Incenerimento di rifiuti

Il tardivo recepimento della direttiva 2000/76/CE

Con il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 (emanato in attuazione della delega recata dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306 – Legge comunitaria 2003), l’Italia ha recepito, sia pure in ritardo, la direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000 sull'incenerimento dei rifiuti[1].

 

La mancata attuazione della direttiva entro il termine ultimo del 28 dicembre 2002 ha condotto alla condanna dello Stato italiano con la sentenza 2 dicembre 2004 (causa C/97/04).

Campo di applicazione e finalità

L’articolo 1 del d.lgs. n. 133/2005 specifica che il campo di applicazione del decreto comprende sia gli impianti destinati all'incenerimento dei rifiuti che quelli di "coincenerimento" dei rifiuti.

 

Tale decreto consente quindi di colmare il vuoto normativo relativo al coincenerimento di rifiuti non pericolosi, causato dal fatto che il D.M. n. 503 del 1997 disciplina solamente il procedimento di incenerimento dei rifiuti urbani, speciali non pericolosi e di taluni rifiuti sanitari, non prevedendo norme relative al coincenerimento.

In materia di rifiuti pericolosi il processo di coincenerimento è invece ricompreso nel procedimento di incenerimento nel D.M. n. 124 del 2000.

 

L’articolo 1 del decreto illustra le finalità del decreto stesso, che “stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonché i rischi per la salute umana che ne derivino”.

 

Per la realizzazione di tali finalità, il decreto  disciplina:

§         i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento;

§         i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dai citati impianti;

§         i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti;

§         i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti esistenti alle disposizioni del decreto stesso.

 

Si rammenta, in proposito, che l’art. 22 del D.L. n. 273/2005[2] ha disposto la proroga di alcuni termini previsti per l’adeguamento degli impianti esistenti dall’art. 21 del d.lgs. n. 133/2005. In particolare il comma 1 dell’art. 22 ha posticipato al 28 febbraio 2006 il termine del 28 dicembre 2005 previsto nei commi 1 e 9 dell’art. 21 del decreto n. 133 del 2005 e relativo all’adeguamento degli impianti esistenti alle disposizioni del decreto (comma 1) e all’applicazione agli impianti esistenti, fino all'adeguamento, delle norme tecniche previgenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso. È stato inoltre introdotto un nuovo termine (28 dicembre 2007) per gli impianti la cui funzione principale consiste nella produzione di energia elettrica e che utilizzano come combustibile accessorio sottoprodotti di origine animale.

Tipologie di impianti

Dalla lettura dell’articolo 2 (definizioni) si evince che il criterio distintivo delle due tipologie di impianti considerate nel decreto n. 133 risiede nella finalità prevalente dell’impianto:

 

Impianto di incenerimento

Impianto di coincenerimento

se è destinato al trattamento termico di rifiuti ai fini dello smaltimento (con o senza recupero del calore prodotto dalla combustione),

se è destinato alla produzione di energia o di prodotti e materiali. In tale contesto si realizza coincenerimento allorquando i rifiuti vengono utilizzati come combustibile normale o accessorio oppure quando, nel corso del processo produttivo, si ha un trattamento termico di rifiuti ai fini di un loro smaltimento.

Procedura di autorizzazione

Nel testo della direttiva 2000/76/CE le procedure autorizzatorie di entrambe le tipologie di impianto (incenerimento e coincenerimento) sono disciplinate dallo stesso articolo (art. 4); nel d.lgs. n. 133/2005 sono presenti invece due distiniti articoli (artt. 4 e 5), che contengono tuttavia numerose disposizioni comuni. In particolare, in entrambi gli articoli viene fatta salva l’applicazione della normativa in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA) di recepimento della direttiva 96/61/CE (cd. IPPC) e dei pertinenti articoli del decreto n. 22/1997 (cd. decreto Ronchi).

La principale differenza (sottolineata dalla diversa titolazione degli articoli) consiste nel fatto che nell’art. 5, dedicato al coincenerimento, viene disciplinata solo l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto e non anche, come invece accade per l’art. 4 dedicato all’incenerimento, quella relativa alla costruzione dell’impianto[3].

Novità rispetto alla normativa nazionale previgente

Con il d.lgs. n. 133/2005 viene disciplinato in maniera puntuale il controllo della qualità delle acque provenienti dalla depurazione dei gas di scarico (artt. 10 e 12), non specificamente previsto dai D.M. n. 503/1997 e n. 124/2000[4].

Il controllo in continuo sulle emissioni gassose, previsto dal D.M. n. 503/1997 solo per l’incenerimento, viene esteso dal decreto n. 133 (art. 11) anche alle attività di coincenerimento.

 

Si ricorda, in proposito, che relativamente ai rifiuti pericolosi, invece, il D.M. n. 124/2000 già prevedeva tali misurazioni in continuo.

 

Un’altra novità, che deriva dall’emanazione del regolamento (CE) n. 1774/2002[5], è rappresentata dalla possibilità (contemplata dall’art. 6) di incenerire o coincenerire sottoprodotti di origine animale (cd. farine animali) nell’ambito delle procedure semplificate previste dagli artt. 31 e 33 del decreto Ronchi, opzione non prevista dai D.M. 5 febbraio 1998 e D.M. n. 161/2002[6].

Un’ulteriore novità è rappresentata dalla fissazione di uguali limiti di emissione per rifiuti pericolosi e non pericolosi, come viene chiarito nel paragrafo seguente.

Limiti di emissione

I valori limite di emissione nell’atmosfera previsti negli allegati 1 (relativo all’incenerimento) e 2 (riferito al coincenerimento) del d.lgs. n. 133/2005 recepiscono quelli previsti dall’allegato V e II della direttiva 2000/76/CE, che sono sostanzialmente uguali a quelli della direttiva 94/67/CE sull’incenerimento dei rifiuti pericolosi (recepita nell’ordinamento italiano con il D.M. n. 124/2000), ad eccezione dell’introduzione dei limiti per le emissioni atmosferiche di ossidi di azoto (già previsti, comunque, dalla normativa italiana). Tali limiti si applicano non solo ai rifiuti pericolosi ma anche a quelli non pericolosi, secondo quanto chiarito nel 16° considerando delle premesse alla direttiva 2000/76/CE.

 

Nel citato considerando, infatti, si legge che “La distinzione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi si basa essenzialmente sulle loro diverse caratteristiche prima dell'incenerimento o del coincenerimento, e non sulle diverse emissioni provocate. All'incenerimento o al coincenerimento dei rifiuti, pericolosi o meno, dovrebbero applicarsi gli stessi valori limite di emissione, pur prevedendo tecniche e condizioni di incenerimento o coincenerimento diverse e misure di controllo diverse al momento della ricezione dei rifiuti”.

 

Il confronto con i limiti previsti dalla normativa nazionale previgente evidenzia una sostanziale invarianza, salvo rare eccezioni, rispetto ai valori recati dal D.M. n. 124/2000 (All. 1) e dal D.M. n. 503/1997 (All. 1) per quanto riguarda le emissioni in atmosfera – e nei confronti di quelli previsti dalla tabella 3 dell’allegato 5, punto 4, del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152[7] relativamente all’emissione negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi.

 



[1] Per ulteriori approfondimenti, rispetto a quanto illustrato nella presente scheda, sulle norme recate dal d.lgs. n. 133/2005, si rinvia al numero speciale n. 3/2005 della rivista “Ambiente e sicurezza” intitolato Rifiuti – I nuovi decreti su Raee, incenerimento e discariche oppure all’inserto Incenerimento di rifiuti: in vigore anche in Italia le nuove regole, in “Ambiente e sviluppo” n. 9/2005.

[2] Convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51.

[3] Ciò forse deriva dal fatto che un impianto di coincenerimento nasce tipicamente come impianto produttivo che può prescindere dal coincenerimento di rifiuti, che può intervenire in qualsiasi momento dell’esercizio dell’impianto senza che sia necessaria una specifica progettazione a monte, poiché ad esempio basta semplicemente aggiungere rifiuti al combustibile principalmente usato nell’impianto.

[4] In realtà negli allegati al D.M. n. 124/2000 (cfr. all.1, lettera O, e all. 2, lettera L) vi sono alcune disposizioni di raccordo con la normativa in materia di acque reflue prevista dal d.lgs. n. 152/99.

[5] Tale regolamento dispone, tra l’altro, che “L'incenerimento e coincenerimento di sottoprodotti di origine animale sono effettuati conformemente alla direttiva 2000/76/CE o, ove essa non sia d'applicazione, conformemente alle disposizioni del presente regolamento. Gli impianti di incenerimento e coincenerimento sono soggetti a riconoscimento ai sensi di detta direttiva”.

[6] In realtà occorre però notare che vi è un precedente nell’ordinamento nazionale, costituito dall’art. 2 dell’Ordinanza del Ministero della sanità 30 marzo 2001 (recante Misure sanitarie ed ambientali urgenti in materia di encefalopatie spongiformi trasmissibili relative alla gestione, al recupero energetico ed all'incenerimento del materiale specifico a rischio e dei materiali ad alto e basso rischio) che ha previsto che “Le proteine animali ed i grassi fusi ottenuti da materiale specifico a rischio, e da materiali ad alto e a basso rischio presso gli impianti autorizzati, rispettivamente, ai sensi dell'art. 7 del decreto del Ministro della sanità 29 settembre 2000 e degli articoli 3, comma 2, e 5, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, possono essere oggetto di attività di recupero energetico, ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo n. 22/1997, a condizione che siano rispettati i requisiti, le modalità di esercizio e le prescrizioni riportate nell'allegato 1 alla presente ordinanza”.

[7] Recante Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.