vietnam 75) Zambia.

[58]   Ai fini dell’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato, di cui all’articolo 110, comma 10 del TUIR, si considerano Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato:

Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Cipro, Filippine, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Malesia, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant'Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu .

Sono altresì inclusi: 1) Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero; 2) Emirati Arabi Uniti, con esclusione delle società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta; 3) Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato; 4) Singapore, con esclusione della Banca Centrale e degli organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato. Le disposizioni indicate nell'art. 1 si applicano inoltre ad un’altra serie di Stati, elencati nell’articolo3, limitatamente ai soggetti e alle attività per ciascuno di essi indicate.

[59]   Recante “Individuazione degli Stati non appartenenti all'Unione europea soggetti ad un regime di tassazione non privilegiato di cui all'art. 96-bis, comma 2-ter, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. «white list»)”. Si tratta dei seguenti:

1) Albania; 2) Algeria; 3) Argentina; 4) Australia; 5) Bangladesh; 6) Bielorussia; 7) Brasile; 8) Bulgaria; 9) Canada; 10) Cina; 11) Costa d'Avorio; 12) Croazia; 13) Egitto; 14) Estonia; 15) Giappone; 16) India; 17) Indonesia; 18) Israele; 19) Iugoslavia; 20) Kazakistan; 21) Lituania; 22) Macedonia; 23) Marocco; 24) Messico; 25) Norvegia; 26) Nuova Zelanda; 27) Pakistan; 28) Polonia; 29) Repubblica Ceca; 30) Slovacchia; 31) Romania; 32) Russia; 33) Slovenia; 34) Sri Lanka; 35) Stati Uniti; 36) Sudafrica; 37) Tanzania; 38) Thailandia; 39) Trinidad e Tobago; 40) Tunisia; 41) Turchia; 42) Ucraina; 43) Ungheria; 44) Venezuela; 45) Vietnam; 46) Zambia.

[60]   Tale articolo 96-bis, relativo ai dividendi distribuiti a società non residenti, è stato abrogato

[61]   Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati.

[62]    D.L. 13 marzo 1988, n. 69, Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 1988, n. 153.

[63]    Si prevede l’emanazione di un decreto interministeriale del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro dell’economia e delle finanze.

[64]   E’ opportuno ricordare che la Commissione ha presentato, il 12 ottobre 2006, la comunicazione “Il futuro demografico dell’Europa, trasformare una sfida in un’opportunità” (COM(2006) 571), che sottolinea la capacità degli Stati membri di far fronte alle sfide dell’assottigliarsi della forza lavoro e dell’invecchiamento demografico.

[65]    D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 2004, n. 47.

[66]    D.L. 21 febbraio 2005, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 22 aprile 2005, n. 58.

[67]    Per un approfondimento delle questioni trattate dal libro verde si rinvia al Bollettino consultazioni n. 32, del 9 ottobre 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[68]    GALILEO è un programma di radionavigazione satellitare di natura civile messo a punto dall’Unione europea al fine di garantire la propria indipendenza nei confronti dei sistemi satellitari americano (GPS) e russo (GLONASS), in un settore considerato di grande valore strategico. Membri fondatori sono la Comunità europea, rappresentata dalla Commissione, e l’Agenzia spaziale europea (ESA).

[69]    CIVITAS (CIty-VItality-Sustainability) è un’iniziativa dell’Unione europea intesa ad aiutare le città a sviluppare un sistema di trasporto urbano più sostenibile, efficiente dal punto di vista energetico ed ecocompatibile. Dopo la fase CIVITAS I relativa al periodo 2002-2006, è attualmente in corso una seconda fase, CIVITAS II, che si concluderà nel 2009.

[70]    Regolamento (CE) n. 1083/2006 recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (c.d. regolamento generale); regolamento (CE) n. 1080/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER); regolamento (CE) n. 1081/2006 sul Fondo sociale europeo (FSE); regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo alla creazione di un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT).

[71]    URBAN è l'iniziativa comunitaria del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) a favore dello sviluppo sostenibile di città e quartieri in crisi dell'Unione europea. La prima fase relativa al periodo 1994-1999 è stata seguita da una nuova fase, nota come URBAN II, che si è svolta dal 2001 al 2006. Fra i settori prioritari di intervento dell’iniziativa figuravano lo sviluppo di trasporti pubblici più rispettosi dell’ambiente nonché lo scambio di informazioni e di esperienze sullo sviluppo urbano ecocompatibile nell'Unione europea.

[72]    Secondo tale regolamento, gli orientamenti costituiscono la base per predisporre i quadri strategici nazionali ed i programmi operativi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione. I programmi sono intesi a promuovere lo sviluppo equilibrato armonioso e sostenibile dei paesi dell’UE nonché il miglioramento della qualità di vita dei cittadini europei.

[73]    Legge 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004.

[74]    Procedura 2005/5041

[75]    Le decisioni a ciò relative si fondano su una tecnica di gestione integrata dell’attivo e del passivo (cosiddetto Asset liability management) che prevede un’analisi articolata in quattro passaggi: - determinazione del rischio complessivo attuale, mediante raccolta dei dati sulla struttura del bilancio che individui, in un periodo pluriennale, le conseguenze derivanti dalla scadenza delle attività e delle passività in esso presenti; - effetto di possibili variazioni dei tassi d’interesse nel periodo considerato; - confronto tra il rischio effettivo risultante dalle analisi sub 1) e 2) con il rischio voluto, ossia il livello di rischio che s’intende affrontare; - eventuale introduzione di strumenti finanziari volti a ridurre l’esposizione al rischio, tenendo conto anche dei costi dei relativi contratti.

[76]    Il primo si concreta, per i contratti di swap, in un andamento dei tassi d’interesse diverso dalle previsioni sulla cui base è stata impostata l’operazione. Esso risulta tanto maggiore quanto più lungo è l’orizzonte temporale del rapporto, che rende difficile prevedere gli andamenti futuri dei tassi e, quindi, la convenienza delle scelte da operarsi inizialmente. Per il suo contenimento possono essere utilizzate opzioni cap e collar, che accrescono ovviamente il costo del contratto. Qualora l’andamento del mercato sia diverso da quello atteso, è inoltre possibile valutare la convenienza dell’uscita da un’operazione di swap, che può realizzarsi attraverso un’operazione di effetto contrario (reversing), ovvero con la cessione ad un terzo (assigning) o, infine, con mediante accordo con la controparte per porre termine al contratto dietro pagamento del suo valore di mercato (unwinding). Il secondo si riferisce alla possibilità d’insolvenza della controparte con cui è stato stipulato il contratto. Esso può venire stimato sulla base del merito di credito (rating) di tale soggetto. Nell’esecuzione del contratto, è minore se i termini per la regolazione dei flussi di pagamento delle due parti coincidono (con versamento del solo differenziale). Sul complesso dei rapporti contrattuali può venire limitato attraverso un’opportuna diversificazione delle controparti.

 

[77]    In primo luogo, si è rilevato che lo sfasamento temporale esistente tra flussi di uscita e di entrate nei loro bilanci (a data tendenzialmente fissa i primi, con periodicità spesso irregolare i secondi, nella forma sia dei trasferimenti statali sia delle entrate proprie) impone una gestione indipendente di attivo e passivo. Inoltre si è osservato che nella gestione del passivo di tali enti può riuscire utile diversificare la struttura del debito, sovente concentrato in alcune categorie di tasso, con il principale fine di renderla più flessibile, riducendo i rischi connessi all’oscillazione, e di realizzare economie sugli interessi da pagare nel breve periodo. Per l’impiego di swap a questo fine si è rilevata l’esigenza di considerare non singole posizioni debitorie, bensì l’esposizione complessiva dell’ente; è stata ricordata altresì la necessità di analizzare previamente le tendenze del mercato per desumerne proiezioni di medio e lungo periodo sul possibile andamento dei tassi, di adottare obiettivi di copertura caratterizzati da basso livello di rischio, di verificare i risultati dell’operazione nel corso del suo svolgimento per rimodularne le caratteristiche secondo l’evoluzione del mercato. Inoltre, si è richiamata l’opportunità di comparare la convenienza dell’impiego degli strumenti finanziari derivati rispetto ad altre possibili forme di ristrutturazione del debito (estinzione o rinegoziazione) e, comunque, le diverse condizioni offerte dagli operatori e l’adeguatezza degli elementi dei contratti – la cui conformazione può essere modellata in aderenza alle specifiche necessità del caso – rispetto alle effettive esigenze dell’ente.

[78]    Le obbligazioni possono essere emesse esclusivamente a fronte di un preciso investimento chiaramente individuato, e il ricavo netto dell’emissione deve essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle acquisizioni che si intendono effettuare. L’emissione di titoli non può dunque essere in alcun caso operazione di acquisizione di mezzi finanziari non finalizzati.

[79]    È opportuno sottolineare che l'indebitamento mediante titoli degli enti territoriali si configura come raccolta di risparmio, definita dall'articolo 11, comma 1, del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) come l'attività che si esercita attraverso l'acquisizione di fondi con obbligo di restituzione sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma. L'elemento qualificante della fattispecie è pertanto costituito dall'obbligo della restituzione, che vale a distinguere la raccolta di risparmio in oggetto dalla raccolta di risparmio cosiddetto "di rischio". Più specifico è invece il criterio che individua la nozione di "sollecitazione del pubblico risparmio", che presuppone un'operatività limitata ai mercati regolamentati.

[80]    A tal fine i predetti enti sono tenuti a comunicare periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria. La definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento nonché dell’invio dei dati sono demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, recante altresì le norme relative all’ammortamento del debito e all’utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti. A quest’adempimento si è provveduto con il decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389.

 

[81]    n tal modo, sono stati eliminati l'obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l'obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze), e per conoscenza al Ministero dell'interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.

[82]    Tale regolamento prevede, all’articolo 1, che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunicano entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi all'utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse. Il coordinamento dell'accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell'operazione in preparazione al Dipartimento del Tesoro, che entro dieci giorni può indicare, con determinazione motivata, il momento più opportuno per l'attuazione dell'operazione. In mancanza, l'operazione potrà essere conclusa entro venti giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione, nei casi di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, e nei termini indicati dagli enti in tutti gli altri casi. Restano escluse dalla comunicazione preventiva le operazioni di provvista con oneri a carico del bilancio dello Stato, per le quali si applicano le specifiche disposizioni di legge. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del Tesoro e al CICR, e l'eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del Tesoro dovrà avere luogo prima dell'autorizzazione rilasciata dal CICR. L’articolo 2 reca disposizioni sull’ammortamento del debito. L’articolo 3 riguarda specificamente le operazioni in strumenti derivati.

[83]    In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004). Sono state inoltre enunziate alcune linee guida. Il criterio dell'attività di coordinamento dell'accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento. Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento. Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento. La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.

[84]    Nello swap plain vanilla una delle controparti riceve periodicamente (di solito ogni semestre) un pagamento variabile legato ad un indice (ad es. Libor), e paga un tasso d’interesse fisso (ad es. il rendimento di una particolare categoria di titoli di Stato aumentato di un differenziale).

[85]    Si tratta di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale (articolo 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000).

[86]    Ai sensi del comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) per «strumenti finanziari» si intendono:

a) valori mobiliari;

b) strumenti del mercato monetario;

c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;

d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;

f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap» e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione;

g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine («forward») e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;

h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;

i) contratti finanziari differenziali;

j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini.

      Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del TUF, per “strumenti finanziari derivati” devono intendersi gli strumenti finanziari previsti dal sopra richiamato comma 2, lettere d), e), f), g), h), i) e j) nonché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1-bis, lettera d) dell’articolo 1 del TUF.

      Secondo il comma 2-bis dell’articolo 1 del TUF, il Ministro dell'economia e delle finanze, con il regolamento di cui all'articolo 18, comma 5, individua:

a) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine;

b) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine.  

      In generale, con la definizione di “strumenti finanziari derivati” s’intendono attività finanziarie il cui valore è determinato da quello di altri titoli scambiati sul mercato. Tra questi, gli strumenti negoziati sui mercati regolamentati sono i futures e le opzioni; quelli scambiati sui mercati non regolamentati (over-the-counter), rappresentati da contratti stipulati fra due parti, sono gli swap e i contratti forward.

 

[87]    COM(2006)910

[88]   Vedi scheda relativa all’articolo 3.

[89]    Il cosiddetto metodo Lamfalussy è un modello decisionale che trova applicazione per l’adozione e l’attuazione degli atti legislativi comunitari nel settore dei servizi finanziari (valori mobiliari, banche e assicurazioni). In particolare, il modello prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:

·    al primo livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase, in relazione al settore mobiliare, la Commissione consulta, prima di presentare le relative proposte legislative, il Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), composto di rappresentanti di ciascuno Stato membro;

·    al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alla procedura di regolamentazione (ora di regolamentazione con controllo). In questa fase la Commissione, sulla base di un parere tecnico del Comitato europeo dei regolatori dei valori mobiliari (CESR), composto di rappresentanti delle autorità nazionali di regolamentazione e vigilanza  nel settore, predispone un progetto di misure esecutive e lo sottopone al Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), che esprime un parere;

·    il terzo livello decisionale consiste, per quanto riguarda il settore mobiliare, nel coordinamento, in via informale in seno al CESR, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sui valori mobiliari, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli;

·    al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.

[90]    La decisione 2006/512/CE ha introdotto, infatti, una specifica procedura di “regolamentazione con controllo”, per l’adozione delle misure di esecuzione di atti legislativi adottati in codecisione, quale è il caso della direttiva 2004/39/CE. Conseguentemente, tali atti legislativi devono essere modificati al fine di prevedere il ricorso alla procedura in questione, la quale assicura al Parlamento europeo e al Consiglio un potere di controllo e di rigetto delle misure di esecuzione proposte dalla Commissione.

      Viene inoltre abolito il limite di durata per la delega delle competenze di esecuzione alla Commissione attualmente previsto.

[91]  Si tratta,in particolare, degli standard minimi di qualità che il meccanismo di stoccaggio nazionale deve rispettare e delle condizioni per il funzionamento di una rete paneuropea di tali meccanismi nazionali (cfr. art. 21 della direttiva)

 

[92]   Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile.

[93]   Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

[94]  La base giuridica della decisione 2007/436/CE, Euratom, è rappresentata dall’art. 173 del Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica e dall’art. 269 del Trattato che istituisce la Comunità europea. In base all’art. 269 del Trattato “il bilancio dell’Unione europea, fatte salve le entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie”.

[95]   Ossia quelli della tariffa doganale comune e gli altri diritti fissati dalle Comunità sugli scambi con i paesi non membri

[96]   Cioè tutti i prelievi, supplementi, importi supplementari o compensatori, importi o elementi addizionali e altri diritti fissati dalle istituzioni comunitarie sugli scambi con i paesi non membri, nel quadro della politica agricola comune, nonché i contributi e altri diritti previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero

[97]   Ottenuti mediante applicazione di un tasso inizialmente pari all’1%; secondo quanto stabilito nel corso del Consiglio europeo di Berlino (24-25 marzo 1999) il suddetto tasso è passato allo 0,75% nel 2002 e allo 0,50% nel 2004

[98]   Per l’adozione delle disposizioni relative alle risorse proprie, l’articolo 269, paragrafo 1, del Trattato CE prevede una procedura particolare, che sfocia in una raccomandazione agli Stati membri ad adottare le disposizioni secondo le rispettive procedure costituzionali.

[99]   Alla decisione 2000/597/CE, Euratom sulle risorse proprie della Comunità, è stata data attuazione mediante la legge 448/2001 (legge finanziaria per il 2002).

[100]Il Consiglio di Fontainebleau ha deciso nel giugno 1984 di introdurre la compensazione britannica, attraverso la quale il Regno Unito riceve una compensazione pari allo 0,66 per cento del suo saldo netto.

[101]  Consiglio di Fontainebleau del giugno 1984 ha introdotto un meccanismo correttore del bilancio in base al quale “ogni Stato membro che partecipa al bilancio comunitario in misura che eccede la propria prosperità relativa (misurata in rapporto alla prosperità complessiva dell’UE) può beneficiare di una correzione”, ovvero di una riduzione delle risorse conferite al bilancio UE. Attualmente, l’unico Paese che beneficia della correzione è il Regno Unito, che ha diritto ad una compensazione pari allo 0,66 % del suo saldo netto (ovvero il saldo tra le risorse conferite al bilancio UE e i finanziamenti ottenuti dallo stesso bilancio comunitario attraverso i fondi strutturali, gli stanziamenti per la politica agricola comune, altre spese operative). Il finanziamento della cosiddetta “compensazione britannica” è a carico di tutti gli Stati membri secondo la loro parte rispettiva nel PNL (ad eccezione della Germania il cui contributo è ridotto di un terzo).

[102]  Il Consiglio europeo di Berlino del marzo 1999 ha infatti stabilito che il finanziamento della compensazione del Regno Unito da parte di altri Stati membri venisse modificato per consentire ad Austria, Germania, Paesi Bassi e Svezia di conseguire una riduzione della loro quota di finanziamento al 25 % della quota normale. L'adeguamento delle quote di finanziamento si effettua attraverso un adeguamento delle basi del RNL.

[103]Si veda ad esempio il Consiglio dei Ministri n. 32 del 27 dicembre 2006, al link  http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=30327.

[104]L’interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4-04675 presentata dal Deputato Rampelli in data giovedì 2 agosto 2007 nella seduta n. 200 riassume la travagliata vicenda di tale proposta emendativa.

[105]Convenzioni adottate con deliberazione n. 6/1992 del Comitato interministeriale dei prezzi in data 29 aprile 1992 (CIP 6) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992.

[106]Recante Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[107]Il comma 1120, lettera g), dell’articolo 1 della finanziaria per il 2007, prevede la soppressione del comma 71 dell'art. 1, della cd. legge “Marzano” (legge 23 agosto 2004, n. 239), che prevede i certificati verdi per l'energia elettrica prodotta con l'utilizzo dell'idrogeno e l'energia prodotta in impianti statici con l'utilizzo dell'idrogeno ovvero con celle a combustibile.

[108]La suddivisione in zone climatiche dell'Italia è stata prevista dalla legge 10 gennaio 1991, n. 10  e poi attuata dall'articolo 2 del D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412  il quale ha suddiviso il territorio nazionale nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi-giorno, indipendentemente dalla ubicazione geografica:

-                 Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600;

-                 Zona B: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;

-                 Zona C: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;

-                 Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;

-                 Zona E: comuni che presentano un numero gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;

-                 Zona F: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000.

      I Gradi Giorno (GG) sono un'unità di misura atta ad indicare il fabbisogno termico di una determinata area geografica relativa alle vigenti normative sul riscaldamento delle abitazioni. Indicano la somma annuale delle sole differenze positive giornaliere tra la temperatura convenzionale fissata a 20 °C, e la temperatura media esterna giornaliera. Un valore di GG basso indica un breve periodo di riscaldamento e temperature medie giornaliere prossime alla temperatura fissata per l'ambiente riscaldato (appunto 20 °C). Al contrario, valori di GG elevati, indicano periodo di riscaldamento prolungati e temperature medie giornaliere nettamente inferiori ai 20 °C.

[109]  Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105).

[110]  Il richiamo è evidentemente riferito al decreto-legge n.159/2007 (“collegato” alla manovra di finanza pubblica, attualmente all’esame del parlamento per le sua conversione in legge) che all'articolo 26 il comma 4-bis reca alcune norme di incentivazione dell'energia prodotta da biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, secondo uno schema assai simile a quello delineato dai commi 2 e 3 dell’articolo in commento.

[111]Gli ulteriori incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 saranno stabiliti con decreti ministeriali.

[112]  L'articolo 13 del D.Lgs. 387/2003 ha confermato la vigenza dell'obbligo di utilizzazione prioritaria e del diritto alla precedenza nel dispacciamento previsti dall'articolo 3, comma 3, e dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 79/1999. Il comma 2 ha disposto la collocazione sul mercato elettrico secondo la relativa disciplina e nel rispetto delle regole di dispacciamento definite dal Gestore della rete in attuazione delle disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 per l'energia elettrica prodotta da impianti di potenza uguale o superiore a 10 MVA alimentati da fonti rinnovabili, ad eccezione di quella prodotta dagli impianti alimentati dalle fonti rinnovabili di cui al primo periodo del comma 3. Il comma 3 ha disposto il ritiro obbligatorio, su richiesta del produttore, da parte del gestore di rete alla quale l'impianto è collegato per l'energia elettrica prodotta da:

-                 impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA;

-                 impianti di potenza qualsiasi alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente.

      L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo riferimento a condizioni economiche di mercato[112].

      La disciplina di cui ai commi 2 e 3 non si applica all'energia elettrica ceduta al Gestore della rete nell'àmbito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti Cip 12 luglio 1989, n. 15/89, 14 novembre 1990, n. 34/90, 29 aprile 1992, n. 6/92, nonché della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas 28 ottobre 1997, n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima deliberazione. Secondo il comma 4, dopo la scadenza delle convenzioni citate di cui ai commi 2 e 3, l'energia elettrica prodotta dagli impianti di cui al comma 2 viene ceduta al mercato. Dopo la scadenza di tali convenzioni, l'energia elettrica di cui al comma 3 è ritirata dal gestore di rete cui l'impianto è collegato, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con riferimento a condizioni economiche di mercato.

[113]  La relazione è presentata dalla Commissione ogni due anni, a norma dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità.

[114]  Procedura d’infrazione n. 2004/5061

[115]  Procedura d’infrazione n. 2005/4669

[116]  Procedura d’infrazione n. 2006/4990.

[117]  Decreto Legislativo del 16 marzo 1999 n. 79 concernente “attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”

[118]di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

[119]Il paragrafo 5 dell'articolo 23 della direttiva 2003/54/CE prevede che qualsiasi parte che intenda sporgere reclamo contro il gestore di un sistema di trasmissione o di distribuzione può adire l'autorità di regolamentazione che, in qualità di autorità per la risoluzione delle controversie, adotta una decisione entro due mesi dalla ricezione del reclamo. Il termine può essere prorogato di due mesi qualora l'autorità di regolamentazione richieda ulteriori informazioni. Il termine può essere ulteriormente prorogato con il consenso del reclamante. Detta decisione produce effetti vincolanti a meno che e fin quando non sia annullata in seguito ad impugnazione. Nel caso in cui il reclamo riguardi le tariffe di connessione per nuovi impianti di generazione di grandi dimensioni, il termine di due mesi può essere prorogato dall'autorità di regolamentazione.

[120]L’art. 106 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2001), in merito agli interventi FIT, prevede la riserva di una quota delle disponibilità del Fondo, determinata annualmente con decreto del Ministro dell’industria entro la data del 31 gennaio, per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative. Le modalità di gestione, le forme e le misure delle agevolazioni previste dal comma 106 sono state determinate con la direttiva ministeriale 3 febbraio 2003.

[121]Il comma 222 della legge finanziaria 2005 allo scopo di favorire l’afflusso di capitale di rischio (cosiddetto venture capital) verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, consente al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, di sottoscrivere e alienare quote di fondi comuni d’investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR). Il fondo comune d’investimento è un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio della società che lo gestisce, o che lo ha istituito e che lo promuove, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di investitori. Il patrimonio viene gestito collettivamente (“in monte”), sulla base di linee d’investimento prefissate dal regolamento del fondo. Mediante la sottoscrizione di una quota di un fondo comune d’investimento, l’investitore acquisisce una compartecipazione nella gestione collettiva del patrimonio comune, effettuata secondo i criteri predefiniti nel regolamento del fondo.

[122]Si fa presente che il richiamato regolamento CE 1260/1999 recante la disciplina dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006 è stato abrogato dall'art. 107 del regolamento CE 1083/2006 con decorrenza dal 1° gennaio 2007.

[123]  Le linee direttrici integrate sulla crescita e l’occupazione 2005-2008, adottate dal Consiglio nel luglio 2005, contengono specifiche indicazioni in merito al raggiungimento della piena occupazione. Le linee direttrici si articolano in: Raccomandazione 2005/601/CE, relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (GOPE) (per il periodo 2005-2008) e la Decisione 2005/600/CE sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, che enunciano gli obietti generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri.

[124]  L’autorizzazione è relativa a 50 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999.

[125]  Recante “Istituzione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.)”.

      La tabella C allegata al presente disegno di legge, che indica gli stanziamento autorizzati in relazione a disposizioni di legge la cui quantificazione annua è demandata alla legge finanziaria, per il citato D.Lgs. n. 250 del 1997, autorizza stanziamenti per 61,410 milioni di euro.

[126]  Le disposizioni di attuazione, espressamente richiamate dal comma 11 in esame, sono:

•     l’articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21;

•     il regolamento di cui al D.P.R. 22 dicembre 2004, n. 340, "Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166";

•     il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 20 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 2005, n. 167.

[127]  Per trasporto combinato, ai fini del citato articolo 38, comma 5, si intendente il trasporto di merci effettuato per la parte iniziale o terminale su strada e per la restante parte su ferrovia, senza rottura di carico.

[128]  Le disposizioni di attuazione, espressamente richiamate dal comma 14 in esame, sono:

•     l’articolo 9 del D.L. 30 dicembre 2004, n. 315, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2005, n. 21;

•     gli articolo 14 e 15 del regolamento di cui al D.P.R. 22 dicembre 2004, n. 340, "Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166".

[129]  Per trasporto accompagnato si intende il trasporto di merci, caricate su veicoli adibiti al trasporto su strada, mediante carri ferroviari speciali.

[130]  Per un approfondimento delle questioni affrontate nel pacchetto si rinvia al Bollettino tematico n. 16 e al Dossier Politiche comunitarie n. 21, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[131]          La Carta è stata sottoscritta in occasione del Consiglio trasporti informale che si è svolto a Verona il 23 e 24 ottobre 2003. In quell’occasione i ministri hanno deciso di riunirsi ogni anno a Verona al fine di verificare lo stato di attuazione della Carta. Il quarto e più recente incontro si è svolto il 3 novembre 2006. Il documento è volto ad individuare misure comuni a livello europeo al fine di favorire il raggiungimento dell’obiettivo di dimezzare il numero delle vittime della strada entro il 2010 mediante azioni sistematiche di controlli, informazione ed educazione. La Carta, che è stata lanciata il 29 gennaio 2004, comporta impegni specifici assunti, su base volontaria, da ogni firmatario.

[132]L’applicazione delle nuove tecnologie al fine di migliorare la sicurezza nei trasporti è oggetto dell’iniziativa e-Safety, lanciata nel 2002 dalla Commissione europea, di concerto con l'industria automobilistica e le parti interessate, al fine di promuovere lo sviluppo e la diffusione dei sistemi intelligenti di sicurezza integrati che usano le tecnologie dell'informazione e dell'innovazione per aumentare la sicurezza stradale e ridurre il numero delle vittime di incidenti stradali nell'UE. Le iniziative in tal senso sono state prospettate dalla Commissione nella comunicazione “Tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni per i veicoli sicuri e intelligenti” (COM(2003)542) e, successivamente, nella comunicazione “Mettere e-call a disposizione dei cittadini” (COM(2005)431) e nel piano d’azione per rilanciare il servizio e-call (COM(2006)723) intesi a dotare tutti i veicoli, a partire dal 2010, di un sistema di chiamata automatica di emergenza (vedi nota n. 8).L’importanza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per il settore dei trasporti è sottolineata anche nel settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico istituito dalla decisione n. 1982/2006/CE. Il programma, in particolare, sottolinea il ruolo fondamentale che tali tecnologie possono svolgere al fine di modernizzare il settore dei trasporti e ricorda i grandissimi vantaggi che possono derivare dalla loro applicazione per la mobilità, soprattutto per quanto riguarda il miglioramento della sicurezza e dell’efficienza del trasporto di persone e merci. Esso ricorda, altresì, che tali tecnologie possono trovare applicazione per la promozione di infrastrutture intelligenti, rendendo le infrastrutture indispensabili per la vita quotidiana più efficaci e più facili da utilizzare, più adattabili e di manutenzione più agevole, più robuste e resistenti ai guasti.

[133]  La raccomandazione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie L, n. 111, del 17 aprile 2004.

[134]          CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century) è un gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione nel gennaio 2005 e composto dai principali attori del settore automobilistico.

[135]  Procedura n. 2006/2114.

[136]  Procedura n. 2007/2132.

[137]  Cfr. www.infrastrutturetrasporti.it/sites/varifiles/DPEF08-12_COMPL_01.pdf (pag. 17), ove si legge che “l’esempio lombardo costituisce punto di riferimento da implementare in altre realtà territoriali ai fini della realizzazione di importanti arterie autostradali”.

[138]  Procedura 2006/4378

[139]  Secondo le informazioni trasmesse alla Commissione, la delibera in questione è stata valutata positivamente dal CIPE agli inizi del mese di giugno 2006; il decreto interministeriale di approvazione dell’atto aggiuntivo concluso sulla base di tale delibera, tuttavia, sarebbe stato firmato da uno solo dei due Ministri competenti e sarebbe attualmente all’esame dell’altro Ministro.

[140]  Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti.

[141]  Si ricorda che la misura del finanziamento annuo in favore del Centro nazionale ammonta a 2.502.178 euro circa.

[142]  Quest'ultimo stanziamento ammonta a 31.900.000 euro annui (al lordo della riduzione ora disposta).

[143]Il 15 settembre 2006 si è conclusa la consultazione pubblica organizzata dalla Commissione europea sull’azione futura dell’Unione in materia di donazione e trapianto di organi.

[144]  In particolare, l’art. 12 citato prevede che gli Stati membri si adoperino per garantire donazioni volontarie e gratuite, stabiliscano le condizioni per eventuali indennità per i donatori strettamente limitate a far fronte alle spese e inconvenienti risultanti dalle donazioni, e che presentino alla Commissione delle relazioni sulle misure adottate entro il 7 aprile 2006 e successivamente ogni tre anni; sulla base di tali relazioni la Commissione riferisce al Consiglio e al Parlamento europeo in merito alle ulteriori misure che intende adottare a livello comunitario.

[145]  Procedura d’infrazione n. 2007/403.

[146]  Procedura d’infrazione n. 2007/411.

[147]  Finalità analoghe si rinvengono anche nell’articolo 1, comma 432, della legge n. 266 del 2005, che destina il 50 per cento delle risorse del Fondo da ripartire per esigenze di tutela ambientale per le finalità di cui al citato decreto-legge n. 180 del 1998. A tale scopo, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati, definisce ed attiva programmi di interventi urgenti di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico (

[148]  Per approfondimenti si veda il sito web del “Progetto solare termodinamico” dell’ENEA http://www.enea.it/com/solar/index.html.

[149]  Il testo dell’accordo è disponibile all’indirizzo www.governo.it/backoffice/allegati/27337-2846.pdf.

[150]  All’indirizzo http://www2.minambiente.it/sito/settori_azione/sdm/amp/amp_menu.asp oppure http://87.241.41.49/index.php?id_sezione=1021.

[151]  L’indirizzo del sito web dell’Autorità di bacino del Po è www.adbpo.it/on-line/ADBPO/Home.html.

[152]COM (2005) 565.

[153]COM (2007) 212.

[154]Un accordo tra l'UE e l'Agenzia spaziale europea, in vigore dal maggio 2004, costituisce la base comune per sviluppare una politica spaziale europea. L'accordo prevede riunioni regolari congiunte e concomitanti del Consiglio dell'UE e del Consiglio dell'ESA a livello ministeriale, nell'ambito del Consiglio "Spazio", per coordinare e agevolare le attività di cooperazione. Le precedenti riunioni si sono tenute il 25 novembre 2004, il 7 giugno 2005 e il 28 novembre 2005.

[155]  Il programma è stato istituito con la decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002.

[156]  COM (2005) 666.

[157]  COM (2005) 667.

[158]    COM (2005) 670.

[159]  La comunicazione sottolinea che va tenuto in considerazione, da un punto di vista ambientale, l’intero ciclo vitale delle risorse, essendo ormai riconosciuto che l’impatto ambientale di molte risorse è spesso connesso alla fase del loro utilizzo e non soltanto alla fase iniziale e finale del loro ciclo di vita.

[160]  In preparazione della strategia la Commissione ha cooperato strettamente con Stati membri, istituzioni europee, autorità locali e organizzazioni e ha svolto una consultazione dal 28 luglio al 26 settembre 2005.

[161]  COM(2005)504.

[162]  COM(2005) 505.

[163]  COM (2006) 475.

[164]  Comunicazione della Commissione sulla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente (2001/C 37/03) pubblicata in GU C 37 del 3 febbraio 2001.

[165]  Il Consiglio ha, in tale contesto, fatto propri gli obiettivi prospettati dalla Commissione nella Comunicazione “una politica energetica per l'Europa (COM(2007)1) presentata il 10 gennaio 2007. Il Consiglio europeo ha inoltre approvato l'obiettivo più ambizioso, a livello dell'Unione, di ottenere entro il 2020 una riduzione del 30% delle emissioni dei gas a effetto serra rispetto al 1990 ed ha confermato il proprio contributo ad un accordo globale, esaustivo e sufficientemente ambizioso per il periodo successivo al 2012.

[166]  Per "stato dell'arte" si intende un processo in cui l'utilizzo di un rifiuto nella produzione di un prodotto finale è prassi corrente in termini di redditività economica. Ove possibile, il concetto di "stato dell'arte" va interpretato dal punto di vista della tecnologia e del mercato comune europei.

[167]  Procedura d’infrazione 2002/2077, causa C-194/05.

[168]  Procedura d’infrazione 2002/2213, causa C-263/05.

[169]  Procedura 2005/2315 – causa C-85/07.

[170]  Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet:

http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf.

[171]    Sugli orientamenti e le proposte contenuti nella relazione l'Assemblea della Camera ha impegnato il Governo a seguito dell'approvazione nella seduta del 18 settembre della risoluzione Realacci 6-00021.

[172]  G.U. n. 255 del 2 novembre 2007.

[173]GU n. 164 del 16-7-2005

[174]Tale Piano è consultabile all’indirizzo internet:

http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/att/pna_c02/docs/delibera_cipe_19_12_02_n123.pdf

[175]La base giuridica e finanziaria per l’esecuzione del primo l’Inventario Forestale Nazionale Italiano è stata fornita dalla legge n. 984 del 1977 e dal relativo Piano Agricolo Nazionale.

[176]http://209.85.129.104/search?q=cache:hWZHiUahdGsJ:www.sian.it/inventarioforestale/jsp/perche_intro_b.jsp+inventario+nazionale+delle+foreste+di+carbonio+istituzione&hl=it&ct=clnk&cd=10&gl=it

[177]  Regolamento CE 1698/2005 relativo al sostegno allo sviluppo rurale attraverso il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR); Decisione del Consiglio 2006/144/CE: orientamenti strategici per lo sviluppo rurale nel periodo di programmazione 2007-2013.

[178]  Con il regolamento (CE) n. 614/2007 del 23 maggio 2007 è stato istituito un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+), inteso a riunire gran parte dei precedenti programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza.

[179]  Con decisione n. 1982/2006/CE del 18 dicembre 2006 è stato istituito il Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013).

[180]  Il piano d’azione è stato presentato dalla Commissione nella comunicazione del 28 gennaio 2004 “Incentivare le tecnologie per lo sviluppo sostenibile: piano d’azione sulle tecnologie ambientali per l’Unione europea “ (COM(2004)38) in cui vengono individuate undici azioni prioritarie con cui la Commissione, i governi nazionali e regionali, l’industria e gli altri soggetti interessati potranno promuovere lo sviluppo e l’adozione delle tecnologie ambientali. Il piano d’azione è stato approvato dal Consiglio europeo di primavera del 25-26 marzo 2004. In ordine all’attuazione del piano d’azione, è stato creato un Gruppo di lavoro ad alto livello composto dai rappresentati degli Stati membri e presieduto dalla Commissione.

[181]Procedura 2007/2097.

[182]  Nella stessa data la Commissione europea ha adottato decisioni nei confronti di altri otto Stati membri (Bulgaria, Cipro, Estonia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Malta e Polonia), i quali non hanno fornito le informazioni richieste nel quadro del dispositivo messo in atto dall’UE per combattere i cambiamenti climatici.

[183]  Procedura 2007/2159.

[184]Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996.

[185]Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria.

[186]  La fase seconda è costituita dallo studio di efficacia.

[187]  Ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, e dell'articolo 48, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[188]  Cfr. l’articolo 1, comma 796, lettera l), della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007).

[189]  Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

[190]  Cfr. l’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405.

[191]  In particolare, il suddetto Accordo prevede che il Governo si impegna ad incrementare il concorso dello Stato al finanziamento del Servizio sanitario nazionale per l'anno 2001 fino ad un totale di lire 138.000 miliardi. In caso di emersione di disavanzi rispetto alla somma determinata in tale sede, le regioni assumono a proprio carico la copertura degli oneri relativi, facendo ricorso a determinate misure. Successivamente all’accordo dell’8 agosto 2001, sono state siglate l’intesa tra lo Stato e le regioni del 23 marzo 2005 e, da ultimo, il Patto per la salute del 28 settembre 2006, che hanno stabilito un livello di finanziamento per il Servizio sanitario regionale finalizzato a garantire l’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie in condizioni di efficienza ed appropriatezza, lasciando a carico delle regioni la spesa derivante dall’erogazione di livelli di prestazioni superiori ovvero da eventuali disfunzioni dei servizi. L’articolo 1, comma 796, lettera a), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) prevede che il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, cui concorre ordinariamente lo Stato, è determinato in 96.040 milioni di euro per l'anno 2007 (a tale importo si sommano i 1.000 milioni di euro relativi al Fondo transitorio per le regioni in disavanzo), in 99.082 milioni di euro per l'anno 2008 e in 102.285 milioni di euro per l'anno 2009, comprensivi dell'importo di 50 milioni di euro, per ciascuno degli anni indicati, a titolo di ulteriore finanziamento a carico dello Stato per l'ospedale "Bambino Gesu'". Si ricorda che il livello di spesa per il 2006, a seguito della legge finanziaria per il 2006, ammontava a 90.960 milioni di euro. La legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 797) ha peraltro incrementato di 2.000 milioni di euro il finanziamento per l’anno 2006 a favore del Servizio sanitario nazionale. Si segnala, infine, che il decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale) ha previsto il concorso straordinario dello Stato, per il periodo 2001-2005, al ripiano dei disavanzi strutturali dei servizi sanitari regionali, a condizione che le regioni interessate assolvano ad alcuni adempimenti. A tal fine, è stata autorizzata una spesa di 3000 milioni di euro per il 2007.

[192]Si ricorda che l’articolo 12 dell’Intesa del 23 marzo 2005 ha istituito un Tavolo di verifica degli adempimenti presso la Ragioneria generale dello Stato al quale le regioni forniscono le informazioni necessarie all’effettuazione della verifica e che istruisce le determinazioni correttive rimesse successivamente ad un Tavolo politico, composto da rappresentanti del Governo e delle Regioni. In particolare, il Tavolo di verifica degli adempimenti:

-     richiede alle singole Regioni la documentazione necessaria alla verifica degli adempimenti;

-     procede ad un primo esame della documentazione, informando le Regioni, prima della convocazione, sui punti di criticità riscontrati, affinché esse possano presentarsi con le eventuali integrazioni, atte a superare le criticità individuate;

-     entro il 30 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, fornisce alle Regioni le indicazioni relative alla documentazione necessaria per la verifica degli adempimenti, che le stesse devono produrre entro il successivo 30 maggio;

-     effettua una valutazione del risultato di gestione, a partire dalle risultanze contabili al quarto trimestre ed esprime il proprio parere entro il 30 luglio dell'anno successivo a quello di riferimento;

-     riferisce sull'esito delle verifiche al Tavolo politico, che esprime il suo parere entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento. Riferisce, altresì, al tavolo politico su eventuali posizioni discordanti. Nel caso che tali posizioni riguardino la valutazione degli adempimenti di una singola Regione, la stessa viene convocata dal Tavolo politico.

[193]L’articolo 9 dell’Intesa del 23 marzo 2005 ha istituito, presso il Ministero della salute, il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza cui è affidato il compito di vigilare sull’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse, nonché sulla congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a disposizione dal Servizio sanitario nazionale. Il Comitato, istituito con decreto del Ministro della salute del 21 novembre 2005, è composto da quattro rappresentanti del Ministero della salute (di cui uno con funzioni di coordinatore), due rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, un rappresentante del Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri e da sette rappresentanti delle Regioni designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome. Al Comitato sono affidati i seguenti compiti:

-     certificazione e verifica degli adempimenti cui sono tenute le Regioni per il triennio 2005-2007 ai fini dell’accesso all’incremento delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato, da riportare al Tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e finanze (programmazione regionale e mantenimento dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza; piano regionale della prevenzione e aggiornamento del personale sanitario);

-     verifica della realizzazione dei piani regionali di contenimento delle liste di attesa;

-     monitoraggio del rapporto costi/livelli essenziali di assistenza a partire dal monitoraggio già effettuato per gli anni 2001-2002 e sviluppo di una metodologia per l’analisi delle condizioni di appropriatezza ed efficienza nell’utilizzo delle risorse nell’erogazione degli stessi LEA.

[194]Abolizione del Fondo nazionale di soccorso invernale, finanziamento degli Enti comunali di assistenza e istituzione di una addizionale ai diritti erariali sui pubblici spettacoli e alla tassa di lotteria.

[195]convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Cfr., al riguardo, l’articolo 11-quaterdecies, comma 10, del citato decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203.

[196]  Tale contributo straordinario è iscritto (nello stato di previsione del Ministero della salute per l'anno 2008) al capitolo 3413 dell'unità previsionale di base 2.1.2.

[197]La decisione (CE) n. 2006/512 ha innovato la possibilità da parte della Commissione di adottare misure esecutive su determinate materie, secondo una procedura detta di comitologia; la modifica introduce una particolare procedura di comitologia, detta di regolamentazione con controllo, con la quale la Commissione adotta misure esecutive di atti adottati in codecisione.

[198]Procedura d’infrazione n. 2002/5113.

[199]Procedura d’infrazione n. 2003/5296

[200]  Il 28 giugno 2006 la Commissione aveva inviato all’Italia un parere motivato (procedura d’infrazione 2006/287) per la omessa comunicazione dell’attuazione della direttive 2005/28/CE.

[201]  Con parere delle competenti Commissioni parlamentari sullo schema di decreto legislativo.

[202]Per la richiesta di prestazioni assistenziali legate al reddito o di servizi di pubblica utilità, è prevista la valutazione della situazione economica del richiedente, con riferimento al suo nucleo familiare. A tal fine, sono calcolati due indici: l'ISE (indicatore della situazione economica) e l'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente). L'ISE è determinato dalla somma dei redditi e del venti per cento del patrimonio; l'ISEE scaturisce, invece, dal rapporto tra l'ISE e il parametro desunto dalla scala di equivalenza. Il nucleo di riferimento è composto, in linea generale, dal dichiarante, dal coniuge e dai figli, nonché da altre persone con lui conviventi e da altre persone a suo carico ai fini IRPEF, con alcune eccezioni e particolarità. Il reddito "medio" è quello complessivo ai fini IRPEF sommato al reddito delle attività finanziarie, con una detrazione in caso di residenza del nucleo in un'abitazione in locazione. Per patrimonio si intende sia quello immobiliare che mobiliare, con l'applicazione di una franchigia. La scala di equivalenza prevede i parametri legati al numero dei componenti il nucleo familiare e alcune maggiorazioni da applicare in casi particolari, quali la presenza di un solo genitore o di figli minori o di componenti con handicap, o ancora lo svolgimento di attività lavorativa da parte di entrambi i genitori.

[203]Definizione transattiva delle controversie in atto, promosse da soggetti danneggiati da sangue o emoderivati infetti.

[204]L’articolo 1, commi 7 e 8 del DL n. 341/2003 ha sospeso il potere di disporre l’aumento per l’anno 2003 e ha prorogato il potere al 2004.

[205]  Procedura d’infrazione n. 2006/790

[206]  Procedura d’infrazione n. 2006/789

[207]Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe.

[208]L’articolo 4 del citato decreto 12 settembre 2006 rinvia al D.M. 27 agosto 1999, n. 332 (Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe).

[209]Le risorse derivanti dai versamenti sono riassegnate, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle corrispondenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute ed impiegate dalla Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici secondo la disciplina di cui alla stessa lettera d) del comma 409.

[210]La lettera d) del comma 409 è stata interamente novellata dall'art. 1, comma 825, della L. 27 dicembre 2006, n. 296.

[211]  Procedura d’infrazione n. 2007/784

[212]Rientrano in tale tipologia: contratti bancari, contratti assicurativi, contratti di somministrazione (elettricità, acqua, telefono,gas...), contratti di prestazione d'opera (conferimento d'incarico a un mediatore, trattamenti terapeutici..), contratti per l'acquisto di beni (acquisto di auto, arredi, vendite a domicilio di libri…) contratti per la fornitura di servizi (iscrizione a corsi, deposito e custodia di beni...).

[213]Le associazioni devono essere iscritte nell’apposito elenco, aggiornato annualmente, tenuto presso il Mministero dello sviluppo economico. Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 140-bis  con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari, sono individuate le ulteriori associazioni di consumatori, di investitori e gli altri soggetti portatori di interessi collettivi legittimati ad agire ai sensi del presente articolo

[214]L’art. 1342 c.c. stabilisce che nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate. In virtù del richiamo al secondo comma dell'art. 1349, per tali contratti non hanno in ogni caso effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.

[215]Tali Camere di conciliazione sono composte in modo paritario dai difensori delle parti delle parti e sono presiedute da un avvocato-conciliatore indicato dal giudice ed iscritto all’albo degli avvocati abilitati alle giurisdizioni superiori.

[216]  Tale testo è allegato al resoconto della seduta della Commissione giustizia del 7 novembre 2007.

[217]Fondo previsto dall'art. 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale", convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[218]Nelle note di commento alla finanziaria per il 2007, pubblicate a cura della Presidenza del Consiglio dei ministri, l’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere si prefigura come un organismo avente il compito di acquisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività, svolte dalle pubbliche amministrazioni, dagli enti locali, nonché dalle associazioni attive nel settore, utili alla prevenzione e alla repressione della violenza sessuale e in grado di realizzare campagne istituzionali di informazione e di sensibilizzazione.

[219]Il Piano nazionale contro la violenza sessuale e di genere, più volte richiamato dal Ministro per le pari opportunità durante gli incontri con la Rete di coordinamento dei Centri antiviolenza, sembrerebbe configurarsi come uno strumento operativo a livello interministeriale, attraverso cui i ministeri, ognuno secondo le proprie specifiche competenze, potranno elaborare strategie e programmi in grado di rafforzare gli organismi e le reti di cooperazione attive in quest’ambito e armonizzare e perfezionare le norme esistenti in materia.

[220]  Il 17 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione sulle linee di assistenza telefonica per bambini in Europa, nella quale raccomanda, in particolare, l’introduzione, nell’UE, di un numero verde unico per le linee di assistenza telefonica per bambini.

[221]  L. 3 agosto 2007, n. 123, “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.

[222]  Per quarto riguarda la copertura finanziaria, si ricorda che l’articolo 1, comma 780, della legge finanziaria per il 2007 ha disposto che, a decorrere dal 2008, con riferimento alla gestione separata artigianato presso l’INAIL, i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali siano ridotti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa delibera dell’INAIL, per un importo non superiore a 300 milioni di euro per il 2008, a valere sull’incremento del complessivo gettito contributivo INAIL ove superiore al tasso di variazione nominale del PIL per l’anno 2007 .

[223]  D.M. 2 luglio 2007, “Determinazione dell'importo destinato al Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, di cui all'articolo 1, comma 1187, della L. 27 dicembre 2006, n. 296”.

[224]  La comunicazione “Un’Agenda dei cittadini per un’Europa dei risultati” (COM(2006)211, presentata il 10 maggio 2006 sottolineava l’esigenza di una nuova agenda dei cittadini per l’Europa capace di portare pace, prosperità e solidarietà nel contesto della globalizzazione.

[225]  Procedura di infrazione n. 2005/2200

[226]COM(2005) 123 def., Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce un Programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013.

[227]  L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[228]  D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.

[229]  La comunicazione della Commissione (COM(2005)123-1), istitutiva del programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori, è stata favorevolmente accolta dal Parlamento europeo con una risoluzione il 24 ottobre 2006.

[230]  L’attuale Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2005-2010 (COM(2004)102), rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2007.

[231]  L’approccio globale in materia di migrazione è stato adottato dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005.

[232]Inaugurata dalla Commissione con la comunicazione COM(2003)104 presentata l’11 marzo 2003, la politica europea di vicinato si rivolge ai nuovi Stati indipendenti ( Bielorussia, Moldova, Ucraina), ai paesi del Mediterraneo meridionale e, a seguito della decisione del Consiglio del 14 giugno 2004, anche agli Stati del Caucaso, con l’obiettivodi creare una zona di prosperità condivisa e buon vicinato. La politica europea di vicinato, nettamente distinta dalla questione della potenziale adesione all’UE, propone un nuovo approccio nei confronti dei paesi interessati: in cambio dei progressi concreti compiuti in termini di riconoscimento dei valori comuni e di attuazione effettiva di riforme politiche, economiche e istituzionali, si riconosce loro una partecipazione al mercato interno dell’UE, nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Una delle componenti principali della politica europea di vicinato è rappresentata dai piani d’azione, che vengono concordati dall’Unione europea con ciascuno dei paesi interessati. Tali piani d’azione, differenziati, per riflettere lo stato delle relazioni con ciascun paese, le sue necessità e capacità, nonché gli interessi comuni, definiscono il percorso da seguire nei prossimi 3-5 anni.

[233]COM(2005)669. Vedi paragrafo seguente

[234]Vedi infra, paragrafo Immigrazione legale e integrazione

[235]Si ricorda che nell’ottobre 2006 si è svolto a Rotterdam il primo Forum europeo per l’Integrazione. La seconda edizione avrà luogo a Milano nel prossimo mese di ottobre.

[236]Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 ha stabilito la pubblicazione di relazioni annuali che descrivano le misure prese a livello nazionale e comunitario in materia di ammissione ed integrazione dei cittadini di paesi terzi e analizzino i cambiamenti intercorsi La prima relazione annuale COM(2004)508 è stata pubblicata nel luglio 2004, la seconda SEC(2006)892 nel giugno 2006.

[237]COM(2005)391.

[238]  Per le due comunicazioni che, insieme alla proposta di direttiva, costituiscono il “pacchetto” di misure (cd.pacchetto Frattini) presentato dalla Commissione il 16 maggio 2007, vedi supra, paragrafo “L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione”.

[239]  A questo proposito si segnala che il 24 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2007)628) sul rafforzamento della lotta contro il lavoro non dichiarato.

[240]  Oltre alla comunicazione  e alla proposta di direttiva, il pacchetto di misure presentato dalla Commissione il 19 luglio 2006 comprendeva anche la proposta di regolamento (COM(2006)401), relativo alle squadre di rapido intervento, definitivamente approvata il 12 giugno 2007 (vedi infra).

[241]  COM(2006)733.

[242]    L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) è stata istituita con il regolamento (CE) n. 2007/2004 del 26 ottobre 2004.

    L’Agenzia ha il compito:

    di coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne;

    assistere gli Stati membri nella formazione di guardie nazionali di confine, anche elaborando norme comuni in materia di formazione;

    preparare analisi dei rischi;

    seguire l’evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne;

    aiutare gli Stati membri che devono affrontare circostanze tali da richiedere un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne;

    fornire agli Stati membri il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte.

[243]  Regolamento CE n. 863/2007

[244]  Il 30 novembre 2006, sulla base delle indicazioni del Consiglio del 5-6 ottobre 2006, la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea[244]”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne, evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali. La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

[245]  ad esempio, nelle operazioni di rimpatrio, di accoglienza, di presa a carico dei richiedenti asilo e dei profughi.

[246]  La lettera di costituzione in mora rappresenta la prima fase della procedura d’infrazione e mette uno Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni, qualora la Commissione reputi che esso abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù del trattato che istituisce la Comunità europea. Qualora la Commissione non ritenga esaurienti tali osservazioni, essa emette un parere motivato, seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario, secondo quanto previsto dall’art. 226 del Trattato.

[247]  Si ricorda che, a seguito di osservazioni sollevate dalla Commissione europea, la sperimentazione delle ZFU non è stata ancora avviata. Peraltro, l’operatività del Fondo non risultava possibile per l’anno 2007, in quanto l’appostazione di bilancio nello stato di previsione del Ministero dell’economia, pari a 50 milioni, era prevista per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

[248]  Tale tipologia di impresa è definita dalla Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, secondo la quale la categoria delle piccole imprese prevede l’impiego di meno di 50 persone e un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro, mentre la categoria della microimpresa prevede l’impiego di meno di 10 persone, con un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo inferiori ai 2 milioni di euro.

[249]  Si ricorda che i Sistemi locali di lavoro (SLL) rappresentano aggregazioni di comuni contigui, geograficamente e statisticamente comparabili, caratterizzati dal maggiore addensamento della popolazione per motivi di lavoro. Tali aggregazioni derivano da una ricerca dell’ISTAT condotta con altri istituti di ricerca e ricavati da appositi quesiti posti nel censimento generale del ’91.

[250]  La disposizione relativa al limite di reddito esente è stata introdotta dalla Commissione 5a del Senato.

[251]  Cfr. nota 3.

[252]  La disposizione relativa all’estensione delle agevolazioni anche ai titolari di reddito autonomo è stata introdotta dalla Commissione 5a al Senato.

[253]  Previsto dal Regolamento 2006/1998/CE del 15 dicembre 2006. Tale norma è stata introdotta a seguito del Regolamento 994/98/CE, che conferisce facoltà alla Commissione europea di stabilire, mediante un regolamento, una soglia al di sotto della quale gli aiuti di stato non rientrano più nel campo di applicazione dell'articolo 87, paragrafo 1, che reca i criteri per la compatibilità degli stessi con il mercato comune, e sono pertanto dispensati dalla procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 3, che contempla l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 87, paragrafo 1. Con il Regolamento 69/2001 la Commissione aveva fissato tale soglia a 100.000 euro su un periodo di tre anni. Il Regolamento 1998/2006 ha raddoppiato tale soglia portandola a 200.000 euro.

[254]  In particolare, si prevede che l’identificazione, la perimetrazione e la selezione delle zone franche urbane venga definita sulla base di parametri socio-economici.

[255]  Modifica introdotta dalla Commissione 5a al Senato.

[256]  L'art. 88, par. 3, del Trattato CE prevede che siano comunicati alla Commissione, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. In attesa della decisione finale, non si può dare comunque esecuzione alle misure agevolative. Tale obbligo di notifica rappresenta il c.d. obbligo di standstill e determina la possibilità di ricorso al giudice nazionale da parte delle imprese concorrenti destinatarie dell’aiuto.

[257]  Tale legge, in materia di investimenti, contiene la delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

[258]Si veda il dossier Politiche dell’Unione europea “Agenda territoriale dell’UE e Carta di Lipsia sulle città”, n. 16, del 20 giugno 2007, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.

[259]  D.lgs 12 aprile 2006, n. 163.

[260]  Si ricorda che CONSIP s.p.a. è la società cui è stato conferito l'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato (D.M. 24 febbraio 2000).

[261]  Il DPR 367/94 ha disciplinato la sostituzione delle registrazioni cartacee con quelle informatizzate (Sistema informatico di contabilità gestionale – SICOGE).

[262]  D. lgs. n. 286 del 1999, recante  “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59 ”.

[263]  Per l’anno 2007, è stato adottato il D.M 1° marzo 2007 (G.U. n. 30/2007 - V serie speciale)

[264]Si ricorda che l’articolo 59 della legge finanziaria 2001, disciplinante l’acquisto di beni e servizi a rilevanza regionale da parte degli enti decentrati di spesa, è stato abrogato dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 458), fatto salvo il comma 3, il quale è stato contestualmente novellato per coordinamento. Il comma consente alle università di costituire fondazioni di diritto privato, con enti e amministrazioni pubbliche e soggetti privati, per lo svolgimento di attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca

[265]  Si tratta delle convenzioni, stipulate dalla Consip, con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria. Si ricorda che il D.M. 24 febbraio 2000, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 26, comma 3 della legge n. 488/1999 ha disciplinato il “Conferimento alla CONSIP S.p.a. dell'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato”.

[266]  Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[267]  Audizione della Corte dei Conti dinnanzi alle Commissioni bilancio del Senato e Camera sul disegno di legge finanziaria per l’anno 2008, 10 ottobre 2007.

[268]  In termini di indebitamento netto, si determina un risparmio di spesa pari a 3,3 miliardi nel 2007, 4,7 miliardi nel 2008 e 4,9 miliardi nel 2009.

[269]  Cfr Corte dei Conti, Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre settembre-dicembre 2006, Doc. XLVIII, n. 4.

[270]  In termini di indebitamento netto, la reintegrazione è pari a 1.519 milioni per il 2007, 80 milioni per il 2008 e 90 per il 2009.

[271]Procedura 2006/4404

[272]Procedura 2005/5041

[273]Procedura 2006/4264

[274]Poi modificato, ma non su questi punti, dal D.Lgs. n. 343/2003.

[275]In seguito alla riforma dei Ministeri di cui al decreto legislativo n. 300/1999, ed alle successive modificazioni e integrazioni, a partire dal 2001 la struttura del bilancio dello Stato è stata modificata: in via transitoria l’ex Ministero del Tesoro è una sezione distinta nell’ambito del nuovo Ministero dell’economia e delle finanze.E’ quindi a tale stato di previsione che occorre fare riferimento per gli stanziamenti complessivamente imputati alla Presidenza del Consiglio.

[276]Tale decreto ha integralmente sostituito il precedente DPCM 23 dicembre 1999, recante anch’esso “Disciplina dell’autonomia finanziaria e della contabilità della Presidenza del Consiglio”.

[277]  In G.U. 23 gennaio 2007, S.O. n. 14.

[278]  In G.U. 25 giugno 2007, n. 145 – S.O. n. 144.

[279]  La quarta Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), svoltasi dal 9 al 14 novembre 2001 a Doha (Qatar), ha lanciato un negoziato commerciale diretto a consentire una maggiore apertura dei mercati e a stabilire un rinnovato sistema di regole multilaterali per sostenere e rilanciare gli scambi mondiali. Essendo fallito il tentativo di raggiungere un compromesso sulle modalità di liberalizzazione degli scambi in agricoltura e sui beni manufatti, Il Consiglio dell’OMC ha deciso il 28 luglio 2006 di sospendere i negoziati. Uno dei principali obiettivi del programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 e´ quello di vincere gli ostacoli che non hanno consentito di concludere un accordo nel ciclo di tali negoziati.

[280]  Nota anche come  Orientamenti integrati.

[281]  Raccomandazione 2005/601/CE, relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (per il periodo 2005-2008).

[282]  L’articolo 99 del Trattato istitutivo della Comunità europea prevede che, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, adotta una raccomandazione che definisce gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. Il Consiglio, sulla base di relazioni presentate dalla Commissione, sorveglia l’evoluzione economica in ciascuno degli Stati membri e nella Comunità, nonché la coerenza delle politiche economiche con gli indirizzi di massima e procede regolarmente ad una valutazione globale.

[283]  Decisione 2005/600/CE sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.

[284]          Il 25 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazioneE’ ora di cambiare marcia. Il nuovo partenariato per la crescita e l’occupazione” (COM(2006)30),relativa alla nuova relazione annuale sui progressi nell’attuazione della strategia di Lisbona rinnovata destinata al Consiglio europeo di primavera. 

 

[285]  Per un approfondimento dei temi trattati dal Secondo Rapporto sulla Strategia di Lisbona si rinvia alla Sintesi del Rapporto stesso allegata al presente dossier.

[286]       Le prospettive finanziarie stabiliscono, in relazione alle priorità politiche da esse individuate, il quadro delle grandi categorie di spesa del bilancio dell’Unione europea, indicando il massimale e la composizione delle spese prevedibili per ogni categoria nell’intero periodo di riferimento e in ciascuno degli anni in esso ricompresi. L’adozione delle prospettive finanziarie, che non è espressamente prevista dal Trattato CE, è operata - a partire dal 1988 - mediante la conclusione di un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione.