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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 379 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. Delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri (Approvato dal Senato) (A.C. 1287) (ore 16,40).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1287)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Reina. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, preciso, per l'ennesima volta, che l'accento tonico sul mio cognome deve essere diverso: io mi chiamo Reina, con l'accento sulla «i»...
PRESIDENTE. Le chiedo scusa.
Prosegua pure, onorevole Reina.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, devo precisare, ancora una volta, la posizione che il Movimento per l'Autonomia, componente politica del gruppo Misto alla quale appartengo, intende appalesare in ordine al decreto-legge in esame, sul quale già ci siamo espressi in sede di dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo. Credo non si possa assolutamente immaginare una posizione favorevole né da parte di chi vi parla, anche a nome di coloro per cui vi parla, né da parte di altri parlamentari, meridionali e siciliani segnatamente. Infatti, il presente decreto-legge, che passerà alla storia come il «decreto spacchettamento», in realtà rappresenta un atto di debolezza da parte di questo Governo.
Si tratta di un atto di lottizzazione che vede la frammentazione di funzioni e di strutture organizzative per uno scopo che non è quello elevato che si vorrebbe far credere, ovvero quello di promuovere una migliore e più funzionale azione di Governo.
Vedete, sono stato tra coloro che sono rimasti silenti in occasione del dibattito sui costi della politica, perché, francamente, non credo si possa utilizzare questo tipo di dibattito ed i suoi contenuti per valutare, fino in fondo, l'azione della politica. Se l'azione della politica costa, i suoi costi sono necessari, commisurati e correlati all'obiettivo che bisogna raggiungere. Ciò, quindi non ha mai un costo; diventa costoso, anche se di poco, quando, in realtà, gli obiettivi che si vogliono raggiungere sono di natura diversa, come in questo caso.
Non credo che il Governo abbia un'intenzione molto chiara e definita, al di là di ciò che ha espresso durante la campagna elettorale. Non credo abbia intenzioni chiare e rispettose delle esigenze del sud.
C'è una grave e perniciosa disattenzione nei confronti del sud, che si palesa ancora di più nel DPEF - sul quale discuteremo presto -, secondo un drammatico copione cui abbiamo assistito, per la verità, non da ora, ma da parecchi anni a questa parte.
Queste sono le ragioni vere per le quali non ci sentiamo di condividere questo «decreto spacchettamento» del Governo. Forse esso servirà a creare un po' di unità in una maggioranza che fa acqua da più parti. Basta osservare le dichiarazioni contraddittorie di diversi ministri all'indomani del loro insediamento: nell'ambito delle infrastrutture, Bianchi sostiene una cosa, mentre Di Pietro ne sostiene un'altra e poi viene in aula per affermare una cosa ancora diversa. Mi riferisco all'infrastruttura delle infrastrutture per noi del sud, vale a dire il ponte sullo Stretto. Assistiamo anche a reprimende riservate del Presidente del Consiglio dei ministri.
La verità è che manca un'attenzione nei confronti del sud. Quindi, non siamo interessati a discutere sulla divisione di funzioni e di poteri per assicurare al Governo di reggere, chissà, qualche giorno, qualche mese, qualche settimana, forse qualche anno in più. Saremmo interessati ad un'azione del Governo più incisiva, più vera, più autentica, più autorevole rispetto alle vere problematiche del paese. Non la ravvisiamo in questo primo scorcio di lavoro del Governo. Francamente, dubitiamo che possa arrivare, viste le premesse, ma siamo sempre in attesa che ciò possa accadere, nell'interesse del nostro paese.
Per queste ragioni, confermo che il Movimento per l'Autonomia voterà «no» sulla conversione in legge del decreto-legge alla nostra attenzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo della Democrazia Cristiana-Partito Socialista voterà contro la conversione in legge del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181. Lo farà con la consapevolezza di una forza politica che sa perfettamente che questo provvedimento porterà l'Italia indietro.
È un decreto-legge emanato nel giorno del giuramento del Governo, prima ancoraPag. 4che fosse votata la fiducia da parte del Parlamento, in contrasto evidente con gli articoli della Costituzione; hanno giurato tre ministri senza essere tali, con una scorrettezza istituzionale senza precedenti. Il decreto-legge ha portato caos nel funzionamento dei ministeri e dei dipartimenti, con dicasteri ricomposti da un diessino, ora caduto in disgrazia e scomparso dalla scena politica, scomposti e ricomposti in maniera diversificata rispetto alla prima stesura prevista alcuni anni fa, e conduce ad un esecutivo pletorico, sicuramente non funzionante, che non potrà convogliare le energie verso l'obiettivo finale, cioè rilanciare la politica, l'economia, l'occupazione nel nostro paese, venendo così sicuramente meno ai programmi che lo stesso programma dell'Unione o dell'Ulivo, a guisa di «libro di Mao», aveva indicato come obiettivi.
Leggendo il testo del decreto-legge emerge che alcuni ministeri sono «ministeri fantasma». Ad esempio, non si sa bene cosa debbano fare il ministro delle politiche per la famiglia o il ministro della solidarietà sociale, dato che mi sembra che sia stato istituito il «ministero della droga» più che quello della solidarietà sociale. Non capisco bene la funzione del ministro Melandri, che dovrebbe affrontare il disagio giovanile o interessarsi di sport, mentre dà luogo ad un presenzialismo nel corso di partite di calcio o di passerelle su autobus scoperti insieme ai nostri calciatori. Mi sembra si tratti di un ministero di rappresentanza del Governo. Una forte dicotomia vi è tra il ministro dei trasporti e quello delle infrastrutture: ogni volta che uno di loro dichiara di rilasciare una conferenza stampa, la Borsa crolla di un punto; è sufficiente l'enunciazione. Inoltre, vi è il turismo scorporato dal Ministero dello sviluppo economico, l'ex Ministero delle attività produttive, ed inserito nel Ministero dei beni e delle attività culturali con il dipartimento rimasto presso la Presidenza del Consiglio.
Naturalmente ciò porterà ad uno scontro di competenze tra ministeri, alla moltiplicazione di evangelica memoria dei pani e dei pesci e, quindi, di funzionari, segretari, personale assegnato ai «ministeri fantasma», come è avvenuto per la nomina di molti nostri colleghi a sottosegretari, colleghi che sono poi stati sostituiti da altri parlamentari. Non si tratta solo di un costo monetario: è in ballo la funzionalità. Ai cittadini non interessa il costo della politica, quanto piuttosto avere risposte quotidiane ai problemi che debbono affrontare.
Lo «spacchettamento» porta, secondo alcuni calcoli, ad oltre 300 milioni di euro in più da pagare, quanti sono quelli che nella prima manovra economica il ministro Ferrero ha ottenuto per la solidarietà sociale ed invierà alle regioni, che riceveranno questi soldi finalizzati, in realtà, non al sociale ma a ricoprire i «buchi» che si sono creati nella loro pletorica gestione istituzionale ed amministrativa.
Onorevoli colleghi, la politica ha portato ad aumentare il numero dei consiglieri regionali, degli assessori provinciali, di quelli comunali; i parlamentari siciliani si sono persino aumentati lo stipendio più di quello dei parlamentari nazionali! Dove vogliamo arrivare con la moltiplicazione e la pletoricità delle associazioni e dei costi della politica, che comportano soprattutto mancanza di funzionamento?
È questa la moralità che manca, quella di chi dice di voler risolvere i problemi del paese e invece cerca di risolvere quelli al proprio interno, come vediamo fare tutti i giorni. Non si può esultare solamente quando vengono uccisi i soldati americani o israeliani: bisogna condannare i morti da ogni parte e avere tristezza sia per gli uni che per gli altri.
Occorre vedere il made in Italy come qualcosa da rilanciare: non possiamo vincere una coppa del mondo e subito, il giorno dopo, darci addosso. Invece di sfruttare questi momenti particolari, si finisce, per un interesse che è di parte e non della nazione né dello Stato, per dare addosso a ciò che di buono si è fatto in tutti questi anni. Mi sembra di ritornare indietro di decenni, a quando giocavano Italia-Unione sovietica e molti tifavano per quest'ultima.Pag. 5
Non si può continuare con altri nuovi ministeri, a proposito dei quali la stessa parola «pubblica» aggiunta a quella dell'istruzione fa pensare al «libretto di Mao», al fatto che la cosa pubblica deve sovrastare e comandare tutto in Italia. La cultura può essere prodotta anche dal privato: è questa la vera democrazia! Aver ripristinato l'istruzione pubblica quale momento di evidenza ci fa indietreggiare.
Non vorremmo che le fiabe che ci raccontavano i nostri padri e i nostri nonni venissero cambiate; non vorremmo che nella favola di Cenerentola o di Biancaneve e i sette nani, a seconda del momento, si parlasse della storia di due uomini o di due donne e non, come ci hanno insegnato, della storia tra un uomo e una donna!
Non si può cambiare la tradizione né la cultura; si deve cercare di andare avanti. Non si può pensare solamente al Gay Pride: occorre sapere che esiste il Normal Pride, che riguarda la stragrande maggioranza del popolo italiano!
Sono queste le considerazioni che emergono leggendo il provvedimento sullo «spacchettamento», che ci riporta sicuramente indietro, a regredire ancora di più da quelle posizioni che con grande fatica nella prima Repubblica eravamo riusciti a tenere, così da diventare la quinta potenza economica: ora siamo la ventunesima, tra poco saremo la venticinquesima. Ci supereranno tutti, perché ci interessiamo di più dei problemi di parte che non di quelli dell'interesse nazionale e della macchina che, invece, deve riprendere ad avanzare.
I cittadini - lo ripeto - sono pronti a sopportare anche cattivi governi laddove vi sia funzionalità e laddove si constati tutti i giorni che la burocrazia, la pletoricità e le difficoltà che si incontrano quotidianamente sono superate.
Per tali ragioni crediamo che questa sia la goccia che farà traboccare il vaso, per cui noi, in maniera convinta, voteremo contro la conversione in legge del cosiddetto decreto-legge sullo «spacchettamento», che è un insulto alla Costituzione, quella che gli italiani hanno voluto mantenere e che non deve essere rispettata soltanto a parole, ma anche nei fatti.
Dobbiamo lavorare per quella Costituzione che proietta l'Italia verso la pace nel mondo, e non verso la guerra.
PRESIDENTE. Onorevole...!
LUCIO BARANI. Dobbiamo rispettare - se Dio vuole - anche tutti quei soldati americani e inglesi che sono morti per liberarci dal fascismo: come lo hanno fatto loro per noi, così dobbiamo farlo noi per gli altri!
PRESIDENTE. Onorevole Barani, la prego di concludere!
LUCIO BARANI. Basta con la demagogia! Grazie Presidente, grazie delle due scampanellate...!
PRESIDENTE Grazie a lei!