Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Seguito della discussione dei disegni di legge: Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005 (A.C. 1253); Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006 (A.C. 1254) (ore 16,47).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1253)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Ricci. Ne ha facoltà.
ANDREA RICCI. Signor Presidente, vi è solo la mia richiesta di parlare?
PRESIDENTE. No, ve ne sono altre.
ANDREA RICCI. Bene, altrimenti avrei rinunciato.
Signor Presidente, noi oggi stiamo discutendo del rendiconto per l'esercizio finanziario 2005 e dell'assestamento per il 2006. Lo facciamo alla vigilia dell'apertura della sessione di bilancio, nell'immediata vigilia, e questa può essere un'occasione, l'ultima rimasta, forse, non strumentale per discutere della politica economica del precedente Governo, perché i documenti che oggi ci accingiamo a votare riguardano l'attività pregressa della politica economica e finanziaria dello Stato.
Da questo punto di vista, com'è ampiamente emerso in sede di discussione parlamentare nella Commissione bilancio, i dati numerici del rendiconto per l'anno 2005 parlano da soli e non lasciano adito a dubbi o ad interpretazioni sul risultato della politica economica dei cinque anni precedenti.Pag. 37
I numeri indicano una crescita nulla del prodotto interno lordo nel 2005, che ha precipitato l'Italia in una situazione di stagnazione economica grave che fa seguito ai quattro anni precedenti, in cui lo sviluppo economico è progressivamente rallentato, fino ad annullarsi.
I dati numerici ci parlano di una crescita consistente dell'indebitamento netto, giunto al 4,1 per cento, un più 0,7 per cento rispetto al 2004 che indica un aggravamento e un appesantimento della condizione finanziaria delle pubbliche amministrazioni.
I dati numerici ci indicano anche un aumento significativo, dopo anni di discesa, dello stock di debito pubblico esistente, incrementato del 2,5 per cento rispetto al 2004 e giunto lo scorso anno al 106,4 per cento del PIL.
Quello che le aride cifre non riescono a rappresentare, tuttavia, sono le sofferenze sociali ed i disagi delle persone in carne ed ossa prodotti dai cinque anni di politica economica del Governo Berlusconi. Da questo punto di vista, le considerazioni che il ministro Padoa Schioppa ha svolto, oggi pomeriggio, rispetto all'aumento delle disuguaglianze sociali sono veritiere.
Le disuguaglianze sociali in Italia, infatti, sono cresciute in termini sia di reddito, attraverso una distribuzione perversa dello stesso reddito e della ricchezza a vantaggio dei più ricchi, sia di opportunità di vita e di prospettiva esistenziale, a causa dell'allargamento generalizzato della condizione di precarietà del lavoro.
L'andamento negativo dei conti pubblici che il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005 certifica non è ascrivibile soltanto alla stagnazione economica, la quale, peraltro, trova anch'essa come sua concausa l'indirizzo di politica economica seguito dal Governo Berlusconi. Esso, infatti, ha anche cause dirette, che afferiscono al modo in cui il precedente Esecutivo ha agito sul fronte delle voci sia di spesa, sia di entrata.
Vorrei infatti rilevare che, sul versante della spesa, abbiamo assistito ad un ampliamento significativo delle spese correnti, nonostante i ripetuti vincoli formali posti, per contenerle, nelle leggi finanziarie che si sono succedute dal 2001 al 2005. Il paradosso - meglio sarebbe dire il dramma - di questa situazione è che tale aumento delle spese correnti non è servito né a rilanciare l'economia (che è sprofondata, al contrario, nella stagnazione), né, tantomeno, a migliorare il livello dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni ai cittadini.
Viene spontaneo domandarsi, allora, il motivo per cui la spesa sia cresciuta. L'unica risposta possibile è che sono aumentati gli sprechi e le inefficienze della pubblica amministrazione, nonché le misure, varate dal precedente Governo, dirette a soddisfare una miriade di interessi particolari e corporativi in assenza di qualsiasi disegno organico.
Sul lato delle entrate, invece, i continui e reiterati condoni fiscali, la legittimazione morale dell'evasione fiscale e la riduzione delle imposte per i ceti più abbienti hanno ridotto il gettito potenziale. Questo fallimento della politica economica del precedente Esecutivo ha costituito un fattore determinante nell'esito elettorale dello scorso aprile.
Ora siamo entrati, dunque, in una nuova fase, come abbiamo già visto in questi giorni. La politica economica oggi deve rispondere ad esigenze di sviluppo e di equità sociale, ed a tale fine deve essere orientato anche il bilancio dello Stato, anche se, purtroppo, ciò deve essere realizzato in una condizione di finanza pubblica gravemente negativa.
Nei prossimi giorni discuteremo ampiamente riguardo a ciò che è stato compiuto dal Governo con la presentazione della manovra finanziaria; in questa sede, desidero solamente rilevare che i primi effetti di un cambiamento nella politica economica si cominciano ad intravedere e sono già presenti nel disegno di legge recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato, che approveremo successivamente al provvedimento sul rendiconto per l'esercizio finanziario 2005.Pag. 38
Nel bilancio di assestamento, grazie all'approvazione di un emendamento presentato dal Governo nel corso dell'iter in sede di Commissione bilancio, si accerta infatti un aumento consistente delle entrate, rispetto alle previsioni, per circa 10 miliardi di euro. Noi riteniamo che tale cifra sia addirittura sottostimata e che, alla fine dell'anno, riscontreremo un incremento ancora maggiore delle entrate fiscali, in modo particolare di quelle tributarie, come mostrano i dati relativi ai primi nove mesi del 2006.
Anche in tal caso, vorrei osservare che non tutto è spiegabile con la ripresa congiunturale. Le dimensioni del boom delle entrate, infatti, sono troppo consistenti per ridurre tutto alla rinnovata crescita del prodotto interno lordo. Ciò che è cambiato e che comincia a cambiare è qualcosa di profondo nella società italiana: mi riferisco al clima nel rapporto tra il fisco ed il contribuente, tra lo Stato ed il cittadino. Vi è consapevolezza, infatti, della serietà che questa maggioranza ed il Governo in carica intendono profondere nella lotta a fondo contro l'evasione e l'elusione fiscale.
Ciò non solo per timore di una maggiore repressione, di un atteggiamento più punitivo dello Stato nei confronti dei cittadini che non adempiono ai propri obblighi fiscali. Questo anche perché si va determinando, anche attraverso una riforma del sistema fiscale orientata alla redistribuzione del reddito e ad una maggiore equità, una maggiore fiducia verso il fisco e le istituzioni.
Abbiamo già visto come le prime misure che questo Parlamento ha adottato, con la conversione in legge del cosiddetto decreto-legge Bersani-Visco, abbiano rafforzato la tendenza ed il contribuito ad accelerare il boom delle entrate. Noi siamo convinti che le misure fiscali che saranno contenute nella prossima legge finanziaria, molte delle quali - come il ministro Padoa Schioppa ha illustrato - sono segnate da una forte impronta redistributiva, potranno rafforzare ancora di più questa tendenza.
In questo senso, esprimeremo un voto favorevole sul rendiconto per l'esercizio finanziario 2005 e sull'assestamento di bilancio per il 2006, come occasione per porre fine a cinque anni di disastro dal punto di vista della politica economica del paese e per aprire una nuova pagina che possa portare l'Italia ad uscire dalla grave crisi economica, sociale ed anche democratica che in questi anni ha vissuto (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli D'Elpidio e Nardi che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbiano rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, intervengo solo per preannunciare il voto contrario dell'UDC su entrambi i provvedimenti in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leone. Ne ha facoltà.
Vorrei invitare i presidenti di gruppo a far rientrare in aula i colleghi, perché dopo un'altra dichiarazione di voto si passerà alla votazione.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, lei può mantenere la votazione aperta anche per dieci minuti, non c'è problema...
Il gruppo di Forza Italia esprimerà un voto contrario sul provvedimento in esame e anche su quello successivo. Tale decisione discende non tanto da una valutazione di natura politica, quanto da una valutazione di natura istituzionale.
Dobbiamo ripercorrere le tappe di quanto accaduto e ricordare quanto ha detto il ministro... Signor Presidente, non c'è...
PRESIDENTE. Vi invito a fare silenzio; lasciate parlare l'onorevole Leone.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, volevo chiedere se può invitare il Governo... Vedo che il sottosegretario Sartor èPag. 39rientrato. Le chiedo scusa, signor sottosegretario, perché ho cominciato a parlare quando lei non c'era.
Come dicevo, la nostra contrarietà è giustificata dalla gravità del comportamento assunto dal Governo che, con le correzioni apportate nel corso dell'esame mediante l'approvazione di un emendamento presso la Commissione bilancio, non ha sanato interamente quel vulnus politico e istituzionale di cui si era reso responsabile all'atto del suo insediamento. Mi riferisco alle dichiarazioni rese con grave superficialità - e riconfermate, tra l'altro, proprio oggi pomeriggio dal ministro dell'economia e delle finanze - secondo cui il precedente Governo avrebbe lasciato la finanza pubblica in una situazione addirittura disastrosa.
Quelle dichiarazioni si accompagnavano all'affermazione secondo cui la gravità della situazione sarebbe stata aggravata da una presunta inefficacia della manovra finanziaria posta in essere dal Governo Berlusconi per assicurare, per il 2006 (parliamo della precedente manovra), il conseguimento degli obiettivi concordati a livello comunitario ai fini del rientro dall'indebitamento netto della pubblica amministrazione entro il 3 per cento nel 2007.
La superficialità, verificata oggi dal ministro dell'economia, non può spiegarsi se non riconducendola ad un pregiudizio di natura politica ed ideologica. Nessuno degli elementi messi a disposizione del Ministero dell'economia e delle finanze giustificava infatti affermazioni così gravi. Non a caso il ministro Padoa Schioppa ha dovuto ricorrere alla creazione di un organismo ad hoc, (forse non tutti lo sanno) la famigerata commissione Faini, per trovare qualche pretesto che giustificasse le sue improvvide affermazioni.
Quella commissione ha svolto un lavoro che, giustamente e correttamente, le amministrazioni, istituzionalmente competenti in materia di controllo e verifica dell'andamento di finanza pubblica, a partire dalla Ragioneria generale dello Stato e dall'ISTAT, non potevano effettuare, cioè quello di costruire un quadro del tutto falsificato dei conti pubblici al solo scopo di attribuire al precedente Governo responsabilità inesistenti.
Questo era il compito della commissione Faini!
Come giustamente è stato segnalato nella seduta di ieri, l'inesperienza in una materia tanto delicata, come quella della finanza pubblica, avrebbe dovuto indurre il ministro ad effettuare un'accurata ricognizione della situazione, affidandosi alle strutture competenti piuttosto che lanciare proclami, dimostratisi assolutamente infondati, che ne hanno fortemente pregiudicata la credibilità di tecnico prestato alla politica.
Ma l'effetto più grave che può attribuirsi all'atteggiamento che ha caratterizzato le posizioni assunte dal Governo e dal ministro dell'economia su questo tema consiste nelle conseguenze prodotte dalla denuncia di una drammatica e del tutto inesistente situazione dei conti pubblici.
Come era inevitabile, infatti, alle dichiarazioni del ministro hanno fatto seguito allarmate prese di posizione delle autorità comunitarie e, soprattutto, delle società di rating che hanno prospettato la possibilità di un declassamento del debito pubblico italiano.
Il paradosso è che lo stesso ministro dell'economia e delle finanze, con una certa improntitudine, si è vantato di aver saputo tranquillizzare le autorità comunitarie in forza di suoi personali ottimi rapporti con gli uffici di Bruxelles.
Si tratta di un paradosso, perché, in realtà, il ministro non ha fatto altro che rimediare maldestramente ad un danno, ad una gaffe che lui stesso aveva provocato.
L'emendamento presentato dal Governo ed approvato dalla Commissione bilancio smentisce clamorosamente le conclusioni della cosiddetta commissione Faini ai cui membri, tra l'altro, sono stati elargiti parecchi denari per arrivare ad una conclusione di falsificazione dei conti pubblici.
Quell'emendamento non fa, tuttavia, piena giustizia. Il maggior gettito che viene infatti evidenziato nell'emendamento risultaPag. 40di gran lunga inferiore a quello effettivamente riscosso; e mi riallaccio alle considerazioni svolte ieri in quest'aula e anche oggi a proposito dei documenti.
Oggi nella nota di aggiornamento al DPEF il Governo fornisce dati ancora differenti, per cui il maggior gettito, rispetto alle previsione del DPEF, ammonterebbe a circa 6 milioni di euro.
Alla luce di questa affermazione, ci saremmo aspettati che il Governo e oggi il ministro si assumessero la responsabilità costituzionale di fare chiarezza e di aggiornare i dati riportati nel disegno di legge di assestamento, come emendato dalla Commissione bilancio, posto che l'emendamento approvato in quella sede rispondeva all'obiettivo, come esplicitamente affermato dal Governo, di allineare l'andamento del gettito alle previsioni del Documento di programmazione economico-finanziaria.
Ora, lo stesso Governo ci viene a dire che il maggior gettito accertato supera di circa 6 miliardi le previsioni del DPEF. Addirittura, larga parte di queste maggiori entrate - al riguardo vi è stato un balletto - e per un importo di circa 5 miliardi avrebbe carattere tendenziale e, naturalmente, come abbiamo sostenuto prima in Commissione bilancio e poi in quest'aula, natura strutturale.
Ciò vuol dire che si è riconosciuto da parte di questo Governo e del sottosegretario che adesso siede in quegli scranni che tutto ciò che è stato fatto dal Governo Berlusconi, ivi compresi i condoni, non ha fatto altro che far emergere tutti coloro che non pagavano una lira di tasse e, naturalmente, tutto ciò era dovuto a provvedimenti che sono stati tanto bistrattati dall'allora opposizione, oggi maggioranza.
Mi riferisco nientedimeno che ai condoni, che evidentemente sono serviti a far venire fuori in maniera strutturale tutti coloro che non hanno mai pagato le tasse (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Questo ve lo siete rimangiato con il documento in esame e avendo, naturalmente dopo lunghe traversie e sofferenze, accettato che quei risultati siano dovuti a quel sistema!
A proposito di malafede, suscita qualche sospetto anche la decisione di attribuire all'esercizio in corso gli effetti, in termini di maggiori oneri, derivanti dalla recente sentenza della Corte di giustizia europea in materia di detraibilità dell'IVA. Il famigerato viceministro Visco, quando è stata pronunciata quella sentenza, non ha detto altro se non che si trattava di una conseguenza della politica del Governo Berlusconi, dimenticando che lui stesso, quando era ministro, ci aveva messo in quelle condizioni. Di conseguenza, il problema era stato sollevato davanti all'Unione europea, la quale finalmente lo aveva risolto in senso contrario a quello che desiderava Visco.
Si tratterebbe in tal modo di venire in Parlamento e, soprattutto, di dare all'opinione pubblica un quadro certo e affidabile dell'effettivo stato delle finanze pubbliche, cosa che fino ad ora non è avvenuta. Sarebbe un atto dovuto, anche alla luce delle impegnative affermazioni che lo stesso Governo ha voluto inserire nel DPEF circa la necessità di fare significativi passi in avanti sul tema della trasparenza e della conoscenza dei saldi di finanza pubblica.
È certo che nessun progresso potrà essere ottenuto in materia se vi sarà una tale clamorosa manipolazione - così come è accaduto fino ad oggi - dei dati secondo le convenienze e gli opportunismi di parte: ciò in barba alla trasparenza e a quanto i cittadini, che vengono tenuti all'oscuro di quello che sta accadendo, hanno ritenuto opportuno fare nel momento in cui hanno votato l'attuale centrosinistra.
Le bugie hanno le gambe corte e proprio oggi, con le dichiarazioni fatte sia dal ministro Padoa Schioppa che dal sottosegretario Sartor, sono venute alla luce (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leddi Maiola. Ne ha facoltà.
MARIA LEDDI MAIOLA. Signor presidente, onorevoli colleghi, credo di dover iniziare il mio intervento rifacendomi aPag. 41quanto ha detto poco fa l'onorevole Leone. Egli si riferiva al ministro, che ha testé relazionato, sostenendo fra l'altro che il ministro avrebbe rassicurato i mercati internazionali in ordine a rischi di declassamento del paese rispetto alla situazione dei conti, così come è stata accertata.
Ebbene, credo di avere una discreta memoria se cito non la situazione corrente ma quella relativa al 2005 (mi sembra corresse l'anno del Signore 2005 e che fosse giugno), allorquando le agenzie di rating avevano stabilito che l'outlook del debitore sovrano - Republic of Italy - passasse da stabile a negativo. Non è quindi una questione riferita alle due diligence effettuate più recentemente ad aver comportato sul piano internazionale una valutazione sul paese Italia tanto negativa da avere i riflessi che si hanno quando l'outlook passa da stabile a negativo. Le perplessità nutrite dagli altri paesi rispetto a quei passaggi arrecano alla situazione dei nostri conti pubblici e all'economia del paese un immediato danno complessivo.
Ritengo che quanto è stato a lungo discusso in Commissione nelle settimane scorse, in relazione al documento che stiamo esaminando, abbia messo in evidenza alcuni dati inequivocabili. I numeri sono analizzabili nella genesi: possiamo dividerci sulla loro genesi e sulla loro lettura, ma credo che alcuni di essi siano incontestabili.
È stata, peraltro, contestata quest'oggi anche la decisione di avere affidato alla commissione Faini la redazione della due diligence del paese. Credo che sia stato fatto ciò che normalmente si fa quando si assume la guida di una impresa, della quale si vuol capire, realmente e realisticamente, in quali condizioni siano i bilanci. Credo sia stato fatto, lo ripeto, ciò che normalmente si fa, vale a dire sono stati analizzati i conti nel modo il più possibile oggettivo e indipendente, anche perché è interesse generale, comunque, capire quale sia il loro stato reale per poter stabilire le politiche necessarie. Ritengo, quindi, che allora il Governo e, in particolare, il ministro abbiano agito correttamente a questo riguardo, avviando una procedura che si segue ordinariamente nelle grandi imprese a fronte di situazioni critiche, quando si devono assumere decisioni importanti. Mi dispiace ascoltare valutazioni così critiche nei confronti del lavoro svolto dalla commissione, che ha esaminato atti e dati che sono disponibili, non soltanto per la comunità nazionale, ma anche per la comunità internazionale, che è anche la comunità che ci giudica.
Credo che la valutazione sulla genesi, su ciò che ha portato a questi dati e sulle strade da intraprendere, alla luce di questi dati, per promuovere il risanamento dei conti e del paese sia questione che attiene al dibattito in Assemblea, durante il quale potremo tranquillamente dividerci. Invece, credo sia più difficile contestare alcuni dati «algidi» ma ineccepibili. Credo, cioè, sia difficile affermare che, nel 2005, la situazione del nostro paese - trattiamo del Rendiconto di un anno purtroppo particolarmente infelice per i conti pubblici - e, in particolare, la sua crescita fosse lontana dallo zero. In un quadro europeo nel quale, comunque, la crescita non era certamente a grandi cifre, avevamo, quale paese appartenente alla «zona euro», una crescita all'1,3 per cento, una crescita rallentata, in un quadro mondiale che andava verso il 4,9 per cento. È difficile affermare che sia rassicurante sapere che il nostro paese ha tale indice di crescita. Credo sia difficile immaginare come rassicurante la situazione di un paese che si avvia alla stagnazione. Questo è un dato incontrovertibile.
Allo stesso modo, è incontrovertibile il dato che ci apprestiamo ad approvare e che mostra che l'indebitamento netto della pubblica amministrazione nel 2005 è stato pari al 4,1 per cento del PIL. Era stato previsto il 2,7 per cento: è uno scostamento di non poco conto, è un numero sul quale non possiamo adagiarci con tranquillità!
Che l'avanzo primario sia sceso allo 0,4 per cento del PIL è un altro dato impietoso del quale, comunque, dobbiamo prendere atto e renderci conto, se vogliamoPag. 42stabilire la soglia dalla quale partire per rimettere in ordine i nostri conti. Analogamente, sapere che la nostra spesa per interessi, ad oggi, si aggira intorno al 4,6 per cento del PIL è elemento non irrilevante.
Ritengo di poter affermare che l'analisi dei dati dell'esercizio 2005 e dell'andamento conseguente dei primi mesi del 2006 è stata effettuata in modo del tutto corretto. Sulla base di tale analisi si sono impostate le politiche che saranno oggetto del disegno di legge finanziaria, riguardo alla quale si è svolto un anticipo di discussione tale da far quasi considerare vecchio ciò che stiamo facendo in questo momento. Il disegno di legge finanziaria per il 2007, infatti, è evidentemente conseguenza e portato di quanto stiamo approvando in questo momento e delle analisi sottostanti. Certamente, riteniamo che la presa d'atto di una situazione di forte criticità sia stata la base necessaria di partenza per avviare i provvedimenti che, già nei mesi scorsi, il Governo ha posto in essere. In particolare, credo debbano essere sottolineate due eredità negative e, purtroppo, anche innegabili: da una parte, l'incremento della spesa corrente; dall'altra, la contestuale contrazione della spesa per investimenti.
Credo che non serva essere economisti né essere attenti lettori dei bilanci pubblici per capire che questo è un dato di per sé patologico. Si tratta di un dato su cui intervenire per invertire la tendenza.
L'avvio della discussione sulla legge finanziaria per il 2007, avvenuta mediaticamente prima che in questa aula, ci dà la sensazione che stiamo affrontando un problema dalla cui soluzione dipenderà in futuro l'economia del nostro paese. Siamo chiamati ad un appuntamento importante, siamo chiamati ad una sfida che lascerà il segno nella storia del nostro paese. Se i dati che stiamo esaminando manifestano quella pericolosità complessiva che abbiamo rilevato in precedenza, i provvedimenti che ne devono conseguire devono avere la forza strutturale per cambiare il paese e per uscire dall'incertezza della contingenza, in modo da aprire lo spazio per un paese diverso rispetto a quello che sta vivendo una fase di forte sofferenza e che fatica molto a scoprire nuove vie di sviluppo.
Le citazioni sono spesso sintetiche e in genere si ricordano più degli interventi che le contengono. Come non chiudere, quindi, con una citazione di Machiavelli, il quale diceva che la cosa più difficile è proprio cambiare l'ordine costituito delle cose? Noi siamo chiamati ad una sfida di questa natura (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Presidente, i deputati del gruppo della Rosa nel Pugno voteranno a favore del Rendiconto e dell'assestamento di bilancio dello Stato. Parto da una prima considerazione in relazione a quanto ha affermato l'onorevole Pepe, che credo possa sgombrare il campo da qualsiasi discussione in Assemblea: tutti gli istituti statistici, nonché l'Unione europea, ci hanno richiamato più volte a rientrare nei parametri di Maastricht. Purtroppo, nel 2005 abbiamo avuto una crescita prossima allo zero, un aumento del debito pubblico e un rapporto deficit-PIL che aveva raggiunto dei limiti insostenibili, pari al 4,8 per cento.
Come tutti sappiamo vi è stata una sorta di moratoria a livello europeo nei nostri confronti con la garanzia da parte nostra che saremmo rientrati in tempi abbastanza rapidi nei parametri di Maastricht.
Stiamo verificando che anche per il 2006, purtroppo, non si riuscirà a far rientrare il nostro paese nei suddetti parametri e non abbiamo una crescita che possa determinare una sufficiente condizione di sviluppo dell'intera comunità italiana. Abbiamo una crescita sicuramente superiore a quella dello scorso anno, che si aggira intorno all'1,3 per cento.
Comunque, in un contesto economico internazionale nel quale la crescita si aggira intorno al 5,9 per cento e in ambitoPag. 43europeo intorno al 2,4 per cento, ciò appare ben poca cosa.
È dunque necessario intervenire su questioni strutturali, per fare in modo che questo paese possa non solo uscire dal debito, ma anche rilanciare lo sviluppo economico all'interno della stessa area. Proprio questa è la politica che abbiamo adottato e che discuteremo nei prossimi giorni.
In questo momento stiamo discutendo del rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato, che evidenzia l'effettiva situazione in cui si trova il paese. Pertanto, ritengo sia inopportuno che l'opposizione continui a sostenere l'assenza di difficoltà di bilancio; infatti, non siamo noi a dirlo, ma i maggiori esperti in materia di economia a livello internazionale e la stessa Unione europea.
La nostra crescita è molto bassa, il rapporto debito-PIL è estremamente elevato e il debito pubblico ha raggiunto livelli assai significativi. Se a ciò si aggiunge la presenza di un avanzo primario pari allo 0,5 per cento, si capisce chiaramente quale sia stata la politica economica e finanziaria del Governo precedente.
Ritengo che uno degli elementi negativi che hanno determinato un aumento della spesa pubblica sia stato la crescita esponenziale della spesa corrente, che ha raggiunto circa tre punti in più nello scorso anno e che quindi ha determinato un indebitamento estremamente significativo. Vi è stata, inoltre, una spesa sugli investimenti insignificante, tant'è vero che questo Governo per garantire un'accelerazione degli investimenti è dovuto intervenire negli scorsi mesi, attraverso il famigerato decreto Bersani-Visco, per rifinanziare sia l'ANAS sia le Ferrovie; altro che le grandi opere infrastrutturali delle quali si parlava!
Le grandi opere infrastrutturali saranno definite all'interno del nuovo quadro finanziario che a breve discuteremo, nel quale saranno individuati gli investimenti nonché i tempi e i modi per realizzarli. Questo significa fare una politica seria per lo sviluppo del paese!
Certo, in questo periodo vi è stato un incremento delle entrate e, quindi, nell'assestamento di bilancio sono stati previsti incrementi di entrate pari a circa 10 miliardi di euro. Sicuramente alla fine dell'anno vi sarà un maggior gettito per quanto riguarda le entrate, in quanto sono state attuate politiche - gran parte delle quali realizzate dal precedente Governo - che hanno garantito entrate una tantum. Ritengo che anche su ciò si debba ragionare per comprendere come distribuire la spesa pubblica, in ordine alla quale si registra una inversione di tendenza volta ad assicurare una distribuzione che riguardi i ceti più deboli della nostra società. Ciò è perfettamente in linea con le scelte che questo Governo e questa maggioranza hanno assunto nel corso della campagna elettorale, vale a dire riequilibrare il sistema sociale e creare le condizioni affinché tutti paghino le tasse e contribuiscano al risanamento del nostro paese.
Su ciò si sono innescate politiche fiscali ed industriali importanti, come, per esempio, quella riguardante il cuneo fiscale.
Sono questi gli elementi che vogliamo porre all'attenzione del paese e del Parlamento, non per creare polemiche con l'opposizione, ma per far comprendere che esistono oggettive difficoltà del bilancio dello Stato a causa di inattive politiche in ambito economico e finanziario.
Oggi vi è la necessità di rilanciare il paese. Siamo partiti con il piede giusto. Siamo convinti che bisognerà fare di più, perché il paese chiede di più: chiede di più nell'ambito delle pubbliche amministrazioni, della previdenza e della complessiva ristrutturazione del sistema pubblico statale.
Dobbiamo fare di più per consentire che questo paese si avvii nella giusta direzione per il risanamento, l'equità e lo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Garavaglia, vorrei ricordare all'Assemblea che al termine delle dichiarazioni di voto procederemo all'esame delPag. 44provvedimento recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e che i colleghi, anche in tale occasione, potranno intervenire per dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come ha già illustrato il relatore, il rendiconto relativo al bilancio 2005 evidenzia la tendenza ad una crescita degli impegni per le spese finali rispetto all'anno precedente, quindi la tendenza ad un continuo scostamento dei dati del consuntivo rispetto al previsionale.
Inoltre, l'anno 2005 ha registrato un tasso di crescita del PIL quasi nullo con saldi di finanza pubblica critici, con un peggioramento del saldo netto da finanziare, pari a 14 miliardi rispetto al 2004.
Si è registrato, tuttavia, un miglioramento dei risultati consuntivi rispetto alle previsioni iniziali.
Dall'esame del rendiconto emerge in particolare un aumento rispetto all'anno precedente delle spese correnti, nonché un incremento delle spese per redditi da lavoro dipendente.
Per quanto riguarda il primo aspetto, se oggi, in sede di esame del rendiconto 2005, continua ad essere attuale ed evidente la problematica di tenere sotto controllo la spesa pubblica, non si possono certo accettare critiche strumentali da parte dell'attuale maggioranza, perché il problema di base è ben altro.
È il momento che tutte le forze politiche riconoscano che occorre modificare drasticamente il modo di gestire le risorse pubbliche. L'unica strada percorribile per migliorare la gestione del bilancio dello Stato è quella di passare da una gestione centralizzata ad una gestione federale a livello regionale. Si deve riconoscere che lo strumento del federalismo fiscale è l'unica soluzione per facilitare il controllo su come siano effettivamente impiegate le risorse pubbliche.
Attribuendo alle regioni una vera autonomia impositiva e finanziaria, le risorse derivanti dalla contribuzione obbligatoria dei cittadini potrebbero essere gestite a livello territoriale e, quindi, con maggiore visibilità. I cittadini possono controllare e verificare come vengono spese le risorse pubbliche e possono altresì valutare la qualità e la quantità dei servizi elargiti pubblicamente dall'ente territoriale. Ciò consentirebbe, quindi, un miglior monitoraggio del livello dei servizi e delle esigenze territoriali specifiche. I contribuenti hanno diritto di sapere e controllare sul territorio come sono gestite le finanze derivanti dal pagamento dei tributi.
Per quanto riguarda, invece, l'aumento degli oneri di personale della pubblica amministrazione, si ribadisce, anche in questo caso, la necessità di una modernizzazione e il forte snellimento della pubblica amministrazione, anche e soprattutto mediante la graduale riduzione del personale in eccesso, favorendo non solo la mobilità, ma anche la tendenza a rendere più appetibili i posti di lavoro nel settore privato, piuttosto che nel settore pubblico, spesso, anzi sempre, saturo.
Difficile è stato per il Governo Berlusconi cercare di destinare maggiori risorse allo sviluppo del settore privato, piuttosto che incrementare gli oneri suddetti.
Come tutti hanno avuto modo di constatare, esistono ostacoli all'interno dell'apparato pubblico con minacce di mobilitazioni e continui scioperi, che non consentono margini di decisione per creare uno Stato più snello e meno oneroso per tutti i contribuenti.
Il Governo Berlusconi si è impegnato, sin dall'insediamento nel 2001, a costituire le basi per consentire la ripresa economica, mediante riforme strutturali e un'evidente riduzione della pressione fiscale sulle imprese e su tutti i contribuenti. Dopo un periodo economico estremamente sfavorevole, già a partire dall'inizio di quest'anno, si possono cogliere gli effetti della politica liberale che la Lega e il centrodestra hanno inteso promuovere per rinnovare il paese. La ripresa economica è iniziata. Infatti, l'allarme dei contiPag. 45pubblici derivante dalle risultanze della commissione Faini è stato smentito dal notevole incremento delle entrate tributarie registrate a luglio (circa più 12 per cento) imputabile agli effetti delle manovre adottate dal Governo Berlusconi. Tali manovre hanno consentito di far ripartire l'economia del paese: in particolare, con la precedente finanziaria il Governo di centrodestra ha avviato per la prima volta una drastica e consistente riduzione della spesa corrente della pubblica amministrazione. Tale scelta politica è stata osteggiata fortemente in sede di approvazione della legge finanziaria per l'anno 2006 dall'allora opposizione di centrosinistra. Quest'ultima, invece, ha adottato la medesima linea di ulteriore riduzione con il cosiddetto decreto-legge Bersani, anche se poi, stanziando 3 miliardi di euro per il contratto della pubblica amministrazione, si smentisce completamente.
Concludendo, si avvertono i timori per l'inversione di tendenza che caratterizza le scelte politiche ed economiche dell'attuale Governo. Dall'esperienza del decreto-legge Bersani e dalle recenti anticipazioni del contenuto della legge finanziaria per l'anno 2007, si ha motivo di temere che l'attuale maggioranza abbia intrapreso un percorso contrario, ossia emerge la volontà di cominciare a gestire le risorse secondo le aspettative di chi detiene il potere, senza alcuna considerazione delle esigenze di chi costituisce l'apparato produttivo dell'economia italiana e, in particolare, del nord d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Intervengo solo per un richiamo all'articolo 41 del regolamento, per capire bene l'argomento che stiamo trattando. Confesso che non ho esattamente compreso che cosa dobbiamo votare. Se capisco bene, votiamo un conto consuntivo della finanziaria precedente: teoricamente, votiamo a favore del consuntivo di una legge finanziaria alla quale siamo stati contrari e sulla quale abbiamo votato contro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia), mentre l'opposizione voterebbe adesso contro il conto consuntivo di una legge finanziaria per la quale ha votato a favore. È stato qui richiamato Machiavelli; io richiamerei piuttosto Aristotele per capire dove sta il principio di non contraddizione. La ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Forza Italia).
PRESIDENTE. Presidente Bianco, lei ci illumina sempre! Anche questo intervento è molto appropriato. Le cose stanno in effetti così: stiamo votando il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005. Dunque, lei ha colto nel segno!
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.