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Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
(Recenti dichiarazioni di esponenti della Chiesa cattolica e autonomia legislativa di Governo e Parlamento - n. 3-00629)
PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00629 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, da cattolico, ritengo che sia un errore confondere il piano della fede rispetto a quello della politica e che per il Papa gli abitanti e i cittadini italiani siano particolarmente vicini, ma non più dell'ultimo indio dell'Amazzonia. Allora, non voglio assolutamente che siano strumentalizzate le posizioni e i pronunciamenti Pag. 57che vengono da quella cattedra, ma sono alquanto preoccupato quando leggo sui giornali che il presidente della CEI preannuncia una nota ufficiale ed impegnativa - che rischia, se non di ingerirsi nella dialettica politica e nel confronto nelle aule parlamentari, certamente di condizionarli - una nota, insomma, che potrà essere importante e contenere una parola meditata, ufficiale, che sia impegnativa per coloro i quali accolgono il magistero della chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti.
Allora, chiedo al Governo di attivarsi nelle sedi proprie con la dovuta cautela, con il linguaggio della diplomazia, ma anche della franchezza, perché possa essere chiarita la distinzione dei ruoli e l'indiscutibile sovranità e indipendenza del Governo e del Parlamento italiano.
PRESIDENTE. Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Francesco Rutelli, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCO RUTELLI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, sappiamo che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa in Italia sono regolati innanzitutto dagli articoli 7 e 8 della Costituzione, disposizioni che hanno permesso nel corso di decenni di storia repubblicana di mantenere distinti i due piani, quello temporale e quello spirituale, e di intrattenere un dialogo fecondo tra lo Stato, la Chiesa cattolica e le altre chiese e confessioni religiose. È un contesto di pluralismo religioso e di libertà di tutte le confessioni, in cui le autorità della Chiesa cattolica e di tutte le altre religioni presenti nel paese sono pienamente libere di manifestare il proprio pensiero, di fornire insegnamenti ai loro fedeli, che ovviamente non possono essere vincolanti nell'ordine dello Stato.
Apparirebbe contraddittorio riconoscere la libertà di opinione, di espressione e di manifestazione del pensiero alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni religiose, se poi volessimo limitare e sostanzialmente negare o escludere questa libertà quando il contenuto riguardi atti oggetto di dibattito pubblico e di procedimento legislativo, poiché questi non si sottraggono, anche sui temi eticamente rilevanti, a giudizi espressi in una prospettiva religiosa, alla quale si può liberamente aderire o altrettanto liberamente essere in contrasto.
Proprio la libertà religiosa e di coscienza, che la Costituzione garantisce, da un lato assicura alla Chiesa cattolica e alle confessioni religiose la libertà di esprimere, in ogni forma, il loro insegnamento, dall'altro assicura a ciascun individuo la libertà di agire secondo i dettami della propria coscienza, in adesione o in dissenso rispetto a quell'ordinamento.
Vorrei ricordare quanto ha dichiarato il Presidente Napolitano nel suo discorso rivolto a Benedetto XVI: «L'armonia dei rapporti tra Stato e Chiesa è garantita dal principio laico di distinzione sancito dalla Costituzione e dall'impegno alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e per il bene del paese». Per queste ragioni non c'è motivo per ritenere che una discussione o le molte discussioni che si stanno sviluppando nel paese possano in qualche modo mettere in crisi i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, che poggiano su basi solide e sull'idea condivisa dell'applicazione del dettato costituzionale.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
FRANCESCO RUTELLI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Concludendo, vorrei dire al collega Evangelisti che, osservando la situazione in Europa, noi tutti saremmo sorpresi dal fatto che con riferimento alla traduzione della laicità, che c'è nel nostro ordinamento, in altri paesi, che spesso vengono visti come laici e anticonfessionali in modo intransigente, vi siano procedure che da noi non esistono: sottolineo che nelle Costituzioni di paesi come la Grecia o l'Irlanda nel preambolo c'è un riferimento alla Santissima Trinità; che in Germania le chiese possono imporre ai propri fedeli un tributo obbligatorio, fino al 9 per cento dell'imposta; che in Danimarca il sovrano deve costituzionalmente far parte della Chiesa nazionale Pag. 58e che il Primo ministro del Regno Unito propone i vescovi alla nomina delle autorità religiose.
Sono situazioni - si dirà - non condivisibili, diverse; ciascuna è diversa e quella del nostro paese si è formata sulla Costituzione, sull'esperienza di libertà reciproca e di distinzione tra i due ambiti su cui vive una nazione libera, ricca del pluralismo della sua società e delle diverse espressioni, anche spirituali, che si confrontano nell'arena pubblica.
PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, sono assolutamente d'accordo con le considerazioni appena svolte, però siamo su un altro piano e su un altro argomento. Non ho assolutamente inteso - me ne guarderei bene! - mettere in discussione il principio dell'assoluta libertà di espressione, riconosciuto a tutti, figuriamoci alla Chiesa cattolica, ai suoi esponenti e alle sue gerarchie! No, ho detto un'altra cosa! Capisco la delicatezza e, quindi, l'approccio, che deve necessariamente essere equilibrato.
Poiché abbiamo letto espressioni come «provvedimento di legge sovversivo», «una ferita», «una minaccia per la società», «una catastrofe nazionale», provenienti da L'Osservatore romano, dal SIR, l'agenzia dell'episcopato, dalla radio Vaticana, c'è qualcosa di più di una libera espressione di posizioni.
Inoltre, vi è un problema di rapporti tra lo Stato italiano e lo Stato della Città del Vaticano.
Non voglio arrivare a fare paragoni che potrebbero addirittura suonare blasfemi, ma siamo o non siamo in presenza di una irritualità, come recentemente abbiamo denunciato su un altro tema importante? Possiamo immaginare una sorta di interferenza?
Proprio in queste ore stiamo discutendo di rapporti tra stati: non voglio arrivare ad immaginare la convocazione del nunzio apostolico, ci mancherebbe altro, perché allora saremmo quasi alle dichiarazioni belliche, tuttavia nel linguaggio della diplomazia, della franchezza, ma soprattutto del rapporto fraterno, persino amorevole, tra una sponda e l'altra del Tevere, vorrei che si prendesse in considerazione - qualora dovesse giungere la nota che è stata preannunciata - anche questa ipotesi.