La Protezione civile - Recenti riforme

L’ordinamento della protezione civile prima del 2001

La legge n. 225 del 1992

Il concetto di protezione civile, che in passato consisteva essenzialmente nell’azione di soccorso in favore delle popolazioni colpite da calamità, negli ultimi anni ha subito una profonda evoluzione, includendo nel proprio ambito anche la previsione e la prevenzione dei disastri naturali, oltre ad una adeguata organizzazione dell’attività di soccorso ed i successivi interventi volti al ripristino delle attività socio-economiche.

E’ su queste linee che si è articolata la legge 24 febbraio 1992, n. 225, primo significativo intervento unitario in materia, il cui principio ispiratore è stato quello di realizzare un efficace coordinamento delle attività svolte dalle diverse realtà istituzionali operanti nel settore della protezione civile, al fine di garantire nel contempo l'efficienza del sistema e la peculiarità di ogni singola competenza e funzione.

A tale scopo è stato istituito il Servizio nazionale della protezione civile quale struttura finalizzata a tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi. Si è scelta la formula organizzativa del “Servizio”, e cioè di un sistema organico di competenze rimesso a più enti e strutture coordinate da un’autorità centrale, per rispondere ad una logica di maggiore efficienza dell’apparato della pubblica amministrazione nella quale, accanto alle amministrazioni dello Stato e agli enti locali, assumono crescente importanza anche organizzazioni di volontariato o gruppi di privati cittadini. Infatti, fanno parte del Servizio, secondo i rispettivi ordinamenti e competenze, le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali, nonché gli enti pubblici, gli istituti e i gruppi di ricerca scientifica con finalità di protezione civile ed ogni altra istituzione ed organizzazione anche privata avente la medesima finalità. Al coordinamento della struttura provvede il Presidente del Consiglio dei Ministri, attraverso il Dipartimento della Protezione civile, operante nell'ambito della Presidenza del Consiglio.

La legge ha istituito, quali organi del Servizio nazionale, il Consiglio nazionale della protezione civile, la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi ed il Comitato operativo della protezione civile e, quale organo di supporto, il Dipartimento della protezione civile.

 

Il Consiglio nazionale della protezione civile fissa i criteri di massima in ordine ai programmi di previsione e prevenzione, ai piani di emergenza, all’impiego coordinato delle componenti del Servizio nazionale della protezione civile.

Funzioni più propriamente strumentali ed attività di studio e ricerca sono, invece, svolte dalla Commissione nazionale per la previsione e prevenzione dei grandi rischi, mentre funzione ausiliaria del Ministro ha il Comitato operativo della protezione civile, del quale il Ministro si avvale per assicurare la direzione unitaria ed il coordinamento delle attività.

Accanto a tali organi, vengono previste le strutture operative nazionali del Servizio della protezione civile: il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le Forze armate e di polizia, il Corpo forestale dello Stato, i Servizi tecnici nazionali, i gruppi nazionali di ricerca scientifica, l'Istituto nazionale di geofisica ed altre istituzioni di ricerca, la Croce rossa italiana, le strutture del Servizio sanitario nazionale, le organizzazioni di volontariato ed il Corpo nazionale soccorso alpino-CNSA (CAI). Tali strutture operative, in base ai criteri determinati dal Consiglio nazionale della protezione civile, sono chiamate a svolgere, a richiesta del Dipartimento della protezione civile, le attività previste dalla legge, nonché compiti di supporto e consulenza per tutte le amministrazioni componenti il Servizio nazionale della protezione civile.

 

La legge ha provveduto, inoltre, a distinguere in tre tipologie gli interventi che richiedono l’intervento della protezione civile: a) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che possono essere fronteggiati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria; b) eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo che comportano un intervento; c) calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

Al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lett. c), l’art. 5 della legge ha conferito, quindi, poteri eccezionali che si esplicano attraverso la deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, dello stato di emergenza. Per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla predetta dichiarazione, si provvede, nel quadro delle competenze attribuite a regioni, province e comuni, anche a mezzo di ordinanze d’urgenza in deroga ad ogni disposizione vigente. Rimane fermo solo il “rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico”. Il Presidente del Consiglio può attribuire i poteri straordinari di ordinanza ad un suo delegato.

Tale previsione di poteri straordinari è stata ovviamente indispensabile per potere effettuare gli interventi. Si pensi alle complesse normative sugli appalti pubblici, o alle discipline sul rapporto di lavoro, il cui scrupoloso rispetto avrebbe impedito – in molti casi – ogni intervento, mettendo a rischio la vita e i beni dei cittadini.

Per quanto riguarda l'assetto delle competenze normative configurato dalla legge n. 225, quest'ultima, oltre a disciplinare direttamente le competenze riservate allo Stato, rappresenta legge di principio nei confronti della potestà legislativa regionale, in particolare per quanto riguarda le attività di previsione, prevenzione e soccorso di protezione civile.

Si ricorda, infatti, che, successivamente all’emanazione di tale legge, la quasi totalità delle regioni ha provveduto a legiferare nella materia della protezione civile e che il relativo quadro normativo è caratterizzato di regola dalla convivenza di leggi attuative delle previsioni di cui alla legge n. 225 del 1992 (in particolare dell’art. 12 che disciplina le competenze regionali), accanto a leggi successive al 1998 emanate in attuazione dell’art. 108 del decreto legislativo n. 112, e di alcune leggi regionali emanate in seguito alla riforma costituzionale del 2001. Tra esse si segnalano quelle della regione Marche dell’11 dicembre 2001, n. 32, della regione Lombardia del 22 maggio 2004, n. 16, della regione Piemonte del 14 aprile 2003, n. 7 e della regione Toscana del 29 dicembre 2003, n. 67.

 

Per quanto concerne, infine, l'organizzazione delle funzioni amministrative, la legge n. 225 ha previsto la ripartizione delle competenze tra Stato, regioni ed enti locali, formazioni sociali (istituzioni ed organizzazioni, anche private, ivi compresi i cittadini ed i gruppi associati di volontariato civile; istituti e gruppi di ricerca scientifica con finalità di protezione civile; ordini e collegi professionali), in relazione alla tipologia degli eventi da affrontare ed alla dimensione degli interventi richiesti.

Il trasferimento di funzioni alle Regioni

Il nuovo processo di distribuzione delle competenze fra Stato, regioni ed enti locali, attuato con le cd “leggi Bassanini” del 15 marzo 1997, n. 59, ha riguardato anche il settore della protezione civile, prevedendo il mantenimento allo Stato dei soli compiti di rilievo nazionale.

Successivamente, con il decreto attuativo n. 112 del 31 marzo 1998 (artt. 107 - 109), è stato disposto il trasferimento di tutte le funzioni amministrative alle regioni ed agli enti locali, ad eccezione di una serie di compiti e di funzioni, espressamente indicati. Ai fini della ripartizione di competenze, il decreto legislativo ha poi adottato sostanzialmente due criteri di carattere generale:

§         allo Stato[1] competono le funzioni di generale indirizzo e coordinamento e il compito di prestare le operazioni di soccorso in occasione di eventi di una gravità tale da richiedere poteri e mezzi straordinari[2];

§         a regioni ed enti locali compete invece il soccorso in occasione di tutti gli eventi fronteggiabili in via ordinaria. Questo decentramento ha comportato anche il trasferimento alle regioni e agli enti locali di beni e risorse finanziarie da parte dello Stato.

 

In particolare è affidata alle regioni la redazione dei programmi di prevenzione e previsione (secondo gli indirizzi nazionali), la cui attuazione è poi rimessa alle province ed ai comuni; l’attuazione di interventi urgenti; la determinazione delle linee di indirizzo dei piani provinciali d’emergenza e degli interventi necessari per il ripristino della normalità nelle zone colpite da eventi calamitosi e la dichiarazione dell’esistenza di eccezionali avversità atmosferiche. Ai comuni spetta, invece, il compito di predisporre le attività di prevenzione stabilite dai piani e programmi regionali, nonché le attività relative al primo soccorso, elaborando i piani comunali di emergenza nell’ambito del proprio territorio.

 

Per quanto attiene, invece, alle attività di previsione dei rischi, è stato attribuito a regioni, province e comuni un numero consistente di funzioni, nuove rispetto al modello della legge n. 225 del 1992.

Com’è noto, le premesse del decentramento amministrativo - realizzato in materia di protezione civile dagli artt. 107-109 del decreto legislativo n. 112 - sono successivamente approdate ad una disciplina di rango costituzionale con la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha inserito la protezione civile fra le materie di legislazione concorrente fra Stato e regioni. A seguito dell’entrata in vigore della legge costituzionale, pertanto, spetta alle regioni la potestà legislativa in materia di protezione civile, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Inoltre, con l’introduzione del principio di sussidiarietà da parte dell’art. 118 della Costituzione si è instaurato un rapporto di cooperazione tra i diversi livelli di amministrazione, nell’ambito del quale l’intervento statale è legato alle attività ad esso riservate dalla legge o nei casi di mancato esercizio delle competenze proprie delle Regioni o degli enti locali, delineando in tale modo un sistema caratterizzato da una tendenza volta all’integrazione tra i diversi livelli di intervento statale e locale.

Il risultato è stato, pertanto, quello di una gestione del Servizio di protezione civile articolata su diversi livelli di competenza e coordinata a livello centrale dal presidente del Consiglio dei Ministri, attraverso le strutture del Dipartimento della protezione civile.

Si ricorda, infatti, in merito alla pianificazione degli interventi (sia di previsione, sia di prevenzione, sia di gestione dell’emergenza) ed alla struttura decentrata della protezione civile che il sistema prevede sia una serie di piani nazionali, che una intensa attività pianificatoria a livello regionale e provinciale.

 

In particolare, all’art. 12 si prevede che “le regioni provvedono alla predisposizione ed attuazione dei programmi regionali di previsione e prevenzione in armonia con le indicazioni dei programmi nazionali”, mentre all’art. 13 si prevede che “le province partecipano all'organizzazione ed all'attuazione del Servizio nazionale della protezione civile, assicurando lo svolgimento dei compiti relativi alla rilevazione, alla raccolta ed alla elaborazione dei dati interessanti la protezione civile, alla predisposizione di programmi provinciali di previsione e prevenzione e alla loro realizzazione, in armonia con i programmi nazionali e regionali”.

Regioni, province e comuni non hanno poi solo una funzione programmatoria, ma svolgono funzioni di intervento diretto al verificarsi dell’evento calamitoso.

La legge prevede infatti la istituzione, in ogni capoluogo regionale di un Comitato regionale di protezione civile, e – in ogni capoluogo provinciale - di un Comitato provinciale di protezione civile.

Strutture dedicate alla protezione civile sono poi previste anche a livello comunale (art. 15, comma), mentre il Sindaco (e quindi la principale autorità a livello di ciascun comune) è qualificato dalla legge come “autorità comunale di protezione civile”.

“Al verificarsi dell'emergenza nell'ambito del territorio comunale, il sindaco assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite e provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al prefetto e al presidente della giunta regionale.

Quando la calamità naturale o l'evento non possono essere fronteggiati con i mezzi a disposizione del comune, il sindaco chiede l'intervento di altre forze e strutture al prefetto, che adotta i provvedimenti di competenza, coordinando i propri interventi con quelli dell'autorità comunale di protezione civile” (art. 15, commi 3 e 4).

L’istituzione dell’Agenzia di protezione civile

La riforma dell’organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, operata con i decreti legislativi n. 300 e 303 del 1999, ha ridotto il numero dei Ministeri, prevedendo l’accorpamento di funzioni in precedenza svolte da più dicasteri, e ne ha delineato una struttura più snella, trasferendo le competenze di carattere tecnico operativo a 12 agenzie, tra cui anche l’Agenzia di protezione civile.

All'Agenzia di protezione civile, disciplinata dagli artt. da 79 a 87[3] del decreto legislativo n. 300, venivano trasferite le funzioni tecnico - operative esercitate in materia dalla Direzione della protezione civile e dei servizi antincendi del Ministero dell'interno, dal Dipartimento della protezione civile e dal Servizio sismico nazionale.

L'Agenzia, posta sotto la vigilanza del Ministero dell’interno, veniva dotata di personalità giuridica e di autonomia regolamentare, amministrativa, finanziaria, patrimoniale e contabile; essa avrebbe operato in un regime di tipo privatistico (la sua attività si prevedeva fosse disciplinata, oltre che dalle norme dello stesso decreto legislativo n. 300, da quelle del codice civile) ma comunque, soggetta al controllo successivo della Corte dei conti.

Tuttavia tale processo non ha avuto completa attuazione: la nomina degli organi ha subìto ritardi e l’adozione dello Statuto, avvenuta in data 9 maggio 2001, è stato oggetto di rilievi da parte della Corte dei conti. Contestualmente all’adozione dello Statuto e dei regolamenti doveva anche avere luogo il trasferimento all’Agenzia dei compiti svolti dalla Direzione generale della protezione civile e dei servizi antincendi del Ministero dell'interno, dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Servizio sismico nazionale e la contestuale soppressione delle strutture stesse.

A questo stadio del processo di attuazione del decreto legislativo n. 300 è intervenuto, invece, il decreto legge n. 343 del settembre 2001, che ha invertito il senso di marcia, sopprimendo l’Agenzia e riconducendo nuovamente in capo al Dipartimento della protezione civile il coordinamento di tutte le attività relative alla protezione civile.

La protezione civile nelle recenti riforme

Il decreto-legge n. 343 del 2001

Con l’approvazione del decreto legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, si è di nuovo intervenuti sull’assetto istituzionale delle strutture della protezione civile, modificando ancora gli indirizzi che erano stati affermati – nel contesto del riordino dell’organizzazione del Governo - con i decreti legislativi n. 300 e 303 del 1999.

Con un netto cambiamento rispetto a tali linee ispiratrici, è stata soppressa l’Agenzia di protezione civile e sono state nuovamente affidate al Dipartimento della protezione civile, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, le competenze precedentemente assegnate all’Agenzia, ripristinando, da un lato, la situazione prevista dalla legge n. 225 del 1992, ma facendo anche salva, dall’altro, la ripartizione di competenze nel frattempo intervenuta con il decreto legislativo n. 112 del 1998.

Scopo di tale inversione di tendenza è stato quello di rispondere all’esigenza di “garantire una centralità politico-operativa indispensabile per assicurare il corretto e regolare funzionamento di tutte le strutture e gli organismi chiamati ad operare in questo delicato settore”[4] e alla necessità di realizzare un maggior coordinamento tra le attività di protezione civile e una centralità politico – operativa in grado di assicurare il funzionamento di tutte le strutture chiamate ad intervenire.

A tal proposito, è stato previsto che il Capo del Dipartimento della protezione civile rivolga, nel rispetto delle indicazioni fornite dal Presidente del Consiglio, alle amministrazioni statali e locali, le indicazioni necessarie a realizzare un coordinamento operativo (art. 5, comma 5).

 

In attuazione dell'art. 5, comma 5, è stata emanata recentemente la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2006 relativa alla “Gestione del flusso delle informazioni con la Sala situazione Italia del Dipartimento della protezione civile - Presidenza del Consiglio dei Ministri”, pubblicata sulla G.U. n. 87 del 13 aprile 2006. La direttiva riguarda il coordinamento operativo delle emergenze dovute ad incidenti stradali, ferroviari, aerei e di mare, ad esplosioni e crolli di strutture e ad incidenti con presenze di sostanze pericolose.

 

Con l’art. 5 del decreto sono state, quindi, ricondotte al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero al Ministro dell’interno da lui delegato, le competenze in materia di protezione civile indicate dalle disposizioni della legge n. 225 del 1992 che erano state abrogate dal decreto legislativo n. 300 del 1999.

E’ stato confermato il ruolo centrale del Presidente del Consiglio (ovvero al Ministro dell’interno da lui delegato), al quale è stato affidato il potere di promuovere e coordinare le attività delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale. Ad esso è stato affidato il compito, non espressamente indicato dalla legge n. 225, di determinare le politiche di protezione civile, di detenzione del potere di ordinanza (come, invece, già previsto dall’art. 5, comma 3, della legge n. 225) e di promozione e coordinamento delle attività delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale.

Nello svolgimento di tali compiti, il Presidente del Consiglio, ai fini del coordinamento con le regioni e gli enti locali, è affiancato da un nuovo organo, il Comitato paritetico Stato–regioni–enti locali, al quale sono tenuti a partecipere rappresentanti della conferenza unificata. Le modalità di composizione e funzionamento di tale Comitato sono state determinate con DPCM del 23 settembre 2002.

Al Presidente del Consiglio dei Ministri è stata, altresì, affidata la predisposizione degli indirizzi operativi dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso e i piani per l'attuazione delle conseguenti misure di emergenza, di intesa con le regioni e gli enti locali. La legge n. 225 prevedeva, invece, che gli indirizzi relativi ai programmi nazionali di cui sopra (programmi di previsione, ecc.) fossero approvati dal Consiglio dei ministri, in conformità ai criteri determinati dal Consiglio nazionale della protezione civile, e che i programmi stessi fossero approvati con DPCM, sempre previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e prevedeva, infine, la loro trasmissione al Parlamento.

 

Va a questo proposito segnalato che il decreto legislativo n. 112 del 1998 ha riservato allo Stato la competenza ad adottare “gli indirizzi per la predisposizione e l’attuazione dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie ipotesi di rischio” (art. 107, comma 1, lettera f), n. 1), ma non quella di predisposizione dei programmi nazionali di previsione e prevenzione, già previsti dall’art. 4 della legge n. 225; infatti è alle regioni che viene attribuita la funzione di predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi sulla base degli indirizzi nazionali (art. 108, comma 1, lettera a), n. 1).

Il successivo decreto legislativo n. 300 aveva poi attribuito il compito di predisporre gli indirizzi in questione all’Agenzia di protezione civile, affinché fossero poi sottoposti al Ministro dell’interno per la successiva approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, ed aveva abrogato l’art. 4 della legge n. 225 che prevedeva i programmi nazionali di previsione e prevenzione, nonché i programmi nazionali di soccorso ed i piani per l’attuazione delle conseguenti misure di emergenza.

Al fine di mettere ordine nelle incertezze interpretative derivanti dal sovrapporsi di tali disposizioni normative, è intervenuta la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004[5] con l’obiettivo di chiarire l’attribuzione delle competenze amministrative nell’attività di protezione civile.

 

In relazione alle strutture operanti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile, il decreto n. 343 ha ricondotto il Servizio sismico nazionale, la Commissione grandi rischi ed il Comitato operativo della protezione civile, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, mentre, con il decreto legislativo n. 300 tali ultime due strutture avrebbero dovuto operare presso l’Agenzia di protezione civile.

In merito alle funzioni di tali organi previste dalla legge n. 225 del 1992, sono state confermate le funzioni della Commissione grandi rischi, costituitasi con il DM 12 aprile 2002[6], quale organo consultivo tecnico - scientifico e propositivo con compiti di previsione e prevenzione delle varie situazioni di rischio e le cui modalità di funzionamento sono state, successivamente, modificate dall’art. 4 del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245[7].

Per quanto riguarda, invece, il Comitato operativo della protezione civile, massimo organismo operativo in caso di emergenza, è stato confermato l’impianto della legge n. 225, ma con alcune significative eccezioni quali la definizione dei compiti del Comitato nella direzione e coordinamento delle attività di emergenza, precisando gli interventi di tutte le amministrazioni e gli enti interessati al soccorso e l’integrazione della composizione del Comitato anche con due rappresentanti regionali ed uno del Comitato nazionale del volontariato di protezione civile. Si ricorda che il Comitato si è costituito con il DM 2 marzo 2002[8] e successivamente, con DPCM 28 marzo 2002, ne è stata integrata la composizione. Infine, è stato previsto che la presidenza spetti al capo del Dipartimento della protezione civile, e non più al Presidente del Consiglio, come invece aveva disposto la legge n. 225.

Per quanto riguarda, poi, i compiti del Dipartimento della protezione civile, essi hanno ripreso, in parte, quelli previsti dalla legge 225, riconfermando il Dipartimento quale struttura di riferimento di cui il Presidente del Consiglio (o il Ministro dell’interno da lui delegato) si avvale per lo svolgimento delle attività di sua competenza[9]. Al Dipartimento è stato attribuito il potere di promuovere periodiche esercitazioni, stabilite d’intesa con le regioni e gli enti locali, mentre la legge n. 225 aveva attribuito tale potere di promozione al Presidente del Consiglio o al Ministro delegato, senza prevedere l’intesa con gli enti territoriali.

Oltre a tali funzioni, il decreto legge ne ha indicate delle nuove, non previste dalla legge 225, in particolare:

§         l'attività di informazione alle popolazioni interessate, per gli scenari nazionali;

§         l'attività tecnico operativa, volta ad assicurare i primi interventi, effettuati in concorso con le Regioni e da queste in raccordo con i Prefetti, fermo restando quanto previsto dall'art. 14 della legge 24 febbraio 1992, n. 225[10];

§         l'attività di formazione in materia di protezione civile, in raccordo con le Regioni;

§         la definizione, d'intesa con le Regioni, in sede locale e sulla base dei piani d'emergenza, degli interventi e della struttura organizzativa per fronteggiare gli eventi calamitosi da coordinare con il Prefetto anche per gli aspetti dell'ordine e della sicurezza pubblica.

 

In relazione alle funzioni relative al raccordo con i Prefetti, si segnala il problema della sovrapposizione di competenze tra la provincia e il Prefetto in materia di protezione civile, insorto soprattutto con l’emanazione delle leggi regionali successive alla riforma costituzionale che hanno conferito alla provincia la funzione di coordinamento delle emergenze di rilevanza provinciale. Al fine di mettere chiarezza nel riparto delle funzioni, è stata emanata dapprima la Circolare 8 maggio 2002 del Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile e, successivamente, in seguito a numerosi rilievi da parte regionale, la Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 30 settembre 2002, n. 5114[11]. Nella circolare è stata sottolineata l’ineludibile esigenza di collaborazione con e tra enti territoriali nelle forme di intese ed accordi al fine di realizzare un sistema integrato di protezione civile, in grado di fornire risposte tempestive alle necessità emergenziali, evitando, al tempo stesso, il rischio di sovrapposizioni funzionali in una materia così delicata ove occorre individuare con certezza e immediatezza le responsabilità di chi coordina le attività necessarie a fronteggiare l’emergenza. Sono state, quindi, fornite una serie di indicazioni volte soprattutto ad:

§         agevolare la ricognizione del quadro normativo delle competenze in materia di protezione civile;

§         individuare i livelli di responsabilità e gestione delle emergenze;

§         indicare, per le fasi di  programmazione e pianificazione, i compiti in capo al Dipartimento della protezione civile e agli enti territoriali.

 

Inoltre, il Dipartimento della protezione civile, la cui organizzazione generale, amministrativa e contabile è stata regolamentata con il DPCM 12 dicembre 2001, formula gli indirizzi e i criteri generali nelle attività in materia di protezione civile mantenute allo Stato dal decreto legislativo n. 112 del 1998[12] che vengono poi sottoposti al Presidente del Consiglio dei Ministri per l'approvazione del Consiglio dei Ministri. Il Dipartimento, inoltre, svolge i compiti relativi alle attività concernenti la predisposizione di ordinanze da emanarsi dal Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero dal Ministro da lui delegato.

 

Si ricorda, infine, che con il decreto legge n. 343, è stato anche esteso il campo di applicazione previsto per la dichiarazione dello stato di emergenza, includendovi anche Ia dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile, diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza (art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 225).

La tematica della gestione dei c.d. “grandi eventi” comporta delicate interrelazioni con il sistema della autonomie e in primo luogo con le Regioni, considerando che la protezione civile è materia ricompresa dall’art. 117 Cost. nella legislazione concorrente

 

In relazione ai grandi eventi che hanno caratterizzato il mese di aprile 2005 (esequie del Papa Giovanni Paolo II ed elezione del nuovo Papa Benedetto XVI) il Dipartimento della Protezione civile ha provveduto alla definizione ed attuazione delle iniziative per il conseguimento urgente della disponibilità di beni, forniture e servizi necessari e strumentali per la organizzazione funzionale degli eventi stessi e delle connesse manifestazioni, per assicurare le condizioni di accoglienza ai partecipanti alle celebrazioni, anche per gli aspetti dell’assistenza e della mobilità.

Il Dipartimento, per opera del Commissario delegato – Capo Dipartimento, ha realizzato, inoltre, i necessari coordinamenti con le amministrazioni, gli enti pubblici e privati e le società di servizi, per assicurare la gestione unitaria delle iniziative e degli interventi, anche garantendo l’interscambio delle informazioni utili, in un contesto di sinergie operative[13].

 

In questo ambito assume rilievo la Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2004[14], con la quale sono stati dettati indirizzi in materia di protezione civile in relazione all’attività contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario.

L’emanazione della Direttiva è stata resa necessaria dall’avvio da parte della Commissione europea di procedure d’infrazione nei confronti dello Stato italiano sul presupposto che alcune ordinanze di protezione civile non sarebbero state supportate da una situazione di estrema urgenza in grado di giustificare il ricorso a procedure in deroga alla normativa comunitaria e pertanto avrebbero violato le norme comunitarie in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori di servizi e di forniture.

La direttiva ha stabilito che le ordinanze di protezione civile adottate ex art. 5, comma 2, della legge 225/1992, non devono prevedere deroghe alle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie e che, nel caso in cui le ordinanze stesse si riferiscano a situazioni di emergenza e a “grandi eventi” ancora in atto, esse siano modificate nel senso di assicurare il rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.

 

Da ultimo, al fine di diffondere in maniera più efficace la cultura della protezione civile e della prevenzione delle calamità, il decreto legge n. 343 ha introdotto anche norme dirette ad incentivare una serie di iniziative di sensibilizzazione e di informazione, quali la realizzazione di un “programma informativo nazionale di pubblica utilità”, per la cui  operatività è stata assegnata una frequenza radio nazionale in modulazione di frequenza e la garanzia di un sistema di telecomunicazioni per lo svolgimento dei compiti istituzionali del Dipartimento, sia in situazioni ordinarie che di emergenza.

 



[1] Il coordinamento di tutte le attività relative alla protezione civile è affidato al Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

[2] Ai sensi della legge n. 225 del 1992, tali poteri sono elencati e definiti all’art. 5: deliberazione dello stato di emergenza, emanazione di ordinanze, predisposizione di piani di emergenza.

[3]Articoli successivamente abrogati dal decreto legge n. 343 del 2001.

[4]Dalla relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto legge, AS 624.

[5] Per il testo della direttiva si veda il sito internet:

http://www.protezionecivile.it/cms/attach/editor/centroFunzionale/direttiva_idro.pdf

[6]Che ha abrogato il DM 18 maggio 1998, n. 429.

[7] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 gennaio 2006, n. 21, Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile.

[8]Che ha abrogato il DPCM 22 ottobre 1992.

[9] Si veda anche la recente Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2006 recante Coordinamento delle iniziative e delle misure finalizzate a disciplinare gli interventi di soccorso e di assistenza alle popolazioni in occasione di incidenti stradali, ferroviari, aerei ed in mare, di esplosioni e crolli di strutture e di incidenti con presenza di sostanze pericolose, in G.U. 13 aprile 206, n. 87

[10]Ove vengono definite le competenze del Prefetto.

[11] Per il testo della circolare si veda il link internet: http://www.interno.it/stampa.php?sezione=18&id=21 oppure si può consultare la G.U. n. 236 dell’8 ottobre2002, ove è stata pubblicata. 

[12] Si tratta in particolare dell'indirizzo, promozione e coordinamento delle attività di tutte le amministrazioni (nazionali, locali, pubbliche e private) in materia di protezione civile e delle funzioni operative riguardanti:

§          gli indirizzi per la predisposizione e l'attuazione dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie ipotesi di rischio;

§          la predisposizione, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati, dei piani di emergenza in caso di eventi calamitosi di cui all'art. 2, comma 1, lett. c), della legge 225 del 1992;

§          il soccorso tecnico urgente, la prevenzione e lo spegnimento degli incendi e lo spegnimento con mezzi aerei degli incendi boschivi;

§          lo svolgimento di periodiche esercitazioni relative ai piani nazionali di emergenza.

[13]    Corte dei conti, Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2004, presentata alle Camere il 24 giugno 2005 (doc. XIV, n. 5).

[14]    Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2004, Indirizzi in materia di protezione civile in relazione all’attivita’ contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario, pubblicata nella G.U. 21 dicembre 2004, n. 298.