Discariche di rifiuti

Con l’emanazione del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36[1], di recepimento della direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti, sono state introdotte nell’ordinamento nazionale (accanto a quelle recate dalla normativa quadro del settore dei rifiuti di cui al decreto legislativo n. 22/1997 - cd. decreto Ronchi), specifiche disposizioni relative alla gestione delle discariche.

L’attuazione della direttiva, sia pure avvenuta con ritardo[2], ha consentito di colmare un vuoto legislativo che perdurava da anni, consentendo il superamento delle norme tecniche previgenti in materia di discariche e risalenti alla Deliberazione del Comitato interministeriale 27 luglio 1984, ora espressamente abrogate (unitamente al DM 11 marzo 1998, n. 141[3]) dall’art. 17 del d.lgs. n. 36/2003.

 

I decreti attuativi del decreto Ronchi relativi alle norme tecniche sulle nuove caratteristiche delle discariche (finalizzati alla sostituzione della citata delibera 27 luglio 1984 ) e all’individuazione puntuale dei rifiuti da recapitare nelle discariche stesse non sono infatti mai stati emanati. Ciò ha costretto il Governo, per evitare comunque difficoltà operative nella gestione dei rifiuti dovute alla mancata emanazione delle citate norme e nelle more dell’attuazione della direttiva, ad intervenire con una serie di provvedimenti di urgenza anche nei primi mesi della XIV legislatura.

In particolare, con il decreto-legge 16 luglio 2001, n. 286, convertito dalla legge 20 agosto 2001, n. 335, venne differita l'operatività del divieto di smaltimento in discarica fino all'adozione delle citate norme tecniche e comunque non oltre il 22 agosto 2002. A tale data, il Ministero dell’ambiente, piuttosto che promuovere l’emanazione di un nuovo provvedimento d’urgenza, conferì ai Presidenti delle Regioni un potere straordinario di proroga[4] per il proseguimento dell’attività di smaltimento, in attesa dell’entrata in vigore del decreto di recepimento della direttiva 1999/31/CE.

 

Il decreto legislativo n. 36/2003 intende dettare norme uniformi per la gestione delle discariche, con una serie di specifiche prescrizioni finalizzate al rilascio del titolo autorizzativo alla costruzione e all’esercizio degli impianti nonché allo svolgimento delle operazioni di chiusura.

La finalità principale è, infatti, quella di garantire che l’ambiente non rimanga deturpato o inquinato da sostanze pericolose i cui effetti possono verificarsi sia durante l’intero ciclo di vita della discarica, sia nella fase successiva alla chiusura (fase post-operativa).

Classificazione e definizione

La nuova classificazione delle discariche recata dall’art. 4 del d.lgs. n. 36/2003 rappresenta una delle principali novità introdotte dal decreto.

La tabella seguente evidenzia le corrispondenze rispetto alla precedente classificazione contenuta nel paragrafo 4.2 della citata deliberazione 27 luglio 1984:

 

Nuova classificazione

Classificazione precedente

Discarica per rifiuti inerti

II categoria – tipo A

Discarica per rifiuti non pericolosi

I categoria

II categoria – tipo B

Discarica per rifiuti pericolosi

III categoria

II categoria – tipo C[5]

 

Si ricorda, in proposito, che la delibera 27 luglio 1984 classificava le discariche in:

§         discariche di prima categoria (semplici impianti di stoccaggio nei quali possono essere smaltiti rifiuti solidi urbani, rifiuti speciali assimilati agli urbani, fanghi non tossici e nocivi);

§         discariche di seconda categoria, definiti “impianti di stoccaggio definitivo sul suolo o nel suolo”, suddivise a loro volta in:

-        discariche di tipo A (nei quali possono essere smaltiti soltanto i rifiuti inerti);

-        discariche di tipo B (nei quali possono essere smaltiti rifiuti sia speciali che tossici e nocivi, tal quali o trattati, a condizione che non contengano – in determinate concentrazioni - sostanze appartenenti ai gruppi 9-20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al D.P.R. n. 915 del 1982)[6];

§         discariche di terza categoria: impianti aventi caratteristiche di sicurezza particolarmente elevate per la protezione dell'ambiente e della salute dell'uomo, nei quali possono essere confinati rifiuti tossici e nocivi contenenti sostanze appartenenti ai gruppi 9-20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al D.P.R. n. 915 del 1982, anche in concentrazioni superiori a una determinata soglia fissata dalle stesse norme.

L’art. 2 del d.lgs. n. 36/2003 introduce nell’ordinamento la seguente definizione di “discarica”, mutuandola dalla direttiva: “area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno”.

Ammissione dei rifiuti in discarica

Il decreto ha individuato, inoltre, all’art. 6, ben 14 categorie di rifiuti non ammessi in discarica[7] e stabilito un preciso divieto di diluire o miscelare i rifiuti al solo fine di renderli conformi ai criteri di ammissibilità.

Per l’individuazione di tali criteri, l’art. 7, comma 5, discostandosi dalla direttiva, che invece disciplina tali criteri nell’Allegato II, ha previsto l’emanazione di un apposito decreto interministeriale.

Al fine di rendere effettivamente operativa la nuova disciplina è stato quindi emanato il D.M. 13 marzo 2003 recante Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica[8]. Tale decreto è stato elaborato sulla base del solo Allegato II della direttiva, senza tener conto delle ulteriori e più esaustive indicazioni fornite dalla Decisione 2003/33/CE del 19 dicembre 2002, nel frattempo assunta dall’Unione europea. Da qui, l’esigenza di una successiva rielaborazione del decreto originario realizzatasi con il più ampio ed articolato D.M. 3 agosto 2005[9].

 

Per quanto attiene, invece, alle procedure per l’ammissione dei rifiuti, queste sono disciplinate dall’art. 11 del d.lgs. n. 36/2003.

Autorizzazioni

Gli articoli 8-10 del decreto n. 36/2003 disciplinano e integrano quanto già previsto in generale dagli artt. 27-28 del decreto Ronchi, ovvero:

§         il contenuto della domanda di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di una discarica;

§         le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione;

§         il contenuto del provvedimento autorizzatorio.

 

Fra le novità di maggior rilievo vi sono, senza dubbio, le dettagliate informazioni che il richiedente è tenuto a presentare sotto forma di piani, che si distinguono in:

§         piano di gestione operativa, nel quale devono essere individuati i criteri e le misure tecniche adottate per la gestione della discarica e le modalità di chiusura della stessa;

§         piano di gestione post-operativa, nel quale sono definiti i programmi di sorveglianza e controllo successivi alla chiusura;

§         piano di sorveglianza e controllo, nel quale devono essere indicate tutte le misure necessarie per prevenire rischi d'incidenti causati dal funzionamento della discarica e per limitarne le conseguenze, sia in fase operativa che post-operativa, con particolare riferimento alle precauzioni adottate a tutela delle acque dall'inquinamento provocato da infiltrazioni di percolato nel terreno e alle altre misure di prevenzione e protezione contro qualsiasi danno all'ambiente;

§         piano di ripristino ambientale del sito a chiusura della discarica, nel quale devono essere previste le modalità e gli obiettivi di recupero e sistemazione della discarica in relazione alla destinazione d'uso prevista dell'area stessa;

Chiusura della discarica

L’art. 12 detta specifiche disposizioni per la procedura di chiusura della discarica, o di una parte di essa.

In particolare:

§         la discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura;

§         anche dopo la chiusura definitiva della discarica, il gestore è responsabile della manutenzione, della sorveglianza e del controllo nella fase di gestione post-operativa, per tutto il tempo durante il quale la discarica può comportare rischi per l'ambiente.

Regime transitorio

L’art. 17 del d.lgs. n. 36 prevede un regime transitorio, sia per gli impianti esistenti (discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del decreto, ovvero al 27 luglio 2003) che per quelli nuovi, fino alla data del 31 dicembre 2006.

 

Si ricorda, in proposito, che la data inizialmente prevista era il 16 luglio 2005, poi successivamente prorogata in più occasioni con provvedimenti d’urgenza (da ultimo, con l’art. 11-quaterdecies, comma 9, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248).

 

Per le discariche nuove, ovvero la cui autorizzazione alla realizzazione sia avvenuta dopo il 27 marzo 2003, l’art. 17 prevede che, durante la fase transitoria, le tipologie di rifiuti da avviare a smaltimento debbano essere conformi alle condizioni e limiti di accettabilità previsti dalla Deliberazione del Comitato interministeriale del 27 luglio 1984, nonché - per quanto concerne i rifiuti di amianto o contenenti amianto - dell’art. 6 del D.P.R. 8 agosto 1994.

 

L’applicazione di tali limiti e condizioni riguarda:

- i rifiuti precedentemente avviati a discariche di 2a cat. tipo A, ora destinati alle discariche di rifiuti inerti;

- i rifiuti precedentemente avviati alle discariche di 1a cat. e di 2a cat. - tipo B, ora destinati alle discariche per rifiuti non pericolosi;

- i rifiuti precedentemente avviati alle discariche di 2a cat. tipo C e di 3a cat., ora destinati alle discariche per rifiuti pericolosi.

 

Si ricorda, infine, che il citato art. 11-quaterdecies, comma 9, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (come successivamente modificato dall’art. 22-bis del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273), nel prorogare la durata del regime transitorio, ha però previsto l’esclusione di alcune tipologie di discariche.

Il citato art. 11-quaterdecies prevede, infatti, che la proroga al 31 dicembre 2006 “non si applica alle discariche di II categoria, di tipo A, di tipo ex 2A e alle discariche per inerti, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto, per le quali il termine di conferimento è fissato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, ovvero il 3 dicembre 2005.



[1] Tale decreto (pubblicato sulla G.U. 12 marzo 2003, n. 59 – S.O. n. 40) è stato emanato dal Governo sulla base della delega contenuta nell’art. 12 della legge 24 dicembre 2000, n. 422 (comunitaria 2000) e rinnovata dall’art. 42, comma 1 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (comunitaria 2001), che ha prorogato il termine per la relativa attuazione al 10 aprile 2003.

[2] Il termine previsto dalla direttiva per il recepimento negli Stati membri era fissato al 16 luglio 2001. Il tardivo recepimento da parte dell’Italia ha causato l’avvio di una procedura comunitaria di infrazione nei confronti del nostro Paese.

[3] Regolamento recante norme per lo smaltimento in discarica dei rifiuti e per la catalogazione dei rifiuti pericolosi smaltiti in discarica.

[4] Ai sensi dell’articolo 5, comma 6, del decreto legislativo n. 22/1997.

[5] Tale tipologia (vedi nota seguente) è stata abrogata dal DM 26 giugno 2000, n. 219.

[6] Il punto 4.2. della Delibera 27 luglio 1984 prevedeva anche una categoria discariche di Tipo C, nelle quali era ammesso lo smaltimento di particolari categorie di rifiuti speciali (residui derivanti da lavorazioni industriali, da attività agricole, artigianali, commerciali e di servizi non assimilabili ai rifiuti urbani, nonché residui dell'attività di trattamento dei rifiuti e residui derivanti dalla depurazione degli effluenti) e rifiuti tossici e nocivi, anche contenenti sostanze appartenenti ai gruppi 9-20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al D.P.R. n. 915 del 1982, in concentrazioni superiori a quelle indicate come soglia massima per le discariche di Tipo B. Tuttavia, tali disposizioni non risultano più vigenti, a seguito dell’intervenuta abrogazione da parte del DM 26 giugno 2000, n. 219.

[7] Si ricordano, a titolo di esempio, i rifiuti allo stato liquido, quelli classificati come esplosivi, comburenti e infiammabili, quelli contenenti una o più sostanze corrosive, i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, i rifiuti contaminati da PCB, diossine e furani, ecc.

[8] G.U. n. 67 del 21 marzo 2003.

[9] Secondo alcuni Autori, peraltro, nemmeno tale decreto è del tutto esaustivo sulla materia. Si veda, sul punto, A. Muratori, Nuove regole per l’ammissibilità dei rifiuti in discarica con il D.M. 3 agosto 2005, in “Ambiente e sviluppo” n. 11/2005, utile anche per un approfondimento sui contenuti del citato decreto.