Immigrazione – La regolarizzazione

Le modalità

La legge 189/2002, oltre a modificare alcuni aspetti della disciplina dell’immigrazione, contenuta nel testo unico del 1998, ha disposto una regolarizzazione dei rapporti di lavoro prestato da cittadini non comunitari come badanti o come lavoratori domestici.

Successivamente, la procedura di emersione è stata estesi a tutti i tipi di lavoro con il decreto legge 195/2002[1]

 

L’operazione di regolarizzazione fa seguito ad iniziative analoghe adottate negli anni precedenti (nel 1986, 1990, 1995, 1998), sempre in occasione di interventi normativi di modifica della disciplina dell’immigrazione che appunto in quanto destinate a mutare il quadro di riferimento relativo alle regole a agli obblighi di soggiorno, provvedono contestualmente a sanare le eventuali irregolarità precedenti.

 

Coloro che nei tre mesi[2] antecedenti alla data di entrata in vigore della legge 189 (10 settembre 2003) avevano occupato alle proprie dipendenze personale di origine non comunitaria irregolarmente poteva denunciare (entro l’11 novembre 2003) la sussistenza del rapporto di lavoro alla prefettura-ufficio territoriale del Governo della propria provincia presentando una dichiarazione presso gli uffici postali.

La dichiarazione di emersione, oltre a contenere le generalità del datore di lavoro e del lavoratore, doveva indicare le modalità di impiego e della retribuzione convenuta e l’impegno a stipulare il contratto di soggiorno per lavoro di cui all’art. 5-bis del T.U. Essa doveva essere accompagnata da un attestato di pagamento di un contributo forfetario per ciascun lavoratore e, nel caso di lavoratori adibiti all’assistenza personale, da certificazione medica della patologia del componente la famiglia alla cui assistenza il lavoratore era destinato.

Veniva esclusa la possibilità di presentare istanza di regolarizzazione nei seguenti casi:

§         per coloro nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno (salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l’inserimento sociale).

§         per coloro che risultassero segnalati ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;

§         per i denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo che il procedimento penale si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso ovvero nei casi di archiviazione previsti dall’articolo 411 del codice di procedura penale, ovvero risultino destinatari dell’applicazione di una misura di prevenzione o di sicurezza, salvi, in ogni caso, gli effetti della riabilitazione.

 

La Corte costituzionale (sentenza 78/2005) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questa ultima disposizione (presente sia nell’art. 33, comma 7, lettera c), della legge n. 189 del 2002, sia nell’art. 1, comma 8, lettera c), del D.L. 195/2002) nella parte in cui non consente la regolarizzazione del lavoratore extracomunitario denunciato per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza. La Corte ha giudicato contrario al principio di ragionevolezza l’automatismo delle conseguenze collegate alla sola denuncia, in quanto atto che nulla prova riguardo alla colpevolezza o alla pericolosità del soggetto, e pertanto ha ritenuto irragionevole una normativa che fa derivare dalla denuncia “conseguenze molto gravi in danno di chi della medesima è soggetto passivo, imponendo il rigetto dell’istanza di regolarizzazione che lo riguarda e l’emissione nei suoi confronti dell’ordinanza di espulsione; conseguenze tanto più gravi qualora s’ipotizzino denunce non veritiere per il perseguimento di finalità egoistiche del denunciante e si abbia riguardo allo stato di indebita soggezione in cui, nella vigenza delle norme stesse, vengono a trovarsi i lavoratori extracomunitari”.

I risultati

Il termine ultimo per la presentazione delle richieste di regolarizzazione è stato fissato all’11 novembre 2003[3]. L’esame delle domande si è concluso tra la fine del 2003 e i primi mesi del 2004.

 

I risultati definitivi della regolarizzazione (si veda la tabella) sono contenuti nella documentazione trasmessa l’11 novembre 2004 dalla Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Ministero dell’interno alla Commissione bicamerale Schengen. La documentazione è stata fornita in occasione dell’audizione del prefetto Alessandro Pansa nell’ambito dell’indagine conoscitiva in materia di immigrazione svolta dalIa Commissione[4].

Il numero di istanza presentate (703.879) risulta leggermente superiore a quello delle persone per le quali è stata presentata domanda (693.937), poiché più datori di lavoro potevano presentare istanza per lo stesso lavoratore[5].

Nel complesso sono stati regolarizzati 641.638 stranieri, di cui 315.199 lavoratori domestici e 326.439 lavoratori appartenenti ad altre categorie[6].

 

Regolarizzazione immigrati 2002 (L. 189/2002 e L. 222/2002). Bilancio definitivo

 

Stranieri per i quali sono state presentate le istanze di regolarizzazione

693.937

Stranieri ai quali è stato rilasciato il permesso di soggiorno

641.638

Stranieri ai quali è stato rilasciato il permesso di soggiorno ai sensi della legge “Bossi-Fini”

578.706

Stranieri ai quali è stato rilasciato il permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 22 T.U.

62.932

Colf/badanti

315.199

Lavoratori subordinati

326.439

Stranieri per i quali le istanze sono in istruttoria

3.079

Stranieri per quali non è stato concesso il permesso di soggiorno

49.220

Istanze archiviate per mancata presentazione

21.056

Istanze rigettate:

28.164

stranieri espulsi a seguito di rigetto istanza di emersione

3.518

espulsioni da eseguire a seguito di rigetto istanza di emersione

6.227

contenzioso

18.419

Fonte: Ministero dell’interno. Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia di frontiera, 11 novembre 2004

I costi

La procedura di regolarizzazione prevedeva la presentazione presso gli uffici postali da parte del datore di lavoro di una dichiarazione di emersione diretta alla prefettura-ufficio territoriale del governo.

Tra i documenti da allegare alla dichiarazione, vi era l’attestato di pagamento di una somma forfetaria di 290 per collaboratori domestici e badanti e di 700 per gli altri lavoratori.

Tali importi sono stati devoluti in gran parte all’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) per i contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro per ciascun lavoratore e non versati nel periodo di impiego irregolare.

Una quota dei contributi ( 22 euro per ciascun lavoratore domestico e 31 per gli altri) sono state destinate alla copertura delle spese necessarie all’organizzazione e alla gestione delle procedure di emersione a carico delle amministrazioni del Ministero dell’interno e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, rispettivamente due e un terzo dell’ammontare complessivo[7], pari a circa 18,7 milioni di euro.

In aggiunta alle risorse derivanti dal gettito del contributo forfetario sono state previste risorse aggiuntive da parte del decreto legge 195/2002 e dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3242 del 2002.

 

Un dettagliato esame delle risorse impegnate e delle spese effettuate in connessione con la regolarizzazione è stato affrontato dalla Corte dei conti nell’ambito di uno studio sulla gestione complessiva delle risorse previste per la gestione del fenomeno dell’immigrazione[8].

Si fa presente che l’indagine della Corte dei conti, relativamente alla regolarizzazione, riguarda esclusivamente le spese affrontate dai ministero dell’interno e del lavoro, e non anche quelle eventualmente sostenute dalle Poste italiane (ente pubblico) e dall’INPS.

 

Secondo l’indagine della Corte dei conti, al Ministero dell’interno sono pervenute risorse per 24,5 milioni di euro derivanti sia dal contributo forfetario, sia dal decreto legge 195. A questi devono essere aggiunti 9,5 milioni di euro reperiti nell’ambito del bilancio ordinario dell’amministrazione.

Il Ministero del lavoro ha potuto contare sull’assegnazione di risorse per circa 8 milioni di euro, di cui 6,2 derivanti dal contributo forfetario e 1,9 assegnate dalla citata ordinanza 3242.

Per quanto riguarda le somme effettivamente impegnate, nel complesso l’entità dei costi della regolarizzazione è stata di 40,65 milioni di euro, di cui oltre la metà (circa 21,3 milioni di euro) riferite alle convenzioni con società di lavoro interinale per l’utilizzazione di personale temporaneo.



[1]     D.L. 9 settembre 2002, n. 195, conv. con mod. in L. 9 ottobre 2002, n. 222.

[2]     Da intendersi nel senso che il lavoratore debba aver svolto un’attività di durata minima di almento un trimestre (Consiglio di Stato, Ad. Plenaria, decisione 31 marzo 2006, n. 4).

[3]     La legge 189 fissava il termine a due mesi dalla data di pubblicazione della legge, 10 novembre 2002. Poiché tale giorno era festivo, il termine è stato prorogato di diritto al giorno seguente non festivo (ex art. 2963 cc) ossia all’11 novembre 2002.

[4]     Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, Audizione del prefetto Anna Maria D’Ascenzo, capo del dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno, e del prefetto Alessandro Pansa, direttore centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere del Ministero dell’Interno, 11 novembre 2004.

[5]     Ibidem, p. 282.

[6]     Dati leggermente diversi da quelli sopra indicati si ricavano dal Documento programmatico relativo all’immigrazione adottato dal Governo nel 2005 che fa riferimento a 641.599 permessi di soggiorno rilasciati a seguito della regolarizzazione (DPR 13 maggio 2005, Approvazione del documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, per il triennio 2004-2006).

[7]     Per la determinazione del contributo e la destinazione delle quote si vedano i decreti del Ministro del lavoro del 26 agosto 2002, Attuazione dell’art. 33, comma 6, della L. 30 luglio 2002, n. 189, in materia di immigrazione ed asilo e del 28 ottobre 2002, Attuazione dell’art. 1, comma 7, della legge 9 ottobre 2002, n. 222, in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari.

[8]     Corte dei conti, Relazione concernente l’indagine di controllo sulla «Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dell’immigrazione. Regolamentazione e sostegno all’immigrazione. Controllo dell’immigrazione clandestina, Programma di controllo 2003, 24 marzo 2004