Scorie nucleari

Nel corso della XIV legislatura, è stata adottata una normativa finalizzata ad individuare le procedure per la messa in sicurezza delle scorie radioattive. Il tema è oggetto da alcuni anni di un ampio dibattito[1]

Con il decreto-legge n. 314 del 14 novembre 2003, convertito con modificazioni dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, sono state introdotte disposizioni relative alla realizzazione di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.

 

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione, la necessità di pervenire all’individuazione di un sito idoneo allo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi è divenuta improrogabile alla luce, soprattutto, dell’aumentato rischio di atti terroristici derivanti dalla situazione di crisi internazionale, connesso con la presenza di importanti quantità di rifiuti e materiali radioattivi nelle centrali elettronucleari fuori servizio, negli impianti e nei centri di ricerca ed industriali del ciclo del combustibile nucleare dismessi.

A fronte di questa situazione il Governo è intervenuto con il DPCM 14 febbraio 2003 dichiarando lo stato di emergenza nei territori ospitanti le installazioni nucleari di Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata e Piemonte[2], cui ha fatto seguito l’ordinanza 7 marzo 2003, n. 3267 con cui il Presidente della Sogin è stato nominato Commissario delegato per la sicurezza dei materiali e delle installazioni nucleari.

Si ricorda, altresì, che già verso la fine del 2002, di fronte all’intensificarsi di questa emergenza, l’VIII Commissione (Ambiente) della Camera aveva deliberato l’effettuazione di un’indagine conoscitiva sulla sicurezza ambientale dei siti e degli impianti ad elevata concentrazione inquinante di rifiuti pericolosi e radioattivi conclusasi nel marzo 2003[3].

 

Con l’emanazione del decreto-legge n. 314, il Governo ha provveduto all’individuazione di un sito ove realizzare sia gli impianti e le infrastrutture per il deposito definitivo dei rifiuti a bassa e media attività e a breve vita (II categoria) - che rappresentano volumetricamente la quantità principale di rifiuti - sia il deposito temporaneo in bunker del combustibile irraggiato e dei rifiuti ad alta attività e/o a lunga vita (III categoria)[4].

Nell’originaria versione del provvedimento, il sito in cui localizzare il deposito nazionale veniva indicato nel comune di Scanzano Jonico, in Basilicata, in quanto giudicato il più idoneo sulla base della conformazione geologica e dei requisiti di sicurezza raccomandati in ambito internazionale con riferimento alla tipologia di deposito prescelta .

A seguito dell’approvazione di un emendamento del Governo, durante l’iter parlamentare per la conversione del decreto legge, è stata eliminata l’indicazione del sito di Scanzano Jonico (che aveva generato forti proteste della comunità locale) e l’individuazione del sito più idoneo è stata demandata al Commissario straordinario nominato ai sensi dell’articolo 2 del decreto, previo parere di una apposita Commissione tecnico-scientifica istituita con compiti di valutazione e di alta vigilanza ai sensi dello stesso articolo 2 del decreto e previa intesa in sede di Conferenza unificata. In mancanza di intesa, si prevede l'individuazione definitiva del sito mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

In sede di conversione sono state altresì modificate le norme che disciplinano le modalità di allocazione dei rifiuti radioattivi, attraverso la previsione che nel deposito nazionale vengano allocati e gestiti in via definitiva solamente i rifiuti radioattivi di III categoria ed il combustibile irraggiato. Per gli altri rifiuti radioattivi di I e II categoria, con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri dell'interno, delle attività produttive e della salute, si provvederà alla loro messa in sicurezza e al loro stoccaggio, avvalendosi del supporto operativo della SOGIN Spa.

La realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, che viene affidata alla SOGIN S.p.a., dovrà essere completata entro e non oltre il 31 dicembre 2008[5].

Il decreto nella versione definitivamente approvata prevede, infine, misure di compensazione territoriale, fino al definitivo smantellamento degli impianti, a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare.

 

Successivamente alla conversione del decreto, nuove modifiche alla disciplina in esame sono state apportate dai commi 98-106 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004 , n. 239 (cd. legge Marzano)[6].

Alcune sono intervenute in forma di novella del decreto-legge n. 314 ed hanno riguardato prevalentemente la garanzia di una protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori nonché la tutela dell'ambiente dalle radiazioni ionizzanti nella fase della sistemazione in sicurezza dei rifiuti radioattivi presso il previsto deposito nazionale (comma 106).

Altre, invece, sostanzialmente più rilevanti, non hanno forma di novella diretta, ma integrano la disciplina complessiva introducendo nuove norme in tema di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi (commi dal 98 al 105).

In particolare il comma 98 ha previsto che la gestione e la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, che si intendono comprensivi degli elementi di combustibile nucleare irraggiato e dei materiali nucleari presenti sull'intero territorio nazionale, venga svolta secondo le disposizioni di cui ai successivi commi da 99 a 106.

Il comma 99 ha disposto che la SOGIN Spa provveda alla messa in sicurezza ed allo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di III categoria, nei siti che saranno individuati secondo le medesime procedure per la messa in sicurezza e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di I e II categoria indicate dall'articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2003.

Con il comma 100 vengono adottate le stesse procedure di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 14 n. 314 del 2003 per l’individuazione del sito per la sistemazione definitiva dei rifiuti di II categoria.

Sulla base del combinato disposto della legge Marzano e del D.L. n. 314, quindi, la Sogin dovrà provvedere alla realizzazione di un deposito per i rifiuti di III categoria e di uno per quelli di II categoria. Entrambi i depositi saranno localizzati sulla base delle procedure previste dal D.L. n. 314.

Il comma 104 dispone, inoltre, che i soggetti produttori e detentori di rifiuti radioattivi di cui al comma 100 conferiscano tali rifiuti per la messa in sicurezza e lo stoccaggio al deposito di cui al comma 100 o a quello di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 314 a seconda della categoria di appartenenza.

In attuazione dell'art. 3, comma 1-ter, del decreto-legge n. 368 del 2003 che stabilisce che “la sola esportazione temporanea dei materiali di III categoria è autorizzata ai fini del loro trattamento e riprocessamento” e delle disposizioni integrative contenute nella legge n. 239 del 2004, è stato successivamente emanato il D.M. attività produttive 2 dicembre 2004 (cd. decreto Marzano), con il quale la Sogin S.p.a. provvede, tra l’altro, a “valutare per quanto riguarda il combustibile nucleare irraggiato esistente presso le centrali nucleari e i siti di stoccaggio nazionali la possibilità di una sua esportazione temporanea ai fini del trattamento e riprocessamento”. A tale decreto ha fatto seguito l'ordinanza del Commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari del 16 dicembre 2004.

Si segnala, infine, che non risultano ancora attuate alcune delle disposizioni recate dal decreto legge n. 314. In particolare, non è stato ancora nominato il Commissario straordinario per l'attuazione di tutti gli interventi e le iniziative necessari per la realizzazione del deposito nazionale, tra cui, appunto, l’individuazione del sito idoneo ad ospitare il deposito nazionale e non è stata ancora istituita l’apposita Commissione tecnico-scientifica prevista dal decreto con compito consultivi, di valutazione e di alta vigilanza.

Tali ritardi si spiegano  anche in relazione alla presentazione da parte della Regione Basilicata del ricorso n. 40 del 2004 alla Corte Costituzionale, con cui sono stati impugnati in via principale il decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314 e la relativa legge di conversione.

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 29 gennaio 2005, n. 62, ha parzialmente accolto il ricorso della Regione Basilicata, affermando in particolare la necessità, nella localizzazione del sito per la costruzione del deposito nazionale, di un maggior coinvolgimento delle Regioni interessate.

La Corte Costituzionale ha infatti censurato la previsione recata dall’articolo 1, comma 4-bis, che non prevede «forme di partecipazione», della Regione interessata dal deposito nazionale, alla fase di «validazione». Questa fase viene descritta come quella della «specifica localizzazione e realizzazione dell’impianto», che avviene «una volta individuato il sito». Nell’attuale formulazione del decreto, alla fase di validazione «provvede» il Consiglio dei ministri, «sulla base degli studi della Commissione tecnico-scientifica, sentiti i soli pareri di enti nazionali (APAT, CNR ed Enea). Per la Corte è necessario far partecipare a «questo procedimento» anche la Regione, «fermo restando che in caso di dissenso irrimediabile possono essere previsti meccanismi di deliberazione definitiva da parte di organi statali, con adeguate garanzie procedimentali».

L’altra obiezione avanzata dalla Regione Basilicata e accolta dalla Corte riguarda la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 2, comma 1, lettera f), del decreto, laddove affida esclusivamente al Commissario statale «l’approvazione dei progetti, anche in deroga alla normativa vigente». Anche in questo caso - ad avviso dei giudici costituzionali - è necessario coinvolgere la Regione sul cui territorio sarà realizzato il deposito. Ma anche in questo caso vale quanto già detto prima: se il «dissenso» della Regione è «irrimediabile» la legge può in ogni caso prevedere meccanismi di deliberazione definitiva.

Con la medesima sentenza la Corte ha inoltre dichiarato l’illegittimità costituzionale di tre leggi regionali (approvate nel corso del 2003 dalle regioni Sardegna, Basilicata e Calabria) che avevano dichiarato “denuclearizzato” il proprio territorio impedendo sul medesimo il transito e la presenza di materiale radioattivo non prodotto in loco. In proposito la Corte ha affermato che “la comprensibile spinta, spesso presente a livello locale, ad ostacolare insediamenti che gravino il rispettivo territorio degli oneri connessi (secondo il noto detto “not in my backyard”), non può tradursi in un impedimento insormontabile alla realizzazione di impianti necessari per una corretta gestione del territorio e degli insediamenti al servizio di interessi di rilievo ultraregionale”.

 

Si segnala, infine, che il problema della gestione dei rifiuti radioattivi rappresenta una tematica di grande rilevanza sia nell’ambito dell’Unione europea che a livello internazionale[7].

Con la legge n. 282/2005 si è recentemente provveduto alla ratifica della Convenzione congiunta in materia di sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, conclusa a Vienna il 5 settembre 1997[8].

In ambito europeo è stato invece presentato un “pacchetto nucleare” all’interno del quale è compresa una proposta di direttiva (Euratom) riguardante la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei residui radioattivi[9]. La proposta stabilisce l’obbligo a carico degli Stati membri di adottare programmi nazionali per la gestione dei residui radioattivi che consentano l’avvio della realizzazione dell’impianto di smaltimento nel caso di residui radioattivi a vita breve e media attività (non più tardi del 2013) e dell’impianto di smaltimento qualora si tratti di residui altamente radioattivi e a lunga vita, destinati allo smaltimento in un deposito geologico (non più tardi del 2018).



[1] Il problema dell’individuazione di un deposito nazionale per lo stoccaggio e lo smaltimento delle scorie radioattive è stato posto all’attenzione, non solo del mondo scientifico, ma anche degli organi di governo e del Parlamento, da diversi anni. In particolare, dalla metà degli anni ’90, sono state frequenti le sollecitazioni agli organi di governo affinché fosse assunta una decisione in tal senso. Possono ricordarsi i principali documenti ufficiali recanti questo espresso indirizzo, vale a dire l’accordo del 1999 fra Governo e Regioni per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi italiani (da cui è scaturito, nel maggio 2001, il Rapporto sulle condizioni per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi) ed il documento del dicembre 1999 del Ministero dell’industria, trasmesso al Parlamento “Indirizzi strategici per la gestione degli esiti del nucleare”. Si ricorda, altresì, che il d.lgs n. 230/1995, come modificato dal d.lgs. n. 241/2000, nel dare attuazione alle direttive Euratom 89/618, 90/641, 92/3 e 96/29 in materia di radiazioni ionizzanti, ha previsto nel Capo VI (“Regime giuridico per le installazioni e particolari disposizioni per i rifiuti radioattivi) un’articolata disciplina dei rifiuti radioattivi.

[2] Lo stato di emergenza è stato da ultimo prorogato fino al 31 dicembre 2006 dal DPCM 17 febbraio 2006, Proroga dello stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi, dislocati nelle centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano, nella piscina di Avogadro in località Saluggia e ITREC di Trisaia, in condizioni di massima sicurezza (G.U. n. 50 del 1° marzo 2006).

[3] Il documento conclusivo può essere consultato sul sito internet della Camera all’indirizzo www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stencomm/08/indag/sicurezza_ambientale/2003/0313/pdf001.pdf.

[4] Sulla classificazione dei rifiuti radioattivi nelle tre categorie I, II e III, si veda la Guida Tecnica n. 26 “Gestione dei rifiuti radioattivi” dell’ENEA (1987), disponibile anche all’indirizzo internet http://info.casaccia.enea.it/conferenza-statoregioni/atti/doc_attori/11 - guidatecnica26.pdf.

[5] Sulle possibilità di rispetto di tale scadenza, anche alla luce delle esperienze maturate negli altri Paesi del mondo, si veda A. Costa, Deposito nazionale di rifiuti radioattivi di terza categoria: un decreto inutile?, in “Ambiente, consulenza e pratica per l’impresa”, n. 8/2004.

[6] Recante Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia e pubblicata nella G.U. 13 settembre 2004, n. 215.

[7] Per una rassegna delle iniziative intraprese in altri Paesi cfr. A. Sileo, H. Franchini, Scorie radioattive: uno sguardo oltre i confini italiani, all’indirizzo www.ambientediritto.it/dottrina/Politiche energetiche ambientali/politiche e.a/Scorie_radioattive.htm.

[8] Il testo tradotto della Convenzione può essere consultato su www.admin.ch/ch/i/as/2005/33.pdf.

[9] COM (2003)32, reperibile sull’indirizzo internet: http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/pdf/2003/com2003_0032it01.pdf.