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Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Rinvio interpellanza urgente - Leone n. 2-00341)
PRESIDENTE. Avverto che il Governo ha chiesto di rinviare ad altra seduta lo svolgimento dell'interpellanza urgente Leone n. 2-0341. Onorevole Leone, lei accede a tale richiesta?
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, intervengo solo per dare l'assenso al rinvio Pag. 52della trattazione della mia interpellanza, che auspico si svolgerà la prossima settimana, stante l'urgenza.
Il Governo ha ragione a chiedere il rinvio, perché si tratta di un argomento delicatissimo e ponderoso. Occorre una risposta seria e concreta a quanto si chiede. Quindi, auspichiamo una risposta nella prossima settimana e diamo il consenso alla richiesta di rinvio.
(Iniziative per il riconoscimento dell'anzianità giuridica ed economica maturata presso l'ente di provenienza a favore del personale ATA della scuola - n. 2-00332)
PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00332 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, si tratta di un problema cosiddetto «all'italiana».
La legge 3 maggio 1999, n. 124 stabiliva che il personale ATA degli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado dovesse essere trasferito dagli enti locali allo Stato.
Questo è avvenuto a tutti i livelli. In seguito questo persone, che hanno continuato a svolgere il proprio lavoro (che è sempre rimasto lo stesso, tranne alcuni casi di trasferimento in altri enti dello Stato) alla fine della carriera si sono ritrovate la pensione ridotta di tantissimi anni. Ciò è accaduto perché non è stata riconosciuta loro l'anzianità di servizio, che avevano maturato presso gli enti locali.
Si tratta francamente di un gravissimo atto di ingiustizia perché quest'anzianità non è stata riconosciuta dallo Stato attraverso provvedimenti diretti, nonostante diversi decreti e disposizioni; quindi, gli interessanti hanno attivato l'unica procedura loro possibile per ottenere giustizia, ossia il ricorso al giudice del lavoro fino alla Cassazione: tutti gli organi giurisdizionali aditi si sono regolarmente espressi a favore del personale ricorrente.
Il problema riguarda ben circa 80 mila ex dipendenti locali, di cui circa 25 mila hanno risolto il problema attraverso cause intentate contro lo Stato.
Faccio l'esempio di un assistente tecnico del liceo scientifico della città dove abito, Olbia (posso anche dire il nome: si tratta del signor Mario Carta), che, dopo aver svolto 39 anni ed oltre di servizio nel suo ruolo di assistente tecnico, si è visto riconosciuta l'anzianità di 21 anni, come se gli altri 18 non fossero stati anni lavorativi.
Il computo è stato effettuato sulla base di un'interpretazione distorta: essendo noto che gli stipendi corrisposti dagli enti locali sono più bassi di quelli delle amministrazioni statali, lo Stato nella fase di transizione ha giocato, diciamo così, su questa differenza. In altre parole, le pensioni sono state calcolate in base agli stipendi inferiori pagati dagli enti locali, non a quelli percepiti dagli interessati in qualità di dipendenti statali.
Conoscendo la sensibilità del sottosegretario e del ministro riguardo a problemi così importanti, chiediamo loro semplicemente se non ritengano urgente e necessario ripristinare, attraverso provvedimenti anche normativi, comunque erga omnes (quindi, non soltanto nei confronti di coloro i quali hanno proposto ricorso, ma anche di tutti gli altri che si trovano nella medesima condizione), il diritto dei lavoratori ATA della scuola provenienti dagli enti locali, con il pieno riconoscimento dell'intera anzianità giuridica ed economica maturata presso l'ente di provenienza, con la conseguente abrogazione del comma 218 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006 (già superato dalle sentenze che l'autorità giurisdizionale competente ha pronunciato in materia).
Credo che il Governo debba misurarsi con il problema che è stato segnalato. Non è pensabile che, mentre il Parlamento vuole che le aziende si mettano in regola, che i lavoratori percepiscano una busta paga veritiera perché il monte lavoro finale delle retribuzioni percepite venga trasferito nella pensione, il Governo possa non essere sulla stessa linea.Pag. 53
Auspico che il Governo dica una parola chiara al riguardo - sono certo che l'ascolteremo tra poco - e faccia giustizia relativamente ad un caso che riguarda 80 mila lavoratori, oggi alle dipendenze dello Stato, ma provenienti dagli enti locali (25 mila di essi hanno già ottenuto giustizia nelle aule giudiziarie).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla pubblica istruzione, Gaetano Pascarella, ha facoltà di rispondere.
GAETANO PASCARELLA, Sottosegretario di Stato alla pubblica istruzione. Signor Presidente, all'onorevole Satta è ben nota la complessa questione che concerne l'applicazione dell'articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, attualmente sottoposto al vaglio di legittimità della Corte costituzionale.
L'articolo 8 della legge ha posto a carico dello Stato il personale amministrativo tecnico e ausiliario degli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed ha conseguentemente disposto il trasferimento nei ruoli del personale ATA statale del personale degli enti locali in servizio nelle scuole ed istituti statali alla data di entrata in vigore della legge medesima, prevedendone l'inquadramento nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti e demandando la disciplina relativa alle modalità del trasferimento ad un successivo decreto del ministro della pubblica istruzione, da emanarsi di concerto con i ministri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica, sentiti l'ANCI, l'UNCEM e l'UPI.
In particolare, la legge ha stabilito che al personale ATA proveniente dagli enti locali è riconosciuta, ai fini giuridici ed economici, l'anzianità maturata presso l'ente locale di provenienza. La stessa legge ha tuttavia previsto che, in corrispondenza dell'inquadramento nei ruoli statali del personale degli enti locali, si procede alla contestuale e progressiva riduzione dei trasferimenti statali in favore degli enti locali medesimi in misura pari alle spese comunque sostenute dagli stessi enti nell'anno finanziario precedente a quello dell'effettivo trasferimento del personale. In pratica, i costi che lo Stato avrebbe dovuto sostenere per il personale entrato a far parte dei propri ruoli dovevano essere ridotti dai trasferimenti accordati ai comuni e alle province, da cui proveniva detto personale.
Per l'attuazione del citato articolo 8, in data 20 luglio 2000, è stato siglato dall'ARAN e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali un apposito accordo, che, come previsto dalla legge, è stato recepito dal decreto 5 aprile 2001, adottato dal ministro della pubblica istruzione, di concerto con quelli dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, infine, di quello per la funzione pubblica.
Con tale decreto sono stati definiti i criteri di inquadramento del personale interessato. In particolare, il decreto ha previsto che l'inquadramento dei dipendenti in parola dovesse avvenire in base al criterio del «maturato economico», ossia collocando gli interessati nella posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999. L'eventuale differenza tra l'importo della posizione stipendiale di inquadramento ed il trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999 sarebbe stata corrisposta ad personam e considerata utile, previa temporizzazione, ai fini della maturazione delle successive classi di stipendio, ciò al fine di garantire ai trasferiti il mantenimento del livello economico raggiunto negli enti locali, se superiore rispetto a quello dello Stato, nonché di effettuare il trasferimento senza oneri aggiuntivi per lo Stato, in quanto, come già detto, la legge n. 124 del 1999 non ha previsto alcun finanziamento per l'attuazione del citato articolo 8.
Per una più completa conoscenza di questa complessa vicenda è anche opportuno ricordare che le modalità di determinazione del trattamento economico per il personale scolastico statale e per quello degli enti locali sono diverse. Infatti, per il Pag. 54personale scolastico statale la retribuzione è formata dal trattamento fondamentale - basato su classi di stipendio di importo progressivo, che vengono attribuite alla scadenza di periodi di servizio prestabiliti - nonché dal trattamento accessorio, disciplinato dalle norme contrattuali di settore; per il personale degli enti locali, invece, la retribuzione è formata dal trattamento economico fondamentale, cui corrisponde lo stipendio tabellare, dalla retribuzione individuale di anzianità e dal trattamento accessorio, anch'esso disciplinato dalle norme contrattuali settore.
Quindi, diversamente dal personale del comparto «scuola», per il personale degli enti locali - come avviene per la generalità degli altri dipendenti pubblici - l'anzianità di servizio è valutata a parte, con una specifica voce di stipendio, che si aggiunge alle altre voci.
Considerate tali differenze strutturali tra i trattamenti economici delle due categorie di personale, la disposizione dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, è stata applicata dall'amministrazione tenendo conto, ai fini dell'inquadramento nei ruoli statali del personale proveniente dagli enti locali, del trattamento economico complessivo in godimento - che, come già detto, comprende anche l'anzianità di servizio - ed attribuendo agli interessati la corrispondente classe di stipendio prevista per il personale scolastico statale.
In molti casi, il personale interessato ha contestato i criteri di inquadramento adottati dall'amministrazione, ritenendoli in contrasto con la specifica disposizione contenuta nell'articolo 8, comma 2, della legge n. 124 del 1999, in base alla quale al personale in argomento va riconosciuta, ai fini giuridici ed economici, l'anzianità di servizio maturata presso l'ente locale di provenienza.
Ne è derivato un diffuso contenzioso che in alcuni casi si è concluso, come peraltro già rilevato dall'onorevole Satta, in Corte di Cassazione, con la soccombenza dell'amministrazione. Vi sono però anche casi di giudici che, in consapevole contrasto con la Cassazione, hanno espresso un diverso giudizio, condividendo la tesi dell'amministrazione, in virtù della riconosciuta natura contrattuale dell'accordo del 20 luglio 2000, della valenza quale fonte normativa di tale accordo e dell'assoluta assenza, nella legge n. 124 del 1999, della previsione di una copertura finanziaria per i pretesi aumenti retributivi da corrispondere al personale in parola. In presenza di questa situazione è intervenuta la legge 23 dicembre 2005, n. 266, ossia la legge finanziaria per l'anno 2006, che, all'articolo 1, comma 218, reca l'interpretazione autentica della norma controversa. Alla luce di questa norma interpretativa risulta corretto il criterio di inquadramento adottato dall'amministrazione.
Convengo con le obiezioni espresse dall'onorevole Satta circa la situazione di disomogeneità che tutto ciò ha determinato nell'ambito del personale interessato. Confermo che il Governo non ha attivato alcuna iniziativa in sede di discussione della legge finanziaria per l'anno 2007, anche perché la Corte costituzionale non si è ancora pronunciata sulla norma di interpretazione autentica. Il ministero sta seguendo con grande attenzione l'evolversi di questa complessa situazione e, appena si sarà pronunciato l'organo costituzionale, valuterà la situazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Satta ha facoltà di replicare.
ANTONIO SATTA. Signor Presidente, non so se al mio posto vi fosse l'onorevole D'Antoni a rispondere su questo tema, quale sarebbe stata la sua pronuncia. Non posso essere soddisfatto, nel modo più assoluto. Ancora una volta lo Stato, per dare ragione ai lavoratori, attende addirittura che si pronunzi la Corte costituzionale. Vi è anche una disparità: da una parte vi sono circa venticinquemila lavoratori, che sono in regola e hanno ottenuto tutto, perché hanno beneficiato di sentenze anche cumulative, che hanno riguardato cioè duecentosettanta persone; dall'altra, 55 mila lavoratori che sono ancora nel limbo e che per essere sistemati devono Pag. 55attendere il giudizio della Corte costituzionale.
Credo che uno Stato di diritto debba compiere uno sforzo maggiore - onorevole sottosegretario, lo dica al ministro Fioroni - perché, dopo che abbiamo fatto uno sforzo nella legge finanziaria per sistemare i precari, battaglia giusta che qualifica questo Governo e questa maggioranza, non possiamo il giorno dopo dare un esempio di ingiustizia così grave.
Credo sia un problema grande, di cui si deve far carico lo stesso Parlamento, in quanto non è pensabile che si debbano avere lavoratori di serie A e di serie B, cioè lavoratori che hanno avuto l'opportunità di accedere al giudizio, quindi ottenere sentenze favorevoli ed altri che, invece, non hanno avuto l'accortezza di andare davanti al giudice o i soldi per pagare l'avvocato per farlo.
Credo che però, di fronte ad una situazione così diffusa di 25 mila lavoratori già sistemati, che hanno avuto il riconoscimento della loro anzianità, uno sforzo debba essere fatto - mi rivolgo a lei, mi rivolgo anche al sottosegretario D'Antoni per la parte che lo riguarda e per la sensibilità sindacale che gli rimane, anche perché chi parla ha militato sempre nella CISL e nella CISL-scuola per giunta - perché la risposta è necessaria. Si tratta, infatti, di una risposta - lo ripeto ancora una volta - di giustizia sociale nei confronti di chi ha svolto seriamente il proprio lavoro sino all'età pensionabile.
Non è accettabile quindi che sia una risposta interlocutoria, che rimandi alle calende greche, che cerchi ancora di risparmiare: quando poi esploderà il caso, lo Stato dovrà pagare interessi e altro, con l'ulteriore conseguenza di un danno all'erario.
Invito per questi motivi il sottosegretario a rivedere la sua posizione e ad affrontare il problema, tanto più che egli ed i colleghi firmatari presenteranno ancora una volta l'interpellanza in oggetto, anche se in altra forma, perché non intendono abbassare la guardia.
(Condizioni tariffarie per l'approvvigionamento di energia elettrica a favore delle imprese del Sulcis Iglesiente - n. 2-00322)
PRESIDENTE. L'onorevole Mereu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00322 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
ANTONIO MEREU. Signor Presidente, intervengo brevemente per ricordare il problema. Si tratta della seconda interpellanza urgente che presentiamo al Governo sull'argomento, perché vorremmo sollecitare, anzi trovare una soluzione per l'applicazione di tariffe energetiche agevolate per le industrie energivore situate nella nostra Sardegna, in particolare nel sito di Portovesme. Su tali industrie si basa l'economia dell'intera regione, la quale attende ormai da diversi anni la soluzione del problema, che riteniamo non possa essere ulteriormente procrastinata.
Vorrei ricordare al viceministro che il Governo precedente (il Governo Berlusconi) aveva riconosciuto che le aziende Portovesme e Alcoa - sono quelle principali -, le quali producono piombo, zinco e alluminio (prodotti strategici per la nostra nazione) con un costo di energia che grava sensibilmente sui costi di produzione, trovano difficoltà ad inserirsi in un mercato internazionale. Da qui il riconoscimento del fatto che l'adozione di tariffe agevolate era necessaria e indispensabile per dare uno sviluppo al territorio.
Il Governo Berlusconi, dunque, con un decreto del 2005, oggi all'attenzione della Commissione europea, ha riconosciuto questa situazione. Noi avevamo già presentato, come dicevo prima, una interpellanza, rispondendo alla quale il sottosegretario Gianni, a nome del ministro, aveva dichiarato l'intenzione da parte del Governo di continuare ad esercitare una pressione sull'Europa per giungere alla soluzione del problema; tuttavia attualmente non ne vediamo ancora l'uscita. Si tratta, infatti, non solo di un problema di tariffe, che già di per sé è importante, ma anche, ad esempio, della costruzione di una nuova centrale, collegata al bacino del Pag. 56Sulcis Iglesiente, e quindi alla ripresa dell'estrazione mineraria.
Ci troviamo in pratica di fronte al territorio di una intera provincia, che aspetta una soluzione, a nostro avviso determinante non solo per la soluzione del problema evidenziato, ma anche per uno sviluppo successivo e diversificato. Diversamente, ci troveremmo veramente in difficoltà; è per questo che sul tema incalzeremo sempre il Governo in carica, attendendo dal viceministro una risposta positiva.
PRESIDENTE. Il viceministro dello sviluppo economico, D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, in continuità con quanto fatto dal precedente Governo e con la risposta fornita dal sottosegretario Gianni, ci siamo mossi presso la Commissione europea affinché le decisioni assunte con la legge n. 80 del 2005 potessero essere tramutate in fatti concreti. Come sappiamo bene, la tariffa differenziata incontra le obiezioni dell'Unione europea perché configura un aiuto di Stato che ostacola la concorrenza.
Per tale ragione ci siamo mobilitati ed il ministro Bersani, in un incontro avuto a novembre con la commissario alla concorrenza, Kroes, ha sostenuto la tesi della legge n. 80 e la possibilità che l'Unione europea concedesse la relativa autorizzazione. Finalmente, in data 22 gennaio 2007 (quindi pochi giorni fa) è pervenuta una lettera a firma del direttore generale della Commissione europea. In tale lettera - pur nel presupposto che non dovrebbero esser autorizzati aiuti al finanziamento agli utenti, salvo che in circostanze davvero eccezionali - viene dato atto testualmente dell'eccezionalità dell'attuale situazione infrastrutturale della Sardegna che legittima la Commissione ad autorizzare aiuti, ponendo peraltro limiti operativi a tali aiuti e suggerendo soluzioni di mercato da adottare nel prossimo futuro per risolvere il problema dell'alto costo dell'energia elettrica sull'isola. Si provvederà quindi a breve ad ulteriori e necessari approfondimenti tecnico-giuridici sulla proposta formulata dalla Commissione.
Quindi, il percorso indicato si è avviato con qualche mese di ritardo, ma - ahimè - sappiamo bene quante complicazioni esistano nei rapporti con l'Unione europea e quanto occorra adoperarsi sia in termini di pressione politica che di operatività tecnica. Tuttavia, avendo ricevuto questa risposta, pensiamo che i provvedimenti adottati con la legge n. 80 possano finalmente, con i dovuti aggiustamenti tecnici, andare in porto.
Per quanto riguarda la seconda parte dell'interpellanza, ci siamo mossi affinché il differenziale energetico della Sardegna venisse recuperato nel più breve tempo possibile. Già nel marzo 2006 è stato deciso l'utilizzo del nuovo cavo SAPEI che collegherà la Sardegna alla penisola e per il quale sono già stati avviati i lavori.
Per quanto riguarda la questione del collegamento e dell'arrivo del gas metano, è stato fatto un accordo con il Governo algerino ed entro il 2010 il gasdotto dovrebbe essere ultimato.
Da ultimo, arriviamo alla costruzione di una centrale di produzione elettrica che possa utilizzare il carbone prodotto nelle miniere dell'Iglesiente, problema che anche noi avvertiamo come molto serio ed impegnativo. Oltre a tutto ciò che si renderà necessario, è stata avviata finalmente la procedura. La competenza è ormai esclusiva e fa capo alla regione Sardegna, ma abbiamo comunque avuto garanzie dalla stessa regione che si farà in modo che entro il maggio del 2007 la nuova centrale possa diventare operativa.
Ritengo che ci siamo mossi con serietà ed impegno per venire incontro al grave problema che la regione Sardegna aveva ed ha e che l'interpellanza ha sottoposto all'attenzione del Governo.
PRESIDENTE. L'onorevole Mereu ha facoltà di replicare.
ANTONIO MEREU. Signor Presidente, di fronte ad affermazioni così precise da parte del Governo, è chiaro che non posso Pag. 57che dichiararmi soddisfatto. Tuttavia, devo aggiungere che noi ne seguiremo con attenzione gli sviluppi perché non vorremmo che gli accorgimenti tecnici diventassero man mano sempre più grandi. Non mi aspetto che tali difficoltà sorgano da parte del Governo (certamente non mi aspetto questo), bensì da parte della Commissione europea. Per tale motivo continueremo ad essere vigili e seguiremo insieme al Governo gli sviluppi del problema.
(Iniziative del Governo a favore del Mezzogiorno - n. 2-00334)
PRESIDENTE. L'onorevole Ossorio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00334 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, a Caserta, l'11 e il 12 gennaio scorso, si è svolta una riunione del Consiglio dei ministri, che ha assunto una decisione importante a favore del nostro meridione.
Al termine della riunione il Presidente del Consiglio, l'onorevole Romano Prodi, ha rilasciato una dichiarazione che a noi napoletani suona come un autorevole impegno. Egli ha affermato che, se non riparte Napoli, non riparte l'Italia.
Ebbene, credo si possa ripartire bene, nel rinnovato impegno per le regioni meridionali d'Italia, a condizione che si chiariscano alcuni punti che ho evidenziato nella mia interpellanza. Ad oggi, le condizioni del Mezzogiorno rappresentano ancora una preoccupante emergenza politica, sociale ed economica. Una pesante eredità di cui il paese non riesce a liberarsi.
Eppure, in presenza dei profondi mutamenti economici che si stanno verificando su scala internazionale, la competitività del sistema Italia passa inevitabilmente per la soluzione definitiva - noi ce lo auguriamo - proprio di quella che, fino a qualche anno fa, si indicava come questione meridionale.
L'allargamento dei mercati, sotto la spinta di un inarrestabile processo di economia aperta, pone in evidenza la necessità che l'Italia sappia competere su uno scenario sempre più vasto e complesso, sul quale sono apparsi da decenni nuovi protagonisti particolarmente aggressivi. Basti pensare a quanto, nel mercato del lavoro in Italia, si stia facendo concretamente sentire la presenza delle economie asiatiche e a quanto quella concorrenza incida nel mercato del lavoro meridionale.
Per mantenere adeguati i tassi di sviluppo e quindi di benessere, l'Italia deve riuscire a rimanere competitiva nel mercato globale. A nostro avviso, oggi non esiste un piano organico di rilancio industriale, strutturale e coerente per il sud. Quest'ultimo continua ad essere considerato come una emergenza da affrontare ciclicamente, attraverso politiche di sostegno limitate nel tempo e sempre di carattere congiunturale.
In questi ultimi anni, abbiamo assistito inermi ad una progressiva e devastante dismissione dell'apparato industriale di tutto il sud. In particolare, in Campania, queste dismissioni hanno avuto effetti drammatici, indebolendo in maniera evidente un tessuto sociale già debole; è inutile sottolineare che queste dismissioni hanno avuto quale effetto diretto una forte recrudescenza del fenomeno malavitoso, contribuendo a rafforzare sul territorio organizzazioni delinquenziali che, in alcune zone, arrivano ormai ad assumere un carattere parastatale.
È fondamentale pensare al rilancio di una struttura industriale complessa, diffusa e capillare, capace di sopravvivere autonomamente. È necessario dare il via ad un sistema industriale moderno e autopropulsivo. Ma un sistema industriale coerente necessita del rilancio del sistema creditizio e finanziario meridionale. Infatti, anche quest'ultimo settore è stato oggetto di una lenta ma inarrestabile decadenza; basti pensare alla scomparsa del Banco di Napoli.
Orbene, con il vertice di Caserta, sembra che il Governo abbia voluto lanciare un segnale chiaro nella direzione di una Pag. 58precisa volontà di rilancio del sud. È inutile sottolineare che si tratta di un'occasione, che probabilmente sarà l'ultima.
Pertanto, devono essere chiari e riconoscibili sette punti essenziali: i centri di spesa; i meccanismi di erogazione; i criteri che li regoleranno; i criteri di selezione; i piani industriali; i soggetti ammessi a beneficiare di tali sostegni, che dovranno essere perfettamente riconoscibili; la qualità della spesa pubblica. Bisogna evitare la creazione di mille rivoli improduttivi, nei quali si possono disperdere tali energie.
In questo quadro, appare assolutamente necessario considerare sempre la situazione della città di Napoli che, con il suo comprensorio, rappresenta un agglomerato urbano di più di 4 milioni di abitanti. Si tratta dell'area metropolitana più vasta d'Italia, ma anche della più complessa.
Ciò dà luogo ad una condizione estremamente difficile da governare, a causa della drammatica debolezza della sua struttura urbana, industriale e finanziaria. È una realtà, le cui dimensioni amplificano, inevitabilmente, le carenze dell'intero sistema produttivo italiano. Il Governo nazionale non può rimanere inerte, come in passato, davanti a tutto ciò, soprattutto perché Napoli e la Campania rappresentano, come il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha mancato di precisare, non solo un grande patrimonio storico e culturale, ma anche una risorsa enorme su cui investire.
Con la presente interpellanza, si chiede al Governo di fornire indicazioni più dettagliate sulle proposte che l'Esecutivo intende presentare al Parlamento, per dare effettività agli impegni assunti nel corso del vertice di Caserta. Concludo, sottolineando che sarebbe importante conoscere, quindi, insieme ai sette punti che ho poc'anzi evidenziato, anche l'esatto ammontare delle cifre stanziate. Al riguardo, c'è stata una nebulosa di notizie e non si è potuto capire esattamente di che cosa parliamo: se derivano esclusivamente da impegni assunti dall'attuale Esecutivo (o se risultano stanziamenti pregressi del precedente Governo), quanti di questi fondi abbiano provenienza comunitaria e se verrà instaurata una cabina di regia unica per gestire questi finanziamenti, ovvero se si potranno gestire sul territorio.
Come ho già avuto modo di dire, quella del sostegno al risanamento e allo sviluppo del Mezzogiorno è una partita fondamentale per il Governo, soprattutto alla luce del fatto che, nella precedente legislatura, poco o nulla è stato fatto in merito. Non si possono lasciare i livelli locali di Governo del territorio, città, province e regioni abbandonate senza che il Governo nazionale sia forte e preciso. Milioni di cittadini del meridione, lo scorso anno, hanno accordato la loro fiducia proprio nella speranza che la coalizione dell'Unione potesse fornire al paese segnali di rinnovamento, veri, reali e tangibili e non solo impegni formali.
PRESIDENTE. Il viceministro per lo sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, condivido l'impostazione e l'analisi che l'onorevole Ossorio ha esposto. Avendo, tra l'altro, all'interno del Governo, questa responsabilità, sono contento che ci sia una forte sensibilità in Parlamento che vada nella direzione di un impegno forte per lo sviluppo delle aree deboli del paese, se vogliamo che l'Italia si unisca davvero e possa competere, a livello europeo ed internazionale. Consegnerò all'onorevole Ossorio una nota scritta, che precisa, per quanto possibile in questa fase, le risposte alle domande che sono state poste, proprio per cercare di dare la massima trasparenza la nostra azione.
In questa sede, preciso che ci muoviamo sulla base di un'impostazione generale che prevede, in sette anni, la spesa complessiva per le aree meridionali di 101 miliardi di euro, che sono il frutto del finanziamento europeo per le aree sottosviluppate, il cosiddetto finanziamento di coesione, (distinguendo tra le aree di obiettivo 1, di convergenza, e le aree di obiettivo 2, di competitività), del cofinanziamento Pag. 59nazionale, che è di 28 miliardi di euro, con il supporto di intervento nazionale, il cosiddetto FAS, ovvero il Fondo aree sottoutilizzate. Nella proposta approvata dal CIPE e poi dal Consiglio dei ministri, il 10-11 gennaio a Caserta, che abbiamo inviato alla comunità perché la possa valutare, abbiamo provveduto anche al rispetto agli obiettivi di Lisbona cui la Comunità vincola l'erogazione dei suoi fondi.
Nella distinzione ci muoviamo per fare in modo che si recuperino i ritardi che il Mezzogiorno ha accumulato, in una chiara impostazione di qualità della spesa. Per questo motivo, abbiamo predisposto un finanziamento complessivo nei 7 anni che coprono l'intero settennio affinché si possa cominciare a programmare senza l'incertezza che si è avuta negli anni precedenti, di non sapere esattamente su quante risorse puntare. Abbiamo elaborato questo tipo di impostazione perché ora abbiamo grande chiarezza, ognuno ha le sue responsabilità e potrà affrontare con serietà, attraverso i cosiddetti piani operativi nazionali, i piani operativi regionali e i piani interregionali, il problema di mettere in moto processi di sviluppo che puntino a risolvere la questione dell'industria manifatturiera, dei servizi e complessivamente dell'industria che abbia sbocchi sul mercato, in particolare per quel che riguarda le nuove tecnologie e la possibilità di utilizzare le risorse intellettuali che esistono nel Mezzogiorno.
Tutto questo produce una suddivisione pari, avendo le regioni grande competenza in materia, al 61 per cento per le stesse ed al 39 per cento per lo Stato. In particolare, per la regione Campania - era una delle domande - in questi 7 anni ci saranno 12 miliardi di euro (diciamo che corrispondono all'impostazione che prima ho dato), proprio perché siamo consapevoli della centralità della Campania e di Napoli in questo quadro di sviluppo del Mezzogiorno.
Tutto ciò fa parte del piano, ma questo non basta. Questo è sicuramente un elemento fondamentale per dare una certezza sulle questioni delle infrastrutture, del recupero della formazione, della ricerca e di tutte le problematiche aperte in cui aumentiamo gli stanziamenti anche in proporzione molto sostanziale, proprio per dare una seria risposta a problemi che hanno gravi ritardi nell'area meridionale.
A tutto questo accompagniamo un'azione cosiddetta ordinaria molto forte per attrarre gli investimenti, che consiste in tre misure: il credito di imposta per nuovi investimenti, il cuneo fiscale differenziato per le aziende che operano nel Mezzogiorno e l'individuazione delle cosiddette nuove zone urbane franche, che siano in grado di attrarre investimenti, soprattutto di piccole e medie imprese, così come è stato fatto nell'esperienza francese.
Inizieremo il 21 febbraio, attraverso un rapporto con le regioni e le parti sociali, il confronto per attuare tutto l'insieme di queste problematiche, e in un rapporto coerente e costante con il Parlamento cercheremo di dare sempre conto e ragione di quello che faremo, nella convinzione che è importantissimo per tutti che a tale impostazione corrispondano opere, risultati, obiettivi e più alti livelli occupazionali: questo è negli intendimenti del Governo e penso che lo sviluppo del Mezzogiorno sia una di quelle scommesse che qualifica un Esecutivo: se la vince, cambia la storia del paese, mentre non aggiungo l'altra ipotesi.
PRESIDENTE. L'onorevole Ossorio ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, la replica è ovviamente sintetica e l'intervento del viceministro non ha bisogno di un dibattito. Io lo ringrazio perché ci farà avere una nota scritta, la leggeremo con attenzione e ne daremo anche opportuna pubblicità sul territorio della Campania perché è il punto dolente della questione del Meridione. Sull'argomento saremo attenti; immaginiamo che il Governo Prodi sappia avere grande sensibilità ed attenzione. Tuttavia, avremmo voluto avere una risposta sin d'adesso dal viceministro D'Antoni - cui va, comunque, il Pag. 60nostro ringraziamento - e sapere se ci sarà una cabina di regia unica oppure se i finanziamenti saranno gestiti sul territorio.
(Interventi in relazione alla situazione finanziaria della società Caltanissetta Agricoltura e Sviluppo SCPA - n. 2-00339)
PRESIDENTE. L'onorevole Misuraca ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00339 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4), di cui è cofirmatario.
FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, prendo la parola per tanti motivi; innanzitutto perché chi segue i nostri lavori indubbiamente deve capire di cosa stiamo parlando.
Ho piacere che sia il viceministro D'Antoni a rispondere a questo atto di sindacato ispettivo poiché anch'egli, come il sottoscritto, è originario di Caltanissetta. Egli sicuramente è a conoscenza delle vicende che hanno interessato la sua città, poiché ha partecipato, nel 1996, alla cosiddetta programmazione negoziata, che tante speranze ha ingenerato nella nostra provincia.
Sono alla mia terza legislatura e nel passato, signor viceministro, più volte sono intervenuto in aula per accelerare la realizzazione di quelle speranze di cui ho appena fatto cenno.
Entrando nel merito della questione, rilevo che la provincia di Caltanissetta si è caratterizzata proprio per la programmazione negoziata in tre momenti: patti territoriali, cosiddetti di vecchia generazione, che hanno consentito la costituzione della Caltanissetta SCPA, una società soggetto responsabile; il patto per l'agricoltura costituito dal soggetto responsabile, Caltanissetta Agricoltura e Sviluppo; il contratto d'area, nel territorio di Gela, con il soggetto responsabile Gela sviluppo.
In questa legislatura - in piedi da appena sette mesi -, più volte ho presentato atti di sindacato ispettivo. Voglio ricordare, in particolare, l'interrogazione del 25 luglio sulla Caltanissetta SCPA e sui patti territoriali.
Il Governo non ha ancora dato risposta all'interrogazione appena ricordata, così sono stato costretto, signor viceministro, a presentare un'interpellanza urgente che oggi ci troviamo a svolgere; quest'ultima, riassume i diversi momenti della programmazione negoziata in provincia di Caltanissetta.
Per quanto concerne la Caltanissetta SCPA - è ricordato nell'interpellanza senza aggiungere nulla di nuovo -, l'interrogazione del 25 luglio manifestava la mia preoccupazione - e quella dei colleghi che l'avevano sottoscritta - circa la sua sopravvivenza. Stiamo parlando del soggetto responsabile che, purtroppo, vive un momento di agonia; tra l'altro, proprio in questi giorni vi è stato un cambio al vertice, ma non so se i suoi uffici, signor viceministro, glielo hanno comunicato.
Non vi sono più gli organi della Caltanissetta SCPA, sono stati eletti nuovi rappresentanti, ma la società è ferma perché priva di capitali, perché non riceve più gli utenti e non riesce più a fornire risposte e ad interloquire con il Ministero dello sviluppo economico. In ogni caso, nel frattempo è scoppiata la grana della Caltanissetta Agricoltura, poiché, come dicevo inizialmente, si tratta della società che sta portando avanti la programmazione e la realizzazione di stabilimenti, di opifici nel settore dell'agricoltura: su 100 istanze, 71 sono arrivate a compimento. Devo dire che si tratta di un bel successo poiché si sono create speranze e aspettative nel settore dell'agricoltura, tra l'altro rispetto al 1995-1996 vi è stata anche la riforma della PAC e gli stabilimenti ci sono. Anche in questo caso, la società di coordinamento, il soggetto responsabile è all'agonia, nel senso che i soci di maggioranza (la provincia regionale di Caltanissetta, il comune di Gela e di Caltanissetta) non intendono sottoscrivere l'aumento di capitale sociale perché sperano che il Ministero dello sviluppo economico conceda dei contributi per attivare la società.Pag. 61
Lei, signor viceministro, ricorderà che vi sono stati degli emendamenti alla finanziaria, presentati dalla maggioranza e dall'opposizione - tra i quali anche i miei -, per consentire la ricapitalizzazione di queste società, sia della Caltanissetta SCPA sia della Caltanissetta Agricoltura. La posizione della questione di fiducia - ancor prima che mi si dia la risposta - - non ha consentito l'approvazione di questi emendamenti.
Tuttavia, in questo caso vi è anche la beffa: gli imprenditori sono lì per lì per chiudere. Devono incassare il saldo, eppure non ricevono i collaudi da parte del ministero in quanto vi è una società che non può più sopravvivere.
Allora, con l'interpellanza in oggetto chiediamo risposte sulla situazione delle due società, in particolare sulla Gela Sviluppo.
Inoltre, vogliamo capire se il ministero ha effettuato un riscontro dei benefici che ha portato la programmazione negoziata in provincia di Caltanissetta, considerato che vi è anche qualche impresa sull'orlo del fallimento e che oggi non ci sono risposte esaustive. Crediamo che, forse, vi siano responsabilità da ricercare anche in altre sedi. Grazie.
PRESIDENTE. Il viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Grazie, Presidente. All'inizio della suo intervento, l'onorevole Misuraca ha ricordato quanto io personalmente - sia nella mia precedente attività che in quella attuale - creda nello strumento della programmazione negoziata. Dunque, ritengo che le comunità locali possano dare avvio ad una spinta dello sviluppo locale negoziato, con la partecipazione di tutti. Purtroppo, in questa vicenda i tempi sono stati troppo estesi.
Non intendo fare polemiche, ma sono stati persi anni decisivi dal 2001 al 2006, e non è un caso. Basta guardare a ciò che è avvenuto per rendersi conto che a questo tipo di interventi - sia per la questione dei soggetti gestori, sia per la questione degli altri provvedimenti - il Governo precedente non ha creduto. Infatti, ha affidato tale strumento alla regione, lasciando un vuoto normativo impressionante. Il nostro Governo - e in particolare, con la mia responsabilità -, ha cercato di rimettere in moto i processi, proprio perché sono convinto, con riferimento alla parte finale delle considerazioni svolte dall'onorevole Misuraca, che tale strumento, pur nelle sue luci ed ombre, ha dato risultati positivi.
Bisogna affrontare le questioni che sono ancora aperte. Una l'abbiamo risolta con la legge finanziaria, in quanto abbiamo avuto una proroga per poter rimodulare i finanziamenti per il 2007 e per il 2008. L'altra, invece, riguarda il finanziamento del soggetto gestore. Tale ultima questione, tuttavia, non è stata ancora risolta perché, per l'appunto, nella legge finanziaria non è passato il rifinanziamento.
Dunque, ci stiamo adoperando, assumendoci la nostra responsabilità, affinché si possa trovare una soluzione, reperendo le risorse necessarie, pur sapendo quanto ciò sia difficile dal momento che si tratta di andare a »scavare«. Infatti, i problemi, purtroppo, non riguardano solo Caltanissetta. Nelle stesse condizioni di Caltanissetta vi sono molte altre realtà: dunque, se i problemi si risolvono per una, bisogna risolverli per tutte.
Ciò pone un problema di risorse che non è facile risolvere. Tuttavia, ci stiamo impegnando perché tutto vada in questa direzione. Sorprende anche me il fatto che i soggetti istituzionali preposti allo scopo non si impegnino adeguatamente. Noi possiamo dare un contributo, a patto che i soggetti istituzionali preposti si assumano la stessa responsabilità.
Quindi, in questo senso, ci impegniamo, perché l'esperienza vada avanti con la proroga prima enunciata; cercheremo di reperire nel più breve tempo possibile le risorse necessarie, perché i soggetti responsabili Pag. 62possano impegnarsi; tutti i collaudi rimanenti saranno espletati nel più breve tempo possibile.
Solleciterò anch'io, per quanto mi compete, i soggetti istituzionali, perché partecipino al processo, con la loro responsabilità, perché lo sviluppo del territorio è interesse di tutti, del Governo nazionale, regionale e locale.
PRESIDENTE. L'onorevole Misuraca ha facoltà di replicare.
FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, non mi ha chiesto se mi ritengo soddisfatto, ma questo me lo chiedo da solo.
Potrei dividere l'intervento del viceministro in due momenti. Della prima parte, non posso ritenermi soddisfatto, perché ha sviluppato un ragionamento non partitico, ma di coalizione, per non riaprire polemiche, come da lui affermato. Vorrei dire al viceministro che dal 2001 al 2006 è stato posto in essere il salvataggio da parte del Governo Berlusconi che ha modificato il regolamento e che ha consentito anche di abbattere la percentuale delle assunzioni, altrimenti molte revoche si sarebbero dovute attuare. Se non è salvataggio questo, non so a cosa si riferisce il viceministro!
Se poi intendeva riferirsi, quanto alla programmazione negoziata, a chi lo ha preceduto nell'alto incarico, viceministro, non era nelle mie intenzioni dare questo genere di risposte, ma bene ha fatto chi ha bloccato in quel periodo quel settore, perché lei sa che poi sono state scoperte le truffe. Dovevamo salvare il denaro pubblico ed è stato fatto! Ci siamo assunti la responsabilità di aver bloccato quel settore, ma abbiamo moralizzato. Adesso ripartiamo e lei, nella seconda parte del suo intervento, ha affermato che dobbiamo lavorare tutti insieme.
Conoscendo la sua autorevolezza, il suo prestigio e la sua sensibilità, vorrei dire: bando alle chiacchiere! Se lei ha preso atto delle cose che ho detto, che un autorevole amministrazione della provincia di Caltanissetta (è documentato anche nei consigli di amministrazione) non intende salvare queste società, allora le chiedo cortesemente di convocare o di recarsi a Caltanissetta, per dire a questa gente, a questi rappresentanti che loro si dovranno assumere la responsabilità!
Se, come lei dice, questo è il momento in cui il Governo sta cercando di attivare anche i collaudi, già questa è una risposta che mi auguro sia veramente concreta e vera. Se, invece, lei si riferisce al fatto che i collaudi sono superati - quelli sotto i 250 mila euro - le devo dire, purtroppo, che, nella mia e nella sua provincia, non esistono attività entro i 250 mila euro! Pertanto, abbiamo bisogno di collaudatori!
Signor viceministro, il problema è urgente ed impellente. Le posso garantire che vi sono aziende che non riescono a trasmettere le carte a Roma perché trovano chiuse le porte della società Caltanissetta SCPA. Vi sono aziende che non riescono più a sopravvivere, perché le banche stanno facendo le ingiunzioni, perché non riescono ad incassare il saldo dal Ministero dello sviluppo economico.
Avete bisogno dell'opposizione? L'opposizione è a vostra completa disposizione! Cosa dobbiamo fare? Chiedetecelo, perché noi la nostra parte l'abbiamo fatta anche in momenti non sospetti, anche quando eravamo al Governo. Adesso spetta a voi!
Signor viceministro, forse, io e lei da siciliani dobbiamo fare una cosa: dobbiamo fare in modo che gli enti locali siano gestiti in modo diverso. Bisogna anche capire se gli enti locali devono ancora partecipare ad iniziative come queste.
Già una volta abbiamo affossato - su questo siamo stati d'accordo - l'idea della regione imprenditrice; non possiamo più ripetere lo sbaglio di avere enti locali imprenditori, perché ciò viene percepito da rappresentanti degli enti locali come un sottogoverno ed è ciò che si sta verificando in provincia di Caltanissetta.
In provincia di Caltanissetta i rappresentanti istituzionali degli enti locali non hanno assolutamente intenzione di salvare Pag. 63le aziende, ma utilizzano la Caltanissetta SCPA, la Caltanissetta Agricoltura SCPA, la Gela Sviluppo come momenti di sottogoverno! Questa è una vergogna, alla quale non possiamo più assistere e alla quale la politica deve rispondere!
Non mi ha risposto su un altro tema, signor viceministro. Io le chiedevo, in merito alla Gela Sviluppo, di conoscere, se gli uffici hanno i relativi dati, quali sono le consulenze e gli incarichi, perché anche di questo dobbiamo parlare, essendoci uno sperpero del denaro che viene affidato a coloro i quali gestiscono questi strumenti operativi, probabilmente anche lì per farsi degli «amici», per nominare commercialisti e avvocati, che poi possono essere utilizzati nelle campagne elettorali. Si tratta di accuse, nelle quali secondo me si deve riconoscere tutta la politica. Per questo dobbiamo fare in modo di moralizzare anche questi enti.
Concludo, signor viceministro, augurandomi un impegno da parte sua - vedo che annuisce - ad intervenire, con l'autorevolezza che le riconosco, nei confronti di questi enti per salvare le nostra società della provincia di Caltanissetta.
(Recente ordinanza del ministro della salute in materia di tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani - n. 2-00312)
PRESIDENTE. L'onorevole Poretti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00312 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, l'interpellanza in questione è stata sottoscritta da 48 deputati. Ci tengo ad evidenziare che si tratta di deputati di tutti gli schieramenti, proprio per sottolineare l'importanza di un tema che dovrebbe essere trasversale e che in questo senso dovrebbe coinvolgere sia i parlamentari sia il Governo. È stata preparata insieme alla LAV (Lega Antivivisezione) e all'ADUC (Associazione per i diritti di utenti e consumatori). In seguito, fra l'altro, anche altre associazioni di animalisti ci hanno fatto pervenire il loro sostegno, e così anche veterinari e specialisti.
L'ordinanza pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 13 gennaio recante il titolo «Tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani» è l'ennesima ordinanza dettata dalla fretta - e si dovrebbe dire sempre che la fretta è cattiva consigliera - e dall'emergenza giornalistica. È stata redatta con un approccio burocratico e antiscientifico, a dimostrazione che anche questo Governo, come quelli precedenti, deve compiere ancora grandi passi in avanti su questi temi. Il vizio di fondo dell'ordinanza in questione è l'approccio culturalmente vecchio e dannoso: il cane viene considerato pericoloso, per il solo fatto di appartenere ad una determinata razza e non per avere un proprietario pericoloso. Si punisce così il cane, per le colpe dell'uomo.
Nell'ordinanza, oltre a misure che consideriamo e valutiamo anche positivamente - ricordo il divieto del taglio delle orecchie, della coda e delle corde vocali ed anche il divieto dell'uso del collare elettrico -, si allega una lista di razze di cani ritenuti potenzialmente aggressivi e per ciò di fatto considerati pericolosi. Si prevede per i cani di questa lista l'obbligo contestuale sempre di avere museruola e guinzaglio, non solo nei locali pubblici, nei mezzi pubblici di trasporto - regola che è in vigore per tutti i cani -, ma anche nei luoghi aperti al pubblico, cioè per strada e nei parchi. La norma di fatto impedirà la socializzazione dei nostri amici a quattro zampe e, come sostenuto da più pronunciamenti scientifici negli ultimi anni, rischia di fatto di aumentarne l'aggressività. Si tratta di una norma inutilmente punitiva ed inefficace per prevenire le morsicature, visto che i casi che si sono registrati sono avvenuti in casa o hanno riguardato cani scappati dai loro recinti e addestrati alla difesa.
Sempre per i cani segnalati nella lista, si prevede la possibilità che, nel caso in cui il proprietario non sia più in grado di detenere il cane, ne possa chiedere la soppressione. La soppressione, come Pag. 64estrema ratio, del cane mordace a cui non era possibile trovare alternative di vita possibili, in sicurezza, era già prevista nella legge n. 281 del 1991. Averlo scritto e specificato in questa ordinanza e riferendosi ai cani appartenenti alla lista delle razze cosiddette pericolose è un messaggio culturalmente devastante. A cosa sono servite fino ad oggi le campagne contro l'abbandono dei cani se si fa passare questo messaggio? Non era bastata la rivolta contro la prima ordinanza Sirchia in materia, dettata anch'essa dall'emergenza mediatica dell'agosto troppo caldo del 2003, con animalisti e veterinari a segnalare l'inutilità e il danno della lista delle razze? Perché l'ordinanza è stata perfino peggiorata con l'aggiunta della possibilità di sopprimere il cane senza motivo?
Infine, le chiedo le modalità con le quali è stato redatto l'elenco delle razze. Ci è stato detto che una commissione presso il Consiglio superiore della sanità si è riunita due volte, nel 2003, ed ha stilato un elenco di 16 razze, di cui 9 inesistenti sul territorio nazionale. Segnalo che in quella lista mancava il rottweiler; poi, tale razza è stata inserita nell'ordinanza in fretta e furia, perché evidentemente un rottweiler aveva morso qualcuno e la notizia era apparsa sui giornali e sulle televisioni. Nella lista manca, comunque, da sempre il dobermann e l'equivalente del pitbull, ossia l'american staffordshire: l'unica differenza dal pitbull è che, essendo una razza riconosciuta, esistono allevamenti che li vendono ufficialmente.
I tecnici della commissione hanno mai esaminato i numeri e le statistiche sui morsi? Sanno che il pastore tedesco è il responsabile della maggior parte delle morsicature? Lungi da me, ovviamente, la criminalizzazione delle razze! Guardo con grande positività a quanto succede oltreoceano, in California, dove con una legge statale si stabilisce che è vietato approvare leggi a livello delle contee in cui si criminalizza la razza dei cani.
Ieri mattina il sottosegretario Antonio Gaglione ha reso un'informativa urgente, su questa materia, in Commissione affari sociali. Sono intervenuti molti colleghi, tutti a sostenere l'importanza del rapporto uomo-cane e la necessità di un intervento del legislatore, incentrato sul possesso responsabile, sulla prevenzione delle aggressioni e sulla necessità di regolamentare le attività degli allevamenti e degli addestramenti dei cani.
Al termine dell'informativa il sottosegretario si è detto convinto di molte delle nostre argomentazioni, di cui avrebbe fatto tesoro. Egli ha preso appunti e ci ha detto che avrebbe riferito le nostre considerazioni al Ministero. Mi auguro che sia andata davvero così e mi auguro che la risposta sia oggi diversa rispetto a quella che, burocraticamente, ci è stata data ieri mattina: quindi, l'ascolterò con attenzione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Ministero della salute, come si è avuto occasione di precisare nell'informativa urgente che si è svolta presso la XII Commissione affari sociali nella giornata di ieri, ritiene di dover sottolineare come l'ordinanza del 12 dicembre 2006, in tema di tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione di cani, rispetto alle precedenti ordinanze in materia, contenga certamente alcuni elementi innovativi che garantiscono una maggiore tutela sia per gli animali che per i cittadini.
Relativamente agli elementi di maggiore tutela del benessere dei cani sono state previste norme di cautela importanti, quali il divieto del taglio delle orecchie, della coda e delle corde vocali, nonché la definizione dell'uso del collare elettrico come maltrattamento perseguibile ai sensi della normativa vigente.
Altro elemento qualificante è l'istituzione di percorsi di controllo e di rieducazione per la prevenzione delle morsicature, da applicare agli animali che abbiano già morsicato da inserire in una apposita lista.
L'elenco delle razze canine e i loro incroci è stato definito da una commissione Pag. 65appositamente istituita presso il Consiglio superiore di sanità i cui lavori si sono svolti nelle sedute del 29 settembre e del 17 ottobre 2003.
L'elenco si riferiva a 16 razze, di cui almeno 9 pressoché inesistenti sul territorio nazionale, come si può rilevare dalla tabella allegata. A queste è stata aggiunta la razza rottweiler che è risultata negli ultimi anni protagonista di numerose aggressioni.
È necessario sottolineare che l'identificazione di razze di cani particolarmente aggressive corrisponde a disposizioni adottate da altri paesi della Comunità europea e da alcune amministrazioni comunali del nostro paese.
Relativamente all'articolo 5 dell'ordinanza, il Ministero precisa che tale disposizione concerne i cani con aggressività non controllata, sui quali si evidenzia la necessità di un particolare e più efficace controllo da parte del servizio veterinario delle ASL. Il richiamo alla possibile soppressione degli animali è da intendersi come estremo rimedio a tutela dell'incolumità pubblica e degli altri animali conviventi, qualora il proprietario o il detentore non sia in grado di mantenere il possesso del proprio cane rispettando quanto previsto dall'ordinanza. In tal caso, è tenuto ad interessare l'autorità veterinaria competente per cercare, con le amministrazioni comunali, idonee soluzioni di gestione dell'animale; esclusivamente nell'ambito di questo quadro, è contemplata la possibilità di ricorrere a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, della legge n. 281 del 1991, ossia la soppressione dell'animale.
La misura in questione, quindi, lungi dal costituire un automatismo, si inserisce in un percorso volto alla gestione di animali dall'aggressività non controllata, all'interno del quale - è bene sottolinearlo - rappresenta l'estrema ratio.
Deve essere segnalato, infine, che gli obblighi di adottare, per le razze più aggressive, sia il guinzaglio sia la museruola, quando il cane si trova in luogo pubblico, di prestare un'idonea vigilanza e di stipulare una polizza assicurativa contro terzi da parte di proprietari sono rivolte a garantire l'incolumità delle persone. Si tratta di obblighi solo parzialmente più severi rispetto a quelli che gravano su chi detiene cani che appartengono a tutte le altre razze e non tali da costituire un'eventuale possibilità di maggiore aggressività per l'animale.
In merito all'ultimo articolo dell'ordinanza, si precisa che è attribuita alle autorità territoriali la potestà sanzionatoria, in presenza di violazioni alle disposizioni previste; tale attribuzione deriva dalla natura contingibile ed urgente propria dall'ordinanza, in considerazione della quale non è possibile prevedere la concreta applicabilità di sanzioni.
Tale vuoto, pertanto, è stato sanato prevedendo la citata potestà delle amministrazioni locali, secondo criteri su base territoriale.
Si segnala, inoltre, che il Ministero della salute, attualmente, sta elaborando una circolare esplicativa, da sottoporre all'esame di un gruppo di lavoro, del quale fanno parte anche tutte le componenti regionali.
Nella circolare, in particolare, dovranno essere definiti i criteri per la classificazione del rischio da cani con aggressività non controllata e i relativi parametri per la rilevazione, nonché i percorsi di controllo e rieducazione per la prevenzione delle morsicature; inoltre, saranno individuate le competenze delle autorità amministrative e sanitarie nei rispettivi ambiti territoriali, relativamente alla vigilanza e alla rilevazione del rischio potenziale, tenuto conto delle caratteristiche del cane e delle modalità di custodia, e le opportune misure di controllo sull'animale, correlate alla gravità del rischio.
Il Ministero della salute, pertanto, conferma le motivazioni a tutela della salute degli animali e delle persone che hanno determinato l'emanazione dell'ordinanza; deve essere sottolineata, peraltro, l'utilità di qualsiasi approfondimento ed apporto che pervenga da istituzioni e da soggetti associativi impegnati nel settore della salute e del benessere animale.Pag. 66
In tale ottica, si auspica e si ribadisce la disponibilità ad un dialogo sereno e collaborativo con tutte le istituzioni, anche a livello locale, e i suddetti soggetti, al fine dell'emanazione, nei tempi consentiti dalle procedure parlamentari, di una disciplina organica e definitiva di tutto il settore inerente al rapporto uomo-cane.
PRESIDENTE. L'onorevole Poretti ha facoltà di replicare.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario anche perché ha fatto la fatica di leggere la stessa risposta che mi era stata letta ieri dal sottosegretario Gaglione. Evidentemente, non ringrazio, invece, gli uffici del Ministero, che non si sono neppure degnati di aggiungere una virgola, una parola, una frase; anzi, alla fine del documento, adoperando una formula di rito che è veramente brutta in situazioni simili, viene ribadita la «disponibilità ad un dialogo sereno».
Ora, che dialogo c'è quando ci si parla - abbiamo mosso appunti, abbiamo proposto segnalazioni e si sono svolte discussioni -, ma il confronto non produce alcun risultato? Dopo che la Commissione è stata impegnata, ieri, per oltre un'ora, oggi abbiamo avuto la stessa risposta! Eppure, ieri ha avuto luogo un'informativa urgente, oggi trattiamo un'interpellanza urgente: qualche differenza ci doveva pur essere! Peraltro, anche nella risposta di oggi non è ancora indicato il criterio sulla base del quale si ritiene che mettere sempre guinzaglio e museruola ad un cane non ne faccia aumentare l'aggressività.
Non so davvero se sia servita a qualcosa la nostra mobilitazione serena, dialogante e disponibile. Al nostro tentativo di mettere in evidenza le incongruenze del testo dell'ordinanza del 13 gennaio segue, oggi, una sensazione di delusione: avete liquidato in maniera burocratica una questione che non meritava tale trattamento. Tante persone provano affetto per gli animali. Sono tantissime anche le persone sole che hanno deciso di avere la compagnia di un cane, che diventa un loro amico. Sono tanti anche i bambini che crescono in case in cui vivono cani. Invece, il messaggio che l'ordinanza trasmette è che i cani sono pericolosi.
Il Parlamento deve intervenire per cercare di rimediare al danno provocato dall'ordinanza. Quindi, auspico che i parlamentari che hanno sottoscritto, insieme a me, l'interpellanza e quelli che hanno presentato proposte di legge al riguardo (esse propongono di andare in tutt'altra direzione) facciano capire a tutti che il rapporto tra l'uomo ed il cane deve essere affrontato in maniera diversa. Mi auguro che anche le associazioni animaliste ed i veterinari facciano sentire la loro voce e si ribellino all'ordinanza.
Purtroppo, in Italia si preferisce la strada facile della denuncia, dell'emergenza mediatica: le fotografie pubblicate dai giornali in occasione di aggressioni ritraggono pittbul e rottweiler anche quando il cane protagonista di un'aggressione non appartiene a tali razze (in qualche caso, se non si tratta di pittbul, non si dà neppure la notizia). La risposta della classe politica è, spesso e volentieri, quella di mettere un bel divieto: si impone un obbligo ma, comunque, se nessuno lo rispetta, non importa! Quando la «bacchetta magica», che dovrebbe risolvere tutti i problemi, non dà risultati, ci si rifugia nella regola italiana del quieto vivere: se c'è una legge che fa schifo, non la si rispetta! Così si fa! Così è andata nel caso dell'ordinanza dell'ex ministro Sirchia: disponeva che praticamente tutti i cani dovessero portare museruola e guinzaglio, ma nessun cane li aveva! E così succederà ora! Per quanto mi riguarda - l'ho già detto in questa sede e più dell'autodenuncia non posso fare -, continuerò a portare il mio cane, che, per uno strano caso del destino, è pittbull (cose che capitano: si nasce anche di questa razza...), senza museruola (ovviamente, la porterò con me quando dovrò prendere il treno con il cane, ma già lo prevedevo), ed il mio cane continuerà a stare accanto al passeggino di una bambina di dieci mesi Pag. 67(con tutte le dovute attenzioni che si devono avere, ovviamente, quando si tiene un cane accanto ad un passeggino).
Questo è ciò che farò, da oggi in poi, nella mia sfera privata. Quanto alla sfera pubblica, mi auguro che i parlamentari e tutti quelli che dicono di amare i cani e gli animali si diano da fare per modificare l'ordinanza.
(Contenuti e gestione dell'accordo tra il Ministero dell'interno e Poste italiane in relazione alle pratiche per il rinnovo dei permessi di soggiorno - n. 2-00335 e n. 2-00336)
PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze urgenti Amici n. 2-00335 e Migliore n. 2-00336, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
ANTONIO ATTILI. Signor Presidente, si dovrebbero svolgere prima la mia interpellanza e quella dell'onorevole Raiti!
PRESIDENTE. Onorevole Attili, le vostre interpellanze saranno svolte successivamente.
SALVATORE RAITI. Nell'ordine del giorno della seduta sono pubblicate prima delle interpellanze urgenti degli onorevoli Amici e Migliore!
PRESIDENTE. Mi attengo all'impostazione che è stata concordata con il Governo e con gli uffici della Camera. Eventualmente, si potrebbe procedere ad una richiesta rivolta agli onorevoli interpellanti ed al Governo se convenire su una variante rispetto a quanto programmato dalla Camera e dal Governo, considerando ragioni di orario, che peraltro ritengo comuni a tutti. A riprova di quanto ho detto in precedenza, segnalo inoltre che non è presente in aula il sottosegretario competente a rispondere alle vostre interpellanze. Siamo in attesa del suo arrivo. Egli, infatti, contava su un orario diverso. Proseguiamo, dunque, con l'impostazione stabilita, sperando tutti in uno svolgimento conciso delle interpellanze.
L'onorevole Amici ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00335.
SESA AMICI. Signor Presidente, rinuncio ad illustrarla e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di illustrare l'interpellanza Migliore n. 2-00336, di cui è cofirmataria.
MERCEDES LOURDES FRIAS. Rinuncio ad illustrarla, signor Presidente, e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, cercherò di raccogliere il suo invito alla sintesi, anche se l'interpellanza a prima firma dell'onorevole Migliore è piuttosto complessa e pertanto richiederebbe una risposta altrettanto approfondita.
La legge n. 271 del 12 novembre 2004 ha previsto che l'amministrazione dell'interno in materia di immigrazione, nell'ambito della semplificazione delle procedure amministrative, possa stipulare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, convenzioni con i concessionari di pubblici servizi o con altri soggetti non pubblici per la raccolta e l'inoltro ai propri competenti uffici delle domande e delle dichiarazioni o atti dei privati e per lo svolgimento di operazioni preliminari all'adozione dei provvedimenti richiesti, nonché per l'eventuale inoltro agli interessati dei provvedimenti conseguentemente rilasciati.
Gli incaricati del pubblico servizio, addetti alle procedure definite dalle convenzioni, possono essere autorizzati a procedere all'identificazione degli interessati, a carico dei quali viene previsto l'importo relativo al servizio. Per lo snellimento delle procedure e per la riduzione dei tempi di rilascio e di rinnovo dei titoli di Pag. 68soggiorno il Ministero dell'interno ha elaborato un progetto che prevede la stipula di intese con l'ANCI e con gli istituti di patronato, nonché una convenzione con Poste italiane al fine di perseguire economie gestionali nello svolgimento dell'attività amministrativa, realizzando un migliore utilizzo delle risorse disponibili.
Con decreto del ministro dell'interno del 12 ottobre 2005, il costo del servizio, a carico del richiedente, è stato stabilito in 30 euro. A tale costo debbono aggiungersi 14,62 euro per la marca da bollo. L'ulteriore costo di 27,50 euro è stato fissato con decreto del 4 aprile 2006, adottato dal ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il ministro dell'interno, per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico, in conformità agli obblighi, imposti in sede comunitaria, per l'istituzione di un modello uniforme per i permessi di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi. Con decreto del ministro dell'interno del 3 agosto 2004 sono state adottate le relative regole tecniche di sicurezza e, all'articolo 6, è stato individuato l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato quale organo competente alla produzione dei documenti di soggiorno.
Sulla base del progetto, quindi, il ministro dell'interno ha stipulato il 30 gennaio 2006 una convenzione con Poste italiane, il 9 febbraio 2006 un protocollo di intesa con gli istituti di patronato e il 13 febbraio 2006 un protocollo di intesa con l'ANCI.
La Convenzione con Poste italiane prevede l'esternalizzazione dell'attività di front office precedentemente svolta dagli uffici immigrazione delle questure, l'informatizzazione delle procedure, la tracciabilità delle istanze in ogni fase del procedimento con l'attivazione degli elementi di sicurezza contenuti nella ricevuta di accettazione, l'utilizzo di prassi amministrative uniformi su tutto il territorio nazionale.
L'intenzione dell'accordo era quella di consentire il recupero del personale degli uffici immigrazione, già impegnato nelle attività delegate, il venir meno della necessità di ricorrere a lavoratori interinali, la riduzione dei tempi di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno e l'assenza di oneri a carico del bilancio dell'amministrazione statale.
Gli istituti di patronato e gli uffici comunali hanno, invece, il compito di assistere gli stranieri, informandoli sui documenti necessari e sulle modalità di presentazione. Gli istituti di patronato, inoltre, hanno competenza a supportare gratuitamente i richiedenti nella compilazione delle istanze e nella trasmissione, in via telematica, dei relativi dati. Gli stessi istituti dispongono, altresì, di un canale privilegiato per seguire le pratiche durante il loro iter e conoscerne l'esito per informarne i diretti interessati.
Questa nuova procedura opera nel pieno rispetto delle regole fissate dalla normativa vigente in materia di procedimento amministrativo.
Non esiste, infatti, alcun impedimento alla produzione di documentazione aggiuntiva rispetto a quella prevista dal kit; la questura rimane l'unico soggetto titolare del procedimento amministrativo, poiché l'attività delegata a Poste italiane è quella relativa all'acquisizione delle istanze; la stessa questura, inoltre, può richiedere integrazioni alla documentazione prodotta dal richiedente.
I campi obbligatori della procedura informatica corrispondono a quelli previsti dalla normativa vigente quali requisiti indispensabili per la ricevibilità della domanda. In ogni caso, la questura può intervenire direttamente sull'istanza in formato elettronico, «sbloccandola» qualora ne sussistano i presupposti.
La nuova procedura interviene, dunque, solo sulle modalità di presentazione delle domande, al fine di fornire un miglior servizio agli interessati, in quanto i punti di accesso all'utenza non sono più i 103 uffici immigrazione delle questure, bensì i 5332 uffici postali abilitati all'accettazione delle istanze ed i 14000 uffici postali abilitati alla distribuzione della modulistica.
A seguito delle notizie di un esaurimento dei kit presso gli uffici postali - come da voi ricordato - e del fiorire di Pag. 69una vergognosa compravendita illegale di moduli, il Ministero dell'interno, oltre ad avviare i necessari accertamenti di polizia, ha immediatamente chiesto a Poste italiane di provvedere al sistematico rifornimento degli uffici postali abilitati.
Poste italiane ha comunicato che, alla data odierna, sono stati distribuiti 2 milioni di kit, un quantitativo che, a fronte di una stima del fabbisogno pari a circa 120 mila istanze mensili, potrebbe essere ritenuto sufficiente a soddisfare le richieste di rilascio o di rinnovo per i prossimi diciotto mesi. Resta ferma, in ogni caso, la possibilità per lo straniero di rivolgersi anche ai patronati e ai comuni, come ricordavo prima.
Considerate le rassicurazioni di Poste italiane sulla distribuzione e sulla tempestiva ricostituzione delle scorte dei kit presso gli uffici preposti, il Ministero dell'interno, il 19 gennaio scorso, ha ribadito, come già esposto in una serie di colloqui con l'azienda, che la piena disponibilità dei moduli presso tutti gli uffici è da considerarsi condizione essenziale per il proseguimento della convenzione.
Per favorire l'informazione corretta degli immigrati sulle procedure, e soprattutto sulla gratuità dei kit, nonché sulla opportunità di ricevere assistenza qualificata e gratuita dai patronati e dai comuni coinvolti, è in fase di realizzazione una campagna informativa che si affianca a quella già attivata dallo scorso 11 dicembre attraverso il Portale immigrazione e un numero verde gratuito, che corrisponde ad un call center multilingue, sviluppato e gestito in collaborazione con l'ANCI.
In ogni caso, la problematica segnalata riguarda unicamente le procedure di rinnovo del permesso di soggiorno. Infatti, nei casi di primo rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato e ricongiungimento familiare, che sono la prevalenza, per la presentazione dell'istanza non viene utilizzato il kit distribuito dalle poste, bensì un apposito modello predisposto e compilato dagli sportelli unici per l'immigrazione attraverso il proprio sistema informatico, che l'interessato consegna, poi, dentro una apposita busta, agli uffici postali.
Allo scopo di semplificare e rendere più agevole la presentazione e la gestione delle richieste di nulla osta per l'assunzione di lavoratori stagionali relative all'emanando decreto flussi per l'anno 2007, sono in corso di definizione procedure volte a favorire in via prioritaria la compilazione e l'inoltro delle domande via Internet, qualora ci si avvalga delle associazioni di categoria, senza escludere la possibilità di utilizzare direttamente apposita modulistica rinvenibile in Internet.
Le iniziative finora descritte sono oggetto di un attento monitoraggio del Ministero dell'interno, che, in coerenza con le politiche per l'immigrazione che il Governo intende attuare, ha ben chiaro il proprio dovere di garantire la dignità personale degli immigrati anche attraverso l'offerta di servizi che agevolino il loro rapporto con la pubblica amministrazione. A questo stesso impegno sono stati richiamati e sono continuamente sollecitati tutti i soggetti coinvolti nelle procedure descritte. È certamente parte di questo impegno l'attività di prevenzione e di controllo che ciascuno, per la sua competenza, soprattutto le forze di polizia, è chiamato a svolgere perché non si innestino nelle procedure situazioni di strumentalizzazione e sfruttamento delle condizioni di vulnerabilità che molti immigrati vivono.
Proprio con questo spirito, e in linea con l'impegno programmatico assunto dal Governo con gli elettori, il Ministero dell'interno ha inteso, da subito, sostenere come proprio obiettivo il trasferimento agli enti locali delle competenze per il rinnovo dei permessi di soggiorno. A questo scopo, in data 20 novembre 2006, lo stesso ministero ha sottoscritto, insieme ad ANCI e a Poste italiane, un accordo attuativo dei rapporti convenzionali esistenti, che ha dato avvio ad una fase triennale di definizione e di sperimentazione, con il coinvolgimento di alcune amministrazioni locali, di nuovi modelli Pag. 70organizzativi e procedurali da estendere, successivamente, a tutto il territorio nazionale.
Ovviamente, anche questo obiettivo dovrà e potrà trovare una migliore definizione, anche normativa, in un disegno complessivo di riforma delle disposizioni relative all'ingresso e al soggiorno degli immigrati, che agevoli i percorsi legali di inserimento lavorativo e sociale.
Su questo, come sapete, il Governo sta alacremente lavorando.
PRESIDENTE. L'onorevole Amici ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00335.
SESA AMICI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, che si è trovata di fronte a due interrogazioni concernenti il rinnovo dei permessi di soggiorno: la prima, molto più circoscritta, faceva riferimento a notizie di stampa che riguardavano l'assoluta mancanza presso la società Poste italiane del kit per il rinnovo dei permessi, mancanza che ha prodotto un vero e proprio mercato nero, come in genere accade quando ci si trova di fronte a soggetti deboli; l'altra, di cui è cofirmataria la collega Frias, molto più articolata e contenente altre questioni di merito, su cui il sottosegretario molto si è impegnato nella risposta.
Dalle cose da lei dette, sottosegretario, mi sembra emergano due questioni. In primo luogo, va ricordata una convenzione con Poste italiane, fatta nel 2005 e ratificata nel 2006, che rientrava in quello strano meccanismo, molto ossessivo nella ricerca di una regola formale di fronte ad un flusso di cittadini non comunitari, introdotto dalla legge Bossi Fini, con la quale l'allora Governo di centrodestra, attraverso un decreto-legge, stabilì una accelerazione nella definizione dei permessi. Ricordo che da questi banchi - eravamo opposizione - fui proprio io ad intervenire su quell'argomento, perché eravamo di fronte ad uno spettacolo indecoroso e non degno di un paese civile: ricordo le centinaia e migliaia di persone che si recavano per il rinnovo del permesso di soggiorno davanti alle questure. Ritenevamo già allora che Poste italiane non fosse in grado di assolvere ad un compito così impegnativo e che occorrevano altre formulazioni, compreso un rapporto più diretto ed incisivo delle realtà locali, ad iniziare dai comuni. È pur vero che nella sua risposta, sottosegretario, lei ha parlato della data del 19 gennaio, data nella quale Poste italiane ha confermato di avere fornito tutti gli sportelli d'Italia di nuove scorte. L'interrogazione che abbiamo presentato il 30 gennaio testimonia invece che da quella data alla risposta di oggi sono passati parecchi giorni senza che sia intervenuto un cambiamento della situazione; evidentemente, anche nella distribuzione fatta da Poste italiane continuano a permanere alcuni disagi.
Apprezzo lo sforzo che, nel suo intervento, lei ha fatto, rassicurando rispetto al totale complessivo dei kit, che sono due milioni, e rispetto alle domande quantificate dal ministero per il rilascio del permesso di soggiorno.
Le questioni poste mi fanno auspicare che il lavoro svolto dal ministero, del quale lei rappresenta una parte importante in qualità di sottosegretario, giunga al più presto ad una definizione complessiva delle norme di quella legge che occorre modificare.
Si tratta di cittadini, non italiani, ma certamente degni di rispetto, anche nell'ambito delle procedure amministrative. Per tale motivo, ritengo sarebbe opportuno che il Parlamento si occupasse di tale questione nella sua complessità e nei suoi obiettivi strategici.
PRESIDENTE. L'onorevole Frias ha facoltà di replicare per l'interpellanza Migliore n. 2-00336, di cui è cofirmataria.
MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, signor sottosegretario, non le dirò se sono soddisfatta o meno, ma svolgerò un ragionamento sulla base della risposta che lei si è sforzata di fornire alle nostre interpellanze.
Da cittadina immigrata - infatti, anche se ho la cittadinanza italiana, sono pur Pag. 71sempre un'immigrata -, che spesso ha dovuto affrontare le code di fronte alla questura, sono soddisfatta di aver constatato la diminuzione di tali code. Si trattava, infatti, di uno spettacolo indecoroso sia per chi si trovava lì, sia per chi doveva assistere a tale situazione.
Pertanto considero questo accordo positivo, nel senso che restituisce dignità al momento della presentazione della richiesta di rinnovo di un documento dal quale dipende tutta la vita di un cittadino o di una cittadina straniera in questo paese.
Preso atto di questo dato positivo, occorre tuttavia sottolineare l'esistenza di alcuni elementi di criticità. In primis, vi è la questione dell'obbligo di presentare la richiesta attraverso le poste. Ciò comporta una riscrittura della normativa vigente, secondo la quale la domanda può essere fatta alle poste o alla questura. Tuttavia, essendo gli uffici postali semplici sportelli per inoltrare la domanda, le situazioni che presentano difficoltà e che hanno necessità di assistenza non possono trovare risposte presso tali uffici. Ovviamente vi sono anche i patronati o l'ANCI, ma ciò aumenta i passaggi necessari per ottenere il permesso di soggiorno.
Inoltre, si registra una certa difficoltà nella compilazione dei kit, nonché delle schede e delle sottoschede, tanto che a volte basta non appoggiare forte la mano perché la pratica si blocchi, perché il lettore ottico non riesca a leggere. Anche questo comporta un allungamento dei tempi, con la conseguenza che una persona può rimanere senza permesso di soggiorno.
Al di là di queste piccoli aspetti pratici, vi sono altre questioni che occorre sottolineare. Una di queste è costituita dagli oneri.
Capisco che non vi devono essere oneri aggiuntivi per lo Stato; tuttavia ritengo ci si debba interrogare anche sull'enorme profitto che queste pratiche stanno determinando per qualcuno, sulla pelle degli immigrati.
Lei ha analizzato le singole voci che compongono il costo complessivo della procedura per ottenere il rinnovo o il rilascio di un permesso di soggiorno; seguirò dunque tale sua indicazione. Ebbene, 14 euro si devono alle marche da bollo mentre oltre 27 corrispondono al costo della carta elettronica; tuttavia, quanto noi vorremmo venisse spiegato è il motivo per il quale 30 euro per ogni richiesta devono essere dati alle Poste. Come si può giustificare ciò? Nell'ipotesi di una famiglia con cinque persone, occorreranno cinque kit, cinque pacchi di schede da compilare: pensate all'aggravio in termini di tempo e, soprattutto, in termini di oneri! Considerando il reddito di una famiglia di immigrati (ma anche, in ipotesi, quello di una famiglia di operai), la spesa relativa equivale a mezzo stipendio! Constatiamo, dunque, in questo caso, come, sull'immigrazione, vi sia sempre qualcuno che, in qualche modo, deve speculare.
In sostanza, con l'interpellanza presentata vogliamo conoscere i tempi della procedura e chiedere la sospensione dell'accordo con Poste italiane.
Conveniamo su quanto da lei riferito circa lo sforzo che sta compiendo il Ministero dell'interno per delegare tutte le pratiche relative al rinnovo ed al primo rilascio del permesso di soggiorno agli enti pubblici locali; ciò corrisponde al programma con il quale ci siamo presentati agli elettori. Lei ci porta dunque una buona notizia; avremmo però bisogno dell'indicazione dei tempi per l'attuazione di tale intervento. Dal punto di vista culturale e politico, si realizzerebbe, peraltro, uno spostamento della mentalità dominante e, dall'immigrazione vista come un problema di ordine pubblico, si passerebbe ad una concezione della stessa come un fenomeno sociale dai risvolti a doppio senso.
Ciò rappresenterebbe un salto di qualità, ma abbiamo bisogno di sapere quando succederà e, nel frattempo, abbiamo altresì urgentemente bisogno che venga assolutamente sospesa - uso una parola forte, ma non saprei trovarne un'altra - questa «rapina» contro gli immigrati. Mi riferisco ai citati 30 euro a persona che devono essere dati alle Poste; Pag. 72è un problema molto sentito da chi lo vive ma anche da parte di chi, per motivi di lavoro, si occupa di tali questioni.
Lei parla di un nuovo modello organizzativo; voglio ribadire che l'accordo era stato firmato dal precedente Governo. Al riguardo, devo insistere, non ritengo che esso sia un fatto in sé negativo. Però, andava forse sperimentato meglio e occorreva più tempo. Sappiamo che è stato attuato soltanto per 2 mila casi e, di questi, solo 800 hanno avuto esito positivo. Dunque, forse avevamo bisogno di più tempo per tutelare maggiormente tutte queste migliaia di persone, specie in considerazione del fatto che vi è sempre qualcuno che vuole lucrare sulla loro condizione. Si è aperto, infatti, un mercato, come ha osservato poc'anzi la collega Amici, per chi si è messo a vendere i kit; ciò è avvenuto analogamente a quanto succede nei consolati dei paesi di provenienza. Con tutta la burocrazia e tutta l'enorme massa di documenti che bisogna produrre, vi è sempre qualcuno, qualche intermediario che su ciò specula; tutti poi facciamo un po' finta di non vedere tali vicende. Anche questo fa parte della condizione di vulnerabilità in cui vivono gli immigrati.
Abbiamo bisogno di tempi certi per questo salto di qualità e di non continuare a modificare la situazione esistente se non siamo certi e sicuri di quanto vogliamo realizzare. Altrimenti, succederà che, come sempre, saranno gli ultimi, gli immigrati, a pagare le conseguenze.
PRESIDENTE. Prima di passare alla successiva interpellanza urgente, l'occasione mi è gradita per informare l'Assemblea che è presente nelle tribune ed assiste ai nostri lavori una classe dell'Istituto comprensivo di Castelcivita (Salerno); la Presidenza e l'Assemblea rivolgono ad essa un saluto (Applausi).
(Ritiro interpellanza urgente Migliori - n. 2-00201)
PRESIDENTE. Avverto che l'interpellanza urgente Migliori n. 2-00201 è stata ritirata dal presentatore.
(Concessione della gestione dei servizi e delle infrastrutture dell'aeroporto di Cagliari affidata alla società Sogaer - n. 2-00320)
PRESIDENTE. L'onorevole Attili ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00320 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
ANTONIO ATTILI. Signor Presidente, desidero ringraziare l'onorevole Giovanardi che, consentendomi di illustrare l'interpellanza a mia prima firma ora, mi permette di prendere l'aereo in tempo per rientrare in Sardegna.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, la nostra interpellanza è semplicissima e pone una domanda. Vorremmo conoscere, finalmente - infatti non abbiamo ancora potuto comprenderli -, i motivi per i quali non giunge ancora alla sua conclusione la procedura di rilascio della concessione deliberata dall'Ente nazionale di aviazione civile nel 2005, mancando i decreti attuativi.
È un grosso problema quello delle concessioni, normato già dal 1993. Poi, con atti successivi, è stata disciplinata la costituzione di società di capitali per la gestione dei servizi a terra negli aeroporti nazionali, prevedendo un procedimento e criteri riconoscibili e trasparenti, perché tutte le concessioni precedenti erano state date ex lege, sulla base di criteri incomprensibili a grandi, medi e piccoli aeroporti. È stato perciò un fatto positivo che, ad un certo punto, il legislatore abbia deciso di stabilire come si dovessero rilasciare le concessioni e di affidare all'Ente nazionale per l'aviazione civile la definizione delle procedure.
Questo per Cagliari è stato fatto, ma poi si è assistito ad una esasperante lentezza, ad una vischiosità e ad una resistenza burocratica impressionante, che ha portato sostanzialmente in una decina di anni a completare non più di cinque procedimenti. Se andiamo a vedere, si tratta di un atteggiamento trasversale perché il Governo di centrosinistra, poi di centrodestra ed di nuovo di centrosinistra Pag. 73si comportano tutti allo stesso modo: sembra che uno degli obiettivi sia quello di mettere in difficoltà le società di gestione degli aeroporti nazionali.
Signor rappresentante del Governo, vi rendete conto dei danni che questo atteggiamento comporta, in termini finanziari ed economici, di «dispar condicio»? Sono quasi tutti meridionali gli aeroporti che si trovano in queste situazioni: quelli siciliani, quelli sardi, quello calabrese e di Pescara. Qual è il motivo di questo atteggiamento differenziato tra il nord e il sud del paese? Dove c'è più bisogno di dare una mano noi, invece, interveniamo per frenare queste operazioni.
Inoltre, sussistono problemi rilevanti sotto il profilo della sicurezza perché queste società oggi si sono assunte la responsabilità di gestire una serie di interventi in materia di sicurezza, in assenza di un'autorizzazione e di una concessione formale. Potrebbero, dall'oggi al domani, decidere che quelle funzioni non sono più di loro competenza e allora mi domando chi negli aeroporti potrebbe assicurare la sicurezza che le società di gestione continuano a garantire pur in assenza di concessioni totali. Per Cagliari la situazione è questa. In Sardegna esiste il paradosso che il Governo di centrodestra, non so per quali motivi, portò a termine l'iter per Olbia - un aeroporto importantissimo che ha la metà dei passeggeri di Cagliari - mentre la situazione di Cagliari praticamente è ferma da due anni.
Poi sono intervenuti altri fatti, la normativa sui requisiti di sistema e via dicendo. Si saranno dovute aggiustare le convenzioni, gli schemi - questo è tutto vero, probabilmente è così -, ma i tempi vanno rispettati e ridotti.
Tra l'altro, quando le cose si vogliono fare si fanno. La società che gestisce l'aeroporto di Pisa, che ha avuto dall'ENAC una concessione in un momento successivo rispetto a quello di Cagliari, ha avuto tre decreti in 20 giorni (dei dicasteri della difesa, dell'economia e dei trasporti) ed è in attesa della registrazione da parte della Corte dei conti. Quindi, non è possibile questo atteggiamento. Se ci sono problemi complessivi rispetto alle concessioni, questo va detto, va esplicitato, vanno modificate le norme, riprendendo da capo tutto il ragionamento sul quadro nazionale. Se così non è, per piacere - lo dico ad un Governo che sostengo -, concludiamo questa benedetta vicenda delle concessioni degli aeroporti almeno fino ad un milione di passeggeri. Poi ci sono altri quaranta aeroporti in Italia - poca roba per la verità - per i quali serviranno sicuramente criteri nuovi, ma, se le leggi ci sono, le dobbiamo rispettare tutti, dal Governo alle società di gestione.
Non si possono stabilire solo impegni ed oneri e non concedere la gestione totale, l'unica che consente a queste società di sopravvivere. Aggiungo che si tratta, per la quasi totalità, di società di capitali alle quali partecipano gli enti locali, che ogni anno ripianano i debiti, anche ingenti, che queste società hanno contratto per tenere aperti aeroporti essenziali per quei territori: e non parlo solo della Sardegna, ma di tutte le altre regioni italiane.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Andrea Annunziata, ha facoltà di rispondere.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, prima di illustrare le fasi dell'istruttoria amministrativa inerente all'affidamento in concessione della gestione totale dello scalo di Cagliari Elmas, è necessario fare una precisazione.
Non risulta, infatti, fondato il riferimento all'iter del decreto interministeriale approvativo della convenzione per la gestione totale dello scalo, che si sarebbe interrotto per la conclusione della legislatura, come affermato dagli interpellanti.
Infatti, come sarà specificato in seguito, il decreto in questione risulta essere stato sottoscritto nel 2006 solo dall'ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e non dalle altre amministrazioni concertanti, cioè dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero della difesa.
Al riguardo, si rappresenta che l'ENAC, tenendo conto delle osservazioni emerse Pag. 74nel corso dell'istruttoria, ha trasmesso la convenzione n. 123 ed il contratto di programma n. 124, stipulati con la società Gestione aeroporto Spa, per l'affidamento in concessione, per quarant'anni, della gestione totale dello scalo militare, aperto al traffico aereo civile, di Cagliari Elmas, ai sensi del decreto 12 novembre 1997, n. 521.
L'amministrazione, quindi, ha provveduto alla predisposizione del relativo schema di decreto interministeriale che, sottoscritto, come detto, dal ministro pro tempore dell'ex Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stato inviato per la controfirma al Ministero dell'economia e delle finanze.
Non è stato possibile acquisire tale firma in considerazione delle integrazioni resesi necessarie a seguito delle innovazioni in materia introdotte dalla legge n. 248 del 2005 (cosiddetti requisiti di sistema) e dal decreto legislativo 9 maggio 2005, n. 96 relativo alla revisione della parte aeronautica del codice della navigazione.
Nelle more della predisposizione di un nuovo schema di decreto, che tenesse anche conto delle disposizioni correttive introdotte dal decreto legislativo 15 marzo 2006, n. 151, è sorta, altresì, l'esigenza di prendere atto anche delle modifiche allo schema di convenzione deliberate nel corso di apposite riunioni tenutesi sia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sia presso il Ministero dei trasporti nel mese di settembre del 2006, sull'affidamento in gestione totale dell'aeroporto di Pisa San Giusto alla società Aeroporto toscano Galileo Galilei Spa.
In tale occasione, è stata infatti concordata con il ministro dell'economia e delle finanze, con l'Agenzia del demanio ed il Ministero della difesa, l'opportunità di procedere a talune modifiche del suddetto schema di convenzione che, per analogia, avrebbero dovuto essere estese a tutte le stipulande convenzioni.
Pertanto, nello scorso mese di dicembre, l'ente ha inviato la nuova convenzione, sottoscritta il 21 novembre scorso con la società Sogaer Spa, opportunamente modificata, in sostituzione della precedente.
Nel contempo, è stato emanato dal Governo l'atto di indirizzo per la riforma del trasporto aereo nazionale, approvato dal Consiglio dei ministri il 12 dicembre 2006, che inserisce, tra le azioni programmatiche da tradurre quanto prima in appositi provvedimenti legislativi, la previsione di durate differenziate per le concessioni, anche a seconda della tipologia di aeroporto e dei piani di investimenti presentati dalle società di gestione.
Alla luce di tale atto, quindi, l'ENAC è stato invitato a riesaminare il periodo proposto di durata della concessione delle gestioni totali per tutti gli aeroporti per i quali è ancora in corso il procedimento di affidamento in concessione, compreso quello di Cagliari.
Nelle more della comunicazione in tal senso, il Ministero dei trasporti ha trasmesso alle amministrazioni concertanti la bozza del decreto interministeriale per l'acquisizione del preventivo concerto.
Desidero, infine, fare una precisazione per ciò che concerne l'affidamento in concessione degli scali aeroportuali.
Il settore del trasporto aereo in Italia appare oggi caratterizzato da criticità in termini di sviluppo economico competitivo, di tutela sociale, nonché di governo tecnico-istituzionale.
Per contro, il settore svolge un ruolo fondamentale per l'economia del paese, in virtù delle risorse impiegate, dell'indotto generato e non ultimo della centralità del brand Italia, che deve e può essere potenziato anche attraverso l'integrazione e l'allineamento qualitativo e competitivo nel contesto europeo.
L'intendimento del Governo di procedere ad un riassetto del trasporto aereo nazionale ha avuto la sua concretizzazione con l'approvazione dell'atto d'indirizzo prima, e con la predisposizione di una disegni di legge, poi.
Entrambi i provvedimenti sono stati approvati dal Consiglio dei ministri.
Nel caso delle concessioni, nonostante i recenti interventi legislativi, la relativa disciplina Pag. 75presenta ancora rilevanti lacune. Quindi, si rende necessario modificare la disciplina dell'istituto concessorio, definendo in modo univoco le distinte competenze in materia di istruttoria tecnico-economica, nonché di titolarità di rilascio della concessione nella stipula del relativo disciplinare.
Pertanto, si intende intervenire attraverso la ridefinizione del procedimento di rilascio delle concessioni di gestione aeroportuale da parte del Ministero dei trasporti, mediante le seguenti azioni: modifica dell'istituto concessorio, definendo in modo univoco le distinte competenze in materia di istruttoria tecnico-economica e di titolarità nel rilascio della concessione, nonché della stipula del disciplinare per obblighi, controlli e sanzioni; previsione di durata differenziata per le concessioni, anche a seconda della tipologia di trasporto e dei piani di investimento presentati dalle società di gestione; valutazione preliminare dei piani di investimento e loro verifica periodica in corso di attuazione; garanzia di una congrua, trasparente e non discriminatoria tariffazione dei servizi aeroportuali, anche tramite l'attuazione ed il completamento della disciplina in materia; infine, previsione di misure volte a garantire trasparenza nella corresponsione degli importi.
PRESIDENTE. L'onorevole Sanna, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
EMANUELE SANNA. Grazie, signor Presidente, oltre all'onorevole Giovanardi che è stato ringraziato dall'onorevole Attili, desidero ringraziare anche il presidente Tremonti e gli uffici che hanno tenuto conto della nostra condizione di parlamentari italiani sardi e, quindi, isolani e più isolati rispetto al resto della nazione.
Stiamo parlando di aeroporti e, purtroppo, avevamo prenotato gli aerei tenendo conto di un orario differente. Devo dire con molta franchezza al rappresentante del Governo, il sottosegretario Annunziata, che la risposta articolata - ma anche sfuggente - sul problema che noi abbiamo sollevato introduce ulteriori elementi di preoccupazione e d'incertezza.
Da informazioni che abbiamo acquisito appena stamattina da una fonte ufficiale regionale, signor sottosegretario, abbiamo appreso che vi è stato un incontro tra il ministro dei trasporti e la giunta regionale e le organizzazioni sindacali. Tale incontro si è tenuto nei giorni scorsi per esaminare la situazione molto critica che si è determinata per i lavoratori dell'Alitalia che operano nell'aeroporto di Cagliare Elmas, a seguito - purtroppo - del disimpegno della compagnia di bandiera.
Sulla base di queste informazioni e dopo quell'incontro, noi eravamo abbastanza rassicurati. In quell'occasione, sembrava che il Governo si fosse finalmente impegnato a sbloccare il più rapidamente possibile la concessione quarantennale per l'aerostazione di Cagliari.
Adesso, abbiamo la sensazione che tutto stia tornando in alto mare e che tutto rischi - anche se stiamo parlando di aeroporti e di aerei - di finire in un binario morto.
Insomma, l'ENAC ha deciso nel 2005. Il precedente Governo ha portato il provvedimento alla firma del ministro delle infrastrutture. Avrebbe sicuramente firmato anche l'allora ministro dell'economia, il presidente Tremonti, ed erano in corso gli ultimi passaggi tecnici.
Poi, sono arrivate le elezioni ed è arrivato un nuovo Governo e si ha, signor sottosegretario, la non infondata e non gradevole sensazione che la «pratica» si stia complicando per ragioni a noi poco comprensibili.
Il collega Attili ha detto francamente, con la competenza che gli deriva dal fatto che si è occupato a lungo - come tutti sappiamo - di queste problematiche, che non si capisce il perché aeroporti meno importanti dal punto di vista del volume del traffico e delle comunità servite e che hanno avviato la loro pratica concessoria o contestualmente o, addirittura, dopo, hanno già ottenuto le concessioni. Guarda Pag. 76caso, tali concessioni riguardano prevalentemente aeroporti del settentrione ovvero aeroporti di piccole dimensioni.
Adesso, si dice che vi è un atto di indirizzo ed un disegno di legge in merito. L'atto di indirizzo, per adesso, signor sottosegretario, per noi è solo un auspicio ed evidentemente non una norma.
Questa disciplina lacunosa - il Governo fa bene a presentare un disegno di legge che il Parlamento nella sua sovranità esaminerà -, non ha impedito la concessione totale ad altre aerostazioni. L'aeroporto di Cagliari è la porta principale della Sardegna! Il cielo è la nostra autostrada, la nostra ferrovia!
La carenza infrastrutturale degli aeroporti sardi fino a pochi anni fa è stato il fattore fondamentale del ritardo di sviluppo e delle disparità della Sardegna rispetto ad altre regioni italiane.
Abbiamo risolto il problema della carenza infrastrutturale con una moderna aerostazione; l'insularità è uno svantaggio permanente, come lei sa, e non si capisce perché questa pratica non registri passi in avanti. Devo quindi manifestare con rammarico, purtroppo, la nostra insoddisfazione per la risposta ricevuta.
PRESIDENTE. Buon viaggio, artefici e vittime del vostro destino...!
(Misure per il recupero e la conservazione della basilica di Sant'Agostino a Roma - n. 2-00340)
PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00340 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, illustro brevemente la mia interpellanza, sperando di avere una risposta costruttiva per evitare che questa basilica e la cupola di Vanvitelli, nel frattempo, collassi. Questo è il problema che voglio segnalare. In particolare, in dicembre vi è stata una constatazione ufficiale da parte della sovrintendenza del comune di Roma della gravità della situazione di degrado di questa basilica, con il rischio di crollo e con segnalazione dell'urgenza di provvedere.
Il 23 gennaio il parroco, avendo avuto notizia dell'interruzione dei lavori da parte della ditta appaltatrice, a causa proprio del pericolo di crollo della cupola, ha inviato una lettera di appello al ministro Rutelli, al presidente della regione, al presidente della provincia, a tutte le autorità competenti.
Il 24 gennaio, immagino a seguito della lettera, una serie di funzionari, ingegneri e architetti, responsabili della sovrintendenza, insieme alla ditta appaltatrice, si sono recati in basilica e hanno deciso di transennare, bloccare totalmente il passaggio di alcune sue parti per il grave pericolo di un collasso della struttura. Hanno dato un incarico urgente di studiare e portare a termine il cerchiaggio della cupola, ma non è stato ancora fatto un esame di eventuali alterazioni strutturali per interventi di sostegno sulle fondamenta.
Pertanto, chiediamo al Governo cosa intenda fare, di necessario ed urgente, per salvaguardare questo monumento artistico, nonché in termini di sicurezza con misure di pronto intervento per evitare un pericolo imminente e possibile di crollo. Inoltre, chiediamo se i fondi siano stati stanziati e come intenda spenderli.
Presiede in questo momento il vice presidente Tremonti e tutti sappiamo che un conto è stanziare i fondi, un conto è averne la disponibilità per un loro utilizzo. Pertanto, chiediamo se questi fondi siano sufficienti per recuperare e conservare la basilica di Sant'Agostino. Vorremmo sapere dal Governo in che modo intenda intervenire per recuperare pienamente questo monumento, ma, soprattutto, cosa intenda fare in estrema urgenza per evitare quello che è già stato segnalato autorevolmente dalle autorità preposte. Occorre infatti assumere iniziative non dico ad horas, ma in termini assolutamente Pag. 77brevi per evitare danni irreparabili che in futuro non potranno più essere recuperati.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, la chiesa di Sant'Agostino in Campo Marzio è stata dichiarata parzialmente inagibile nel 2005 a seguito di un'ispezione dei vigili del fuoco.
La zona dell'altare maggiore al di sotto della grande cupola era interessata dalla caduta di frammenti di intonaci e stucchi che si staccavano dai lembi di rilevanti lesioni, presenti in corrispondenza dei grandi archi che sostengono la cupola stessa.
Il Ministero per i beni e le attività culturali si è attivato con sollecitudine. Infatti, nel marzo 2006 è stata redatta una perizia di spesa di 300 mila euro complessivi, che hanno trovato copertura per 100 mila euro nell'elenco annuale 2006, per 200 mila euro nella rimodulazione del programma dei fondi lotto per gli anni 2004-2006. È stato quindi redatto un progetto preliminare per effettuare i monitoraggi e le indagini necessarie, al fine di comprendere la natura del fenomeno e quindi studiarne possibili soluzioni progettuali sia per la messa in sicurezza, sia per il definitivo restauro. I lavori previsti, affidati in somma urgenza alla ditta Faim, hanno riguardato la predisposizione di opere provvisionali e l'effettuazione di monitoraggi e di indagini propedeutiche alla definizione dell'intervento.
Il ponteggio posto in opera ha avuto ed ha tuttora la funzione di rendere accessibili le zone danneggiate e porre in opera i sensori di spostamento necessari per quantificare la natura e l'entità del danno. Campagne di indagine di questo tipo hanno durata variabile, ma quasi mai inferiore ad un anno, trattandosi di eventi che coinvolgono il terreno di fondazione e che quindi devono essere valutati in relazione ad un completo ciclo stagionale. Alla fine del 2006 un ingegnere strutturista è stato incaricato di approfondire l'analisi sulla scorta dei dati acquisiti, effettuando un accurato rilievo delle strutture esistenti al di sopra della cupola stessa. Da un primo studio e da un'analisi del quadro fessurativo esteso a tutta la chiesa, si è individuata una causa primaria di danno in un possibile cedimento delle fondazioni della grande costruzione.
Conseguentemente, il professionista è stato incaricato di produrre un progetto di consolidamento provvisorio, che metta in sicurezza la cupola e ne garantisca la salvaguardia. Nel contempo, il progetto dovrà prevedere le indagini sulle fondazioni, necessarie per poter progettare un intervento definitivo di consolidamento. In ogni caso, la situazione, emersa dalla vista diretta e dai monitoraggi, nonché dalle indagini, è risultata di estrema gravità con fenomeni di dissesto in atto. Per gli interventi di consolidamento definitivi è attualmente in corso il procedimento di approvazione della programmazione triennale dei lavori pubblici degli anni 2007-2009, in cui è stato appositamente proposto uno stanziamento di 1 milione e mezzo di euro, suddiviso in tre annualità.
Per far fronte ai necessari ed immediati interventi, si sta intanto valutando la possibilità di reperire risorse aggiuntive attraverso la rimodulazione delle economie di bilancio della soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio di Roma.
PRESIDENTE. L'onorevole Giovanardi ha facoltà di replicare.
CARLO GIOVANARDI. Ringrazio il sottosegretario Lucidi, ma purtroppo quello che ha detto conferma l'allarme rispetto alla situazione di pericolo, in cui versa questa basilica. Prendo atto anche positivamente dell'iter procedurale in corso, delle risorse che sono state stanziate ed anche dell'intenzione di procedere ad un intervento strutturale, che risolva alla radice i problemi di stabilità di questo importante monumento. Però chiederei al Governo un qualcosa in più, perché la preoccupazione attuale è che, mentre si stanno sviluppando questi studi, ci possa essere un qualche danno irreparabile.Pag. 78
Mi domando se, com'è già stato fatto in altre occasioni - penso alla Domus Aurea, recentemente -, non possa essere coinvolta per un «pronto intervento» per esempio la protezione civile, che è strutturata proprio per interventi che non debbono rispondere a meccanismi burocratici: potrebbe essere un'opera di pronto intervento non sul consolidamento definitivo, ma per quanto riguarda per esempio il cerchiaggio della cupola o comunque un intervento che garantisca che, mentre tutte queste cose che lei ci ha riferito verranno effettuate per un consolidamento definitivo, nel frattempo non ci siano dei danni irrecuperabili.
Mi rendo conto che, naturalmente, si tratta di un problema più tecnico che politico: mi riferisco alla necessità di far coincidere un consolidamento definitivo con un pronto intervento per evitare danni alla struttura.
Il sottosegretario sa che qualche problema è nato anche da alcune incertezze: i tecnici che si sono recati sul posto avevano chiesto di rimuovere i ponteggi; poi, si è svolta una discussione sul luogo con i responsabili ed il parroco, il quale si è opposto al fatto che i ponteggi venissero rimossi. Infatti, si diceva che occorreva smontare i ponteggi perché non vi erano i fondi per una ristrutturazione; poi, i fondi, probabilmente, sono stati stanziati, anche se non ho capito bene quanto siano spendibili nell'immediato.
In conclusione, se questi fondi sono disponibili e, quindi, è possibile intervenire già adesso per mettere l'opera in sicurezza, occorre che il Governo lo faccia. Se, invece, occorrono tempi tecnici e burocratici (me ne rendo perfettamente conto) per cui anche i fondi stanziati non sono spendibili, si dovrebbe ricorrere a strumenti eccezionali come la protezione civile per effettuare un intervento immediato, che possa dissipare le preoccupazioni di danni ulteriori alla struttura, in particolare alla cupola, mentre sono in corso studi più approfonditi sulle modalità con cui intervenire in maniera radicale.
Penso che il Governo abbia tutti gli strumenti per addivenire ad una soluzione positiva del problema.
(Collisione verificatasi nelle acque dello Stretto di Messina - n. 2-00327)
PRESIDENTE. L'onorevole Raiti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00327 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
SALVATORE RAITI. Signor Presidente, illustrerò brevemente la mia interpellanza, sperando che sia the last but not the least. Abbiamo voluto sottoporla al Governo, a quasi un mese dall'incidente che si è verificato sullo Stretto di Messina il 16 gennaio, alle ore 17,51, che ha coinvolto una nave cargo e un traghetto veloce e che, purtroppo, causato la morte di quattro persone, quando ormai l'attenzione dei mezzi di comunicazione è scemata, così come spesso accade in Italia e generalmente nel mondo.
È un incidente particolarmente grave e non l'unico verificatosi sullo Stretto di Messina. Negli ultimi cinquant'anni si sono verificati 8 incidenti, 44 collisioni, con altri quattro morti.
È una vicenda particolarmente grave, che abbiamo voluto portare nuovamente e a freddo all'attenzione del Governo per chiedere di verificare quanto accaduto nel corso di questi anni e per individuare le responsabilità, che crediamo ci siano.
Nel nostro paese accade sempre più spesso che, quando si verificano incidenti, si cerca, attraverso l'istituzione di commissioni di indagine o svolgendo altri atti di particolare impegno e complessità, di verificare le responsabilità e gli effetti, per fare in modo che tali eventi non si verifichino più.
Riteniamo, con particolare riferimento al caso di specie, che a volte bastino piccoli accorgimenti e piccole attenzioni e che, quando si registrano determinati fatti, sia sufficiente un'indagine seria, scrupolosa e meticolosa per individuare le responsabilità.Pag. 79
Vengo al sodo, dopodiché replicherò, sulla base di quanto dirà il Governo.
Nella sostanza, lo Stretto di Messina dal 1992 è monitorato da un sistema radar costato qualche centinaio di milioni di euro, che potrebbe e dovrebbe mettere in sicurezza la circolazione dei natanti nel canale. Risulta, però, con quasi certezza, soprattutto da indagini giornalistiche, che questo sistema radar non è mai entrato in funzione in maniera definitiva e compiuta; che nel momento in cui si è verificato l'incidente, alle ore 17,51, esso non fosse in funzione; sembra, infatti, che esso funzioni solo dalle ore 8 di mattina alle ore 17 del pomeriggio.
Noi riteniamo che, se questo fosse vero, sarebbe gravissimo e che dovrebbero essere accertate le responsabilità, perché immaginiamo che un sistema radar dovrebbe funzionare ventiquattro ore al giorno e perché, se avesse funzionato, così com'è auspicabile che sia, per ordinaria diligenza e, soprattutto, perché sono stati spesi centinaia di milioni di euro, l'incidente non si sarebbe verificato e avremmo risparmiato la vita di persone che tornavano dal lavoro e che, anziché arrivare nelle proprie case, sono state schiacciate da una nave cargo.
Chiediamo che il Governo faccia luce su questo aspetto e che ci dia una risposta chiara, netta e definitiva, perché non serve, a volte, avviare commissioni di indagini, ma è sufficiente verificare le piccole cose per limitare i grandi danni.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Andrea Annunziata, ha facoltà di rispondere.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in riferimento all'interpellanza urgente degli onorevoli Raiti e Donadi, che pongono due questioni emerse a seguito della collisione avvenuta nelle acque dello Stretto di Messina il 15 gennaio scorso, si può affermare quanto segue.
La prima questione riguarda l'ipotesi dell'esistenza di una struttura a Messina, indicata come torre di controllo, che, sebbene dotata di apparati VTS in grado di monitorare quell'evento, risulterebbe funzionante solo in alcune fasce orarie, così come detto.
La seconda questione riguarda le misure che si intendono adottare per migliorare la sicurezza della navigazione nello Stretto di Messina.
Nel merito, si premette che per VTS si intende il servizio reso all'utenza del settore marittimo trasportistico, i cui aspetti essenziali sono fissati, in ambito internazionale e comunitario da disposizioni normative convenzionali (ex plurimis direttiva 301 della Commissione europea, risoluzione A857 dell'IMO, Convenzione di Londra del 1974, sulla salvaguardia della vita umana in mare, Convenzione di Amburgo del 1979, eccetera) e, in ambito nazionale, da normative di riferimento, sia di rango primario (legge 7 marzo 2001, n. 51), sia di rango secondario (decreto interministeriale 28 gennaio 2004).
Il combinato disposto di tali disposizioni delinea il VTS come un sistema atto ad incrementare il livello di sicurezza della navigazione marittima ed in grado di fornire principalmente informazioni ed assistenza alla navigazione tali, da consentire l'organizzazione del traffico marittimo delle unità interessate.
Le finalità proprie del servizio non si perseguono con il monitoraggio di individuate zone di mare, assicurato da appositi sensori e sistemi di comunicazione (ad esempio, radar, radiogoniometri e ricetrasmettitori radio), opportunamente dislocati lungo la costa e i cui segnali vengono riportati a mezzo di ponti radio o di collegamento via cavo a centri di controllo locali.
Ciò premesso, seppure a grandi linee, occorre precisare come la cosiddetta torre di controllo sia, in realtà, una struttura ubicata in area prossima allo scalo di Messina, sede di un prototipo di VTS, oggetto di sperimentazione.
Si tratta di una struttura non ancora in grado di erogare i predetti servizi, in quanto programmata per svolgere unicamente attività di sperimentazione e di Pag. 80formazione del personale del Corpo, destinato poi a costituire elemento di organizzazione VTS.
Per offrire un quadro più completo della fattispecie in questione, è opportuno rappresentare ulteriori elementi sulla genesi storica del VTS in questione.
Al riguardo, il VTS di Messina è stato realizzato con un contratto stipulato dall'amministrazione, agli inizi degli anni Novanta, su impulso dell'ispettorato centrale per la difesa del mare, al quale è subentrato, quale referente statale per questa amministrazione, in un primo momento, la direzione generale della navigazione e del traffico marittimo (a seguito della scissione del Ministero della marina mercantile in Ministero dei trasporti e della navigazione ed in Ministero dell'ambiente) e, infine, questo Comando generale per effetto del trasferimento, in capo al medesimo, delle competenze in materia di sicurezza della navigazione (marzo 1997).
L'Italia ha quindi deciso di porsi, in relazione, peraltro, al sinistro che il 31 marzo 1985 coinvolse , le unità Patmos e Castillo de Monte Aragon, all'avanguardia nella realizzazione di un nuovo sistema di monitoraggio navale, nell'ottica della tutela ambientale associata a quella della vita umana in mare, avviando, a tale scopo, la progettazione del VTS.
L'avvio di una verifica sulla fattibilità di tale iniziativa fu assunta con l'intento di predisporre misure per incrementare la sicurezza del traffico marittimo aggiuntive a quelle già previste dal decreto ministeriale 27 marzo 1985, come integrato dal decreto del Ministero della marina mercantile in data 8 maggio 1985, recante «Regolamentazione del traffico marittimo nello Stretto di Messina».
Tuttavia, le vicende del contratto (stipulato con la Alenia Spa, in associazione temporanea di imprese con le ditte Stretto di Messina Spa, Tecnomare Spa e Giuseppe Canale costruzioni) scaturito a seguito della conclusione di quella gara sono state caratterizzate da una considerevole dilatazione temporale relativamente alla consegna dell'opera, in conseguenza sia di mutamenti nella soggettività delle parti contrattuali, sia per il protrarsi di un correlato contenzioso giurisdizionale.
Inoltre, come ulteriori fattori che hanno determinato, sul piano tecnico-industriale, la necessità di ricercare soluzioni originali a problematiche così complesse, si pongono la novità ed il carattere di prototipo del VTS, mai realizzato in alcun'altra parte del mondo in modo integrato ed organico. Per la parte che qui interessa, conclusosi positivamente il collaudo, a dicembre del 2003 è stata avviata la programmata fase di sperimentazione tecnica e di addestramento del personale, denominata pre-IOC (Initial Operational Capability), tuttora in atto. Il periodo di sperimentazione ha permesso di rilevare e verificare l'obsolescenza intrinseca degli apparati, presente soprattutto all'interno del software di gestione, che ha evidenziato i forti limiti legati alla loro età informatica. Ciò non consente, al momento, al centro VTS di Messina di raggiungere quella piena operatività che costituisce presupposto imprescindibile per il passaggio alla superiore fase dell'erogazione dei servizi.
In sintesi, la prevista attività di sperimentazione e formazione ha assolto in pieno la propria funzione, permettendo di individuare quegli interventi necessari e strettamente correlati alle nuove tecnologie sviluppate dall'industria di settore, alle quali è stato improntato il progetto del VTS nazionale.
Il VTS di Messina, quindi, ha rappresentato il prototipo di sistemi che, nell'ambito del programma nazionale (che l'amministrazione ha successivamente intrapreso attraverso due fasi realizzative, la prima avviata nel luglio del 1999 e tuttora in corso, la seconda entrata in fase esecutiva nel mese di giugno 2006), hanno trovato possibilità di applicazione nella prima fase del detto programma nazionale, alla quale seguirà una seconda fase di affinamento e perfezionamento.
Gli interventi innovatori, frutto della sperimentazione alla quale è stato dedicato il VTS di Messina, ne hanno imposto l'ammodernamento, teso a garantire una Pag. 81più efficace integrazione con gli altri centri previsti dal programma nazionale. A tale scopo, il Ministero dei trasporti ha già inserito l'aggiornamento tecnologico del centro di Messina nell'ambito dei già accennati interventi ricompresi nella seconda fase del programma VTS nazionale, che prevede, tra l'altro, la diffusione del sistema sull'intero territorio nazionale.
Sempre nel contesto degli interventi della seconda fase del programma nazionale, il cui contratto è stato stipulato nel dicembre del 2005, si aggiunge che sono stati commissionati l'affinamento/perfezionamento del software sviluppato nel corso della prima fase ed un aggiornamento dell'hardware, al fine di rendere l'intero sistema nazionale ancora più performante e tecnologicamente avanzato; che è stata prevista la sostituzione dell'intero sistema di Messina, programmata entro i primi sei mesi del corrente anno, per accelerare l'entrata in servizio operativo del centro di controllo quale priorità degli interventi pianificati.
Una volta aggiornato, il VTS di Messina costituirà un sistema moderno e tecnologicamente all'avanguardia, che potrà essere condotto alla piena operatività in poco tempo, anche grazie all'esperienza tecnica, operativa e professionale maturata dal personale del corpo nella fase di sperimentazione ed addestramento.
Per completezza di trattazione, non si può sottacere come la piena legittimazione operativa e funzionale del VTS di Messina debba tener conto delle procedure stabilite dall'articolo 5 della legge 7 marzo 2001, n. 51 e dell'articolo 6 del decreto ministeriale 28 gennaio 2004, che prevedono il ricorso all'adozione di apposito provvedimento ministeriale formalmente istitutivo del centro, con l'individuazione dei servizi e della relativa disciplina.
Inoltre, il VTS di Messina sarà integrato con gli autonomi sistemi di comunicazione e con il sistema AIS (Automatic Identification System) - con la capacità di quest'ultimo della registrazione degli eventi - già pienamente funzionanti, determinando un'efficace e completo sistema di monitoraggio e controllo del traffico marittimo.
In aggiunta alle iniziative di cui sopra, che porteranno la completa efficienza del VTS di Messina, si riferisce che è all'esame la possibilità di procedere all'adozione di nuovi schemi di separazione del traffico nello Stretto di Messina che, nella scia del decreto ministeriale dell'8 maggio 1985, tengano conto dei criteri di ordine generale, nel frattempo elaborati in sede IMO, nonché dei fattori di particolare significatività ambientale in relazione all'intenso volume di traffico trasversale sviluppatosi localmente. Tali misure, superato positivamente il necessario vaglio dei consessi internazionali a ciò deputati, stante il particolare regime giuridico dello Stretto, sottoposto alla disciplina di diritto convenzionale, andranno comunque ad integrare l'attuale sistema di sicurezza, già efficace e polivalente, come già si è avuto modo di sottolineare e che non può essere ridimensionato né indebolito nelle sue capacità di risposta dall'incidente che si è verificato.
In conclusione, va valorizzata la circostanza che il contratto per la sostituzione dell'intero centro VTS di Messina verrà portato ad esecuzione entro il corrente anno e che per il prossimo 7 febbraio il ministro ha già convocato una riunione con tutti i soggetti interessati per l'insediamento del comitato per la sicurezza dello Stretto di Messina.
Debbo aggiungere, infine, e purtroppo, che il resto è sottoposto ad indagine della magistratura.
PRESIDENTE. L'onorevole Raiti ha facoltà di replicare.
SALVATORE RAITI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Certamente, non posso essere completamente soddisfatto. Lo sono limitatamente all'impegno assunto dal Governo nel fissare una riunione e fare in modo che entro il corrente anno il sistema di controllo e di monitoraggio sia messo in funzione, ma la ricostruzione cronologica dei fatti esposta dal Pag. 82signor sottosegretario mi preoccupa parecchio. Tra l'altro, mi pare che non vi sia risposta ad alcuni quesiti che ho posto. La preoccupazione scaturisce anzitutto dal fatto che, così come affermato, dall'inizio del 1990 ad oggi - siamo, lo ricordo, nel 2007 - sono passati 17 anni ed ancora, in uno specchio d'acqua che è il più pericoloso d'Italia, non foss'altro perché vi transitano quindicimila natanti ogni anno con dieci milioni di passeggeri, insomma in una situazione di questo tipo non vi è ancora un sistema di controllo e di monitoraggio. È, dunque, un fatto veramente preoccupante e drammatico: è come se in un aeroporto non fosse in funzione il sistema di controllo radar.
Ritengo che queste lacune che debbano essere immediatamente colmate ad ogni costo. Mi pare che si stia intraprendendo un cammino virtuoso, ma certamente ciò non può esimerci dall'esprimere una valutazione negativa per gli anni trascorsi in una maniera indecente. Tra l'altro, il Governo non ha risposto ad un quesito precipuo, vale a dire se sia vero o meno che alle 17,41 il sistema radar non funzionasse più e, in caso affermativo, se questo sia normale. Se così fosse, occorrerebbe accertarne le eventuali responsabilità, perché credo che da ciò scaturisca il nesso causale che ha portato, di fatto, all'incidente che ha provocato quattro morti.
Invito pertanto il Governo a compiere accertamenti in merito, perché l'etica della responsabilità impone che i fatti siano accertati per fare in modo che tragedie del genere di quella avvenuta non si ripetano e per sanzionare eventuali responsabilità.
Per concludere, ritengo che l'elemento citato debba essere considerato con una particolare attenzione, non solo per ciò che ho detto, ma anche perché è noto che lo Stretto di Messina sarà in prospettiva una tra le vie di comunicazione fondamentali ed importanti per lo sviluppo del paese.
Abbiamo sempre detto, e fa parte del programma dell'Unione, ma non soltanto dell'Unione perché lo era anche del precedente Governo, che attraverso il Corridoio 1, che parte da Berlino, arriva a Palermo e attraversa le autostrade del mare, il Meridione, in particolare la zona di cui oggi stiamo trattando, costituirà un riferimento fondamentale per la logistica nel Mediterraneo, per i trasporti che si svilupperanno nei prossimi anni a partire da quest'area di libero scambio e per l'arrivo dei container che dall'India e dalla Cina, attraverso il canale di Suez, sbarcheranno in Europa: a tale proposito Augusta e Gioia Tauro sono stati individuati come gli hub portuali, in cui, insieme a quello di Cagliari, arriverà il forte traffico di merci cui ho sopra fatto cenno.
In queste condizioni di rischio, che già oggi sono particolarmente drammatiche e che aumenteranno a causa di transiti così copiosi, non possiamo non mettere in atto immediatamente tutte le risposte, che nell'ambito del settore della sicurezza sono necessarie e indispensabili; anzi sappiamo di doverlo fare a prescindere dalle cose che ho detto, che sono fondamentali e che comunque debbono ritenersi presupposto imprescindibile, anche perché, se vogliamo sviluppare e rilanciare il Meridione ed essere la piattaforma logistica del Mediterraneo, dovremo offrire servizi e sicurezza adeguati. Se ciò non avvenisse, subiremmo la competizione, già in atto, di quei paesi europei, come la Spagna, la Grecia e altri paesi che si stanno attrezzando a tale riguardo, facendo certamente un danno enorme per lo sviluppo dell'occupazione, per quello della nostra Italia e per la possibilità di essere protagonisti in Europa.
Abbiamo sempre detto che, se non ripartirà il Meridione non ripartirà l'Italia, ma se l'Italia, e questa parte del Mezzogiorno non diventeranno la piattaforma logistica del Mediterraneo con strutture attraenti e sicure, certamente il danno che avremo sarà enorme e si ripercuoterà nei prossimi decenni sulle nostre popolazioni.
I fatti accaduti, che possono avere un valore simbolico, debbono spingerci ad accertare innanzitutto le responsabilità - lo sottolineo ancora una volta, se vi sono - ma per fare in modo che si provveda immediatamente a mettere in atto quei Pag. 83meccanismi assolutamente necessari e indispensabili per dare attuazione al programma dell'Unione.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Saluto gli studenti che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).