All’inizio della
legislatura si registra un primo intervento legislativo, all’interno della legge
n. 448 del 2001[1], che
estende agli IRCCS di diritto pubblico la disciplina generale di trasformazione
e soppressione di enti pubblici in fondazioni o società per azioni, prevedendo
peraltro che la nuova normativa si applichi “in via sperimentale”, sentite le
regioni interessate e “ferma restando la natura pubblica degli Istituti
medesimi”.
Successivamente, il decreto legislativo n. 288 del 2003[2],
emanato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 3 del 2006, detta la nuova disciplina generale sul
riordino degli IRCCS, volta a superare le criticità emerse nei rapporti tra
organismi statali e regionali nelle fasi del finanziamento, della
programmazione, della gestione e del controllo, che avevano determinato un
lungo periodo di commissariamento degli enti in questione.
Gli IRCCS sono dei
“centri di eccellenza”, qualificati come “enti a rilevanza nazionale”,
finalizzati a perseguire attività di ricerca nel campo medico (prevalentemente
clinica e translazionale) e dell’organizzazione e gestione dei servizi
sanitari, unitamente alle prestazioni di ricovero e cura “di alta specialità”.
La disciplina
prevede la loro trasformazione in Fondazioni, ferma restando la “natura
pubblica”: l’obiettivo è quello di utilizzare i benefici derivanti dall’utilizzo
di strumenti di natura privatistica (in primis, l’apporto di capitali
privati) mantenendo al tempo stesso la funzione di servizio per la
collettività.
A tal fine è
stabilita la procedura per realizzare il passaggio al nuovo modello di ente e fissando
i principi guida degli Statuti, dell’organizzazione interna dei nuovi soggetti
e del rapporto di lavoro del personale impiegato.
La normativa risulta
volta a favorire la partecipazione sia dello Stato sia delle Regioni nella fase
costitutiva degli enti e nei diversi momenti di programmazione e controllo
della loro attività.
Per gli enti non
trasformati in Fondazioni, è prevista un’Intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni che ne definisca le caratteristiche organizzative e di
funzionamento[3].
E’ altresì stabilita
la procedura per il “riconoscimento del carattere scientifico” (così come per
la revoca di tale riconoscimento) degli IRCCS, che dà loro diritto ad accedere
ai finanziamenti pubblici. Per quanto riguarda il finanziamento, si distingue
tra le attività di ricerca (a carico del FSN) e le attività di assistenza (a
carico della Regione territorialmente competente).
La legge prevede una
sinergia tra gli IRCCS, al fine di valorizzare l’attività di ricerca relativa a
specifici settori, migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie e
consentire l’accesso a programmi di finanziamento promossi a livello
comunitario.
La Corte costituzionale
si è pronunciata sulla legittimità delle nuove disposizioni di riordino degli
IRCCS, in seguito ai ricorsi promossi da diverse Regioni, che hanno lamentato
la lesione delle competenze legislative, regolamentari e amministrative delle
Regioni ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione.
Con la sentenza
n. 270 del 2005, la Corte evidenzia la portata fortemente innovativa,
in tale ambito, della riforma del titolo V; in base al previgente art. 117,
risultava infatti attribuita alle regioni la sola competenza in materia di
“assistenza sanitaria e ospedaliera”, mentre rientrava nella esclusiva
competenza dello Stato la “ricerca
scientifica”. Ciò aveva legittimato una disciplina estremamente puntuale del
legislatore nazionale sugli IRCCS, caratterizzati come enti di ricerca
sanitaria, e l’attribuzione di significativi poteri amministrativi attribuiti
ad organismi ministeriali.
La Corte rigetta la
tesi, sostenuta dall’Avvocatura dello Stato, in base alla quale la disciplina
degli IRCCS rientrerebbe nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi
dell’art. 117, comma 2, lett. g) della Costituzione (“ordinamento e
organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”). La
normativa in oggetto va invece ricondotta nell’ambito delle materie “tutela
della salute” e “ ricerca scientifica”, entrambe sottoposte alla potestà
concorrente di Stato e Regioni: la stessa dizione utilizzata dal decreto
legislativo n. 288 del 2003, che qualifica gli IRCCS come “enti a rilevanza
nazionale” (così come il dibattito parlamentare al riguardo), rende chiara la
volontà del legislatore di evidenziare l’intreccio di competenze statali e
regionali in questa materia.
Ciò premesso, la
Corte costituzionale afferma la legittimità costituzionale dell’impianto della
nuova disciplina, sottolineando la possibilità per lo Stato di salvaguardare le
“esigenze di carattere unitario” derivanti dalla istituzione di un soggetto
giuridico nuovo (le Fondazioni di diritto pubblico), da perseguire attraverso
la previsione di un procedimento uniforme di trasformazione dei vecchi IRCCS
(nel quale trovano la loro piena legittimazione i poteri conferiti al Ministro
della salute e alle strutture ministeriali, sia pure limitati e condivisi con
le regioni in base al principio della leale collaborazione tra i diversi
livelli istituzionali) e la disciplina dell’organizzazione dei nuovi enti (e
degli enti non trasformati).
I rilievi della
Corte si concentrano su alcuni limitati aspetti della normativa, con
conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale, concernenti in particolare
la puntuale definizione della composizione del consiglio di amministrazione e
del collegio dei revisori e delle modalità di nomina (con riserve di
designazione ministeriali che appaiono giustificabili solo per gli enti
pubblici “nazionali”) nonché l’attribuzione ad organi statali di veri e propri
poteri di controllo preventivo sugli atti dei nuovi enti.
Sin dall’inizio della XIV legislatura si registra una notevole attenzione delle Camere in ordine all’attività della Croce rossa e alle problematiche inerenti il suo corretto funzionamento, testimoniato anche dallo svolgimento di una indagine conoscitiva sullo stato della Croce rossa italiana svolta dalla Commissione Igiene e sanità del Senato[4].
Nel corso degli anni sono approvate numerose disposizioni riguardanti la Croce rossa, tutte contenute all’interno di provvedimenti di urgenza.
Inizialmente è stato affrontato il problema della proroga degli organi amministrativi esistenti: con il decreto legge n. 8/2002[5], essi sono prorogati fino alla definizione del nuovo Statuto e, comunque, non oltre il 30 giugno 2002; un successivo decreto legge[6] disponeva un’ulteriore proroga ma, in seguito alla sua mancata conversione, si procedeva al commissariamento dell’ente, che è durato fino al 2005[7].
Con successivo provvedimento (decreto legge n. 220/2004[8]) si autorizza il commissario straordinario della Croce Rossa a ratificare, previo parere dei Ministri vigilanti, alcune ordinanze commissariali, adottate a partire dal 1° gennaio del 2003, che riguardano la struttura dipartimentale e la dotazione organica dell’ente. Al riguardo è da segnalare, altresì, il decreto-legge n. 4/2006[9] con cui si stabilisce la proroga fino al 2006 dei contratti a tempo determinato stipulati dalla Croce rossa.
L’intervento di riordino di maggior rilievo si realizza con il decreto-legge n. 276 del 2004, che modifica alcuni aspetti della struttura amministrativa dell’ente ai fini di una successiva revisione dello statuto dell’ente (per la quale sono definiti procedura e termini) e dello svolgimento delle elezioni per il rinnovo delle cariche elettive.
In particolare, si prevede l’attribuzione di nuove competenze alla Croce rossa in campo socio sanitario, una diversa disciplina degli organi interni di rappresentanza e gestione a livello nazionale, regionale, provinciale e locale e regole rigorose per l’accertamento dei soci con diritto di elettorato attivo.
Il processo di riordino si conclude con l’approvazione del nuovo statuto dell’ente (DPCM. 6 maggio 2005, n. 97).
Sempre con un provvedimento d’urgenza (decreto legge n. 277 del 2004[10]) si provvede al riordino giuridico e finanziario dell’Ordine Mauriziano: si tratta di un ente ospedaliero, costituito dalle strutture sanitarie Umberto I di Torino e dall’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo, disciplinato dalla XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione.
E’ creata la Fondazione Mauriziana, con il compito di gestire i beni di proprietà dell’Ente a cui succede (ad eccezione delle strutture ospedaliere e ad alcuni beni sabaudi puntualmente individuati dal decreto legge in esame, affidati ad un’altra Fondazione) e a procedere alla loro valorizzazione, ai fini di risanamento finanziario dell’ente.
In attesa dell’avvio delle azioni di risanamento da parte del Commissario dell’Ente sono sospese le azioni esecutive nei confronti dell’Ente stesso.
In base alla legge, la regione Piemonte deve disciplinare con un proprio provvedimento la natura giuridica dell’Ente ospedaliero ed il suo inserimento nell’organizzazione sanitaria regionale.
E’ intervenuta al riguardo la legge regionale 24 dicembre n.
39, oggetto di ricorso da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri. La
Corte costituzionale, con sentenza n.
173 del 2006, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che
disponevano l’attribuzione alle ASL territoriali competenti di beni immobili appartenenti
all’Ordine Mauriziano.
[1] Cfr. l’art. 28, comma 8.
[2] Cfr. gli artt. 42 e 42 della legge n. 3/2003 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione).
[3] Cfr. l’Accordo del 1°luglio 2001.
[4] Il documento conclusivo è stato approvato nella seduta n. 35 del 13 febbraio 2002.
[5] Cfr. art. 5.
[6]
Si tratta del D.L. n. 187/2002 recante
la rideterminazione dei termini di scadenza relativi agli organi amministrativi
dell'Associazione italiana della Croce Rossa.
[7] Vedi i decreti del Presidente del consiglio dei ministri del 18 aprile 2003, 15 ottobre 2003 e 23 novembre 2004. Un ulteriore proroga è disposta dal decreto legge n. 276 del 2004 (vedi infra).
[8] Cfr.
art. 3 bis.
[9] Vedi
l’art. 5.
[10]
Convertito in legge nella legge n. 4
del 2005.