Com'è noto, la
Costituzione (art. 33) sancisce il diritto dei privati di istituire scuole e
istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. Essa affida inoltre alla
legge ordinaria il compito di fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non
statali che chiedono la parità, assicurando ad esse piena libertà e ai loro
alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle
scuole statali.
Nel corso della XIII
legislatura la legge 10 marzo 2000 n. 62[1]; ha inteso dare attuazione
all’art. 33 della Costituzione disciplinando la “parità scolastica” nell'ambito di un sistema nazionale di istruzione pubblico-privato.
Ai sensi della legge
citata, le scuole private e quelle degli enti locali sono, a domanda, riconosciute
come scuole paritarie ed
abilitate al rilascio di titoli di
studio aventi valore legale a condizione che:
· accolgano
chiunque, accettando il
progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni con handicap o in condizioni di svantaggio;
· abbiano bilanci
pubblici, locali, arredi e attrezzature
idonee, organi interni improntati alla partecipazione
democratica, insegnanti forniti
del titolo di abilitazione all'insegnamento e assunti nel rispetto dei
contratti collettivi nazionali di lavoro;
Si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza 33 del 2005 ha considerato
infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla regione
Lombardia, nei confronti di alcune disposizioni (anche finanziarie) della legge
sulla parità scolastica. In particolare, la Corte ha ritenuto che la
definizione dei requisiti che le scuole debbono possedere per ottenere il
riconoscimento della parità (art. 1 comma 4 della legge) rientra nell’ambito
delle norme generali sull’istruzione ed è quindi esercizio della potestà
legislativa statale.
La L. 62/2000 non prevede finanziamenti a sostegno delle scuole paritarie, né
diretti né sotto forma di contributi alle famiglie che scelgano tali scuole;
tuttavia, essa reca disposizioni per il diritto
allo studio nella forma:
·
di un piano straordinario di finanziamento delle regioni (250 miliardi di lire-pari a 129,1 milioni di euro- per il
2000 e 300 mld.-pari a 154,9 milioni di euro- annui dal 2001) a sostegno della
spesa delle famiglie per l'istruzione, mediante l'assegnazione di borse di studio di pari importo (non
differenziate, dunque, in base alla spesa sostenuta) per gli alunni delle
scuole statali e paritarie;
·
di un incremento degli stanziamenti annui previsti in bilancio a favore
delle scuole elementari parificate
(60 mld.-pari a 31 milioni di euro) e delle scuole materne non statali (280 mld. Pari a 144,6 milioni di euro);
Nel corso della XIV
legislatura è stato poi previsto per la frequenza delle scuole paritarie un
contributo particolare alle famiglie (c.d. “buono scuola”): la legge finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002,
articolo 2, comma 7) ha infatti autorizzato a tal fine la spesa di 30 milioni
di euro, per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2003 al 2005.
L’individuazione di un limite di reddito per l’accesso al beneficio, introdotta
dalla legge finanziaria 2004 (legge n 350 del 2003, art. 3, comma 94), è stata
abrogata dal DL n. 35 del 2005 convertito dalla legge n 80 del 2005 (art 14,
comma 8-bis).
Va ricordato infine che la
legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) ha finalizzato una quota
del Fondo per le politiche sociali (per l’importo massimo di 100 milioni di
euro negli esercizi 2004-2006) all’erogazione del “buono scuola”; la norma è
stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza n.423 del 2004 in quanto
lesiva dell’autonomia finanziaria delle regioni (v. Capitolo Diritto
allo studio)
La legge 62/2000 prevedeva inoltre (art. 1, co. 7) che alle scuole non statali non interessate al
riconoscimento della parità si
applicassero le disposizioni del T.U. dell’istruzione[2]
(Parte II, titolo VIII) e che, dopo un triennio dall’entrata in vigore del
provedimento, il Ministro presentasse
al Parlamento una relazione sull’attuazione[3]
e proponesse il definitivo superamento delle disposizioni del T.U. con un proprio decreto, previo parere delle
competenti Commissioni parlamentari.
Recentemente l’articolo 1-bis, introdotto dal Governo al Senato, nel ddl di conversione del DL 5 dicembre 2005, n. 250 (convertito dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27) ha inteso dare attuazione alle prescrizioni sopra sintetizzate.
Con riguardo all’adozione di
una norma di rango primario attuare l’art.1 comma 7 della legge 62/2000, il
sottosegretario Siliquini illustrando l’emendamento governativo al citato DL[4],
ha ricordato che il Governo, aveva predisposto un regolamento di
delegificazione[5] (ex art.17, co.2 della legge 400/1988) in
ordine al quale il Consiglio di Stato aveva espresso perplessità sotto il
profilo dello strumento normativo adottato; il ricorso ad una norma di rango
legislativo con carattere di urgenza si sarebbe reso pertanto necessario per non
prolungare l’applicazione di norme antecedenti alla citata legge n. 62.
L’articolo, 1-bis,
del DL 250/2005, interviene sulla disciplina
delle scuole non statali recata nella
Parte II, Titolo VIII artt. 331-366 del
D.Lgs 297/1994 (Testo unico in materia di istruzione), ove si regolamentano le scuole materne non statali autorizzate al
funzionamento, le scuole elementari parificate e le scuole secondarie
legalmente riconosciute o pareggiate[6]; in particolare le diverse
tipologie di scuole previste dal T.U. vengono ricondotte alle due categorie individuate dalla legge 62/2000 e cioè: scuole paritarie riconosciute e scuole non
paritarie.
L’articolo citato reca inoltre nuove prescrizioni sulle scuole paritarie; definisce le caratteristiche
delle scuole non paritarie e procede alla contestuale abrogazione, o viceversa alla
precisazione del campo di applicazione, di alcune
norme del T.U.
Si riepilogano di seguito le tre
diverse forme di equiparazione
delle scuole private a quelle pubbliche previste nel titolo
VIII, capi I-III,- della parte II del T.U.- ora in parte abrogato, come già segnalato sopra.
§ La parificazione (artt. 344-347 del T.U.): istituto limitato alle scuole
elementari[7], caratterizzato
dal riconoscimento ad ogni effetto legale dell’attività di istruzione privata.
Per ottenere tale riconoscimento le scuole, che devono necessariamente essere gestite da enti o associazioni, devono
stipulare una convenzione con il provveditore agli studi ed hanno
l’obbligo di adottare programmi ed orari analoghi a quelli delle scuole statali;
§ Il riconoscimento legale (art. 355 del T.U.): provvedimento amministrativo con il
quale il Ministero della pubblica istruzione (ora Ministero dell’Istruzione,
università e ricerca - MIUR) attribuisce validità a studi ed esami sostenuti
nella scuola secondaria non statale. Il riconoscimento è subordinato ad
alcuni requisiti: idoneità della sede, adeguamento dei programmi di
insegnamento a quelli delle scuole statali, possesso, da parte degli alunni,
dei titoli di studio legali per le classi che frequentano e, da parte dei
docenti, dei titoli necessari per l’insegnamento nelle scuole statali. Sono
stabiliti (art. 359 del T.U.) i provvedimenti sanzionatori (sospensione o
revoca del riconoscimento) da parte del direttore generale competente;e viene
affidato ai provveditori agli studi[8]
o al MIUR. il compito di vigilare anche tramite ispezioni, sulla permanenza dei
requisiti richiesti per il riconoscimento;
§ Il pareggiamento (art. 356 del T.U.):
istituto limitato a scuole
secondarie tenute da enti pubblici o enti ecclesiastici, rappresenta la
forma più perfetta di equiparazione alla scuola pubblica. Per ottenere il
pareggiamento, oltre ai requisiti previsti per il riconoscimento legale, sono
prescritte ulteriori condizioni relative al numero e il tipo di cattedre (devono
essere uguali a quello delle corrispondenti scuole statali), nonché alla nomina,
requisiti e trattamento economico dei docenti .
Il comma 1 dell’articolo 1 bis
del dl 250/2005 in commento dispone, come già detto, che le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi
I, II e III del d.lgs. 297/1994, siano ricondotte alle due tipologie di scuole
paritarie riconosciute ai sensi della 62/2000 e scuole non paritarie.
Vengono poi dettate (commi 2 e 3) ulteriori disposizioni sulle scuole paritarie; in
particolare si prevede che:
·
la frequenza di queste ultime
costituisca assolvimento del
diritto-dovere di istruzione e
formazione, come disciplinato dal recente decreto legislativo 15 aprile
2005, n.76[9];
·
il riconoscimento della parità-previo
accertamento dei requisiti- sia effettuato con provvedimento del dirigente dell’ufficio scolastico regionale
(anziché del ministero, come disponeva l’art.1, comma 6, della legge 62/2000);
·
il riconoscimento
decorra dall’anno scolastico successivo alla richiesta e sia subordinato - nel caso di istituzione
di prime classi - al completamento del corso degli studi;
· le modalità per il riconoscimento ed il mantenimento della parità siano definite con regolamento ministeriale, adottato ai sensi dell’articolo 17, co. 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
· le scuole paritarie non possano svolgere esami di idoneità per alunni frequentanti scuole non paritarie che dipendano dallo stesso gestore o da altro con cui il gestore abbia comunanza d’interessi.
Viene quindi identificatala nuova categoria delle scuole non paritarie e se ne disciplina
il funzionamento.
Sono qualificate
come non paritarie (comma 4) le scuole che svolgono un’attività organizzata di
insegnamento ed hanno le seguenti caratteristiche:
·
un progetto
educativo ed un’ offerta formativa conformi ai principi della Costituzione ed
all’ordinamento scolastico, finalizzati ad obiettivi apprendimento correlati al
conseguimento di titoli di studio (fanno eccezione- come precisa il comma
successivo- le scuole materne);
·
la disponibilità
di locali, arredi e attrezzature conformi alle norme vigenti in materia di
igiene e sicurezza dei locali scolastici;
·
l’impiego di personale docente e di un coordinatore
forniti di adeguati titoli professionali,
nonché di idoneo personale tecnico e amministrativo;
· gli alunni frequentanti, in età non inferiore a quella prevista nelle scuole statali o paritarie in relazione al titolo di studio da conseguire.
Le scuole non
paritarie ottemperanti alle condizioni sopra elencate (comma 5) sono
incluse in apposito elenco affisso
all’albo dell’ufficio scolastico regionale che è preposto alla vigilanza sulla
sussistenza e sulla permanenza delle condizioni stesse. Tali adempimenti
vengono disciplinati con regolamento ministeriale, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge
400/1988[10].
Si esclude
comunque che le scuole non paritarie rilascino titoli di studio aventi valore legale e si prescrive -nella
denominazione- la chiara indicazione del carattere di scuola non paritaria..
Alle sedi ed attività d’insegnamento prive delle
caratteristiche sopra elencate, quindi non
rientranti nella tipologia di “scuola non paritaria”, si vieta di assumere la denominazione
di “scuola”; si esclude inoltre che sia possibile assolvere in tali
strutture il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione.
Viene contestualmente (comma 6) disciplinata la fase transitoria escludendo - dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL 250/2005 - il rilascio di nuove autorizzazioni, riconoscimenti legali o pareggiamenti, ma consentendo il completamento dei corsi già attivati sulla base di provvedimenti adottati ai sensi degli articoli 344, 355, 356 e 357 del d.lgs. 297/1994).
Si prevede inoltre la risoluzione delle convenzioni in corso con le scuole parificate non paritarie al termine dell’anno scolastico in cui si completano i corsi programmati dalle convenzioni stesse e la riduzione progressiva dei contributi statali (previsti dalle predette convenzioni) in ragione delle classi e degli alunni effettivamente frequentanti.
Si dispone peraltro che con regolamento governativo (come previsto attualmente dall’art. 345
del T.U.) siano disciplinate le
modalità per la stipula delle nuove convenzioni
con le scuole primarie paritarie che ne facciano richiesta, nonché i
criteri per la determinazione dell'importo del contributo ed i requisiti
prescritti per i gestori e per i docenti.
Con riguardo alle convenzioni si assicura prioritariamente
alle scuole primarie a suo tempo parificate - divenute paritarie ai sensi della
legge 62/2000- un contributo non inferiore a quello già corrisposto ai sensi
delle vecchie convenzioni di parifica.
In
proposito si ricorda che la sentenza
della Corte costituzionale n. 423 del 2004 ha ribadito la competenza regionale
delle funzioni amministrative relative ai contributi alle scuole non statali
già prevista dall’articolo 138, comma 1, lettera e) del d.lgs. 112 del 1998. In tale ambito non spetta pertanto allo
Stato la potestà regolamentare né sono ammessi finanziamenti caratterizzati da
vincoli di destinazione.
Viene
infine ( comma 7) disposta l’ abrogazione delle disposizioni contenute nella Parte II, Titolo VIII, Capi I, II e III del TU
(artt.331-366), ad eccezione di alcune disposizioni che continuano ad
applicarsi alle scuole paritarie.
In
particolare esse attengono a:
·
cittadini dell’Unione europea gestori o insegnanti nelle scuole materne private
(art 336), nelle scuole primarie (art. 342, comma 2),
·
sussidi alle
scuole materne non statali (articoli
339- 342);
·
convenzioni
con scuole elementari –ora primarie-(articolo 345 T.U.);
·
salvaguardia
delle competenze delle regioni a statuto
ordinario e speciale e delle province autonome (art. 352, comma 6);
·
requisiti dei
soggetti gestori dei corsi di scuola
secondaria di primo grado ed oneri a loro carico (art. 353 e 358, comma 5);
·
scuole dipendenti da autorità ecclesiastiche; corsi e
titoli nei licei linguistici (artt.
362 e 363).
Restano
inoltre vigenti gli articoli relativi
a:
·
scuole ed istituti stranieri in Italia (art.366l);
·
servizio prestato dai docenti e dirigenti,
già di ruolo nelle scuole pareggiate, assunti con rapporto a tempo
indeterminato nelle scuole statali (art. 360, comma 6);
·
requisito del
prescritto titolo di studio per i docenti delle scuole materne che chiedano la parità (art. 334).
Infine, i requisiti prescritti
per il soggetto gestore (articolo 353) sono applicati anche alle scuole non
paritarie.
Sono abrogati altresì, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, gli articoli 156-159 e 161 del R.D. 1297/1928[11], relativi alle cosidette scuole “a sgravio”, scuole elementari gestite direttamente da un ente, che, sulla base di alcuni requisiti (gratuità, idoneità delle sedi, titoli professionali dei docenti), riceve un contributo dallo Stato o dal Comune previo stipula di apposita convenzione. L’articolo 160 del citato R.D., relativo alle modalità di disdetta delle convenzione, continua ad applicarsi nei confronti delle scuole primarie paritarie.
Viene infine soppresso il più volte citato articolo 1, comma 7, secondo periodo, della legge 62/2000; recante prescrizione di un provvedimento (nella forma di decreto del ministro) che realizzasse il definitivo superamento delle disposizioni del T.U. sulle scuole non statali.
L’articolo
reca infine (comma 8) una clausola di invarianza
di spesa.
Si
ricorda, per completezza di informazione, che le disposizioni recate dall’articolo
1-bis del DL 250/2005 sono state
oggetto di vivace dibattito parlamentare; con riferimento a tale articolo è
stata inoltre presentata sul ddl di conversione del DL una questione pregiudiziale[12],
a firma dell’on. Grignaffini ed altri.
La
questione pregiudiziale adduceva le seguenti motivazioni:
·
l’1-bis, introdotto dal Senato nel
provvedimento, reca norme di dettaglio sulle modalità di erogazione dei
contributi alle scuole paritarie in contrasto con l'articolo 117, terzo e sesto
comma, della Costituzione poiché, come confermato dalla sentenza della Corte
Costituzionale n. 423 del 29 dicembre 2004, le funzioni amministrative relative
ai contributi alle scuole non statali rientrano nell'ambito della competenza
regionale, essendo riconducibili alla materia dell'istruzione attribuita alla
competenza legislativa concorrente e dunque spettando allo Stato soltanto la
disciplina delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni;
·
lo stesso
articolo 1-bis, ai commi 4 e 5, nel
dettare le disposizioni relative alle scuole non paritarie viene meno al
principio della «presa d'atto» in vigore per le scuole secondarie private, già
richiamato a suo tempo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 36 del 4
giugno 1958, interpretativa dell'articolo 33 della Costituzione;
·
il comma 6 dell’art.1-bis prevede che le scuole elementari
parificate possano avere un trattamento economico superiore all'attuale, con
conseguente incremento dei finanziamenti statali, senza disporre alcuna
copertura finanziaria, in contrasto con l'articolo 81, quarto comma, della
Costituzione;
·
nell’articolo 1-bis non sono menzionati i doveri nei
confronti dell'utenza, si trasforma così
il contributo per l'assolvimento di un servizio a determinate condizioni in un
finanziamento diretto, in quanto tale ancora in contrasto con l'articolo 33
della Costituzione.
Nella seduta del 31
gennaio 2006 si è svolto nell’Assemblea della Camera dei deputati il dibattito
sulla questione pregiudiziale che è stata poi respinta.
[1]
. Legge 10 marzo 2000 n. 62, Norme per la parità scolastica e
disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione.
[2] Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” Parte II-Ordinamento scolastico-; titolo VIII- Istruzione non statale; capi I, II e III, concernenti rispettivamente scuola materna, istruzione elementare e secondaria.
[3]
Il MIUR ha trasmesso alle Camere la Relazione sullo stato di attuazione della
legge 10 marzo 2000 n.62 recante norme per la parità scolastica e disposizioni
sul diritto allo studio e all’istruzione (DOC XXVII, n.13,- annunciato all’
Assemblea della Camera il 6 aprile 2004 ).La relazione precisa (pag. 31) che al
30 giugno 2003 la percentuale delle scuole paritarie ammontava all’82% delle
scuole non statali.
[4]
Senato,, Commissione Istruzione,
seduta del 15 dicembre 2005.
[5]
Come si evince dalla Relazione sullo stato di attuazione della
legge 10 marzo 2000 n.62 (DOC XXVII, n. 13, pag. 56) la forma del
regolamento di delegificazione era stata individuata dal MIUR di concerto con
la Presidenza del Consiglio interpellata (con nota ministeriale 12 febbraio 2004) in ordine alle difficoltà
applicative dell’art.1, co.7, della legge 62/2000, sotto il profilo della
natura dell’atto richiesto da quest’ultima
[6] Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “T.U.”): Parte II-Ordinamento scolastico-; titolo VIII- Istruzione non statale; capi I, II e III, concernenti rispettivamente scuola materna, istruzione elementare e secondaria.
[7] Ora denominate scuole primarie ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 recante Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
Ai sensi del
T.U., le scuole elementari non statali si dividono in scuole parificate, scuole
sussidiate e scuole private autorizzate (art.
343 del T.U.). Le scuole sussidiate sono quelle gestite da
privati, enti o associazioni, mantenute parzialmente con il sussidio dello
Stato nei luoghi dove non esistano scuole statali o parificate. Le scuole
private autorizzate (art. 349 del
T.U.) sono gestite da privati con l’autorizzazione del direttore
didattico, secondo modalità stabilite da regolamento governativo. E’ previsto (art. 350 del T.U.) l’obbligo di
adeguarsi, in linea di massima, all’ordinamento della scuola elementare
statale.
[8] Attualmente, ai sensi dell’art.8 (Uffici scolastici regionali) del D.P.R. 11 agosto 2003, n. 319 (Regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) l’articolazione periferica del ministero è costituita dagli uffici scolastici regionali (aventi sede nel capoluogo di regione) ai quali sono assegnate tutte le funzioni già spettanti agli uffici periferici dell'amministrazione, fatte salve le competenze riconosciute delle istituzioni scolastiche autonome a norma delle disposizioni vigenti. L'ufficio scolastico regionale si articola per funzioni e sul territorio; a tale fine operano a livello provinciale e/o subprovinciale i centri servizi amministrativi.
[9] Decreto
legislativo 15 aprile 2005, n. 76, recante Definizione
delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a
norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 53/2003. Il decreto definisce il diritto-dovere all’istruzione e alla
formazione; a tal fine l’obbligo scolastico è ridefinito e ampliato per una
durata minima di 12 anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica di
durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si
realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo
di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie, anche attraverso
l’apprendistato. E’ prevista la possibilità di assolvere al diritto-dovere
anche privatamente, come stabilito dall’articolo 111 del TU sull’istruzione con
riferimento all’obbligo scolastico. La fruizione del diritto, di cui si
ribadisce la connotazione di dovere sociale, esteso anche ai minori stranieri,
è gratuita. E’ inoltre garantita l’integrazione delle persone in situazione di handicap.
[10]
Legge 23 agosto 1988, n. 400.
[11] Regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, Approvazione del regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare.
[12] Camera, assemblea, seduta del 30 gennaio 2006