Il personale medico

Le modifiche al rapporto di lavoro

La XII Commissione della Camera ha realizzato un’approfondita indagine conoscitiva sull’attività libero professionale all’interno delle strutture pubbliche (c.d. intramoenia), che ha consentito di riscontrare  verificare forti differenze territoriali nell’attuazione di tale istituto. Il documento conclusivo, approvato a maggioranza[1], contiene alcune indicazioni che hanno dato luogo a significativi interventi legislativi.

 

In primo luogo, veniva evidenziato il mancato adeguamento delle strutture edilizie, indispensabile per garantire su tutto il territorio nazionale lo svolgimento del servizio di intramoenia in regime ambulatoriale all’interno delle stesse strutture pubbliche. Il ritardo nella realizzazione degli investimenti previsti ha reso opportuna la proroga al 31 luglio 2006 della cosiddetta forma attività libero professionale “allargata”, svolta cioè presso studi professionali privati autorizzati[2].

Più in generale, l’indagine conoscitiva ha costituito l’occasione di una riflessione sulla rispondenza tra gli obiettivi attesi dall’istituto dell’intramoenia e i risultati effettivamente conseguiti, sia in termini di riduzione delle liste di attesa che di efficienza del servizio sanitario nazionale. Le conclusioni contenute nel documento hanno rappresentato la premessa di rilevanti modifiche di alcuni aspetti del regime contrattuale dei medici, con riferimento ad uno dei principi cardine del D.Lgs. n. 229 del 1999, che delineava una più marcata differenziazione tra i dirigenti che optavano per il rapporto di lavoro esclusivo e quelli che sceglievano il rapporto non esclusivo.

 

Con il decreto legge n. 81 del 2004 si afferma infatti la reversibilità della scelta in ordine alla esclusività[3]. In particolare, i dirigenti hanno la facoltà di optare, entro il 30 novembre di ciascun anno, per il rapporto non esclusivo, con effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo (salvo termini più brevi stabiliti dalle Regioni); il rapporto esclusivo può essere ripristinato con le stesse modalità.

Coloro che mantengono l’esclusività del rapporto conservano il trattamento economico aggiuntivo stabilito dai contratti collettivi di lavoro, che viene ora configurato come “indennità di esclusività e non indennità di irreversibilità”.

La legge dispone infine che la scelta della non esclusività non preclude più la direzione di strutture semplici e complesse. Gli effetti di quest’ultima disposizione sono stati ridimensionati dalla sentenza n. 181 del 2006 della Corte costituzionale, che ha affermato la legittimità di alcuni provvedimenti legislativi regionali in base ai quali, invece, il rapporto esclusivo rappresenta un requisito necessario per il conferimento di tali incarichi[4] oppure costituisce un titolo preferenziale per l’accesso ai medesimi incarichi[5]. La Corte rileva che il decreto legge n. 81 non stabilisce sul punto un nuovo principio generale e, pertanto, resta ferma la potestà delle regioni di disciplinare tale aspetto specifico, nell’ambito delle prerogative ad esse attribuite sulla “determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute” (ex art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992).

 

Il decreto legge n. 81 del 2004 è intervenuto anche sui rapporti di lavoro a tempo definito, disponendo un’ulteriore proroga, fino alla data di rinnovo del contratto di lavoro, della soppressione di tale fattispecie, inizialmente fissata al 31 dicembre 2002[6].

 

Si segnala infine, con riferimento all’età pensionabile, che la disposizione generale sulla possibilità del collocamento a riposo all’età di 70 anni per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche[7], ha riguardato anche il personale di  aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale; la permanenza in servizio non dà comunque diritto al pagamento dei contributi pensionistici e non rileva ai fini della determinazione del trattamento pensionistico. L’accoglimento della domanda è sottoposta, altresì, alle valutazioni riservate dell’amministrazione di appartenenza, che, inoltre, può destinare il dipendente trattenuto in servizio a compiti diversi da quelli svolti.

I medici specializzandi

Il tema dei medici specializzandi è stato oggetto negli ultimi anni di numerose iniziative parlamentari (sia di maggioranza che di opposizione), volte a superare il regime delle borse di studio che non garantiva un trattamento economico adeguato ai neo laureati durante l’importantissima fase della formazione universitaria specialistica. La riforma del 1999, che ha introdotto i contratti di formazione lavoro[8], nei fatti non era mai stata attuata.

Solo al termine della legislatura, nell’ambito della legge finanziaria per il 2006[9] sono state individuate le risorse necessarie per la copertura degli oneri (300 milioni di euro annui a regime) e disciplinati i nuovi contratti di formazione specialistica.

Dall’anno accademico 2006-2007, il trattamento economico risulta costituito da una parte fissa - uguale per tutte le specializzazioni e per  tutta la durata del corso - e da una parte variabile, avuto riguardo preferibilmente al percorso formativo degli ultimi tre anni e determinato annualmente con un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base delle risorse disponibili. Per i primi anni la parte variabile non potrà eccedere il 15 per cento di quella fissa.

La ripartizione e l’assegnazione a favore delle Università delle risorse per il finanziamento della formazione dei medici specialistici per l’anno accademico di riferimento è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Per quanto riguarda la gestione previdenziale, è prevista l'iscrizione dei titolari di contratti formazione specialistica ad una apposita gestione separata (INPS)[10].

Le iniziative legislative sul governo clinico e la responsabilità civile dei medici

Nel corso della legislatura le Camere hanno affrontato altre tematiche inerenti la condizione professionale dei medici.

Vanno ricordato innanzitutto le proposte di legge inerenti la responsabilità civile verso terzi dei dirigenti sanitari, che prevedevano l’istituzione di polizze assicurative obbligatorie; il testo licenziato dalla XII Commissione del Senato non è stato peraltro discusso dall’Aula[11].

Una segnalazione meritano anche i progetti di legge (di iniziativa sia governativa che parlamentare) sul c.d. “governo clinico”, diretti ad assicurare un più diretto coinvolgimento dei medici nelle scelte strategiche e gestionali delle Aziende sanitarie regionali ed una maggiore trasparenza ed equità nel sistema di valutazione e selezione delle risorse umane. La Commissione Affari sociali della Camera ha discusso a lungo tali problematiche (la cui importanza è sottolineata anche nel Piano sanitario nazionale 2006-2008), senza giungere peraltro all’approvazione di un testo unificato[12].



[1]     Cfr il resoconto stenografico della seduta del 2 aprile 2003, nel quale è riportato anche il documento alternativo proposto da gruppi dell’opposizione.

[2]     Cfr. l’art. 1, comma 1, del D.L. n. 89/2003, e l’art. 1 quinquies, comma 1, del D.L. n. 87/2005.

[3]     Cfr. l’art. 2-septies del D.L. n. 81/2004, convertito nella legge n. 138/2004, che ha modificato il comma 4 dell’articolo 15-quater del D.Lgs. n. 502/1992.

[4]     Legge della regione Toscana n. 40 del 2005 (art. 59) e legge della regione Umbria n. 15 del 2005 (art. 1).

[5]     Legge della regione Emilia romagna n. 29 del 2004 (art. 8, comma 4).

[6]     Cfr. l’art. 15 bis, comma 3, del D.Lgs. n. 502/1992.

[7]     Cfr. l’art. 1 quater del D.L. n. 136/2004, che ha modificato il comma 1 dell'art. 16 del D.Lgs.  503/1992.

[8]     D.Lgs. n. 368/1999.

[9]     Art. 1, comma 300, della legge n. 266 del 2005.

[10]    Di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare).

[11]    Cfr. A.S. 108-A.

[12]    Cfr. l’A.C. 5102 e abb. ed il dossier del Servizio Studi n. 651/2.