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Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
(Iniziative in relazione al caso del detenuto Antonio Cordì - n. 3-00705)
PRESIDENTE. L'onorevole D'Elia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00705
(Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).
Avverto che l'interrogazione in titolo è stata testé sottoscritta dagli onorevoli Mellano e Turco.
SERGIO D'ELIA. Mi dispiace molto che non sia presente il ministro Mastella, destinatario della interrogazione in oggetto, anche perché sul caso ho presentato due interrogazioni, nel luglio del 2006 e ai primi di febbraio di quest'anno, senza ottenere però alcuna risposta. Spero oggi dunque di poter avere una risposta soddisfacente.
Il caso è molto chiaro. Nel febbraio 2006 al signor Antonio Cordì, 64 anni, detenuto nel carcere di Cuneo, viene diagnosticato un cancro al polmone, per il quale i medici richiedono un ricovero in ospedale per un intervento chirurgico urgente: ricovero che il tribunale di sorveglianza di Cuneo non ha autorizzato. Nell'aprile 2006, il detenuto viene trasferito nel carcere di Secondigliano, dove i sanitari ribadiscono l'urgenza di un intervento chirurgico, ma anche il tribunale di sorveglianza di Napoli nega il ricovero in ospedale.
Alla fine di luglio 2006, il signor Cordì viene finalmente ricoverato al Cardarelli, ma il primario di chirurgia toracica dell'ospedale definisce talmente gravi le sue condizioni di salute da considerarlo ormai inoperabile per l'espandersi di metastasi, che, nel dicembre 2006, arrivano anche al cervello.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 16,05)
SERGIO D'ELIA. Chiedo al ministro perché sia stato fatto passare così tanto tempo prima del ricovero in ospedale per un intervento che avrebbe potuto bloccare un cancro diventato oggi incurabile, di chi siano le responsabilità, ma soprattutto che cosa intenda fare per evitare che il signor Cordì muoia in carcere, come purtroppo è già accaduto a molti detenuti nel cosiddetto carcere duro.
PRESIDENTE. Il ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, alla luce delle informazioni assunte presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e le autorità giudiziarie competenti, si rileva innanzitutto che Antonio Cordì, detenuto sottoposto al regime di cui all'articolo 41-bis, fu trasferito il 20 aprile 2006 dalla casa circondariale di Cuneo a quella di Napoli, proprio in conseguenza della patologia di cui è affetto e del grave quadro clinico individuato dai sanitari nel febbraio 2006. Durante il periodo di detenzione a Cuneo non vi fu alcun provvedimento di diniego di autorizzazione ad effettuare visite o ricoveri. Il magistrato di sorveglianza autorizzò sempre il ricovero del detenuto per lo svolgimento dei necessari accertamenti, a norma dell'articolo 11 dell'ordinamento penitenziario.
Il Cordì è giunto il 3 maggio 2006 presso il centro diagnostico terapeutico di Secondigliano, dove ha eseguito nuovi esami clinici e visite specialistiche. Egli è stato sottoposto, inoltre, ad una serie di consulenze esterne in ospedali cittadini presso i quali è stato ricoverato per brevi periodi a seguito di autorizzazioni sempre concesse dall'autorità giudiziaria.
Le condizioni del Cordì sono tenute sotto controllo dal personale specialistico del centro diagnostico terapeutico di Napoli Secondigliano.Pag. 59
Quanto ai provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria competente, è stato accertato che sin dallo scorso 8 giugno il magistrato di sorveglianza di Napoli si è pronunciato favorevolmente sulle richieste del Cordì di ricovero in un luogo esterno di cura, emettendo complessivamente 17 ordinanze di ricovero per l'effettuazione di attività diagnostiche e terapeutiche. Non risulta, dunque, alcun provvedimento di diniego di ricovero in luogo esterno di cura, sicché la condizione di inoperabilità del detenuto non è attribuibile ai provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 16,07)
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Esistono, invece, quattro provvedimenti di rigetto di istanze di differimento pena, di cui agli articoli 146 e 147 del codice penale, emessi uno dal tribunale di sorveglianza di Cuneo e tre dal tribunale di sorveglianza di Napoli. Essi riguardano, però, la questione della compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime penitenziario. Tali provvedimenti sono stati emessi dopo un'istruttoria completa che ha interessato, da ultimo, anche la Direzione nazionale antimafia e la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Essi risultano congruamente motivati ed il loro merito è insindacabile da parte dell'autorità politica ed amministrativa.
Allo stato, dunque, non si rilevano né inadempienze né condotte di magistrati che siano disciplinarmente apprezzabili, visto che le condizioni di salute del Cordì, anche in virtù dei provvedimenti giudiziari adottati, non solo sono state costantemente tenute sotto controllo dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, ma sono altresì trattate sia con le risorse interne che con quelle esterne agli istituti, mediante l'immediata ospedalizzazione del detenuto.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Elia ha facoltà di replicare, per due minuti.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, il detenuto Antonio Cordì avrebbe potuto essere operato già nel febbraio del 2006, quando lo stesso medico dell'ospedale di Cuneo si era detto disponibile ad operarlo entro cinque giorni. Che lui sia uscito a fare degli esami diagnostici non lo metto in dubbio, ma non è stato ricoverato ai fini di un intervento chirurgico. Quindi, sono assolutamente insoddisfatto di questa risposta.
La verità è che dal regime dell'articolo 41-bis si può uscire soltanto in due modi: o da pentito o da morto. Spero che il ministro Mastella non voglia far uscire anche il signor Cordì da morto. Lo riterrei politicamente responsabile.
Quattro anni fa, con il collega Maurizio Turco, del Partito radicale e della Rosa nel Pugno, abbiamo fatto un giro nelle sezioni in cui si applica l'articolo 41-bis per trarne un libro dal titolo significativo: «Tortura democratica».
Assieme al collega, abbiamo potuto riscontrare non pochi casi di detenuti infartuati, colpiti da ictus, malati di cancro, paralizzati o costretti su una sedia a rotelle, e ciò senza neanche il piantone in cella, nemmeno nei giorni successivi ad un intervento al cervello!
Nel solo carcere di Secondigliano, nel 2006, sono morti sedici detenuti; i deceduti in tutte le carceri italiane sono stati centootto, di cui quarantasei per suicidio. Negli ultimi sette anni sono morti in carcere, in Italia, 1.106 detenuti.
Può accadere che si muoia in carcere per cause naturali o per suicidio, come avviene fuori; il fatto è che nelle carceri, in particolare nel «carcere duro», c'è poco di naturale e di normale, perché le malattie ed i suicidi sono causa di morte in misura maggiore rispetto alla norma: ad esempio, la percentuale dei suicidi in carcere è venti volte maggiore rispetto a quella registrata nella società!
La ragione è semplice, se è vero come è vero che, nel bilancio dell'Amministrazione penitenziaria, su un budget di 3 milioni di euro solo 85 mila euro sono Pag. 60destinati alla medicina in carcere. In particolare, nel regime dell'articolo 41-bis, la salute è anche un'arma di ricatto.
PRESIDENTE. La prego di concludere...
SERGIO D'ELIA. Per essere curati, infatti, si deve uscire dal carcere duro, ma per poter uscire dallo stesso ci si deve pentire: quindi, se non ci si pente, si rimane sottoposti al regime del cosiddetto 41-bis, e non si viene curati come si deve, cioè come la legge e la Costituzione prescrivono, indipendentemente dal reato che si è commesso!
Ciò è intollerabile e ritengo indegno...
PRESIDENTE. Onorevole D'Elia, dovrebbe concludere!
SERGIO D'ELIA. ...di un paese civile, signor ministro, il fatto che da questo regime carcerario si possa uscire soltanto da pentiti, oppure, come si suol dire, «coi piedi davanti»!