Fra gli interventi di carattere tributario adottati in
materia agricola possono richiamarsi in generale alcune disposizioni contenute
nel D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e
modernizzazione del settore agricolo), che hanno specificato la qualificazione
delle società come imprenditori
agricoli (art. 10) e confermato la spettanza delle agevolazioni tributarie e
creditizie ai soci di società di persone
esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore
diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale
(art. 9). Successivamente, l’articolo 2, comma 4, del
D. Lgs. 29 marzo 2004, n. 99 (Disposizioni in materia di soggetti e attività,
integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura) ha esteso
alle società di persone, cooperative e
di capitali, che esercitino attività agricola e di
cui facciano parte imprenditori agricoli professionali le agevolazioni previste
in favore dei coltivatori diretti in materia di imposte indirette, unitamente
ad altre agevolazioni fiscali in materia agricola.
In materia di disciplina fiscale dell’impresa agricola è
intervenuto altresì l’articolo 2, comma 6, della legge 24 dicembre 2003, n. 350
(legge finanziaria per il 2004), che ha modificato il regime fiscale delle
attività agricole, per quanto riguarda le imposte
dirette, al fine di renderlo coerente con le modifiche introdotte dal
citato D.Lgs. n. 228 del
2001, n. 228, e con la definizione di imprenditore agricolo (articolo 2135 cod.
civ.) e di attività agricole.
L’articolo 2, comma 6, lettera a), della legge n. 350 del 2003 ha
innanzitutto modificato l’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi
(TUIR), contenente i criteri per la determinazione del reddito agrario[1] e la definizione delle
attività agricole. La modifica apportata ha ampliato la definizione di attività agricole connesse ricomprendendovi le attività
dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione
e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di
animali[2].
Lo stesso articolo (lettera b) del comma 6) ha riformato il
trattamento fiscale delle attività agricole che non rientrano nei limiti
quantitativi posti dall’articolo 32 del TUIR. Tali attività – che, anche se non
organizzate in forma di impresa, erano in precedenza
soggette a tassazione ordinaria, per la parte corrispondente all’eccedenza –
sono ora considerate produttive di reddito d’impresa. La disposizione ha
introdotto nel TUIR un nuovo articolo 56-bis,
il quale disciplina un sistema di tassazione forfetaria per i redditi che
eccedono i suddetti limiti. Il regime forfetario può essere applicato
esclusivamente agli imprenditori individuali e agli enti non commerciali
residenti nel territorio dello Stato e il contribuente ha facoltà di non
avvalersi del regime stesso. I criteri di determinazione forfetaria del reddito
si applicano anche per la determinazione del reddito derivante dall’attività di impresa non esercitata abitualmente, nel caso in cui
l’attività stessa sia connessa con l’attività agricola ed ecceda i predetti
limiti quantitativi (articolo 71, comma 2-bis,
del TUIR, introdotto dall’articolo 2 della legge n. 350 del 2003).
Tra le misure agevolative può richiamarsi in particolare
l’estensione del credito d’imposta per
nuovi investimenti alle imprese agricole che effettuano,
in tutto il territorio nazionale, nuovi investimenti, nelle forme ammesse
dall’ordinamento comunitario, nel settore della produzione, commercializzazione
e trasformazione dei prodotti agricoli (D.L. 8 luglio 2002, n. 138, art. 11).
In materia di imposizione
indiretta, l’articolo 10, comma 1, lettera b),
del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, relativamente all’imposta sul valore aggiunto, ha definitivamente esteso ai
produttori agricoli che nel corso dell'anno solare precedente abbiano
realizzato un volume d'affari superiore a quaranta milioni di lire (euro
20.658,28) l’applicazione del regime speciale forfetario, che era stata per
altro sempre prorogata fin dal 1998 (da ultimo per l’intero anno 2005 dalla L.
30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, co. 506). Lo stesso articolo 10 ha apportato
altre modificazioni al predetto regime speciale e, al comma 3, ha disposto la
rideterminazione delle percentuali di compensazione, al fine di assicurare
maggiori entrate pari a 20 milioni di euro annui[3]. L’articolo 2, comma 7,
della L. 24 dicembre 2003, n. 350, ha altresì consentito l’applicazione del
medesimo regime di determinazione dell’IVA alle attività connesse a quelle
agricole (manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di
animali) nonché alle attività di fornitura di beni e servizi con risorse
dell’azienda agricola.
Fra le misure volte a favorire la formazione e l’ampliamento
dell’azienda agricola si richiama l’esenzione da imposte di registro, ipotecaria, catastale, di
bollo e di ogni altro genere, disposta in favore dei trasferimenti di
terreni agricoli a coltivatori diretti e ad imprenditori agricoli a titolo
principale in zone montane dall’articolo 52, comma 21, della L. 28 dicembre
2001, n. 448.
Infine, per quanto riguarda l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), si ricorda la
riduzione dell’aliquota transitoria per i soggetti operanti nel settore
agricolo e per le cooperative della piccola pesca (portata dal 2,5 all’1,9 per cento dall’articolo 9, comma 7, della L. 28 dicembre
2001, n. 448): tale regime transitorio è stato da ultimo prorogato al 31
dicembre 2005 dall’articolo 1, comma 118, della L. 23 dicembre 2005, n. 266.
[1] Il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso. Il reddito agrario va imputato al soggetto che esercita l’impresa agricola.
[2] La normativa precedente considerava
attività agricole connesse quelle dirette alla manipolazione, trasformazione e
alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ancorché non svolte sul terreno,
che rientrassero nell'esercizio normale
dell'agricoltura secondo la tecnica che lo governa e che avessero per oggetto
prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno e dagli animali allevati su di
esso.
[3] La rideterminazione è stata eseguita con decreto
dei ministri dell’economia e delle finanze e delle politiche agricole 23
dicembre 2005, pubblicato nella Gazzetta
ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2005.