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Discussione del disegno di legge: S. 1329 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, recante disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali (Approvato dal Senato) (A.C. 2374) (ore 10,08).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2374)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni VI (Finanze) e XIII (Agricoltura) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la VI Commissione, onorevole Crisci, ha facoltà di svolgere la sua relazione.
NICOLA CRISCI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'approvazione del disegno di legge n. 2374 di conversione del decreto-legge n. 10, oltre che urgente, necessaria ed utile può essere anche l'occasione per una riflessione sulle modalità e sui tempi con cui il nostro paese provvede all'adempimento degli obblighi comunitari e, più in generale, sul rispetto delle regole e sulle procedure di adeguamento dell'ordinamento nazionale alla legislazione europea.
In quest'ottica, l'adempimento tempestivo degli obblighi comunitari derivanti da sentenze della Corte di giustizia e da procedure di infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano rappresenta non solo una risposta necessaria per evitare il pagamento di sanzioni ingenti e proporzionali ai giorni per i quali si protrae l'inadempimento, ma anche un significativo segnale di attenzione del Parlamento italiano alle questioni comunitarie e un contributo concreto a ridurre l'eccessivo contenzioso aperto con l'Unione europea.
Tale contenzioso è anche motivo di incertezza in ordine al quadro normativo vigente in diversi e cruciali settori dell'ordinamento nazionale. L'Italia, infatti, pur Pag. 3essendo un paese storicamente europeista, ha un numero di procedure di infrazione a proprio carico per violazione del diritto comunitario e per mancata trasposizione delle direttive fra i più alti, e risulta essere fra i meno virtuosi per i tempi troppo lunghi di recepimento delle norme comunitarie e per i ripetuti interventi della Corte di giustizia a seguito di deferimenti conseguenti a provvedimenti ritenuti irregolari dalla Commissione europea, cosa che - come è noto - è accaduta anche in questi giorni per la disciplina del condono IVA prevista nella finanziaria 2004.
Si pone quindi l'esigenza di snellire le procedure ed i tempi di attuazione della normativa comunitaria. E, se la legge comunitaria è e resta lo strumento privilegiato per il sistematico recepimento della legislazione europea, anche la conversione del decreto-legge in esame, nonostante la ristrettezza dei tempi, potrebbe costituire, oltre che un utile momento di partecipazione del Parlamento italiano alla fase discendente di attuazione delle norme comunitarie e di adempimento degli obblighi derivanti da sentenze della Corte di giustizia, anche un'opportunità per svolgere qualche riflessione sulla qualità e sull'efficienza delle misure assunte per ridurre l'eccessivo contenzioso aperto tra l'Italia e l'Unione europea.
Ma, la presentazione di circa 450 emendamenti, in gran parte di carattere ostruzionistico, confligge con questo auspicio ed evidenzia, soprattutto da parte della Lega Nord, oltre che un persistente euroscetticismo, anche la chiara volontà di rallentare, se non impedire, l'approvazione nei tempi prescritti di un provvedimento licenziato dal Senato con significative modifiche, che rappresentano il positivo risultato del confronto costruttivo e responsabile svoltosi tra le opposizioni e la maggioranza.
Dopo queste considerazioni e per economia di tempo, rinuncio all'illustrazione della relazione più propriamente tecnica, che è parte integrante del mio intervento, e chiedo alla Presidenza di autorizzarne la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Onorevole Crisci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Prego, prosegua pure.
NICOLA CRISCI, Relatore per la VII Commissione. Continuo il mio intervento precisando che l'esame in sede referente da parte delle Commissioni riunite finanze ed agricoltura si è svolto necessariamente in tempi piuttosto ristretti, anche in considerazione dell'esigenza di concludere l'esame in tempo utile per l'avvio della discussione in Assemblea. Nonostante tale vincolo temporale, le Commissioni hanno comunque svolto taluni approfondimenti in merito agli aspetti più qualificanti del provvedimento soffermandosi in particolare sull'articolo 1. In tale contesto le Commissioni hanno proceduto all'audizione informale dei rappresentanti della Confservizi, i quali hanno evidenziato alcuni aspetti problematici derivanti dall'applicazione del già citato articolo 1. In particolare, è stato segnalato come, in base alla formulazione della disposizione, l'obbligo di restituzione delle agevolazioni fiscali in favore delle ex municipalizzate, dichiarate in contrasto con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, si estende anche a quei casi nei quali gli aiuti individuali a singole aziende sarebbero compatibili con la disciplina comunitaria, determinando pertanto una particolare penalizzazione per questi ultimi soggetti. Inoltre, nel corso dell'esame presso le Commissioni, è stato da più parti evidenziato il problema relativo alla rateizzazione delle somme dovute dalle cosiddette ex aziende municipalizzate che tuttavia, secondo quanto chiarito dal Governo durante il dibattito, sarebbe in contrasto con la disciplina comunitaria in materia.
Tali problematiche rivestono evidentemente profili di notevole delicatezza che tuttavia non appare possibile affrontare compiutamente in questa sede, soprattutto in considerazione dell'esigenza, fortemente sottolineata dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame in commissione, di evitare un'ulteriore lettura del provvedimento al Senato che rischierebbe Pag. 4di pregiudicare la conversione in legge del decreto-legge. A tale riguardo infatti, occorre ricordare che il termine di conversione del decreto-legge medesimo scadrà il 16 aprile e che, anche in considerazione delle prossime festività, non sussistono i tempi sufficienti per rinviare ulteriormente il provvedimento al Senato. Nel corso dell'esame in sede referente - come ho già detto prima - è stato presentato un numero piuttosto elevato di emendamenti, pari a 450 circa, per lo più da parte dei gruppi di opposizione ed in particolare della Lega Nord. Tale atteggiamento, sebbene pienamente legittimo sul piano del contrasto parlamentare, appare tuttavia in contraddizione con l'orientamento assunto dallo stesso gruppo della Lega Nord presso l'altro ramo del Parlamento allorché, grazie all'ampia disponibilità al dialogo dimostrata dal Governo e dalla maggioranza, si era raggiunto un accordo volto ad eliminare dall'articolo 5 alcune disposizioni di modifica della disciplina in materia di immigrazione, che avevano suscitato una forte contrarietà dei gruppi di opposizione, nonché ad escludere dal corpo del provvedimento quelle disposizioni che avrebbero potuto rallentarne l'iter di approvazione.
Deve inoltre rilevarsi come la presentazione di un numero così ampio di proposte emendative abbia in sostanza ostacolato le Commissioni nell'effettuazione di maggiori approfondimenti rispetto ad alcuni nuclei tematici contenuti nel provvedimento che sarebbero potuti risultare utili ai fini della discussione in Assemblea.
Infine, occorre evidenziare come il decreto-legge n. 10 costituisca uno strumento in qualche modo necessitato, attraverso il quale il Governo si è fatto carico dell'esigenza indifferibile di chiudere una serie di procedure di infrazione adottate dalla Commissione europea nei nostri confronti per il mancato o imperfetto adeguamento della legislazione italiana a quella dell'Unione europea, che hanno portato in diversi casi all'emanazione di sentenze di condanna da parte della Corte di giustizia dalle quali possono discendere sanzioni pecuniarie particolarmente onerose per lo Stato italiano.
In tale contesto, il provvedimento in discussione - che comunque non può costituire la sede adeguata per affrontare l'annoso tema delle difficoltà incontrate dal nostro paese nel recepire nel proprio ordinamento la normativa comunitaria - persegue un obiettivo che dovrebbe essere considerato comune a tutte le forze politiche, vale a dire quello di riportare una condizione di maggiore normalità nei rapporti tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, contribuendo anche in tal modo a recuperare quella credibilità che l'Italia a volte rischia di perdere nel consesso europeo.
Sulla scorta di tali considerazioni appare auspicabile che, in occasione della discussione in Assemblea, sia possibile superare i toni di una contrapposizione eccessivamente aspra, che non sarebbe oggettivamente giustificata alla luce del contenuto del decreto-legge. Sarebbe invece preferibile che, fermo restando l'obiettivo prioritario di assicurare la conversione del decreto-legge, il dibattito costituisse l'occasione per concentrare l'attenzione su taluni aspetti potenzialmente problematici che potrebbero derivare dall'attuazione delle norme contenute nell'articolo 1.
A tale riguardo, oltre alla questione - già segnalata in precedenza - relativa all'applicazione dell'obbligo di restituzione delle agevolazioni fiscali anche a quelle aziende che potrebbero risultare escluse ai sensi di specifici regimi di esenzione concessi a livello comunitario, occorre segnalare l'esigenza che l'attività di recupero delle imposte dovute dalle società municipalizzate sia effettuata dall'Agenzia delle entrate con grande attenzione.
È infatti necessario evitare che la doverosa applicazione della norma legislativa possa determinare alle imprese e indirettamente agli enti locali azionisti delle società danni sproporzionati rispetto all'obiettivo perseguito dalla previsione normativa.Pag. 5
A tal fine, ritengo che alcune delle proposte emendative presentate e respinte in Commissione potrebbero esser opportunamente trasformate in ordini del giorno volti ad indicare al Governo taluni indirizzi circa l'applicazione della predetta disciplina, al fine di minimizzarne, nei limiti del possibile, l'impatto sulle imprese interessate, raccogliendo in questo senso la disponibilità formalmente espressa dal sottosegretario Grandi ad accogliere tali atti di indirizzo nel corso della discussione in Assemblea.
Signor Presidente, concludo con qualche riflessione solo apparentemente ultronea rispetto all'oggetto della discussione e che trova spunto dal processo di costruzione dell'Europa iniziato cinquant'anni fa con quella svolta epocale che portò sei paesi, usciti dalla tragedia della seconda guerra mondiale, a porre le basi per una piena riconciliazione e per avviare quel grande progetto di integrazione alimentato da ideali di democrazia, libertà e solidarietà che ha prodotto mezzo secolo di sviluppo economico e di pace e che ha unito ventisette Stati e 492 milioni di persone.
Da tempo, tuttavia, si rileva nella società e anche in settori del nostro Parlamento una diffusa tendenza a mettere in discussione le regole e le decisioni comunitarie accettate ora con fastidio, ora persino come un'indebita forma di ingerenza nella nostra sovranità nazionale.
In questo quadro, in cui si alimentano elementi di disincanto, di scetticismo, di diffidenza e sfiducia si pone con urgenza l'esigenza di approvare il Trattato costituzionale per fare un ulteriore importante passo verso l'Europa politica e per non rallentare il lungo e fruttuoso processo di integrazione tra persone, popoli, culture, sistemi monetari ed economici.
L'Europa ha bisogno di una sua Carta costituzionale che rappresenti anche una risposta alle inquietudini e ai bisogni dei tempi che viviamo. Sono necessarie regole di funzionamento più efficaci e capaci di dare alle esigenze dei cittadini risposte veloci e vere, non condizionate o bloccate dal diritto di veto di ogni singolo Stato. C'è bisogno di una Unione politica che sappia decidere e superare il diffuso scetticismo, che nasce anche da un'evidente impotenza a fornire le giuste risposte a problemi decisivi di politica estera, affrontati purtroppo senza una visione, una voce comune, una propria politica di sicurezza e di difesa. Le difficoltà ad acquisire una comune base di valori ed una missione propria e condivisa rischiano di far prevalere e diffondere un'idea rassegnata di un'Europa impotente che promette e non mantiene, in cui prevalgono gli egoismi nazionali, le ragioni delle grandi e delle piccole patrie, rispetto all'anima politica dell'Unione, alla tavola dei valori fondamentali, alla volontà di continuare a realizzare il grande progetto della costruzione dell'Europa politica, che passa necessariamente attraverso la scelta condivisa di fare dell'Unione un soggetto unitario delle relazioni internazionali e non l'espressione di decisioni intergovernative che sono spesso il risultato di compromessi non sempre chiari e coerenti e di intese nate da cooperazioni formalmente rafforzate, ma spesso deboli, confuse e poco credibili.
In conclusione, se il futuro di questo grande progetto passa attraverso il rilancio dell'anima politica dell'Europa non è indifferente, a mio avviso, il contributo che i singoli Stati danno alla costruzione dell'Europa attraverso il rispetto quotidiano delle regole comuni, il recepimento veloce e corretto delle direttive comunitarie, la rapida applicazione delle decisioni assunte dagli organi della giustizia europea. In questa ottica, l'approvazione del provvedimento in esame, oltre che necessaria per evitare il pagamento di pesanti sanzioni, è anche un comportamento doveroso, e virtuoso, che aiuta l'affermarsi della coscienza europea e contribuisce a far diffondere l'idea che le regole vanno rispettate e che le decisioni e gli interessi dell'Unione debbono prevalere su quelli dei singoli Stati, senza alimentare inutili recriminazioni e sollevare pretestuose e dannose resistenze.
Per le considerazioni fatte ritengo opportuno, utile e necessario approvare questo disegno di legge che disciplina i rapPag. 6porti dello Stato italiano con l'Unione europea e che merita, come tutte le materie inerenti all'impegno internazionale del nostro paese, quella proficua collaborazione tra maggioranza ed opposizioni richiamata e sollecitata dal Presidente Napolitano, che non necessariamente confligge con la naturale competizione che deve caratterizzare la democrazia dell'alternanza.
Concludo ribadendo l'auspicio che, così come è stato fatto al Senato in prima lettura, il confronto sia costruttivo e responsabile per giungere a completare l'iter di approvazione del provvedimento in tempi ragionevoli.
PRESIDENTE. Il relatore per la XIII Commissione, onorevole Baratella, ha facoltà di svolgere la sua relazione.
FABIO BARATELLA, Relatore per la XIII Commissione. Presidente, il decreto-legge in esame reca disposizioni che intervengono sui diversi settori dell'ordinamento, con la finalità di provvedere in via di urgenza a dare adempimento agli obblighi comunitari ed internazionali. Rispetto al testo iniziale, nel corso dell'esame in prima lettura da parte del Senato sono state inserite ulteriori disposizioni relative, in particolare, al settore dell'agricoltura. Nella presente relazione mi soffermerò in modo più dettagliato su tali previsioni.
L'articolo 2-bis, introdotto dal Senato, dispone l'istituzione di un apposito registro nazionale nel quale sono iscritte le varietà da conservazione. L'iscrizione ha luogo su richiesta delle regioni e delle province autonome, degli enti pubblici, delle istituzioni scientifiche, degli organi di azione sindacali, delle associazioni e dei singoli cittadini. La disciplina attualmente vigente, dettata dal decreto legislativo n. 212 del 2001, non prevedeva un apposito registro, ma faceva riferimento ai registri di varietà per ciascuna specie di coltura.
Le disposizioni introdotte all'articolo 2-bis, oltre a prevedere un registro specifico, recano anche una analitica definizione delle varietà da conservazione. Tali disposizioni sono dettate per dare attuazione agli obblighi derivanti dal trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, ratificato ai sensi della legge n. 101 del 2004. Finalità principale della disciplina è garantire la tutela del patrimonio agrario costituito dalle risorse genetiche delle varietà da conservazione ed, al tempo stesso, permettere alle comunità locali che ne hanno curato la conservazione di partecipare ai benefici derivanti della loro riproduzione. L'iscrizione nel registro è gratuita. A vantaggio dei produttori agricoli, che risiedono nei luoghi dove le varietà da conservazione hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche o che si sono impegnati nel recupero e nel mantenimento, è previsto il diritto della vendita in ambito locale di modiche quantità di tali varietà, se sono prodotte nell'azienda di proprietà. In ogni caso, sono escluse dall'applicazione della disciplina adottata all'articolo 2-bis le varietà geneticamente modificate.
L'articolo 4-bis, anch'esso introdotto dal Senato, interviene sulla materia del pagamento dei contributi previdenziali agricoli, aggiungendo un'ulteriore disposizione a quanto era già stato previsto dal decreto-legge n. 2 del 2006. In particolare, il comma 16 dell'articolo 1 del citato decreto-legge, come sostituito successivamente dal decreto-legge n. 173 del 2006, ha previsto l'applicazione della disciplina in materia di documento unico di regolarità contributiva (il cosiddetto DURC), limitatamente ai contributi dovuti a partire dal 1o gennaio 2006.
L'ulteriore previsione introdotta dall'articolo 4-bis dispone, al fine di assicurare il pagamento dei contributi previdenziali, che gli organismi pagatori degli aiuti comunitari siano autorizzati a compensare tali aiuti con i contributi dovuti dall'impresa agricola beneficiaria.
Al fine di dare attuazione a questa disposizione, si prospetta un collegamento informatico fra l'INPS e l'AGEA, con il quale verrà comunicata la situazione relativa al pagamento dei contributi previdenziali da parte delle singole imprese.Pag. 7
Le finalità delle disposizioni contenute all'articolo 4-bis, vale a dire la costituzione di un meccanismo che garantisca la regolarità del pagamento dei contributi previdenziali da parte delle imprese agricole, è sicuramente, dal mio punto di vista, condivisibile.
Nel corso del dibattito in sede di Commissioni sono peraltro emersi alcuni dubbi in merito alle modalità di applicazione di tali disposizioni, in particolare per quanto concerne l'effetto della compensazione, in rapporto al rilascio del documento unico di regolarità contributiva e all'applicazione della disciplina vigente, che prevede, in assenza di tale documento, l'impossibilità di accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie. Ritengo in proposito che i chiarimenti ritenuti necessari potranno essere introdotti mediante appositi ordini del giorno di indirizzo al Governo, anche perché questa parte del provvedimento è non solo condivisibile, ma elimina inutili burocrazie e dà certezza di corresponsione oltre che di indirizzo.
L'articolo 4-ter, al comma 1, contiene una disposizione che permette di procedere all'erogazione del pagamento unico relativo all'allevamento di bestiame svolto con il contratto di soccida. Anche su questo profilo era intervenuto il decreto-legge n. 2 del 2006 che, al comma 6, articolo 1-bis, aveva previsto che, in mancanza di accordo fra le parti, gli aiuti comunitari fossero assegnati per il 50 per cento all'AGEA, per il 50 per cento al soccidario, che è colui che conferisce il lavoro al bestiame, per il 50 per cento al soccidante, che è colui che conferisce il terreno e il bestiame per il pascolo, a seconda della tipologia di soccida.
Il comma 1 dell'articolo 4-ter stabilisce che, con riferimento al pagamento degli aiuti relativi all'anno 2005, se la domanda di aiuto è priva dell'assenso dei soccidari, la ripartizione del contributo ha luogo secondo le percentuali indicate all'articolo 1-bis del decreto-legge n. 2 del 2006.
Il comma 2 del medesimo articolo 4-ter dispone l'istituzione, a cura dell'AGEA, del registro pubblico informatico dei diritti di reimpianto nel settore vitivinicolo. Si tratta di uno strumento previsto dalla normativa comunitaria, anche al fine di contrastare gli impianti illegali.
Le regioni e le province autonome hanno il compito di comunicare all'AGEA i dati concernenti i diritti di reimpianto e i relativi aggiornamenti avvalendosi del sistema informatico agricolo nazionale (SIAN).
Non mi dilungo sulle altre disposizioni del provvedimento, che sono state illustrate in modo molto dettagliato dall'ottimo collega Crisci.
Nel complesso ritengo che il decreto-legge in esame debba essere convertito in legge in modo tempestivo per assicurare il rispetto da parte del nostro paese di obblighi internazionali e comunitari, così da salvaguardarne la credibilità e da evitare il rischio, in alcuni casi, di sanzioni pecuniarie.
Per quanto concerne, in modo specifico, le disposizioni relative all'agricoltura, si tratta, come emerge dall'illustrazione stessa dei loro contenuti, di previsioni per lo più di carattere tecnico, finalizzati in ogni caso ad assicurare il rispetto delle regole, a tutelare il patrimonio fitogenetico delle varietà da conservazione, a definire le modalità di pagamento dei contributi comunitari.
Mi sembra, pertanto, che gli obiettivi delle disposizioni contenute nel provvedimento in esame siano largamente condivisibili. Nell'auspicare un'approvazione del decreto-legge senza modifiche, reputo che, come già evidenziato in modo specifico all'articolo 4-bis, eventuali esigenze di chiarezza sulle modalità di applicazione possano essere soddisfatte realisticamente attraverso lo strumento degli ordini del giorno, anche in considerazione del dibattito ampio ed esaustivo intervenuto al Senato, che ha prodotto un testo, quello attuale, ampiamente condiviso da diverse forze politiche in quel ramo del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
Pag. 8NICOLA SARTOR, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare l'onorevole Tolotti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO TOLOTTI. Signor Presidente, mi pare che gli interventi dei due relatori, molto ampi ed argomentati, ci esimano dalla necessità di richiamare l'intero contenuto del decreto-legge. Mi pare che gli interventi dei relatori abbiano dimostrato che i motivi di straordinaria necessità ed urgenza per l'approvazione senza modifiche di un provvedimento così importante siano fondati e quindi mi riconosco pienamente in essi.
Nel mio intervento, pertanto, cercherò di toccare soltanto poche questioni che attengono, ma non solo, alla specifica competenza della Commissione finanze, partendo però dalla questione che è stata posta nell'intervento del collega Crisci, e che riguarda il rapporto dell'Italia con l'Europa. A tale proposito ritengo che il relatore per la VI Commissione abbia opportunamente ricordato la necessità di rendere più serio, credibile e affidabile il nostro rapporto con l'Europa, innanzitutto per una questione di principio, perché è in gioco la stessa credibilità dell'Italia come sistema paese.
Abbiamo accumulato, con governi di colori diversi - non possiamo ricondurre la responsabilità della situazione del contenzioso aperto tra Italia ed Europa soltanto ad alcuni governi di maggioranza - una lunga serie di infrazioni, che non depongono a favore della coerenza del nostro legiferare. Devo dire, però, che questa lunga serie di infrazioni ha avuto un significativo incremento nel corso degli anni dei governi Berlusconi. Non so se, come accennava prima il collega Crisci, si tratti di una particolare declinazione dell'euroscetticismo, per il quale, oltre a mettere in discussione i parametri della nostra presenza in Europa, si è attuata una sorta di ostruzionismo e boicottaggio nei confronti delle decisioni europee: il fatto è che, comunque, tali infrazioni sono significative ed hanno aperto un contenzioso molto importante.
È necessario ed è interesse del nostro paese, in primo luogo, chiudere il contenzioso; e fa specie che, soprattutto il centrodestra (e segnatamente - va detto - il gruppo della Lega che ha presentato oltre 400 emendamenti in larga misura ostruzionistici), che qualche responsabilità, perlomeno per quanto riguarda gli ultimi anni, ce l'ha nei confronti di questa situazione, decida di ricorrere ad atteggiamenti ostruzionistici - almeno questo è quello che si è verificato nel corso dei lavori in Commissione - su un provvedimento volto a dare attuazione ad obblighi verso la Comunità europea.
Tra l'altro, è stato fatto notare come questo atteggiamento sia stato ben diverso da quello che le stesse forze politiche hanno tenuto al Senato, dove il provvedimento d'urgenza è stato approvato in tempi rapidi e in un clima costruttivo tanto che, come è stato ricordato, il testo ha subito alcune variazioni con il concorso determinante, su alcuni punti, dei gruppi di opposizione. Pur dinanzi alla riproposizione in Assemblea di tutti gli emendamenti già presentati in Commissione, mi auguro che il clima con il quale si discuterà in questa sede il provvedimento possa essere diverso e si recuperi quella consapevolezza, comune a maggioranza e opposizione, che al Senato si è manifestata.
Oltre alla ragione di principio, c'è anche una ragione sostanziale per la quale è necessario provvedere alla conversione in legge di questo decreto-legge entro i tempi stabiliti e, apprezzati questi ultimi, senza le possibili modifiche. Il fatto è che il meccanismo previsto dalla Corte di giustizia per il recupero degli aiuti indebitamente ricevuti dalle imprese - mi riferisco, naturalmente, all'articolo 1 - mettendo in capo allo Stato italiano la responsabilità del rientro attraverso l'agenzia delle entrate si configura come una sorta di totalizzatore e questo va a discapito dei nostri conti. Infatti, ogni giorno che passa si determina un aumento degli interessi dovuti sulle somme che Pag. 9devono essere restituite, in quanto decorrono a partire dal momento in cui quegli aiuti sono stati erogati e fino al momento in cui saranno effettivamente restituiti. Siamo in presenza, quindi, di una oggettiva necessità di procedere rapidamente al rientro.
Un'altra questione su cui desidero soffermarmi è quella della soluzione, che considero positiva, individuata al Senato per quanto riguarda l'articolo 4, comma 3, relativo al settore dei cosiddetti servizi post-contatore. In altri termini, l'articolo 4, comma 3, modificato al Senato con il concorso di maggioranza e opposizione, consente alle imprese operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas naturale, che abbiano in concessione o in affidamento la gestione dei servizi pubblici locali, di esercitare attività indiretta nel settore dei servizi post-contatore, attraverso società separate, partecipate, controllate o operanti in affiliazione commerciale, fermo restando, però, il divieto di applicare condizioni o concordare pratiche determinanti svantaggi ingiustificati per le imprese concorrenti nonché di avvantaggiarsi della posizione di privilegio di cui godono nei mercati regolamentati per assicurarsi posizioni di predominio anche in mercati, soggetti alla libera concorrenza, collegati a quelli regolamentati. La formulazione è, per così dire, impegnativa ma la questione è semplice e, nello stesso tempo, importante.
In altri termini, si trattava di garantire, come ci chiede l'Unione europea, un mercato privo di vincoli, un mercato libero in un settore comunque importante come quello dei servizi post-contatore, ma si trattava anche di garantire le condizioni di operabilità di tante piccole e medie imprese, soprattutto delle imprese individuali artigiane. Credo che il risultato ottenuto possa essere considerato come una soluzione equilibrata che garantisce la libertà del mercato ma fa salve le esigenze ed i diritti delle realtà artigiane, che rappresentano una parte importante del sistema delle piccole e medie imprese del nostro paese.
Inoltre, c'è una questione che nel decreto-legge, nella formulazione in cui lo dobbiamo approvare, non compare, ma che si era presentata nel corso della discussione al Senato. Lo ha ricordato anche il sottosegretario Grandi nel corso della seduta di mercoledì scorso, in sede di Commissione. Al Senato, il Governo aveva consentito a lasciar cadere un emendamento di iniziativa parlamentare, che in un primo momento aveva accettato, concernente la problematica relativa al cosiddetto CIP 6 in materia di erogazione di finanziamenti pubblici per gli impianti di produzione di energia che utilizzino combustibili non conformi alle previsioni comunitarie.
Penso che sia stata una decisione saggia. La materia è importante e certamente deve essere affrontata su base legislativa. In proposito, ricordo che in occasione dell'approvazione della legge finanziaria per il 2007, proprio al Senato il Governo manifestò un preciso impegno ad intervenire in questo settore; quindi, è giusto che ciò accada. Tuttavia, è anche vero che una tematica di tal genere - che affronta le condizioni di operatività nonché i piani industriali e le stesse prospettive di molte utilities, spesso a partecipazione pubblica, sia totale che maggioritaria - merita di essere affrontata in un provvedimento ad hoc e non in maniera affrettata, nell'ambito di un provvedimento da approvare nei termini di cui dicevamo prima.
Infine, vorrei ribadire la valutazione positiva ed il pieno sostegno del gruppo L'Ulivo al provvedimento. Tuttavia, vorrei ripetere in aula un'osservazione già svolta in sede di Commissione in quanto ritengo che sia giusto richiamare l'attenzione su questo aspetto. Nel decreto-legge è presente l'articolo 2, che concerne la promozione della candidatura della città di Milano all'Esposizione universale del 2015. Si tratta di un'iniziativa che fa seguito ad un impegno assunto nella legge finanziaria per il 2007, che non solo ha il mio personale sostegno, ma certamente anche quello della maggioranza (e mi auguro non soltanto di questa) in Parlamento. Tuttavia, mi chiedo quale sia il collegamento di Pag. 10tale articolo con le tematiche presenti all'interno del decreto-legge. È quantomeno difficile individuare il nesso tra questo specifico articolo e gli altri presenti nel decreto-legge, che seguono la logica dell'adempimento degli obblighi comunitari. Sarebbe opportuno limitare il più possibile una prassi di questo genere, non solo per conferire maggiore chiarezza, coerenza e semplicità ai provvedimenti che licenziamo, ma anche per una sorta di rispetto istituzionale nei confronti del Parlamento e dei suoi membri. Infatti, soprattutto i deputati di questa Camera non godono della medesima discrezionalità. Ribadisco in questa sede come spesso, in occasione di provvedimenti anche importanti, la capacità emendativa dei singoli parlamentari sia stata inibita con un richiamo serrato, rigido ed intransigente al principio dell'inammissibilità per estraneità di materia. A mio avviso, se tale principio vale per le iniziative dei deputati, deve tendenzialmente valere anche per la produzione normativa in generale (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, basterebbe riprendere alcune affermazioni svolte negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, il collega Tolotti ed i relatori Crisci e Baratella, per far comprendere quale sarà la posizione che il mio gruppo assumerà nei confronti di questo provvedimento. Al di là degli appunti da me presi per il mio intervento, peraltro non molto lungo, devo rilevare che, a volte, il dovere dell'opposizione è quello di evidenziare questioni che fanno parte non soltanto del suo patrimonio, ma anche di quello della maggioranza e che, pur tuttavia, rientrano nell'ambito dei compiti dei partiti che non sono al Governo.
Non è la prima volta che affrontiamo questi temi. Nelle altre occasioni in cui abbiamo dovuto recepire i dettami comunitari, abbiamo affermato che in nome di tale urgenza eravamo disponibili alla collaborazione. In premessa, è normale chiarire come sia paradossale utilizzare le infrazioni comunitarie, quindi situazioni spiacevoli in cui si trova l'Italia nei confronti dell'Europa, come strumento per aggiungere norme che potrebbero tranquillamente far parte di provvedimenti autonomi. Ho appuntato la frase in cui il relatore Crisci afferma che l'Italia è un paese europeista, ma che, nonostante questo, ha a suo carico il maggior numero di infrazioni. Mettiamoci, per così dire, nei panni di chi, funzionario della Comunità europea, accertata l'infrazione e, assegnato, quindi, all'Italia un termine di adempimento, riceverà, a giorni, la comunicazione del provvedimento che evita il proseguimento della procedura di infrazione. Nel leggere il testo del provvedimento, egli constaterà - evenienza frequente, ormai, da tempo - come esso rechi previsioni che niente hanno a che fare con l'infrazione commessa.
In linea generale, pertanto, detto a mo' di premessa, non possiamo accettare che vengano affrontate da provvedimenti come quello in esame questioni che meriterebbero invece maggiore e specifico approfondimento.
Il paradosso appare ancora più grave se si considera l'assegnazione del provvedimento alla competenza, in sede referente, di due Commissioni, la XIII e la VI. Infatti, ciò significa che il provvedimento d'urgenza, recando disposizioni su materie diverse, dovrebbe essere affrontato, valutato ed eventualmente anche modificato. Che senso avrebbe, altrimenti, tale esame nelle Commissioni se l'iter del provvedimento fosse già segnato? Ma i due relatori hanno già preannunciato che si potrà unicamente intervenire con l'approvazione di eventuali ordini del giorno. Il nostro tentativo mira invece a migliorare il testo.
Il Senato ha già approvato con modifiche, in prima lettura, la conversione in legge del provvedimento d'urgenza. Anch'io sono d'accordo nel riconoscere che il lavoro svolto dal Senato è stato positivo; la Camera, però, non deve decidere i propri Pag. 11interventi emendativi sulla base della valutazione fatta del lavoro compiuto dal Senato.
Due sono le questioni. La prima, come ha detto bene il collega Tolotti, consiste nell'esistenza di due rami del Parlamento i quali si sono dati una diversa organizzazione e applicano diversi regolamenti; quindi, come abbiamo ormai acclarato, affrontano le questioni in modo non identico.
La seconda questione è connessa al momento storico nel quale uno dei due rami del Parlamento ha affrontato l'esame della materia; il Senato, a mio modo di vedere, ha incardinato l'esame di questo provvedimento quando si stava occupando di questioni molto più importanti (o, quanto meno, importanti in quel momento in Italia). Se leggete i giornali di quel periodo, infatti, si dà molto risalto ai provvedimenti allora in esame al Senato mentre si dedica invece poca attenzione al decreto-legge in questione, che pure è un provvedimento i cui effetti hanno risvolti delicati.
Proprio per questa ragione, quindi, la maggioranza, che alla Camera dispone di più tempo e, in considerazione della diversa consistenza numerica, di maggiore tranquillità, avrebbe potuto intervenire sulle questioni rimaste sospese. Non siamo noi a sostenerlo: è l'ANCI ad aver diffuso una nota molto precisa, con la quale intende migliorare o, quantomeno, chiarire un punto, che caso mai richiamerò alla fine del mio intervento.
Quanto al numero degli emendamenti, noi di Forza Italia non ne abbiamo presentati neanche cinquanta ma, comunque, dichiariamo fin da adesso la nostra disponibilità a ridurli consistentemente.
Torno così alla premessa dianzi fatta ed al punto già esposto. All'articolo 1 viene stabilito un principio che, per i soggetti cui si applica, risulta essere mortificante. Premesso che la sanzione dovrebbe pagarla lo Stato - l'infrazione infatti viene addebitata allo Stato -, non si capisce per quale motivo poi la stessa debba essere evitata facendola, di fatto, pagare alle imprese. Chiarisco subito il mio pensiero. All'articolo 1 si cerca di evitare le sanzioni comunitarie per un'infrazione risalente a diversi anni fa, quando fu stabilito che le società municipalizzate che si fossero trasformate in Spa avrebbero beneficiato di alcuni vantaggi. Le società costituite in Spa in quel periodo si videro applicare, dunque, una norma prevista dalla legge; addirittura, alcune società appena costituite assegnarono automaticamente gli utili realizzati in quegli anni ai proprietari, che erano i comuni. Quindi, i comuni svolgevano delle attività attraverso le municipalizzate; il legislatore suggerì loro di trasformarle in Spa e tuttavia, restando il comune pur sempre il proprietario, le società, a fine anno, trasferivano gli utili ai proprietari, ovvero ai comuni stessi, senza pagare le imposte. Ora, emersa l'infrazione comunitaria con cui si stabilisce che l'utile doveva essere tassato, si chiede alle società di pagare tali importi, neanche detraendoli dagli utili maturati e distribuiti all'epoca. Potrebbe verificarsi il caso in cui i proprietari delle società attuali, chiamati a pagare queste somme, siano diversi da quelli dell'epoca. Si tratta di un paradosso che non lamentiamo soltanto noi ma che è stato evidenziato anche dall'ANCI e che si ritiene possa essere risolto o modificando il testo, come si è cercato di fare al Senato, o quantomeno interpretando in modo più estensivo il concetto di «fruizione».
Ho apprezzato particolarmente l'intervento del relatore per la VI Commissione, onorevole Crisci, per quanto concerne la nostra contraddizione nell'essere europeisti. Ritengo che sarà necessario approfondire la questione. Non ho invece gradito l'intervento del collega Tolotti, il quale ci ha ammonito per aver dato vita ad un Governo che ha determinato azioni che hanno comportato maggiori sanzioni. Ho ripreso un appunto che ho da tempo da cui ricavo che vi sono infrazioni aperte dal 1995. È arbitrario ritenere che solo il Governo Berlusconi abbia fatto aumentare il numero delle infrazioni. Purtroppo, l'Italia, per varie questioni, a volte per esigenze territoriali, è stata costretta a compiere scelte che non erano in linea - Pag. 12o quantomeno non era chiaro se lo fossero - con i dettami della Comunità europea.
Sono d'accordo nel cercare di recuperare e sono favorevole ad un approfondimento per cercare di risolvere completamente la situazione. Però, non dobbiamo far diventare l'adeguamento a sanzioni o infrazioni della Comunità europea uno strumento per inserire questioni estranee, che necessitano soltanto di essere approvate velocemente. In questo modo la nostra immagine in Europa sarebbe ancora peggiore, perché non solo siamo chiamati a correggere scelte fatte nel passato e lo facciamo in ritardo, ma «all'italiana» inseriremmo nel provvedimento questioni estranee solo perché devono arrivare velocemente al capolinea, utilizzando questo «treno» che va più veloce dato che non permette un dibattito parlamentare aperto e costruttivo.
Se è vero che vi è un danno (su ciò concordo con l'intervento del relatore) non solo economico (considerando le infrazioni e gli importi delle sanzioni), ma anche di immagine dell'Italia, aggiungo che il danno diventerebbe maggiore se presentassimo alla Comunità europea provvedimenti di correzione così eterogenei, incoerenti e «raffazzonati», che non danno il senso della nostra realtà, cioè di una nazione europeista che è stata e continua ad essere protagonista nella costruzione di un soggetto utile per lo sviluppo, in tutti i sensi, dei nostri territori.
Con queste premesse, mi auguro che a partire da lunedì potremo lavorare in seno al Comitato dei diciotto in maniera costruttiva per arrivare a qualche soluzione positiva e giungere ai risultati che ognuno di noi ha già intravisto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, rimango al mio posto e non scendo al banco del Comitato dei nove, dato che stiamo, diciamo così, abbastanza larghi.
L'attenzione su questi temi è sempre abbastanza scarsa e questa è parte della risposta che darò al relatore della Commissione finanze.
L'Europa, infatti, è qualcosa di molto lontano dalla gente e anche dalla politica. Sempre più spesso trovo politici, o coloro che si atteggiano a fare i politici, quanto meno in quest'aula, che conoscono poco dell'Europa in senso compiuto. Un conto è parlare dell'esperienza che nacque a tavolino, con molti buoni propositi, cinquant'anni fa; altro è prendere atto che l'Europa, oggi, ha tradito tutti i principi fondanti su cui era basata e non ne ha rispettato neanche uno.
L'Europa è fatti di furbi e di meno furbi con paesi che, chissà perché, riescono sempre a varare leggi comunitarie a proprio favore e che quando vi è un'infrazione la «sistemano» rapidamente.
I paesi meno furbi, invece, o forse meno interessati a fare gli interessi della propria gente, subiscono le infrazioni, non riescono mai a portare a casa un risultato e sono sempre presenti, quando devono far pagare quote, multe o altro. Dunque, qualcosa non funziona.
L'onorevole Alfano ha parlato di un provvedimento raffazzonato; bene, anch'io credo che lo sia, così come lo sono l'Europa e questo Governo. Infatti, è bello affermare che le colpe sono frutto di eredità, ma è anche vero che alcune di queste infrazioni risalgono al 1996 e al 1997, anni in cui eravate bellamente al Governo, prima con Prodi e con D'Alema ed infine con Amato. Non siete dunque esenti da alcun tipo di colpa.
Capisco che dia fastidio l'atteggiamento della Lega Nord, ma credo che, in tutta questa vicenda, la Lega sia l'unica coerente con ciò che, da almeno dieci anni, sta ribadendo e cercando di attuare.
Nel consesso europeo ci dobbiamo stare, ma se abbiamo ben chiaro dove vogliamo andare, cosa facciamo in Europa, quale ruolo vogliamo giocare e con quale presupposto siamo lì a difendere la nostra gente (se siamo lì difendere la nostra gente). Ho l'impressione che, ogni volta che si parla di Europa, nessuno abbia il coraggio, la voglia o la capacità di cogliere ed affrontare compiutamente queste questioni. E se non lo facciamo (continuo a ripeterlo), se continuiamo ad essere succubi Pag. 13in Europa, senza influire in alcun modo o agire, mi chiedo cosa ci stiamo a fare e cosa sia utile per noi.
Un paio di economisti, tempo fa, hanno provato ad elaborare una mappa sui vantaggi di essere entrati in Europa, di essere nell'euro e di rimanerci. Risultato: tre vantaggi (tassi di interesse e poco più) e 148 svantaggi, già raccolti, per il paese Italia.
Dunque, se la bilancia continua a pendere verso gli svantaggi (questo, accadeva cinque o sei anni fa) e se è peggiorata, mi chiedo se siamo stupidi noi o se questo paese abbia bisogno di svolgere una riflessione compiuta e seria. E per poterla sviluppare, occorre uscire da quella logica di cui parlava in precedenza il relatore, ossia di essere per forza «euro entusiasti» qualsiasi cosa l'Europa faccia o dica. Bisogna ragionare in maniera completamente diversa.
Badate, gli altri paesi europei lo stanno facendo! Sostengono di far parte di un fedus, di un patto, di una federazione di Stati. In un patto, non è l'Europa che impone determinate azioni alle quali noi, «euro entusiasti» a tutti i costi, dobbiamo adattarci! Un patto è qualcosa di completamente diverso: è un'Europa nella quale dobbiamo dire la nostra e, se non siamo d'accordo, dobbiamo rispondere «no». Ricordo che l'allora ministro Castelli (forse, qualcuno di voi da queste vicende potrebbe imparare con riferimento ai rapporti con l'Europa) si mise di traverso sul mandato di cattura europeo (basta leggerlo: è una cosa allucinante!) e lo stesso fece con riferimento alla «dose minima di pedofilia» (quando se ne parla, tutti restano in silenzio, perché nessuno ha il coraggio di intervenire), che ci veniva imposta dall'Europa; se l'Italia non si fosse opposta, la misura sarebbe passata.
Occorre sviluppare alcune riflessioni in ambito agricolo (anche se, rispetto al provvedimento in oggetto, non abbiamo particolari eccezioni da sollevare in materia agricola in generale, e sulla soccida e sul settore vitivinicolo in particolare; tuttavia, qualche perplessità emerge per quanto riguarda gli eventuali strascichi). Emergono dubbi su altri aspetti.
Innanzitutto, parlare della conversione in legge di disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari è quasi un obbrobrio. Dalle mie parti, nel mio paese, il fricandò è un pentolone nel quale, una volta, le nostre donne buttavano dentro di tutto (la carota, il sedano, pezzo di maiale e un pezzo di pollo: dopo la bollitura si mangiava; del resto, non c'era materia prima sufficiente per fare pietanze singole).
Voi, avete realizzato un fricandò nel quale avete cercato di buttare dentro tutto quello che vi passava per la testa o che volevate affrontare. Non vi era la necessità di adottare misure d'urgenza su queste materie; sarebbe stato sufficiente un disegno di legge. Allora sì, in maniera serena e compiuta, si potevano analizzare i singoli casi, uno per uno, sviluppare una discussione più serena, nella quale, forse, com'è successo per il disegno di legge finanziaria e per gli ultimi provvedimenti, si potevano accogliere proposte emendative della Lega (gli emendamenti della Lega, spesso, sono accolti, perché sono sempre propositivi, salvo poi cancellarli tutti, perché, magari dopo settimane di discussione, ponete la questione di fiducia).
Siamo disponibili a ragionare, a cercare di migliorare le disposizioni che approvate, spesso fatte male e raffazzonate. Ve le aggiustiamo noi! Non è un problema! Il contatto con la gente che lavora lo abbiamo davvero. Ma se buttate tutto dentro uno stesso calderone, diventa assai difficile riuscire ad esaminare in maniera serena il provvedimento. In questo provvedimento, vi è davvero di tutto: sono contenute disposizioni concernenti le cosiddette ex aziende municipalizzate, l'Esposizione universale del 2015, la società con partecipazione pubblica, interessi e canoni tra consociate, servizi pubblici, la sponsorizzazione dei prodotti del tabacco, la protezione dei diritti d'autore delle opere del disegno industriale, l'immigrazione, l'agricoltura e la professione di consulente del lavoro.Pag. 14
Ditemi come sia possibile ragionare in maniera serena in questo modo! Forse è possibile farlo relativamente ai singoli articoli. Ad esempio, per quanto riguarda l'articolo sulle cosiddette ex aziende municipalizzate, in parte il collega Alfano ha esplicitato alcune cose, ma svolgerei un ragionamento anche più ampio: la corsa alle municipalizzate, forse, non ci fa aprire completamente gli occhi sulle conseguenze che si determineranno sul territorio. Il CIP 6 è un altro aspetto che dovrebbe essere esaminato più compiutamente. Il provvedimento sui costi post contatore, inoltre, finirà per colpire i più piccoli tra gli artigiani e non è assolutamente un bene che facciamo al paese.
Per quanto riguarda poi l'articolo 5, le disposizioni contenute nelle lettere dalla a) alla d), previste nel testo originario, sono state espunte grazie all'intervento della Lega Nord che ha presentato al riguardo 400 emendamenti, perché non era proprio il caso di insistere in quel modo.
Ogni volta che varate un provvedimento sul turismo, sul commercio o sul calcio, riuscite sempre ad inserire norme che stravolgono la legge Bossi-Fini e questo, forse, accade perché non avete il coraggio di varare davvero una legge sull'immigrazione: siete talmente divisi al vostro interno (dal gruppo della Margherita all'estrema sinistra) che cercate di inserire norme anche in maniera subdola e dobbiamo avere sempre quattro, sei, otto, dieci occhi per cercare di corrervi dietro ed intervenire per capire cosa state combinando!
È, inoltre, prevista, cosa molto grave, l'abolizione di tutte le norme che garantiscono il controllo di chi giunge in casa nostra. Era sufficiente il periodo di 90 giorni, nel senso che fino a 90 giorni non vi era più l'obbligo di denunciare l'ingresso nel nostro paese o avere un permesso; bisognava comunicarlo entro otto giorni alla Questura, ma figuriamoci! Se leggete i giornali o siete in mezzo alla gente, sapete benissimo che se un immigrato entra come clandestino, non si presenterà alla Questura per dichiararsi! Lo «beccherete» dopo tre anni, ma lo stesso dirà che è entrato in Italia solo da sette giorni e l'ottavo giorno si sarebbe recato in Questura per dichiarare il suo ingresso, ma stiamo scherzando? Questa mattina sta arrivando una nave da Genova con 80 boliviani irregolari, non si sa come imbarcati su questa nave da crociera. Fosse la prima volta che arrivano 80 clandestini! Sappiamo esattamente l'orario ed il mezzo con cui approderanno! Non è possibile controllarli, con queste disposizioni. Da Genova possono andare dove gli pare e addirittura prevediamo i termini di 90 giorni ed 8 giorni per recarsi in Questura! Bisogna essere seri e non fare demagogia!
Capisco che dobbiate accontentare l'estrema sinistra che vi sta con il fiato sul collo, perché, altrimenti, le questioni di fiducia non vengono approvate. Credo sia importante non giocare su queste cose: invece, leggendo queste norme, vi è davvero da mettersi le mani nei capelli. In questo caso è davvero difficile ragionare con gli altri paesi europei. Vi ricordo che questa nave da crociera ieri mattina era ferma a Valencia, ma gli spagnoli si sono ben guardati dal far scendere gli ottanta boliviani. Anche il loro paese fa parte dell'Unione europea, ma, evidentemente, si trova nella fascia dei paesi più furbi e non in quella dei paesi più stupidi. Gli spagnoli hanno fatto in modo che i clandestini raggiungessero Genova, sostenendo che tanto se li sarebbero «presi» gli italiani che «prendono» tutto e tutti! Se poi i clandestini sono senza lavoro e «poveracci» saranno obbligati ad arrangiarsi per sopravvivere, sono fatti loro!
Credo che questo sia un comportamento incosciente, irresponsabile ed un modo politico di procedere che deve essere denunciato all'opinione pubblica, perché la gente deve sapere che, al di là dei proclami sull'Europa che non esiste, al di là dei proclami sull'immigrazione e l'integrazione che, purtroppo, ancora oggi, nonostante le vostre politiche di buonismo non esiste, noi del nord in Parlamento, in Assemblea e nelle Commissioni, vogliamo assolvere ad un ruolo vero per cercare di scoprire ogni volta cosa state combinando e quale scherzo state cercando di farci!Pag. 15
Allora, non meravigliamoci se poi la Lega presenta 370 emendamenti: alcuni sono costruttivi ed altri sono ostruzionistici. Magari lavoreremo fino a Pasqua, spostando le ferie, ma credo sia giusto non prendere per buoni questi argomenti, che vanno a toccare tutti i gangli della vita della nostra gente, solo perché vi è un problema con l'Europa!
In Europea bisogna trattare in una posizione forte, esporre le nostre ragioni, chiedendo una soluzione ai problemi consona alle nostri ragioni.
Se variamo determinate leggi, possiamo esporci ad eventuali ricorsi: la Unione europea potrebbe aprire una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese e la Corte europea condannarci. Noi, a quel punto, dovremmo semplicemente pagare ed adattarci, varando così - in una maniera che ritengo anche sconclusionata, come nel caso in esame - provvedimenti che non hanno né capo, né coda!
Ricordo che il Senato ha introdotto l'articolo 5-ter, concernente i consulenti del lavoro all'interno dei cosiddetti CED. Vorrei osservare che prima c'era un controllo maggiore e migliore dei processi informatizzazione dei dati relativi al lavoro. In questo caso, tuttavia, tale controllo sparisce, perché diventa non più obbligatoria la presenza di un consulente di lavoro all'interno dei centri di elaborazione dati.
Credo ci sia qualcosa che non vada. A questo punto, quindi, o deleghiamo tutto all'Unione europea, e decidiamo che le leggi vengono approvate da tale organismo - allora, però, il Governo e questo stesso Parlamento non servono assolutamente a niente! -, oppure questo Esecutivo - finché c'è! - e le Camere hanno una ragion d'essere e, dunque, devono deliberare, legiferare, discutere, proporre, ascoltare la gente e fare politica! L'Europa non deve essere il nostro principale nemico, come è attualmente, ma deve diventare semplicemente un interlocutore. Essa deve essere ascoltata prima di approvare le leggi ed eventualmente dopo, se vi dovesse essere qualcosa «da limare».
Ma se non sussiste tale rapporto, dovete spiegarmi la situazione! Provate a spiegarla alla gente, perché ancora non ha capito cosa sia l'Europa, e non perché non abbia voglia di farlo!
Il motivo non è rappresentato solamente dall'adozione dell'euro, che credo sia stata male impostata. I responsabili maggiori di quanto è avvenuto sono sicuramente Ciampi e Prodi, perché bisognava preparare il terreno così come hanno fatto gli altri paesi europei. L'euro ha raddoppiato il costo della vita, ma non si tratta solo di questo.
Il problema è semplicemente costituito dal fatto che, quelle poche volte che un cittadino ha a che fare con l'Europa, si sente «bastonato» da una sorta di tecnoburocrazia. Voi, infatti, sapete bene che il Parlamento europeo ha perso ben tre o quattro mesi per decidere di che lunghezza dovevano essere i cetrioli di stampo europeo o quale dovesse essere la turgidità dei piselli europei!
Se questa è l'utilità del Parlamento europeo, allora credo che tale istituzione non serva a niente! Se l'attività della Commissione europea, vale a dire l'organo che decide per davvero, consiste nel valutare continuamente se l'Italia - e non, come spesso accade, gli altri paesi - sia da sanzionare, e nell'imporci norme-capestro, allora chiedo semplicemente di sapere quale sia l'interesse della politica, del paese, di questo Parlamento e del Governo!
Se svolgessimo una riflessione seria, credo che troveremmo il modo, e forse anche i tempi, per riuscire a risolvere tali questioni; tuttavia, per fare ciò, credo che dovrebbe essere ritirato il provvedimento in esame. Ma penso che non lo farete, perché comunque proseguite decisi «come dei fusi» e non volete mai ammettere che qualche volta sbagliate!
Ricordo che sulla legge finanziaria e sul cosiddetto decreto-legge Bersani, prima del ricorso alla fiducia, vi avevamo fatto cambiare idea, in maniera costruttiva, su numerosi articoli. Ciò significa che talvolta sbagliate, che non siete poi così perfetti e Pag. 16che, forse, non avete le idee così chiare. Quindi, potremmo darvi volentieri una mano!
Se voi decideste di proseguire con l'esame del provvedimento in oggetto, allora noi dovremmo agire di conseguenza. Infatti, siamo di fronte ad un decreto-legge che tratta, al suo interno, non una sola materia, ma addirittura quindici! Osservo che alcune disposizioni possono essere anche accettate, tuttavia le altre sono decisamente da bocciare!
Ebbene, come si deve comportare una forza politica ragionevole, responsabile, attenta e vicina alla gente? Dovremmo forse accettare integralmente il fricandò, oppure dovremmo chiedervi di esaminare per parti separate i diversi argomenti trattati? Se però ci chiedete di approvarli in blocco, allora trecentosettanta emendamenti forse sono anche pochi, ma a quel punto dovremmo comunque discuterli tutti!
Ritengo che la responsabilità di ciò sia vostra, non nostra! Noi stiamo svolgendo il nostro lavoro e credo che, in questa maniera, stiamo agendo bene e nell'interesse della nostra gente. Penso che, in questo momento, chi non stia facendo bene il proprio lavoro e stia giocando con la gente siate proprio voi!
Non so se abbiate anche una capacità di analisi critica sufficiente per poter recitare il mea culpa e cercare di individuare una soluzione; tuttavia, vorrei segnalare che, all'interno del provvedimento, sono contenute norme che colpiscono tutti i cittadini. In realtà, solamente una parte viene toccata, perché già con i cosiddetti decreti-legge Bersani e con la legge finanziaria avete fatto il resto - vale a dire, «il grosso» del lavoro! -, ma in questo caso si prosegue comunque lungo una china sbagliata che non ci può piacere!
Pertanto, vorrei dire al relatore Crisci - uno dei pochi deputati rimasti in aula! - che non deve deplorare il fatto che il gruppo della Lega Nord Padania abbia presentato trecentosettanta proposte emendative: a mio avviso, infatti, non si tratta di un motivo valido per lamentarsi. Bisognerebbe cercare di capire, invece, per quale motivo al Senato della Repubblica abbiamo un po' cambiato il presente decreto-legge facendone sopprimere le disposizioni più aberranti, e forse anche più pericolose (quelle relative alla cosiddetta legge Bossi-Fini) e perché, nella seduta odierna, vi stiamo chiedendo - ed in maniera costruttiva - di affrontare l'esame dei provvedimenti con una maggiore serietà. Penso, infatti, che occorra entrare veramente nel merito delle questioni, anziché trovare soluzioni di sintesi «accomodanti» che però, alla fine, producono più danni che benefici!
Relatore Crisci, lei che è stato anche all'opposizione - e mi auguro che ci torniate anche alla svelta! -, sa bene che, in questi casi, è legittimo, giusto e credo anche doveroso presentare gli emendamenti e cercare di farvi riflettere. Se non dovessimo riuscirci, ciò si sarà verificato non per colpa nostra, ma a causa della vostra sordità!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il disegno di legge n. 2374, di conversione in legge del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, reca disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari e internazionali. Ancora una volta si ricorre al decreto-legge con la motivazione di dover corrispondere ad obblighi comunitari e porre termine a diversi contenziosi in atto in sede comunitaria.
Innanzitutto, vorrei sottolineare che, se è doveroso - lo condividiamo tutti - ottemperare agli obblighi che ci derivano dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea e superare il contenzioso che può derivare dalla violazione di questi obblighi, a mio giudizio, bisogna comunque evitare comportamenti eccessivamente deboli e remissivi nei rapporti con le istituzioni comunitarie. Infatti, a stretto rigore, se esaminiamo il testo e l'articolato del disegno di legge, soltanto gli articoli 1 e 3 - che poi illustreremo brevemente - riguardano materie oggetto di obblighi comunitari.Pag. 17
Alleanza Nazionale ritiene che il Governo debba evitare di inserire argomenti estranei alla riduzione del contenzioso europeo ed abbandonare la scorretta assimilazione delle direttive, che indicano indirizzi, ai regolamenti, che dettano invece norme immediatamente applicative.
Mi vorrei soffermare brevemente su questo tema, ossia sulla differenza tra direttive, che indicano indirizzi, e regolamenti che dettano norme immediatamente applicative. Ormai si parte da un assunto che ritengo assolutamente sbagliato - la sostanziale equiparazione tra le direttive e i regolamenti - dimenticando che c'è una differenza di fondo sotto il profilo giuridico ed una differenza sostanziale sotto il profilo normativo.
Mentre rispetto ai regolamenti vi è l'obbligatorietà del recepimento da parte di uno Stato membro, tutto questo non avviene né può avvenire per le direttive. Le direttive hanno lo scopo precipuo di avvicinare ed armonizzare gli ordinamenti giuridici nazionali, ma non hanno l'obbligo di determinarli. Equiparare, dunque, i regolamenti alle direttive è un abuso ed una contraddizione in termini, anche perché non possiamo uniformarci in maniera totale. Altrimenti, perderemmo quello spirito unitario della nostra storia, della storia dei singoli Stati nazionali che fanno parte dell'Unione europea, che invece credo vada mantenuto all'interno di un contesto europeo. Mi riferisco al rispetto dell'identità nazionale di ogni Stato.
Ritengo che nei rapporti con l'Unione europea non bisogna tenere un atteggiamento soccombente e debole. Molte volte l'Unione europea ha posto problematiche ed ha fornito indirizzi assolutamente irricevibili, quindi contestabili sul piano della dottrina e della motivazione.
Vorrei precisare che il tradizionale ritardo con il quale l'Italia adegua l'ordinamento interno alle disposizioni di natura comunitaria non giustifica l'utilizzo reiterato della decretazione d'urgenza che comprime i tempi del dibattito parlamentare su tematiche di grande importanza le quali avrebbero, invece, bisogno di interventi mirati attraverso provvedimenti specifici.
Inoltre, la consistenza del contenzioso comunitario che investe il nostro paese consiglierebbe non solo un'attenta disamina parlamentare delle norme contestate, ma anche un'analisi delle motivazioni sottese al presunto contrasto con la normativa europea, che non sempre appaiono fondate. Occorrerebbe, infatti, a mio giudizio, valutare in maniera più approfondita il contenuto dei rilievi comunitari prima di giungere ad un provvedimento di adempimento ad obblighi comunitari che ha la veste del decreto-legge.
Non si tratta, infatti, della legge comunitaria annuale - che il Parlamento ha licenziato da non più di due mesi e che è entrata in vigore pochi giorni fa - ma di un provvedimento d'urgenza. Bisognerebbe chiedersi cosa vi sia da registrare nella procedura della legge comunitaria annuale: appare strano, invero, che ci si trovi di fronte non al primo, ma al secondo intervento di urgenza in materia comunitaria adottato dall'inizio dell'anno.
Più in generale, sarebbe opportuno che il Governo intervenisse presso i competenti organi comunitari per sollecitare una produzione legislativa più aderente agli obiettivi di riorganizzazione e semplificazione delle legislazioni nazionali. In proposito, l'articolo 1 definisce i criteri per il recupero dell'esenzione triennale dall'imposta sul reddito concessa alle società per azioni partecipate dagli enti locali (le cosiddette ex municipalizzate), sanzionata in sede comunitaria quale illegittimo aiuto di Stato.
Infatti, la decisione. 2003/193/CE della Commissione, del 5 giugno 2002, ha dichiarato illegittime sia le agevolazioni fiscali (l'esenzione triennale dall'imposta sul reddito IRPEG, ora IRES) sia i prestiti stipulabili a tassi agevolati con la Cassa depositi e prestiti, che erano stati concessi dall'Italia alle ex municipalizzate. La Commissione europea ha valutato queste misure come aiuti di Stato, e in quanto tali da considerarsi illegittimi. Infatti, l'articolo 86, paragrafo 1, del Trattato vieta gli aiuti Pag. 18di Stato alle imprese, tranne in casi esplicitamente indicati, al fine di non intaccare il principio di libera concorrenza. Com'è evidente, favorendo alcune imprese o alcune produzioni, gli aiuti di Stato falsano, o minacciano di falsare, la concorrenza e come tali sono incompatibili con il mercato comune.
Pertanto, l'Italia è stata condannata a recuperare le predette agevolazioni relativamente ai periodi di imposta dal 1994 al 1999 e, poiché non ha ottemperato, è stata avviata nei suoi confronti la procedura di infrazione. Per ottemperare, l'Italia dovrà recuperare sia le imposte non corrisposte sia i relativi interessi maturati; e ciò si ripercuoterà - la cosa ci preoccupa - sui bilanci delle società partecipate dai comuni quotate in borsa e, di conseguenza, sui bilanci dei comuni medesimi.
Si auspica, quindi, la previsione, da un lato, di regole chiare che non penalizzino la governance delle società nelle quali la partecipazione del pubblico assume una valenza rilevante e, dall'altro, di un congruo periodo di tempo per l'adeguamento di meccanismi di governance societaria particolarmente articolati, elemento centrale di una riforma di più ampia portata. Uno degli emendamenti presentati dal mio gruppo punta proprio a raggiungere tale risultato.
Colgo l'occasione per precisare noi di Alleanza Nazionale non abbiamo presentato molte proposte emendative: in questa fase, ne abbiamo presentate poche che mirano a chiarire gli articoli 1 e 3. Si tratta di proposte migliorative volte a stabilire regole chiare che non penalizzino le ex municipalizzate e, di conseguenza, i comuni. Ci auguriamo che il Governo le ritenga meritevoli di considerazione e le accolga, nello spirito di un miglioramento del decreto-legge prima della sua conversione. Più specificamente, abbiamo proposto la soppressione di parte del secondo comma dell'articolo 1, concernente l'inapplicabilità degli istituti della dilazione dei pagamenti e della sospensione in sede amministrativa, la quale produrrebbe, a nostro giudizio, gravi effetti sui bilanci dei comuni interessati. Infatti, il decreto-legge vieta l'applicazione delle disposizioni ordinarie in materia di rateizzazione dei tributi ed in materia di sospensione cautelare in sede amministrativa o giudiziaria. In altri termini, viene imposto di pagare incondizionatamente quanto liquidato dall'agenzia delle entrate facendo solo salva la possibilità di impugnativa e senza dare la possibilità, invece normalmente ammessa, di sospendere l'esecuzione in presenza di fumus boni iuris e dove sussista il periculum in mora.
Riguardo a questo aspetto, mi rivolgo al sottosegretario Sartor che so competente in materia ed aperto ad accogliere proposte modificative migliorative del testo del provvedimento. Oltretutto, una disciplina di recupero che escluda in radice tanto la possibilità di sospensione quanto la possibilità di riscossione frazionata e graduale si presenta fortemente critica sul piano della legittimità costituzionale con il fondato rischio di eccezioni, verosimilmente fondate, da parte delle società interessate, tali da creare un ulteriore contenzioso e da paralizzare l'attività di recupero. Per tale motivo, con il nostro emendamento chiediamo l'abrogazione di una parte del comma 2 dell'articolo 1.
L'articolo 2 semplifica la procedura di utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla legge finanziaria per il 2007 per promuovere la candidatura di Milano all'esposizione universale del 2015. Sempre al fine di evitare l'esposizione al contenzioso comunitario, l'articolo 3 prevede l'abrogazione integrale dell'articolo 2450 del codice civile per il contrasto ravvisato con gli articoli 43 e 56 del Trattato della Comunità europea sul diritto di stabilimento e sulla libera circolazione dei capitali. Anche all'articolo 3 abbiamo presentato due emendamenti a nostro giudizio migliorativi.
L'articolo 4 allinea la normativa alle disposizioni comunitarie in materia di pubblicità e sponsorizzazione dei prodotti del tabacco e stabilisce l'adeguamento alle disposizioni comunitarie in materia di reti e servizi di telecomunicazione, di riordino Pag. 19del settore elettrico e di durata temporale della protezione del diritto d'autore delle opere di disegno industriale.
Sulla formulazione dell'articolo 5 Alleanza Nazionale e la Lega Nord hanno lungamente discusso durante l'esame del provvedimento al Senato, ritenendo che con essa, a nostro giudizio, si operavano, un'altra volta surrettiziamente, talune modifiche, come già avvenuto in precedenza con un altro articolo sul quale avevamo sollevato la questione di inammissibilità accolta dalla Presidenza della Camera. L'articolo 5, così come presentato dal Governo al Senato, prevedeva che il permesso di soggiorno, che deve essere richiesto dallo straniero per periodi di soggiorno in Italia superiori a tre mesi, poteva essere sostituito da una semplice dichiarazione di presenza quando il periodo di soggiorno fosse stato inferiore a tre mesi. Da qui scaturiva la possibilità anche per lo stesso datore di lavoro di essere esonerato da alcuni obblighi.
Su questo aspetto al Senato, insieme alla Lega Nord e ad altre forze politiche di opposizione, abbiamo a lungo discusso ed abbiamo ottenuto l'attuale formulazione dell'articolo 5 che tiene conto delle nostre osservazioni ed eccezioni. Quei commi che sono stati soppressi avrebbero previsto invece l'introduzione di una modifica alla cosiddetta legge Bossi-Fini, volta ad eliminare l'obbligo di permesso di soggiorno per soggiorni in Italia di una durata inferiore ai tre mesi. Che cos'è avvenuto? L'attuale testo dell'articolo 5 all'esame di questo ramo del Parlamento, e sul quale noi non presenteremo emendamenti, tiene conto di quanto è avvenuto al Senato e la modifica al testo unico sull'immigrazione è ora oggetto di un disegno di legge che è stato già approvato, su insistenza dell'opposizione, dalla I Commissione (Affari costituzionali) del Senato in sede deliberante.
Cosa consentirà questo? Ci consentirà di trattare un tema delicato, riguardante la modifica di una legge che porta il nome del presidente del partito che oggi rappresento. Ci consentirà dunque di trattare un tema che, oltretutto, è uno degli argomenti fondanti della linea politica di Alleanza Nazionale, in una sede più opportuna, rendendo possibile il dibattito parlamentare che invece sarebbe stato costretto in sede di discussione sulla conversione in legge di un decreto-legge.
Inoltre - e con questo vado a concludere - il lavoro dell'opposizione in Senato ha anche consentito di evitare un altro danno grave per il paese, rappresentato dall'introduzione nel decreto-legge di una norma che escludeva il contributo CIP 6 alle fonti assimilate alle energie rinnovabili, come la frazione non biodegradabile dei rifiuti, e che andava a porre un freno allo sviluppo dei termovalorizzatori nel nostro paese. Questo è stato un tema che abbiamo a lungo dibattuto qualche mese fa, quando abbiamo trattato l'emergenza rifiuti in Campania. È una problematica - anche questa - che sarà oggetto di un apposito progetto di legge che - anche questo - potrà essere adeguatamente esaminato ed approfondito con un dibattito parlamentare. Dico ciò per far comprendere in che modo si possa risolvere una questione importante per il nostro paese come quella dei rifiuti, che in alcune regioni d'Italia - come abbiamo visto in Campania - rappresenta ancora adesso un grave problema sia ambientale che sociale.
Concludo, quindi, ribadendo ancora una volta che l'uso del decreto-legge deve essere quello che la Costituzione e il regolamento hanno previsto, in modo da permettere comunque a tutti - e, in particolare, a noi forze dell'opposizione - di intervenire nel dibattito parlamentare e di contribuire al processo legislativo; altrimenti, il sospetto è che si stia commettendo un abuso, che passa poi per essere del tutto legittimo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, gli obblighi al rispetto di vincoli comunitari sono alla base della necessità ed urgenza del provvedimento di cui l'Assemblea oggi si occupa. Si tratta di un Pag. 20provvedimento che interviene sui diversi settori dell'ordinamento e che propone contenuti fra loro indubbiamente eterogenei, ma uniti dal comune proposito di adempiere ad obblighi di fonte sovranazionale, per porre termine a diversi contenziosi già in atto in sede comunitaria, nonché di ottemperare agli impegni assunti in ambito internazionale in merito alla candidatura della città di Milano per l'Esposizione universale 2015.
Come ha giustamente sottolineato il ministro Emma Bonino in sede di approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il provvedimento in esame costituisce un significativo passo in avanti per il recupero del fardello del contenzioso comunitario da anni pendente davanti alle istituzioni europee.
Noi Popolari-Udeur siamo da sempre convintamente europeisti e riteniamo, quindi, che un'omogeneizzazione delle norme attraverso il recepimento delle direttive europee sia un fatto sostanzialmente positivo. Il provvedimento - già definito come una sorta di minicomunitaria - contiene una serie di disposizioni dettate dalla necessità di adeguare il diritto interno alla normativa comunitaria, a fronte soprattutto di procedure di infrazione avviate. Un corretto recepimento della normativa comunitaria, una giusta applicazione della stessa e i successivi controlli sono fondamentali se si intende realmente raggiungere quel processo di integrazione europea che tutti auspichiamo.
Nonostante si sia in presenza di un decreto-legge dalla struttura piuttosto complessa, con questo mio intervento desidero passare in rassegna in maniera sintetica alcuni punti salienti dello stesso.
L'articolo 1 reca disposizioni in materia di recupero di aiuti di Stato in forma di esenzioni fiscali e prestiti agevolati. In particolare, si dà attuazione alla decisione 2003/193/CE della Commissione europea del 5 giugno 2002, con l'intento di porre fine al contenzioso pendente in materia di agevolazioni fiscali e prestiti agevolati concessi alle cosiddette ex aziende municipalizzate.
Tale disposizione normativa, infatti, riscrive ex novo le procedure per conseguire il recupero degli aiuti concessi dallo Stato alle società a totale o prevalente partecipazione degli enti locali - le cosiddette ex municipalizzate - dando così attuazione alla sentenza della Corte di giustizia europea resa in data 1o giugno 2006 e con la quale il nostro paese è stato condannato per non aver proceduto al recupero delle agevolazioni dichiarate illegittime.
Con l'articolo 2 si dispone la prosecuzione delle attività promozionali per la candidatura della città di Milano all'Esposizione universale del 2015, dando seguito a quanto previsto dal comma 950, dell'articolo 1, della legge finanziaria per il 2007. E anche questo la dice lunga, nonostante le recenti prese di posizione, su come questo Governo ponga attenzione alla città di Milano.
L'articolo 2-bis, in attuazione degli articoli 5, 6 e 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, contiene disposizioni dirette all'istituzione del registro nazionale delle «varietà da conservazione», al fine di garantire tutela alle «varietà da conservazione» e creare le condizioni per preservare le sementi tradizionali che, altrimenti, rischierebbero l'estinzione.
L'articolo 3 recepisce alcuni rilievi espressi dalle istituzioni europee nei confronti di disposizioni del nostro ordinamento in materia di diritto societario e diritto tributario. Per quanto concerne il diritto societario, recependo le indicazioni della Commissione europea che a tal proposito ha avviato una procedura di infrazione, abroga l'articolo 2450 del codice civile, relativo alla nomina di amministratori, sindaci o componenti del consiglio di sorveglianza di società per azioni da parte dello Stato o di enti pubblici privi di partecipazioni azionarie nella società, il cosiddetto golden share. In materia tributaria, si dà attuazione al parere motivato della Commissione europea in tema di esenzione fiscale dei pagamenti di interessi e di canoni tra società consociate di Stati Pag. 21membri diversi e di tassa di concessione governativa per l'iscrizione di atti nel registro delle imprese.
L'articolo 4, comma 1, abroga l'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 300 del 2004 che, ponendo una deroga al divieto di sponsorizzazione degli eventi e delle attività praticate nell'ambito degli stessi quando tali eventi o attività si svolgano esclusivamente nel territorio dello Stato italiano, risulta essere in contrasto con la direttiva 2003/33/CE in materia di pubblicità e sponsorizzazione dei prodotti del tabacco. I commi successivi prevedono inoltre disposizioni relative all'adeguamento della normativa italiana relativa all'accesso a reti di comunicazione elettronica, ai servizi di post-contatore dell'energia elettrica e del gas ed alla protezione del diritto d'autore per le opere di disegno industriale.
L'articolo 5 apporta modifiche all'articolo 27 del testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, prevedendo per i lavoratori stranieri dipendenti da datori di lavoro residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea che il nulla osta al lavoro, di cui all'articolo 22 del medesimo testo unico, sia sostituito da una comunicazione effettuata dal committente da presentare allo sportello unico della prefettura-ufficio territoriale del Governo, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno e procedendo al contempo a modificare anche la disciplina dell'espulsione amministrativa.
L'articolo 5-bis affida al Ministero della salute, quale autorità competente, il compito di provvedere agli adempimenti previsti dalla regolamento (CE) n. 1907/2006 sulle sostanze chimiche, il cosiddetto REACH, che obbliga il produttore e l'importatore a registrare, valutare e richiedere l'eventuale autorizzazione della sostanza prima di immetterla sul mercato, prevedendo nei commi successivi le modalità di attuazione di tali disposizioni.
L'articolo 5-ter, infine, prevede modifiche alla disciplina inerente alla professione di consulente del lavoro, di cui alla legge n. 12 dell' 11 gennaio 1979. Con disposizioni volte ad adeguare l'ordinamento interno ai principi comunitari, tralasciando le novità tecniche, si richiede per l'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro il possesso almeno di una laurea triennale nelle discipline riconducibili all'area giuridico-economica, ritenendo non più sufficiente il solo possesso di un diploma di scuola secondaria superiore.
Per concludere, sottolineo che il recepimento da parte dell'Italia, come degli altri paesi, delle direttive europee non deve leggersi alla stregua di un atto notarile. La creazione di una legislazione comune va invece vista come una opportunità o, se volete, una necessità, per creare le condizioni affinché l'Europa possa dotarsi di quegli strumenti per arrivare ad una politica economica comune.
Una crescita economica bilanciata su tutto il territorio dei paesi che formano l'Unione si rende necessaria, sia in vista dell'allargamento dell'area euro ai nuovi paesi, sia in vista delle sfide economiche provenienti, oltre che dagli Stati Uniti, dalle vecchie aree produttive asiatiche, Giappone, Corea, Singapore, e dalle nuove, Cina, India ed altri. È necessario, quindi, individuare quei settori ad alto valore aggiunto in cui il background del vecchio continente può battere ogni concorrenza.
La creazione delle condizioni per una crescita economica deve essere vista non nella prospettiva di abbassare il livello dei diritti sociali a quello dei nuovi concorrenti, ma piuttosto di elevarlo a quello delle vecchie economie; pensiamo ai paesi europei socialmente più avanzati, ma anche agli Stati Uniti o al Giappone, dove convivono sia la crescita economica sia il mantenimento o il miglioramento delle prestazioni sociali.
Rileviamo, infine, che l'Italia, proprio attraverso questo strumento legislativo, negli ultimi anni sta recuperando la distanza, soprattutto in termini di diritti nei confronti di altri paesi europei. Recependo le disposizioni comunitarie ed adeguando Pag. 22più celermente di una volta il proprio diritto a quello comunitario, l'Italia può diventare un paese migliore.
Come già evidenziato all'inizio del mio intervento, a ben vedere si tratta di un provvedimento piuttosto complesso, la cui approvazione, però, non può essere né negata né altrimenti prorogata, ed è per l'importanza e l'essenzialità che esso riveste, che preannuncio sin d'ora il voto favorevole del gruppo dei Popolari-Udeur.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.