Sistema elettorale – La questione dei seggi vacanti

Una legislatura senza plenum

Le votazioni del 13 maggio 2001 hanno consegnato alla Camera della XIV legislatura 11 componenti in meno rispetto ai 630 deputati che la Costituzione le assegna. Seggi che sarebbero spettati alla lista Forza Italia alla quale tuttavia, tra liste circoscrizionali e collegamenti nei collegi uninominali, sono mancati 13 candidati per completare l’assegnazione dei 62 seggi della quota proporzionale ai quali avrebbe avuto diritto in base ai risultati elettorali.

La strategia del ricorso alle “liste civetta”, già collaudata in abbozzo nelle elezioni del 1994 e un po’ più estesamente nelle elezioni del 1996, ha trovato grande applicazione nelle candidature per l’elezione del 2001; l’intento di evitare la penalizzazione dovuta al meccanismo dello scorporo ha suggerito a varie forze politiche di ridurre al minimo il numero dei candidati uninominali che dichiaravano il collegamento alle liste del partito di appartenenza.

In presenza di un grande numero di voti attribuito a queste liste – come nel caso della lista Forza Italia – i candidati nella quota proporzionale (il cui numero è al massimo un terzo di quello dei seggi proporzionali spettanti a ciascuna circoscrizione) non sono stati sufficienti a raccogliere il successo elettorale.

 

Per i 62 seggi ad essa spettanti, la lista Forza Italia disponeva di 56 candidati nelle liste circoscrizionali e di 4 nei collegi uninominali; questi ultimi collegati alla sua lista e non proclamati nella medesima circoscrizione. L’Ufficio elettorale nazionale, “ripescando” i possibili candidati in ogni circoscrizione, ha assegnato 11 dei 13 seggi ancora “scoperti’. È stato invece impossibile trovare candidati di Forza Italia per gli ultimi due seggi che le sarebbero ancora spettati.

L’Ufficio elettorale nazionale ha fatto perciò ricorso all’articolo 11 del regolamento di attuazione della legge elettorale (L. 277/1993), approvato con D.P.R. 5 gennaio 1994, n. 14. Questo disponeva che, se l’Ufficio non può procedere alla proclamazione per insufficienza di candidature in tutte le circoscrizioni, i seggi non assegnati sono ripartiti proporzionalmente fra tutte le altre liste ammesse alla ripartizione dei seggi. Esperito quel calcolo, i due seggi sono spettati a due liste appartenenti alla coalizione avversaria: la lista Democratici di sinistra e la lista La Margherita - Democrazia e libertà con Rutelli.

Gli 11 seggi assegnati sono venuti a mancare alla lista Forza Italia quando, effettuate le opzioni, la Giunta delle elezioni della Camera si è trovata nella impossibilità di indicare i candidati subentranti. Per questi si sono immediatamente contrapposte due tesi:

§         la prima – sostenuta dai gruppi parlamentari di minoranza – che riteneva doversi applicare ancora l’articolo 11 del Regolamento di attuazione, come aveva già fatto l’Ufficio elettorale nazionale,

§         la seconda – sostenuta in primo luogo dal gruppo parlamentare Forza Italia e insieme dagli altri gruppi di maggioranza – che quei seggi – per rispettare il voto espresso dagli elettori – avrebbero dovuto essere assegnati a candidati che, sebbene formalmente collegati ad una “lista civetta” (Per l’abolizione dello scorporo e contro i ribaltoni), di fatto erano (stati) espressi dalla coalizione Casa delle libertà ed erano “collegati” alle sue liste dal contrassegno unitario che questa aveva presentato per le candidature nei collegi uninominali.

Presupposto alla seconda tesi era, ovviamente, il riconoscimento della inapplicabilità e della illegittimità dell’articolo 11 del regolamento il quale – si è sostenuto – disciplinando una modalità di assegnazione dei seggi, aveva disposto con norma regolamentare in una materia, quella elettorale, per la quale l’articolo 48 della Costituzione pone una riserva di legge.

Una terza tesi – ed insieme autonoma questione pregiudiziale – era rappresentata dalla ipotesi che non si procedesse ad alcuna proclamazione per quei seggi, con l’implicita assunzione che la Camera dovesse ritenersi legittimamente e pienamente costituita pur restando vacanti (per l’intera legislatura) alcuni dei suoi seggi.

 

Sulla questione pregiudiziale – se cioè potesse ritenersi legittima una “composizione della Camera inferiore al plenum – la Giunta delle elezioni aveva rapidamente definito una risposta positiva. Ciò alla stregua della natura dell’organo, delle varie disposizioni che ne prevedono e ne disciplinano il funzionamento in mancanza del plenum ed alla stregua della giurisprudenza costituzionale che, affermando il “principio della necessità che la normativa elettorale sia idonea ad assicurare la rinnovazione dell’organo [...] non ha affermato esplicitamente che da questo possa farsi discendere il principio dell’effettivo e concreto conseguimento del plenum[1].

Non così per il merito della decisione. Non fu accolta alcuna delle due tesi e la decisione venne rimessa all’Assemblea; sia per trovare modo di definire una soluzione sulla quale far convergere l’intesa dei gruppi, sia perché nel decidere dei seggi non assegnati l’Assemblea potesse accompagnare quella scelta con un intervento legislativo inteso a disciplinare il caso per la restante parte della legislatura. Anche perché, nel frattempo, era deceduto un deputato eletto nella lista Forza Italia con il sistema proporzionale e non era stato possibile procedere alla sua sostituzione.

 

La questione si ripresentò nei medesimi termini in Assemblea; anche l’ammissibilità che la Camera potesse non conseguire il plenum fu nuovamente posta in discussione.

Sulle due tesi contrapposte e riaffermate in altrettanti ordini del giorno prevalse però – nella seduta del 15 luglio 2002 – la volontà di non assumere una decisione che, in entrambi i casi, sarebbe risultata in contrasto o con le norme vigenti, o con il voto espresso dagli elettori. L’Assemblea approvò un ordine del giorno – presentato dall’onorevole Filippo Mancuso – con il quale la Camera prendeva atto che “non sussistono le condizioni per assegnare i seggi corrispondenti ai deputati plurieletti della lista Forza Italia non attribuiti per insufficienza di candidature della medesima lista in tutte le circoscrizioni”.

Quella decisione chiuse la vicenda stabilendo che:

§         l’articolo 11 del regolamento (D.P.R. 14/1994) andava disapplicato perché in contrasto con la riserva di legge stabilita dall’articolo 48 della Costituzione e perché, nel merito, la sua applicazione avrebbe comportato l’assegnazione di parte di quei seggi a candidati della coalizione e delle liste di opposizione;

§         i 12 seggi non assegnati alla lista Forza Italia sarebbero rimasti vacanti per l’intera legislatura; il ricorso al criterio della “coalizione di fatto” avrebbe infatti violato le norme legislative in vigore, le quali consentivano di “recuperare” soltanto candidati uninominali “formalmente” collegati con la lista in questione;

§         la decisione di disapplicare l’articolo 11 del regolamento non avrebbe però comportato la revoca delle due proclamazioni alle quali aveva proceduto l’Ufficio elettorale nazionale in forza di quella norma: quei deputati restarono confermati;

§         la Camera riaffermava la “piena legittimità costituzionale della propria composizione” in un numero inferiore al plenum previsto dall’articolo 56 della Costituzione.

La nuova disciplina per la copertura dei seggi vacanti

La decisione di non procedere alla assegnazione dei 12 seggi rimasti vacanti per insufficienza delle candidature lasciava irrisolta la questione per il futuro; quale cioè potesse essere la “regola” per procedere al subentro nei seggi che, eventualmente, si sarebbero resi vacanti tra i deputati eletti nella lista Forza Italia e, più in generale, in ogni lista che si fosse trovata nelle medesime condizioni.

A questa eventualità il Parlamento ha inteso dare una risposta con la legge 4 aprile 2005, n. 47, Modifiche agli articoli 83, 84 e 86 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di attribuzione dei seggi nell’elezione della camera dei deputati. Sull’impianto immutato della disciplina con la quale si erano svolte le elezioni dell’aprile 2001 – condizione perché la nuova disciplina potesse operare anche nella legislatura in corso – quella legge ha inserito nuove disposizioni che consentono l’identificazione di “coalizioniattraverso il contrassegno che contraddistingue i candidati nei collegi uninominali. Le nuove disposizioni integrano la disciplina di assegnazione dei seggi ed operano in via residuale quando – in presenza di seggi da assegnare ad una lista – questa abbia esaurito le candidature identificate dalla disciplina del “collegamento”.

L’innovazione – ora abrogata insieme alla restante disciplina del sistema dei collegi uninominali introdotto dalle leggi 276 e 277 del 1993 – disponeva che se al termine delle assegnazioni di seggi secondo la disciplina del collegamento fossero residuati ancora seggi da attribuire ad una lista carente di candidature, quei seggi – nelle circoscrizioni nelle quali si erano determinate le carenze – sarebbero stati assegnati a candidati non proclamati nei collegi uninominali appartenenti al gruppo politico organizzato di cui faceva parte la lista. Per identificare il gruppo politico organizzato ed i candidati che vi appartenevano si sarebbe fatto ricorso al contrassegno comune con il quale quei candidati si erano presentati nei collegi uninominali. A loro volta le liste proporzionali appartenenti a quel gruppo politico sarebbero state identificate dal collegamento dichiarato con quella lista da almeno uno dei candidati uninominali presentatisi con il contrassegno comune.



[1]     Così la Relazione del Presidente (on. Soro) sulla questione concernente i seggi non attribuiti, presentata alla Presidenza della Camera il 12 luglio 2002 (DOC III, n. 1).