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Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 445-A ed abbinate.
(Esame dell'articolo 36 - A.C. 445-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 36 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 445 ed abbinate sezione 8).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Galante. Ne ha facoltà.
SEVERINO GALANTE. Signor Presidente, il tema in discussione concerne l'obbligo del segreto nell'ambito del controllo parlamentare.
Prendo spunto dalla discussione di questa mattina, nel corso della quale ho sentito vantare i meriti storici dei servizi italiani. Ricordo alcuni nomi e alcuni fatti a chi ha vantato questi meriti: De Lorenzo, il Sifar, il «Piano Demagnetize» ed il «Piano Solo»; Henke, il Sid e la strategia della tensione; Miceli, «Tora Tora», la Rosa dei Venti e la prima fase dell'epoca delle stragi; il Sismi, il Sisde e la Loggia P2; il Supersismi, i fondi neri del Sisde e la seconda fase dell'epoca delle stragi. E potrei continuare.
Voglio dire che con la storia che abbiamo alle spalle, con la storia che i servizi hanno alle spalle e con la cronaca che ancora quotidianamente ci colpisce, è evidente a tutti che in primo luogo i servizi nel nostro paese hanno un'esigenza di legittimazione democratica, che deve essere, insieme, giuridica, politica e sociale, in altri termini, di opinione pubblica. Insisto sull'esigenza che questa legittimazione sia contestuale. Infatti, una legittimazione soltanto parziale non sarebbe autentica; sarebbe, anzi, una delegittimazione ulteriore.
A me pare che il provvedimento in discussione non colga appieno questa esigenza. Esso punta, infatti, essenzialmente ad una legittimazione giuridica, mettendo al riparo il lavoro dei servizi da quelli che si opina siano ostacoli e che per me sono, viceversa, in larga parte un patrimonio della legge.
Proprio assegnandosi questa priorità, il provvedimento finisce per conseguire una legittimazione politica parziale, ancorché trasversale, come stiamo verificando, ma per non attingere alcuna legittimazione sociale; anzi - ed è qui il tema del comma terzo dell'articolo - nel momento in cui si limita la libertà di informazione dei giornalisti, poco vale rilevare che qui non si tratta del segreto di Stato in senso stretto, in senso diretto, ma indirettamente sì, perché si tratta della stessa materia, filtrata attraverso il controllo del Comitato parlamentare. Ed è su questa materia, già in qualche modo uscita dal segreto stretto, che si proibisce alla stampa di intervenire. Quando si affronta questo tema, si pone un problema decisivo proprio per la legittimazione dei servizi.
La pervasività dell'informazione della nostra epoca, signor Presidente, non può indurci a ritenere che i servizi di informazione - sottolineo: di informazione - possano avere come avversari, fosse anche come nemici, gli operatori ordinari dell'informazione, ossia i giornalisti. Tutt'altro! Credo che la buona reputazione dei servizi presso l'opinione pubblica, basata sui fatti, non sulla manipolazione dei medesimi, sia fondamentale. Senza l'appoggio dell'opinione pubblica, critico attraverso la stampa, il loro lavoro di intelligence risulterebbe inevitabilmente compromesso e, comunque, indebolito.
Eliminare questo comma - come noi chiediamo - non metterebbe a rischio il lavoro legittimo dei servizi; semmai, lo rafforzerebbe!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, credo che sull'articolo 36 del provvedimento in esame si debba operare una riflessione totalmente diversa rispetto a quella svolta dal collega intervenuto prima di me.
Credo che in questo caso non c'entri la libertà di stampa: dobbiamo comprendere questo. Se leggessimo con attenzione il testo, dalla prima all'ultima parola, ce ne renderemmo conto meglio.
Si tratta di stabilire una disciplina che garantisca che la funzione di controllo parlamentare da parte del Comitato parlamentare venga effettuata per intero e fino in fondo. Perché ciò possa avvenire, è necessario che vi sia un vincolo di segretezza forte. Infatti, a differenza del Comitato parlamentare di controllo che esiste attualmente, i poteri del nuovo Comitato parlamentare saranno triplicati; in forza di tali poteri il Parlamento, per il tramite di tale Comitato, disporrà di atti e di informazioni così riservate - attinenti, ovviamente, anche a materie coperte dal segreto di Stato e relative alle autorizzazioni sulle garanzie funzionali - che vi sarà la necessità di blindarli.
Un conto è che il Parlamento ne sia a conoscenza e svolga la sua funzione, avendo a disposizione tutti i materiali utili ad effettuare il controllo democratico, altro conto è che queste informazioni, che per definizione non possono essere nella disponibilità di tutti, possano filtrare con i sistemi che, purtroppo, oggi vengono utilizzati anche per diffondere le notizie dall'attuale Comitato parlamentare di controllo.
Detto ciò, vorrei aggiungere un'altra considerazione. Credo che, al di là della discussione svoltasi ieri sul numero dei componenti il Comitato parlamentare, sarà difficile trovare colleghi, deputati e senatori, che vorranno far parte di tale organo.
Il primo aspetto che vorrei segnalare è che, se il reato di violazione del segreto - fattispecie che già esiste e si applica a prescindere dalla specifica previsione normativa - venisse commesso da un componente il Comitato parlamentare, ciò comporterebbe un aumento della pena prevista da un terzo alla metà. In altri termini, vi è un regime sanzionatorio ordinario, valido per tutti coloro i quali sono tenuti al segreto; invece, per i parlamentari che compongono il Comitato parlamentare la sanzione penale viene aumentata. Questa è una prima considerazione.
La seconda considerazione è che, avendo noi aumentato in maniera esponenziale le competenze e i poteri del Comitato parlamentare, dotiamo questo organo di una struttura adeguata ai suoi compiti, con collaborazioni esterne, con funzionari parlamentari che svolgono i propri compiti. Questi soggetti devono essere tenuti per legge al segreto e devono essere sanzionati nel caso in cui il segreto venga violato.
Se ciò è giusto - come lo è secondo il nostro punto di vista - allora vorrei far notare che abbiamo aggiunto anche una sanzione che rappresenta il primo precedente di natura parlamentare che si conosca. È stato previsto, infatti, una sorta di «giudizio interno» del Parlamento nei confronti del componente il Comitato che si assume abbia violato il segreto. Tale disposizione contempla, oltre all'applicazione delle sanzioni penali in maniera più consistente e quant'altro, la decadenza dall'incarico dello stesso componente.
È assolutamente evidente, quindi, che tale disciplina, che presiede all'esercizio totale e compiuto del controllo parlamentare, debba essere applicata nei confronti di tutti coloro i quali diffondono o pubblicano queste notizie. Infatti, non stiamo parlando dell'inchiesta giudiziaria di cui i giornali pubblicano le informazioni o le ordinanze di custodia cautelare, bensì di atti, che rientrano soltanto nella disponibilità del Presidente del Consiglio (oppure di Stati esteri, oltre al nostro), che possono essere oggetto di apprezzamento da parte del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, ma che non possono Pag. 73essere diffusi, poiché verrebbe meno la ragione stessa della funzione che stiamo disciplinando.
A ciò vorrei aggiungere un'ulteriore circostanza. Rammento che il Parlamento, qualche mese fa, ha convertito un decreto-legge relativo alla famosa questione delle intercettazioni illegali, legate alla cosiddetta vicenda Telecom. In tale circostanza, le Camere hanno approvato (non ricordo se all'unanimità) sanzioni e regole due volte più severe di quelle che stiamo oggi esaminando in questa sede.
Mi accingo a concludere, signor Presidente. Si tratta di norme maggiormente restrittive, poiché estendono il divieto di divulgazione di atti o di dossier nei confronti dei giornalisti. Tuttavia, a differenza del caso che stiamo attualmente esaminando, in cui abbiamo operato un richiamo ad una disposizione del codice penale già esistente, segnalo che in quella circostanza sono state previste sanzioni più severe di natura non solo pecuniaria, ma anche più squisitamente penale nei confronti dei giornalisti, degli editori e dei direttori dei giornali e dei quotidiani che avessero pubblicato o pubblicassero quel tipo di notizie, oppure informazioni relative ai dossier formati illegalmente.
Credo, quindi, che nel caso di specie sia stata predisposta una normativa sensata, giusta e doverosa. Infatti, non possiamo rafforzare il controllo parlamentare senza costruire, al contempo, un sistema di regole che eviti che tali atti, la cui riservatezza è posta a tutela dell'interesse nazionale, possano diventare di dominio pubblico. Per tali ragioni, dunque, ritengo che non debba sussistere alcuna difficoltà nel votare con tranquillità il testo dell'articolo in esame; pertanto, invito tutti i colleghi a farlo serenamente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, vorrei rilevare che, come già affermato dal collega D'Alia, l'articolo in esame segna, in realtà, la nuova corresponsabilità tra Governo e Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza. Infatti, sono stati aumentati notevolmente i poteri di tale Comitato ed a tali poteri si deve congiungere, inevitabilmente, una forma di responsabilità seria.
Immaginiamo cosa succederebbe se l'Esecutivo dovesse temere che notizie estremamente riservate, consegnate ad un importante organo parlamentare, potessero essere pubblicamente divulgate. Purtroppo la storia insegna, e di quella storia dobbiamo far tesoro. Ritengo opportuno, dunque, creare innanzitutto alcuni istituti finalizzati a tale scopo, poiché li riteniamo compatibili e verificabili. Penso che un Governo che trasmettesse segreti particolari ad un Comitato parlamentare per trovarseli poi «filtrati» sulla stampa il giorno dopo sarebbe quasi irresponsabile!
Proprio per conferire serietà a tale organo, credo sia necessario contemplare sanzioni pesanti. Ritengo importantissimo il fatto che sia prevista non solo una violazione di tipo penale - cioè l'accertamento della responsabilità da parte dell'autorità giudiziaria -, ma anche una corresponsabilità della politica. Reputo infatti giusto che, dinanzi ad un comportamento sbagliato di un componente di un organismo così importante, la politica possa avere già essa stessa la capacità di comminare sanzioni. È un segno di maturità anche questo, a mio parere. Ovviamente, ci saranno alcuni problemi. Tuttavia, mi auguro che proprio in virtù di questo istituto e della previsione di questo tipo di sanzioni possa nascere una diversa cultura politica, a partire dal momento in cui i parlamentari entreranno a far parte di un Comitato particolarmente delicato, in cui avranno la possibilità di conoscere carte riservate e delicate. Ovviamente, c'è il problema di contemperare la necessità della tutela della sicurezza pubblica con la cosiddetta libertà di stampa. Credo che proprio in quella libertà di stampa trovi il suo confine la natura stessa della funzione parlamentare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
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ROBERTO COTA. Signor Presidente, è ovvio che, se una notizia deve rimanere segreta, deve restare tale. È anche vero, però, che il Comitato parlamentare di cui abbiamo previsto la istituzione avrà maggiori funzioni e un più ampio ruolo; quindi, acquisirà maggiori informazioni da parte del Governo e sarà anche ampliato nella sua composizione, per essere maggiormente rappresentativo di tutte le forze politiche. Certamente, è giusto responsabilizzare i suoi componenti.
Tuttavia, non possiamo dibattere il tema del segreto con riferimento soltanto al Comitato parlamentare di controllo e senza riaffermare in questa sede, al di là dell'ipocrisia, che anche altre gravi violazioni del segreto si compiono da parte di altri organi. Su queste ultime sarebbe ora di intervenire con efficacia, allo stesso modo in cui stiamo cercando di intervenire con riferimento al controllo di carattere parlamentare. Mi riferisco, in particolare, alla violazione del segreto istruttorio nel corso dei procedimenti giudiziari: questo è un aspetto sicuramente collegato, del quale vorrei vi fosse una traccia nel dibattito parlamentare di oggi. Mi riferisco, altresì, all'aspetto legato alla divulgazione, da parte dei giornali, di intercettazioni telefoniche riguardanti casi delicati. Quelle notizie non sono fuoriuscite dall'ambito dell'attività parlamentare o dall'ambito del controllo istituzionale. Quelle notizie sono trapelate perché su alcuni fatti sono state svolte indagini e dalla violazione del segreto istruttorio sono trapelate informazioni che, poi, sono state pubblicate dai giornali e divulgate, a favore dell'opinione pubblica. Vorrei che ci fosse, al di là dell'ipocrisia, una presa di posizione forte anche su questi fatti e un impegno a regolamentarli con la stessa durezza e con la stessa efficacia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, è evidente che stiamo discutendo di una questione di particolare delicatezza. Per quanto ci riguarda, siamo assolutamente d'accordo sul fatto che coloro che hanno compiti di ufficio particolarmente delicati, in particolare i parlamentari chiamati a far parte della Commissione di controllo, debbano essere sanzionati con grande severità nel caso in cui non rispettino gli obblighi derivanti da tale ufficio. Tuttavia, dobbiamo cercare di compiere uno sforzo - in questo senso, rivolgo un invito al presidente Violante ed ai colleghi della I Commissione - per affrontare un altro problema, quello della diffusione, da parte degli organi di stampa, di informazioni e documenti che riguardano, certamente, aspetti riservati e che, se arrivano ai giornalisti, riservati non sono più. Tutto questo accade perché chi era in possesso di quelle informazioni le ha fatte trapelare. Bisognerà verificare quali siano stati gli obiettivi, ma certo è che le ha fatte trapelare.
Dal momento in cui sono nella disponibilità del giornalista, possono esserlo anche di tanti altri soggetti, e spesso succede che, prima di arrivare ai giornalisti, quei documenti e quegli atti diventano patrimonio di un circuito ristretto di persone che possono avere interessi diversi per la conoscenza di quei segreti e di quei contenuti stessi. Allora, dobbiamo distinguere in maniera forte qual è la responsabilità di chi porta fuori l'informazione rispetto a chi la riceve e svolge una funzione altamente democratica, quale quella di informare l'opinione pubblica, perché la storia di questi anni è troppo esemplare da questo punto di vista, non soltanto per i fatti italiani. Spesso sui giornali del mondo abbiamo visto pubblicare questioni che all'inizio potevano sembrare violazioni del segreto d'ufficio o, addirittura, del segreto di Stato, ma nel prosieguo dell'approfondimento delle inchieste si sono dimostrate violazioni dei diritti dei cittadini, dei diritti umani, delle situazioni che sono difese nelle Costituzioni come principi fondamentali delle istituzioni stesse.
Allora, su tale questione rimaniamo insoddisfatti - lo dico ai colleghi della I Commissione - rispetto alla soluzione data. Certamente, la sanzione prevista dall'articolo Pag. 75326 del codice penale non è particolarmente grave, da sei mesi a tre anni per coloro che diffondono segreti di ufficio ed ovviamente anche per coloro che ne agevolano la loro pubblicazione, ma riteniamo che si debba essere estremamente rigorosi nei confronti degli attori della divulgazione del segreto e mantenere una forte capacità di controllo democratico degli strumenti di informazione, che poi sono baluardo essenziale della democrazia. In questo senso, sollecitavamo anche la riflessione se non fosse possibile investire con qualche soluzione normativa quella che riteniamo la suprema autorità del nostro paese dal punto di vista giurisdizionale, che in qualche misura è chiamata in questo progetto di legge a dirimere questioni che mantengono il carattere di segreto di Stato; si tratterebbe, quindi, di sottoporre a questa suprema giurisdizione determinate problematiche coperte dal segreto, che hanno però bisogno anche di una verifica dal punto di vista della sostanzialità dell'azione, non soltanto della sua formalità.
Di conseguenza, occorre valutare se sia possibile investire anche di questa materia la Corte costituzionale come extrema ratio, per mantenere libera l'informazione e, nello stesso tempo, responsabilizzare tutti quanti sono tenuti al segreto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Licandro. Ne ha facoltà.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Con riferimento ad un passaggio dell'onorevole Santelli, che richiamava la storia che abbiamo alle spalle, proprio guardando a quella storia più lontana, più recente o addirittura attuale, riteniamo che su una materia così delicata sussistano tutte le preoccupazioni. Infatti, ci troviamo sul crinale delicatissimo di dover coniugare le esigenze della segretezza con uno dei principi fondamentali di una democrazia, ovviamente non in senso giuridico, cioè quello della libertà di informazione. Dunque, restano in piedi tutte le nostre preoccupazioni, poc'anzi espresse dall'onorevole Galante e in qualche misura richiamate anche dall'intervento dell'onorevole Buemi. Per questa ragione, ma tenendo in considerazione il lavoro svolto in Commissione, il difficile raggiungimento di punti di equilibrio anche abbastanza precari su alcuni profili di questa riforma e ricordando a me stesso che il cammino della stessa è lungo e deve ancora passare il vaglio dell'altro ramo del Parlamento, preannuncio il ritiro del mio emendamento 36.60, al comma terzo dell'articolo 36, ma al tempo stesso il voto di astensione dei Comunisti italiani sull'articolo 36.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, noi siamo favorevoli a questo articolo, uno dei cardini della riforma che punta a rafforzare le funzioni del Comitato parlamentare di controllo. In ogni caso, per una chiara logica, maggiore è il potere di controllo - rappresentato dall'acquisizione di informazioni e dalla partecipazione ai processi decisionali del Governo circa la nomina dei vertici dei servizi di sicurezza (infatti, con questa legge si attribuisce al Comitato un diritto di informazione, quindi un maggior coinvolgimento nei processi decisionali) -, maggiore deve essere la garanzia di riservatezza. Mi auguro che quest'ultima sia sempre stata rispettata poiché, nel corso di un'intensa attività politica parlamentare, ho avuto l'opportunità di far parte del Comitato parlamentare e talvolta, come tanti, ho riscontrato che alcune vicende venivano discusse e poi si potevano conoscere leggendo i giornali l'indomani, con l'aggiunta casomai di qualche piccola distorsione di comodo.
Questa norma che consente anche la rimozione di membri del Comitato potrebbe rappresentare una grida manzoniana: ad ogni modo, è giusto che vi sia. Infatti, secondo un principio democratico, il Parlamento non dovrebbe conoscere limitazioni circa l'accesso, la verifica e il controllo; tuttavia, a fronte di questi poteri bisogna opporre una forte garanzia di riservatezza.Pag. 76
Stiamo vivendo anni - lo abbiamo ricordato più volte durante la discussione del provvedimento in esame - di grave minaccia alla nostra sicurezza. Mi auguro che, grazie a questa legge, non vi sarà più il rischio di assistere al fenomeno di strutture dello Stato che si intercettano a vicenda: casomai, si deve evitare il diffondersi del terrorismo fondamentalista. Sui giornali si tratta di vere o presunte cronache, di resoconti relativi ad intercettazioni telefoniche; avanti di questo passo i servizi di sicurezza di altri Stati forse matureranno un qualche sentimento di diffidenza nei nostri confronti. Infatti, se si continuerà a divulgare notizie riservate non rispettando i vincoli di riservatezza nell'ambito del Comitato di controllo nessuno si fiderà più di noi e correremo dei pesanti rischi sotto il profilo della sicurezza.
Nell'estate del 2005 l'ex ministro dell'interno Pisanu propose un provvedimento che fu approvato con ampia condivisione da parte del Parlamento. Tutti allora affermammo di volere più intelligence e maggiori possibilità di agire per prevenire, per conoscere, per disinnescare la minaccia del terrorismo internazionale: ebbene, questa legge risponde a quell'esigenza.
È un bene che si legiferi fuori da un contesto di emergenza: vi è un grado di allarme permanente nel mondo, però oggi non si registrano discussioni all'indomani di una tragedia, come avvenne in Italia dopo gli attentati londinesi.
Vi deve essere maggiore possibilità d'azione per i nostri servizi: gli articoli 17 e 18 che abbiamo già discusso e approvato affidano al Comitato maggiori possibilità di azione, prevedendo procedure di autorizzazione e azioni di carattere illegale. Quest'ultimo è un altro importante tassello riguardante i poteri del comitato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 17,30)
MAURIZIO GASPARRI. Per questa ragione, il nostro è un parere favorevole: sottolineiamo l'importanza sostanziale di questo articolo della legge.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 36 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, mi permetta innanzitutto di chiedere scusa al collega Licandro perché, con riferimento ad un emendamento precedente, il 20.61, ho invitato i presentatori a ritirare l'emendamento, mentre vi era l'intesa che il parere fosse favorevole. Credo che, questa volta, il bicameralismo sarà utile per correggere quanto accaduto. In ogni caso, chiedo scusa al collega Licandro e al gruppo dei Comunisti Italiani.
Mi permetta inoltre un breve intervento sulle questioni poste dal collega Buemi e, precedentemente, dal collega Licandro in ordine al problema del diritto di cronaca.
La previsione che abbiamo inserito la ritroviamo nel nostro ordinamento con riferimento a tutte le Commissioni di inchiesta; pertanto, in questo caso, non abbiamo voluto fare un'eccezione che, per un verso, sarebbe stata mal comprensibile e, per altro verso, avrebbe potuto portare il giornalista a pene assai più severe di quelle previste nel testo in esame.
Poiché, giustamente, il collega Buemi ha fatto riferimento alla Corte costituzionale, nel caso in cui dovesse risultare che il diritto di cronaca ha prevalso nella specie sulla violazione del segreto, sarà poi l'autorità giudiziaria, in un momento del profilo giurisdizionale, a riconoscere il primato del diritto di cronaca sulla violazione del segreto. Comunque, ringrazio l'onorevole Buemi per il modo assolutamente garbato ed approfondito con il quale ha posto il problema.
Con riferimento alle proposte emendative presentate all'articolo 36, la Commissione, nel ricordare che gli emendamenti Licandro 36.60 e D'Alia 36.62 sono stati ritirati, raccomanda l'approvazione del suo emendamento 36.200.
PRESIDENTE. Il Governo?
Pag. 77PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo accetta l'emendamento 36.200 della Commissione.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 36.200 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, noi Verdi abbiamo sempre condiviso, in questi giorni di scrupoloso lavoro svolto sia in Commissione sia in Assemblea, i testi elaborati in sede di Comitato dei nove. Tuttavia, già in quella sede, ho espresso alcune perplessità che, su questo punto, mi indurranno - è sarà l'unica volta - ad una astensione in quanto, con questi nuovi commi 4, 5, 6 e 7, sostitutivi dei commi 4 e 5 dell'articolo 36, si regola il caso in cui un membro del Comitato violi l'obbligo del segreto.
Il problema è che, in questo testo, si fa riferimento all'iniziativa di denuncia della violazione del segreto da parte del Presidente del Comitato da parte dello stesso Presidente. Ovviamente, anche il Presidente del Comitato è membro del Comitato e, pertanto, potrebbe essere autore di un caso di violazione del segreto.
Poiché è verosimile che, in passato, quando il regime di segretezza era meno rigoroso e comunque meno rispettato, alcuni casi di patente violazione del segreto nell'attività del Comitato sono stati posti in essere anche da parlamentari che, all'epoca, ricoprivano la carica di Presidente dello stesso Comitato, ci si potrebbe trovare in una situazione imbarazzante in quanto, in base al comma 4, il Presidente del Comitato dovrebbe denunciare all'autorità giudiziaria l'eventuale violazione del segreto da lui stesso realizzata. Inoltre, in base al comma 5, qualora risulti evidente che la violazione può essere attribuita ad un componente del Comitato, il Presidente di quest'ultimo ne informa i Presidenti delle Camere.
Quindi, in questo caso sarebbe stato più opportuno mantenere la formulazione, diciamo così, meno determinata contenuta negli attuali commi 4 e 5 dell'articolo 36 al nostro esame, mentre la nuova formulazione (per le ragioni che ho poco fa detto e che mi auguro non avranno mai a verificarsi per il futuro anche se - ahimè - non è escluso) mi solleva qualche perplessità.
Questo è il motivo per cui, una tantum, dato che ho sempre condiviso il lavoro comune che abbiamo compiuto a differenza di altri colleghi che se ne sono più volte discostati, annuncio il mio voto di astensione sull'emendamento della Commissione 36.200.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti, le studentesse e gli insegnanti del liceo scientifico Majorana di Avola che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, in occasione dell'esame dell'emendamento 36.200 della Commissione ritorno su una questione, su cui richiamo l'attenzione dei membri dell'Assemblea.
Pietro Nenni, nella discussione che si svolse sulle «deviazioni» del Sifar e del SID e sul ruolo che la stampa ebbe in quel clima (mi riferisco a L'Espresso e ai giornalisti Scalfari e Jannuzzi), affermò di non avere la competenza giuridica di Aldo Moro, ma di voler esprimere e ribadire un parere politico. Io ribadisco questo parere politico.
L'attuale discussione avviene, come al solito, tra persone che hanno una grande competenza nel campo giuridico e altre che hanno competenze diverse. Intendo qui sottolineare una questione molto rilevante. Ci orientiamo, come è giusto, verso l'impedire che vi sia una diffusione di notizie da parte dei componenti del Comitato parlamentare. Ripeto: è assolutamente giusto. Il problema che ci poniamo, però, riguarda il fatto che nella proposta di legge in discussione venga, in qualche modo «blindato» il segreto di Stato. Sappiamo che nell'articolo in esame vi è un Pag. 78richiamo specifico alle sanzioni che vengono irrogate.
Uno dei baluardi fondamentali per evitare «deviazioni» (che, purtroppo, nella storia dei servizi del mondo avvengono) è il ruolo che la stampa democratica esercita. Qui vi è un vuoto, sottolineo un vuoto politico, una sottovalutazione grave del problema. In altri termini, in qualche modo si equipara la fonte, cioè chi abbia violato il segreto, con chi, invece, per uno scopo che è quello di informare, pubblichi documenti che già sono in circolazione, dato che quando la fonte li fornisce quei documenti non sono più segreti. Questo è il punto. La legge non prende in considerazione tale problema.
La mia preoccupazione è ancora più forte perché ho letto sulle agenzie che il Governo ha promosso un conflitto di attribuzione nei confronti della procura di Milano, perché avrebbe indagato su ottantacinque agenti segreti, un atto che non ha precedenti nella storia della Repubblica. Forse il Governo avrebbe fatto bene a chiedere il conforto del Parlamento, prima di procedere a un atto di così grande gravità.
Non vorrei che, dopo la «sbornia» giustizialista, avessimo in qualche modo un senso di onnipotenza da parte dei governanti. La difesa degli arcana imperii non è qualcosa che, in uno Stato democratico, si possa verificare in generale, ma è un'eccezione dell'eccezione.
Inoltre, consideriamo la questione sul versante degli agenti segreti che si sono fatti intercettare dalla magistratura: quale tipo di agente segreto è uno che si fa intercettare e neanche si accorge di essere intercettato? Non è nei confronti della magistratura che deve essere rivolta una critica, ma del modo in cui noi gestiamo i servizi segreti. Questo è un problema delicatissimo. Allora, cari colleghi, attenzione. Mi rivolgo ai banchi della maggioranza: non pensiamo di essere sempre maggioranza e che il Presidente del Consiglio sia sempre quello che ha la nostra fiducia. Lo dico all'opposizione: oggi siete opposizione e quindi c'è un Presidente del Consiglio che non è della vostra parte. Se non c'è una forte opinione pubblica, una libertà della stampa, una funzione dei giornalisti, è tutta la democrazia ad essere più fragile! State attenti prima di varare, senza modificare nulla, questa proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Su questo articolo 36 abbiamo discusso a lungo, in particolare per tenere fermi due principi. In primo luogo abbiamo assegnato al Comitato parlamentare per la sicurezza compiti, conoscenze, responsabilità assolutamente al di sopra di quelle attuali. Questo è l'aspetto molto positivo. Contemporaneamente siamo tenuti a chiedere che questa responsabilità comporti anche il dovere di segreto d'ufficio. Su questo aspetto siamo stati tutti d'accordo, mentre abbiamo molto discusso sulle sanzioni da comminare in caso di violazione del segreto. Nel merito ci siamo anche posti il problema, che abbiamo risolto nel senso di non introdurre nuove fattispecie di reato, bensì di fare riferimento a quelle già esistenti. Vi è stato un aumento delle pene, ma con riferimento ad un articolo già esistente nel codice. A me personalmente questo ha lasciato anche qualche perplessità, tuttavia abbiamo tenuto fermo il principio. Questo vale anche per i giornalisti, per i quali non sono previste queste stesse pene, bensì quelle già previste dal codice per altre situazioni, a cui si è già fatto riferimento anche questa mattina. Quindi fino a questo punto penso sinceramente che non ci siano questioni da discutere.
La perplessità che ho io è invece relativa proprio a questo emendamento 36.200 della Commissione. Le ragioni sono quelle illustrate già dal collega Boato, cioè il fatto che si affidi al presidente la responsabilità di denuncia all'autorità giudiziaria, sapendo che questo non garantisce proprio nulla, anche in virtù di esperienze passate. Si tratta quindi di una procedura che lascia aperto qualche interrogativo, fermo Pag. 79restando che il complesso del lavoro che è stato svolto mostra un rigore ed una sua connessione con il resto dell'impianto. Pertanto solo su questo emendamento, per quanto ci riguarda, il nostro voto sarà di astensione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Mi rivolgo in particolare al collega Villetti, per chiarire innanzitutto una questione. Ho ascoltato con attenzione l'intervento del collega, che è molto interessante. Vorrei però chiarire che noi ci stiamo riferendo ad un emendamento che riguarda l'articolo 36 del provvedimento. Questo articolo fa parte del capo IV del testo e riguarda il controllo parlamentare; cioè l'articolo 36 si riferisce alla disciplina dell'obbligo del segreto, ma non del segreto di Stato, bensì della secretazione di ciò che si svolge nell'ambito del Comitato parlamentare per la sicurezza, collega Villetti. È altra cosa. Questo articolo e questo capo IV del provvedimento non riguardano il segreto di Stato.
Potremmo essere in accordo o in disaccordo per quanto riguarda le questioni che il collega Villetti ha citato quest'oggi e nella giornata di ieri, anche con riferimento ad una storia italiana che insegna certamente qualcosa. Non sono d'accordo su tutto ciò che ha affermato il collega Villetti, ma vorrei che i colleghi dell'Assemblea si rendessero conto che stiamo votando qualcosa d'altro. Così come hanno affermato tutti coloro i quali mi hanno preceduto, ci riferiamo al segreto degli atti di cui si discute all'interno del Comitato parlamentare per la sicurezza e quindi non al segreto di Stato; ciò premesso, va fatta salva l'attenzione, giustissima, che il collega Boato e poi la collega Mascia hanno posto sulla questione della figura del presidente del Comitato, che forse, così com'è scritto il testo dell'emendamento 36.200, non ricade nella condizione che il testo invece riferisce agli altri componenti del Comitato stesso.
Forse avremo modo in un'altra Camera del Parlamento di porvi rimedio, ma, fatta salva la questione che ci riferiamo al segreto degli atti di cui si discute all'interno del Comitato di controllo e, quindi, non al segreto di Stato, penso sia corretta la previsione che è stata formulata, rigida e pesante, qualora il segreto sugli atti e su quanto si svolge all'interno del Comitato di controllo parlamentare venga violato.
Penso - mi pare che lo abbia detto il collega D'Alia e io sono d'accordo - che, aumentando il numero dei componenti che compongono il Comitato di controllo parlamentare, così come previsto nel provvedimento in discussione, si debba stringere la maglia della disciplina che sanziona la violazione del segreto sugli atti di tale comitato.
Ricordo che noi, con questo testo di legge, ampliamo di molto i poteri di controllo, di ispezione, di investigazione del Comitato di controllo parlamentare; insomma, aumentiamo di molto il controllo democratico parlamentare, che si potrà svolgere nei confronti dell'attività dei servizi. È, quindi, giusto prevedere che coloro che si recano presso il Comitato (Governo, esponenti, dirigenti o, nei casi previsti dalla legge, personale dei servizi o altro) si sentano liberi in quell'ambiente di riferire ciò che devono al Parlamento, con l'obiettivo di rendere quest'ultimo e, quindi, il comitato edotto su questioni di grande rilevanza e importanza! Devono poter percepire che, in quel luogo, ciò che espongono al Parlamento è coperto non dal segreto di Stato, ma dal segreto degli atti del Comitato!
Pertanto, preannunzio, l'espressione del voto favorevole del mio gruppo sull'emendamento 36.200 della Commissione, che stabilisce i criteri di sanzione e la modalità con cui il presidente del Comitato comunica a uno dei Presidenti dei due rami del Parlamento la notizia dell'avvenuta violazione di questo segreto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Caldarola. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CALDAROLA. Signor Presidente, vorrei chiarire la ragione per cui Pag. 80sono in dissenso in ordine a tale articolo. Esso al comma 3 punisce la violazione a mezzo stampa del segreto. Da un lato ritengo che vi sia un'incomprensione dei termini della questione, innanzitutto perché andrebbero distinte, quando si parla di diritto di cronaca, le notizie vere da quelle false: quelle false dovrebbero essere sanzionabili, mentre sanzionare quelle vere mi parrebbe piuttosto singolare in una democrazia compiuta.
Credo anche che coloro i quali hanno elaborato il testo forse non hanno compreso la complessità del quadro informativo che dai servizi arriva agli organi di sicurezza e, quindi, successivamente, anche al Parlamento; non hanno, inoltre, compreso il tipo di lavoro che precede. Faccio degli esempi.
PRESIDENTE. Onorevole Caldarola, lei interviene a titolo personale, quindi ha a disposizione un minuto di tempo!
GIUSEPPE CALDAROLA. Concludo, signor Presidente. Il primo esempio è il seguente: molto spesso, i servizi lavorano su fonti aperte. Una parte, quindi, delle loro notizie sono già note in altri media mondiali. Pertanto, come si fa a sanzionare una notizia pubblicata da un giornale, avendola appresa da una fonte aperta e che rappresenta, a sua volta, un accumulo di notizie presenti nell'informativa?
Infine, il materiale prodotto dai servizi arriva al Comitato, al Ministero dell'interno, ma spesso arriva anche a tutte le questure, a tutte le stazioni dei carabinieri. La quantità di cittadini responsabili informati è ingente! Alla fine, si scopre che l'unico da punire è il giornalista. Io voto contro!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Piazza. Ne ha facoltà.
ANGELO PIAZZA. Signor Presidente, nel ribadire e fare mie le osservazioni svolte dall'onorevole Villetti e dagli altri colleghi, comprese quelle dell'onorevole Caldarola, che mi ha appena preceduto, vorrei rilevare che in particolare il collega Villetti ha sollevato un problema di grande rilievo istituzionale e civile. Esso è riferito non tanto al singolo emendamento in discussione, bensì al complesso delle norme che stiamo esaminando, compresa quella ora in oggetto, nelle quali si fa riferimento al segreto di Stato o a quello di ufficio, in relazione ai doveri di riservatezza del Comitato. Pertanto, ritengo che i rilievi che sono stati mossi al collega in merito alla non pertinenza delle sue osservazioni rispetto all'emendamento siano superate dalla loro stessa natura. Esse infatti sono a carattere generale e di grandissimo rilievo e rilevo con soddisfazione che anche altri colleghi in quest'aula le condividono (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata De Zulueta. Ne ha facoltà.
TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, non voterò in senso favorevole, ma esprimerò un voto di astensione sull'articolo 36. La ragione di tale voto risiede nel comma 3, che non viene modificato dall'emendamento della Commissione in oggetto. Faccio presente che se questa norma fosse in vigore negli Stati Uniti, il giornalista Seymour Hersh non avrebbe potuto pubblicare le sue inchieste, sia quella all'epoca della guerra in Vietnam che quelle recenti sulle operazioni coperte in atto in Iran. Ciò avrebbe impoverito non solo la sicurezza statunitense, ma anche la nostra. La funzione correttiva dell'informazione fa sì che sia atto di grande imprudenza allargare il cerchio del segreto oltre i soggetti direttamente responsabili.
PRESIDENTE. Deputata De Zulueta, deve concludere.
TANA DE ZULUETA. Se il segreto viene pubblicato, non si sa se esso proviene dal Comitato o da altra fonte. A quel Pag. 81punto tale norma potrebbe essere utilizzata in modo pericoloso per imbavagliare la stampa...
PRESIDENTE. Deputata De Zulueta, deve concludere!
TANA DE ZULUETA. ...nell'utile e libero esercizio dei suoi poteri. Ritengo che sia un atto imprudente (Applausi di deputati del gruppo Verdi e La Rosa nel Pugno).
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, poiché sono stati portati molti argomenti su un tema serio, vorrei riportare l'attenzione dei colleghi, in particolare quella dell'onorevole Caldarola ma anche di altri, sul fatto che non stiamo parlando del segreto di Stato. Negli Stati Uniti un'importante giornalista è finita in galera perché non ha rivelato la fonte. È chiaro? Quindi, non è assolutamente vero che vi sia tutta questa libertà ovunque.
Il punto è un altro. Non vi è alcuna norma sul segreto di Stato. Si tratta del segreto del Comitato, a favore del quale tutti i deputati hanno votato quando si è trattato di prevederlo per la Commissione sul ciclo dei rifiuti e per quella sui fenomeni mafiosi. Ho controllato in proposito i tabulati: hanno votato tutti.
Stiamo parlando di un altro aspetto, che non riguarda il segreto di Stato, né il Sifar né nulla di tutto questo. Esso riguarda la tenuta del segreto del Comitato. Per ragioni tecniche vorrei chiarire che se anche il comma fosse cancellato, non cambierebbe nulla, perché in base al nostro ordinamento chi concorre con chi viola il segreto è punito, tanto che oggi vi sono molto spesso giornalisti puniti per violazione del segreto mentre non viene rivelata la fonte da cui proviene la notizia.
Visto che il problema posto è serio, esso va risolto nell'ambito di un altro progetto di legge, relativo ai limiti e all'ampiezza del diritto di cronaca, e non in questa sede. Se i colleghi intervenuti intendono lavorare e presentare un progetto di legge su questa materia, ritengo che sarebbe molto utile che il Parlamento affrontasse il tema. Tuttavia, la questione non è questa e stiamo parlando di violazioni assai minori, punite con pene assai minori rispetto a quelle che potrebbero essere comminate ai giornalisti se non vi fosse questa norma.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento della Commissione 36.200, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 402
Astenuti 71
Maggioranza 202
Hanno votato sì 398
Hanno votato no 4).
Prendo atto che il deputato Ciro Alfano non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 36, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 477
Votanti 462
Astenuti 15
Maggioranza 232
Hanno votato sì 450
Hanno votato no 12).Pag. 82