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Informativa urgente del Governo sul grave attentato subito da una pattuglia del contingente militare italiano a Nassiriya (ore 17,01).
PRESIDENTE. Avrà ora luogo lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo Pag. 4sul grave attentato subito da una pattuglia del contingente militare italiano a Nassiriya.
Dopo l'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi.
ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli deputati, sono qui a riferire, purtroppo, su un nuovo e gravissimo lutto che ha colpito il nostro contingente in Iraq. A nome del Governo e dell'intero popolo italiano, voglio far sentire la nostra partecipazione ai familiari delle vittime e alle Forze armate, cui va tutta la nostra solidarietà per l'opera che, quotidianamente, svolgono in situazioni di estrema difficoltà.
In questo momento di grave lutto, che segue di pochi giorni gli efferati attacchi ai nostri militari in Iraq e in Afghanistan, l'Italia intera vuole rendere onore ed omaggio ai suoi caduti nell'esercizio del dovere per la difesa della pace e della stabilità internazionale (Applausi) e contro un terrorismo fanatico che non risparmia alcuno.
Passo ora all'esposizione dei fatti, così come sono stati ricostruiti sulla base delle informazioni sino ad ora pervenute.
Nella giornata di ieri, 5 giugno, alle ore 21,35 circa (ore italiane 19,35), un ordigno è esploso al passaggio di un convoglio logistico britannico che, diretto a Tallil e proveniente dalla confinante provincia di Maysan, a circa 100 chilometri a nord di Nassiriya, prevedeva la scorta da parte dei mezzi italiani.
L'esplosione ha investito il nostro mezzo VM-90 (cioè un veicolo multiruolo), appartenente alla Brigata Sassari, che viaggiava alla testa del convoglio, coinvolgendo cinque militari italiani della task force del 152o reggimento di fanteria.
Il primo caporalmaggiore Alessandro Pibiri, 25 anni, da Cagliari, ha perso la vita a seguito delle ferite riportate. Il primo caporalmaggiore Luca Daga è stato ferito in modo molto grave, mentre altri tre militari, il caporalmaggiore scelto Fulvio Concas, il tenente Manuel Pilia ed il primo caporalmaggiore Yari Contu hanno riportato ferite da schegge, ma non risultano in pericolo di vita.
Sono in corso i rilievi e gli accertamenti da parte degli organi di Polizia militare per individuare l'esatta dinamica e la causa del tragico evento.
I primi riscontri sembrano confermare che l'ordigno appartiene alla ormai famigerata categoria degli IED, ossia «ordigni esplosivi improvvisati», che hanno purtroppo mietuto numerose vittime, non solo italiane, anche se nella circostanza è stata rinvenuta la presenza di una serie di ordigni posizionati lungo la carreggiata, il che lascia supporre un ulteriore perfezionamento delle tecniche offensive fino ad ora utilizzate.
Il convoglio colpito dall'attentato di ieri era inserito nel quadro dell'operazione denominata Golf 7, che si informa alla direttiva operativa nazionale emanata dal Comando operativo interforze ed all'ordine di operazione del Comitato di divisione multinazionale sudest, a guida britannica, e prevedeva il transito dei convogli britannici nella provincia di Dhi-Qar, ossia l'area di responsabilità italiana, quindi con la scorta italiana dal loro ingresso nella citata provincia lungo le rotabili denominate Arnhem, Bismark, Jackson, Tampa, fino al momento della loro uscita dalla provincia stessa.
Nello specifico, il convoglio in questione, costituito da 26 mezzi militari e 36 autoarticolati civili, è stato suddiviso in due unità di marcia e preso in consegna dalla nostra task force al confine nordest della provincia, ossia a circa 45 chilometri dall'abitato di Qualat Sukar. Al termine del primo tratto, nell'area di responsabilità Pag. 5italiana, la prima unità di marcia si è immessa sulla rotabile principale dove, dopo circa quattro chilometri, il primo mezzo - un VM-90T - è stato investito dal probabile IED posizionato sul margine destro della carreggiata. Veniva immediatamente avvisata la nostra sala operativa e sul posto accorreva l'assetto sanitario presente nel convoglio, che provvedeva ai primi soccorsi. Contestualmente, si è alzato in volo dalla base aerea di Tallil un elicottero dell'Aeronautica militare per garantire l'evacuazione sanitaria ed il trasporto presso l'ospedale da campo italiano - a Camp Mittica - del personale coinvolto nell'esplosione; lo sgombero si concludeva attorno alle 23,30.
Parallelamente, su indicazione del Ministero della difesa, è stato attivato il governatore della provincia di Dhi-Qar, Kadum Aluan Al Ogheli, di comune accordo con il comandante del contingente, generale di brigata Natalino Madeddu, affinché disponesse il supporto della polizia locale per le esigenze di viabilità e scorta del convoglio.
Signor Presidente, onorevoli deputati, al momento è del tutto priva di fondamento l'ipotesi secondo cui vi sia un disegno politico volto a condizionare il calendario del rientro del contingente italiano dall'Iraq...
CARLO CICCIOLI. Questi sono i morti che voi avete chiamato...!
ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il fatto che i nostri soldati scortassero un convoglio logistico britannico, in una zona ben distante da Nassiriya, e che, quindi, non costituisse un bersaglio di chiara identificazione, potrebbe far pensare ad un attacco indiscriminato e non diretto in modo specifico al contingente italiano. Si è certamente trattato di un'azione proditoria e la nostra preoccupazione su quanto avviene in terra irachena - già forte - è oggi accentuata dall'ulteriore contributo di sangue versato dai nostri militari. Ciò non ci fa deflettere dai nostri propositi. Lo dico con forza in questa sede e lo ribadisco ancor più alla luce di quanto avvenuto ieri: nulla cambia rispetto ai piani ed ai programmi di rientro dall'Iraq dei nostri militari che il Governo, proprio in queste ore, sta discutendo con gli alleati e con le autorità irachene. L'attentato di ieri non avrà, cioè, alcuna ripercussione sulla tabella di marcia che è in via di definizione.
In qualità di Presidente del Consiglio, sono consapevole delle grandi responsabilità che ricadono sulle mie spalle, ma sono qui avendo ben presenti le frasi pronunziate, proprio in quest'aula, dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in occasione del suo primo messaggio alla nazione. Egli ci ha detto: «(...) I valori, tra loro inscindibili, del ripudio della guerra e della corresponsabilità internazionale per assicurare la pace e la giustizia nel mondo si confrontano con nuove, complesse e dure prove (...). Si impongono» - quindi - «iniziative volte alla soluzione della ancora aperta e sanguinosa crisi in Iraq (...)» - e - «(...) compete al Governo e al Parlamento definire le soluzioni per il rientro dei militari italiani dall'Iraq (...)».
Signor Presidente, onorevoli deputati, ancora più, oggi, sentiamo un grande obbligo di riconoscenza nei confronti dei nostri militari. Essi danno prova di straordinaria forza interiore e sanno sopportare grandi sacrifici, sino al doloroso contributo delle loro vite.
Anche in questa occasione, sentiamo il dovere di rivolgere loro il nostro commosso pensiero e tutta l'Italia si unisce a noi nel dolore e nella gratitudine per il loro sacrificio. Grazie (Applausi).
PRESIDENTE. Grazie, signor Presidente del Consiglio.
(Interventi)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, ancora una volta le nostre Forze armate sono investite da un lutto doloroso e violento. Non vi sono parole adeguate nè Pag. 6solennità di riti che possano compensare o attenuare il dolore per la perdita di vite umane. Avvertiamo, ciò nonostante, il dovere insopprimibile - tutti in quest'aula, certamente - di esprimere i nostri sentimenti di solidarietà e di condivisione del loro dolore ai familiari del caporalmaggiore Alessandro Pibiri, di rinnovare solidarietà ai familiari dei militari caduti nelle varie missioni all'estero e di quelli caduti in Italia, all'Esercito, nuovamente colpito. Ci sentiamo accanto al caporalmaggiore Luca Daga, al tenente Pilia, ai caporalmaggiori Contu e Concas, auspicando la loro completa guarigione.
Vogliamo oggi, come ha fatto poc'anzi il Presidente del Consiglio, esprimere ancora una volta la nostra riconoscenza alle nostre Forze armate per gli impegni che affrontano, per la serietà professionale che mettono in campo, per il senso di umanità con cui svolgono quegli impegni, anche in teatri difficili e pericolosi, sempre - per quanto li riguarda - con spirito e obiettivi di pace, anche in Iraq. Anche da parte di coloro che hanno dissentito da quella missione, la loro azione è stata ritenuta - ed è ritenuta - ammirevole.
Le Forze armate, signor Presidente, sono sempre pronte - lealmente - al servizio della Repubblica. È su chi governa l'onere della responsabilità di poter chiedere loro di affrontare rischi e sacrifici, anche gravi, soltanto in funzione di obiettivi politici chiari e di scelte che perseguano una sempre migliore convivenza della comunità internazionale. Sulla sussistenza di questi requisiti - obiettivi politici chiari e finalità di sviluppo della miglior convivenza internazionale -, su questi elementi, la politica è chiamata a riflettere sempre, ogni volta, davanti ad ogni decisione.
Il Governo ha deciso, lei poc'anzi lo ha ricordato, signor Presidente del Consiglio, che il nostro contingente rientrerà sollecitamente dall'Iraq (e del resto la decisione è già stata assunta dal Governo precedente). Ha dichiarato - come ha fatto ieri il ministro della difesa - che nulla cambia di quanto progettato e definito. Noi condividiamo questo atteggiamento; non cambiano le decisioni già assunte, né per rallentarle nè per accelerarle. Non possono essere i terroristi a scandire i tempi delle nostre decisioni, e sono certo che nessuno può immaginare di utilizzare come argomento l'evento luttuoso ieri avvenuto.
Resta netto, per quanto ci riguarda, il giudizio negativo sulla guerra in Iraq, giudizio ormai largamente condiviso ovunque, larghissimamente anche negli Stati Uniti. I governi che hanno deciso quella guerra, i governi che l'hanno appoggiata o condivisa, hanno compiuto - a nostro avviso - un grave e tragico errore che, lungi dal rendere più sicura la comunità internazionale, ha moltiplicato i pericoli e la virulenza delle terrorismo internazionale. Un nemico che esortiamo il Governo a contrastare con ogni energia, all'interno e in sede internazionale.
Non ci illudiamo di chiuderci in un recinto illusorio di tranquillità, che non esiste, ma sappiamo che, in sede internazionale, occorre ritornare a scelte condivise, non più unilaterali, ad un atteggiamento di dialogo tra civiltà diverse, ad interventi di collaborazione, militare e civile, rispettosi delle donne e degli uomini che vivono nelle regioni nelle quali si interviene.
Sollecitiamo dunque il Governo in tale direzione, sapendo che ne è consapevole. In questo modo, signor Presidente, potremo onorare la memoria e il ricordo di chi è caduto nelle nostre missioni (Applausi dei deputati dei gruppi de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, dell'Italia dei Valori, de La Rosa nel Pugno, dei Comunisti Italiani e dei Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Martino. Ne ha facoltà.
ANTONIO MARTINO. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghe e colleghi, a nome mio personale e dell'intero gruppo di Forza Italia vorrei esprimere il più sincero, sentito e profondo cordoglio innanzitutto alla famiglia del caporalmaggiore Alessandro Pibiri e poi alla Brigata Sassari e a tutte le Forze armate.Pag. 7
Ho molto apprezzato, onorevole Presidente del Consiglio, il suo auspicio che l'Italia tutta si stringa attorno alle Forze armate che operano per la pace e per la sicurezza internazionale (Applausi).
Anch'io ricordo con commozione le parole del discorso di insediamento del Presidente Napolitano, quando tutto il Parlamento si alzò in piedi a battere le mani per i caduti nell'adempimento del loro dovere nelle missioni internazionali di pace. Tuttavia, credo che mancherei di sincerità se dicessi di essere davvero convinto che il cordoglio per i nostri caduti sia unanime: ho qualche sospetto! Non faccio riferimento agli episodi di matta bestialità di quanti criminalmente gridano: «Dieci, cento, mille Nassiriya» (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista - Commenti del deputato Boato - Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...
Se l'onorevole Boato avrà la bontà di lasciarmi proseguire, vorrei continuare il mio intervento...
PRESIDENTE. Onorevole Boato, per cortesia...
Prego, prosegua pure.
ANTONIO MARTINO. Faccio riferimento alla posizione espressa da persone ragionevoli ed autorevoli che hanno qualificato i nostri militari in Iraq quali truppe di occupazione. Questa è una tesi falsa e pericolosa (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!
Infatti, basta leggere le prime tre righe della risoluzione n. 1546 dell'ONU, approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza l'8 giugno 2004, per sapere che per la comunità internazionale l'Iraq non è più uno Stato occupato. Tale risoluzione legittima pienamente la forza multinazionale in Iraq, in quanto la sua presenza è richiesta dal Governo iracheno ed esorta i paesi membri dell'ONU a fornire il proprio contributo in virtù di questo mandato.
I nostri militari in Iraq sono lì per una missione decisa dal Governo italiano, approvata dal Parlamento italiano su mandato delle Nazioni Unite e su richiesta delle legittime autorità irachene, le prime democraticamente elette in base ad una Costituzione liberamente approvata dal consenso popolare.
Dire il falso e ripeterlo con ossessiva insistenza non è soltanto disdicevole, ma è anche gravemente lesivo dell'onore dei nostri militari (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
Esponenti della sinistra hanno ricordato al paese che le Nazioni Unite sono l'unica fonte della legittimità internazionale. Dal momento che vi è un mandato delle Nazioni Unite, il termine «truppe di occupazione» non dovrebbe più essere usato.
Si tratta oltretutto di un'affermazione pericolosa, perché se si trattasse di truppe di occupazione, gli autori di questi attentati dovrebbero essere considerati eroi della resistenza contro l'occupante, invece di comuni terroristi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Ho l'impressione, signor Presidente del Consiglio, che alcuni esponenti della sua maggioranza continuino a guardare al problema dell'Iraq come ad una persona che volesse pilotare una barca stando seduta a prua e guardando verso poppa. Io mi permetterei di suggerire loro, invece, di accettare il consiglio di Kierkegaard: si capisce la vita guardando indietro, ma bisogna viverla guardando avanti.
Se noi guardiamo avanti, vediamo per l'Iraq due possibili scenari: il primo è il successo. Il successo significa un Iraq stabile, libero, democratico e potenzialmente prospero. Questo non è interesse solo dell'Iraq, è interesse di tutta la comunità internazionale. L'alternativa non è una alternativa accettabile; l'alternativa è Pag. 8rappresentata dal trionfo dei nostalgici di Saddam Hussein e dei terroristi, con il caos e l'ingovernabilità.
Poiché la sfida è globale, noi crediamo che ogni paese debba fare la sua parte. Un paese è grande se sa assumersi le responsabilità che su di esso incombono. Noi crediamo che l'Italia sia grande e siamo certi che saprà assumersi le responsabilità che questo suo status comporta. Sarebbe tradire gli sforzi ed i sacrifici dei nostri militari, dissipare un patrimonio di credibilità internazionale faticosamente accumulata in cinque anni, darsi alla fuga e gridare «tutti a casa» (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fini. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO FINI. Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, anche da parte mia e del mio gruppo, prima ancora di qualsiasi pur breve considerazione di carattere politico, sento il dovere, come hanno fatto i colleghi Mattarella e Martino, di esprimere il senso profondo del cordoglio per l'ennesima vittima italiana in Iraq e per esprimere il senso di solidarietà, di comunanza spirituale che oggi lega, credo di poter dire, la quasi totalità di quest'Assemblea, e quindi del nostro popolo, alle nostre Forze armate.
Voglio anche dare atto al Governo della sensibilità, della tempestività con cui ha ritenuto di riferire al Parlamento circa la dinamica del nuovo fatto di sangue. Si tratta di una sensibilità che non ho alcuna difficoltà a mettere in evidenza, anche perché mi consente (spero per questo di non essere tacciato di polemiche fini a se stesse), di ripetere, signor Presidente del Consiglio, che analoga sensibilità mi sarei augurato avesse avuto subito dopo il dibattito in occasione del voto di fiducia, e subito dopo l'intervento che anche in quell'occasione ebbi modo di svolgere invitandola ad usare parole appropriate.
Come ricordava poc'anzi l'ex ministro Martino, quando si definiscono le truppe che sono in Iraq «truppe d'occupazione», si usa una ambiguità che può determinare delle polemiche.
Mi dispiace che l'onorevole Boato si sia risentito se l'onorevole Martino ha richiamato alcune intollerabili espressioni che si sono udite nelle piazze, ma credo che il Presidente del Consiglio, che certamente non auspica «dieci, cento, mille Nassiriya, ed essendo, come Bruto, uomo d'onore, avverta la necessità di diradare quell'ambiguità che purtroppo si è creata.
Vede, signor Presidente del Consiglio, il ministro degli esteri, onorevole D'Alema, ha detto, secondo verità, che i nostri militari in Iraq sono truppe di pace. Non credo che sia soltanto in ragione del ruolo istituzionale che ricopre: è in ragione di una oggettiva verità.
Signor Presidente del Consiglio dei ministri, per evitare che, anche in un momento di cordoglio ed in un momento di dolore, possano esservi polemiche, io le chiedo di ravvedersi e di trovare il modo per ripetere quello che è a tutti noto, vale a dire che non sono truppe di occupazione.
Parteciperà - parteciperemo tutti - al funerale della nuova vittima. Credo che, per non rendere vano quel sacrificio, per poter guardare in faccia quella famiglia, per poter guardare negli occhi quei militari, si debba avere, signor Presidente del Consiglio dei ministri, il coraggio che è tipico degli uomini forti e dire: mi sono sbagliato, non sono truppe di occupazione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania), sono truppe di pace, come le ha ricordato il ministro degli esteri! Prendiamo atto - e concludo - che nulla cambia circa il calendario per il ritiro delle nostre Forze armate, ritiro concordato con le autorità irachene, che non sono autorità interinali ma sono state liberamente espresse dal popolo iracheno, pur fra tante difficoltà.
Accanto a quello con le autorità irachene, è altrettanto doveroso l'accordo con le altre nazioni che hanno inviato i loro uomini in Iraq. Mi auguro, signor Presidente, Pag. 9che quel calendario - nulla cambia, lo ha detto lei - sia non soltanto reso noto nel tempo più breve possibile, ma sia anche un calendario trasparente, non solo quanto alle modalità di ritiro ma soprattutto quanto alle modalità di permanenza delle truppe italiane in Iraq. Anche a questo riguardo, infatti, dovere vuole, signor Presidente, che si parli chiaramente. Riconvertire quella missione da missione di pace in missione civile non significa ritirare tutti i militari, ma significa mantenere in Iraq - come lei ben sa - un numero consistente di uomini delle nostre Forze armate. Lo dica, non abbia timore delle parole; abbia, su questo, il consenso della sua maggioranza e, certamente, eviterà in futuro inconvenienti come quello che, nella dichiarazione programmatica, l'ha portata ad usare la parola «occupanti» che, certamente, non le fa onore (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, vogliamo esprimere in questa sede il cordoglio per la vittima ed esprimere la solidarietà ai feriti e preghiamo lei, signor Presidente, ed il Presidente del Consiglio dei ministri, di farvi interpreti di questi nostri sentimenti presso le famiglie dei nostri militari.
Come lei sa, noi abbiamo sempre espresso una contrarietà alla nostra presenza militare in quel territorio martoriato, ma non vogliamo mai vivere questi momenti, signor Presidente, come la conferma di una tesi. Per questo, siamo ora in apprensione per la sorte dei militari feriti e ci confortano le notizie relative a chi è stato dichiarato fuori pericolo. Siamo qui a dirle che la scelta del Governo precedente deve essere mutata e lei, in questa sede, lo ha ribadito.
Il Governo predisponga in tempi rapidi e in condizioni di assoluta sicurezza la modalità di rientro dei nostri militari. Ad essi va la nostra vicinanza in questo momento di dolore e di rispetto per il difficile compito che stanno svolgendo. Sentiamo forte, però, la responsabilità politica di dare un contributo verso la pace. Non vogliamo abbandonare l'Iraq a se stesso ma pensiamo che, a maggior ragione oggi, debbano essere pensati interventi civili e concertati con tutta la comunità internazionale che è largamente esclusa da ogni decisione sul futuro di quel martoriato paese.
La guerra ha dato alimento ad una spirale perversa che ha alimentato anche iniziative terroristiche. Per sconfiggere il terrorismo bisogna svuotare il serbatoio che lo alimenta e, per questa ragione, noi sentiamo di essere contrari ad ogni tesi che punti allo scontro di civiltà. Bisogna recuperare la vera dimensione europea e una autorevolezza internazionale che è stata messa in ombra dalle scelte politiche precedenti. Autonomia, discontinuità e solidarietà umana sono le tre parole che ci piacerebbe guidassero le linee delle nostre scelte di politica internazionale; l'autonomia di un paese che ha scritto nella sua Costituzione il ripudio della guerra.
Il ripudio della guerra e la contrarietà all'occupazione costituiscono, a nostro avviso, le ragioni per le quali ricostruire un rapporto di fiducia con il nostro paese. La discontinuità rispetto alle scelte del Governo precedente ci ha condotto in una missione di guerra rispetto alla quale l'Italia ha concorso ad introdurre elementi di complicazione per la vita di quel paese.
Infine, solidarietà umana per tutte le vittime: militari e civili, italiane, internazionali e irachene, che pagano il prezzo più alto di una guerra ingiusta e sbagliata!
Vogliamo dirle che non stiamo abbandonando l'Iraq, ma intendiamo ricostruire una legittimità della comunità internazionale per costruire la pace!
Finché sarà aperta questa ferita, sarà impossibile stabilizzare in quell'area del mondo la pace che tanto auspichiamo e che desideriamo per tutti i popoli del mondo (Applausi dei deputati dei gruppi di Pag. 10Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de L'Ulivo, dell'Italia dei Valori e dei Verdi)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Casini. Ne ha facoltà.
PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, appare chiaro a tutti in quest'aula che l'Italia non ha, onorevole Giordano, fatto la guerra all'Iraq!
Le nostre truppe, in tutti gli angoli del mondo, dall'Iraq ai Balcani all'Afghanistan, lavorano in piena coerenza con i nostri dettati costituzionali (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
Il nostro paese lavora per la pace, combatte il terrorismo. Le nostre Forze armate si trovano in Iraq ed il Presidente Ciampi è, e fu in quel momento, garante della perfetta coerenza del nostro impegno in Iraq rispetto al mandato costituzionale.
Mettere in discussione oggi da parte di un partito della maggioranza quello che dovrebbe essere un patrimonio acquisito per tutti noi in quest'aula - la nostra presenza in Iraq in piena conformità con il dettato costituzionale - significa annullare anche le espressioni di solidarietà che, a quel punto, diventano vuote e solo formali!
Le Forze armate italiane non hanno bisogno di solidarietà con dei «se» e con dei «ma». Le Forze armate italiane rappresentano un vanto per tutto il Parlamento e devono avere il riconoscimento della coerenza della loro missione con il mandato costituzionale (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!
Onorevole Prodi, ho apprezzato le parole da lei espresse in quest'aula, ma vorrei aggiungere una considerazione: non condivido la posizione del Governo sull'Iraq, anche se vi voglio dare atto del fatto che dire che questo drammatico evento non muta l'assunzione di vostre precise responsabilità di Governo è un atto pienamente coerente!
Tuttavia, non allo stesso modo ho gradito una sua precisazione il 2 giugno: una giornata che ha portato sconcerto per tanti italiani! Un 2 giugno come da tempo non eravamo abituati a vivere! Un 2 giugno, in cui lei ha dovuto precisare che quella era una sfilata pacifista! Non ve ne era bisogno (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!
Le Forze armate italiane lavorano per la pace! Non vi è bisogno di assistere ad una parata, classificando come pacifista l'esibizione di Forze armate che non potrebbero impegnarsi per finalità diverse, perché vi è un patrimonio comune di tutta la nazione, di tutto il Parlamento, teso a combattere il terrorismo nel nome della pace.
È caduto il caporalmaggiore Pibiri. Noi indirizziamo alla sua famiglia le espressioni profonde di affetto e di solidarietà, come abbiamo fatto per quanto riguarda gli altri caduti in Iraq, in Afghanistan e negli altri scenari in cui le truppe sono impegnate.
Vorrei dirle una cosa, ma con vera sincerità, senza spirito polemico: noi non dobbiamo minimizzare. Neanche voi, che vi apprestate a ritirare i soldati dall'Iraq legittimamente, dovete minimizzare il lavoro che i nostri militari hanno fatto. Guai, anche nel momento in cui il ministro degli esteri, D'Alema, si accinge ad andare a Baghdad, a pensare o poter lasciar pensare ad una parte del paese che questi caduti sono caduti invano. Sarebbe come ucciderli per la seconda volta. Dobbiamo essere orgogliosi di quello che hanno fatto i nostri ragazzi, perché se il popolo iracheno è andato a votare tre volte nel giro di qualche mese questo è stato possibile grazie all'azione del contingente internazionale e dei nostri militari (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC Pag. 11(Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
Mi auguro anche che questo impegno per l'Iraq non venga disperso. Mi auguro che vi sia una coerenza, seppure nell'assunzione di una legittima decisione diversa, da parte vostra, nei prossimi mesi, e che non si lasci solo questo paese.
Stiamo attenti - e concludo, signor Presidente - perché i problemi che oggi vediamo in Iraq potrebbero manifestarsi, ed in parte si sono già manifestati, anche in Afghanistan. Guai, per l'Italia, a far seguire alle decisioni di oggi per l'Iraq analoghe decisioni in contesti diversi: questo dimostrerebbe che non c'è una visione diversa da parte vostra della vicenda irachena ma c'è, purtroppo, un pregiudizio consistente di parti della vostra maggioranza sull'impegno nelle missioni militari di pace. Sarebbe una sconfitta per tutti noi (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e della Democrazia Cristiana-Partito Socialista - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, in questo momento di grave lutto rendiamo onore al caporalmaggiore Alessandro Pibiri. A nome mio personale e di tutto il gruppo della Lega Nord esprimiamo la massima vicinanza ai suoi familiari, alla Brigata Sassari ed a tutti i nostri militari impegnati in missioni di pace nel mondo.
Il nuovo attacco che ha colpito ieri sera il nostro contingente deve indurci ad una riflessione seria, che non so se sarà possibile fare in quest'aula, visto che nel centrosinistra molti rappresentanti sono quelli che di solito vediamo sfilare nelle nostre piazze a sostegno del terrorismo fondamentalista iracheno, che va contro le nostre truppe impegnate nelle missioni di pace, al canto di «una, cento, mille Nassiriya» (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea). Siete voi che ci andate, siete voi che manifestate per bruciare bandiere in quelle piazze!
Detto questo, ripeto, sarà difficile svolgere una considerazione seria; però, dobbiamo prendere atto che l'intensificarsi degli attentati al nostro contingente dipende proprio dal fatto che è stato annunciato il ritiro delle nostre truppe. La prospettiva che conta non è quella che vuole vendere lei, Presidente Prodi, all'opinione pubblica, ma quella che hanno gli uomini e le donne che si trovano in Iraq, dove esiste una gran quantità di soggetti che hanno tutto l'interesse a dimostrare che il ritiro degli italiani è una fuga precipitosa dettata dalla crescente pressione della guerriglia. In queste condizioni chiedere un'accelerazione del ripiegamento non rende un buon servizio ai nostri soldati, anzi, li rende più vulnerabili alle offese di chi vuole dimostrare al mondo che i terroristi hanno sconfitto il nostro paese.
Mentre il jihadismo rialza la testa in Afghanistan, in Somalia ed in tanti altri paesi non è questo il segnale da dare. Scappare significa dare più coraggio al terrorismo internazionale che, purtroppo, è sempre più efferato e sempre più crudele. Ostinarsi a definire missione di guerra un'operazione pacifica decisa dal nostro Governo, autorizzata dal Consiglio supremo di difesa e giudicata costituzionalmente legittima dal Presidente Ciampi, oltre che storicamente ingiusto, è politicamente e militarmente una scelta sconsiderata. È bene tenerlo a mente, perché continuare a sostenere ciò offre giustificazione ai terroristi ed ai guerriglieri, che pianificano nuovi attacchi.
I soldati italiani di Antica Babilonia non hanno partecipato ad alcuna delle battaglie combattute dalla coalizione anglo-americana: sono partiti a conflitto terminato per contribuire alla stabilizzazione ed alla ricostruzione del paese, devastato da più di vent'anni di guerra civile. Il sostegno Pag. 12alla popolazione di Nassiriya, l'approvazione della nuova Costituzione e l'elezione democratica del Parlamento sono avvenute anche grazie all'impegno nostro e dei nostri militari.
Nonostante questo, comunque, in Iraq, nelle ultime sei settimane, sono morti non meno di 1.400 civili. Ne sarebbero morti molti di più.
Il Governo ha già deciso di ritirare le truppe e di inviare dei tecnici: non è di tecnici che ha bisogno l'Iraq, ma di sicurezza. Sorge legittima, allora, una domanda: siamo certi che ritirare completamente i nostri soldati ed inviare, invece, cooperanti civili non equivalga a mandare in Iraq delle inermi vittime sacrificali da immolare all'ideologia del pacifismo, senza se e senza ma, scelta voluta dalla parte più radicale della sua coalizione, onorevole Prodi?
Già adesso è pericoloso per qualsiasi civile girare per Nassiriya senza scorta. Come si fa anche solo a pensare di mandare dei civili senza difesa, allo sbaraglio, in un paese dove è normale fermare un autobus e fucilarne tutti gli occupanti? Che senso ha un impegno per l'Iraq che prescinda totalmente dalla fornitura di sicurezza? Non ha alcun senso. Voi lo sapete bene, non potete farlo. Avete deciso una cosa che riteniamo vergognosa, ossia una resa incondizionata, il «tutti a casa», fermarsi e accettare il ricatto dei terroristi.
Noi difendiamo la posizione che abbiamo sempre tenuto in quest'aula nei cinque anni precedenti, da quando abbiamo iniziato l'esperienza di Governo, e le scelte che abbiamo compiuto. Soprattutto, ribadiamo la solidarietà ai nostri uomini, che con il vostro atteggiamento, invece, non trovano solidarietà, ma vengono penalizzati (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, prima di tutto, intendo esprimere il cordoglio e l'umana vicinanza ai familiari del caporalmaggiore Alessandro Pibiri, la trentunesima vittima militare italiana in Iraq, cui dobbiamo aggiungere, nel ricordo e nella commozione, altri sette nostri connazionali. Siamo certi che, con noi, tutto il paese si stringe intorno alla sua famiglia e ai suoi colleghi, ai militari della Brigata Sassari e a tutte le Forze armate italiane.
Esprimo l'augurio che possano presto ristabilirsi e tornare a casa anche Luca Daga, che versa ancora in gravi condizioni e che è in attesa di essere operato, e gli altri feriti, Fulvio Concas, Manuel Pilia e Yari Contu.
Ringrazio, quindi, il Governo e, in particolare, lei, Presidente Prodi, per la tempestiva informativa che ha voluto rendere al Parlamento. Non c'era bisogno, per noi dell'Italia dei Valori, di questo ulteriore contributo di sangue per riaffermare l'urgenza di un ritiro delle nostre truppe da Nassiriya, non per codardia, non per «infingardaggine» - per «riciclare» l'aulico linguaggio di una parte di quest'aula -, ma perché quella missione era sbagliata dall'inizio.
Del resto - lei lo ha voluto ricordare -, noi non ci facciamo certo dettare i tempi dai terroristi. Del resto, ancora, già in campagna elettorale, l'Unione tutta e lei avevano preso un impegno in questa direzione.
Infine, noi l'abbiamo apprezzata, signor Presidente del Consiglio, quando lei disse: consideriamo la guerra in Iraq un grave errore. A ciò si deve aggiungere - se l'onorevole Martino e l'onorevole Fini ce lo consentono - che non contano tanto le nostre dissertazioni e le nostre definizioni, quanto, molto spesso, la percezione che una parte del popolo iracheno ha dell'operazione voluta dagli Stati Uniti e, poi, dalla Gran Bretagna.
Per precisione, la risoluzione n. 1483 definisce la «coalizione dei volenterosi» come la coalizione delle potenze occupanti solo dopo la formazione di un Governo iracheno. Fino ad allora, quindi, l'Italia è Pag. 13stata una potenza occupante dell'Iraq, così come definita dall'ONU, per volontà del Governo Berlusconi, e solo dalla fine del 2004 non è più così, non prima.
Quindi, ribadiamo ancora che quella guerra non solo non ha risolto, ma, addirittura, ha complicato il problema della sicurezza e ha dato nuovo alimento alle centrali del terrorismo.
Sono momenti in cui una riflessione pacata e sottovoce sarebbe da preferire al piacere della polemica. A questa impostazione vorremmo sempre rimanere ancorati, ribadendo, però, l'invito al Governo ad adottare tempi rapidi per il ritiro delle forze italiane, nella consapevolezza di quanti sono (tanti!) i fattori da tenere in considerazione in quello che non dovrà essere un disimpegno. Nella ponderazione di tutte le esigenze di sicurezza si potrà valutare il mantenimento di una forza di polizia e l'invio di aiuti umanitari per la ricostruzione del paese.
Tuttavia, signor Presidente, come è stato ricordato in un'inchiesta svolta da una rivista ad ampia diffusione qualche settimana fa, non possiamo dimenticare che in Iraq abbiamo speso più per gli 007 che per gli aiuti e che questo è il paradosso più grande, anche se non il più grave, della nostra missione. È stato calcolato che, nei primi sei mesi del 2006, per l'operazione Antica Babilonia si spenderanno 4 milioni di euro di aiuti e ben 7 milioni di euro per le attività di informazione e sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri, ossia per gli inviati del Sismi. Questo rapporto va ribaltato a favore di una politica di sostegni umanitari. Altrimenti, davvero, l'intera operazione finirà con l'apparire come una voragine che inghiotte finanziamenti record, distribuendo pochissimi aiuti. E i conti metterebbero a nudo la realtà che oggi ancora si vive a Nassiriya: questa rischia di non essere tanto una missione di pace, quanto una spedizione in zona di guerra.
In conclusione, signor Presidente, vogliamo che lei sappia che ci avrà al suo fianco in questo triste e difficile momento.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
FABIO EVANGELISTI. Ci avrà al suo fianco nella grave assunzione di responsabilità che il ritiro delle truppe comporta, nella concertazione con gli alleati, ma nella più assoluta autonomia del Governo italiano nel suo anelito di pace (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Italia dei Valori, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, de La Rosa nel Pugno e dei Popolari-Udeur - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Crema. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, esprimo il dolore e il cordoglio dei parlamentari de La Rosa nel Pugno ai familiari del caduto della Brigata Sassari, al militare gravemente ferito e ai suoi tre commilitoni, che versano in condizioni altrettanto gravi. Esprimo, inoltre, la solidarietà e la riconoscenza alle nostre Forze armate per la professionalità e lo spirito di abnegazione, che non è mai sufficientemente apprezzato.
Signor Presidente, a soli 40 giorni dal 27 aprile scorso, quando morirono in un attentato molto simile a quello di ieri quattro militari italiani ed uno rumeno, piangiamo la morte di un altro soldato e trepidiamo per la sorte dei suoi commilitoni feriti.
Dopo tre anni dall'inizio della missione Antica Babilonia, sono 38 i caduti italiani: 31 militari e 7 civili. Mentre si sta organizzando il rientro dei nostri militari (che sono oltre 2.450), questo dramma rafforza la convinzione che la guerra in Iraq è stato un tragico errore. Nel 2001, da parte governativa, non si volle promuovere quella grande iniziativa che noi proponemmo al fine di ricercare una soluzione politico-diplomatica internazionale per risolvere il problema Saddam, favorendo il suo esilio. Al riguardo, si è fatta la scelta sbagliata della guerra. Con la guerra si sono creati poca democrazia, molto caos, molta violenza e grandi lutti.Pag. 14
Onorevole Fini, ho apprezzato la pacatezza del suo intervento e mi sento di dire che concordo con le sue parole quando ci propone di convertire la nostra presenza in Iraq da missione militare in missione di pace. Ma dobbiamo metterci d'accordo sulle parole e sul loro significato: se la nostra missione deve essere convertita in missione di pace, ciò significa che lei, onorevole Fini, non la considera tale e, quindi, concorda con noi sul fatto che bisogna convertire in missione di pace una missione che non lo è.
A parere dei deputati de La Rosa nel Pugno non deve cambiare nulla rispetto al piano di rientro dei nostri militari, che il Governo sta mettendo a punto in accordo con il Governo iracheno e con le forze alleate. Non dobbiamo assumere decisioni né avventate, né impulsive. Pertanto, concordiamo con lei, con le sue parole, signor Presidente Prodi, e la esortiamo a proseguire nella tabella di marcia programmata, per un ritiro in assoluta sicurezza delle nostre truppe (Applausi dei deputati dei gruppi de La Rosa nel Pugno, de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, oggi ancora una volta il paese intero si stringe intorno ai militari, ai familiari, agli amici e ai colleghi di chi è caduto in un agguato premeditato e terribile. Un'altra vita è stata spezzata, altri corpi straziati. Quest'aula deve inchinarsi di fronte al dolore che questa dannata guerra continua a generare. Se però il cordoglio della politica e delle istituzioni non si traduce in decisioni drastiche e tempestive, rischia di trasformarsi nella più deleteria retorica. Per questo, proprio in questo drammatico momento, per il nostro profondo rispetto dell'ingiusta sofferenza di chi ha perso il bene più prezioso, noi Comunisti Italiani vogliamo usare parole che sentiamo profondamente vere e vogliamo assumerci fino in fondo le nostre responsabilità.
Signor Presidente Prodi, i Comunisti Italiani si sono battuti da sempre contro quest'avventura voluta dal Presidente Bush, a cui il Governo Berlusconi si è accodato. La stragrande maggioranza dell'Italia era contro la nostra partecipazione all'occupazione dell'Iraq, ma nella scorsa legislatura l'opinione del paese è stata tradita dalla politica. I nostri militari obbediscono agli ordini delle istituzioni della Repubblica e applicano le direttive del Parlamento. Per questo, nessuno mai potrà addebitare ai nostri soldati responsabilità che non sono loro. È il Governo Berlusconi che li ha mandati a combattere e loro non potevano che eseguire gli ordini! Non è vano ricordare però che quasi la metà dei caduti vengono dalla Sardegna, che la grande maggioranza dei militari impegnati sono originari delle regioni del sud e che tanti amici e parenti delle vittime ci raccontano come siano state le condizioni di difficoltà economica a spingere questi giovani ad accettare una missione così pericolosa e controversa.
Signor Presidente, ci hanno detto che andavamo in Iraq per esportare la democrazia ed oggi assistiamo a una brutale guerra civile. Dovevamo contrastare il terrorismo e questo non è mai stato così forte e diffuso. Eravamo andati in Afghanistan per combattere i talebani ed oggi governano i signori della guerra e il traffico di oppio si sviluppa sotto il naso delle truppe di occupazione. Tutti devono prendere atto che le missioni nate per iniziativa del Presidente Bush sono drammaticamente fallite.
Per queste e per infinite altre ragioni, noi Comunisti Italiani, con la testa e con il cuore, vogliamo dare voce qui, nel Parlamento della Repubblica, alla grande maggioranza del nostro popolo, da cui sentiamo salire una richiesta semplice e giusta: basta con questa guerra insanguinata e sporca! Basta con missioni di guerra in Afghanistan o in Iraq coperte o mascherate da iniziative di pace o al servizio della ricostruzione! La maggioranza lo ha scritto nel programma elettorale. Il Presidente Prodi lo ha ribadito nel modo più solenne.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
IACOPO VENIER. Per questo, signor Presidente, noi aspettiamo con sempre maggiore ansia il decreto con cui saranno stabilite forme e tempi del nostro ritiro dall'Iraq.
L'attacco di ieri non cambia nulla, perché le nostre decisioni erano già prese. Non dobbiamo fare altro che darvi corso. Ritirare immediatamente le truppe dall'Iraq: questo è l'impegno inderogabile. I tempi tecnici necessari non possono essere riferiti che alla sicurezza del ritiro stesso delle nostre truppe, in una fase delicata come quella del ritorno in Italia. Portiamo a casa subito i nostri ragazzi! Ci vorrà qualche settimana, un mese al massimo, ma deve essere chiaro sin da ora che per questo Governo e per questo Parlamento la missione Iraq è conclusa. Devono quindi essere concluse tutte le attività di pattugliamento, e tanto più di combattimento, non funzionali alla stretta sicurezza dei nostri accampamenti.
Signor Presidente, l'Italia non scappa davanti a niente ed a nessuno, noi usciamo dal pantano insanguinato, in cui il Governo Berlusconi ed il ministro Martino ci hanno portato, nel rispetto della Costituzione e nel nome di chi è morto compiendo il suo dovere (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bonelli. Ne ha facoltà.
ANGELO BONELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il mio intervento iniziale sarà un po' inusuale - voi me lo perdonerete, essendo un parlamentare di nuova nomina - perché personalmente, ma credo sia lo stesso anche per i deputati del mio gruppo, faccio fatica ad accettare che in momenti così delicati e tristi per il paese il Parlamento abbia un comportamento così poco attento al dibattito.
Il gruppo dei Verdi si associa al cordoglio unanime, vero e sentito, espresso nei confronti della famiglia del ragazzo ucciso drammaticamente ieri. È un cordoglio unanime e sentito e non di facciata, come qualcuno ha detto in questa Assemblea, introducendo elementi di divisione. È unanime anche perché la guerra che nel 2003 è stata decisa unilateralmente ha fatto precipitare l'intero pianeta in una insicurezza globale. I numeri parlano da soli: poc'anzi si è parlato di 37 morti, 2800 militari uccisi, 18 mila feriti tra il personale militare delle truppe di occupazione, oltre 45 mila civili uccisi.
Voglio rivolgere una domanda all'onorevole Fini, all'onorevole Casini e all'onorevole Martino: in cuor vostro, pensate voi che con i carri armati, con le bombe, normali o all'uranio impoverito, con tutti quei bambini uccisi, si sia combattuto il terrorismo? Dovete rispondere all'Italia intera se pensate che tutto ciò sia servito a combattere il terrorismo! Gli italiani hanno capito che con quella guerra, con i carri armati, con i missili e con le bombe all'uranio impoverito non si combatte il terrorismo. È questa l'ipocrisia di fondo che dobbiamo affrontare! Bene ha fatto il Governo, che ha ricevuto un mandato forte dagli elettori italiani, a prevedere, in ottemperanza a quanto scritto nel programma, un piano di rientro delle truppe italiana dall'Iraq.
I bombardamenti avvenuti in quell'area, non lo diciamo noi, ma gli istituti strategici militari, hanno fornito ulteriori potenzialità e forza al terrorismo. Dobbiamo fare i conti con questo, perché dobbiamo sconfiggere la piaga del terrorismo, che sta rendendo più instabile il pianeta e l'intera popolazione.
Ebbene, noi riteniamo necessaria una forte azione insieme al piano di rientro dei nostri militari dall'Iraq, che dovrà avvenire il più rapidamente possibile. Ci auguriamo che esso possa avvenire già entro agosto, non per abbandonare il popolo iracheno, ma, anzi, per far sì che vi sia un piano civile di intervento e di sostegno alla popolazione che possa coinvolgere anche gli organismi sovranazionali, a partire dall'ONU e senza dimenticare gli Stati della Lega Araba.
Signor Presidente del Consiglio, colleghi, non vogliamo abituarci a dover leggere Pag. 16o sentire notizie di continue morti di nostri connazionali in Iraq, perché il rischio che l'Italia sta per affrontare è proprio questo: abituarsi ad un bollettino di guerra di morti di nostri connazionali.
La domanda è una sola e la pone oggi da Cagliari il padre del militare scomparso: perché questi ragazzi sono morti? Perché?
Rispondendo a questa domanda, il precedente Governo deve assumersi per intero una grande responsabilità. La grande responsabilità che, oggi, abbiamo noi è di riportare a casa i nostri ragazzi per tutelare le loro vite e dare più sicurezza ai nostri connazionali e all'Italia intera.
Per concludere, come ho già detto, non vogliamo abituarci a queste morti; non vogliamo che l'Iraq diventi il «piccolo Vietnam» dell'Italia. Ecco perché dobbiamo assolutamente avviare un piano di rientro e prevedere anche un piano d'intervento per l'assistenza e la cooperazione per la popolazione civile. Questo è ciò che chiediamo e che ci auguriamo avvenga, ed abbiamo sentito dal Presidente del Consiglio Romano Prodi che questo è ciò che il Governo farà (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi, de L'Ulivo, di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e dei Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Satta. Ne ha facoltà.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi ed onorevoli colleghe, anche il gruppo dei Popolari-Udeur si unisce al grande cordoglio verso la famiglia del caporalmaggiore Alessandro Pibiri, così come ci associamo al dolore della famiglia del caporalmaggiore Daga, ancora in serie condizioni, e al dolore delle famiglie degli altri tre commilitoni, Contu, Pilia e Concas. Sono quattro militari sardi della brigata Sassari che, ancora una volta, paga un grave tributo all'impegno militare in Iraq.
Noi, che pure abbiamo sempre votato a favore delle missioni militari di pace all'estero, anche quando, non alla maggioranza, eravamo in solitudine rispetto agli altri gruppi di opposizione, ci rendiamo conto che, oramai, il momento è arrivato e l'impegno del Governo, così come annunciato dal Presidente Prodi, sia nella promozione del programma presentato agli italiani sia nella presentazione delle dichiarazioni programmatiche in Parlamento sia, oggi, nell'assicurazione ribadita a nome del Governo e della maggioranza, è la risposta importante.
Proviamo un grande dolore e siamo vicini a chi lo subisce, ma siamo anche convinti di essere giunti alla fine di un impegno militare che segue un obbligo già assunto. Non è questione di confrontarsi sulle date, ma è una promessa seria che porta il Governo a mettere fine all'impegno militare per rafforzare un impegno civile di grande solidarietà verso la popolazione irachena. È l'assicurazione di un Governo che nasce con un grande senso della pace, valore fondamentale per noi, per la maggioranza e, in questa maggioranza, con questo valore, ci riconosciamo e siamo impegnati con il Governo affinché ciò che è avvenuto ieri non possa più ripetersi.
Ha detto molto bene il Presidente del Consiglio: questo grave lutto non cambierà la nostra direzione di marcia né i tempi che ci siamo dati. Non è un invito a cambiare strada o strategia, ma una considerazione alta che pone il Governo di fronte alle proprie responsabilità, con l'Italia che diventa protagonista del processo di pace nel mondo attraverso un accordo internazionale di pace in cui svolgerà fino in fondo la sua missione (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, esprimo anch'io, a nome del gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, profondo dolore per la morte del militare Alessandro Pibiri della Brigata Sassari, profondo cordoglio e solidarietà alla famiglia della vittima, nonché l'augurio di Pag. 17pronto ristabilimento per il militare Luca Daga, che viene descritto come il più grave...
PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Del Bue. Vorrei invitare i deputati presenti in aula ad un comportamento più consono, in modo che si possano ascoltare le parole di chi interviene.
MAURO DEL BUE. La ringrazio, signor Presidente, per il richiamo. Ho sempre pensato che il silenzio un uomo politico se lo debba guadagnare, più che pretenderlo, quindi spero di poter richiamare l'attenzione con questo breve intervento.
Dicevo che esprimo un augurio di pronto ristabilimento per il militare Luca Daga, che viene descritto come il più grave dei quattro feriti italiani.
Ha ragione il deputato che ha parlato prima a nome del gruppo dei Verdi: questo dovrebbe essere un momento di profonda unità e solidarietà - non di divisione e di polemica - per onorare una vittima italiana, per una tragedia che ci colpisce tutti, al di là della collocazione di ognuno di noi. Tuttavia, penso anch'io, signor Presidente, che il modo migliore per onorare i nostri caduti - questo e gli altri che lo hanno preceduto - sia quello di nobilitare le ragioni e gli obiettivi della loro missione.
Naturalmente, questa affermazione nulla ha a che vedere con le motivazioni e la legittimità dell'intervento armato in Iraq, al quale l'Italia non ha direttamente partecipato. Si può dunque contestare la guerra, che pure ha scalzato un tiranno sanguinoso e ha contribuito ad instaurare un Governo democraticamente eletto, ma ugualmente appoggiare la validità di una missione italiana legittimata dall'ONU e richiesta dal Governo democratico iracheno.
Prendo atto che, secondo qualche componente della maggioranza, alla luce di quanto riferisce l'onorevole Evangelisti dell'Italia dei Valori, le truppe italiane sarebbero state truppe di occupazione fino alla delibera dell'ONU e all'instaurazione del Governo legittimo in Iraq, che le ha richieste e legittimate, e non lo sono più oggi. Allora, se è così - e credo che questa valutazione abbia un suo fondamento - , invito la maggioranza e il Governo a correggere quei documenti, con i quali invece si sottolineava che le truppe italiane sono, insieme alle altre truppe, truppe di occupazione...
ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. È così!
MAURO DEL BUE. Prendo atto: se è così, è un fatto positivo. È un fatto importante e lo sottolineo con favore.
Ho apprezzato le parole di stamane del ministro degli esteri Massimo D'Alema, che ha definito la missione italiana una missione di pace, anche se nello stesso tempo non posso che stigmatizzare voci pervenute da altre parti della maggioranza - all'estrema sinistra ho ascoltato un intervento, che mi preoccupa, dell'esponente del partito dei Comunisti italiani, che equipara la missione in Iraq alla missione in Afghanistan, sostenendo la contrarietà del suo partito e del suo gruppo a tutte le missioni italiane in territorio di guerra -, che in qualche misura stabiliscono un nesso tra questa vittima italiana e la necessità di accelerare il ritiro del contingente italiano dall'Iraq. Questo non risulta dalle parole del ministro degli esteri e da quelle del Presidente del Consiglio, che prima ha escluso qualsiasi rapporto tra questo drammatico avvenimento e l'intenzione del ritiro del contingente italiano.
Non dobbiamo dare l'impressione, signor Presidente, che la nostra sia una fuga dettata dalla paura, che non è mai un bel sentimento e certo non è, in nessun caso e in nessuna misura, un sentimento solidale ed altruista.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
MAURO DEL BUE. La Democrazia Cristiana e il Partito Socialista - ho concluso - invitano a tenere alte le buone ragioni della politica estera italiana, che in questi decenni non ha mai aggredito e non ha Pag. 18mai occupato territori altrui, ma ha sempre teso a difendere la pace e la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo della Democrazia Cristiana - Partito Socialista).
PRESIDENTE. Ho ricevuto una richiesta di intervento, a titolo personale, del deputato La Malfa.
Ricordo che, per prassi, nel corso di un'informativa urgente, trattandosi di discussione limitata e con l'intervento di un deputato per gruppo, non sono previsti interventi a titolo personale. Tuttavia, in qualche occasione si è fatta un'eccezione e a tale precedente ricorro per dare la parola, per un minuto, al deputato La Malfa.
Ha facoltà di parlare, deputato La Malfa.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, la questione è delicata perché investe il diritto dei parlamentari, come singoli, di prendere la parola; pertanto, la pregherei di volerla esaminare nelle sedi appropriate.
Signor Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato il suo intervento in questa difficile circostanza. Esso è stato - mi pare - corretto nei suoi termini ma, se me lo consente, un po' anodino nella formulazione.
Mi sono chiesto il perché di questo aspetto, di questo carattere del suo intervento; e me lo ha chiarito l'andamento delle dichiarazioni fatte da esponenti della sua maggioranza nel corso del dibattito ed in questi giorni. Ieri, l'onorevole D'Alema ha parlato di una missione di pace; oggi, il rappresentante dei Comunisti Italiani ha parlato di una missione di guerra. L'onorevole Mattarella ha affermato che non esiste un recinto dietro il quale essere sicuri dal terrorismo...
PRESIDENTE. Concluda...
GIORGIO LA MALFA. ...altri colleghi hanno detto che il terrorismo è causato da questa guerra.
Lei, signor Presidente del Consiglio, «siede» su una maggioranza che non ha una visione univoca della politica estera e della politica militare del nostro paese. Mi domando se sia possibile condurre una politica estera, e se non si assoggettino le nostre forze militari...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIORGIO LA MALFA. ...a rischi molto gravi, portando avanti una politica che deve essere la «camera di compensazione» di posizioni fra loro radicalmente diverse e, talvolta, opposte.
Grazie, signor Presidente.
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.