Limiti all’indebitamento enti locali

Riduzione del limite massimo di indebitamento degli enti locali

Con la legge finanziaria per il 2005 sono state apportate alcune modifiche alle disposizioni del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000), concernenti la disciplina dell’indebitamento da parte degli enti locali, volte a ridurre il limite massimo di indebitamento previsto per gli enti locali.

 

A norma dell’articolo 203 del T.U., il ricorso all'indebitamento è subordinato alla previa approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento e alla avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni.

Nel rispetto di tali condizioni preliminari, l’articolo 204 detta regole e limiti per l'assunzione di mutui e per l'accesso ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato da parte degli enti locali.

 

Attraverso una novella all’articolo 204 del T.U., il comma 44 dell’art. 1 della legge n. 311/2004 ha limitato la possibilità di indebitamento degli enti locali riducendo dal 25% al 12% delle entrate relative ai primi tre titoli dell’entrata del rendiconto del penultimo anno precedente l’entità delle spese per interessi che rappresentano il livello massimo di indebitamento degli enti locali, come risultante dall’accensione di mutui e da qualunque altra forma di finanziamento reperibile sul mercato cui l’ente possa accedere (emissione di titoli obbligazionari ed aperture di credito).

In sostanza, l’articolo 204 del T.U., come riformulato, consente che l'ente locale possa assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi ed a quello derivante da garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non sia superiore al 12% (anziché al 25% come previsto nel testo originario) delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui.

Per le comunità montane, il riferimento è ai primi due titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione.

 

La norma introduce peraltro una disciplina transitoria volta a permettere agli enti locali che registrano i più alti livelli di indebitamento una progressiva riduzione nel tempo dell’entità del debito.

In particolare, per gli enti locali che alla data di entrata in vigore della legge finanziaria abbiano superato il limite di indebitamento, fissato al 12% dell’entità degli interessi rispetto al complesso dei primi tre titoli delle entrate, è fissato un percorso di graduale riduzione del proprio livello di indebitamento, fino al raggiungimento del limite del 12% entro il 2013, secondo le seguenti scadenze:

§      un importo annuale degli interessi, rispetto all’ammontare dei primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo esercizio precedente, non superiore al 20% entro la fine dell’esercizio 2008;

§      un importo annuale degli interessi non superiore al 16% entro la fine dell’esercizio 2010;

§      un importo annuale degli interessi non superiore al 12% entro la fine dell’esercizio 2013.

 

Va segnalato, inoltre, che la legge finanziaria per il 2005, al comma 68, apporta ulteriori modificazioni al testo dell’articolo 204 del T.U.E.L; in particolare viene riformulato il comma 2 che definisce le condizioni generali in base alle quali gli enti locali possono stipulare mutui con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) e dall'Istituto per il credito sportivo.

Per effetto delle novelle previste dal comma 68 della legge n. 311/2004:

a)      la durata minima dell’ammortamento del mutuo viene ridotta da dieci anni a cinque anni;

b)      viene resa più flessibile la definizione della decorrenza dell’ammortamento, prevedendosi, in alternativa alla decorrenza ordinaria (che resta fissata al 1° gennaio dell’anno successivo a quello della stipula del mutuo) che la decorrenza dell’ammortamento possa essere posticipata al 1° luglio seguente o al 1° gennaio del secondo anno successivo a quello della stipula.

 

Vengono mantenuti fermi gli ulteriori principi:

a)       la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;

b)       corresponsione, contestualmente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono, degli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata;

c)       indicazione della natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, attestazione dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;

d)       rispetto della misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro dell’economia e finanze con proprio decreto.

Tali condizioni, che sono specificamente dettate con riferimento all’accensione di mutui, si applicano a tutte le altre forme di indebitamento cui l’ente locale accede.

Disciplina della conversione/rinegoziazione dei mutui con oneri a carico dello Stato

Nel corso della XIV legislatura sono state introdotte numerose disposizioni volte ad incentivare la rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali o l’estinzione anticipata, al fine di ridurre il costo dell'indebitamento.

La rinegoziazione ha l’obiettivo di ridurre i tassi concordati al momento della stipula, prevedendo un nuovo piano di ammortamento che allunga i termini di scadenza per la restituzione del capitale, mentre l’estinzione anticipata ha l’obiettivo di chiudere il rapporto finanziario, versando il capitale residuo.

 

Con la legge finanziaria per il 2002 (articolo 41, comma 2, legge n. 448/2001) è stata introdotta una norma che autorizza gli enti locali a procedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o la rinegoziazione dei mutui, anche con altri istituti, in presenza di condizioni di rifinanziamento in grado di consentire la riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell’eventuale retrocessione del gettito dell’imposta sostitutiva[1].

Il riferimento alla conversione e rinegoziazione dei mutui ha ampliato la gamma delle opzioni attraverso le quali possono essere conseguite condizioni di rifinanziamento più vantaggiose, prima limitata all'estinzione anticipata di passività derivanti da mutui.

 

La legge finanziaria per il 2005 ha integrato la normativa in materia, prevedendo disposizioni di carattere generale volte ad introdurre un obbligo a carico degli enti territoriali alla conversione in titoli obbligazionari o alla rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti medesimi con oneri a carico del bilancio dello Stato, qualora si sia in presenza di condizioni di mercato che rendano tali operazioni vantaggiose, con l’obiettivo principale di riduzione della spesa per interessi a carico della finanza pubblica[2].

Come precisato nella circolare esplicativa del Ministero dell’economia del 28 giugno 2005, infatti, la disciplina di conversione/rinegoziazione dei mutui introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 deve essere concettualmente intesa alla stessa stregua di quella introdotta dall'articolo 41, comma 2, della legge n. 448/2001: “la trasformazione di una passività esistente in un'altra con costi più allineati ai livelli di mercato, senza creazione di nuovo debito, al fine di ridurre il costo dell'indebitamento”.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 71, della legge n. 311/2004 impone alle regioni e province autonome, agli enti locali e allo Stato stesso l’obbligo di provvedere, se consentito dalle clausole contrattuali, a convertire in titoli obbligazionari di nuova emissione o a rinegoziare i mutui, nel caso in cui sussistano condizioni di mercato tali da permettere di ridurre il valore finanziario delle passività totali.

La disposizione riguarda i mutui con oneri di ammortamento totalmente o parzialmente a carico dello Stato.

La rinegoziazione dei mutui può essere effettuata anche con istituti diversi da quello con cui il mutuo è stato acceso.

 

Nel valutare la convenienza della conversione o della rinegoziazione, il comma 71 prescrive di tener conto anche delle spese relative alle commissioni.

Gli enti citati dovranno, pertanto, procedere all’operazioni di conversione o di rinegoziazione se la somma dei valori attuali della nuova passività, tenuto conto delle quote relative al capitale e delle quote relative agli interessi, nonché delle commissioni dovute per l’estinzione della vecchia passività e per l’accensione della nuova, risulti inferiore alla somma dei valori attuali della passività preesistente.

In caso di mutui a tasso fisso, per la verifica delle condizioni di rifinanziamento, è previsto che lo Stato o l'ente pubblico interessato osservino regolarmente i tassi di mercato e si attivino allorché il tasso swap con scadenza pari alla vita media residua del mutuo sia inferiore al tasso del mutuo di almeno un punto percentuale.

Le offerte di mutuo a tasso fisso seguono l'andamento dei mercati dei depositi a lungo termine, il cui indice di costo è rappresentato dall'IRS (Interest Rate Swap)[3].

 

Come precisato nella circolare, soltanto il raggiungimento di un differenziale superiore all'1% tra il tasso fisso applicato al mutuo ed il corrispondente tasso di mercato riferito alla vita media residua del mutuo stesso, pone in capo all'ente un vero e proprio obbligo a provvedere al rifinanziamento della passività per la quale il suddetto differenziale è stato verificato.

In tutti gli altri casi, ovvero in caso di differenziale inferiore all'1% o di mutui con strutture diverse dal semplice tasso fisso (indicizzazioni a parametri composti e/o di spread superiori ai livelli di mercato), l'obbligo in carico all'ente consiste esclusivamente nell'attività di verifica: l'ente deve, quindi, attivarsi per monitorare l'andamento dei tassi e la eventuale presenza di condizioni di mercato che consentano la riduzione del valore finanziario delle passività.

 

La legge finanziaria per il 2006 (articolo 1, comma 388, legge n. 266/2005) ha introdotto nell’articolo 1 della legge n. 311/2004 il comma 71-bis, a tenore del quale lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali devono verificare, prima di dar luogo al predetto rifinanziamento, che l’incremento del valore nominale delle nuove passività non superi di cinque punti percentuali il valore nominale di quelle preesistenti.

Ove sia constatato il superamento di tale limite, il rifinanziamento non deve essere effettuato, fatta salva l’applicazione, al momento della rinegoziazione dei mutui, della commissione bancaria onnicomprensiva sul debito residuo[4].

 

La disciplina in materia di rinegoziazione è stata inoltre integrata dall’articolo 2 del D.L. 5 dicembre 2005, n. 250 (legge 3 febbraio 2006, n. 27), con il quale è stato disposto che, qualora si tratti di mutui con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, per i quali, cioè, lo Stato paga direttamente gli istituti finanziatori, le operazioni di rinegoziazione siano effettuate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze[5].

La norma prevede altresì che gli eventuali maggiori oneri derivanti dalle predette operazioni di rinegoziazione rispetto ai relativi stanziamenti complessivi di bilancio devono trovare compensazione nella minore spesa complessiva per interessi per il pagamento degli oneri derivanti dall'emissione dei titoli del debito pubblico per l'ammortamento dei mutui.

In conseguenza delle operazioni di conversione o rinegoziazione dei mutui, la legge finanziaria per il 2005, al comma 72, ha infatti stabilito la rideterminazione degli stanziamenti di bilancio relativi al pagamento degli oneri dei mutui in relazione ai quali sono state concluse le operazioni di conversione o rinegoziazione.

 

Infine, ai sensi del comma 73, è previsto l’obbligo per gli enti territoriali che procedono alla rinegoziazione o riconversione di trasmettere all’amministrazione statale interessata la documentazione contrattuale, compresi i piani di ammortamento o di rimborso, relativa alle operazioni di conversione o rinegoziazione, entro trenta giorni dal perfezionamento delle operazioni in questione.

 

Il comma 74, infine, estende ai titoli obbligazionari di tipo bullet, emessi in regime di conversione delle passività con oneri a carico dello Stato, l'obbligo di costituzione di un fondo o di conclusione di uno swap di ammortamento, secondo la disciplina stabilita in materia di emissione di titoli obbligazionari dall’articolo 41 della legge n. 448/2001 e dall’articolo 2 de relativo decreto di attuazione (D.M. n. 389 del 1° dicembre 2003), concernente l’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti territoriali.

La contrazione di aperture di credito da parte degli enti locali

Una importante novità introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 è rappresentata dalle disposizioni che introducono e disciplinano la facoltà per gli enti locali di finanziarsi anche attraverso lo strumento dell’apertura di credito.

Gli enti locali si trovano pertanto ad avere la possibilità, come avviene ordinariamente per le imprese private, di ottenere da parte delle banche l’apertura di una linea di credito da cui effettuare tiraggi in rapporto alle proprie esigenze di finanziamento.

L’apertura di credito viene in questo modo ad aggiungersi alle tradizionali fonti di finanziamento degli investimenti degli enti locali, rappresentate dai mutui e dall’emissione di titoli obbligazionari.

 

La legge n. 311/2004 (art. 1, co. 68, lettera c) introduce l’articolo 205-bis nel Testo unico sugli enti locali, volto a disciplinare le condizioni in base alle quali gli enti locali sono autorizzati a contrarre aperture di credito.

L’articolo 205-bis è stato successivamente riformulato dall’articolo 1-sexies del D.L. 31 marzo 2005, n. 44 (legge n. 88/2005).

 

Innanzitutto, la possibilità per l’ente locale di ricorrere ad aperture di credito è subordinata alla sussistenza delle condizioni attualmente previste per effettuare operazioni di indebitamento (approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente e deliberazione del bilancio annuale nel quale devono essere incluse le previsioni relative all’operazione di finanziamento) e al rispetto del limite generale relativo all’entità del ricorso all’indebitamento. Come ricordato nel paragrafo precedente, il comma 44 della legge n. 311/2004, è intervenuta sulla possibilità di indebitamento degli enti locali, riducendo dal 25% al 12% del gettito relativo ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente l’entità delle spese per interessi che rappresentano il livello massimo di indebitamento degli enti locali, come risultante non soltanto dall’accensione di mutui ma anche da qualunque altra forma di finanziamento reperibile sul mercato cui l’ente possa accedere.

 

Il contratto di apertura di credito deve essere stipulato in forma pubblica, a pena di nullità.

Ai sensi del comma 3 la banca è tenuta ad effettuare erogazioni, totali o parziali, dell’importo dell’apertura di credito in conformità alle richieste inoltrate dall’ente. Viene fissato un termine massimo di tre anni, decorrenti dalla stipula dell’apertura di credito, per l’erogazione dell’intero importo messo a disposizione.

E’ in ogni caso facoltà dell’ente locale disciplinare contrattualmente le condizioni di un eventuale utilizzo parziale.

 

E’ previsto espressamente che gli interessi a carico dell’ente locale sulle aperture di credito siano calcolati con riferimento soltanto agli importi erogati e che le rate di ammortamento debbano comprendere, fin dal primo anno, sia la quota capitale che la quota interessi L’ammortamento, in analogia a quanto previsto per i mutui, deve avere una durata non inferiore a cinque anni.

 

Le rate di ammortamento devono comprendere, fin dal primo anno, sia la quota capitale che la quota interessi.

Gli eventuali interessi di preammortamento devono essere corrisposti nel momento in cui l’ente locale versa la prima rata di ammortamento delle somme ad esso erogate. In tale rata dovranno essere altresì computati gli ulteriori interessi che decorrono tra la data di inizio dell’ammortamento e la scadenza della prima rata stessa.

 

Nel contratto di apertura di credito deve essere indicata la natura della spesa da finanziare e, nel caso in cui l’investimento da realizzare preveda l’approvazione di uno o più progetti definitivi o esecutivi, deve essere dato atto che tale approvazione ha avuto luogo.

Tale precisazione sembra riconducibile a garantire l’applicazione di quanto prevede l’articolo 119, comma sesto, della Costituzione, ai sensi del quale le regioni e gli enti locali “possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento”.

 

La definizione dei criteri in base ai quali deve essere determinata la misura massima dei tassi di interesse applicabili alle aperture di credito è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno (cfr. a tale proposito il D.M. Economia 3 marzo 2006 “Determinazione del costo globale annuo massimo per le operazioni di apertura di credito effettuate dagli enti locali, ai sensi dell’articolo 1, comma 68, lettera c), della legge 31 dicembre 2004, n. 311”).

 

Il comma 4 dell’articolo 205-bis disciplina le modalità in base alle quali può essere utilizzato il ricavato dell’apertura di credito. A tale proposito si fa rinvio alle disposizioni dettate al riguardo dall’articolo 204, comma 3, del T.U. enti locali, con riferimento alle modalità di utilizzo del ricavato dei mutui.

L’ente locale, pertanto, può impiegare le disponibilità derivanti dall’apertura di credito soltanto sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori. I tesorieri danno esecuzione ai relativi titoli di spesa solo se essi sono corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo.

 

Anche le aperture di credito sono sottoposte al monitoraggio sull’indebitamento degli enti locali da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, introdotto dalla legge finanziaria per il 2002 (articolo 41, comma 1, della legge n. 448/2001) e dal relativo regolamento di attuazione, relativamente alla emissione dei titoli obbligazionari.

 

L’art. 41, comma 1, della legge n. 448/2001 ha attribuito al Ministero dell’economia e delle finanze poteri di coordinamento sull’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali. La norma ha ricevuto attuazione con il decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dell'interno, del 1° dicembre 2003, n. 389.

Per quanto concerne il monitoraggio delle operazioni, il decreto prevede l’obbligo a carico di enti locali, loro consorzi e regioni l’obbligo di trasmissione delle informazioni. In particolare, l’ente è tenuto ad inviare una comunicazione al Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia, con cadenza trimestrale, relativamente alle seguenti operazioni finanziarie già concluse:

§         utilizzo di credito a breve termine presso il sistema bancario, indipendentemente dall’importo del finanziamento;

§         mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione;

§         operazioni con strumenti derivati;

§         emissione di titoli obbligazionari;

§         operazioni di cartolarizzazione.

Il decreto attribuisce al Ministero specifici poteri di coordinamento limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. In questa ipotesi gli enti interessati sono tenuti ad una comunicazione preventiva al Ministero concernente le caratteristiche dell’operazione[6]. Il Dipartimento del tesoro dà conferma agli enti dell’avvenuta ricezione della loro comunicazione e, entro i successivi 10 giorni, ha facoltà di fissare, in modo motivato, i tempi di attuazione dell’operazione.

In assenza della determinazione del Ministero, gli enti concludono l’operazione entro i termini da essi stessi indicati, ovvero, nel caso di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, entro il termine dei successivi 20 giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione iniziale.

I modelli per la comunicazione al Ministero dell’economia delle informazioni relative alle forme di credito a breve termine utilizzate, ai mutui accesi, ai derivati conclusi, ai titoli obbligazionari emessi e alle cartolarizzazioni effettuate sono stati approvati, in conformità a quanto previsto dal regolamento di cui al D.M. 1° dicembre 2003, n. 389, con decreto dirigenziale 3 giugno 2004.

 



[1]    Per i mutui contratti prima del 31 dicembre 1996, la possibilità di rinegoziazione o di estinzione anticipata è stata disposta dall’art. 49, co. 15, della legge n. 449/1997.

[2]    L'introduzione della disciplina della conversione/rinegoziazione dei mutui con oneri a carico dello Stato non innova, ma semplicemente integra l'ordinamento vigente. Ne discende che, da un lato, in materia di indebitamento con oneri integralmente a carico dello Stato, continuano ad esplicare la loro efficacia le prescrizioni dell'art. 45, comma 32, della legge n. 448/1998.

[3]    L'IRS è un parametro per la copertura finanziaria della provvista utilizzato dalle banche per le operazioni a tasso fisso oltre i 12 mesi ed è rilevabile quotidianamente su "Il Sole 24 ore", nell’inserto “Finanza e mercati”. La quotazione è quella dell'ultimo giorno lavorativo del mese precedente la stipulazione del mutuo. Per individuare dall'elenco l’IRS pertinente deve farsi riferimento a quello pari alla durata del successivo periodo a tasso fisso del mutuo.

[4]    Le condizioni delle operazioni di mutuo effettuate dagli enti locali, già regolate dal decreto del Ministro del tesoro 10 maggio 1999, sono ora disciplinate dal decreto Ministro dell’economia e delle finanze 30 dicembre 2005. Si ricorda che ai sensi dell'articolo 22 del D.L. 2 marzo 1989, n. 66, (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144), i mutui contratti dagli enti locali sono regolati a tasso fisso o a tasso variabile.

[5]    Tale disposizione è in linea con quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2005 in tema di contabilizzazione del debito delle pubbliche amministrazioni.

Si ricorda, infatti, che i commi 75-77 della legge n. 311/2004 hanno dettato alle amministrazioni pubbliche alcune regole “omogenee“ di contabilizzazione del debito, per evitare la duplicazione dell’iscrizione nei bilanci di enti diversi del medesimo debito e facilitare il consolidamento dei conti pubblici. A tal fine, il comma 75 ha disposto, con riferimento ai mutui attivati da regioni, enti locali o, in generale, altri enti pubblici diversi dallo Stato con oneri di ammortamento ad intero carico del bilancio dello Stato, che il mutuo sia pagato agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato. Ciò sembra implicare, sotto il profilo contabile, che le iscrizioni connesse all’attivazione del mutuo – vale a dire, in entrata, l’accensione di prestiti e, in uscita, il rimborso di prestiti – siano effettuate soltanto nel bilancio dello Stato, escludendo che vengano operate anche nel bilancio dell’ente che ha attivato il mutuo e beneficia del ricavato.

Con riferimento agli enti pubblici diversi dallo Stato, il comma 76 prevede che l’amministrazione pubblica beneficiaria del mutuo iscriva il ricavato in entrata, come trasferimento in conto capitale con vincolo di destinazione agli investimenti. L’amministrazione pubblica che è tenuta a corrispondere all’istituto finanziatore le rate di ammortamento del mutuo iscrive il ricavato dell’operazione, in entrata, tra le accensioni di prestiti e, contestualmente, iscrive in uscita l’importo corrispondente come trasferimento in conto capitale. Le iscrizioni contabili direttamente riferite all’operazione del mutuo, invece, sono effettuate soltanto nel bilancio dell’amministrazione che provvede a corrispondere all’istituto finanziatore gli oneri conseguenti. A tal fine tale amministrazione iscrive in entrata il ricavato del mutuo a titolo di accensione di prestiti e iscrive in uscita degli oneri connessi alla restituzione del mutuo a titolo di oneri per interessi e, per quanto concerne il capitale, a titolo di rimborso prestiti.

Con le disposizioni dettate dai commi 75 e 76 si intende pertanto evitare che l’importo corrispondente al ricavato di un mutuo sia iscritto, come accensione di prestiti, nel bilancio di due diverse amministrazioni, vale a dire l’amministrazione che stipula il mutuo e ne percepisce il ricavato e l’amministrazione che è tenuta a sostenere gli oneri di ammortamento.

In questo caso, infatti, potrebbe prodursi, ai fini della determinazione del debito delle amministrazioni pubbliche, una duplicazione nella contabilizzazione del medesimo finanziamento e, in ogni caso, sono rese più complesse le operazioni di consolidamento.

Tali norme sono espressamente riferite ai mutui, ma naturalmente vanno estese anche alle emissioni obbligazionarie purché siano esclusivamente quelle perfezionate per convertire i vecchi mutui con oneri integralmente a carico dello Stato, restando infatti esclusa ogni forma di intervento dello Stato su prestiti obbligazionari diversi da quelli appena richiamati.

[6]    Nel caso di operazioni soggette al controllo del CICR, i dati vengono inviati, simultaneamente, al Dipartimento del tesoro e al Comitato Interministeriale per il Credito e per il Risparmio.