Elezioni – Campagna elettorale e finanziamenti

Par condicio” ed emittenza locale

La disciplina della propaganda elettorale nei mezzi di informazione è stata modificata dalla L. 313/2003[1], la quale ha novellato in misura rilevante la L. 28/2000[2] (c.d. legge sulla “par condicio”), che regolamenta la comunicazione politica e l’accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali, introducendovi il capo II (artt. 11-bis – 11-septies).

La L. 313/2003 ha introdotto una specifica e distinta disciplina per le emittenti radiofoniche e televisive locali e ha escluso per queste ultime l’applicazione delle disposizioni dettate dal capo I (artt. da 1 a 11) della L. 28/2000, che rimangono efficaci soltanto per le emittenti radiotelevisive nazionali, ad eccezione di quelle relative alla diffusione dei sondaggi e di alcune concernenti la trasmissione dei messaggi politici autogestiti.

 

La normativa in questione si applica alle emittenti radiofoniche e televisive locali come definite dall’art. 11-ter della L. 28/2000, vale a dire: “ogni soggetto destinatario di autorizzazione o concessione o comunque di altro titolo di legittimazione per l’esercizio della radiodiffusione sonora o televisiva in ambito locale”; è invece esclusa la programmazione regionale o locale della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e dei soggetti privati aventi titolo per trasmettere in ambito nazionale.

 

La legge stabilisce i princìpi fondamentali che le emittenti locali devono osservare nella trasmissione sia di programmi di informazione, nel rispetto della libertà di informazione, sia di programmi di comunicazione politica, vale a dire i principi del pluralismo – che deve esplicarsi attraverso la parità di trattamento – dell’obiettività, dell’imparzialità e dell’equità.

La legge individua espressamente i programmi d’informazione, che sono il telegiornale, il giornale radio e comunque il notiziario o altro programma di contenuto informativo, a rilevante presentazione giornalistica, caratterizzato dalla correlazione ai temi dell’attualità e della cronaca. La legge inoltre considera programmi di comunicazione politica quelli in cui assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche manifestate attraverso tipologie di programmazione che comunque consentano un confronto dialettico tra più opinioni, anche se conseguito nel corso di più trasmissioni.

Per garantire la parità di trattamento e l’imparzialità a tutti i soggetti politici, le emittenti locali devono operare in conformità alle disposizioni del codice di autoregolamentazione in materia di programmi di informazione e di programmi di comunicazione politica, adottato da parte dei rappresentanti delle emittenti locali ed emanato con il decreto del Ministero delle comunicazioni dell’8 aprile 2004.

La procedura per l’adozione del codice è fissata dalla legge:

§         entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 313/2003 (cioè dal 19 novembre 2003), le organizzazioni delle emittenti locali che superano una determinata soglia di rappresentatività (almeno il 5 per cento del numero totale delle emittenti radiofoniche o televisive locali o dell’ascolto globale televisivo o radiofonico di queste) presentano al ministro delle comunicazioni uno schema di codice di autoregolamentazione;

§         qualora tale termine decorra senza che le organizzazioni abbiano provveduto a presentare uno schema, il ministro delle comunicazioni propone comunque uno schema di codice;

§         sullo schema predisposto dalle associazioni o su quello elaborato del ministro devono essere acquisiti i pareri della Federazione nazionale della stampa italiana, dell’Ordine nazionale dei giornalisti, della Conferenza Stato-regioni e delle competenti Commissioni parlamentari; ciascun organismo esprime il suo parere entro trenta giorni dalla ricezione dello schema;

§         lo schema, con i relativi pareri, è dunque immediatamente trasmesso all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che delibera entro quindici giorni dalla ricezione, tenuto conto dei pareri espressi;

§         entro i successivi trenta giorni le citate organizzazioni rappresentative sottoscrivono il codice di autoregolamentazione, come deliberato dall’Autorità;

§         il codice è infine emanato con decreto del ministro delle comunicazioni. Il ministro emana comunque il decreto anche se, decorso il termine di trenta giorni, il codice non risulti ancora sottoscritto dalle organizzazioni rappresentative;

§         il decreto del ministro delle comunicazioni è pubblicato nella Gazzetta ufficiale; l’efficacia del codice decorre dal giorno successivo a quello di pubblicazione.

 

Il codice di autoregolamentazione ha efficacia erga omnes, nei confronti cioè di tutte le emittenti radiofoniche e televisive locali, aderiscano o meno alle organizzazioni rappresentative che l’hanno sottoscritto.

Quanto al contenuto minimo del codice, il comma 3 dell’art. 11-quater della L. 28/2000 stabilisce che le sue disposizioni devono comunque:

§         consentire la comunicazione politica, dalla data di convocazione dei comizi elettorali, “secondo una effettiva parità di condizioni tra i soggetti competitori, anche con riferimento alle fasce orarie e al tempo di trasmissione”;

§         disciplinare le condizioni economiche di accesso ai messaggi politici autogestiti a pagamento; i criteri per la determinazione dei prezzi devono tener conto delle norme in materia di spese elettorali dei candidati e conformarsi al principio della “comprovata parità di costo” tra i candidati medesimi.

Alle emittenti locali che accettano di trasmettere messaggi politici autogestiti a titolo gratuito continua ad applicarsi la disciplina di cui all’art. 4, co. 3 e 5, della L. 28/2000.

 

La L. 28/2000 (art. 4, co. 3) stabilisce che nel secondo periodo della campagna elettorale (decorrente dalla data di presentazione delle candidature) possono essere trasmessi messaggi autogestiti gratuiti secondo le modalità specifiche dettate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla base dei princìpi fissati dalla legge. Gli spazi per i messaggi devono essere offerti in condizioni di parità di trattamento a tutti i soggetti politici. I messaggi devono essere inseriti in appositi contenitori – separati dalla restante programmazione – in misura non superiore a quattro al giorno e recare l’indicazione “messaggio autogestito”.

Le emittenti locali che trasmettono gratuitamente messaggi autogestiti hanno diritto ad un rimborso da parte dello Stato (art. 4, comma 5), nella misura annualmente definita con decreto del ministro delle comunicazioni di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze.

 

L’art. 11-quinquies conferisce all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni poteri di vigilanza e sanzionatori ai fini del rispetto dei princìpi indicati nel capo II, delle disposizioni del codice di autoregolamentazione, nonché delle norme regolamentari o attuative emanate dalla stessa Autorità.

 

Qualora, d’ufficio o su denuncia di soggetti politici interessati o del Consiglio nazionale degli utenti, siano accertate infrazioni, l’Autorità adotta ogni provvedimento, anche in via di urgenza, idoneo ad eliminarne gli effetti anche ordinando, se del caso, la programmazione di trasmissioni a carattere compensativo o, se ciò non fosse possibile, disponendo la sospensione delle trasmissioni per un massimo di trenta giorni.

In sede di verifica dell’ottemperanza ai propri provvedimenti, l’Autorità, in caso di riscontro negativo, può irrogare nei confronti dell’emittente responsabile della violazione una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 20.000 euro.

Quanto alla tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti dell’Autorità, l’articolo afferma la giurisdizione esclusiva degli organi di giustizia amministrativa, prevista in via generale dall’art. 23-bis della legge 1034/1971[3]. La competenza di primo grado è attribuita inderogabilmente al tribunale amministrativo regionale del Lazio. Non sembra pertanto più applicabile la specifica procedura prevista dall’art. 10, co. 10, della legge 28/2000[4].

L’art. 11-sexies prevede che l’Autorità adegui alla nuova disciplina le proprie disposizioni regolamentari e attuative.

 

L’art. 11-septies dispone che, dal giorno in cui il codice di autoregolamentazione acquista efficacia (il giorno successivo a quello di pubblicazione del relativo decreto) cessi di applicarsi alle emittenti locali la disciplina di cui al capo I della L. 28/2000, ad eccezione dei già citati co. 3 e 5 dell’art. 4 (che disciplinano i messaggi politici autogestiti a titolo gratuito, per le emittenti locali che accettano di trasmetterli), e dell’art. 8, in materia di sondaggi.

 

La L. 28/2000 (art. 8) vieta la pubblicazione di sondaggi sull’esito delle elezioni o sugli orientamenti politici degli elettori nei quindici giorni precedenti il voto. I criteri secondo i quali devono realizzarsi tali i sondaggi sono definiti dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Al di fuori del periodo elettorale i sondaggi possono essere diffusi solo se accompagnati da precise indicazioni (data, autore, committente, acquirente, criteri e metodologia applicata etc.) e se integralmente pubblicati su un apposito sito informatico.

 

Dalla data di presentazione delle candidature fino alla chiusura della campagna elettorale, le emittenti locali possono trasmettere messaggi politici autogestiti sia a titolo gratuito (ai sensi dell’art. 4, commi 3 e 5, della legge 28/2000, in precedenza illustrato), sia a pagamento (secondo la disciplina dettata dal Codice di autoregolamentazione delle emittenti locali agli artt. 5 e 6). In periodi diversi da quello elettorale non è concessa alle emittenti locali se non la comunicazione politica a pagamento (propaganda politica).

Le emittenti locali che intendono diffondere messaggi politici autogestiti a pagamento devono dare notizia dell’offerta dei relativi spazi mediante la trasmissione di un avviso, da trasmettere almeno una volta al giorno nella fascia oraria di maggiore ascolto.

Tale avviso costituisce “condizione essenziale” per la diffusione della propaganda elettorale; in caso di messa in onda oltre il termine di dieci giorni, la propaganda elettorale può iniziare il secondo giorno successivo alla trasmissione. L’avviso ha anche lo scopo di informare i soggetti politici dell’esistenza di un documento, depositato presso la sede dell’emittente e consultabile dagli interessati, nel quale devono essere fissate le condizioni e le modalità di prenotazione degli spazi di propaganda, le relative tariffe e le altre informazioni tecniche rilevanti. Per l’accesso agli spazi di propaganda elettorale devono essere praticate condizioni, anche economiche, uniformi a tutti i soggetti politici; le prenotazioni degli spazi sono prese in esame secondo l’ordine temporale; il valore dei contratti non può superare il 75% dei tetti previsti dalla vigente normativa per la spesa elettorale di ciascun candidato; a tutti i soggetti politici richiedenti spazi devono essere estese le condizioni di maggior favore eventualmente praticate ad uno di essi; la tariffa massima praticabile non può superare il 70 per cento del listino di pubblicità tabellare. È consentita ai soggetti politici interessati la verifica documentale dei listini; in caso di spazi di propaganda differenziati per area territoriale, vanno distintamente indicate le tariffe relative ad ogni area; ogni trasmissione deve essere preceduta da un annuncio in audio o in video, che dia conto della sua natura di propaganda elettorale a pagamento e che indichi il soggetto politico committente.

L’art. 3 della L. 313/2003, che in questo caso non ha novellato la legge 28/2000, stabilisce inoltre l’inapplicabilità alle emittenti locali delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 5, della L. 515/1993, che vietano la presenza di esponenti politici nelle trasmissioni radiotelevisive in campagna elettorale.

 

L’art. 1, co. 5, della L. 515/1993 dispone che a partire dalla data di indizione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto, la presenza di candidati, esponenti di partiti e movimenti politici, membri del Governo, delle giunte e dei consigli regionali e degli enti locali nelle trasmissioni radiotelevisive diverse da quelle di comunicazione politica è ammessa solo nelle trasmissioni informative riconducibili alla responsabilità di una specifica testata giornalistica e deve essere limitata esclusivamente alla esigenza di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione. La presenza dei soggetti sopra menzionati nelle altre trasmissioni è invece vietata.

 

In materia di parità di accesso ai mezzi di informazione di massa, si ricorda che la L. 112/2004[5] ha individuato, tra i principi generali in materia di informazione radiotelevisiva che la RAI è tenuta ad osservare, la garanzia dell’accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e di imparzialità (v. scheda Il servizio pubblico radiotelevisivo).

 

Per quanto riguarda infine la propaganda elettorale effettuata con i mezzi tradizionali, è stata stabilita (con una disposizione introdotta nella legge finanziaria 2005: L. 311/2004[6], art. 1, co. 480-483) la responsabilità esclusiva di colui che materialmente è colto in flagranza nell’atto d’affissione di manifesti politici per quanto riguarda le sanzioni amministrative e la non sussistenza della responsabilità solidale del committente.

Rimborsi per spese elettorali e finanziamento dei partiti

Alcune disposizioni contenute in due provvedimenti d’urgenza approvati in prossimità delle elezioni politiche hanno inciso sulla disciplina dei rimborsi per spese elettorali e sui limiti delle stesse e sul finanziamento dei partiti politici.

 

L’art. 39-quaterdecies del D.L. 273/2005[7] ha introdotto puntuali ma significative modifiche alle leggi 659/1981[8], 157/1999[9] e 195/1974[10], concernenti i rimborsi per spese elettorali e il finanziamento dei partiti politici.

Il comma 1 dell’art. 39-quaterdecies ha inciso sugli obblighi di dichiarazione dei finanziamenti o contributi destinati a partiti politici, ad articolazioni politico-organizzative o a dirigenti dei medesimi, a gruppi parlamentari, nonché a membri del Parlamento, a membri italiani del Parlamento europeo, a consiglieri regionali, provinciali e comunali, ed ai candidati alle predette cariche.

 

Ai sensi dell’art. 7 della L. 195/1974 e dell’art. 4, primo comma, della L. 659/1981, possono versare contributi ai partiti ed agli altri soggetti testé indicati le persone fisiche, gli enti e le associazioni, le società; per queste ultime i finanziamenti sono ammessi solo se:

§         la società non ha una partecipazione pubblica superiore al 20% e non è controllata da una società con partecipazione pubblica superiore al 20%;

§         i finanziamenti sono deliberati dall’organo sociale competente e sono regolarmente iscritti in bilancio.

È invece vietata – e sanzionata penalmente – la contribuzione da parte di organi della pubblica amministrazione, di enti pubblici e di società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 20% o di società controllate da queste ultime.

 

I finanziamenti e i contributi che non siano vietati ex art. 7, L. 195/1974, possono essere erogati senza limiti di importo; la legge impone tuttavia alcune formalità, la cui violazione è sanzionata penalmente. Tra queste[11], qui rileva l’obbligo di cui all’art. 4, commi terzo e seguenti, della legge 659/1981, che impone di effettuare una dichiarazione congiunta con il soggetto donatore al Presidente della Camera qualora il contributo privato superi, nell’arco dell’anno, un determinato importo.

 

La somma originaria di 5 milioni di lire indicata nell’art. 4, co. 3, della legge 659/1981 era stata rivalutata in 6.614 euro (pari a lire 12.806.471), da ultimo, dal decreto del Ministro dell’interno 23 febbraio 2001 (G.U. 14 marzo 2001, n. 61). La disposizione della legge 659/1981 richiamata disponeva infatti la rivalutazione nel tempo, secondo gli indici ISTAT dei prezzi all’ingrosso, di tale importo.

La dichiarazione va effettuata entro tre mesi (o entro il mese di marzo dell’anno successivo). L’obbligo di dichiarazione non si estende ai finanziamenti direttamente concessi da istituti di credito o da aziende bancarie, alle condizioni fissate dagli accordi interbancari; nell’ipotesi di contributi o finanziamenti di provenienza estera, l’obbligo è posto a carico del solo soggetto che li percepisce.

 

Il comma 1 ha modificato il terzo comma dell’art. 4 della legge 659/1981, ora illustrato, elevando da 6.614 euro a 50.000 euro la soglia oltre la quale sorge l’obbligo di dichiarazione congiunta, ed eliminando la periodica rivalutazione di tale soglia, prevista dal testo previgente.

Il comma 2 dell’articolo 39-quaterdecies ha novellato l’art. 1, co. 6 e ha aggiunto un nuovo articolo (l’art. 6-bis) alla L. 157/1999, che disciplina il rimborso per le spese elettorali sostenute da movimenti o partiti politici.

 

La L. 157/1999 (come modificata dalla L. 156/2002[12]) prevede un sistema di rimborso per le spese elettorali sostenute dai partiti e movimenti politici per le elezioni politiche, europee e regionali. I rimborsi sono corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi, corrispondenti agli organi da rinnovare (Senato della Repubblica; Camera dei deputati; Parlamento europeo; Consigli regionali); (art. 1, co. 1 e 3). L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno della legislatura degli organi interessati, alla somma che risulta dalla moltiplicazione di 1 euro per il numero dei cittadini della Repubblica italiana iscritti nelle liste elettorali della Camera dei deputati (art. 1, co. 5).

Il contributo è versato sulla base di quote annuali. Prima dell’approvazione dell’art. 39-quaterdecies del decreto-legge 273/2005, in caso di scioglimento anticipato del Senato o della Camera, il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi era interrotto: i movimenti o partiti politici avevano diritto esclusivamente al versamento delle quote dei rimborsi per un numero di anni pari alla durata della legislatura dei rispettivi organi (art. 1, co. 6).

La legge rinvia, per la determinazione degli aventi diritto alla ripartizione dei fondi e per il calcolo di tale ripartizione, alle leggi vigenti in materia (con riferimento ai rimborsi elettorali per le elezioni politiche, il rinvio è effettuato all’art. 9 della L. 515/1993[13]).

 

In virtù delle modifiche apportate al comma 6 dell’art. 1 della L. 157/1999:

§         il versamento delle quote annuali dei rimborsi per le spese elettorali non è più destinato a interrompersi in caso di scioglimento anticipato del Senato o della Camera, ma è comunque effettuato per intero;

§         le somme erogate o da erogare a titolo di rimborso per le spese elettorali possono costituire oggetto di operazioni di cartolarizzazione e sono comunque cedibili a terzi.

Tale ultima possibilità è estesa dalla novella ad “ogni altro credito, presente o futuro, vantato dai partiti o movimenti politici”.

 

La cartolarizzazione (o securitization) consiste nella “mobiliarizzazionedi attività, per cui si procede alla conversione in strumenti finanziari negoziabili di crediti. In sostanza, la cartolarizzazione si configura come una tecnica finanziaria mediante la quale i crediti derivanti da classi dell’attivo vengono selezionati e, almeno nella maggioranza dei casi, aggregati in base a tipologie omogenee, al fine di costituire un supporto finanziario a garanzia dei titoli (asset backed securities) rappresentativi di tali crediti emessi sul mercato dei capitali[14].

In base alla L. 130/1999[15], che ne ha introdotto la disciplina generale, la cartolarizzazione si articola in due distinte operazioni:

§         la prima consiste nella cessione, pro-solvendo o pro-soluto, di un portafoglio di crediti pecuniari omogenei (o di categorie omogenee), sia esistenti che futuri, da parte di una società (società cedente) ad un’altra società appositamente costituita (società cessionaria); questa – una società finanziaria avente quale oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione, che opera, in deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c., secondo principi di separatezza patrimoniale – procede all’emissione di titoli direttamente collegati alla cartolarizzazione, ovvero può ricorrere ad un finanziamento da parte di una società emittente titoli direttamente collegati all’operazione medesima;

§         La seconda consiste nella costituzione di garanzie dei crediti, per la protezione, totale o parziale, degli acquirenti dei titoli della società cessionaria o della società emittente che a sua volta finanzia la società cessionaria dalle perdite su crediti. Tale sistema di garanzia dei crediti trova applicazione limitatamente ai casi di collocamento dei titoli della società cessionaria, o della società emittente, sul mercato generalizzato e implica l’intervento obbligatorio di una società di rating, dotata di requisiti di indipendenza e professionalità, la quale esprime una valutazione sui crediti oggetto dell’operazione di cartolarizzazione.

 

Ai sensi del nuovo art. 6-bis della L. 157/1999, introdotto dall’art. 39-quaterdecies del D.L. 273/2005, i rimborsi elettorali erogati ai partiti ai sensi della legge 157/1999 sono posti a garanzia (ai sensi dell’art. 2740 del codice civile) dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte da parte dei partiti e movimenti politici che ne sono beneficiari.

 

Ai sensi del primo comma dell’art. 2740 c.c., il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni “con tutti i suoi beni presenti e futuri”. Il secondo comma aggiunge che “le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”.

 

La responsabilità patrimoniale che può esser fatta valere dai relativi creditori non si estende agli amministratori dei partiti o movimenti politici, se non quando questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave.

Il nuovo art. 6-bis della legge 157/1999 ha inoltre istituito un fondo di garanzia volto al soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca “antecedente all’entrata in vigore della presente legge[16]“.

Il fondo è alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per i fondi destinati all’erogazione dei rimborsi elettorali (di cui all’art. 1 della L. 157/1999). Le modalità di gestione e funzionamento del fondo sono stabilite con decreto del ministro dell’economia e delle finanze. La disposizione di cui al nuovo art. 6-bis della legge 157/1999, si applica anche per i giudizi e procedimenti in corso.

L’art. 6-bis della L. 157/1999, in correlazione con l’istituzione del fondo di garanzia per i debiti dei partiti e movimenti politici da esso disposta, apporta infine una modifica all’art. 6 della L. 195/1974, che si concreta nella soppressione del divieto di cessione delle somme esigibili dai partiti politici a titolo di contributo per le spese elettorali, e della conseguente nullità dei patti contrari.

 

Gli articoli 3-ter e 3-quater del D.L. 1/2006[17] hanno modificato, rispettivamente, gli artt. 7 e 10 della L. 515/1993, anche al fine di adeguare al nuovo sistema elettorale la disciplina dei tetti alle spese per la campagna elettorale da tali articoli recata con riguardo, rispettivamente, ai singoli candidati ed ai partiti o movimenti politici che partecipano all’elezione. Nel loro complesso – anche in relazione alla nuova disciplina elettorale – le modifiche apportate hanno quale effetto un innalzamento dei limiti massimi di spesa, rispetto a quelli vigenti.

In sintesi, il testo dei due articoli:

§         fissa un limite massimo alle spese per la campagna elettorale di ciascun candidato, pari a 52.000 euro per ogni circoscrizione (o collegio) elettorale ed a una cifra ulteriore pari a 1 centesimo di euro per ogni cittadino residente nelle circoscrizioni (o collegi) in cui il candidato si presenta;

§         dispone che le spese per la campagna elettorale, anche se riferibili a un candidato (o gruppo di candidati) siano imputate – ai fini del computo del tetto di spesa – al committente che le ha effettivamente sostenute, purché sia un candidato o il partito di appartenenza;

§         non contempla più il limite (recato dall’art. 7, co. 3, nella precedente formulazione) ai contributi o servizi erogati da ciascuna persona fisica, associazione o persona giuridica;

§         eleva (da 6.500 a 20.000 euro) il limite di valore (di cui al comma 6 dell’art. 7) oltre il quale i contributi delle persone fisiche devono essere analiticamente dichiarati dal candidato;

§         fissa un tetto alle spese per la campagna elettorale di ciascun partito, movimento o lista che partecipa all’elezione, pari alla somma risultante dalla moltiplicazione di 1 euro per il numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali delle circoscrizioni (o collegi) in cui il partito o gruppo presenta candidature, a tal fine sommando le iscrizioni nelle liste elettorali per la Camera e quelle per il Senato.



[1]     Legge 6 novembre 2003, n. 313, Disposizioni per l’attuazione del principio del pluralismo nella programmazione delle emittenti radiofoniche e televisive locali.

[2]     Legge 22 febbraio 2000, n. 28, Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica.

[3]     Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, Istituzione dei tribunali amministrativi regionali.

[4]     Ai sensi dell’art. 10, co. 10, della L. 28/2000, i provvedimenti dell’Autorità in caso di violazioni alla legge medesima sono impugnabili dinanzi al TAR del Lazio entro trenta giorni dalla comunicazione. In caso di inerzia dell’Autorità, i soggetti interessati possono chiedere al TAR del Lazio, anche in sede cautelare, la condanna dell’Autorità a provvedere entro tre giorni dalla pronunzia. In caso di richiesta cautelare, i soggetti interessati possono trasmettere o depositare memorie entro cinque giorni dalla notifica. Il TAR del Lazio si pronunzia sulla domanda di sospensione nella prima camera di consiglio dopo la scadenza del termine previsto per il deposito delle memorie, e comunque non oltre il settimo giorno.

[5]     Legge 3 maggio 2004, n. 112, Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione, art. 6, successivamente confluito nel D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, Testo unico della radiotelevisione, art. 7.

[6]     L. 30 dicembre 2004, n. 311, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005), che ha anche disposto la sanatoria delle violazioni delle norme sulle affissioni di manifesti politici commesse fino al 1° gennaio 2005.

[7]     D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, (conv. con mod. in L. 23 febbraio 2006, n. 51), Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti.

[8]     Legge 18 novembre 1981, n. 659, Modifiche ed integrazioni alla legge 2 maggio 1974, n. 195, sul contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici.

[9]     Legge 3 giugno 1999, n. 157, recante Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici.

[10]    Legge 2 maggio 1974, n. 195, Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici.

[11]    Si ricorda in particolare l’obbligo, per i rappresentanti dei partiti, movimenti, liste e gruppi di candidati che concorrono per le elezioni politiche di rendicontare ai Presidenti delle rispettive Camere tutti i contributi ricevuti per la campagna elettorale (L. 515/1993, art. 12), e l’obbligo (ex L. 2/1997) per i legali rappresentanti o i tesorieri dei partiti o dei movimenti politici di trasmettere al Presidente della Camera, entro il 31 luglio di ogni anno, un rendiconto di esercizio, corredato di una relazione sulla gestione e di una nota integrativa.

[12]    Legge 26 luglio 2002, n. 156, Disposizioni in materia di rimborsi elettorali.

[13]    Legge 10 dicembre 1993, n. 515, Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

[14]    Dal punto di vista economico, le operazioni di cartolarizzazione presentano evidenti vantaggi. La cessione di crediti che costituiscono immobilizzazioni consente, infatti, la creazione di nuove opportunità di investimento, per cui si crea liquidità che può essere integrata in termini tali da assicurare una più elevata redditività. Ciò vale in primo luogo per le banche, ma anche per le società commerciali. Si determina, inoltre, un secondo elemento positivo costituito dall’aumento dei titoli in circolazione risulta, inoltre, particolarmente opportuno in Italia, alla luce del numero limitato di titoli quotati nei mercati regolamentati.

[15]    L. 30 aprile 1999, n. 130, Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti.

[16]    Al di là dell’intendimento del legislatore, il riferimento alla “presente legge” è contenuto in una disposizione che novella la legge 157/1999: stando al suo tenore letterale, la disposizione dovrebbe dunque avere ad oggetto i soli debiti maturati antecedentemente all’entrata in vigore della legge 157/1999.

[17]    D.L. 3 gennaio 2006, n. 1, (conv., con modificazioni, dalla L. 27 gennaio 2006, n. 22), Disposizioni urgenti per l’esercizio domiciliare del voto per taluni elettori, per la rilevazione informatizzata dello scrutinio e per l’ammissione ai seggi di osservatori OSCE, in occasione delle prossime elezioni politiche.