Il Trattato di adesione all’Unione europea di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Slovenia e Ungheria è stato firmato ad Atene il 16 aprile 2003 ed è entrato in vigore il 1° maggio 2004, a seguito del deposito, avvenuto entro il 30 aprile 2004 (come prescritto dall’articolo 2 del Trattato), presso il governo italiano di tutti gli strumenti di ratifica.
L’Italia ha ratificato il Trattato con la legge
24 dicembre 2003, n. 380[1].
Per quanto
riguarda i profili procedurali, si ricorda che pochi giorni prima della firma
del Trattato, il 9 aprile 2003, il Parlamento europeo ha votato il parere conforme sull’adesione dei dieci
Paesi candidati, approvando una risoluzione separata su ciascun Paese (in base
all’art. 49 del Trattato sull’Unione europea, l’adesione di ogni nuovo Stato
membro richiede il consenso preventivo del Parlamento europeo a maggioranza
assoluta). Il PE ha poi approvato una risoluzione non legislativa sulle
conclusioni dei negoziati[2].
Il Consiglio europeo di Copenaghen aveva,
quindi, invitato gli Stati membri e gli Stati aderenti a ratificare il
Trattato, secondo le rispettive procedure nazionali, in tempo utile per
accogliere i nuovi Stati membri il 1°
maggio 2004, per consentire loro di partecipare alle elezioni del
Parlamento europeo del giugno 2004 in qualità di membri. In vista della ratifica
del Trattato, in tutti i Paesi aderenti (esclusa Cipro, a causa della
particolare situazione) nel corso del 2003 si sono svolti referendum interni sull’adesione all’Unione europea, con esito
favorevole.
II Trattato di adesione propriamente detto è composto da tre articoli.
L’articolo 1 prevede, al comma 1, che la Repubblica ceca, l’Estonia, Cipro, la Lettonia, la Lituania, l’Ungheria, Malta, la Polonia, la Slovenia e la Repubblica slovacca diventano membri dell’Unione europea e Parti dei trattati sui quali è fondata l’Unione. Il comma 2 del medesimo articolo 1 precisa che le condizioni di ammissione e gli adattamenti che ne derivano per i trattati sui quali è fondata l’Unione sono contenuti nell’atto unito al trattato, le cui disposizioni sono parte integrante del trattato di adesione. Il comma 3, infine, dispone che le disposizioni relative ai diritti e agli obblighi degli Stati membri, nonché i poteri e le competenze delle istituzioni della Comunità, si applicano nei confronti del trattato di adesione stesso.
L’articolo 2 dispone la ratifica del trattato secondo le norme interne di ciascuna parte, mentre l’articolo 3 è relativo al deposito dei testi (negli archivi della Repubblica italiana) e alla trasmissione delle copie conformi.
L’unito Atto di adesione, firmato contemporaneamente al Trattato 16 aprile 2003, forma - con i suoi allegati - parte integrante del Trattato e si compone di 62 articoli. Esso reca le condizioni di ammissione e i conseguenti adattamenti dei Trattati sui quali è fondata l'Unione, in base a quanto previsto dall’articolo 49 del Trattato UE.
In particolare:
Ø gli articoli 1-10 contengono i principi e le definizioni essenziali, oltre alla disciplina delle relazioni tra gli obblighi di diritto internazionale e quelli che i nuovi Stati membri assumono con l'adesione all'Unione e alle Comunità;
Ø gli articoli 11-19 contengono gli adattamenti definitivi dei trattati (sia quelli istituzionali, articoli 11-17, sia altri adattamenti, articoli 18 e 19);
Ø gli articoli 20-23 recano modifiche permanenti all’acquis comunitario (tecnicamente effettuate mediante il richiamo degli allegati al trattato);
Ø gli articoli 24-42 recano disposizioni transitorie sugli aspetti istituzionali e le clausole di salvaguardia e, in particolare, l’articolo 24 rinvia ad un allegato per ciascuno Stato aderente (all. V-XIV) in cui sono indicati gli atti comunitari e le relative condizioni di applicazione;
In particolare, si segnala che le clausole di salvaguardia (artt. 37-40 dell’Atto di adesione)
consentono di non applicare alcune parti dell'acquis comunitario. In alcuni settori, infatti, possono insorgere
difficoltà per effetto dell'adesione di nuovi Stati. Nell'Atto di adesione
l'ambito delle clausole di salvaguardia riguarda i seguenti settori: economia,
mercato interno, cooperazione nel settore della giustizia e degli affari
interni (GAI). In particolare, la clausola di salvaguardia economica può
riguardare sia gli Stati aderenti che gli attuali Stati membri; le altre due clausole,
invece, concernono solamente inadempienze di nuovi Stati membri.
Ø gli articoli 44-62 recano disposizioni di applicazione. Tali articoli sono divisi in tre titoli: insediamento delle istituzioni e degli organi; applicabilità degli atti delle istituzioni; disposizioni finali ).
I plenipotenziari riuniti in occasione della firma del trattato di adesione hanno inoltre adottato un Atto finale.
Tale
Atto reca - tra l’altro - una serie di dichiarazioni,
alcune comuni (su “un'unica Europa” e sulla Corte di giustizia delle Comunità
europee), altre degli Stati membri attuali e dell’Estonia (sulla caccia
all'orso bruno in Estonia), altre di vari Stati membri attuali e vari nuovi
Stati (Repubblica ceca e della Austria sulla centrale nucleare di Temelin),
altre ancora comuni degli Stati membri attuali, alcune delle quali in
riferimento ai nuovi membri (sviluppo rurale, libera circolazione dei
lavoratori, sull'argillite petrolifera, il mercato interno dell'energia
elettrica, attività di pesca nella zona delle Svalbard, sulla questione di
Kaliningrad, sullo sviluppo della rete transeuropea in Slovenia) e altre di
alcuni Stati membri.
E’ stata inoltre effettuata una dichiarazione comune degli stati membri attuali (n. 21) con la quale si sottolinea che le dichiarazioni allegate all’Atto finale non possono essere interpretate o applicate in modo contrario agli obblighi che incombono agli Stati membri in virtù del trattato e dell’atto di adesione.
Infine, sono state effettuate dichiarazioni comuni di vari nuovi Stati membri (nn. 22 e 23) e di singoli Stati nuovi aderenti (nn. 24-42) oltre che della Commissione europea (nn. 43-44) ed è stato fatto uno scambio di lettere tra l’Unione e i nuovi Stati aderenti sulla procedura di informazione e consultazione per l’adozione di talune decisioni e altre misure durante il periodo che precede l’adesione.
L'Atto di adesione
reca le norme necessarie ad adattare le disposizioni istituzionali del Trattato
di Nizza alla nuova dinamica del processo di allargamento (10, anziché 12, nuovi Stati). Pertanto tale Atto:
Ø
anticipa l'entrata in vigore degli adeguamenti previsti dal Trattato
di Nizza al 1° novembre 2004 (rispetto
alla data prevista del 1° gennaio del 2005) e definisce regimi transitori per il periodo dal 1° maggio 2004 al 1° novembre
del 2004;
Ø
rimodula le disposizioni previste nel Trattato di Nizza adeguandole
al numero inferiore di Stati aderenti.
Il Trattato di Nizza ha introdotto gli adeguamenti istituzionali considerati
necessari per il buon funzionamento di un’Unione
allargata[3];
per le nuove disposizioni è stata fissata l’entrata in vigore al 1° gennaio 2005. Al momento della firma
del Trattato (26 febbraio 2001) si prevedeva che il nuovo allargamento
dell’Unione avrebbe riguardato contemporaneamente i 12 Paesi candidati (Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania,
Malta, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca, Romania, Slovenia e
Ungheria). Successivamente, il Consiglio europeo di Copenhagen (dicembre 2002)
ha rinviato l’ingresso di Bulgaria e Romania al 2007, ed ha auspicato l’entrata
in vigore del Trattato di adesione dei 10 nuovi Stati membri entro il 1° maggio
2004.
Le modifiche
disposte dall'Atto di adesione (parte II, titolo I, artt.11-17; parte IV,
titolo I, artt.25 e 26; parte V, titolo I, artt.43-52) riguardano in
particolare:
a)
composizione del Parlamento
europeo;
b)
ponderazioni dei voti
in sede di Consiglio dei Ministri
dell’Unione europea;
c)
composizione della Commissione
europea;
d)
composizione dei seguenti organi: Corte di giustizia, Tribunale di primo grado, Comitato economico e
sociale, Comitato delle regioni.
Per le elezioni relative alla legislatura
2004-2009,
l’Atto di adesione prevede che a
tutti gli Stati membri sia assegnato il numero dei seggi previsto dal
Protocollo e dalla Dichiarazione sull'allargamento allegati al Trattato di
Nizza aumentato, provvisoriamente e fino alla scadenza della legislatura
(giugno 2009), del numero dei seggi non attribuiti a Bulgaria e Romania,
distribuiti proporzionalmente fra tutti gli Stati membri. Rispetto alla
Dichiarazione sull’allargamento, ad Ungheria e Repubblica ceca sono attribuiti
due seggi in più[4].
A
partire dall’ingresso nell’Unione
europea di Bulgaria e Romania a tali Stati verrebbe attribuito il numero
dei seggi loro riservati dalla Dichiarazione sull'allargamento allegata al
Trattato di Nizza. Gli altri Stati membri (quelli attualmente membri
dell'Unione e gli Stati aderenti) conserverebbero fino alla scadenza della
legislatura 2004-2009 i seggi previsti dall’Atto di adesione. Pertanto, nel
complesso della legislatura, il numero dei seggi del Parlamento europeo
potrebbe risultare superiore al tetto di 732 fissato a Nizza.
A
partire dalla legislatura 2009-2013
tutti gli Stati dovrebbero avere un numero di seggi corrispondente alla
ripartizione prevista dalla Dichiarazione relativa all’allargamento dell’Unione
europea allegata al Trattato di Nizza, con la sola correzione, già indicata, di due seggi in più per Ungheria e Repubblica
Ceca, per un totale di 736 seggi[5].
A
partire dal 1° novembre 2004 l’Atto
di adesione prevede l'entrata in vigore della nuova ponderazione dei voti
prevista dal Trattato di Nizza. Il ritardato ingresso di Bulgaria e Romania
comporta ovviamente una diminuzione del numero dei voti necessari per
conseguire la maggioranza qualificata in seno al Consiglio: rispetto alla
soglia prevista dal Trattato di Nizza (258 voti su un totale di 345
disponibili), l’Atto di adesione fissa la maggioranza qualificata a 232 voti
(su un totale di 321). Per l’adozione di un atto da parte del Consiglio saranno
quindi necessari almeno 232 voti se la deliberazione è su proposta della
Commissione, e 232 voti espressi da almeno due terzi degli Stati membri, negli
altri casi[6].
Occorre
infine ricordare che l’Atto di adesione non modifica la disposizione del
Protocollo sull’allargamento del Trattato di Nizza per cui, in caso di adozione
di una decisione a maggioranza qualificata, un membro del Consiglio può
chiedere di verificare che gli Stati
membri che compongono tale maggioranza
qualificata rappresentino almeno il 62%
della popolazione totale
dell’Unione.
L’Atto di adesione prevede, conformemente a quanto previsto dal
Trattato di Nizza, che ogni Stato membro
aderente abbia diritto, a partire dalla data di adesione, a che un suo cittadino sia nominato membro della Commissione europea.
L’Atto di adesione
stabiliva, inoltre, la scadenza della precedente Commissione, prevedendo che la
successiva Commissione, composta da
un cittadino di ogni Stato membro, si sarebbe insediata il 1° novembre 2004,
con un mandato che scadrà il 31 ottobre
2009[7].
L'Atto di
adesione prevede l'integrazione della composizione della Corte di Giustizia, del Tribunale
di primo grado e della Corte dei
conti con dieci giudici ciascuno. L'Atto di adesione non contiene, invece,
disposizioni volte a modificare direttamente il numero degli avvocati generali, attualmente fissato
a otto. Tuttavia la Dichiarazione n. 2, allegata al Trattato di adesione,
richiama l'articolo 222 del TCE, per cui il Consiglio può all'unanimità
aumentare il numero degli avvocati generali. In alternativa la Dichiarazione
prevede che i nuovi Stati membri saranno associati al sistema vigente per la
nomina degli avvocati generali.
Si ricorda che l'articolo 223 del TCE prevede che gli
avvocati generali siano nominati di comune accordo per sei anni dai Governi
degli Stati membri e che l'articolo 247 del TCE prevede che la Corte dei conti
sia composta da un cittadino per ogni Stato membro.
L'Atto di
adesione integra la composizione del Comitato
economico e sociale e del Comitato
delle regioni con i membri attribuiti agli Stati aderenti secondo lo schema
previsto dalla Dichiarazione sull'allargamento allegata al Trattato di Nizza,
con modalità identiche per tutti e due gli organi. Gli attuali Stati membri
conservano il numero dei membri loro attribuito e la composizione dei due
Comitati passa da 222 a 317 membri.
RIPARTIZIONE
DEI SEGGI AL PARLAMENTO EUROPEO (tabella 1)
|
Seggi attuali |
A partire
dalla legislatura 2004-2009 |
Dopo
l’adesione della Bulgaria
e della Romania |
|
|
|
|
Fino all’elezione |
A partire delle
elezioni |
Germania |
99 |
99 |
99 |
99 |
Francia |
87 |
78 |
78 |
72 |
Italia |
87 |
78 |
78 |
72 |
Regno unito |
87 |
78 |
78 |
72 |
Spagna |
64 |
54 |
54 |
50 |
Paesi bassi |
31 |
27 |
27 |
25 |
Belgio |
25 |
24 |
24 |
22 |
Grecia |
25 |
24 |
24 |
22 |
Portogallo |
25 |
24 |
24 |
22 |
Svezia |
22 |
19 |
19 |
18 |
Austria |
21 |
18 |
18 |
17 |
Danimarca |
16 |
14 |
14 |
13 |
Finlandia |
16 |
14 |
14 |
13 |
Irlanda |
15 |
13 |
13 |
12 |
Lussemburgo |
6 |
6 |
6 |
6 |
STATI ADERENTI |
||||
Polonia |
|
54 |
54 |
50 |
Repubblica Ceca |
|
24 |
24 |
22 |
Ungheria |
|
24 |
24 |
22 |
Slovacchia |
|
14 |
14 |
13 |
Lituania |
|
13 |
13 |
12 |
Lettonia |
|
9 |
9 |
8 |
Slovenia |
|
7 |
7 |
7 |
Estonia |
|
6 |
6 |
6 |
Cipro |
|
6 |
6 |
6 |
Malta |
|
5 |
5 |
5 |
STATI CANDIDATI |
||||
Romania |
|
|
36 |
33 |
Bulgaria |
|
|
18 |
17 |
TOTALE |
626 |
732 |
786[8] |
736 |
PONDERAZIONE DEI VOTI IN SEDE DI CONSIGLIO
(tabella 2)
Stato membro |
Voti attuali |
Voti dal 1° maggio 2004 |
Voti a partire dal 1° novembre 2004 |
Germania |
10 |
10 |
29 |
Francia |
10 |
10 |
29 |
Italia |
10 |
10 |
29 |
Regno
unito |
10 |
10 |
29 |
Spagna |
8 |
8 |
27 |
Polonia |
|
8 |
27 |
Paesi
bassi |
5 |
5 |
13 |
Grecia |
5 |
5 |
12 |
Repubblica
Ceca |
|
5 |
12 |
Belgio |
5 |
5 |
12 |
Ungheria |
|
5 |
12 |
Portogallo |
5 |
5 |
12 |
Svezia |
4 |
4 |
10 |
Austria |
4 |
4 |
10 |
Slovacchia |
|
3 |
7 |
Danimarca |
3 |
3 |
7 |
Finlandia |
3 |
3 |
7 |
Irlanda |
3 |
3 |
7 |
Lituania |
|
3 |
7 |
Lettonia |
|
3 |
4 |
Slovenia |
|
3 |
4 |
Estonia |
|
3 |
4 |
Cipro |
|
2 |
4 |
Lussemburgo |
2 |
2 |
4 |
Malta |
|
2 |
3 |
TOTALE UE |
87 |
124 |
321 |
Maggioranza qualificata |
62 (71,26% dei voti totali) |
88 (70,97%dei voti
totali) |
232 (72,97% dei voti totali) |
Minoranza di blocco |
26 |
37 |
90 |
L’articolo 3 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l’Unione europea, allegato al Trattato di adesione, regola l’applicazione dell’acquis di Schengen e delle disposizioni in materia di libera circolazione delle persone e delle merci ai 10 Paesi che entreranno a far parte dell’Unione europea.
L'
”Accordo di Schengen”, firmato il 14 giugno 1985, conteneva essenzialmente una dichiarazione di intenti,
prefigurando la creazione di uno spazio comune entro il 1° gennaio 1990, attraverso
la progressiva eliminazione dei controlli alle frontiere sia delle merci sia
delle persone, che richiedeva l’introduzione di «misure di compensazione»,
soprattutto in materia di sicurezza, attraverso una collaborazione nei campi
della giustizia, polizia e immigrazione. È risultata così
necessaria la predisposizione di
una Convenzione di applicazione,
contenente le modalità della soppressione del controllo delle persone, firmata
il 19 giugno 1990 a Schengen. Con la
firma del Trattato di Amsterdam, il
“pacchetto” di misure di Schengen (“acquis” di Schengen) è stato
inserito all’interno del Trattato sull’Unione europea. In particolare, il Protocollo allegato al medesimo
Trattato ha individuato in modo puntuale gli atti che costituiscono l’acquis di Schengen:
§
l’accordo, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, tra i Governi degli
Stati dell’Unione economica del Benelux, la Repubblica
federale di Germania e la Repubblica francese;
§
la Convenzione, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, tra il Regno del Belgio,
la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese, il Granducato di
Lussemburgo e il Regno dei Paesi Bassi,
recante applicazione dell’accordo di Schengen, nonché l’atto finale e le
dichiarazioni comuni relativi;
§
i protocolli e gli accordi di adesione all’accordo del 1985 e la
Convenzione di applicazione del 1990 con l’Italia (firmata a Parigi il 27
novembre 1990), la Spagna e il Portogallo
(entrambe firmate a Bonn il 25 giugno 1991), la Grecia (firmata a Madrid il 6
novembre 1992), l’Austria (firmata a Bruxelles il 28 aprile 1995) e la
Danimarca, la Finlandia e la Svezia (tutte firmate a Lussemburgo il 19 dicembre
1996), con i relativi atti finali e dichiarazioni.
§
le decisioni e le
dichiarazioni adottate dal Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione di
applicazione del 1990, nonché gli atti per l’attuazione della Convenzione
adottati dagli organi cui il Comitato esecutivo ha conferito poteri
decisionali.
Per quanto riguarda i contenuti, si ricorda che l'Accordo di Schengen si articola in due titoli: il Titolo I, relativo a misure a breve termine di carattere
organizzativo e amministrativo (viene delineata una organizzazione dei posti di
frontiera, intesa a facilitare lo scorrimento del traffico delle persone e
delle merci); il Titolo II, contenente
misure applicabili a lungo termine ed
impegni di principio. La Convenzione
di applicazione dell'Accordo si compone di 142 articoli, suddivisi in
titoli.
In particolare, la norma dispone che:
¨ gli atti che compongono l’acquis di Schengen, come individuati dal Protocollo allegato al Trattato di Amsterdam e nuovamente elencati nell’allegato I del Trattato di adesione, sono immediatamente vincolanti ed applicabili ai nuovi Stati membri (paragrafo 1);
¨ gli atti adottati dall’Unione europea basati ovvero connessi all’acquis (si tratta sostanzialmente delle disposizioni relative alla rimozione dei controlli alle frontiere interne dell’Unione), sono vincolanti per i nuovi Stati membri ma non direttamente applicabili (paragrafo 2).
La relazione governativa che accompagna il disegno di legge di ratifica in esame sottolinea che il carattere comunque vincolante degli atti di cui al paragrafo 2 è volto ad evidenziare l’obbligo e non la mera facoltà di realizzare i necessari adeguamenti, da parte dei nuovi Stati aderenti, al “sistema Schengen”. Inoltre, la medesima relazione ricorda che per tali atti è stata delineata un’applicazione articolata in due fasi:
· al momento dell’adesione i nuovi Paesi membri devono avere compiuto decisivi progressi nei sistemi di controllo delle frontiere interne e devono altresì migliorare i sistemi di controllo alle frontiere esterne;
· l’eliminazione definitiva dei controlli alle frontiere interne e la conseguente piena applicazione degli atti individuati dal paragrafo 2 avverrà solo successivamente all’adesione e a seguito di una decisione del Consiglio, sentito il Parlamento europeo come prevede il secondo capoverso del paragrafo 2. Ai fini dell’assunzione della decisione, il Consiglio è tenuto a verificare il rispetto dei requisiti necessari per l’applicazione degli atti richiamati da parte di ciascuno Stato aderente[9].
La relazione governativa segnala, inoltre, che i Paesi candidati hanno predisposto un “piano d’azione Schengen” nel quale si individua tra l’altro la tempistica relativa all’attuazione delle disposizioni contenute negli atti di cui al paragrafo 2.
In linea con quanto delineato dal sistema Schengen circa la necessità di compensare la progressiva eliminazione dei controlli alle frontiere con misure di stretta cooperazione nei campi della giustizia, polizia e immigrazione (su cui si veda infra), i paragrafi successivi dell’articolo 3 stabiliscono precisi obblighi dei nuovi Stati membri in ordine alla collaborazione in materia penale e di giustizia, in particolare, attraverso l’impegno: ad aderire alle convenzioni ovvero agli strumenti negli ambiti della giustizia e degli affari interni che alla data di adesione sono aperti alla firma degli attuali Stati membri e a quelli che sono elaborati dal Consiglio in conformità al titolo VI del Trattato UE (si tratta delle norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni) e raccomandati agli Stati membri per l’adozione; ad adottare disposizioni per agevolare la cooperazione tra le istituzioni e le organizzazioni degli Stati membri operanti nei settori della giustizia e degli affari interni (par. 4)[10].
Si segnala, infine, che l’Atto di adesione istituisce degli strumenti di finanziamento di carattere temporaneo in favore degli Stati aderenti, che ne potranno beneficiare fra la data di adesione e la fine dell’anno 2006 per raggiungere un pieno adeguamento al sistema comunitario. In particolare, l’articolo 34 introduce l’assistenza finanziaria denominata “strumento di transizione”, che aiuta i nuovi Stati membri a sviluppare e rafforzare la propria capacità istituzionale di attuare la normativa comunitaria in determinati settori, attraverso azioni che non possono essere finanziate dai fondi strutturali. Tra i settori indicati, vi è quello della giustizia e affari interni, ivi compresi gli interventi volti a rafforzare i controlli alle frontiere esterne. Inoltre, l’articolo 35 istituisce uno specifico “strumento Schengen” diretto a potenziare le azioni di controllo dei Paesi candidati alle nuove frontiere esterne per l’attuazione dell’acquis di Schengen. La norma individua quindi gli interventi ammessi al finanziamento nonché gli importi per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006, destinati ai singoli Stati aderenti. Tra gli interventi da finanziare, si ricordano gli investimenti per la costruzione o il miglioramento delle infrastrutture per l’attraversamento delle frontiere, per la formazione delle guardie di frontiera, per i costi logistici e operativi. I singoli Stati aderenti sono direttamente responsabili delle scelte e dell’attuazione degli interventi realizzati in base ai finanziamenti in esame, sull’uso dei quali la Commissione è competente a svolgere verifiche, attraverso l’Ufficio per la lotta antifrode, anche effettuando controlli sul posto. La Commissione può altresì adottare i provvedimenti tecnici necessari al funzionamento dello strumento in esame.
Le questioni finanziarie conseguenti all’ingresso dei nuovi
Stati membri sono regolate dall’Atto di adesione sia per la parte relativa alla
partecipazione degli Stati membri al
bilancio comunitario sia per quanto riguarda le modalità di erogazione degli stanziamenti comunitari a favore dei
nuovi Stati membri a titolo di azioni strutturali, pagamenti diretti in
agricoltura e risorse finanziarie aggiuntive.
In
particolare, per quanto riguarda la politica di coesione, si ricorda che la
politica regionale e l’ammissione dei nuovi Stati membri ai finanziamenti
comunitari relativi ai fondi strutturali è affrontata dal Trattato nei suoi due
aspetti principali, quello degli adattamenti
normativi, che l’estensione dell’acquis
comunitario comporta, e quello connesso alle modifiche del quadro finanziario, che il passaggio da 15 a 25 del
numero degli Stati membri dell’Unione richiede.
Il primo punto è disciplinato dalla sezione 15° “Politica regionale e coordinamento degli strumenti
strutturali” dell’Allegato II[11], cui rimanda l’art. 20
dell’Atto di adesione (parte III - disposizioni permanenti), relativo
agli adattamenti degli atti delle istituzioni. In particolare, la citata
sezione dell’Allegato riporta le modifiche ai rilevanti atti della legislazione
comunitaria in materia di politica
regionale e coordinamento degli strumenti strutturali che si rendono
necessarie al fine di consentire ai nuovi Stati membri l’accesso ai fondi
strutturali, dalla data di adesione fino al 31 dicembre 2006.
Più in particolare[12]:
·
Obiettivo 1 (finalizzato
allo sviluppo delle regioni in ritardo di sviluppo) - All’Obiettivo 1 è
assegnato, per il periodo 2004-2006 un
totale di 13.234,3 miliardi di euro, pari al 93,49% degli stanziamenti per i
fondi strutturali. L’idoneità delle regioni è stata determinata sulla base del
PIL pro-capite su base regionale a livello NUTS 2 prendendo come riferimento
gli anni 1997, 1998 e 1999[13].
·
Obiettivo 2 (relativo
alla riconversione economica e sociele delle zone con difficoltà strutturale) –
All’Obiettivo 2 è assegnato, per gli anni 2004-2006, un totale di 121,2
miliardi di euro, pari allo 0,86 % degli stanziamenti per i fondi strutturali.
La partecipazione a questo obiettivo è stata prevista per il 31% della
popolazione delle aree non comprese nell’obiettivo 1[14];
·
Obiettivo 3 (relativo
allo sviluppo delle risorse umane) - All’Obiettivo 3 è assegnato un totale, per
il periodo 2004-2006, di 111,6 miliardi di euro, pari allo 0,79% degli stanziamenti
dei fondi strutturali[15];
·
Iniziative
comunitarie
- I nuovi Stati membri riceveranno i finanziamenti delle iniziative comunitarie
Interreg (cooperazione tra le regioni) ed Equal (che mira all’eliminazione
delle cause di disuguaglianze e discriminazioni nell’accesso al mercato del
lavoro), mentre fra il 2004 e il 2006 non sono attuate le iniziative Leader+
(scambi di esperienze fra operatori di zone rurali) e Urban (Risanamento centri
urbani e quartieri degradati). Ad Interreg e ad Equal è destinato
complessivamente il 4,58% degli stanziamenti dei fondi strutturali.
·
Fondo di
coesione
– Tutti i nuovi Stati membri sono idonei a ricevere finanziamenti:
l’idoneità è stata determinata sulla
base del PIL pro-capite prendendo come riferimento gli anni 1998, 1999, e 2000.
L’art. 32 specifica poi
che gli stanziamenti supplementari massimi per la rubrica 2 (Azioni
strutturali) delle prospettive finanziarie, concernenti l’allargamento, sono
riportati nell’Allegato XV dell’Atto
di adesione[16], che
riporta la dotazione finanziaria complessiva per le azioni strutturali per i
nuovi Stati membri fissata a 21,75 miliardi di euro per il periodo fra il 2004
e il 2006.
Con
l’Allegato XV quindi l’Atto di adesione recepisce gli accordi negoziali[17]
coi paesi candidati per quanto riguarda i fondi strutturali, nel quadro
finanziario approvato dal Consiglio europeo di Copenaghen del dicembre 2002.
La questione dei pagamenti diretti
nel settore agricolo, che nei negoziati ha costituito uno dei maggiori punti di
contrasto, è regolata dalla sezione 2°
“Agricoltura” dell’Allegato II[18], cui rimanda l’art. 20 dell’Atto di adesione (parte
III - disposizioni permanenti) relativo agli adattamenti degli atti delle
istituzioni.
Tale allegato dispone, in linea con le decisioni del Consiglio di Copenaghen del dicembre 2003, che i pagamenti diretti verranno erogati ai nuovi Stati membri in conformità del seguente schema di incrementi espressi in percentuale del livello di tali pagamenti nella Comunità a 15 membri al 30 aprile 2004:
2004: 25%
|
2009: 60% |
2005: 30% |
2010: 70% |
2006: 35% |
2011: 80% |
2007: 40% |
2012: 90% |
2008: 50% |
2013: 100% |
Il
medesimo allegato stabilisce che, previa autorizzazione della Commissione, i
nuovi Stati membri hanno la possibilità di integrare gli aiuti diretti concessi
agli agricoltori[19],
mentre dal 2007 è prevista la possibilità di incrementare gli aiuti di massimo 30 punti percentuali, ma in nessun
caso l’integrazione potrà dar luogo nei
nuovi Stati membri a pagamenti diretti superiori al 100% del livello vigente
nell’UE.
Infine, una serie di risorse
finanziarie aggiuntive sono previste a favore dei nuovi Stati membri:
·
l’art. 34 dell’Atto di adesione
disciplina lo “strumento di transizione”,
col quale viene fornita un’assistenza finanziaria temporanea al fine di
sviluppare e rafforzare la capacità amministrativa di attuare e applicare la
normativa comunitaria. Si applica ad azioni
che non possono essere finanziate dai fondi strutturali. Gli
stanziamenti previsti per lo strumento di transizione, sono complessivamente
pari a 380 milioni di euro[20] per il periodo 2004-2006
(voce “Misure transitorie per il rafforzamento istituzionale”, della
Tabella riportata dal citato Allegato XV);
·
l’art. 35 istituisce lo strumento Schengen (su cui si veda
anche il paragrafo precedente “L’acquis
di Schengen”);
·
la tabella riportata nell’Allegato XV prevede anche una voce
relativa a misure transitorie a favore dei nuovi Stati membri in materia di
sicurezza nucleare, con un finanziamento totale di 375 milioni di euro[21] per il periodo 2004-2006.
La Bulgaria e la Romania hanno avanzato domanda di adesione
all’Unione europea rispettivamente il 14 dicembre 1995 e il 22 giugno 1995. I negoziati, avviati per entrambi i paesi il 15 febbraio 2000, sono stati dichiarati conclusi dal Consiglio
europeo del dicembre 2004, che ha
auspicato di accogliere Bulgaria e Romania quali nuovi Stati membri a partire
dal 1° gennaio 2007, a condizione che continuino ad impegnarsi e completino
tempestivamente e positivamente tutte le riforme necessarie.
Il processo di adesione della Bulgaria e della Romania
è quasi concluso: il Trattato di
adesione è stato firmato il 25
aprile 2005, in occasione della riunione del Consiglio affari generali e
relazioni esterne, dopo l’espressione del parere da parte del Parlamento
europeo, il 13 aprile 2005. La data di entrata
in vigore del Trattato è fissata al 1°
gennaio 2007, a condizione che tutti gli strumenti di ratifica siano stati
depositati prima di tale data. Al momento, il trattato di adesione risulta ratificato, oltre che dall’Italia (legge n. 16 del 9 gennaio 2006), da Bulgaria, Cipro, Estonia,
Grecia, Lettonia, Malta, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca,
Repubblica slovacca, Romania, Spagna e Ungheria. Con la firma del Trattato, la
Bulgaria e la Romania sono considerati paesi
aderenti e partecipano come osservatori attivi a tutti i comitati e organi
dell’UE.
Va segnalato che nel Trattato di adesione è stata inserita
una clausola di salvaguardia addizionale
che prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione, possa decidere di
rinviare l’adesione di un anno se non dovessero essere rispettati gli impegni
assunti in materia di preparazione all’adesione (vedi infra).
Il 25 ottobre 2005 la Commissione ha pubblicato le relazione
globali di verifica del grado di
preparazione della Bulgaria e della Romania in vista dell’adesione
all’Unione europea. Le relazioni segnalano che entrambi i paesi hanno compiuto buoni progressi e dovrebbero essere in
grado di rispettare i criteri previsti dall’Unione europea per il 1° gennaio
2007, a condizione che concentrino tutti i loro sforzi sulle riforme, in
particolare sulla loro reale attuazione. La prossima revisione del processo di
preparazione di Bulgaria e Romania è prevista per il mese di maggio 2006.
II Trattato di adesione propriamente detto è composto da sei articoli.
L’articolo 1 prevede, al comma 1, che la Bulgaria e la Romania
divengano membri dell’Unione europea, e, ai sensi del comma 2, Parti del
Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e del Trattato istitutivo
della Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM). Il comma 3 stabilisce
che le condizioni e modalità di ammissione sono contenute nel Protocollo
allegato al Trattato di adesione, del quale costituisce parte integrante.
Inoltre (comma 4), il Protocollo con relativi allegati è allegato al
Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa e al Trattato EURATOM, dei quali parimenti costituisce parte
integrante.
L’articolo 2, comma 1, fornisce un’opzione alternativa per
l’eventualità che il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa non
entri in vigore prima del Trattato di adesione (ossia in data antecedente al 1°
gennaio 2007): qualora si realizzi tale ipotesi – eventualità oggi assai
probabile considerato lo stato delle ratifiche del Trattato costituzionale ed
in particolare la bocciatura francese e olandese – la Bulgaria e la Romania diverranno Parti dei Trattati attualmente vigenti
e i commi 2-4 del precedente articolo 1 avranno applicazione solo dopo
l’entrata in vigore del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.
Nelle more dell’entrata in vigore del Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa, a norma del comma 2, si applicheranno – sia per le condizioni
di ammissione della Bulgaria e della Romania alla UE, che per gli adattamenti
dei Trattati vigenti che ne conseguono – le
disposizioni dell’Atto, anch’esso allegato
al Trattato di adesione, e che ne
costituisce parte integrante. In ogni modo, il comma 3 prevede che il
Protocollo di cui in precedenza sostituisca l’Atto di adesione a partire
dall’entrata in vigore del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa,
ma senza che ciò comporti nuovi effetti giuridici rispetto a quelli a quel
punto già prodotti dall’Atto di adesione.
L’articolo 3 precisa che l’entrata in vigore del Trattato comporta
l’applicazione, nei confronti di Romania e Bulgaria, di tutte le disposizioni
relative ai diritti ed agli obblighi degli Stati membri nonché ai poteri ed
alle competenze delle istituzioni dell’Unione, contenute nei Trattati di cui la
Bulgaria e la Romania diventano Parti.
L’articolo 4, comma 1, prevede la ratifica del Trattato di adesione, da parte di tutti gli Stati
contraenti, secondo le rispettive norme costituzionali, nonché il deposito dei
relativi strumenti, non oltre il 31
dicembre 2006, presso il Governo italiano. Il deposito degli strumenti di
ratifica nei termini anzidetti costituisce (comma 2) condizione necessaria per
l’entrata in vigore del Trattato di adesione il 1° gennaio 2007. Se,
tuttavia, la Romania o la Bulgaria non dovessero depositare il proprio
strumento di ratifica nei termini stabiliti, il Trattato di adesione avrà
effetto solo per l’altro Stato. La rimanente parte del comma 2 contempla la
possibilità che il Trattato di adesione entri in vigore un anno più tardi, e
dunque il 1° gennaio 2008, qualora il Consiglio UE adotti per entrambi gli
Stati, o per uno solo di essi, la decisione prevista dall’art. 39 del
Protocollo – o, anteriormente all’entrata in vigore del Trattato che adotta una
Costituzione per l’Europa, dal medesimo articolo dell’Atto di adesione.
L’art.
39 in questione, e segnatamente il comma 1, prevede che se il monitoraggio
della Commissione UE sul progresso nell’adeguamento della Bulgaria e della
Romania all’acquis communautaire, che
prosegue per tutto il periodo precedente l’adesione, dovesse dare risultati
insoddisfacenti, una deliberazione unanime del Consiglio UE, su raccomandazione
della Commissione, potrà determinare lo slittamento di un anno della data di
adesione dello Stato inadempiente. Per la sola Romania è prevista la
possibilità (commi 2 e 3) che il Consiglio deliberi, a maggioranza qualificata,
lo stesso slittamento di un anno qualora risultassero gravi carenze
nell’attuazione del piano di azione di Schengen, nel settore della politica
della concorrenza relativamente all’Accordo di associazione con l’UE già in
vigore dal 1995, e per quanto riguarda i requisiti e impegni in materia di
sorveglianza e controllo delle frontiere esterne.
Il Protocollo di
adesione che, come accennato - con i suoi allegati - forma parte integrante
del Trattato, si compone di 61 articoli ed è basato sul Trattato che adotta una
Costituzione per l’Europa e sul trattato EURATOM. L’Atto di adesione, che si basa invece sui testi vigenti del Trattato
sull’Unione europea (TUE) e del Trattato istitutivo della Comunità europea
(TCE), nonché anch’esso sul Trattato EURATOM, conta parimenti 61 articoli.
A parte gli iniziali riferimenti
alle diverse basi (e ipotesi) giuridiche cui il Protocollo e l’Atto si
riferiscono, la struttura di essi è
praticamente identica, ed è quindi possibile sintetizzarne i contenuti
attraverso un unico schema:
§
Parte I: principi dell’adesione;
§
Parte II: adattamenti del Trattato
costituzionale (solo per il Protocollo), del TUE e del TCE:
§
Parte III: disposizioni permanenti (che
includono le modifiche agli atti delle Istituzioni comunitarie);
§
Parte IV: disposizioni temporanee. In questa
sezione sono richiamate le misure transitorie applicabili alla Bulgaria e alla
Romania, come anche una serie di disposizioni istituzionali valide nel periodo
tra l’adesione bulgara e rumena e una serie di scadenze istituzionali
rilevanti. Sono presenti nella Parte IV anche le disposizioni finanziarie,
nonché le clausole di salvaguardia. Le clausole
di salvaguardia (artt. 36-40 del Protocollo e dell’Atto di adesione) consentono
di non applicare alcune parti dell'acquis
comunitario. In alcuni settori, infatti, possono insorgere difficoltà per
effetto dell'adesione di nuovi Stati. Nel Protocollo (ovvero nell’Atto) di
adesione l'ambito delle clausole di salvaguardia riguarda i seguenti settori: economia,
mercato interno, cooperazione nel settore della giustizia e degli affari
interni (GAI).
§
parte V - disposizioni di applicazione.
L’art. 20 del Protocollo di adesione (art. 23 dell’Atto), tramite rinvio
agli allegati VI e VII, rispettivamente concernenti le misure transitorie
applicabili alla Bulgaria e alla Romania, individua le deroghe di carattere
transitorio all’acquis communautaire. Le
principali deroghe sono previste in tema di:
§
libera circolazione dei capitali;
§
diritto societario;
§
politica della concorrenza;
§
agricoltura;
§
trasporti;
§
settore fiscale;
§
settore dell’ambiente.
L’articolo 4, sia del Protocollo che dell’Atto di adesione regolano l’applicazione dell’acquis di Schengen (cfr. supra l’analogo paragrafo l’acquis di Schengen relativo al Trattato di adesione dei dieci nuovi Stati membri) ai due nuovi Paesi che entreranno a far parte dell’Unione europea.
In particolare, si prevede che gli atti che compongono l’acquis di Schengen sono immediatamente vincolanti ed applicabili ai nuovi Stati membri.
Si
ricorda che in base all’art. 8 del Protocollo n. 2, annesso ai vigenti Trattati
UE e CE, l’insieme delle disposizioni dell’acquis
Schengen (e altre misure adottate dalle istituzioni dell’Unione europea
rientranti nel campo d’applicazione di tale acquis)
rappresentano un corpus normativo che
deve essere integralmente accettato da tutti gli Stati aderenti all’Unione
europea.
Gli atti adottati dall’Unione europea basati ovvero connessi all’acquis sono invece vincolanti per i nuovi Stati membri (a partire dalla data di adesione) ma non direttamente applicabili, essendo a tal fine necessaria una decisione adottata dal Consiglio.
Nell’ambito del Trattato di adesione particolare attenzione
è dedicata alla questione della libera circolazione dei lavoratori. In
particolare, il Trattato introduce diverse clausole
derogatorie, volte a rendere graduale la possibilità di ingresso dei
lavoratori della Bulgaria e della Romania nell’ambito dell’Ue a seguito
dell’adesione dei citati Paesi. Le deroghe riprendono quelle già applicate nei
confronti di otto dei dieci Stati (sono esclusi Cipro e Malta) che sono entrati
a far parte dell’Unione il 1 maggio 2004. Tali clausole prevedono altresì la
facoltà per gli Stati membri di optare per l’applicazione immediata dell’intero
acquis comunitario nei confronti dei
nuovi Paesi aderenti.
In particolare, si prevedono tre periodi transitori:
§ nei primi due anni successivi all’adesione (quindi, fino al 1º gennaio 2009) non si attua la libera circolazione dei lavoratori e gli Stati membri applicheranno a Romania e Bulgaria le rispettive legislazioni nazionali;
§ trascorsi due anni dall’adesione (2009), si svolgeranno delle verifiche, con una relazione della Commissione, al termine delle quali gli Stati membri possono continuare ad applicare la misura transitoria per ulteriori tre anni ovvero liberalizzare l’accesso al lavoro, dovendo comunque comunicare il regime che intendono applicare;
§ dopo altri tre anni (2012), qualora si verifichino o possano verificarsi rischi di gravi perturbazioni del mercato del lavoro, gli Stati possono mantenere in vigore, per ulteriori due anni, la propria legislazione nazionale, informandone la Commissione.
Il regime transitorio, pertanto, cesserà definitivamente solo alla scadenza del settimo anno (2014), trascorso il quale nessuno Stato membro sarà più autorizzato a richiedere il permesso di lavoro ai lavoratori degli altri Stati membri.
Il Trattato di adesione di
Bulgaria e Romania è articolato in due
parti, di cui una destinata ad operare nel caso in cui il Trattato che
adotta una Costituzione per l’Europa entri in vigore entro il termine previsto
per l’adesione (1° gennaio 2007), la seconda ad applicarsi fintanto che esso
non entrerà in vigore.
In questa seconda ipotesi, al
momento la più probabile, per il funzionamento delle istituzioni si applicheranno i Trattati vigenti e varranno le
condizioni e le modalità di ammissione della Bulgaria e Romania contenute nell’Atto allegato al Trattato di adesione.
Tra gli adattamenti alle disposizioni istituzionali contenute nei
Trattati vigenti, si
ricordano in particolare le seguenti:
§ composizione del Parlamento europeo (art. 9): viene modificato l’articolo 189, secondo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), elevando la composizione massima del Parlamento da 732 a 736 membri. Si prevede che, a partire dalla legislatura 2009-2014 del Parlamento europeo, a Bulgaria e Romania siano assegnati rispettivamente 17 e 33 seggi[22];
§
ponderazione
per il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio (art. 10): si
modifica l’articolo 205 del TCE e l’articolo 118 del Trattato CEEA, prevedendo
che nelle deliberazioni del Consiglio e del Consiglio europeo che richiedono
una maggioranza qualificata la
ponderazione dei voti attribuiti ad ogni Stato membro venga modificata con
l’attribuzione a Bulgaria e Romania rispettivamente di dieci e quattordici voti
e con l’innalzamento della soglia per
la validità delle deliberazioni da 232 a 255 voti, che esprimano il voto
favorevole della maggioranza dei membri quando le deliberazioni avvengano su
proposta della Commissione, o che esprimano il voto favorevole di almeno due
terzi dei membri negli altri casi[23].
Per quanto riguarda la composizione del Parlamento europeo nel periodo antecedente al 2009, le disposizioni della parte IV, titolo II prevedono che, in deroga al numero massimo dei membri del Parlamento europeo fissato dall’articolo 189, secondo comma, del TCE, il numero dei membri del Parlamento europeo sia aumentato per tener conto dell’adesione di Bulgaria e Romania, con l’attribuzione di 18 membri alla Bulgaria e 35 membri alla Romania. Si prevede inoltre (articolo 24, comma 2) che Bulgaria e Romania precedano entro il 31 dicembre 2007 all’elezione al Parlamento, a suffragio universale diretto, dei rispettivi membri. Si dispone (articolo 24, comma 3) che se le elezioni si svolgono dopo la data di adesione, nel periodo compreso tra la data di adesione e le elezioni previste entro il 31 dicembre 2007, siano i Parlamenti di Bulgaria e Romania a nominare tra i loro membri i rappresentanti al Parlamento europeo.
La parte V, titolo I, reca poi le disposizioni relative all’ insediamento delle istituzioni e degli organi.
Per quanto riguarda la composizione della Commissione europea (art. 45): si prevede che un cittadino di ogni nuovo Stato membro sia nominato membro della Commissione a partire dalla data dell’adesione[24]: i nuovi membri sono nominati dal Consiglio, di comune accordo con il Presidente della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo ed il loro mandato scade contemporaneamente a quello dei membri che sono già in carica al momento dell’adesione di Bulgaria e Romania[25].
Per quanto riguarda l’assistenza finanziaria
nel periodo successivo all’adesione, è già stato predisposto un quadro
finanziario triennale[26],
comune a Bulgaria e Romania, che prevede, nei tre anni successivi all’adesione,
stanziamenti per circa 15,4 miliardi di euro e pagamenti per 9 miliardi
di euro, così ripartiti:
·
per l’adozione delle misure di mercato
nell'ambito della politica agricola
comune (PAC) 1.120 milioni di euro
(388 per la Bulgaria e 732 per la Romania);
·
per finanziare l’introduzione graduale dei pagamenti diretti, 1.312 milioni di euro
fino al 2009 (431 milioni per la Bulgaria e 881 per la Romania);
·
per il sostegno alla politica di sviluppo rurale,
3.041 milioni di euro (617 per la
Bulgaria e 2.424 per la Romania);
·
per le azioni strutturali (fondi strutturali e di
coesione) 8.273 milioni di
euro (di cui 2.300 per la Bulgaria e
5.973 per la Romania).
La
Commissione europea ha adottato il 3 maggio 2006 una comunicazione in occasione del secondo anniversario
dell’allargamento dell’Unione europea ai dieci nuovi Stati membri, ”L’allargamento a due anni di distanza: un
successo economico” [COM(2006)200-final], che esamina gli aspetti economici
dell’allargamento ed è accompagnata da uno studio dettagliato e generale
dell’Ufficio dei consiglieri per le politiche europee e della Direzione
generale per gli affari economici e finanziari (Occasional papers n. 24 del 2006).
Nella
comunicazione si evidenzia che l’ultimo allargamento ha catalizzato il dinamismo
economico e la modernizzazione, aiutando le
economie dei nuovi e vecchi Stati membri ad affrontare meglio la sfida
della globalizzazione. Allo stesso tempo, i cambiamenti economici indotti
dall’allargamento sono stati bene assorbiti, senza produrre impatti distruttivi
soprattutto nel mercato del lavoro.
L’allargamento
non ha suscitato problemi economici nella UE, non avendo innescato flussi
migratori massicci dai nuovi ai vecchi Stati membri. Per contro, ha consentito
uno sviluppo economico rapido della Ue-10, con un costo di 28 miliardi di euro
a carico del bilancio della Ue negli ultimi 15 anni. Nel 2005 gli importi
annuali trasferiti sono saliti raggiungendo la significativa percentuale del
2,1% del Pil della Ue-10, che corrisponde tuttavia soltanto allo 0,1% del Pil
annuale dei vecchi Stati membri.
Un’attenta
preparazione dell’allargamento nei 10 anni precedenti è stata la chiave di
questo successo. In ogni caso, i restanti cambiamenti non devono essere
sottovalutati. Tutti gli Stati membri dovranno, infatti, adattarsi alle nuove
realtà (si pensi, in particolare, alla pressione sull’economia esercitata dalla
globalizzazione), modernizzando i loro sistemi di welfare e diventando società basate sulla conoscenza e
l’innovazione. Nell’era della concorrenza globale – non ultima l’Asia –
un’economia dinamica è essenziale. L’allargamento ai dieci nuovi Stati ha
consentito a tutti i Paesi membri dell’UE di compiere importanti passi avanti
in questa direzione. L’integrazione economica europea aiuterà l’Unione ad
essere maggiormente competitiva e a guadagnare dall’aumento degli scambi
commerciali, migliorando la crescita e l’occupazione. Sia le imprese che i
consumatori beneficeranno di un mercato interno allargato, dell’innovazione
tecnologica, di una riduzione dei prezzi, cogliendo Anche le opportunità della
nuova divisione del lavoro che sta emergendo a livello globale. La strategia di
Lisbona e l’euro offrono un’adeguata cornice, in cui inserire i necessari
cambiamenti strutturali.
In
particolare, per quanto riguarda i dieci
nuovi Stati, risulta che l’adesione all’Unione europea abbia prodotto
un’accelerazione della loro crescita economica, particolarmente necessaria per
il brusco incremento della disoccupazione verificatosi a causa degli
aggiustamenti strutturali all’economia di mercato. Infatti, tali Stati, con una
crescita economica media del 3¾% all’anno tra il 1997 e il 2005, hanno
registrato risultati migliori dei vecchi Stati membri (Ue-15) (2½% in media
nello stesso periodo), ma il loro tasso di disoccupazione, pari al 13,4%,
continua a superare quello della Ue-15 di 5,5 punti percentuali.
Inoltre,
l’adozione dell’acquis comunitario ha
contribuito a riformare le vecchie economie centralizzate, consentendo di
raggiungere la stabilità macroeconomica e dei mercati finanziari e di creare
notevoli opportunità per le imprese, in quanto i Paesi della Ue-10 sono
economie molto aperte.
I loro
scambi (esportazioni più importazioni) rappresentano in media il 93% del loro
Pil, a fronte di una media del 55% per la Ue-15. La quota della Ue-15 negli
scambi totali della Ue-10 è salita da circa il 56% nel 1993 al 62% nel 2005. La
Ue-10 ha registrato disavanzi commerciali significativi, come tipico per le
economie in fase di recupero, ma decrescenti (circa il 3% del Pil nel 2005).
Gli
Stati Ue-10 hanno attirato un volume consistente di investimenti diretti esteri
(IDE), che hanno raggiunto un totale di 191 miliardi di euro nel 2004, mentre
una decina d’anni prima essi erano praticamente inesistenti[27].
Inoltre, hanno promosso cambiamenti strutturali in tutta l’Unione, in un
momento particolarmente opportuno in quanto coincidente con l’affermazione dei
mercati della Cina e dell’India.
A
seguito dell’allargamento del 2004, i quindici Stati membri avevano la
possibilità di introdurre misure transitorie relative all’accesso dei
lavoratori provenienti da otto dei nuovi Stati (i lavoratori di Malta e Cipro
erano esclusi) nel proprio mercato. La prima fase di applicazione di queste
misure transitorie si è conclusa il primo maggio 2006 e i quindici Stati membri,
entro il 30 Aprile 2006, avrebbero dovuto comunicare se essi avrebbero
continuato ad applicare tali misure, ovvero misure risultanti da accordi
bilaterali o ancora il diritto comunitario in materia. In assenza di tale
notifica, si applica comunque il diritto comunitario a partire dal 1 maggio
2006. (Per un approfondimento circa lo stato di tali notifiche, si veda misure
transitorie per la circolazione dei lavoratori).
[1] "Ratifica ed esecuzione del Trattato
di adesione all’Unione europea tra gli Stati membri dell’Unione europea e la
Repubblica ceca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di Cipro, la
Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la Repubblica di Ungheria,
la Repubblica di Malta, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Slovenia, la
Repubblica slovacca, con Atto di adesione, Allegati, Protocolli, Dichiarazioni,
Scambio di lettere e Atto finale, fatto ad Atene il 16 aprile 2003".
[2] Fra il 1987 e il 1996 tredici Stati (i dieci Stati aderenti più Bulgaria, Romania e Turchia) hanno presentato la candidatura all’adesione all’Unione europea. Il 31 marzo 1998 si sono aperti i negoziati con Cipro, Estonia, Repubblica ceca, Polonia, Slovenia e Ungheria. Il 13 ottobre 1999 la Commissione ha dato l’avvio ai negoziati con Bulgaria, Lettonia, Lituania, Malta, Repubblica slovacca, Romania. Al Consiglio europeo di Copenaghen del 12 e 13 dicembre 2002 si sono conclusi i negoziati di adesione con dieci Paesi; i negoziati con Bulgaria e Romania proseguono con l’obiettivo, confermato ultimamente dal Consiglio europeo di Salonicco, di accogliere tali Stati in qualità di membri nel 2007. Quanto alla Turchia, il Consiglio europeo di Copenaghen ha rinviato ogni decisione sull’avvio dei negoziati al Consiglio europeo del dicembre 2004.
In considerazione del mancato raggiungimento di una soluzione globale della questione cipriota prima della firma del Trattato, allo stesso è allegato un protocollo su Cipro, che dispone la sospensione dell’acquis nelle parti dell’isola sulle quali il Governo della Repubblica di Cipro non esercita il controllo effettivo (parte nord, zona turco-cipriota); si tratta di una misura esplicitamente transitoria, che il Consiglio può revocare non appena risolta la questione della divisione dell’isola.
[3] Le
disposizioni del Trattato di Nizza relative agli adeguamenti istituzionali per
una Unione ampliata sono contenute nel Protocollo
sull’allargamento (per quanto riguarda gli Stati membri) e nella Dichiarazione relativa all’allargamento
dell’Unione europea (per quanto riguarda gli Stati candidati).
[4] Ungheria e Repubblica Ceca hanno ottenuto di equiparare i loro seggi a quelli di Belgio, Grecia e Portogallo, Stati membri con popolazione di analoga consistenza numerica.
[5] Sarà quindi necessaria un modifica della disposizione del Trattato di Nizza che ha fissato il limite massimo dei seggi in settecentotrentadue. Si segnala al proposito che nel progetto di Costituzione per l'Europa elaborato dalla Convenzione europea il limite dei seggi del Parlamento europeo è stato fissato a settecentotrentasei.
[6] Per le decisioni assunte a maggioranza qualificata nei settori della politica estera e di sicurezza comune e nel settore delle cooperazioni (art. 23, paragrafo 2 del TUE) e negli affari interni e della giustizia (art. 34, paragrafo 3 del TUE) occorrono invece sempre duecentotrentadue voti espressi da almeno due terzi degli Stati membri.
[7] Si ricorda che il
Trattato di Nizza ha previsto che a partire da quando l'Unione europea annoveri
ventisette Stati membri il numero dei commissari sia inferiore al numero degli
Stati membri, sulla base di una rotazione paritaria tra gli stessi. Spetterà al
Consiglio definire, all'unanimità, le modalità di tale rotazione paritaria e
fissare il numero dei membri della Commissione.
[8] Questo totale tiene conto dei seggi che sarebbero eventualmente attribuiti a Bulgaria e Romania nel caso di una loro adesione nel 2007, calcolati proporzionalmente sulla base dei seggi attribuiti agli altri Stati membri.
[9] La norma specifica, inoltre, il procedimento per l’adozione della decisione in esame (unanimità dei componenti del Consiglio che rappresentino i Governi degli Stati membri che già applicano le disposizioni relative a Schengen e del Governo dello Stato membro interessato).
[10] Il paragrafo 3 prevede che gli accordi conclusi dal Consiglio con la Repubblica di Islanda e il Regno di Norvegia (Paesi associati all’attuazione dell'acquis di Schengen e al suo ulteriore sviluppo), al fine di individuare procedure appropriate, disposizioni relative al contributo dell’Islanda e della Norvegia ad eventuali conseguenze finanziarie, sono vincolanti per i nuovi Stati membri dalla data di adesione.
[11] L’allegato II “Disposizioni permanenti, modifiche al diritto derivato” si compone di 22 sezioni.
[12] Si sottolinea come non risultano modificati i criteri per l’accesso dei vecchi Stati membri ai vari Obiettivi, essendo ancora in corso il dibattito sul futuro della politica regionale dopo il 2006.
[13] Regioni idonee: per la Repubblica ceca tutte
le regioni eccetto Praga e per la Slovacchia tutte le regioni eccetto
Bratislava; per Ungheria e Polonia, tutte le regioni; per Estonia, Lettonia,
Lituania, Malta e Slovenia, l’intero territorio nazionale.
[14] Le regioni di Praga e Bratislava nonché l’intero territorio di Cipro. Sulla determinazione delle zone cui si applica l’Obiettivo 2, l’Allegato III dell’Atto di adesione stabilisce alcune modalità delle decisioni della Commissione.
[15] Rientrano nell’Obiettivo 3 le aree non
coperte dall’Obiettivo 1 (le regioni di Praga e Bratislava nonché l’intero
territorio di Cipro).
[16] L’art. 32 prevedeva, inoltre, che dal 1° gennaio 2003 i nuovi Stati membri sarebbero stati equiparati agli attuali Stati per quanto attiene all’erogazione dei fondi relativi alle prime tre rubriche (agricoltura, azioni strutturali e politiche interne) delle prospettive finanziarie dell’accordo interistituzionale del 6 maggio 1999 tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione sulla disciplina di bilancio e il miglioramento della procedura di bilancio. Dall’altra, fissava la data del 31 dicembre 2003, come momento a partire dal quale si interrompe nei confronti degli Stati aderenti, l’assunzione di impegni finanziari nell’ambito degli strumenti di preadesione (Phare, Ispa, Sapard). L’esecuzione degli impegni precedentemente assunti è regolata dall’Art. 33 dell’Atto di adesione che stabilisce le modalità per l’esecuzione dei contratti e i pagamenti relativi al programma Phare , il controllo ex ante della Commissione, e per la soppressione graduale degli strumenti di preadesione ivi compreso il programma Ispa.
[17] Si ricorda che i negoziati si sono concentrati su tre punti in particolare: 1) sulla capacità amministrativa dei nuovi Stati membri relativamente alla gestione delle risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione; 2) sui requisiti di idoneità a ricevere tali finanziamenti; 3) sugli stanziamenti nei primi anni dopo l’adesione. Nel contesto di tali negoziati, la Commissione ha indicato i requisiti organizzativi e istituzionali cui i nuovi Stati membri dovranno conformarsi a partire dall’adesione, secondo determinate scadenze; l’attuazione di tali impegni è monitorata dalla Commissione e costituirà uno degli elementi necessari all’approvazione dei finanziamenti comunitari.
[18] L’allegato II “Disposizioni permanenti, modifiche al diritto derivato” si compone di 22 sezioni.
[19] Tali integrazioni sono consentite fino alle seguenti percentuali, calcolate sul livello dei pagamenti diretti raggiunti nella Comunità: 2004: 55% - 2005: 60% - 2006: 65%
[20] Prezzi 1999.
[21] Prezzi 1999.
[22] L’Atto
di adesione dei dieci nuovi Stati membri aveva previsto che, per le elezioni
relative alla legislatura 2004-2009, a
tutti gli Stati membri fosse assegnato il numero dei seggi previsto dal
Protocollo e dalla Dichiarazione sull'allargamento allegati al Trattato di
Nizza aumentato, provvisoriamente e fino alla scadenza della legislatura
(giugno 2009), del numero dei seggi non attribuiti a Bulgaria e Romania,
distribuiti proporzionalmente fra tutti gli Stati membri. A partire dall’ingresso nell’Unione europea
di Bulgaria e Romania a tali Stati verrà attribuito il numero dei seggi
loro riservati dalla Dichiarazione sull'allargamento allegata al Trattato di
Nizza. Gli altri 25 Stati membri conserveranno fino alla scadenza della
legislatura 2004-2009 i seggi a loro attribuiti. Pertanto, nel complesso della
legislatura, il numero dei seggi del Parlamento europeo risulterà superiore al
tetto di 736 fissato dal Trattato di adesione di Romania e Bulgaria.
[23] Rimane
immutata la possibilità – introdotta sempre dal Trattato di Nizza – che uno
Stato membro possa chiedere, in caso di adozione di una decisione a maggioranza
qualificata da parte del Consiglio, che si verifichi che gli Stati membri che
compongono tale maggioranza qualificata rappresentino almeno il 62% della
popolazione totale dell’Unione.
[24] L’articolo I-26
del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa prevede che la prima Commissione
nominata dopo l’entrata in vigore della
Costituzione sia composta da un
membro per ogni Stato, compreso il presidente della Commissione e il
ministro per gli affari esteri dell’Unione, che è uno dei vicepresidenti. A partire dalla Commissione successiva la
composizione è fissata ad un numero
corrispondente ai due terzi degli Stati membri, a meno che il Consiglio
europeo, deliberando all’unanimità, decida di modificare tale numero. I membri
dovranno essere scelti sulla base di un sistema di rotazione paritaria tra gli Stati. Tale sistema è stabilito dal
Consiglio europeo all’unanimità, sulla base di un criterio di assoluta parità tra gli Stati membri e
di rispetto della loro molteplicità
demografica e geografica. Le
norme attualmente vigenti, contenute nel protocollo sull'allargamento dell'UE allegato
al Trattato di Nizza, prevedono che a partire dal 1° novembre 2004 la
Commissione comprenda un cittadino di ciascuno Stato membro. Il protocollo
sull'allargamento prevede inoltre che quando l'Unione annovererà 27 Stati
membri, il numero dei membri della Commissione dovrà essere inferiore al numero
degli Stati membri. I membri della Commissione saranno scelti in base a una
rotazione paritaria, sulla base dei principi seguenti: a) gli Stati membri sono
trattati su un piano di assoluta parità per quanto concerne la determinazione
dell'avvicendamento e del periodo di permanenza dei loro cittadini in seno alla
Commissione; non è comunque consentita la permanenza nella Commissione di due
cittadini dello stesso Stato membro; b) ciascuno dei collegi successivi è
costituito in modo da riflettere in maniera soddisfacente la molteplicità
demografica e geografica degli Stati membri dell'Unione europea.
[25] Il mandato
dell’attuale commissione europea scade il 31 ottobre del 2009.
[26] Il quadro finanziario, proposto dalla Commissione il 10 febbraio 2004 (SEC(2004)160), è stato approvato dal Consiglio il 22 marzo 2004.
[27] Pur essendo impressionante dal punto di
vista della Ue-10, questo importo rappresenta soltanto il 4% degli investimenti
totali della Ue-25 per lo stesso anno e non può essere associato ad una
delocalizzazione importante.