Gli aiuti di Stato a finalità regionale

Per quanto riguarda gli aiuti di Stato a finalità regionale, possono essere considerati ammissibili (art. 87, paragrafo 3 del Trattato) quelli destinati a:

lett. a)    favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;

lett. c)    agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

 

In particolare, va evidenziato che negli Orientamenti comunitari[1] (Comunicazione della Commissione 98/C 74/06 del 10 marzo 1998) gli aiuti a finalità regionale si distinguono dalle altre categorie degli aiuti pubblici perché sono riservati ad alcune aree territoriali particolari, sfavorite, e hanno come obiettivo specifico il loro sviluppo. Pur assumendo un carattere derogatorio della concorrenza, tali aiuti vengono ammessi in quanto si ritiene meritevole di tutela l’obiettivo di sostenere gli investimenti e la creazione di posti di lavoro presso le regioni svantaggiate.

Vale comunque il principio generale per cui l’estensione totale delle regioni beneficiarie di tali aiuti nella Comunità deve essere inferiore a quella delle regioni non ammesse a tale beneficio (utilizzando l'unità di misura più corrente dell'entità degli aiuti, la percentuale di popolazione coperta, la copertura totale degli aiuti regionali nell'Unione europea deve rimanere inferiore al 50% della popolazione comunitaria).

Gli orientamenti comunitari stabiliscono i criteri generali di compatibilità con il mercato comune degli aiuti a finalità regionale, prevedendo per la deroga contenuta nell’art. 87, par. 3, lett. a) del Trattato che la regione abbia un prodotto interno lordo, PIL pro capite, misurato in standard di potere d'acquisto (SPA), non maggiore del 75,0% della media comunitaria.

Gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune regioni, rientranti nella deroga di cui all’art. 87, par. 3, lett. c) del Trattato, in considerazione del fatto che sono destinati a regioni meno svantaggiate di quelle ammesse alla deroga di cui alla lettera a), sono ammessi dagli Orientamenti in misura più limitata.

 

In linea generale, sono consentiti aiuti regionali agli investimenti iniziali o alla creazione di posti di lavoro connessi alla realizzazione degli investimenti iniziali, ma il beneficiario è tenuto comunque a garantire un apporto minimo del 25%. Gli aiuti all’investimento iniziale sono subordinati alla condizione che l’investimento sia mantenuto in essere per un periodo minimo di cinque anni.

In casi eccezionali possono essere concessi aiuti al funzionamento, diretti cioè a ridurre le spese correnti dell’impresa. Questi ultimi, che possono essere erogati solo nelle regioni rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), possono essere concessi se sono soddisfatte alcune condizioni:

-          l’aiuto è giustificato per il suo contributo allo sviluppo regionale;

-          il suo livello è proporzionale agli svantaggi che intende compensare;

-          è limitato nel tempo e decrescente.

 

Per il periodo di programmazione 2000-2006, gli Stati membri, come previsto dai sopra citati Orientamenti, hanno negoziato con la Comunità la Carta degli aiuti a finalità regionale, che comprende, da un lato, le regioni o aree ammesse a beneficiare delle deroghe in questione e, dall’altro, i massimali di intensità[2].

Per quanto riguarda l’Italia, la Carta degli aiuti relativa alle regioni meridionali (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia) ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.a), coincidenti con le aree obiettivo 1 dei fondi strutturali, è stata approvata dalla Commissione con la decisione del 13 marzo 2000, mentre la Carta relativa alle aree ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.c) è stata approvata con la decisione del 20 settembre 2000.

La Carta degli aiuti a finalità regionale valida per il periodo 2000-2006 è stata recentemente revisionata con Decisione della Commissione dell'8 settembre 2004 C (2004) 3344 fin cor. (Aiuto di Stato n. 147/04 – Italia – Corrigendum), valutando ammissibili alla deroga di cui all'art. 87, paragrafo 3, lettera c) del Trattato, talune zone prima escluse del Molise.

E’ da osservare, al riguardo, che mentre l’intero territorio delle regioni meridionali è ammissibile agli aiuti di Stato a finalità regionali, le aree 87.3.c) comprendono parti del territorio delle regioni del Centro-Nord, oltre che Abruzzo e il Molise.

Si può peraltro, rilevare una sovrapposizione soltanto parziale con le aree obiettivo 2: conseguentemente, alcune aree sono rilevanti solo ai fini degli interventi della politica di coesione comunitaria ed altre, invece, solo ai fini degli aiuti di Stato.

 

Oltre ad individuare le aree in deroga, la Carta degli aiuti fissa anche i massimali dell’intensità degli aiuti: calcolati in equivalente sovvenzione (ESL) lordo o netto[3] (ESN), essi sono graduati differentemente a secondo della dimensione di impresa (sono favorite le imprese di minore dimensione) e della localizzazione territoriale. Un regime particolare è previsto per l’Abruzzo e il Molise in quanto ricomprese in precedenza (rispettivamente fino al 31 dicembre 1996 e al 31 dicembre 1999) sotto la deroga 87.3.a).

 

Peraltro le imprese che operano in territori del Centro-Nord esclusi dalla “mappa” possono comunque avvalersi di aiuti di Stato nella misura del 15% in equivalente sovvenzione lordo (corrispondente al 10% in ESN) per le piccole imprese e del 7,5% in ESL (corrispondente al 5% in ESN) per le medie imprese (come del resto avveniva con la Carta degli aiuti in vigore fino al 31 dicembre 1999) .

Intensità di aiuto alle imprese 2000-2006

(Valori % in equivalente sovvenzione netta)

 

 

Aree in deroga

Piccole imprese

Medie Imprese

Grande Impresa

 

Regioni meridionali

Aree 87.3.a:

 

 

 

- Calabria

- altre regioni meridionali

60

45

60

45

50

35

Molise

Aree 87.3.c

27

27

20

Aree non in deroga

10

5

-

Abruzzo

Aree 87.3.c

27

27

20

Aree non in deroga

10

5

-

Centro-nord

Aree 87.3.c)

15

12

8

Aree non in deroga

10

5

-

Gli aiuti di Stato a finalità regionale nella nuova programmazione 2007-2013

Il processo di revisione degli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, avviato dalla Commissione europea nel 2003 e proseguito nel biennio successivo si è definito con l’adozione, il 21 dicembre, dei nuovi Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per il periodo 2007-2013 (Comunicazione della Commissione 2006/C 54/08 del 4 marzo 2006).

Come evidenziato nel Rapporto 2005 del DPS, rispetto al regime attualmente vigente, i nuovi Orientamenti prevedono, sinteticamente, per l’Italia:

§      la riduzione del tetto massimo di popolazione ammissibile agli aiuti a finalità regionale (87.3.a e 87.3.c);

§      la riduzione delle intensità di aiuto applicabili alle regioni più svantaggiate, peraltro espresse in ESL (equivalente sovvenzione lordo) anziché in ESN (equivalente sovvenzione netto);

§      la riduzione della popolazione ammissibile alla deroga 87.3.c, la modifica della intensità di aiuto applicabili, e la variazione dei criteri di determinazione delle aree ammissibili;

§      la previsione di una quota addizionale (+5,6%) di popolazione ammessa alla deroga di cui all’art. 87.3.c del Trattato per un periodo transitorio (2 anni)

§      la previsione di regole transitorie per le regioni in phasing out per “effetto statistico” e per ”crescita economica”;

§      maggiorazioni, differenziate per aiuti concessi a piccole e medie imprese (rispettivamente +20 per cento ESL e +10 per cento ESL rispetto alle intensità di base previste per le grandi imprese);

§      la riduzione, soltanto per le PMI, da 5 a 3 anni dell’obbligo di mantenimento dell’investimento agevolato nell’area svantaggiata;

§      aiuti alle piccole imprese di nuova e creazione (newly created).

I nuovi Orientamenti, tenuto conto dei diversi e complessi interessi ed equilibri da salvaguardare, sono stati valutati a livello governativo un risultato apprezzabile – e un progresso rispetto a una precedente bozza di proposta diffusa nel luglio 2005 – anche se non completamente rispondente alle richieste italiane[4].

In particolare, a conclusione del processo di revisione, l’Italia ha ottenuto per le regioni del Centro-Nord:

§      una flessibilità aggiuntiva per la designazione delle aree 87.3.c): potranno infatti essere candidate, sulla base di rilevanti indicatori e criteri nazionali, anche aree con popolazione pari a 50.000 abitanti invece della regola generale di 100.000;

§      un transitorio aumento di popolazione per l’87.3.c). Ciò permetterà all’Italia di continuare a dare aiuti regionali alla gran parte (sino a due terzi) delle aree che attualmente hanno lo status di 87.3.c). L’Italia riceverà, quindi, un’allocazione addizionale transitoria del 5,6 per cento della sua popolazione sino al 1° gennaio 2009 per facilitare il graduale passaggio di queste regioni, che altrimenti avrebbero perso l’eligibilità alla fine del 2006, da un regime di sostegno con gli aiuti regionali ad un regime di sostegno con soli aiuti orizzontali. In base al meccanismo adottato, la popolazione ammissibile aumenta, transitoriamente e cioè sino al 1° gennaio 2009 di circa 3.200.000 abitanti al netto della Sardegna. Sino al 1° gennaio 2009, quindi, la popolazione sarà pari a circa 5.414.000 abitanti, compresa la Sardegna (che ha una popolazione di 1.653.000) e che resta ammessa sino al 2013.

 

Per quanto riguarda il Sud:

§      la regione Basilicata rientra tra le regioni in phasing out dall’87.3.a per il c.d. effetto statistico (si tratta delle regioni che perderebbero il precedente status di aree più svantaggiate in quanto il loro PIL è risultato più alto del 75% della media comunitaria, a causa dell’effetto statistico dovuto al passaggio all’Europa a 25). Per tali regioni, i nuovi Orientamenti prevedono il mantenimento dello status di 87.3.a fino alla fine del 2010. A quella data, la Commissione europea rivedrà la posizione di queste regioni sulla base della performance economica registrata nei tre anni precedenti e valuterà, sulla base dei risultati ottenuti, se continuare ad applicare le condizioni delle aree più svantaggiate oppure se prevedere l’ammissibilità alla deroga 87.3.c dal 1° gennaio 2011 fino al termine di validità degli Orientamenti stessi;

§      alla Calabria e alla Sardegna saranno applicate alcune regole transitorie riguardanti il décalage delle intensità di aiuto nel corso del periodo 2007-2011.

 



[1]    Gli orientamenti sono stati parzialmente novellati, per ciò che attiene gli aiuti regionali al funzionamento, con Comunicazione della Commissione 2000/C 258/06del 9 settembre 2000.

Gli orientamenti sono adottati per una durata illimitata. Tuttavia, in base al punto 6.4, è previsto che la Commissione li riesamini entro cinque anni dalla loro applicazione.

Con la Comunicazione 8 maggio 2003, la Commissione ha dichiarato che si procederà alla revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per il periodo successivo al 1° gennaio 2007.

[2]    Gli Orientamenti hanno disposto che, per garantire la coerenza tra le decisioni della Commissione adottate nel quadro della politica della concorrenza e le decisioni relative alle regioni ammissibili al beneficio dei Fondi strutturali, il periodo di validità delle Carte degli aiuti corrisponde, in linea di massima al calendario degli interventi dei fondi strutturali.

[3]   Tale metodo di calcolo è stato adottato dall'Unione Europea per valutare l'importo attualizzato degli aiuti (sia in conto capitale che in conto interessi) concessi alle imprese degli Stati membri. L’importo viene rapportato, in termini percentuali, all'investimento complessivo. La sovvenzione si determina al lordo dell'imposta commisurata alla sovvenzione (si assume che l'impresa consegua, nel primo anno, un utile sufficiente per pagare tale imposta).

[4]    Come osservato nel citato rapporto, le richieste italiane si erano inizialmente orientate verso un mantenimento degli aiuti all’interno delle aree più arretrate (87.3.a) il più possibile rispettoso dell’effettiva situazione di difficoltà delle regioni considerate, al fine di evitare una concorrenza distruttiva tra aree già svantaggiate, e verso una possibile eliminazione della previsione di aiuto anche per le grandi imprese nelle aree più avanzate (87.3.c), all’interno di un’impostazione – condivisa in sede europea – volta a diminuire gradualmente gli aiuti e a privilegiare comunque, quale sostegno alla competitività delle imprese, lo strumento degli aiuti orizzontali. Successivamente, a seguito dell’impossibilità di raggiungere un accordo in linea con tali posizioni, l’Italia ha comunque operato per salvaguardare un principio di parità di trattamento e evitare una soluzione di ingiustificato svantaggio relativo per i propri territori.

In particolare, a partire da settembre 2005, si è svolto, con il coordinamento del DPS e in collaborazione con il Dipartimento per le politiche comunitarie presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un confronto con le Amministrazioni centrali e regionali interessate e con le parti economiche e sociali. Tale confronto ha consentito di pervenire alla condivisione di un documento contenente proposte di modifica al progetto di revisione degli “Orientamenti” avanzato nell’estate 2005, fortemente penalizzante per l’Italia, salvaguardando, tuttavia, i principi e gli obiettivi sanciti dai Consigli europei e tenendo conto dell’esigenza di equo contemperamento degli interessi di tutti gli Stati membri.