Modifiche alla normativa sulle locazioni

Le modifiche alla legge n. 431 del 1998

Nel corso della XIV legislatura il legislatore ha apportato alcune modifiche alla legge n. 431 del 1998, con la quale è stata attuata una riforma organica delle locazioni di immobili ad uso abitativo[1].

Tali modifiche hanno in particolare riguardato i seguenti due aspetti della legge:

§         la procedura per la stipula dei contratti appartenenti al cosiddetto “secondo canale” (sulla quale sono intervenuti la legge n. 2 del 2002 e il decreto-legge n. 240 del 2004);

§         le modalità di ripartizione del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione (modificate dal citato decreto-legge n. 240 del 2004).

 

Prima di illustrare il contenuto di tali modifiche è utile ricordare che con la legge n. 431 del 1998 è stato superato il regime vincolistico introdotto dalla cosiddetta “legge sull’equo canone” (legge n. 392 del 1978). Con essa, in particolare, pur senza pervenire alla completa liberalizzazione del canone, è stato attribuito un più ampio spazio all’autonomia contrattuale nella determinazione del medesimo. Il nucleo fondamentale del provvedimento è contenuto nell'art. 2, che individua due distinte tipologie contrattuali per le locazioni abitative. La prima tipologia è caratterizzata dalla libera contrattazione delle parti (comma 1)[2], mentre la seconda - cosiddetto “secondo canale” (comma 3) - si basa sul sostanziale recepimento, da parte del locatore e del conduttore, di contratti-tipo stipulati in sede di accordi locali tra le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative (locazioni convenzionate). Gli accordi locali sono stipulati sulla base dei criteri generali fissati in apposito decreto del Ministro dei lavori pubblici, adottato di concerto con il Ministro delle finanze. Il contratto-tipo disciplina diversi elementi contrattuali, fra i quali, in primo luogo, l’entità del canone. La durata minima del contratto è invece fissata per legge. In particolare, i contratti del “secondo canale” non possono avere una durata inferiore a 3 anni, salvo il caso di esigenze di natura transitoria[3].

Con riferimento al primo profilo, la legge n. 2 del 2002, introducendo l’art. 4-bis nella legge n. 431, ha sostituito i contratti-tipo concordati in sede locale con i tipi di contratto definiti nel quadro della convenzione nazionale.

 

La precedente previsione secondo la quale i singoli contratti di locazione dovevano uniformarsi a contratti-tipo concordati in sede locale fra le organizzazioni maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori di fatto subordinava la piena attuazione dell’art. 2, comma 3, della legge n. 431 all’iniziativa delle strutture locali delle organizzazioni di categoria. Ciò determinava un’eccessiva frammentazione, individuata dal legislatore come una delle cause dello scarso ricorso al “secondo canale”.

 

La convenzione nazionale viene convocata ogni tre anni per individuare i criteri generali per la definizione dei canoni  (prima quindi della stipula degli accordi in sede locale)[4]. Inoltre, i tipi di contratto possono indicare scelte alternative, da definire negli accordi locali, in relazione a specifici aspetti contrattuali, con particolare riferimento ai criteri per la misurazione delle superfici degli immobili.

 

Più specificamente, per quanto riguarda la procedura per la definizione di tali contratti tipo, l’art. 4 della legge n. 431 prevede la seguente articolazione:

§         il Ministero dei lavori pubblici (ora delle infrastrutture e trasporti) convoca le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentativi ogni tre anni, al fine di promuovere una convenzione nazionale con cui sono definiti i criteri generali per la definizione dei canoni e le modalità per garantire particolari esigenze delle parti;

§         un apposito DM, adottato di concerto con il Ministro delle finanze, indica i criteri generali su cui dovranno basarsi gli accordi locali, nonché le modalità di applicazione delle agevolazioni fiscali, previste dall’art. 8 della legge stessa[5];

§         un ulteriore DM, anch’esso adottato di concerto con il Ministro delle finanze, fissa le condizioni alle quali possono essere stipulati i contratti tipo, nel caso in cui non vengano convocate da parte dei comuni le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori ovvero non siano definiti gli accordi previsti.

 

Nell’ambito delle modifiche apportate dalla legge n. 2 del 2002 al procedimento della stipula dei contratti del secondo canale, si richiama anche un intervento di manutenzione normativa sul comma 3 dell’art. 5 della legge n. 431. Tale disposizione prevedeva la possibilità (e quindi non un obbligo come negli altri casi già descritti) per i comuni di convocare le organizzazioni sindacali e istituzioni universitarie al fine di stipulare accordi locali per la definizione di contratti-tipo per gli studenti universitari.

Con la modifica intervenuta viene eliminato il riferimento ai contratti-tipo, sostituendolo con quello relativo ai “tipi di contratto” e, conseguentemente, i tipi di contratto (di cui all’art. 4-bis) definiti dalla convenzione nazionale o dal decreto ministeriale, devono già prendere in considerazione gli studenti universitari.

 

La procedura per la stipula dei contratti del secondo canale è stata ulteriormente modificata dall’art. 7, comma 1, del decreto n. 240 del 2004[6], che ha disposto un altro intervento di coordinamento normativo relativo al meccanismo di garanzia previsto dal vigente comma 3 dell’art. 4 della legge n. 431.

 

La formulazione della norma precedente a tale intervento prevedeva che il decreto per la definizione delle condizioni per la stipula dei contratti del “secondo canale”, nel caso di mancata convocazione delle organizzazioni sindacali o di mancato accordo delle organizzazioni, dovesse riguardare solo i contratti di cui all’art. 2 comma 3 (contratti di durata non inferiore a tre anni) e non anche quelli di cui all’art. 5 (contratti di durata inferiore a tre anni per soddisfare specifiche esigenze di natura transitoria o degli studenti universitari), pur essendo tali contratti assoggettati allo stesso procedimento (definizione di criteri generali e tipi di contratto, stipula di accordi in sede locale).

 

Il legislatore è intervenuto quindi a correggere un errore di coordinamento interno della normativa, specificando che in caso di mancato accordo o mancata convocazione delle organizzazioni sindacali, il decreto dovrà definire le condizioni per la stipula sia dei contratti di cui all’art. 2, comma 3, sia di quelli di cui all’art. 5.

 

L’art. 7, commi 2 e 2-bis[7], del decreto-legge n. 240 del 2004, ha apportato una seconda rilevante modifica alla legge n. 431, relativa in particolare alle modalità di ripartizione del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione.

Tale Fondo – istituito dall’art. 11 della legge n. 431, con la finalità di destinare le sue risorse per la concessione di contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione, a favore dei conduttori appartenenti alle fasce di reddito più basse – rappresenta, a tutt’oggi, uno dei principali strumenti attraverso il quale viene fronteggiata l’emergenza abitativa.

 

In attuazione del comma 4 del citato art. 11 della legge n. 431 che prevede che siano definiti, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, i requisiti minimi dei conduttori al fine di poter beneficiare dei contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione e i criteri per la determinazione dei contributi stessi in relazione al reddito familiare e all'incidenza sul reddito medesimo del canone di locazione, è stato emanato il DM Lavori pubblici del 7 giugno 1999[8].

Si segnala, inoltre, che la legge n. 21 del 2001 ha modificato le precedenti procedure di distribuzione delle risorse del Fondo. Essa in particolare ha previsto che, a decorrere dall’anno 2001, le risorse disponibili vengano ripartite, entro il 31 gennaio di ogni anno, tra le regioni e le province autonome, dal Ministro dei lavori pubblici, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, in relazione al fabbisogno accertato dalle stesse per l’anno precedente, nonché in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome, ai sensi del comma 6. Tale fabbisogno è comunicato al Ministero dei lavori pubblici entro il 30 ottobre di ciascun anno. È previsto, inoltre, che qualora tali risorse non siano trasferite ai comuni entro 90 giorni dall’effettiva attribuzione delle stesse alle regioni e alle province autonome, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, previa diffida alla regione o alla provincia autonoma inadempiente, nomina un commissario ad acta.

 

Le modifiche recate dal citato art. 7 riguardano:

§         il posticipo della ripartizione delle risorse del Fondo alle regioni dal 31 gennaio al 31 marzo di ogni anno;

§         a decorrere dall’anno 2005, la previsione della ripartizione delle risorse del Fondo con decreto ministeriale, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sulla base dei criteri fissati con apposito decreto ministeriale, nonché in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome e non più in relazione al fabbisogno accertato dalle regioni e dalle province autonome per l’anno precedente;

§         la facoltà per i i comuni di prevedere, con delibera della propria giunta, che i contributi integrativi destinati ai conduttori vengano, in caso di morosità, erogati al locatore interessato a sanatoria della morosità medesima, anche tramite l’associazione della proprietà edilizia designata per iscritto dallo stesso locatore, che attesta l’avvenuta sanatoria con dichiarazione sottoscritta anche dal locatore. La finalità della norma è quella di perfezionare il funzionamento del Fondo nazionale, assicurando che l’erogazione di contributi integrativi a favore delle fasce di reddito più basse venga effettivamente destinata alle finalità del Fondo: il pagamento dei canoni di locazione.

 

In merito poi all’attuazione di tali nuove disposizioni, con un primo decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti del 14 settembre 2005[9] sono stati fissati i criteri di ripartizione delle risorse assegnate al Fondo, mentre con un successivo decreto del 28 novembre 2005[10] è stata effettuata l’ultima ripartizione delle risorse del Fondo alle regioni.

Si ricorda, infine, che la dotazione del Fondo è quantificata ogni anno dalla legge finanziaria (si veda la tabella allegata), mentre le singole Regioni ed i comuni possono mettere a disposizione ulteriori risorse.

Nei primi anni di applicazione della legge è stato riscontrato, a fronte di una graduale riduzione della dotazione finanziaria del Fondo da parte delle leggi finanziarie approvate, un notevole e costante incremento del fabbisogno manifestato da coloro che hanno partecipato ai bandi emanati annualmente dai comuni. Pertanto, nel 2004, si è provveduto ad incrementare la dotazione del Fondo anche con l’art. 1-bis, comma 3, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168[11], autorizzando, per tale anno, una spesa di ulteriori 110 milioni di euro.

 

Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione

 

Anno

Leggi finanziarie

Stanziamenti

(in milioni di euro)

2000

L. 23 dicembre 1999, n. 488

366,68

2001

L. 23 dicembre 2000, n. 388

335,70

2002

L. 28 dicembre 2001, n. 448

249,18

2003

L. 27 dicembre 2002, n. 289

246,50

2004

L. 24 dicembre 2003, n. 350

246,01

2005

L. 30 dicembre 2004, n. 311

230,14

2006

L. 23 dicembre 2005, n. 266

310,66

Ulteriori modifiche alla normativa in materia di locazioni

L’art. 7-bis del decreto-legge n. 240 del 2004 ha introdotto ulteriori modifiche alla disciplina delle locazioni e in particolar modo alle norme di carattere processuale. Tale disposizione ha sostituito l’art. 56 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sulle modalità di rilascio dell’alloggio locato con la finalità di garantire una maggiore tutela degli interessi delle parti (il locatore e il conduttore) interessate al provvedimento del giudice.

 

Si ricorda che il precedente testo dell’art. 56 della legge n. 392 del 1978 stabiliva che con il provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, tenuto conto delle disposizioni del conduttore e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso, fissa anche la data della esecuzione entro il termine massimo di mesi sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla data del provvedimento.

 

Attraverso tali modifiche, viene previsto l’obbligo di motivazione del provvedimento del giudice che, disponendo il rilascio dell’immobile locato, fissa anche la data dell’esecuzione dopo la valutazione delle condizioni del conduttore e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso e, nei casi di finita locazione, del tempo trascorso dalla disdetta.

Il nuovo comma 3 dell’art. 56 introduce inoltre, con un’evidente  finalità di garanzia, la possibilità di opposizione, sia del locatore sia del conduttore, contro i provvedimenti esecutivi di rilascio dell’immobile per finita locazione (di cui all’art. 6, comma 4, della legge n. 431), “limitatamente alla data fissata dell’esecuzione”. Non si tratta quindi di una opposizione sul diritto controverso oggetto del provvedimento, bensì soltanto sulla data fissata dal giudice per l’esecuzione.

 

Si ricorda, infine, l’introduzione, con l'art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), di una disposizione sanzionatoria che, dalla mancata registrazione dei contratti di locazione, fa discendere la nullità degli stessi.

La finalità della norma è quella di scoraggiare la mancata registrazione dei contratti di locazione[12], attraverso una sanzione che mette nelle condizioni una delle due parti del contratto di sottrarsi agli obblighi previsti dal vincolo contrattuale in qualunque momento, qualora il contratto non sia stato registrato.



[1] La legge n. 431 esclude dal proprio ambito di applicazione alcune tipologie di locazione, tra cui quelle riguardanti usi commerciali, per le quali si applica la legge n. 392 del 1978.

[2] Anche in relazione a tale tipologia contrattuale sono presenti tuttavia taluni vincoli, il primo dei quali è rappresentato dalla durata minima del contratto, fissata in quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori quattro anni, senza possibilità per il locatore di non rinnovare, se non nelle ipotesi ammesse dalla legge e tassativamente elencate al successivo art. 3.

[3] È previsto un meccanismo di “garanzia” del sistema, che prevede che in caso in cui non siano convocate le organizzazioni sindacali o non vengano stipulati gli accordi locali, sia un apposito decreto a stabilire le condizioni per la stipula dei contratti del secondo canale. Si ricorda, inoltre, che la legge n. 431 ha previsto misure fiscali, sia per il locatore che per il conduttore, che tendono a favorire il ricorso al “secondo canale”.

[4] In tale sede i rappresentanti delle organizzazioni nazionali della proprietà edilizia e dei conduttori definiscono non solo i criteri generali per la determinazione dei canoni, ma anche i tipi di contratto (per le locazioni convenzionate di cui all’art. 2, comma 3, per i contratti di locazione di natura transitoria e per i contratti di locazione per gli studenti universitari) in cui vengono fissati tutti gli elementi del contratto che non richiedono specifiche previsioni derivanti da particolari condizioni locali. Agli accordi locali rimane solo la definizione dei canoni, della durata dei contratti  e di eventuali altri elementi legati a specificità locali. Nel caso in cui non vengano definiti nell’ambito della convenzione nazionale, i tipi di contratto saranno definiti nel decreto relativo ai criteri generali per la stipula degli accordi in sede locale.

[5] In applicazione di tale disposizione sono stati emanati i due DM 5 marzo 1999 e il D.M. 30 dicembre 2002.

[6] Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 269, Misure per favorire l'accesso alla locazione da parte di conduttori in condizioni di disagio abitativo conseguente a provvedimenti esecutivi di rilascio, nonché integrazioni alla legge 9 dicembre 1998, n. 431.

[7] Si ricorda che il comma 2-bis  riproduce esattamente il contenuto dell’art. 1 della proposta di legge AC 4159 Foti, successivamente confluito in un testo unificato insieme ad altre proposte di legge (AC 1411 Susini, AC 2423 Riccio, AC 3607 Pagliarini e AC 3811 Sandri) elaborato dal Comitato ristretto nella seduta della VIII Commissione (Ambiente) il 25 febbraio 2004.

[8] Con il DM lavori pubblici del 7 giugno 1999 sono stati definiti i requisiti minimi dei conduttori al fine di poter beneficiare dei contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione e i criteri per la determinazione dei contributi stessi in relazione al reddito familiare e all'incidenza sul reddito, come previsto dall’art. 11, comma 4. Tali requisiti minimi consistono in:

§          reddito annuo imponibile complessivo non superiore a due pensioni minime INPS, rispetto al quale l'incidenza del canone di locazione risulti non inferiore al 14%;

§          reddito annuo imponibile complessivo non superiore a quello determinato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, rispetto al quale l'incidenza del canone di locazione risulti non inferiore al 24%.

[9] Pubblicato nella G. U. del 2 dicembre 2005, n. 281.

[10] Pubblicato nella G. U. del 3 febbraio 2006, n. 28.

[11] Convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 30 luglio 2004, n. 191, Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica.

[12] Oggetto della norma sono tutti i contratti di locazione, sia quelli ad uso abitativo, sia quelli ad uso commerciale, disciplinati sia dalle norme generali contenute nel codice civile (artt. 1571-1614), sia da apposite leggi speciali.