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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, recante proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali (A.C. 2193-A) (ore 14,03).
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2193-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori rinunciano alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei pronunciare qualche parola per sintetizzare l'opinione del Governo e per rispetto dei deputati intervenuti, a ciascuno dei quali si deve una risposta.
Gli onorevoli Ranieri e Pinotti hanno spiegato con efficacia la logica seguita dal Governo, che è quella di valorizzare la dimensione multilaterale e, in particolare, la dimensione europea.
Per noi gli interventi umanitari, gli interventi che riguardano la società civile sono i più importanti. L'azione militare è necessaria, ma non sufficiente, anzi costituisce una precondizione per l'azione umanitaria e civile e non un fine in sé. Ciò è ancor più vero in una situazione in cui ci troviamo a combattere il terrorismo. Contro il terrorismo occorre il soft power e non l'hard power, occorre soprattutto la propaganda, l'intelligence, la politica.
Com'è stato affermato oggi, sono necessarie armi di attrazione di massa e non di distruzione di massa! Queste armi sono più importanti dell'azione militare; sempre più la lotta al terrorismo assomiglia ad un'azione di polizia contro la criminalità più che ad un'azione di guerra tradizionale.
Il dibattito quest'oggi si è incentrato, soprattutto, sull'Afghanistan.
Credo che sull'Afghanistan si debbano evitare due posizioni estreme: la prima è quella per cui si dice: «Veniamo via da soli!» Ciò non è possibile per una ragione di principio, perché contraddirebbe proprio alle ragioni del multilateralismo, cui facevo riferimento poc'anzi. Non è possibile anche per una ragione pratica e psicologica, non soltanto per un problema di vincoli. Ci troviamo in Libano innanzitutto con i nostri alleati europei: con i francesi, i tedeschi, gli spagnoli. È possibile dire loro in Libano stiamo insieme, mentre a Kabul vi lasciamo da soli? Non credo! Non ci facciamo, dunque, schermo dei vincoli; evitiamo di restare isolati non soltanto nella NATO ma anche in Europa, anche fra gli europei che furono ostili alla guerra in Iraq.
Vi è poi l'estremo opposto di chi dice: «Va bene così, l'impegno militare continuerà a tempo indeterminato!» Invece non va bene per niente. Vi è un paradosso evidente che è stato ricordato più volte oggi. In Afghanistan spendiamo il massimo di impegno mondiale da parte della comunità internazionale e, nel contempo, vi è il massimo di produzione di oppio che avvelena il mondo. Abbiamo un «narco-Stato», come è stato osservato oggi, sotto tutela internazionale.
Allora, occorre una prima riflessione: la distruzione delle piantagioni di oppio sino a questo momento non ha funzionato. Forse, è necessario individuare strade alternative, vagliarle anche a titolo sperimentale. Io stesso, a luglio, proprio da questi banchi, ho avanzato l'ipotesi di perseguire il tentativo sperimentale di acquistare l'oppio per fini dell'industria farmaceutica, Pag. 71per produrre morfina ed antidolorifici. Mi pare un'idea da valutare senza pregiudizi.
La NATO è intervenuta in Afghanistan per una ragione solida ed urgente: perché bisognava combattere e sradicare il santuario, costruito per Bin Laden, dal quale era stato pianificato un attacco devastante nel centro di New York; ma alla NATO non si può chiedere di reggere da sola ed in eterno una guerra infinita.
Occorre una exit strategy, certo, una soluzione politica, un coinvolgimento maggiore della comunità internazionale! Bisogna passare il testimone al legittimo Governo di Kabul.
Coinvolgimento della comunità internazionale significa innanzitutto coinvolgimento dei paesi confinanti attraverso la conferenza di pace che è stata più volte ricordata. Ranieri lo ha detto: persino in Iraq si fa strada il concetto di una conferenza di pace. Tra pochi giorni a Baghdad si siederanno insieme, con il consenso ovviamente degli Stati Uniti, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, l'Iran, la Siria, la Giordania ed i paesi confinanti.
Tutti i paesi confinanti vanno coinvolti per quanto riguarda la situazione afghana. L'Iran vede nei talebani il suo nemico storico e avverte l'esigenza di difendere dal fondamentalismo sunnita le minoranze sciite. L'Iran soffre per l'arrivo di enormi quantità di droga e per l'insicurezza della frontiera collegata proprio al traffico di droga.
La Cina e la Russia sono insidiate dal fondamentalismo islamico e dal terrorismo di Al Qaeda che penetra dall'Afghanistan oltre il confine cinese e verso le repubbliche sovietiche. La Russia, non a caso e non solo per mire imperialiste, ha combattuto in Afghanistan una guerra devastante.
Il Pakistan, a Peshawar o a Quetta, si trova in prima linea; sul suo territorio i talebani si riorganizzano, trovano solidarietà, minacciano o condizionano il Governo centrale. L'Iran, la Cina, la Russia, il Pakistan, le repubbliche ex sovietiche devono essere chiamati in una conferenza internazionale, dunque, a concordare con l'Europa, gli Stati Uniti e la NATO una strategia comune. Trovare una soluzione politica e puntare alla stabilizzazione dell'Afghanistan è interesse loro quanto nostro.
Nel 2000-2001 nel Governo Amato mi sono occupato di Afghanistan e ho imparato qualcosa. Innanzitutto che bisogna prevenire piuttosto che reprimere. A Roma, all'Olgiata, abitava il re dell'Afghanistan che è tornato in patria, un leader rispettato, il quale ci consigliava una strada che si poteva percorrere: mi riferisco alla convocazione di una Loya Jirga, un'assemblea dei capi tribali che in quel momento avrebbe forse potuto avere un importante effetto.
Ho incontrato il generale Massud nella zona che controllava: abbiamo dialogato con lui grazie al fatto che Emergency international aveva costruito e gestiva un ospedale in quella zona. Emergency ha costruito un ospedale anche a Kabul e ciò ci ha consentito di dialogare con i talebani, in particolare con il ministro degli esteri talebano Mutawakkil.
Una trattativa di pace tra talebani e Massud era a portata di mano; naturalmente era necessario che la comunità internazionale aiutasse militarmente il generale Massud, affinché i talebani non si facessero l'idea di poter prevalere sul piano esclusivamente militare. Uno dei pochi ambasciatori a Kabul era quello pakistano; secondo il generale Massud molti talebani erano reclutati ed armati dai servizi di sicurezza pakistani e le pressioni sul Pakistan erano formidabili, soprattutto da parte della Russia che premeva affinché si smettesse di aiutare i talebani. Abbiamo imparato che una chiave della situazione afgana sta ad Islamabad.
I signori della guerra c'erano allora e ci sono anche oggi; erano responsabili di prepotenze, vessazioni e, da sempre, le popolazioni semplici quando sono vessate cercano soccorso dal prete. In Afghanistan i preti sono i fondamentalisti religiosi e in definitiva, spesso, i capi dei talebani.Pag. 72
Dunque, contro la talebanizzazione dell'Afghanistan il baluardo è la società civile, è lo sviluppo democratico.
In Italia sappiamo, l'abbiamo imparato da queste esperienze, che è decisiva per quel paese non soltanto la forza militare, ma la trattativa, l'intelligence. Il generale Massud ci ricordava che quando la sera prima programmava l'attacco di un villaggio, spesso il mattino dopo entrava in quel villaggio senza colpo ferire; ciò, perché nella notte qualcuno con una valigia di dollari era andato dal capo tribale e aveva risolto la questione in modo informale, se così si può dire.
In Afghanistan nulla è irreversibile, spesso le cose non sono bianche o nere, ma grigie. A quel tempo trattammo con il ministro degli esteri Mutawakkil che appariva una persona ragionevole: che ne è stato di lui? Ha partecipato all'ultima campagna elettorale, si è candidato e opera libero nella sua area tribale.
Ho ascoltato con attenzione gli interventi in questo lungo ed interessante dibattito. Vi sono stati accenti diversi, spunti polemici, ma una sostanziale unità e un consenso di maggioranza ed opposizione sulle nostre missioni all'estero: Afghanistan, Libano e sulle altre. Coglierò qualche spunto dagli interventi di ciascuno.
L'onorevole Fulvia Bandoli ci ha ricordato che il movimento per la pace è ormai una potenza mondiale: infatti è per noi non un ostacolo, ma un alleato, un interlocutore, un consigliere rispettato quando si è d'accordo sulle sue proposte e quando non lo si è.
Ringrazio l'onorevole Fontana per l'appoggio al decreto-legge sulle missioni e lo voglio rassicurare su un punto. Gli Stati Uniti sono alleati di oggi e di domani; non alziamo la voce contro di loro; esprimiamo, da alleati, critiche alla politica dell'attuale Governo. Si tratta di critiche più autorevoli e credibili nella misura in cui si resta alleati leali della nazione americana. Parlo di critiche non diverse da quelle espresse dal Congresso degli Stati Uniti e dalla maggioranza dei paesi europei.
L'Italia ha uno scarso ruolo internazionale? Non credo. Tutti riconoscono al nostro paese il ruolo decisivo, addirittura storico, nel determinare l'intervento in Libano che ha posto nuovamente al centro come protagonista della situazione internazionale non soltanto l'Italia, ma soprattutto l'Europa.
L'onorevole Deiana ha apprezzato l'iniziativa per una conferenza internazionale. La ringrazio per questo apprezzamento e per l'osservazione che in questo modo si supera un'impostazione claustrofobica e puramente militare. Convengo sulla necessità di avviare una discussione di fondo sulla NATO. Essa è sorta oltre mezzo secolo fa e va adattata ad un mondo diverso. D'altronde, non dispiacerà all'onorevole Deiana se ricordo che l'onorevole Andreotti insiste spesso su questo concetto ed esattamente con queste parole.
L'onorevole Giuditta ha insistito su un punto chiave che mi trova molto d'accordo: occorre rilanciare il ruolo unitario dell'Europa e ottenere un'Europa non soltanto del mercato comune, della moneta comune, ma della politica estera comune e di una politica di difesa comune, sino ad ottenere un esercito europeo di pace.
Vorrei rassicurare l'onorevole Gasparri sul fatto - e su questo vi è il concorso di tutta la maggioranza - che l'Italia resta un alleato degli Stati Uniti, il che non esclude di essere critici qualche volta nei confronti degli stessi Stati Uniti, che sono di certo una grande nazione democratica. D'altronde, l'onorevole Gasparri ama l'Italia e tuttavia non questo Governo italiano, che ha definito con dovizia di aggettivi non propriamente rispettosi. Lo vogliamo rassicurare anche sul fatto che - certo - intendiamo contrastare i talebani e il terrorismo, ma non insinuando che propagandare il Corano significhi propagandare il terrorismo. Questa insinuazione, infatti, è esattamente quella che porta alle guerre di civiltà, ovvero all'obiettivo principale perseguito dai terroristi stessi.
L'onorevole D'Elia ci ha ricordato che in Afghanistan - nonostante tutto - le cose vanno meglio e non peggio e che il medioevo talebano è pur sempre alle Pag. 73spalle, ed è così. Inoltre, ci ha ricordato ciò che più ci inquieta e cioè che è aumentata la produzione di oppio del 50 per cento rispetto all'anno precedente ed il giro di affari mondiale che ne consegue è di 400-500 miliardi di dollari: un'enormità.
L'onorevole D'Elia, inoltre, come altri parlamentari, ha indicato una strada che va almeno tentata e valutata, quella dell'impiego sperimentale dell'oppio afghano per la produzione farmaceutica di morfina. In ciò, onorevole Gasparri, non c'è nulla di scandaloso o irragionevole. Anzi, ciò che è irragionevole è il paradosso che abbiamo di fronte: nel più grande paese produttore di oppio - lo ricordava D'Elia - si opera negli ospedali senza anestetici e senza morfina.
L'onorevole Venier, tra le altre cose, ha espresso il giusto consenso per un'indagine conoscitiva, non limitata alle missioni più scottanti, ma estesa alle decine di missioni in atto da decine di anni. Ha sollecitato un particolare interesse all'area del Mediterraneo, Cipro, Sahara e altri problemi da approfondire.
Nelle parole dell'onorevole Evangelisti mi ha colpito il riferimento alla realtà di un paese dove gli «aquiloni non volano più». Questi riferimenti mi ricordano le parole del generale Massoud, il quale mi faceva osservare come in un paese come l'Afghanistan tutto può precipitare e risalire. Quando ero un giovane studente di ingegneria - mi disse Massud - le ragazze frequentavano l'università in minigonna. Quando la società civile si riformerà - e ciò può avvenire presto - forse gli aquiloni torneranno a volare. Questo è l'obiettivo principale, prima ancora di quello militare. Ha ragione l'onorevole Evangelisti.
Concordo con l'onorevole De Zulueta sulle sue valutazioni e la ringrazio per aver riconosciuto la coerenza del Governo italiano nel rimanere fedele al principio fondamentale indicato nel suo programma, vale a dire il multilateralismo. La ringrazio anche per aver apprezzato il maggior peso dato dal Governo alla spesa per la cooperazione.
Condivido l'idea dell'onorevole Forlani che l'Europa debba essere un punto di riferimento per una cultura dei diritti e delle libertà. L'onorevole Forlani ha sottolineato errori, inefficienze e ritardi nell'azione internazionale in Afghanistan. Ciò ci incoraggia nella convinzione che, come dicevo all'inizio, è necessario cambiare, e a fondo, la strategia internazionale.
L'onorevole Garofani ha detto che il multilateralismo ha bisogno di risultati non solo militari, ma anche economici. I risultati economici sono esattamente il nostro obiettivo e per questo abbiamo moltiplicato gli investimenti destinati allo sviluppo. In Afghanistan, osservava l'onorevole Garofani, il dopo è il futuro che dobbiamo costruire.
L'onorevole Cacciari ci ha ricordato che siamo nel sesto anno di impegno militare in Afghanistan e ciò, di per sé, fa pensare che ci siano stati degli errori.
Concordo sul fatto che non tutto il Governo talebano del 2001 si è dimostrato, in modo inconfutabile, responsabile per l'attentato alle Torri gemelle, ma ricordo ciò che solo pochi giorni fa il capo talebano in Afghanistan ha dichiarato: «Bin Laden è, grazie al cielo, vivo e lotta insieme ai talebani».
Preferiamo non appartarci rispetto alla NATO, ma influenzare nel modo che ci sembra giusto la strategia della stessa NATO.
Il Parlamento e il centrosinistra hanno bisogno sì di voci diverse, onorevole Cacciari, ma anche, alla fine, di una sintesi comune e di una decisione comunemente seguita.
Ringrazio l'onorevole Picchi per il sostegno del suo gruppo alle nostre missioni; tuttavia, il Governo non è ondivago. Per il Governo, che ha appena avuto la fiducia al Senato, certo gli esami non finiscono mai, ma gli esami confermano sempre una cosa: vi possono essere dissensi individuali, però tutti i partiti della maggioranza appoggiano la politica estera del Governo; anche i singoli parlamentari in dissenso appoggiano gli elementi fondamentali della politica estera del Governo, non tutta, ma certo gli elementi fondamentali.Pag. 74
Concordo, infine, con l'onorevole Picchi sulla necessità di privilegiare, nell'attività di cooperazione all'estero, l'impiego di personale locale.
Ringrazio l'onorevole Rossi Gasparrini per essersi soffermata sulle esigenze delle donne e degli uomini in armi all'estero, che sono anche lavoratori ed operatori di pace.
Vorrei dire all'onorevole Burgio, del quale ho ascoltato con attenzione l'intervento, che certo le cose non vanno meglio in Afghanistan, ma andrebbero peggio se la comunità internazionale gettasse la spugna sul piano militare. A proposito dell'ultima tragedia, delle morti di civili di ieri e di oggi, ripeto che il Governo è molto preoccupato e turbato per quanto è avvenuto e che giustamente il presidente Karzai ha chiesto un'inchiesta.
Tutti hanno parlato quasi esclusivamente di Afghanistan; l'onorevole Marcenaro ha fatto bene a ricordare che la scelta politica compiuta sull'Iraq caratterizza più di ogni altra la politica estera dell'Italia. Lo ringrazio per aver allargato l'orizzonte agli altri scenari di crisi e per aver ricordato che, quando si parla di talebani, si parla di forze differenziate.
Le considerazioni dell'onorevole Russo, infine, sull'etica della responsabilità e l'etica della convinzione, mi sembrano condivisibili. Siamo contrari anche noi alla guerra preventiva, ma in Afghanistan c'è stata una guerra non preventiva, bensì successiva all'attacco di Bin Laden, protetto dal Governo afgano, contro le Twin Towers. C'è stata una guerra successiva, che però, bisogna riconoscerlo, non ha portato alla cattura di Bin Laden e che non può durare in eterno.
Concludo, onorevoli deputati, ringraziando ancora una volta tutti gli intervenuti, assicurandoli che il Governo sa anche ascoltare e far tesoro dei suggerimenti provenienti dal Parlamento, quelli avanzati dalla maggioranza e quelli avanzati dall'opposizione. Sono suggerimenti che spesso coincidono e questo è un elemento di forza - ne siamo orgogliosi - per l'azione internazionale dell'Italia. (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione comunista - Sinistra europea e Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ringrazio il viceministro Intini.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.