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TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI FABIO EVANGELISTI, MAURO DEL BUE, DANTE D'ELPIDIO, FRANCESCO NAPOLETANO, PIETRO RAO, LUANA ZANELLA, MASSIMO GARAVAGLIA, DOMENICO ZINZI E ADRIANO MUSI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1746-BIS-B.
FABIO EVANGELISTI. Io vorrei partire dal duro monito che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rivolto a Governo e Parlamento sulla formazione e sulla discussione della legge finanziaria.
Il Capo dello Stato ha posto l'accento sul fatto che «anche quest'anno la legge sta per essere approvata in entrambe le Camere con voto di fiducia posto dal Governo su un articolo unico, comprensivo di un numero abnorme di disposizioni».
Una prassi, quella del maxiemendamento, seguita da questo esecutivo, ma anche dal precedente guidato da Berlusconi, che più volte in passato è ricorso a questo strumento per far passare la legge di bilancio. Quindi il punto toccato dal Presidente non riguarda solo la finanziaria che ci apprestiamo a licenziare definitivamente quest'oggi, ma anche tutte le finanziarie della scorsa legislatura.
Napolitano si è dunque rivolto sia alle forze di maggioranza che di opposizione.
E, di fatto, si è richiamato all'analogo appello che, nel dicembre del 2004, il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi rivolse alle Camere, chiedendo «l'attenzione del Parlamento su un modo di legiferare, invalso da tempo, che non appare coerente con la ratio delle norme costituzionali». Secondo il Capo dello Stato «si è ormai toccato il limite estremo di una prassi legislativa», ed è «interesse comune e urgente porre termine a simili prassi».
Ma il Presidente ha anche lanciato un allarme sulla «salute democratica» del paese: «Siamo in un momento di preoccupante distacco tra la politica, le istituzioni e i cittadini», e ciò comporta «danni per la tenuta della democrazia». Per questo, ha aggiunto ancora il Presidente, «servono riforme». Questo dovrebbe essere il vero ordine del giorno di impegno al Governo.
Napolitano ha anche fatto appello a entrambi gli schieramenti politici «perché a una logica di contrapposizione totale, che ormai produce effetti di stanchezza e rifiuto fra i cittadini, indebolisce l'autorità e la capacità di funzionamento dello Stato e mortifica le energie più vive dell'economia e della società, subentri un maggiore senso di responsabilità verso l'interesse generale del paese».Pag. 93
Riformare le istituzioni e cambiare la legge elettorale, io aggiungo quella finanziaria, sono dunque le due indicazioni che il Presidente della Repubblica ci ha consegnato.
Il Capo dello Stato ha manifestato l'esigenza di «più consistenti e decisi progressi» per garantire «il necessario rinnovamento delle nostre istituzioni». E ha indicato due strade: «il sentiero di ben mirate riforme dell'ordinamento della Repubblica, non precluse dall'esito del referendum del 25 giugno, e il sentiero di opportune revisioni della legge elettorale vanno esplorati fino in fondo, nella ricerca di una possibile condivisione».
Dopo aver letto queste dichiarazioni sono andato a riprendere gli atti della discussione svoltasi un anno fa in questa stessa Aula. Dirò dopo i nomi dei colleghi dai cui interventi ho stralciato alcuni passaggi e capirete perché, in questo gioco delle parti, in questa commedia degli inganni aumenti il fossato che ci separa dal sentire comune della nostra gente: «MICHELE VENTURA. Grazie, signor Presidente, onorevoli colleghi; il giudizio che noi abbiamo espresso sulla legge finanziaria è ampiamente negativo. Gli argomenti a sostegno di tale posizione sono stati addotti in numerosi interventi svolti dai colleghi anche questa mattina. Vorrei richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul fatto che ci siamo trovati di fronte ad un maxiemendamento sul quale si è votata la fiducia. Vorrei insistere su tre elementi. Primo. La produzione industriale è ancora in caduta. Si rifletta su questo punto: mentre in altri paesi abbiamo una ripresa del ciclo produttivo, gli ultimi dati parlano di una produzione industriale in Italia ancora in caduta. Secondo. Abbiamo una flessione anche in un settore dove tradizionalmente l'Italia negli anni passati ha conseguito risultati lusinghieri e perdiamo quote internazionali di mercato nel turismo. Terzo. Registriamo quest'anno il risultato più negativo rispetto agli ultimi 15 anni nella bilancia commerciale dei pagamenti. Colleghi della maggioranza e dell'opposizione, è aperta di fronte a noi una grande questione che riguarda i meccanismi di redistribuzione della ricchezza in quanto, nel corso di questi anni, sono aumentate le iniquità e le ingiustizie. Si pone, dunque, come uno dei problemi principali ed essenziali quello della redistribuzione della ricchezza in forma più equa e tale da non produrre un impoverimento delle classi medie e di quelle diseredate del nostro paese».
L'altro collega, invece: «ALBERTO GIORGETTI. Siamo giunti al momento finale di questo dibattito sulla finanziaria per il 2006, che intendiamo giudicare, più che come una sterile elencazione di numeri, come un progetto politico complessivo che vorremmo ribadire in questa sede in un rapporto dialettico con l'opposizione, la quale, tuttavia, continua a sostenere elementi che non possono essere da noi condivisi. La prima considerazione riguarda la cornice entro la quale ci muoviamo. La legge finanziaria va valutata all'interno di un contesto complessivo, che ha visto il Governo - e, all'interno dell'esecutivo, Alleanza Nazionale - sostenere con forza un progetto di credibilità in sede europea. Cari colleghi, nel rapporto con l'Europa, abbiamo mantenuto gli impegni che avevamo assunto all'inizio della legislatura; dunque, oggi l'Italia può presentarsi ancora con orgoglio in sede europea con una manovra finanziaria che ha già superato l'esame in sede ECOFIN e che consentirà all'Italia di restare tra quei paesi che guardano al futuro con grande serenità, all'interno di un progetto politico che ha visto complessivamente mutare in modo significativo il nostro tessuto socio-economico in questi cinque anni. Con una manovra finanziaria complessiva di 27 miliardi di euro, abbiamo mantenuto il nostro impegno con l'Europa, riducendo le entrate una tantum e procedendo verso tagli strutturali. In ordine alla polemica con riferimento agli enti locali, vorrei precisare che il primo ad assumersi responsabilità in relazione al taglio delle risorse è stato proprio il Governo, attraverso tagli significativi su quelle voci che non incidono direttamente sull'aspetto socio-economico, ma su quelle risorse che possono essere risparmiate e che, evidentemente,Pag. 94non hanno la vocazione ad essere mantenute secondo uno spirito elettoralistico che è apparso invece nelle ultime manovre finanziarie - specialmente l'ultima - dei Governi di centrosinistra, che hanno pensato di più ad erogare risorse a danno del deficit e del debito pubblico, piuttosto che a mantenere gli impegni in sede europea».
Siamo di fronte ad una manovra finanziaria che contiene alcuni elementi fondamentali che abbiamo rispettato e mantenuto all'interno di un progetto di Governo - che si evince dagli stessi numeri della legge finanziaria - che non intende concludersi ma che vuole proseguire con grande determinazione anche nei prossimi cinque anni.
Siamo consapevoli che oggi il paese è cambiato e che quindi vi è la necessità di fornire risposte selettive sempre più complesse ai problemi che quotidianamente i cittadini devono affrontare. Lo diciamo senza enfasi e senza arroganza, ma lavorando con i fatti concreti. Venendo agli aspetti specifici, vi è attenzione soprattutto nei confronti del mondo delle imprese, in cui si interviene riducendo complessivamente dell'1 per cento il cuneo fiscale e si immaginano scenari nuovi sul tema del sostegno ai distretti industriali, con politiche fiscali che favoriscono l'aggregazione delle piccole e medie imprese all'interno di tali distretti e garantiscono comunque risorse aggiuntive, per sviluppare le politiche di competizione internazionale e di globalizzazione che le piccole e medie imprese e tutto il nostro sistema imprenditoriale si trovano in questo momento ad affrontare ed hanno voglia di farlo con decisione. Per dimostrare la coerenza con cui il Governo si sta muovendo, anche nelle ultime ore, non soltanto sui temi legati alla legge finanziaria ma su alcune grandi questioni, bastino due elementi, che verranno presentati in modo ancora più efficace. Mi riferisco in primo luogo all'importante successo conseguito sul bilancio dell'Unione europea 2007-2013, (...) e mi riferisco, inoltre, al risultato conseguito in sede di WTO, in cui abbiamo ottenuto l'etichettatura obbligatoria dei prodotti, che rappresenta un elemento fondamentale per reggere nella competizione internazionale. Si tratta di una legge finanziaria che coinvolge, nella logica di responsabilità, gli enti locali, ma che prevede criteri di flessibilità e che consentirà comunque agli enti locali di spendere le risorse da una parte certamente secondo criteri di risparmio e di moralizzazione nella finanza locale ma dall'altra con la possibilità di assumersi la responsabilità, alla quale ha fatto cenno la Lega Nord ma che intendiamo sottolineare nuovamente, di poter scegliere, nel mix delle politiche, tra spesa corrente e investimenti. Grazie a ciò gli enti locali potranno sicuramente continuare la loro opera sul territorio con maggiore efficacia».
Il voto favorevole dell'Italia dei Valori, di conseguenza, non discende da una scelta di campo pregiudiziale ma dalla valutazione nel merito di un provvedimento che avrebbe potuto essere scritto meglio, presentato più correttamente e ancora tutto da comunicare al paese, ma che nei suoi presupposti di fondo punta a fare di questo nostro un partner virtuoso in ambito UE.
MAURO DEL BUE. E così il lungo, faticoso, complicato iter della finanziaria s'è accresciuto dì un mistero: l'emendamento N.N. sui reati contabili. Approvato dal Senato nell'ambito del maxi emendamento su cui il Governo ha posto la questione di fiducia è apparso senza paternità e maternità. Il figlio di nessuno è stato poi approvato senza consenso, nascosto tra le righe incomprensibili d'una finanziaria ormai priva di una sua lettura quanto meno decifrabile, coi suoi complicati articoli e commi e auto emendamenti governativi a getto continuo, come mai era avvenuto in passato. Un mistero da film giallo, dove esiste la vittima e non il colpevole. L'emendamento N.N, si annuncia, verrà cassato con un decreto. Che pasticcio. Intanto votiamo una legge che lo contiene, noi adesso, come il Senato ieri. Dilettantismo o dietroattivismo, signor Presidente?Pag. 95
È strano che l'onorevole Di Pietro minacci come aveva fatto già in occasione del voto sull'indulto, di dimettersi da ministro, dopo che il suo gruppo già aveva votato la fiducia al Governo sul maxi emendamento che conteneva la stessa norma sui reati amministrativi da lui così aborrita.
In questo Parlamento esiste ormai, come stella cometa degli atteggiamenti politici, una figura retorica: quella dell'ossimoro. L'ossimoro permette di conciliare due concetti che paiono opposti. Si può dunque essere all'opposizione e in maggioranza, si può contestare una legge ed approvarla, ci si può dimettere restando al proprio posto. Se è questa la nuova politica vien proprio voglia di dire: viva la vecchia.
Nell'acceso dibattito che si è sviluppato attorno alla finanziaria mi ha molto impressionato una frase del Presidente del Consiglio secondo il quale se la protesta del paese è generalizzata ciò vuol dire che le decisioni del Governo sono giuste. Mi sembra, questo, un concetto molto originale di democrazia. È un concetto che dovrebbe valere dunque anche all'opposto. Riformulandolo suona così: se il paese è d'accordo vuol dire che sbaglio. Principio davvero singolare e anche sintomatico d'un metodo di fare governo. S'è detto che la finanziaria è stata costruita solo col consenso del sindacato e della grande impresa. Ma non si è capito che il mondo del lavoro in Italia è cambiato e che l'Italia è un paese composto al 95 per cento di piccole e medie imprese, che il lavoro autonomo è ormai più diffuso del lavoro dipendente? E che l'accordo con il sindacato e la grande impresa non rappresenta l'accordo con l'economia italiana. C'è, anche nel metodo di consultazione, un'idea vecchia del mondo del lavoro. Quella stessa vecchia idea che vi ha impedito di iniziare un doveroso percorso di riforme sempre rimandato al domani. Rimandato a un domani sempre più remoto, però, per le vostre stesse divisioni. Il paese non è d'accordo? Meno male che il Presidente del Consiglio non ha dichiarato, come quel tale, che «se il popolo non è d'accordo allora aboliremo il popolo».
S'era aperta questa finanziaria con un proclama dell'estrema sinistra. «Che i ricchi piangano». E invece sono proprio i poveri, assieme alle classi medie, quelli che protestano perché temono di piangere. Sapete benissimo che nonostante i leggeri sgravi fiscali dell'Irpef il costo della vita aumenterà anche per coloro che sull'Irpef ci guadagnano qualcosa. Tasse, imposte e balzelli vari porteranno inoltre ad una possibile compressione dei consumi, come è stato registrato anche in sede europea. E, da ultimo, proprio all'interno di quella Confindustria che avete trattato con i guanti bianchi vi arriva lo schiaffo finale. Secondo il suo centro studi, infatti, lo sviluppo stimato quest'anno al 1,7 per cento si ridurrà, a causa di questa finanziaria nel prossimo anno all'1,1 per cento. Complimenti. Può darsi, signor ministro che, come lei ha voluto notare, la Confindustria si sia trasformata in un partito. Scoperta sconcertante. Se è così le assicuro che non è proprio la prima volta. Vicenza, dove i partiti erano addirittura due, docet. Ma è certamente sconsolante registrare dalle sue dichiarazioni televisive, signor ministro, «che la crescita del paese non è compito della politica, né del Governo, ma solo delle imprese». Non è vero, signor ministro, ma, ammesso che lo sia, lo ha spiegato ai suoi alleati che fino a ieri consideravano la mancata crescita dell'Italia una colpa di Berlusconi?
Se mi è consentito in modo sintetico vorrei rivolgervi infine due considerazioni finali. La prima. La finanziaria, signori del Governo, è un progetto politico e non solo un testo composto di numeri. Vi siete resi conto che avete dato al paese, a tutto il paese, l'idea che questa finanziaria toglie agli italiani per dare allo Stato? Vi siete accorti che una finanziaria lancia messaggi chiari e semplici? E che siete partiti con l'abolizione del 5 per mille, il ticket sul pronto soccorso, la tassa di soggiorno e poi avete abolito questi provvedimenti su iniziativa dell'opposizione dando l'impressione negativa di avere «imborsato» il violino? Ma che strategia politica è mai questa? Pensate di incassare consenso perché dalla faccia cattiva di Visco avetePag. 96ricavato un timido sorriso di Prodi? Il congegno della finanziaria, che noi come Nuovo PSI e come Partito repubblicano abbiamo ritenuto giusto di cambiare strutturalmente, e avanzeremo il 15 gennaio un'apposita proposta di legge è, così com'è congegnata, il più grande messaggio politico che un Governo possa lanciare all'opinione pubblica. Dura sei mesi e i mass media se ne occupano quasi quotidianamente. Pensate di avere svolto un ruolo accorto? Certo avete perso popolarità. Per tornare alle parole del Presidente del Consiglio, può essere che chi perde consenso abbia ragione.
Dovrebbe spiegare un po' meglio questo principio a DS e Margherita che invocano invece un cambio di marcia. Nel cuore dell'iter faticoso della finanziaria si è aperto un confronto polemico all'interno della maggioranza tra il Presidente del Consiglio e il segretario dei DS e della Margherita. Il dibattito si è fatto anche divertente. S'è parlato di Topolino e di Filippo, di Fase due o di completamento della Fase uno. Un dibattito di alto livello. Quel che si è capito è che i responsabili dei DS e della Margherita non sono affatto contenti di come stanno andando le cose. Non condividono l'idea che se si perde si ha ragione. Hanno lanciato un allarme insistendo sulla necessità di una svolta. Fassino in particolare ha dichiarato: «Se la protesta è così diffusa noi non possiamo guardare da un'altra parte». Nessuno ha però capito in che cosa dovrebbe concretarsi questa svolta, così contestata dal Presidente del Consiglio. Bisogna fare le riforme, a cominciare da quella sulla previdenza? Tanti auguri, visto che la sinistra radicale ha posto il veto. Volete rilanciare le infrastrutture, come suggerisce De Rita, segretario del Censis? E allora provate a fare il corridoio 5, compresa la Torino-Lione sulla quale non riuscite a trovare un accordo tra di voi. Volete rilanciare l'università e la ricerca scientifica? Ma con i tagli come farete? Noi siamo pronti, se andrete su questa via, sulla via di una riforma che metta al primo posto le esigenze del futuro dei nostri giovani, che si vedono oggi seriamente privati di garanzie, siamo pronti a dare la nostra collaborazione.
Il moderno riformismo quello alla Marco Biagi, ci convince assai di più del conservatorismo di sinistra, che assomiglia molto alla vecchia massima del libro di Tomasi di Lampedusa. «Fai che tutto cambi perché nulla cambi». Siamo pronti a sostenere un rilancio delle opere pubbliche e a non far perdere all'Italia l'appuntamento storico con l'Europa.
Siamo pronti a sostenere una nuova politica fondata sul rilancio del made in Italy, che corrisponde anche alle risorse umane, intellettuali, generalmente giovani, che agiscono nella ricerca e nell'università per fare grande il nostro paese. Se davvero la fase due significa questo noi l'attendiamo con interesse. Se invece il tutto si trasformasse in un procedere ancora attraverso un percorso composto da mediazioni e fiducie, da un Senato senza maggioranza stabile che si ripercuote come un'ombra di Banco sulla nostra Camera, dove nulla, nemmeno il più banale degli emendamenti, può mai essere accolto per il «tremor mortis» che suscita alla maggioranza il tornare all'altra, dove neppure una telefonata è in grado di allungarti la vita, allora noi siamo certi che voi non farete un servizio al paese. Voi non siete infatti in grado, per la vostra eterogenea composizione, di assicurare un Governo stabile a questa legislatura.
La seconda considerazione riguarda la possente mole di gettito fiscale aggiuntivo che si è accumulato nei primi undici mesi del 2006. Si è parlato di ben 35 miliardi di euro. Più o meno l'ammontare di questa finanziaria. Non abbiamo avuto alcuna spiegazione sull'utilizzo di questi fondi. Nessuno ne parla. Possibile? Si dice che serviranno per coprire i disavanzi. Ma non era la finanziaria che, in una misura di 15 miliardi dei 35 previsti, doveva servire per il ripiano sotto i parametri di Maastricht? Un mistero in più. Perché allora questa cospicua nuova tassazione per gli italiani, perché questi tagli a settori strategici qualiPag. 97appunto la ricerca e l'università, che hanno fatto traballare la poltrona del ministro Mussi?
Noi non crediamo che questa finanziaria sia opera di uno spirito masochista, autolesionista. No. Né pensiamo che si tratti di una finanziaria classista, massimalista come qualcuno ha detto. Si tratta dell'unico testo possibile che vi tenga insieme, per quel che c'è e soprattutto per quel che non c'è.
Chiedete ancora il voto di fiducia e non ne siamo sorpresi. Una volta il Presidente del Consiglio Bettino Craxi disse: «In Italia si può governare solo coi decreti e i voti di fiducia». Ne nacque una dura polemica dell'opposizione di sinistra che gridò allo scandalo e al governo pericoloso. Con la logica del «fai quel che dico e non quel che faccio» devo dire che, sia pur in ritardo, avete dato ragione a Craxi.
DANTE D'ELPIDIO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, la legge Finanziaria che ci accingiamo ad approvare restituisce al paese un metodo serio di gestione dei conti pubblici, una politica fiscale equa, senza elementi di propaganda ed una previsione razionale circa la crescita futura.
Il messaggio che mandiamo agli italiani è quello di una nuova stagione caratterizzata da grande serietà, nella ferma volontà di dare all'Italia un nuovo volto ed un nuovo benessere che non sia una promessa mendace o un volo pindarico.
Noi Popolari-UDEUR siamo coscienti che questa legge finanziaria ha avuto un forte impatto emotivo sulla maggior parte del paese e forse anche noi non siamo stati in grado di far comprendere a fondo quanto di buono vi fosse in essa.
Ha contribuito a danneggiarla come immagine anche il tortuoso processo di formazione della legge che il nostro ordinamento ci impone e non v'è dubbio che forse dobbiamo cambiare qualcosa per depotenziare alcuni aspetti che favoriscono il ricorso all'ostruzionismo da una parte e al voto di fiducia dall'altra.
Ma l'impianto generale della legge è buono e darà i frutti attesi già dall'anno prossimo.
Penso alla nuova e più equa distribuzione delle aliquote IRPEF, agli incentivi e sostegni per il contribuente con figli a carico, alle risorse per lo sviluppo e per il Mezzogiorno, alla riduzione del cuneo fiscale per rilanciare l'impresa e proteggere la svalutazione dei salari.
Certo questa finanziaria doveva contenere un obiettivo che non porta molto consenso: quello di risanare i conti pubblici messi in serio pregiudizio da una gestione del Governo precedente caratterizzata da troppa - ripeto - troppa creatività e leggerezza.
Non può esserci crescita, sviluppo, competitività, controllo sull'inflazione, protezione dei salari e del potere di spesa dei cittadini senza la salute dei conti dello Stato.
Nel processo di integrazione europea, nella logica della moneta unica, essa è condizione imprescindibile.
Posso comprendere le ragioni dell'opposizione che ha il sacrosanto diritto di dissentire sulla legge di bilancio quale atto politico che individua priorità e delinea scelte di governo a lei non congeniali, ma è irresponsabile non convenire sulla necessità del risanamento entro il 2007.
D'altronde mi pare fosse questa la promessa fatta dal Governo Berlusconi allorquando fu bacchettato da Bruxelles per la sua gestione «allegra» dei conti pubblici.
Il problema è che un Governo serio talvolta è costretto anche a mantenere le promesse fatte dai propri predecessori, soprattutto quando da ciò dipende la considerazione internazionale di un paese, il suo prestigio.
Questa finanziaria mantiene anche altre promesse fatte frettolosamente dal precedente Governo: intendo la continuazione dei lavori in alcune opere pubbliche i cui cantieri erano stati aperti per propaganda e senza reale copertura finanziaria.
Tocca a noi, oggi, il difficile e faticoso compito di spingere la diligenza per farla ripartire in maniera tale da poter rilanciarePag. 98la crescita, la competitività, il lavoro vero e non il frammentato precariato di cui si beava il passato Governo.
La verità, e mi sembra un dato ormai evidente a tutti, è che la pesante eredità lasciata dal precedente Governo non la si può pagare ricorrendo a misure-tampone o provvisorie, ma con interventi strutturali.
La nostra è una manovra finanziaria severa e responsabile e non sarebbe stato difficile per noi continuare con una gestione allegra e «creativa» che non disturbava i cittadini, a patto che i cittadini stessi non disturbassero altri manovratori.
Alla fine della lunga stagione berlusconiana, al termine di quella grande abbuffata di promesse e di chimere è arrivato all'Italia un conto salatissimo da onorare e non poteva essere che così.
Ma qualcuno mi spieghi come era possibile tenere a freno il debito pubblico se cresceva l'indebitamento singolo dei cittadini, come era possibile credere nella crescita del PIL se le aziende non erano più competitive, come era possibile gioire dell'incremento dell'occupazione se diminuivano le ore realmente lavorate e retribuite.
II centrosinistra è convinto ed ha scelto un altro metodo, quello della trasparenza e del rigore che porterà frutti buoni e ricchi agli italiani sfiduciati ai quali restituiamo speranze per un roseo futuro.
Combatteremo la precarietà con la stabilizzazione di centinaia di migliaia di lavoratori a tempo determinato, al contempo daremo respiro alle imprese abbattendo il costo del lavoro, premieremo solo quelle meritevoli che investono seriamente nel capitale umano, rinunceremo agli incentivi a pioggia.
Noi Popolari-UDEUR siamo pronti alla stagione delle riforme, anche quelle impopolari, ma ineludibili.
Gli italiani capiranno, come già raccontano gli ultimi sondaggi, che la rotta imposta all'Italia è la più sicura e porta a destinazione senza rischi di naufragio.
Con ferma convinzione prendo atto e sottoscrivo il voto di fiducia del gruppo parlamentare Popolari-UDEUR cui appartengo nell'augurio per il Governo di raccogliere il merito di tanto impegno e lavoro.
FRANCESCO NAPOLETANO. Onorevole signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo.
Il gruppo dei Comunisti Italiani sosterrà con il proprio voto le legge Finanziaria 2007, pur avendone evidenziato durante il complesso iter della sua formazione, la presenza di luci e di ombre.
Peraltro, il percorso tortuoso ed estenuante che il Parlamento ha dovuto seguire, pone in tutta evidenza la necessità di rivedere i meccanismi di questo importante strumento legislativo.
Si tratta, ormai, di una considerazione comune ai gruppi parlamentari e fa seguito alle autorevoli sollecitazioni che, dai vertici istituzionali, premono per una sua rivisitazione.
Non è possibile, infatti, tenere impegnate così a lungo le Aule parlamentari, così come le Commissioni, intorno ad un provvedimento che, invece, dovrebbe essere licenziato in termini brevi e ragionevoli, pur senza comprimere il dibattito ed il confronto.
Così come non appare opportuno insistere con lunghissimi disposizioni e numerosissimi articoli e commi, che, spesso, contengono disposizioni che dovrebbero essere affidati ad uno strumento legislativo diverso.
Tutto ciò finisce con l'obbligare il Governo, sia esso espressione dell'uno o dell'altro schieramento politico, a porre ripetutamente la questione di fiducia.
Hanno poco da lagnarsi i colleghi del centrodestra per le fiducie poste sul provvedimento, quando più volte, e per più anni, i Governi da loro sostenuti vi fecero ricorso.
L'attuale Governo, poi, spesso indugiando fin troppo pazientemente prima di porre la questione di fiducia, ha dovuto fare i conti con un costante ostruzionismo di gran parte dei gruppi di minoranza.
Questi ultimi hanno quasi «cercato» la richiesta della fiducia posta dal Governo,Pag. 99per camuffare una loro evidente carenza nel proporre misure alternative a quelle della maggioranza.
Infatti, non si può dire solo dei «no»: bisognerebbe avere anche la capacità di proporre cose e misure diverse.
Il centrodestra, invece, ha solo voluto lo scontro frontale ed avrebbe meritato risposte più determinate ed efficaci.
Come non evidenziare che questa legge finanziaria ha dovuto fronteggiare una situazione di estrema gravità, provocata dalle politiche dissennate perseguite proprio dal centrodestra e dal precedente Governo?
I conti pubblici ci sono stati consegnati in maniera dissestata, con un rapporto deficit/PIL ben al di sopra, e per diversi anni consecutivi, del limite posto in sede europea.
La spesa pubblica aveva ripreso a correre dopo molti anni e l'economia del paese aveva conosciuto la crescita zero, la stagnazione.
I condoni, i conflitti di interesse, l'abbassamento della pressione fiscale per i ceti che ne avevano bisogno, avevano prodotto il rischio del declino per l'Italia, con numerose famiglie colpite perfino nelle loro possibilità di assolvere a bisogni primari.
Quale futuro per le giovani generazioni, se non una speranza di precarizzazione del lavoro?
Quali possibilità per i ceti meno abbienti?
Quale capacità di investimento e di crescita per le stesse imprese, in un contesto di grave incertezza?
Eppure, i responsabili di questa situazione sono quelli che più hanno urlato contro la legge finanziaria, proprio per coprire le loro responsabilità politiche.
Non meraviglia, pertanto, che l'informazione che si è intesa dare a questa legge non è stata quella dei suoi contenuti reali.
Al riguardo, la mancata comunicazione delle sue previsioni, da parte del Governo, si è rivelato un errore politico, da noi evidenziato fin dal primo momento, che lo stesso Esecutivo sembra avere finalmente compreso, nella sua positiva intenzione di rivolgersi al paese.
Andavano illustrati per tempo i contenuti della manovra e la situazione disastrosa a cui intendeva porre rimedio.
Meglio tardi che mai!
Questa legge finanziaria, che pure, come è stato riconosciuto, è stata utilmente modificata rispetto alla prima stesura, si pone l'obiettivo di risanare i conti del paese e di avviare una politica di sviluppo.
La novità sta nel raggiungere questi obiettivi introducendo il concetto di equità, con il quale si guarda ad una redistribuzione dei redditi in favore dei ceti meno abbienti.
Pensiamo che nella direzione dell'equità si sarebbe potuto fare molto di più.
Tante, infatti, le aspettative che erano state riposte in questo Governo ed una certa delusione è evidente.
È una situazione che potrà e dovrà essere certamente recuperata, meglio operando in direzione del miglioramento delle condizioni materiali e di vita dei ceti popolari.
Importanti sono le disposizioni riguardanti la diminuzione delle aliquote dell'Irpef per la parte meno tutelata del paese, unitamente all'aumento delle detrazioni e degli assegni familiari.
Così come il rintegramento di capitali azzerati o fortemente ridimensionati dal Governo Berlusconi, dei fondi sociali alle Ferrovie, alle infrastrutture.
Di grande rilevanza in particolare, è la possibilità, introdotta per merito della maggioranza e con l'apporto determinante dei Comunisti Italiani, di regolarizzare centinaia di migliaia di lavoratori precari.
Siamo particolarmente soddisfatti per il raggiungimento di questo risultato.
Riteniamo, nel contempo, assai insoddisfacenti le risorse destinate alla scuola, all'università, alla ricerca, agli enti locali.
Questo appare ancora più sgradevole se si considera che con un autentico colpo di mano, al Senato è stata approvata laPag. 100equiparazione dei collegi universitari privati a quelli pubblici, che sposterà risorse in favore dei collegi privati.
È perfino incostituzionale che i contribuenti tutti debbano sostenere il peso di strutture scolastiche private che, invece, dovrebbero essere sostenute solo ed unicamente da coloro che intendano usufruirne.
Non è tollerabile togliere alla scuola pubblica per dare alla scuola privata!
Una cosa è il riconoscimento, altro il sostentamento.
Il lavoro e la cultura, in senso lato, sono al centro delle attenzioni e dell'impegno dei Comunisti Italiani e vorremmo fossero maggiormente considerati nell'azione del Governo.
In questo contesto, appare davvero singolare, che chi più ha avuto da questa Finanziaria, ovvero gli imprenditori, abbiano a muovere critiche alla manovra.
Cuneo fiscale, credito di imposta, mobilità lunga, bonus per frigoriferi e televisori, infrastrutture e così via: dovrebbero ringraziare ed invece, direbbe il ministro dell'economia, si comportano come un partito politico.
Vedremo, in seguito, se sapranno essere «imprenditori» o, soprattutto, «prenditori»; perché, pur in presenza di misure tese al miglioramento della competitività, non è affatto scontato che le maggiori risorse, derivanti dalle diminuzioni del cuneo fiscale producano investimenti.
Il Governo, a cui va tutto il leale sostegno dei Comunisti Italiani, dovrà dare risposte concrete ed in tempi i più veloci possibili; dovrà parlare il linguaggio della gente: così, soltanto, si supera quella disaffezione verso la politica, a cui fa riferimento il Presidente della Repubblica.
Accelerare la soluzione dei problemi, tenendo come punto di riferimento il programma di Governo, sottoscritto da tutti i partiti dell'Unione.
Non vogliamo sentire parlare di «cabine di regia», ma di «collegialità», quella collegialità a cui non sempre ci si è attenuti.
Intanto, si cominci a porre rimedio a qualche grave e spiacevolissimo inconveniente, per esempio dando seguito immediatamente alla cancellazione di quell'emendamento sulla riduzione della prescrizione, per le conseguenze dannose ed illecite di talune condotte verso la pubblica amministrazione.
Non c'è una «Fase 2»: c'è un unico percorso di Governo.
Dopo i disastri del precedente Governo, non possiamo deludere gli italiani.
PIETRO RAO. Iniziamo con il dire che una finanziaria composta da un solo articolo con ben 1365 commi è veramente una offesa, non soltanto al Parlamento, ma soprattutto ai cittadini e alla loro intelligenza. Si tratta di un vero e proprio mostro giuridico, un vero e proprio monumento alla confusione, in barba alla chiarezza della legge, «si è toccato il limite estremo di una prassi legislativa che sfugge alle possibilità di comprensione dell'opinione pubblica e rende sempre più difficile il rapporto tra i cittadini e la legge» a dirlo, non è il Movimento per l'Autonomia, ma il Presidente Napolitano. Non è accettabile che il Presidente del Consiglio con ipocrisia faccia finta che il problema sia quasi indipendente dalla sua volontà, senza riconoscere che la sua coalizione ha contribuito a rendere la finanziaria peggiore di quanto non fosse già in passato. Ma il problema chiaramente non è solamente legato alla forma e alle discutibili modalità con cui si è arrivati all'approvazione della finanziaria, è anche e soprattutto di sostanza. Riteniamo che ci sia un solo termine per definire questa legge, una paccottiglia. I toni trionfalistici con cui le numerose, e fin troppo eterogenee, forze politiche della maggioranza hanno iniziato a rivendicare piccoli risultati ottenuti, nascondono il dramma di un provvedimento che non è ispirato - né d'altro canto si capisce come potrebbe esserlo - a un indirizzo politico coerente. La finanziaria rappresenta l'esplosione delle contraddizioni della coalizione di Governo. Nessun deputato con coscienza avrebbe potuto votare questa finanziaria, per il semplice fatto che gli intendimenti di una sinistra vetero comunista e quelli di un centro diPag. 101ispirazione cristiana sono spesso diametralmente opposti, ma fortunatamente il voto di fiducia ha imposto di preoccuparsi dell'unico e supremo interesse che sta a cuore a tutti loro, il mantenimento del potere.
Qualcuno all'interno del centro-sinistra, anche autorevolissimi rappresentanti di questo, hanno fatto notare che dopo la finanziaria si dovrà pensare alle riforme, forse fingendo di non sapere che non è certo casuale che le riforme fin ora non sono state fatte. Chi parla di riforme non tiene conto del fatto che se il Governo ancora non è caduto è solamente perché ancora non è intervenuto in maniera significativa sui settori decisivi dell'economia e dello Stato sociale. Le cosiddette riforme introdotte surrettiziamente con la finanziaria passano solo con il ricatto della fiducia. È addirittura grottesco pensare che in quest'aula c'è qualcuno che ha votato oggi la fiducia a questo Governo pur avendo chiesto le dimissioni di Prodi e avendo detto - cito testualmente - «il Governo e questa maggioranza non possono continuare ad essere ostaggi della rissosità della coalizione, degli individualismi di singoli esponenti di partito se non addirittura di singoli parlamentari e dell'incapacità della coalizione di mandare un messaggio chiaro al paese».
Onorevole Orlando, la ringrazio per aver descritto con tanta chiarezza la pietosa situazione in cui si trova la sua maggioranza, il Governo di questo paese e di conseguenza gli italiani tutti. Vogliamo anche ricordare che in finanziaria è comparsa misteriosamente una norma che è stata subito definita dallo stesso Vicepresidente del Consiglio, Rutelli, «una porcheria». Su questa vicenda, che ha fatto nuovamente esplodere le contraddizioni tra le diverse e contrapposte anime di questa maggioranza, c'è grandissimo - e giustificato - imbarazzo in molti, e non solo del Presidente Napolitano.
Tralasciamo di elencare i troppi errori contenuti in questa legge, perché gli stessi cittadini - e le tante categorie colpite - li hanno puntualmente compresi, scendendo in piazza a protestare anche clamorosamente contro il Governo e in particolare contro il Presidente del Consiglio. Manifestazioni organizzate o spontanee sono il segno tangibile e fin troppo evidente di un malessere di cui non si può non tener conto.
Ci limitiamo ad osservare che questa finanziaria comporterà un aumento della pressione fiscale per le famiglie e le imprese, la cui immediata conseguenza è una diminuzione dei consumi e un rallentamento degli investimenti. Tale effetto depressivo è reso ancor più grave, considerati i tagli alla ricerca e a carico delle università. Questo Governo non ha avuto il coraggio di dare una scossa a questo paese rilanciando i consumi interni e la competitività sul piano internazionale, con la previsione un piano di investimenti nel settore della ricerca. Senza ricerca non ci potrà mai essere per l'Italia vera competitività e sviluppo.
Noi, come Movimento per l'Autonomia, in questa sede, pensiamo al Sud e in particolare alla Sicilia, nei cui confronti la finanziaria è stata, come qualcuno ha correttamente osservato, una vera e propria dichiarazione di guerra. Proprio a proposito di ricerca, la riduzione del finanziamento alla fondazione RI.ME.D, sembrerebbe mettere a rischio la realizzazione del Centro di ricerca biomedico e biotecnologico, che dovrebbe sorgere a Carini, in provincia di Palermo, con il rischio che altri paesi, con un Governo più lucido e lungimirante, si aggiudichino tale opportunità. Rispetto alle battaglie del Movimento per l'Autonomia alla Camera, come al Senato, per un riconoscimento delle accise sui prodotti petroliferi alla Sicilia, il Governo è rimasto sostanzialmente insensibile. Le norme in finanziaria su questi temi sono di scarsissimo valore. Infatti, a fronte della nostra richiesta di un risarcimento per danni ambientali e alla salute dei cittadini determinate da anni di presenza dell'industria petrolchimica nei territori siciliani, la finanziaria, predisposta tra mille difficoltà e incertezze da questo traballante Governo, ha riconosciuto alla Sicilia un quota delle accise sui consumi a titolo di finanziamento delPag. 102fondo di solidarietà nazionale previsto dall'articolo 38 dello Statuto speciale. Questo si traduce in una presa in giro: in primo luogo perché il contributo deve essere riconosciuto alla Sicilia non sui consumi ma sulla produzione, ovvero sulla quantità di petrolio che viene raffinata nel nostro territorio; in secondo luogo perché il riconoscimento del contributo deve essere effettuato a titolo di risarcimento dei danni ambientali provocati dall'insistenza delle raffinerie e non in base all'articolo 38 dello Statuto della regione siciliana. Noi, che oggi abbiamo votato contro questo Governo e i suoi «pasticci» prendiamo atto solamente che finalmente i temi su cui il Movimento per l'Autonomia ha iniziato e intende continuare la sua battaglia in questo Parlamento sono finalmente entrati a pieno titolo nel dibattito politico.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, il voto del gruppo dei Verdi sarà convintamene favorevole al disegno di legge: legge finanziaria 2007 per i motivi già illustrati nel corso del dibattito e in sede di dichiarazione di voto sulla questione di fiducia da parte del presidente del gruppo Bonelli e nonostante le note «dolenti» che abbiamo segnalato e rispetto alle quali ci attendiamo iniziative concrete e riparatrici.
Faceva osservare ieri il relatore sul disegno di legge Michele Ventura che nessuna precedente finanziaria ha conosciuto un iter ugualmente trasparente e partecipato.
Un lavoro intenso, faticoso, un dibattito e un confronto, nelle sedi istituzionali e non, che hanno coinvolto il paese in modo inconsueto.
Dagli enti locali alle regioni, dalle rappresentanze datoriali ai sindacati, dalle organizzazioni categoriali agli ordini professionali, tutti, credo, i soggetti organizzati a difesa dei propri interessi hanno avuto modo non solo di esprimere le proprie perplessità e contrarietà, ma anche di ottenere ascolto e interlocuzione, con esiti positivi.
Questo lavoro quasi estenuante, va detto, di progressiva messa a punto di una manovra molto pesante e complessa ha rischiato di non essere adeguatamente comunicato e quindi compreso perfino dal nostro elettorato.
Su questo bisogna interrogarsi molto seriamente; inoltre va raccolto l'invito con responsabilità rivoltoci dal Presidente della Repubblica, vanno ascoltate le sue critiche puntuali e concentrate, e mettiamo mano al più presto alla riforma della legge di bilancio e finanziaria.
Come più volte detto, non era certo semplice conciliare la necessità di mettere a posto i conti, ristabilire un avanzo primario, investire la tendenza all'espansione del debito (70 miliardi di euro di interessi ogni anno è una somma da paura!), controllare l'espansione della spesa, con quella di riequilibrare e ridistribuire carico fiscale e risorse.
Inoltre andavano onorati gli impegni elettorali, a partire dalla famosa riduzione del cuneo fiscale e finanziata l'azione di spinta alla crescita, di uscita dalla lunga fase di stagnazione economica e di perdita di competitività.
In questo senso, non si può non vedere un netto cambiamento di impostazione nella politica economica del nostro paese.
È anche e soprattutto alla luce delle condizioni economiche e sociali ereditate dal Governo precedente che va giudicata la manovra.
Un'eredità pesante, fatta di profonde lacerazioni sociali e territoriali, di precarietà e insicurezza, di povertà di settori sempre più estesi della nostra società.
È del tutto evidente che, partendo appunto dalla situazione data, molte e fortissime erano e sono le attese di mutamento, di vera inversione di rotta, che sono emerse in modo anche molto aspro dal paese e a cui il Governo non ha saputo ancora dare risposte pienamente soddisfacenti.
Tuttavia ritengo che sia necessario attendere gli effetti, a partire da quelli più immediati, della manovra, per una valutazione seria e consapevole dell'operato del Governo e del Parlamento, al di là diPag. 103pregiudizi, letture superficiali, analisi incomplete, che purtroppo rintraccio in molte dichiarazioni dei colleghi dell'opposizione e in certe pagine di giornali.
Credo che la forza della realtà avrà ragione sulle chiacchiere e sui giudizi affrettati.
Dichiaro il voto favorevole del suo gruppo dei Verdi.
MASSIMO GARAVAGLIA. Onorevoli colleghi, annuncio il voto contrario della Lega Nord Padania a questa finanziaria: la peggiore della storia della Repubblica.
Una finanziaria contro il nord, contro i lavoratori, contro il buon senso; una finanziaria che deprime la crescita, che mette a rischio di chiusura una miriade di piccole imprese artigiane e commerciali.
Ci sarebbe molto altro da dire, ma non mi dilungo vista l'ora tarda, rifacendomi alle tante considerazioni e critiche già svolte nelle settimane precedenti.
Chiudo con l'auspicio che un nuovo Governo possa rimediare tempestivamente ai tanti danni fatti dal Governo Prodi.
DOMENICO ZINZI. Il gruppo dell'UDC voterà contro questa legge finanziaria e quella di bilancio dello Stato.
Riallacciandomi alle considerazioni svolte dal Presidente Casini, vorrei aggiungere qualche breve riflessione. Questa legge finanziaria è il frutto della inconsistenza politica del Governo Prodi. È contraddittoria perché contraddittorie e inconciliabili sono le due anime politiche del centro sinistra. Altro che anima riformista!
Una dice: vorrei ma non posso, e in questo mostra tutta la sua debolezza. L'altra, quella radicale, è semplicemente coerente con le proprie idee, portatrice di un forte pregiudizio nei confronti dell'impresa e del lavoro autonomo. Ha un'idea classista della società, ed è pervasa da un falso egualitarismo che ha mortificato valori come il merito, il rischio, e la competizione: valori che devono essere invece riscoperti. Valori su cui fondare una nuova stagione di riforme. Noi abbiamo valutato attentamente questa finanziaria, e proprio perché l'abbiamo valutata bene diciamo che è una finanziaria falsa.
È innanzitutto smisurata rispetto agli obiettivi di rientro del deficit, soprattutto alla luce del notevole incremento delle entrate fiscali.
I segnali di ripresa economica andavano sostenuti con misure adeguate a favore del sistema industriale, visto anche il notevole sforzo che il paese sta affrontando per recuperare competitività sui mercati internazionali.
E invece niente di tutto questo! Al contrario, il forte incremento della pressione fiscale rischia di strangolare la fragile ripresa in corso, e i piccoli e medi imprenditori, veri protagonisti di questa ripresa economica, vengono considerati evasori e perseguiti con misure vessatorie.
Questa finanziaria è, inoltre, falsa perché non raggiunge l'obiettivo di tenere i conti in ordine: infatti la spesa pubblica continuerà a crescere, soprattutto quella clientelare e improduttiva. E la crescita della spesa viene rincorsa con l'aumento delle tasse.
È quindi una finanziaria che contiene un' idea falsa di sviluppo. Perché colpisce con un prelievo pesante, ingiustificato e senza precedenti il sistema delle piccole e medie imprese e del lavoro autonomo.
La stangata fiscale sulle piccole imprese, sugli artigiani e sui commercianti ha una sola giustificazione: una vendetta politica. Un vero e proprio regolamento di conti dovuto ad una risposta elettorale deludente.
Non è con il pregiudizio nei confronti del mondo dell'impresa e del lavoro autonomo che si risolvono i problemi del paese, ma con politiche serie di incentivo allo sviluppo e all'innovazione.
Questa finanziaria, invece, contiene un'idea di politica economica dirigista, tutta rivolta al passato, che non determinerà nel sistema delle imprese comportamenti più competitivi e miglioramenti nella qualità dei prodotti e nei sistemi di produzione.
Infine, e questo è ancora più inaccettabile, essa contiene un'idea falsa di equità, perché un'operazione generalizzataPag. 104di aumento delle imposte vanificherà la mancia fiscale operata sull'Irpef. Una carità pelosa, che non aiuta le persone, ma le umilia.
Altro che equità! La sola verità, che questo Governo cerca di nascondere è che ci sarà un aumento indiscriminato della pressione fiscale, dovuto ad una miriade di nuove imposte, molte delle quali occulte.
Tutto questo costituirà un grave danno per le famiglie italiane, soprattutto su quelle più povere, che andrebbero invece aiutate e sostenute con politiche serie.
In conclusione si può ben dire che questa finanziaria non aiuta il paese a crescere, ma penalizza tutti indistintamente: con essa i soggetti più deboli saranno ancora più deboli, le prospettive di lavoro dei giovani ancora più compromesse, le famiglie numerose, che svolgono una funzione fondamentale nella nostra società, si vedranno ancora più penalizzate.
È per questo che ribadisco il voto contrario dell'UDC.
ADRIANO MUSI. Si conclude con questo voto per noi convintamene positivo il lungo e tormentato percorso della legge finanziaria che ha visto impegnato il Governo e le Camere in un intenso lavoro di elaborazione, verifica, precisazione ed anche, quando è stato necessario, correzione.
Una legge finanziaria che sin da quel ormai lontano 29 settembre, giorno del suo voto da parte del Governo, tutti sapevano dovesse rispondere ad una duplice priorità: il rispetto degli impegni assunti con l'Unione europea ed assicurare la continuità degli investimenti per rilanciare la competitività del sistema paese oltreché garantire i diritti di cittadinanza soprattutto per i soggetti più deboli, più poveri.
Rispetto degli impegni, continuità degli investimenti e garanzia di equità sono cambiali che chi oggi è all'opposizione conosce bene, avendole sottoscritte ed altrettanto bene sa che le risorse «vere» per pagare tali cambiali non c'erano.
Un debito pubblico abbondantemente fuori dai parametri, pur se da lor signori concordati con la Commissione europea.
L'avanzo primario azzerato.
Investimenti indicati «a futura memoria» ma senza risorse effettivamente spendibili.
È in tale realtà che l'entità della manovra diviene obbligatoria. Entità obbligatoria per rimanere da protagonisti in Europa. Entità obbligatoria perché le opere infrastrutturali, alcune inaugurate con molta enfasi durante la passata legislatura, potessero procedere senza chiusura dei cantieri, ma soprattutto portate a compimento.
Entità obbligatoria perché le imprese potessero utilizzare l'andamento positivo dell'economia assicurando loro un contesto di competitività non gravato né da oneri impropri sul costo del lavoro né da una pubblica amministrazione tesa solo alla propria conservazione anziché al servizio efficiente e trasparente, della impresa e del cittadino; entità obbligatoria per garantire il potere di acquisto di salari e pensioni al fine di rilanciare quei consumi interni che grande ruolo hanno nel rilancio economico del paese; e lo stesso discorso si può e si deve fare per le misure a sostegno delle famiglie, per la sicurezza del lavoro e nel lavoro, per i diritti di cittadinanza: dalla previdenza complementare, al lavoro femminile, alle tutele per i più deboli a partire dagli anziani non autosufficienti.
Un disegno economico e sociale per un paese meno individualista, più coeso, più equo, più sicuro. Si dice: è ancora poco!
È il segnale, però, che cambiare si può e si deve. Con il dialogo quando è possibile, assumendosene la responsabilità quando i comportamenti sono solo strumentali.
Un dialogo che, per primi, abbiamo auspicato si possa riaprire, alla ripresa dei lavori parlamentari, sulle modalità tecniche, sui contenuti delle manovre di bilancio perché oltre alle stime dei saldi ed alle previsioni di spesa sappia rispondere anche all'esigenze di trasparenza sugli effetti che le leggi di bilancio producono a partire dalla verifica dei risultati dalla capacità di efficienza e di rispetto degli impegni della macchina pubblica.Pag. 105
Un'efficienza che attuata e verificata a partire dal tema dell'evasione fiscale consentirà di realizzare quella riduzione della pressione fiscale che a partire dalle fasce di reddito più basse consentirà di attuare la correzione più significativa apportata sulla finanziaria al Senato.
Prima di concludere, però, il mio intervento consentitemi una considerazione rivolta a quanti in questi giorni hanno richiamato Governo e maggioranza alla moralità sul comma 1343, il comma prescrittivo dei giudizi pendenti davanti alla Corte dei conti. Una considerazione a voce alta ma anche a testa alta.
Non accetto, non accettiamo né quei richiami né quelle censure.
Quel comma è stato, inequivocabilmente, dichiarato nullo, quel comma non entrerà mai in vigore neanche per un secondo.
Attenti, perciò, ad ergervi a censori in specie quando tali lezioni provengono da chi ha condiviso condoni di tutti i tipi e non certo per svista!
Andare avanti significa, anche rispetto a questo, costruire per i nostri figli una democrazia compiuta.
È il mio, il nostro augurio di buon anno a tutti.