Le dismissioni della Difesa

Nel corso delle due ultime Legislature si è assistito una complessa elaborazione normativa in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare della difesa. Diamo di seguito un quadro riassuntivo.

 L’articolo 3, comma 112[1], della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha previsto l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettandone le relative disposizioni procedurali e disponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[2].

Per quanto attiene alle procedure di dismissione il comma 112 dell’articolo 3 della legge n. 662 prevede quanto segue:

le alienazioni, permute, valutazioni e gestioni degli immobili possono essere effettuate previo conferimento di specifico incarico a società a prevalente capitale pubblico, avente particolare qualificazione professionale ed esperienza commerciale nel settore immobiliare (lettera a);

per l'utilizzazione, valorizzazione o eventuale permuta di beni che interessano gli enti locali si può procedere anche mediante accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 142 del 1990[3] (lettera b);

alla determinazione del valore dei beni da alienare e da ricevere in permuta[4] provvede la società affidataria tenendo conto della incidenza delle valorizzazioni conseguenti alle eventuali modificazioni degli strumenti urbanistici rese necessarie dalla nuova utilizzazione. La valutazione è approvata dal Ministro della difesa a seguito di parere espresso da una commissione di congruità nominata con decreto del Ministro della difesa, composta da esponenti dei Ministeri della difesa, del tesoro, delle finanze, dei lavori pubblici e da un esperto in possesso di comprovata professionalità nel settore, su indicazione del Ministro della difesa, presieduta da un magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato (lettera c);

i contratti di trasferimento di ciascun bene sono approvati dal Ministro della difesa e l'approvazione può essere negata qualora il contenuto convenzionale risulti inadeguato rispetto alle esigenze della Difesa anche se sopraggiunte successivamente all'adozione del programma (lettera d);

ai fini delle permute e delle alienazioni degli immobili da dismettere, il Ministero della difesa comunica l’elenco di tali immobili al Ministero per i beni e le attività culturali che si pronuncia sulla eventuale sussistenza dell’interesse storico-artistico, individuando, in caso positivo, le singole parti degli immobili soggette a tutela. (lettera e). In merito a tale ultima previsione, va tuttavia segnalato che con l’articolo 16, comma 6, della legge 28 luglio 1999, n. 266, è stata estesa alle predette dismissioni l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 32 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base alle quali i beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni non sono alienabili salvo che nelle ipotesi previste con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Il previsto regolamento è stato approvato con D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283.

 

In seguito l’articolo 44 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo, ha disposto la continuazione del programma di dismissioni appena illustrato, dettando ulteriori norme di attuazione. In particolare, in tema di assegnazione delle risorse derivanti dalle alienazioni e gestioni degli immobili, il comma 4 ha disposto che queste siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nel complessivo limite di 1.400 miliardi, allo stato di previsione del Ministero della difesa. Altre disposizioni dell’articolo, alcune delle quali introdotte da interventi normativi successivi, sono state successivamente abrogate.

 

È quindi intervenuto l’articolo 43 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001) che ha confermato, per le attività di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni immobili della difesa, l’applicazione delle norme dettate dai citati articoli 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e 44 della legge n. 448 del 1998, apportando alcune modifiche alla normativa vigente. Secondo quanto esplicitato dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge in esame, la finalità di tale previsione è quella di salvaguardare la specificità delle iniziative di dismissione degli immobili in uso al Ministero della difesa, prevedendo per le successive alienazioni l’applicazione del procedimento seguìto per quelle già effettuate e utilizzando per tale processo la Società già risultata affidataria dell’incarico in seguito a svolgimento di gara esperita a livello europeo[5]. Tale soluzione consentirebbe, secondo quanto esposto nella relazione, di evitare lo svolgimento di ulteriori gare e di usufruire di un soggetto che ha ormai maturato esperienza nel settore.

In particolare il comma 9 prevede che il Ministero della difesa possa alienare i beni secondo le procedure della trattativa privata, purché il valore dei beni da alienare sia inferiore a 200.000 euro. Tale previsione introduce una semplificazione delle procedure attinenti all'alienazione degli immobili della difesa, caratterizzandosi la trattativa privata (rispetto agli altri procedimenti di gara, quali l'asta pubblica e la licitazione privata) per il carattere d’informalità e quindi per la maggiore snellezza dell'iter procedimentale. L'alienazione deve riguardare i beni valutati non più necessari per le esigenze della difesa, anche se gli stessi non siano ricompresi nei programmi di dismissioni di cui all'articolo 3, comma 112, legge n. 662 del 1996. Il secondo capoverso del comma in esame, analogamente a quanto disposto dall’articolo 44, comma 4, della legge n. 448 del 1998, sopra esposto, stabilisce inoltre che i proventi derivanti dalle alienazioni in questione siano assegnati al Ministero della difesa per il conseguimento degli obiettivi di ammodernamento e potenziamento operativo, strutturale e infrastrutturale delle Forze armate.

Il comma 10 stabilisce che, a valere sulle risorse derivanti dalle alienazioni effettuate e riassegnate al Ministero della difesa, la somma complessiva di 50 miliardi sia destinata alla ristrutturazione e all'ammodernamento degli arsenali della Marina militare di Taranto e della Spezia.

Il comma 14 consente al Ministero della difesa di avvalersi, per il compimento delle attività tecnico–operative di supporto alle dismissioni, di una società a totale partecipazione dello Stato, sia diretta che indiretta, derogando alle norme sulla contabilità generale dello Stato.

 

L’articolo 27, commi 1-12, del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha introdotto una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del T.U dei beni culturali e ambientali (D.Lgs. n. 490 del 1997) i beni che le soprintendenze giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione, nell’ottica della loro eventuale utilizzazione sul mercato.

Il comma 13, in particolare, ha esteso l’applicazione di alcune norme, relative alle valorizzazioni e dismissioni di immobili pubblici, contenute nel D.L. 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), alle operazioni aventi ad oggetto gli immobili del Ministero della difesa di cui all’articolo 3, comma 112, della citata legge n. 662/1996 e all’articolo 44, comma 1, della legge n. 448/1998, ugualmente citata, riguardo ai quali sia accertato il venir meno dell'interesse all'utilizzo per finalità militari, ovvero non risulti più economicamente conveniente la gestione diretta. Le norme appena citate saranno commentate più avanti.

Le disposizioni delle quali il comma 13 estende l’applicazione ai fini della valorizzazione dei beni sopra indicati sono le seguenti:

articolo 3, comma 15, del D.L. n. 351 del 2001, che prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze possa convocare una o più conferenze di servizi o promuovere accordi di programma per sottoporre alla loro approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili oggetto delle procedure di cartolarizzazione[6];

articolo 3, comma 17, del D.L. n. 351 del 2001, che esclude, relativamente ai trasferimenti di beni immobili effettuati secondo le procedure di cartolarizzazione, il diritto di prelazione spettante a terzi, l’acquisizione delle autorizzazioni previste dal testo unico sui beni culturali e ambientali, la proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali. Inoltre, il medesimo comma stabilisce il divieto di acquisto dei beni citati da parte delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli altri soggetti pubblici. Il divieto di acquisto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare immobili ad uso non residenziale per destinarli alle proprie finalità istituzionali;

articolo 80, commi 3-5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003). Il comma 3 dell’articolo prevede, con riferimento ai beni trasferiti alla società Patrimonio dello Stato Spa (società costituita, ai sensi dell’articolo 7 del D.L. n. 63 del 2002, ai fini della valorizzazione, gestione e alienazione del patrimonio dello Stato), l’utilizzo delle conferenze di servizi o degli accordi di programma allo scopo di definire iniziative per la valorizzazione dei beni medesimi. Lo stesso comma rimette poi ad un decreto del Ministro dell’economia la determinazione dei criteri per l’assegnazione agli enti locali, coinvolti nel procedimento di alienazione, di una quota del ricavato della vendita degli immobili, o, in alternativa, l’assegnazione di altri beni immobili.

I commi 4 e 5 dell’articolo 80 disciplinano un procedimento di acquisizione, da parte degli enti locali interessati, di beni immobili del patrimonio dello Stato, ubicati nel loro territorio, al fine della valorizzazione, recupero, riqualificazione ed eventuale ridestinazione d'uso dei beni stessi[7].

Il comma 13-bis del medesimo articolo 27 ha demandato all’Agenzia del demanio, di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, l’individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da inserire in programmi di dismissione per le finalità di cui al già citato articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate).

 

Successivamente il comma 443 dell’articolo 1 Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), ha modificato l’articolo 27 del D.L. n. 269/2003, appena descritto, introducendo, come si è detto, quattro nuovi commi, da 13-ter a 13-sexies, volti ad integrare la disciplina della dismissione degli immobili della difesa per contemperare le esigenze di valorizzazione e gestione produttiva degli immobili di proprietà dello Stato con le esigenze finanziarie manifestate dal Ministero della difesa.

In particolare, Il comma 13-ter prevede che nella fase di prima applicazione dei commi 13 e 13-bis dell’articolo 27, più volte citati, la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individui beni immobili comunque in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere e consegnare all’Agenzia medesima. Tale adempimento deve essere compiuto entro il 28 febbraio 2005[8].

Il comma 13-quater stabilisce che gli immobili individuati e consegnati ai sensi del precedente comma 13-ter entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati alle procedure di valorizzazione e di dismissione di cui al D.L. n. 351 del 2001, già citato, e di cui ai commi da 6 a 8, nonché alle procedure di cui ai commi 436, 437 e 438 dell'articolo 1 della medesima legge n. 311/2004, e alle altre procedure di dismissioni previste dalle norme vigenti ovvero alla vendita a trattativa privata anche in blocco. Gli immobili individuati sono stimati a cura dell'Agenzia del demanio nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano. L'elenco degli immobili individuati e consegnati ai sensi del comma 13-ter è sottoposto al Ministro per i beni e le attività culturali, il quale, nel termine di novanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto di individuazione, provvede, attraverso le competenti soprintendenze, a verificare quali tra detti beni siano soggetti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, sopra citato dandone comunicazione al Ministro dell'economia e delle finanze. L'Agenzia del demanio apporta le conseguenti modifiche all'elenco degli immobili[9].

Il comma 13-quinquies prevede che la Cassa depositi e prestiti, entro trenta giorni dalla data d’individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, concede anticipazioni finanziarie pari al valore degli immobili individuati, per un importo complessivo non inferiore a 954 milioni di euro e, comunque, non superiore a 1357 milioni di euro .

Il comma prosegue disponendo che le condizioni generali ed economiche delle anticipazioni sono stabilite in conformità con le condizioni praticate sui finanziamenti della gestione separata di cui all'articolo 5, comma 8, del medesimo D.L. n. 269 del 2003. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.

Le anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Ministero della difesa su appositi fondi, relativi ai consumi intermedi ed agli investimenti fissi lordi. Tali fondi saranno ripartiti, nel corso della gestione, sui capitoli interessati, con decreto del Ministro della difesa. Del decreto dovrà essere data comunicazione, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, alle Commissioni parlamentari competenti ed alla Corte dei conti. Sull'obbligo di rimborso alla Cassa depositi e prestiti delle somme ricevute in anticipazione e dei relativi interessi può essere prevista, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, la garanzia dello Stato. Tale garanzia è elencata nell'allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze[10].

Il comma 13-sexies stabilisce che, fermo restando quanto previsto dal comma precedente, una parte delle somme derivanti dalle procedure di valorizzazione e dismissione degli immobili della difesa, di cui ai commi 13 e 13-bis, sopra commentati, pari a 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2005 al 2009, sia destinata all'ammodernamento ed alla ristrutturazione degli arsenali della Marina militare di Augusta, della Spezia e di Taranto. Inoltre, viene stanziata l’ulteriore somma di 30 milioni di euro per l’anno 2005, per il finanziamento di un programma di edilizia residenziale in favore del personale delle Forze armate dei ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente.

Il comma ha contenuto analogo a quanto già previsto dall’articolo 43, comma 10, della legge n. 388/2000, sopra richiamato.

 

E’ quindi intervenuto l’articolo 11-quinqies del D.L. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, recante “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”. Il primo periodo del comma 1 di tale articolo stabilisce che, nell’ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l’alienazione di beni immobili pubblici è considerata urgente, con prioritario riferimento ai beni il cui prezzo di vendita è fissato secondo criteri e valori di mercato. Il secondo periodo del comma autorizza l’Agenzia del demanio a vendere, con le modalità stabilite dall’articolo 7 del D.L. n. 282 del 2002, i beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico[11]. Nell’ambito dei beni immobili da dismettere sono espressamente ricordati quelli indicati ai commi 13, 13-bis e 13-ter dell’articolo 27 del D.L. n. 269/2003, che si sono descritti sopra. Per procedere alla vendita, l’Agenzia del demanio dovrà essere autorizzata con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni che hanno in uso gli immobili da dismettere.

Il primo periodo del comma 2 dell’articolo 11-quinquies in esame, facendo salva l’applicazione dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 (relativo alla verifica dell’interesse culturale) per la dismissione dei beni gia individuati ai sensi dei citati commi 13, 13-bis e 13-ter del medesimo articolo 27, prevede che la vendita fa venir meno l’uso governativo, le concessioni in essere e l’eventuale diritto di prelazione spettante a terzi, anche in caso di rivendita; il secondo periodo, invece, conferma l’applicazione di una serie di norme espressamente richiamate; il terzo periodo, infine, conferma, limitatamente alle procedure di dismissione successive a quelle di cui al primo periodo del presente comma 2, l’applicazione di alcune norme del codice dei beni culturali e del paesaggio.

Il comma 3 dell’articolo in esame, estendendo l’applicazione dell’articolo 1, comma 275, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), esonera dal pagamento delle imposte indirette gli atti di alienazione di cui al precedente comma 1 e quelli comunque connessi alla dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato.

Il comma 4 riconosce all’Agenzia del demanio la copertura dei maggiori costi sostenuti per le attività connesse all’attuazione del presente articolo, il cui importo sarà determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, a valere sulle maggiori entrate conseguenti all’applicazione dello stesso articolo. Non è previsto alcun termine per l’emanazione del suddetto decreto ministeriale.

Il comma 6 reca una disposizione interpretativa, e quindi avente effetto retroattivo, dei commi 18 e 19 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001. Ai sensi di tale disposizione lo Stato e gli enti pubblici, proprietari dei beni immobili prima del loro trasferimento alle società di cartolarizzazione, (comma 18) e le suddette società (comma 19) sono esonerati, oltre che dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale, anche dall’obbligo:

di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge per la validità degli atti

di allegazione del certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.

 

Il comma 482 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), ha quindi disciplinato un nuovo procedimento di alienazione, condotto direttamente dal Ministero della difesa – Direzione generale dei lavori e del demanio che, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del demanio, individua con apposito decreto gli immobili militari da alienare. Tale programma di alienazione avviene secondo una procedura che si ispira a quella relativa alle alienazioni immobiliari disposte dall’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (collegato per il 1997).

La disposizione compie un’inversione di tendenza rispetto a quanto previsto, anche se per la "prima applicazione", dall'articolo 1, comma 443, della legge n. 311/2204 (finanziaria 2005), sopra citato, che lasciava all’Agenzia del demanio il compito di procedere alla dismissione.  Invece il comma 482 in commento, invece, prevede che le alienazioni, permute, valorizzazioni e gestioni dei beni, siano effettuate direttamente dal Ministero della difesa. Anche per tali alienazioni si applica il comma 5 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006, che destina i "maggiori proventi", rispetto a quelli iscritti in bilancio a legislazione vigente, sembra doversi intendere, alla riduzione del debito.

Il nuovo procedimento di alienazione deroga alla legge 24 dicembre 1908, n. 783, recante “Unificazione dei sistemi di alienazione e di amministrazione dei beni immobili patrimoniali dello Stato”, ed al relativo regolamento di esecuzione, di cui al regio decreto 17 giugno 1909, n. 454, nonché alle norme della contabilità generale dello Stato, fermi restando i princìpi generali dell’ordinamento giuridico contabile. Nel corso del procedimento di alienazione, il Ministero ha la facoltà di avvalersi di società pubblica o a partecipazione pubblica, con particolare qualificazione professione ed esperienza commerciale nel settore immobiliare, per ricevere consulenza tecnica ed operativa.

La determinazione del prezzo d'asta è decretata dalla Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa. Peraltro, la dismissione può avvenire a trattativa privata, qualora il valore del bene sia determinato come inferiore a 400.000 €.

La valutazione dell'immobile è determinata previo parere di conformità da parte di un’apposita commissione, nominata dal Ministro. Essa è composta da esponenti del Ministero della difesa e di quello dell'economia, nonché da un esperto di comprovata professionalità nella materia. A presiedere la commissione è un magistrato amministrativo o un avvocato dello Stato.

Unita alla valutazione del bene è la determinazione di criteri per l'assegnazione agli enti territoriali interessati di una quota del ricavato. Tale quota è tra il 5 ed il 15 per cento del ricavato attribuibile alla vendita dell'immobile.

L'approvazione dei contratti di trasferimento di ciascun bene è attribuita al Ministero della difesa, che può negarla per il sopravveire di proprie esigenze di carattere istituzionale.

 

Infine, l’articolo 4-quater del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 Febbraio 2006, n. 51, ha disposto, al comma 1, l’interpretazione autentica dell’articolo 26, comma 11-quater, del D.L. n. 269/2003, sopra citato.

Il comma 11-quater ha esteso agli alloggi di servizio per il personale delle Forze Armate, di cui alla legge n. 497/1978, la disciplina di cui al Capo I (articoli 1-4) del D.L. n. 351/2001, ugualmente citato, relativa all’alienazione del patrimonio immobiliare pubblico mediante operazioni di cartolarizzazione.

L’applicazione della disciplina di cui al D.L. n. 351/2001 viene disposta soltanto con riferimento agli alloggi:

-          non ubicati nelle infrastrutture militari o, se ubicati in un’infrastruttura militare, non operativamente posti al diretto e funzionale servizio dell’infrastruttura stessa, secondo quanto previsto con decreto del Ministero della difesa;

-          non classificati quali alloggi di servizio connessi all’incarico occupati dai titolari dell’incarico in servizio.

Inoltre, le disposizioni del citato comma 11-quater non si applicano agli alloggi che, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge:

-          sono effettivamente assegnati a personale in servizio per attuali esigenze abitative proprie o della famiglia, nel rispetto delle condizioni e dei criteri di cui al D.M. n. 253/1997;

-          sono in corso di manutenzione per avvicendamento dei titolari;

-          sono occupati da soggetti ai quali sia stato notificato, eventualmente anche a mezzo di ufficiale giudiziario, il provvedimento amministrativo di recupero forzoso. Tale ultima precisazione sembra tenere conto del fatto che, per gli alloggi del Ministero della difesa, la notifica del recupero forzoso può avvenire anche a mezzo di lettera raccomandata.

Il comma 1 dell’articolo 4-quater in commento, interpretando la norma appena descritta, precisa che le parole: "non ubicati nelle infrastrutture militari" si intendono riferite agli alloggi non posti al diretto e funzionale servizio di basi, impianti o installazioni militari, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della citata legge n. 497/1978. La norma sembra volta a ridurre il numero di immobili da sottoporre alla procedura di cartolarizzazione.

L’articolo 5 della legge n. 497/1978 precisa che tutti i fabbricati realizzati, anche anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, su aree ubicate all'interno di basi, impianti, installazioni militari o posti al loro diretto e funzionale servizio sono considerati, a tutti gli effetti di legge, infrastrutture militari.

 

 

 

 



[1]     La legge 23 dicembre 1997, n. 449, collegata alla manovra finanziaria per il 1998, all'articolo 17, comma 36, ha introdotto una norma interpretativa del citato comma 112 dell'articolo 3 della legge n. 662 del 1996, secondo la quale sono fatti salvi gli effetti delle procedure negoziali che erano in corso tra il Ministero della difesa ed altre pubbliche amministrazioni, alla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri previsto dallo stesso comma 112 (emanato in data 11 agosto 1997) e finalizzate al trasferimento di beni immobili già destinati ad uso pubblico dai piani regolatori generali.

[2]     In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M 11 agosto 1997, recante "Individuazione di beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da inserire nel programma di dismissioni previsto dall'articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Il decreto contiene un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili, divisi a seconda della regione in cui essi sono collocati. In nota a ciascun immobile, è riportata l’indicazione dell’attuale uso del bene stesso. In data 12 settembre 2000, è stato poi emanato un nuovo D.P.C.M., contenente un ulteriore elenco di nuovi beni immobili nella disponibilità del Ministero della difesa da dismettere. Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 che ha provveduto ad espungere dall’elenco degli immobili già individuati 10 di essi, in relazione ad “una aggiornata valutazione delle esigenze strutturali ed infrastrutturali delle Forze armate”. Quindi, con D.P.C.M. 20 ottobre 2003, è stato espunto l'immobile militare denominato Caserma «Palmanova» (aliquota) di Viterbo. Poi, con il D.P.C.M. 20 novembre 2003, è stata espunta la caserma «De Amicis», e concessa in comodato, senza oneri per la finanza pubblica, alla Curia provinciale dei Frati minori d'Abruzzo «San Bernardino da Siena» in L'Aquila. Infine, con D.P.C.M. 27 febbraio 2004, è stato espunto un ulteriore immobile, denominato caserma “Papa”.

[3]     La legge n. 142/1990 è stata abrogata dall’articolo 274 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Si veda ora, per gli accordi di programma, l'articolo 34 di tale decreto. Riguardo agli accordi di programma relativi alla dismissione dei beni immobili dell'amministrazione della difesa, l’articolo 16, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266, c.d. “collegato ordinamentale, ha disposto che, nell’ambito dei predetti accordi, possa essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota non superiore al 20 per cento del maggior valore degli immobili determinato per effetto delle valorizzazioni assentite, utilizzabile a “scomputo” del prezzo di acquisto di altri immobili inclusi negli accordi stessi, ovvero per finalità di manutenzione e riqualificazione urbana.

[4]     L’estensione dell'ambito di applicazione della procedura per la determinazione del valore dei beni sia alle vendite che alle permute è stata fatta dall’articolo 43, comma 11, della legge n. 388/2000, che viene diffusamente commentata più avanti.

[5]     Il relativo bando di gara è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 15 settembre 1997. In seguito allo svolgimento delle procedure di gara è risultata affidataria la società CONSAP.

[6]     E’ inoltre stabilito che con i decreti di cui al comma 1 dello stesso articolo 3 (i quali definiscono le modalità dell’operazione di cartolarizzazione) sono stabiliti i criteri per l'assegnazione, agli enti territoriali interessati dal procedimento, di una quota (compresa tra il 5% e il 15%) del ricavato attribuibile alla rivendita degli immobili valorizzati.

[7]     A tal fine, entro il 30 aprile di ciascun anno gli enti territoriali devono fare richiesta di detti beni all’Agenzia del demanio, la quale, su conforme parere del Ministero dell’economia, anche in ordine alle modalità e alle condizioni della cessione, comunica la propria eventuale disponibilità entro il 31 agosto dello stesso anno.

[8]     Il comma è stato modificato dall'articolo 11-quinquies del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

[9]     Il comma è stato così modificato dall'articolo 3 del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, come modificato dalla relativa legge di conversione.

[10]    Anche questo comma è stato modificato dall'articolo 3 del D.L. n. 106/2005, come modificato dalla relativa legge di conversione.

[11]    L’articolo 7 del D.L. n. 282 del 2002, secondo le cui modalità dovranno essere eseguite le vendite disposte dal comma 1 in esame, autorizza l’Agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, alcuni beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato, espressamente elencati dallo stesso decreto-legge.