La legge 1° Agosto 2003, n. 207[1]
introduce nell’ordinamento un nuovo istituto volto, nella sostanza, a
permettere la sospensione
dell’esecuzione della parte finale della pena detentiva nel limite massimo di
due anni (anche se residuo di maggior pena) in favore dei condannati che abbiano scontato almeno la metà della pena detentiva
medesima.
L’art. 1, con la previsione che
la sospensione possa essere applicata una sola volta, stabilisce però un’ampia
serie di esclusioni dal beneficio di natura oggettiva
e soggettiva.
Sono esclusi dallo sconto di pena - oltre che gli illeciti
di particolare gravità di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.
354[2] sull’ordinamento
penitenziario - anche i reati di cui al libro II, titolo XII, capo III, sezione
I (Delitti contro la personalità individuale) nonché
quelli previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice
penale.
Osservato che le condanne per alcuni dei delitti contro la
personalità individuale (art. 600, “Riduzione o mantenimento in schiavitù o
servitù”; art. 601 “Tratta di persone”; art. 602 “Acquisto e alienazione di
schiavi”) già compresi nell’elencazione dell’art. 4-bis della legge 354/1975,
comportavano comunque l’esclusione dal beneficio, nuovi
reati compresi nel divieto di ammissione alla sospensione condizionata della
pena sono, quindi, la prostituzione minorile (art. 600-bis), la pornografia
minorile (art. 600-ter), la detenzione di materiale pornografico (art.
600-quater) e il cd. turismo sessuale (art. 600-quinques).
Gli ulteriori illeciti di cui agli
artt. 609-bis, 609-quater e 609-octies (rispettivamente: violenza sessuale,
atti sessuali con minorenne (pedofilia) e violenza sessuale di gruppo) erano in precedenza preclusivi dell’applicazione del beneficio in
riferimento alle sole fattispecie associative.
I delitti di cui all’articolo 4-bis della legge 354/1975 sono
delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento
di atti di violenza, delitti di associazione mafiosa di cui all’art. 416-bis
del codice penale, o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo
stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in
esso previste; delitti di cui agli articoli 600 (riduzione in schiavitù), 601
(tratta e commercio di schiavi), 602 (alienazione e acquisto di schiavi) e 630
(sequestro di persona) del codice penale; associazione per delinquere
finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (art. 291-quater del
testo unico doganale, DPR 23 gennaio 1973, n. 43) ovvero al traffico illecito
di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309);
delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento
costituzionale; omicidio (art. 575 c.p.); fattispecie aggravate di rapina ed
estorsione (art. 628, terzo comma e 629, secondo comma, c.p.); contrabbando di
tabacchi lavorati esteri (art. 291-ter, DPR 43/1973); associazione a delinquere
(art. 416 c.p.) finalizzata alla commissione dei seguenti delitti: riduzione in
schiavitù, tratta e commercio di schiavi (artt. 600-602,
c.p.), prostituzione minorile (art. 600-bis, c.p.), pornografia minorile (art.
600-ter, c.p.) e detenzione di materiale pornografico minorile
(600-quater, c.p.), turismo sessuale (art. 600-quinquies, c.p.), violenza
sessuale (art.609-bis, c.p.), atti sessuali con minorenne (art. 609-quater,
c.p.), corruzione di minorenne (art. 609-quinquies, c.p.) e violenza sessuale
di gruppo (art. 609-octies, c.p.); produzione e traffico illecito di quantità
ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope (artt. 73 e 80,
comma 2, DPR 309 del 1990); reati connessi all’agevolazione
all’immigrazione clandestina: procurato ingresso ed ipotesi aggravate dalle finalità
di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento
sessuale e di minori da destinare ad attività illecite (artt. 12, commi 3,
3-bis e 3-ter, TU 286/1998).
Ulteriori
esclusioni dal beneficio, riguardano (oltre coloro che vi abbiano rinunciato) i
delinquenti abituale, professionali o “per tendenza”; i sottoposti al regime di
sorveglianza particolare da parte dell’amministrazione penitenziaria ai sensi
dell’articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354[3] (salvo che il tribunale di
sorveglianza abbia accolto il reclamo sulla misura ex art. 14-ter della
medesima legge); i soggetti già ammessi alle misure alternative alla
detenzione.
In relazione al procedimento per
l’applicazione del beneficio, l’articolo 2 della legge prevede che la
sospensione della pena sia disposta, su istanza dell’interessato o del suo
difensore, dal magistrato di sorveglianza e che nel caso di mancato
provvedimento, l’interessato o il suo difensore possono proporre reclamo al
tribunale di sorveglianza; del beneficio è informata anche la competente
autorità di polizia per l’adempimento degli obblighi di vigilanza sulle
prescrizioni di cui all’art. 4 (v. ultra).
Si prevede, inoltre, che la sospensione dell’esecuzione
della pena possa essere revocata con ordinanza del tribunale di sorveglianza a
seguito di violazione degli obblighi previsti dalla
stessa legge o quando il condannato commette, entro cinque anni, un delitto non
colposo per il quale riporti una condanna a pena detentiva non inferiore a sei mesi.
L’utile decorso del termine quinquennale comporta
l’estinzione della pena.
A seguito, invece, della revoca spetta al tribunale di
sorveglianza determinare la residua pena detentiva da scontare, tenuto conto
del comportamento durante il godimento del beneficio nonché
della gravità del comportamento che ha dato luogo alla revoca.
L’art. 3, stabilisce
l’impossibilità di concessione della sospensione condizionata della pena agli
stranieri detenuti che si trovino nelle situazioni
giuridiche che giustifichino l’espulsione amministrativa di cui all’art. 13,
comma 2, del TU 286/1998.
L’art. 13, comma 2, del D.Lgs. 25
luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero prevede
che il prefetto disponga l'espulsione quando lo straniero: a) è entrato nel
territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato
respinto ai sensi dell'articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello
Stato senza aver chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo
che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di
soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta
giorni e non è stato chiesto il rinnovo; c) e stato sottoposto a misure di
prevenzione in quanto appartenente alle seguenti categorie: soggetti che debba
ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici
delittuosi; che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base
di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi
di attività delittuose; che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla
base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che
offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la
sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica o è indiziato di appartenere ad
associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque
localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi
corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.
La conseguenza è che gli immigrati clandestini (circa un
terzo del totale dei detenuti) sono quindi esclusi dall’applicazione della
sospensione condizionata della pena.
L’articolo 4 prevede, poi, una
serie di prescrizioni (eventualmente modificabili, su
richiesta, dal magistrato di sorveglianza) che il condannato deve rispettare
durante il periodo di sospensione dell’esecuzione: presentazione agli uffici di
P.S. in giorni e orari stabiliti; non allontanamento dal comune di dimora
abituale o di svolgimento del lavoro. Con il provvedimento di sospensione
dell’esecuzione della pena è sempre disposto il divieto di espatrio.
L’articolo 5
stabilisce che il beneficio della sospensione dell’esecuzione della pena
introdotto dall’art. 1 si considera misura alternativa alla detenzione ai fini
dello svolgimento, nelle cooperative sociali, di attività
lavorative finalizzate all'inserimento di persone svantaggiate[4].
Obblighi
annuali di relazione al Parlamento sull’attuazione della legge in esame sono
poi previsti dall’articolo 6, mentre l’articolo 7 limita nel tempo l’ambito
applicativo del provvedimento di clemenza ai detenuti già condannati ovvero ai
condannati in attesa di esecuzione di pena alla data
di entrata in vigore della legge.
[1]
La legge reca: Sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva nel
limite massimo di due anni.
[2] La legge reca: Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.
[3] Si tratta del regime cui possono essere sottoposti per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche più volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:
a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti;
b) che con la violenza o minaccia impediscono le attività degli altri detenuti o internati;
c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di soggezione degli altri detenuti nei loro confronti.
[4] Ai sensi dell’art. 4, comma 1, legge 381/1991, si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354.