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Discussione del disegno di legge: S. 1314 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (Approvato dal Senato) (A.C. 2340-A) (ore 21,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2340-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il Presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e VII (Cultura) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la II Commissione, deputato Pisicchio, ha facoltà di svolgere la relazione.
PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, svolgerò oralmente solo una parte della mia relazione; consegnerò poi l'altra parte del testo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, accingendoci all'esame di questo provvedimento, dobbiamo partire da una considerazione fondamentale: si tratta di un decreto-legge che al centro della sua valutazione ha l'ordine pubblico, con inevitabili precipitati relativi a profili penalistici e aspetti che ineriscono alle dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura essenziale del decreto concerne il profilo dell'ordine pubblico. È un elemento che non va dimenticato e che anzi deve rappresentare l'ermeneutica corretta per interpretarlo, senza commettere l'errore di attribuire ad esso valenze taumaturgiche per tutto il complesso mondo dello sport, e di quello calcistico in particolare.
Ad altro provvedimento più organico e mirato sarà consegnato questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo di essere del calcio italiano e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo, assunto sin da oggi, sarà quello di spendersi in modo adeguato e nei tempi adeguati.
All'attenzione nostra, oggi, c'è ben altro: c'è un decreto-legge per la prevenzione e per la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, adottato a seguito dei gravissimi episodi di violenza culminati a Catania con l'omicidio dell'ispettore Raciti, annunciato da una lunga sequenza di atti teppistici di estrema gravità che hanno fatto registrare altre vittime nei campi sportivi di mezza Italia. Violenza, dunque, che nulla ha a che vedere con lo sport.
Questa è la considerazione preliminare che attiene al merito e ai confini del disegno di legge di conversione. Ma esiste anche una preliminare questione di metodo che qui voglio esporre.
Il decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto una maggioranza quasi unanime. Questo fatto politico ha rappresentato e rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe potuto anche rappresentare - sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altro ramo Pag. 104del Parlamento - un elemento capace di esercitare un condizionamento per il nostro lavoro.
Le Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del provvedimento, hanno affrontato preliminarmente una questione che travalica il merito stesso del provvedimento, coinvolgendo i rapporti tra i due rami del Parlamento. Come già è avvenuto in passato, la Camera dei deputati si trova in una situazione anomala, determinata dall'asimmetria che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione del diverso rapporto tra maggioranza ed opposizione.
Se non si vuole pervenire ad una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, ispirato al principio del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli che un testo approvato dal Senato, sia pure all'unanimità, può essere modificato dalla Camera ogni qualvolta ciò si dimostri necessario.
Nel caso in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare alcune modifiche al testo approvato al Senato.
La circostanza che, come si ricordava, si tratti di un testo approvato dall'altro ramo del Parlamento all'unanimità (vi sono stati cinque astenuti) ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente modifiche sorrette dalla condivisione unanime di tutti i gruppi. Non tanto come relatore per la II Commissione, quanto piuttosto in veste di presidente di essa, vorrei sottolineare che le Commissioni riunite hanno svolto un proficuo ed attento esame del testo, che ha visto un atteggiamento costruttivo da parte di tutti i gruppi, senza distinzione tra maggioranza ed opposizione. Solo una condivisione unanime delle modifiche può giustificare la trasmissione al Senato di un testo approvato da quel ramo del Parlamento all'unanimità.
Prima di passare all'esame del merito - anzi, prima di consegnare il testo relativo all'esame del merito - vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni hanno approvato tutti gli emendamenti all'unanimità, nonostante che in alcuni casi, per qualche gruppo, ciò abbia significato la rinuncia ad alcune legittime convinzioni. L'obiettivo di tutti è stato uno solo: approvare un testo condiviso che contenesse misure adeguate per contrastare il fenomeno della violenza nello sport.
Per quanto attiene al testo integrale della relazione, al fine di rendere possibile un dibattito più celere, chiedo che la Presidenza ne autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna. Ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Grazie. La Presidenza consente la pubblicazione del testo integrale della sua relazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore, presidente della Commissione cultura, deputato Folena, ha facoltà di svolgere la relazione.
PIETRO FOLENA, Relatore per la VII Commissione. Signor Presidente, mi piacerebbe molto che il decreto-legge in esame, oltre ad essere ricordato come quello che inasprisce - ma rende anche più efficaci - le sanzioni nei confronti degli episodi di violenza che hanno recentemente colpito il mondo del calcio, con l'omicidio del funzionario Raciti e, qualche giorno prima, con l'assassinio di un dirigente di una squadra di calcio dilettantistica in Calabria, potesse in qualche modo passare alla cronaca anche come un provvedimento che lancia un messaggio positivo.
Con il decreto-legge, se approvato così come proposto all'unanimità dalle due Commissioni - l'ha ricordato il presidente Pisicchio -, i minori di 14 anni, ove accompagnati da un genitore, potranno entrare gratuitamente negli stadi per assistere alle partite di calcio. Si tratta di un messaggio che il Parlamento vuole lanciare alla società italiana, ai minori ed ai loro genitori, per recuperare il senso di una festa, di uno sport, di un momento di competizione, ma anche di un grande momento di socializzazione, anche di un Pag. 105grande momento di riconoscimento collettivo: chiunque sia tifoso di una squadra di calcio sa che una partita è anche questo.
Io credo che quello al nostro esame, nato essenzialmente come decreto-legge basato sull'aspetto penalistico e repressivo, è stato giustamente emendato dal Senato con l'aggiunta di una seconda parte di natura sociale e sportiva sulla quale noi siamo ulteriormente intervenuti. In tal modo, si configura una disciplina che poggia su due gambe solide: una volta a contrastare più efficacemente, con gli strumenti della legge, la violenza negli stadi; un'altra fatta di norme che, mirando sulla prevenzione, possano permettere di uscire da quella condizione che ha visto una forma di esproprio del diritto alla partecipazione ai grandi eventi collettivi.
Come ho avuto modo di affermare nella relazione svolta in sede di Commissione - alla quale rinvio per ciò che riguarda l'esame approfondito del provvedimento che ci è pervenuto dal Senato - la violenza è l'altra faccia di un calcio malato, di un eccesso di economia, di business, di affari che hanno contribuito a spegnere una parte della partecipazione a questo gigantesco evento. Certamente, ci sono anche altri motivi. In sede di VII Commissione, con il concorso di tutti i colleghi, della maggioranza e dell'opposizione, abbiamo concluso una indagine conoscitiva al riguardo. La prossima settimana esamineremo uno schema di documento conclusivo che darà alcune indicazioni su aspetti di grande rilievo. Ad esempio, ricordo che le società di calcio, oggi, sono società per azioni quotate in borsa e c'è da domandarsi se l'infortunio di un giocatore o l'annuncio relativo alle condizioni fisiche di un giocatore, e gli effetti sulla quotazione in borsa delle società, non finiscano per diventare più importanti dello stesso sistema che regola una leale e piena competizione sportiva.
Mi domando quali paletti dobbiamo mettere alla libertà di impresa, che non deve essere conculcata e che, tuttavia, incontra il suo contrappeso costituzionale nel valore sociale che vogliamo tutelare, quello del diritto allo sport.
Il testo che abbiamo proposto - lo ha ricordato il relatore Pisicchio, con forza - è stato approvato all'unanimità dalle Commissioni congiunte. Ciascuna ha fatto la propria parte. Spogliandomi per un attimo dei panni di relatore e, persino, di presidente di Commissione, anch'io ho dovuto compiere alcune rinunce, con l'obiettivo di proseguire nel solco di un lavoro unitario che il Senato aveva svolto. In tal modo, è stata modificata quella norma irrealizzabile e sbagliata, dal punto di vista costituzionale, che vietava la esposizione di qualsiasi striscione negli stadi ed il divieto è stato limitato ai soli striscioni che inneggiano alla violenza o all'odio.
Allo stesso modo, la flagranza differita - termine ossimoro, vera e propria contraddizione di questo sistema - è rimasta, pur essendo stata circoscritta e riferita soltanto agli elementi video e fotografici. Si tratta di una norma a tempo che scadrà nel 2010 e che non entra a far parte, a regime, dei codici del nostro paese.
L'articolo 7, che aggrava significativamente le pene per lesioni cagionate a ufficiali o agenti di polizia in servizio di ordine pubblico, è stato riferito alle manifestazioni sportive, evitando quella cattiva abitudine secondo cui, nella emanazione di un decreto-legge urgente e di emergenza, legato ad uno specifico fenomeno, si finisce con lo stravolgere l'intero codice, senza badare a tutte le conseguenze e compiendo atti forse discutibili anche sotto il profilo costituzionale.
È dal punto di vista della prevenzione che questo decreto-legge ha subito alcune delle modifiche più significative. Tra esse voglio citare la nuova formulazione dell'articolo 8, comma 4, il quale, accanto al divieto - che rimane in vigore - per le società sportive di intrattenere rapporti finanziari con i club e le associazioni, stabilisce tuttavia la possibilità di stipulare convenzioni che abbiano finalità sociali e di solidarietà con quei club che si dissocino apertamente dalla violenza, nell'eventualità in cui un loro appartenente sia coinvolto in episodi del genere.
La nuova formulazione dell'articolo 11-bis permette, inoltre, di lanciare un messaggio, Pag. 106prevedendo che le somme corrisposte a titolo di sanzione pecuniaria per i reati previsti dal decreto-legge servano per alimentare quei positivi programmi sportivi di cui si alla prima parte dello stesso articolo e per aiutare lo svolgimento, prima delle partite, di quelle attività che possano distendere il clima da preparazione bellica che, a volte, c'è negli stadi.
Se noi rompiamo quel clima e creiamo un clima di maggior festa, aiutiamo a determinare una condizione positiva.
Mi permetto di dire che anche le coreografie, quando non sono violente, sono straordinari momenti perfino di creatività e di partecipazione. C'è gente che viene dall'estero in Italia per vedere alcune di queste coreografie e sarebbe assurdo pensare di vietarle.
Credo che la norma più rilevante che abbiamo inteso aggiungere sia costituita dal nuovo articolo 11-ter, recante «Rilascio di biglietti gratuiti per i minori», sul quale ho esordito nella mia relazione. Mi pare che sia un messaggio che possa andare nel profondo della società italiana.
Certo, si poteva fare di più. A me, personalmente, sarebbe piaciuta una norma volta a sospendere la pena per i reati meno gravi e a far sì che i ragazzi che vengono accusati di tali reati possano avere una proposta concreta di una misura alternativa, come tagliare l'erba, pulire lo stadio o essere affidati ad un lavoro che abbia un significato risarcitorio, uscendo dalla logica penalistica.
Il sottosegretario Scotti, a nome del Governo, ci ha detto in Commissione che è allo studio ed in preparazione una norma organica che prevede proprio questa modalità di sospensione della pena, non solo in riferimento ai reati di cui stiamo parlando, ma erga omnes.
Infine, devo dare atto da alcuni colleghi, soprattutto al collega Caparini e al gruppo che rappresenta, di aver posto con grande forza la questione della messa in sicurezza degli stadi. Penso che lavoreremo insieme su un ordine del giorno o su un documento organico, perché è ora che il Parlamento si apra con un disegno di legge governativo e proposte di legge di iniziativa parlamentare ad una riforma organica degli stadi che ci permetta di uscire da quella condizione di assoluta incertezza e cattiva organizzazione che ancora oggi, nel 2007, purtroppo, esiste negli stadi italiani e che obbligatoriamente dobbiamo superare, se vogliamo concorrere efficacemente, ad esempio, ad essere gli organizzatori dei campionati europei di calcio del 2012 e, soprattutto, se vogliamo offrire agli italiani e alle italiane, e a chi ama questo straordinario sport, la possibilità di passare una domenica, un sabato o una serata di festa e non di angoscia (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori e Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, colleghi deputati, sottosegretario Scotti, credo che abbiamo lavorato fecondamente in Commissione e abbiamo operato dei miglioramenti al testo che proveniva dal Senato. Però, per chiarezza ed anche per brevità dei nostri lavori, ritengo che bisogna esprimere subito un giudizio chiaro sul provvedimento che stiamo esaminando. Non se ne abbia a male il sottosegretario Scotti, ma credo che il decreto-legge del Governo, così come è stato strutturato, fosse essenzialmente orrido in origine e pessimo nel testo licenziato dal Senato.
Quindi, come ho già dichiarato più volte, ritengo che ciò che andremo a costruire sarà comunque giudicato da molti un brutto testo. Intendo dire che quella che si è verificata nei vari passaggi legislativi è stata una procedura graduale di vera e propria riduzione del danno. Lo affermo perché mi risulta evidente che è Pag. 107sbagliato l'approccio di fondo con cui il Governo ha affrontato questa materia.
È chiaro, infatti, che il testo del decreto-legge si sviluppa a partire dagli avvenimenti che a Catania hanno avuto culmine nell'omicidio dell'ispettore Raciti e nell'urgenza di dare una risposta a quei fatti gravissimi e ad un'evidente degenerazione delle condizioni di esercizio delle manifestazioni calcistiche.
Questo lo hanno affermato molti colleghi: penso sia un'evidenza difficilmente discutibile. Ma l'errore di fondo è nel credere che un provvedimento quasi esclusivamente repressivo abbia un'efficacia reale. Il relatore per la VII Commissione, il collega Folena, metteva in evidenza l'aspetto positivo che il Senato della Repubblica ha introdotto sul nucleo duro di un provvedimento del Governo che aveva una chiave esclusivamente penalistica, nella misura in cui è riuscito ad introdurre - e noi qui ad ampliare - un elemento che guarda alla promozione dello sport e alla riforma delle condizioni normali di agibilità dei nostri stadi e dell'approccio di numerosi soggetti al fenomeno calcistico.
La domanda che dovremo porci - al Senato hanno tentato di porsela - è perché paiono non funzionare le norme esistenti, a partire della legge n. 401 del 1989, poi successivamente modificata nel 2001. Si tratta di norme che non sono, a differenza di quanto si legge qua e là, particolarmente tenere sotto il profilo penale, anzi. Eppure suonano a conferma che la strada intrapresa è a fondo cieco, se permane l'usanza che le norme approvate restano lettera morta. Da anni, io personalmente, per fortuna non in solitudine, sono convinto che gli stadi siano il terreno di sperimentazione di nuove normative che tendono ad estendersi al resto della società.
Nel testo prodotto dal Governo questa idea risulta, a mio avviso, fortemente confermata. Voi ricorderete, soprattutto i colleghi che hanno più legislature alle spalle, il forte dibattito che ha accompagnato l'istituto della cosiddetta «flagranza differita». Indipendentemente dagli esiti del voto sui vari provvedimenti che la contenevano, è evidente che è aperta la questione del vulnus, anche costituzionale, che questa rappresenta nel nostro ordinamento. È evidente che la sua dilatazione da 36 a 48 ore amplifica questo problema, anche se ne restringe - di questo va dato onestamente merito al Governo - la discrezionalità alla sola documentazione videofotografica. Soprattutto verrebbe a cadere, se confermato il testo del Governo e se confermato il testo del Senato, il carattere provvisorio che anche le passate legislature hanno voluto attribuire a questo istituto della «flagranza differita», cioè verrebbe a cadere il carattere a termine, eccezionale. Se ne darebbe insomma per scontata la definitiva introiezione nel nostro ordinamento.
Questa è la ragione per la quale, nel dibattito che abbiamo avuto in Commissione, abbiamo voluto ridare un termine a questo istituto, mantenendone il carattere di eccezione. Inoltre, sul medesimo versante dello stadio come laboratorio, il Governo dovrebbe spiegare con più evidenza come sia possibile che un provvedimento dichiaratamente volto alla prevenzione e alla repressione dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni calcistiche si dilati invece, modificando il codice penale, fino a comprendere tutte le circostanze e tutti i cittadini, anche molto distanti da quello che dovrebbe essere l'oggetto di questo decreto e del dibattito per la sua conversione in legge. Questo accadrebbe, pur essendo evidente che non esiste, tranne che negli stadi, alcuna necessità o urgenza per un'applicazione così diffusa.
Si è tentato poi di introdurre un vero e proprio reato di opinione con riferimento alle fattispecie previste dall'articolo 2-bis, comma 1, che abbiamo per queste ragioni concordemente riformulato e spero che nessuno se ne dolga. Uno dei due relatori del Senato, nell'iter del decreto in quella Camera, ha fatto più volte presente che in questo decreto sono state inserite dal Governo e confermate dal Senato - e noi non le modifichiamo - misure di prevenzione personali e patrimoniali, che sono previste dalla legislazione Pag. 108antimafia, nonostante che metà della Commissione del Senato proponesse di abrogarle e che la restante metà le ritenesse inutili. Eppure sono rimaste in questo testo. Questo ragionamento nasce dalla convinzione che la legislazione di emergenza è un potente veleno, che una volta introdotto nell'ordinamento non ne esce più, anzi tende a corroderlo. Questo paese ne ha avuto esperienza, ma colpisce la naturalezza - lo ribadisco - con cui temi di questo tipo sono stati sottoposti alle Camere: mi riferisco al provvedimento dal carattere di particolare necessità ed urgenza concernente la repressione e la prevenzione delle violenze che si verificano in occasione di manifestazioni sportive di carattere calcistico.
Siamo di fronte ad un mondo, quello del calcio (mi soffermerò molto brevemente sulla questione perché è già intervenuto il relatore Folena e altri lo faranno in seguito), che è destinato a cambiare: mi riferisco alla proprietà degli stadi, alla loro privatizzazione, alle TV a pagamento, al destino del pubblico e dei tifosi organizzati, temi che rimangono sullo sfondo e su cui si annunciano specifici interventi legislativi ed interventi diversi di settore.
Il fatto che siamo di fronte ad un qualcosa che in futuro strutturalmente cambierà è una ragione in più per marcare il carattere di eccezionalità, per cui è possibile la limitazione temporale delle norme che ci accingiamo ad approvare.
L'eccezione è tale - lo credo molto umilmente - quando non si pratica a sufficienza la fatica dell'ordinario. Cosa intendo dire?
Credo sia difficile negare il fatto che la situazione che questo provvedimento contrasta ha molti padri e molte madri, vale a dire ha molti più responsabili dei soggetti concreti i cui reati si intende contrastare!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, purtroppo, il dibattito che stiamo affrontando ci permetterà solo in parte di avviare una riflessione politica seria, pacata e di carattere più complessivo. Lo strumento del decreto-legge non ci aiuta, infatti, in questo. Sono 18 anni ormai che lo Stato affronta il fenomeno della violenza negli stadi a colpi di decreti-legge, fondati principalmente su quello che accade negli stadi o fuori dagli stadi, cioè sull'impatto emotivo provocato da gravi fatti di cronaca.
Il 13 dicembre del 1989 venne approvata la legge n. 401 per la tutela della correttezza dello svolgimento di manifestazioni sportive. Poi, ad ondate successive, sono state via via introdotte, sempre con la tecnica del decreto-legge, quelle che sono state definite misure urgenti per prevenire la violenza negli stadi.
Abbiamo così avuto una sequela di decreti: quello del 1994, del 2001, del 2003, del 2005, sino ad arrivare al decreto-legge oggi in discussione.
La stratificazione di queste norme emergenziali ha delineato un sistema improntato esclusivamente a logiche repressivo-preventive, attraverso il quale sono stati configurati reati specifici, misure di prevenzione, procedure speciali, eccezioni alle garanzie costituzionali.
Dopo vent'anni, siamo al punto di partenza: non è con metodi e logiche di emergenza, con leggi di eccezione o misure speciali, con provvedimenti repressivi e di dubbia costituzionalità, anche se mascherati da misure preventive, che si risolve il problema ed i fatti lo hanno dimostrato. Anzi, la militarizzazione degli stadi e la criminalizzazione generalizzata del tifoso paradossalmente ha favorito la politicizzazione e lo spostamento della violenza nei confronti delle forze di polizia ovvero di chi si trova a rappresentare sul campo lo Stato e a far valere le sue leggi.
La violenza negli stadi, che è culminata di recente nei tragici fatti di Catania, non può essere risolta in questo modo. Necessita di provvedimenti di più ampio respiro che riformulino del tutto l'ormai vecchia legge n. 401 del 1989, soprattutto riportando la normativa nell'alveo costituzionale.Pag. 109
La democraticità di un paese la si valuta anche dal numero di leggi speciali che vengono approvate.
Già il codice di procedura penale avrebbe degli strumenti - reati e sanzioni, introdotti attraverso vari decreti-legge -, ma questi ultimi non sono stati utilizzati poiché si preferisce sempre fare ricorso a nuovi decreti-legge, a nuove leggi speciali, ad ennesime norme d'emergenza; per fare un esempio, non è stato applicato nemmeno il decreto Pisanu.
A parer mio, si tratta di capire, più che di reprimere, anche perché il pugno duro è mostrato da istituzioni che non hanno fatto rispettare, e non rispettano le leggi: basti pensare alle autorizzazioni in deroga concesse ai gestori degli stadi insicuri, che sono state rilasciate fino a poche settimane fa (tra l'altro, già si sono avute deroghe, nonostante l'emergenza di cui si è discusso sui giornali nelle settimane scorse).
Ritengo che sarebbe stata opportuna un'indagine conoscitiva sull'illegalità diffusa, che ha permesso l'errata programmazione di interventi infrastrutturali, lo spreco di denaro pubblico, l'agibilità di stadi fuorilegge, l'elusione delle normative sulla sicurezza e l'omessa adozione dei provvedimenti conseguenti, ma anche l'ottusa gestione dell'ordine pubblico. Di questo avremmo dovuto discutere, ma così non è stato, quindi oggi ci troviamo ad introdurre nel nostro ordinamento nuove misure autoritarie e ad appesantire quelle già esistenti. Vi è il rischio di introdurre nel nostro ordinamento un vero e proprio cavallo di Troia, che può minare la configurazione democratica e liberale, lo stato di diritto del nostro Paese.
L'Italia, periodicamente, ciclicamente, compie dei passi in avanti sulla via del diritto e sulla scia di una civiltà giuridica, ma poi, improvvisamente, compie dei passi indietro, ha delle battute d'arresto come quella registrata oggi grazie a questo decreto-legge.
Addirittura, il nostro Paese è riuscito a proiettare la sua visione del diritto alla vita anche a livello internazionale nei confronti, ad esempio, di quei paesi che ancora praticano la pena di morte, e si è impegnato a presentare all'ONU una proposta di moratoria universale delle esecuzioni capitali. In ogni caso, successivamente accade che, nonostante gli impegni, i precisi atti d'indirizzo del Parlamento nei confronti del Governo, quest'ultimo venga meno ai suoi proponimenti. A causa di ciò, Marco Pannella, in queste ore, ha dovuto annunciare la ripresa di uno sciopero della fame, proprio per ottenere dal Governo il rispetto degli impegni solenni - reiterati non soltanto dal nostro Parlamento, ma anche dal Parlamento europeo - per la presentazione all'Assemblea generale dell'ONU di una risoluzione per la moratoria della pena di morte. In Iraq, questa notte, ancora una volta dopo l'uccisione di Saddam Hussein, vi è stata un'esecuzione riguardante l'ex vicepresidente iracheno, Yassin Ramadan. Si potrebbero, quindi, verificare nuove vendette, nuovi omicidi ed assassini in quel paese.
Per quanto riguarda il provvedimento in discussione, segnalo, in primo luogo, una gravissima anomalia contenuta nel decreto-legge. Mi riferisco ad una misura di prevenzione adottata dal questore, il cosiddetto Daspo; si tratta di un fatto mai avvenuto in questi anni, caratterizzati anche da una gravissima emergenza sul fronte della criminalità organizzata e della mafia.
Questa misura si applica ai reati, ai comportamenti giudicati pericolosi commessi durante, primo o dopo lo svolgimento di partite di calcio.
Va tanto di moda il modello inglese, tutti lo invocano, ma nessuno ricorda che in Gran Bretagna il corrispettivo del nostro questore si limita a proporre il provvedimento cosiddetto Daspo, mentre è il giudice con una regolare udienza a dover decidere se e in quale misura applicarlo, così come avviene per le altre misure di prevenzione. L'inasprimento della conflittualità esistente tra i tifosi e le forze dell'ordine è stata determinata anche da una eccessiva discrezionalità lasciata ai questori e alle insufficienti garanzie difensive degli imputati.Pag. 110
Con la conversione del presente decreto-legge noi andiamo a confermare questa anomalia aggravandone gli effetti ed aprendo crepe significative nella nostra Costituzione. Da un lato, sembrano eccessive nei minimi edittali le pene previste per alcuni reati, giacché, se paragonate con altre fattispecie di reato più gravi tolgono al giudice la discrezionalità di stabilire una pena congrua e giusta, dall'altro sembra anche eccessivo che il Daspo che può applicare il giudice abbia una durata minima di due anni, atteso che un reato di modestissima entità non può portare ad un obbligo di presentazione in commissariato così invasivo e per una durata minima che il giudice non può ridurre. Aspetti non conformi alla Costituzione sono invece rappresentati da un altro tipo di Daspo, questo applicato in via addirittura preventiva. Vi è infatti il Daspo che può applicare il giudice con una sentenza, ma vi è anche il Daspo preventivo, quello disposto dal questore, basato non su una denunzia, ma su una relazione di servizio, su delle note informative che vengono dagli organi di polizia.
L'altra anomalia, pesantissima, che apre una breccia pericolosissima nel nostro ordinamento è quella della cosiddetta flagranza differita. Il Daspo preventivo sottrae al prevenuto la possibilità di difendersi in quanto non ha un giudice di merito avanti al quale discolparsi. Questo dice il nostro decreto-legge che stiamo discutendo, perché l'innocente denunziato e «daspato» può sperare nell'archiviazione o nell'assoluzione, mentre l'innocente «daspato» senza denunzia, quello a cui il provvedimento viene applicato in via preventiva, non ha la possibilità di rimuoverlo perché non ha un giudice di merito avanti al quale difendersi. Il TAR infatti è un giudice di legittimità ed il GIP si pronuncia solo sull'obbligo della firma.
Vi è poi la questione del Daspo per chi contravviene al regolamento d'uso nello stadio, qui siamo di fronte a cose veramente ridicole, da tre mesi a due anni se per sbaglio uno che va allo stadio e paga il biglietto si siede in un posto che non è il suo. Ad una semplice sanzione amministrativa non può corrispondere una misura di prevenzione che ha quale presupposto la pericolosità.
Torno ora sulla flagranza differita, oggi estesa a 48 ore e costituzionalmente inconcepibile e criticabile, perché viola l'articolo 13, comma 2, della Carta costituzionale. Introdotta dal decreto-legge Pisanu, fu fortemente osteggiata (lo ricordo soprattutto ai colleghi della maggioranza) dall'allora opposizione. Ricordo da questo punto di vista parole esemplari e condivisibilissime utilizzate da Anna Finocchiaro per contrastare la flagranza differita. Ora è stata introdotta in questo decreto-legge e ci troviamo in una situazione nella quale rischiamo di dare vita a precedenti per cui la flagranza differita può essere applicata non soltanto ai comportamenti relativi al calcio, ma anche ai comportamenti politici, di disobbedienza civile o, in generale, all'attività politica. Si tratta di un brutto precedente.
Da respingere totalmente sono invece le modifiche ancora più restrittive introdotte dal Senato, mi riferisco in particolare al sostanziale divieto di tifo organizzato, che rischia in quanto tale di divenire reato. La disciplina di dettaglio dettata nei giorni scorsi dall'osservatorio sulle manifestazioni sportive, inattuabile e cervellotica, ha poi fatto il resto.
Signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, penso che la semplice ragionevolezza, nella punizione come nella prevenzione, sia l'arma vincente per governare ogni fenomeno. Non servono leggi eccezionali o autoritarie che favoriscono svolte di regime per la nostra società in genere e soprattutto per il business di coloro che vivono e si arricchiscono sul calcio, ovvero i soliti noti. Eccezionali sarebbero l'applicazione delle leggi ordinarie esistenti ed il rispetto del diritto e della Costituzione vigenti. È questa l'eccezionalità che noi vorremmo, ovvero l'applicazione delle leggi esistenti e soprattutto dei princìpi fondamentali del nostro Paese, della nostra civiltà giuridica e del nostro stato di diritto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO PESCANTE. Signor Presidente, ancor prima della conclusione del dibattito, il gruppo di Forza Italia esprime il suo compiacimento - perché no? - per il risultato che si sta profilando (consideratelo un auspicio) e per l'approvazione di un testo condiviso. Tuttavia, mi auguro anche che il provvedimento sia approvato a larga maggioranza. Pertanto, parteciperemo al dibattito con la convinzione di interpretare il sentire dell'opinione pubblica di un Paese, stufa di questa violenza fanatica e spesso politicizzata che sta devastando l'immagine del calcio italiano e minando i valori stessi sui quali si fonda lo sport.
Il nostro atteggiamento propositivo nei confronti del decreto-legge del Governo si basa anche sulla considerazione che questo provvedimento sia la prosecuzione, anzi l'attualizzazione, delle leggi varate nel corso della passata Legislatura per contrastare la violenza nello sport, che per la verità non trovarono da parte dell'opposizione la stessa accoglienza da noi riservata oggi al decreto-legge del Governo.
Colleghi dell'opposizione, allora ci avevate osteggiato e contrastato, nonostante si trattasse di provvedimenti ai quali voi stessi oggi fate riferimento nel varare questo decreto-legge. Noi invece vi sosterremo, esprimendo al contempo il più vivo compiacimento per il ravvedimento di taluni, dopo aver ascoltato gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Prima di estendere queste note avrei parlato di un solo ravvedimento, mentre adesso ho acquisito che si tratta del ravvedimento di taluni. Tale ravvedimento vi ha portato a superare la remore e le riserve del passato.
E a proposito di ravvedimenti, prendo atto con piacere che si sono convertiti due autorevoli membri del Governo, uno dei quali all'epoca (cito il resoconto stenografico della Camera) sosteneva che per combattere la violenza era sufficiente applicare la legge ordinaria e che i biglietti nominativi - non la violenza! - allontanavano le famiglie dagli stadi. Si è ravveduto anche l'altro autorevole esponente del Governo, che sosteneva (cito sempre il resoconto stenografico) l'esigenza di aprire un tavolo di confronto con gli ultras, sospendendo l'applicazione di norme liberticide come la diffida. So che è assai poco protocollare far riferimento agli interventi che mi hanno preceduto, tuttavia vorrei far presente al collega D'Elia che, se è vero che in Inghilterra il cosiddetto Daspo è attribuito e sentenziato da un giudice, è anche vero che la sua sentenza avviene entro 24 ore dalla comunicazione.
È silente un altro severo oppositore dei provvedimenti contro la violenza dell'altra legislatura, attuale capogruppo di un partito di maggioranza al Senato, che all'epoca sosteneva - e, per la verità, alcuni di questi termini sono riecheggiati anche oggi, proprio qualche minuto fa - che le norme antiviolenza del Governo - cito testualmente - costituivano un laboratorio: oggi gli stadi, domani i cortei. E aggiungeva: «la figura degli steward porta alla militarizzazione degli stadi, il passo successivo sarebbe stata la militarizzazione della società». Il precedente Governo non è riuscito a fare tanto, pare che questo sia un testimone che viene consegnato di Governo in Governo.
Noto anche con piacere che sono state abbandonate alcune tesi proprie di una certa sociologia militante che ha alimentato la mentalità secondo la quale i disadattati, i teppisti, i violenti, specialmente se giovani, vanno capiti e mai puniti, trattati con i guanti bianchi, perché sostanzialmente innocenti. Nessuno ha mai colpa di niente. La colpa è sempre di qualcun altro. Anzi, di qualcosa altro: società, famiglia, sistema. Nel nostro caso - lo abbiamo sentito qualche minuto fa - si tratta della mancanza della cultura sportiva, dei dirigenti delle squadre di calcio, spendaccioni, responsabili di vari bilanci contraffatti, dei comportamenti in campo dei calciatori, dei club, del business e così via. Potrei continuare, ma per gli appassionati di queste tematiche giustificazioniste rinvio alla istruttiva lettura dei verbali delle sedute che si sono svolte sui Pag. 112provvedimenti contro la violenza negli stadi negli anni 2001, 2003 e 2005. Il risultato finale fu che le leggi di quegli anni furono annacquate e, durante i dibattiti parlamentari, rese poco incisive ed efficaci, sia per l'atteggiamento denunciato dell'opposizione, sia - lo devo riconoscere onestamente - per un certo ideologico garantismo di alcuni colleghi dell'allora maggioranza.
Non ho fatto questi richiami sul passato per spirito di polemica, ma per controbattere i motivi che oggi sono di nuovo riecheggiati. Il fatto è che si imputa oggi alla precedente legislazione la responsabilità di aver fallito nel contrastare la violenza, perché le norme erano troppo repressive. La realtà era che quelle norme - che di repressivo avevano assai poco -, sono risultate poco efficaci per questo motivo, con un impegno trasversale del Parlamento assai poco apprezzabile.
Ciò premesso, confermo che Forza Italia sosterrà il presente testo, per giungere all'obiettivo di restituire gli stadi ai giovani, alle famiglie, ai tifosi, agli stessi ultras, quelli che vanno allo stadio - e sono la stragrande maggioranza - per vivere una bella giornata di sport. Il fatto che questo impegno sia condiviso mi dà finalmente la consapevolezza che, al di là delle polemiche del passato, siamo tutti coscienti, in testa il Governo, che non possiamo più consentire che gli stadi siano diventati spazi di impunità. Si è finalmente capito, con colpevole ritardo, che la violenza del calcio è ribellione allo stato puro. Ribellione contro le forze dell'ordine, che a Catania ha visto l'uccisione di Raciti e che, a Livorno, ha visto inneggiare a questo assassinio.
Tra i violenti c'è chi va allo stadio senza vedere la partita, ma per insultare, aggredire e, soprattutto, colpire gli agenti. Si tratta di bande criminali che fraternizzano fra di loro, anche se appartengono a tifoserie avverse. I veri nemici sono diventati alleati. È chiaro che il pallone è solo un pretesto ignobile nella sproporzione tra causa ed effetto.
Nessuno vuole la guerra contro certe frange di ultras, ma nessuno, anche all'interno degli stadi, vuole più essere mischiato con i loro traffici e i loro crimini!
Dunque, dimentichiamoci le polemiche del passato e discutiamo insieme su questa degenerazione del tifo, nonché su come combatterla. Credo, infatti, che il provvedimento in esame sia condivisibile anche sotto questo punto di vista.
Concludo dando atto ai presidenti delle Commissioni giustizia e cultura della Camera dei deputati che, anche grazie al nostro contributo, non si è mai ceduto alla tentazione italica di cadere nell'antico vizio del legislatore, allorché si presentano, sull'onda di una forte emozione, dei disegni di legge e poi, una volta «sbollita l'ira», si smarrisce la loro ragion d'essere. Questa volta non si è innestata la marcia indietro e devo dire che di questo deve essere dato atto alle due Commissioni ed ai presidenti che le dirigono. Credo, in conclusione, che sussistano tutti i presupposti per poter svolgere, in sede di dibattito, un buon lavoro.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, chiedo sempre scusa, ma resto seduta per motivi «logistici»!
Illustrissimo Presidente, illustri colleghi, signor rappresentante del Governo, voglio, in questo mio breve intervento, esprimere preliminarmente un apprezzamento per il puntuale lavoro svolto, in questi brevissimi giorni, dalle Commissioni riunite II e VII della Camera dei deputati. Si è trattato di un lavoro impegnativo e stimolante, che ci ha visto intensamente impegnati per convertire in legge il decreto in esame.
Dopo le modifiche apportate dalle Commissioni giustizia e cultura, la normativa avrà un volto molto diverso e non più solamente repressivo. Si tratta di un tema - e parlo come rappresentante del gruppo dei Verdi - che, a nostro avviso, deve costituire sempre l'estrema ratio.
Attraverso il provvedimento in esame, potremo finalmente recuperare i valori fondamentali dello sport. Mi riferisco a Pag. 113quei valori che ci consentiranno di superare, come tutti auspichiamo, questo momento traumatico per lo sport italiano, mostrando un grande atto di fiducia nelle sue risorse.
Il decreto-legge in esame è duramente intervenuto, come tutti noi ricordiamo, dopo quei fatti gravissimi che, in una notte, hanno sconvolto il mondo dello sport italiano. Si è trattato di eventi che ci hanno riempito di dolore, a causa della perdita di Filippo Raciti, l'ispettore di polizia ucciso nell'espletamento dei propri doveri.
Con questo provvedimento, lo Stato ha reagito prontamente non solo facendosi carico di una questione rimasta irrisolta, ma anche colmando un vuoto normativo gravissimo. Il decreto-legge in esame manda un segnale sicuramente importante, responsabilizzando, al contempo, le società di calcio e tutti gli altri operatori del settore attraverso nuove e più forti regole che vanno, finalmente, a ridisegnare il quadro legislativo di riferimento.
Non si tratta, come si potrebbe essere portati erroneamente a pensare - ed insisto fortemente su tale aspetto -, di un «pacchetto» di regole punitive per le società di calcio, oppure rivolte a scoraggiare la presenza negli stadi della tifoseria. Sono sicura che queste nuove norme, una volta metabolizzate, stimoleranno una reazione positiva del sistema sportivo, la quale condurrà alla produzione di anticorpi idonei a neutralizzare quelle espressioni di violenza, fisica e verbale, che, come già detto, hanno messo a forte disagio l'intero mondo del calcio.
Si deve capire che l'investimento compiuto oggi sulla sicurezza del calcio non solo equivale ad una assicurazione per il domani, ma rappresenta, altresì, un importantissimo incentivo alla crescita dell'interesse dei cittadini nei confronti dello sport. Non vogliamo che gli stadi ed i luoghi ad essi vicini siano considerati zone a rischio sicurezza. Si prenderà in considerazione, attraverso questa normativa, chi vuole vivere e godere le manifestazioni sportive facendolo finalmente in maniera serena, sicura, lontano da ansie e da paure, e soprattutto senza il rischio di veder trasformata una domenica di divertimento in un momento di angoscia e di dolore. Le modifiche apportate in sede di conversione operano in questo senso, perché confermano la volontà del Parlamento - insisto fortemente su questo aspetto - di riportare negli stadi le famiglie. Stavolta non si tratta solo di parole; per questo è stata deliberata dalle Commissioni riunite un'importante modifica al testo - che io sostengo non soltanto in nome e per conto del mio gruppo, ma anche personalmente -, che ora include un nuovo articolo 11-ter, la cui approvazione da parte dell'Assemblea consentirà l'accesso gratuito negli stadi per i minori di quattordici anni accompagnati. Signor Presidente, questo è un forte, fortissimo richiamo perché lo sport recuperi i suoi valori.
Come abbiamo detto, le norme previste in questo testo sono certamente severe, ma non colpiscono - ripeto - il tifo sano. Per questo c'è stata un'ulteriore limatura, che ha permesso di riscrivere - ringrazio la Commissione giustizia e il nostro presidente, che con grande impegno è intervenuto per dare un senso di legalità e di garanzia al decreto-legge in esame - il divieto riguardante gli striscioni. Il divieto penalmente sanzionato, di cui all'articolo 2-bis, riguarda ora soltanto quegli striscioni e quei cartelli che, comunque, incitino alla violenza o contengano insulti o minacce. Noi non vogliamo che le norme contenute nel decreto-legge portino a processi che riguardano soltanto le intenzioni e non invece a processi ai fatti, e, se vi sono reati, alla loro repressione.
Tante e importanti sono le correzioni e le novità introdotte dalle Commissioni. Ritengo, ad esempio, che sia un fatto positivo che la cosiddetta flagranza differita - un tema che ci ha coinvolto e su cui ognuno di noi ha espresso sentimenti personali ed importanti - torni ad essere una misura eccezionale. Ringrazio il presidente Pisicchio e la Commissione giustizia che, sulla base delle nostre osservazioni, ci ha ribadito come la flagranza differita torni Pag. 114ad essere una misura eccezionale e temporalmente limitata fino al 30 giugno 2010.
Resta fermo l'ampliamento della fragranza alle 48 ore anziché alle 36 ore successive, come nel cosiddetto decreto Pisanu, ma l'istituto ritorna giustamente ad essere di carattere temporaneo e perde il carattere di definitività che gli era stato impresso. Allo stesso modo, abbiamo attenuato la portata di alcune previsioni introdotte dal Senato, che, a nostro avviso, non erano condivisibili. Nel testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento, chiunque avesse procurato ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime sarebbe incorso nelle pene rispettivamente previste dall'articolo 583, aumentate della metà. Si sarebbe potuto arrivare per le lesioni gravissime fino a diciotto anni di reclusione. La nuova ipotesi di reato è stata dunque riscritta, punendo chi cagiona lesioni personali gravi o gravissime, in occasione di servizi di ordine pubblico, rispettivamente con la reclusione da quattro a dieci anni o da otto a sedici anni: si stabiliscono, quindi, pene severe, ma non sproporzionate.
Tuttavia, le Commissioni in alcuni casi hanno inasprito le sanzioni: si pensi alle modifiche introdotte al comma 2 dell'articolo 6-bis (legge 13 dicembre 1989, n. 401), che punisce le persone che superano indebitamente una recinzione o una separazione dell'impianto.
In conclusione, tutti noi auspichiamo che le misure sicuramente severe e antiviolenza contenute in questo nuovo provvedimento - tale è stato infatti lo spirito che ha animato il nostro comportamento in sede di Commissioni riunite giustizia e cultura - non rechino solo norme transitorie ma consistano anche in disposizioni (e tale aspetto mi sta più a cuore) che agevolino la formazione di una nuova cultura sportiva. Saremo finalmente in grado di garantire tutte le condizioni necessarie per riportare la sicurezza dentro e fuori gli stadi, in modo che non abbiano più a ripetersi altri tragici episodi quali quello di Catania.
Peraltro, confidiamo anche in un altro risultato; aprendo la discussione con l'illustrazione della relazione della Commissione cultura, l'onorevole Folena ha dichiarato che vi deve essere un clima diverso. Ebbene, a mio avviso, l'articolo 11-ter contribuirà sicuramente a recuperare il senso dello sport per i giovani e le famiglie affinché esso non sia più visto come una forma di antagonismo violento ma, al contrario, come una competizione sana per i giovani che vogliano partecipare alla vita sportiva.
Mi preme svolgere un'ultima osservazione sulla quale insisto e che è anche un invito rivolto alle Commissioni competenti; qualsiasi riforma attenga a sanzioni, a misure interdittive - abbiamo parlato anche dell'affidamento in prova - o a misure proprie degli ordinamenti minorili e a quant'altro deve a mio avviso collocarsi nell'ambito di una riforma organica dei codici penale e di procedura penale, una riforma che finalmente introduca, accanto a sanzioni repressive come il carcere, anche misure interdittive.
È qui presente il rappresentante del Governo, al quale formulo un invito perché finalmente - e non solo per la vicenda dello sport o per la materia sulla quale intervengono le modifiche recate dal provvedimento ora in discussione - si possa introdurre, pur restando il carcere l'extrema ratio, una normativa in tema di sanzioni penali che possa recuperare l'applicazione di misure interdittive, eventualmente mutuate anche da altri ordinamenti. Penso, ad esempio, al giudice di pace o alla giustizia minorile, che prevede istituti come l'affidamento in prova e altri che potranno sicuramente essere utili per una riforma organica delle sanzioni nel diritto penale (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole rappresentante del Governo, come è noto, Pag. 115all'indomani dei gravi fatti di Catania è stato emanato il decreto-legge n. 8 del 2007 al fine sia di predisporre adeguati strumenti di reazione ai gravi fenomeni di violenza, che ormai da troppo tempo si verificano sempre più frequentemente nel corso dello svolgimento di manifestazioni sportive, sia di dare al paese un segnale immediato dell'attenzione delle istituzioni a fronte di tali episodi.
Se le manifestazioni calcistiche in Italia si sono purtroppo patologicamente trasformate in un grave problema di ordine pubblico, risulta allora evidente la necessità di porre rimedio a tale stato di cose mediante un intervento legislativo di ampio respiro, ampliativo di quello recato dal testo originario del decreto-legge oggetto di conversione e in realtà, destinato ad inserirsi, senza sostanziale soluzione di continuità, nel solco del cosiddetto decreto Pisanu, che già aveva previsto talune misure repressive, risultate tuttavia inefficaci in sede applicativa a causa di numerose problematicità, anche di carattere strettamente pratico, segnalate dagli operatori di polizia in occasione delle audizioni tenutesi presso il Senato della Repubblica.
Ciò premesso in ambito generale in ordine alla necessità di intervenire con assoluta celerità nella materia in questione, ci si può, a questo punto, soffermare sulla specificità della riforma legislativa e sulle modifiche apportate al testo del decreto-legge da parte del Senato della Repubblica in sede di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto di urgenza.
Ebbene, a tale proposito, il testo oggi all'esame della Camera dei deputati, che ha positivamente incontrato nel corso dell'iter parlamentare una sostanziale unanimità di consensi delle forze politiche, sia di maggioranza, sia di opposizione, appare nel complesso condivisibile, anche e soprattutto per lo spirito di mediazione in esso contenuto.
L'introduzione delle disposizioni previste dal testo oggi in discussione era infatti da considerarsi assolutamente doverosa ed urgente; si pensi alla previsione dell'obbligo di effettiva identificazione dello spettatore sin dal momento della vendita del biglietto mediante l'esibizione di un documento di identità oppure all'imposizione delle prescrizioni di carattere tecnico necessarie al fine dell'adeguamento degli stadi ai più rilevanti standard di sicurezza.
Rispetto a tale ultimo aspetto, peraltro, sia consentita una notazione critica in merito al curioso operato delle società calcistiche, che, dopo aver per anni respinto al mittente ogni richiesta di adeguamento degli stadi, affermando che anche solo l'installazione dei tornelli avrebbe richiesto tempi assai lunghi, all'indomani dell'entrata in vigore del decreto-legge in questione hanno, invece, provveduto ai lavori di adeguamento in pochissimi giorni. Tale condotta appare quantomeno paradossale, per non dire omissiva.
Allo stesso modo, debbono ritenersi positivi i rigorosi limiti imposti in ordine alle modalità di vendita dei titoli di accesso, vietandosi, ad esempio, la vendita o la cessione alla stessa persona giuridica o fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro, così come in ordine ai rapporti tra le società calcistiche al fine della vendita dei medesimi titoli di accesso. Inoltre, si prende atto, anche se tale aspetto ci preoccupa, dell'avvertita necessità, ai fini sia di una significativa reazione ai fenomeni di violenza di assoluta gravità, sia di un'immediata risposta al paese, del generale inasprimento delle sanzioni penali ed amministrative, previste a presidio del rispetto della disposizione in esame.
Pur condividendo nel complesso l'intervento legislativo in esame, riteniamo opportuno segnalare taluni profili di criticità che crediamo perfettibili, quantomeno con una riforma organica della materia.
In primo luogo, sembra problematica l'ulteriore estensione temporale della flagranza di reato, ancorché quale misura temporanea, a causa di evidenti profili di incostituzionalità, senza considerare che in uno Stato di diritto le deroghe al regime ordinario, pur giustificate dall'emergenza, possono comportare il rischio dell'ingiustificata compressione dei diritti, anche di natura processuale. Evidenzio inoltre la perplessità politica, non giuridica, sul concetto Pag. 116di temporaneità, trattandosi di misure destinate ad applicarsi addirittura sino al 2010.
Allo stesso modo, riteniamo che le modifiche apportate alla fattispecie di lancio, utilizzo e possesso di materiale pericoloso debbano essere ancorate alla prova certa, non meramente presuntiva, della chiara collegabilità delle condotte contestate alla manifestazione sportiva.
Valutiamo invece come positivo, in ordine all'articolo 7 del testo in esame, come modificato dalle Commissioni riunite, che l'efficacia della relativa disposizione sia stata ancorata alle sole manifestazioni sportive.
Ebbene, pur con le riserve appena espresse, il provvedimento in esame appare indubbiamente condivisibile e necessario, al fine di fare fronte ad episodi di violenza francamente inaccettabili in uno Stato civile quale il nostro e tali da turbare in modo insanabile l'ordine pubblico. Riteniamo, tuttavia, che un approccio di carattere principalmente repressivo, quale quello in esame, nel lungo periodo non sia di per sé idoneo a garantire lo spontaneo rispetto, da parte di cittadini, di regole di civiltà, se non accompagnato sin da ora da iniziative volte a rendere preponderanti nella società i valori morali ed etici dello sport e della pacifica consistenza di ogni differente realtà, così come testimoniati dalla Carta olimpica e così come, del resto, agevolmente desumibili dalla stessa Carta costituzionale. Soltanto in tal modo, infatti, si potrà evitare che si ripetano inaccettabili episodi di violenza, quali quelli verificatisi negli ultimi anni in occasione di manifestazioni calcistiche e di cui i fatti di Catania rappresentano, purtroppo, soltanto il più recente episodio (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte all'ennesima decretazione d'urgenza, nel tentativo di porre fine alla folle spirale che, ormai da troppi anni, domina il calcio italiano. Dal 1997 il nostro calcio sta inesorabilmente perdendo spettatori, e le principali cause sono da imputare proprio alla scarsa sicurezza e praticabilità degli stadi ed anche alla difficoltà nel mantenere la gestione e la sicurezza all'interno degli impianti.
Praticamente, in questi anni, la metà del pubblico ha abbandonato gli stadi, mentre in altri Stati, quali il Regno Unito, che tanto viene portato ad esempio, gli spettatori sono al di sopra del 90 per cento della capienza degli impianti.
Noi ci dobbiamo interrogare sulle cause, sul nostro ritardo ormai cronico, sulla nostra incapacità di affrontare questo problema, di proporre delle soluzioni radicali. Siamo di fronte all'ennesimo caso di decretazione d'urgenza, a misure repressive che sono simboleggiate dalla flagranza differita, una misura che noi abbiamo già avuto modo di contestare, di mal digerire nel momento in cui nella scorsa legislatura c'è stata proposta come il male minore.
Noi riteniamo che essa sia comunque una resa dello Stato di fronte a coloro che non rispettano la legge all'interno degli stadi, un manifesto dell'incapacità nel mantenere la legalità.
Questo è un punto fondamentale che noi vogliamo portare all'attenzione di questa discussione: l'abbiamo votata allora, la voteremo ancora oggi, perché purtroppo sappiamo essere l'unica possibilità di legalità all'interno degli stadi. Siamo tuttavia convinti che si debba fare di più e meglio.
I dati del Viminale hanno confermato le nostre preoccupazioni allorquando avevamo detto che la militarizzazione degli stadi non avrebbe portato ad una soluzione del problema, avrebbe spostato il problema. Infatti così è stato. Sono calati i feriti civili, ma sono drasticamente aumentati i feriti tra le forze dell'ordine. Il culmine è stato raggiunto con la tragedia che ha colpito l'ispettore capo Raciti.
Vedete, noi dobbiamo trarre insegnamento dall'esperienza di altri paesi, altri paesi che prima e meglio di noi hanno affrontato questo problema, questo cancro.Pag. 117
Il 15 aprile delle 1989 a Hillsborough, proprio in una semifinale di coppa di Inghilterra, morivano 95 persone. Quel momento fu l'apice, per quanto riguarda l'Inghilterra, di una situazione che vedeva uno scontro incancrenito tra lo Stato da una parte e le forze dell'ordine dall'altra.
Loro, come oggi noi stiamo facendo, avevano imboccato prima di quella tragica data, la strada del muro contro muro, delle misure repressive, della militarizzazione degli stadi, delle barriere per separare ed anche per dividere i tifosi.
Purtroppo, loro, prima di noi, compresero l'inadeguatezza di queste misure, al punto che Lord Taylor fu incaricato di individuare quali misure adottare per riformare il sistema.
Sono le misure di cui molti di noi parlano da tempo: il monitoraggio della densità degli spettatori, la gestione degli impianti da parte delle società sportive con gli stewart, la revisione della capacità degli stadi e la vivibilità degli impianti.
Si tratta, insomma, di tante misure che purtroppo oggi da noi rimangono sulla carta. Certo, le società inglesi hanno potuto contare, a differenza delle nostre, della proprietà degli impianti, e quindi questo ha agevolato il processo di ristrutturazione e, o, costruzione di nuovi stadi.
È altrettanto vero che il Football Trust ha messo a disposizione ingenti risorse per questa epocale opera che ha portato poi l'Inghilterra ad ospitare manifestazioni a livello mondiale.
Fu una politica intelligente, quindi, che ha fatto in modo che gli stadi inglesi tornassero ad essere polifunzionali e vivibili sette giorni su sette e che ha riportato le famiglie all'interno degli stadi. Le famiglie erano state espulse da quei luoghi a causa del contrasto tra forze dell'ordine da una parte ed hooligans dall'altra.
A loro è servito oltre un decennio per arrivare a questo risultato. Hanno dovuto affinare, in un percorso legislativo molto complesso, le norme che regolano le manifestazioni sportive che siano trattate come un evento particolare, quindi, con regole particolari.
Al divieto di possesso di sostanze alcoliche, previsto dallo Sporting Event Act del 1985, si è aggiunta, con il Public Order Act del 1986, una fattispecie molto importante, quella del comportamento turbativo della quiete pubblica. Viene punita la condotta, anche se l'effettiva violenza non si compie all'interno dello stadio, poiché è prodromica a disturbare l'ordine pubblico (una fattispecie non prevista nel nostro ordinamento e credo che mai lo sarà). Ciò dà l'idea di come, nel corso del tempo, abbiano dovuto modellare il loro sistema, fino ad addivenire al rafforzamento di tutte le fattispecie, come l'estensione alle 36 ore precedenti e antecedenti la manifestazione, previste nei diversi provvedimenti adottati per il mantenimento della sicurezza.
Il fatto che una sola delle violazioni previste dalla normativa speciale inglese possa portare all'esclusione dallo stadio, fa la differenza rispetto alla nostra normativa. In precedenza, un collega ha fatto riferimento al giudice che emette l'atto di esclusione dallo stadio. Sì, è vero. Ma è altrettanto vero che quest'atto di esclusione viene compiuto nelle ventiquattro ore successive alla manifestazione, che il fermo viene fatto immediatamente e che gli impianti inglesi sono dotati di celle di sicurezza. Nel momento in cui si entra nello stadio, sono affissi i cartelli con gli orari di convocazione del giorno successivo presso il tribunale.
Certo, per noi ciò rappresenta un miraggio, ove si consideri lo stato della giustizia nel nostro paese. Per questo motivo, siamo costretti ad inventarci strumenti impensabili, almeno lo erano alcuni anni fa, come la flagranza differita.
Tra i tre pilastri su cui si è fondata la rinascita del calcio inglese, che, molto spesso, viene preso ad esempio da tutti noi, vi è sicuramente quello concernente gli stadi nuovi. Per questo, abbiamo chiesto al presidente Folena di affrontare tale questione, a bocce ferme, e non attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, ma impiegando il tempo necessario e mettendoci l'attenzione indispensabile. Da qui, la proposta di legge della Lega Nord che Pag. 118vede come primo firmatario Giancarlo Giorgetti, che affronta tale problematica fondamentale. Infatti, è necessario ripartire dagli stadi.
È necessario, quindi, mettere in atto in breve tempo un piano di ammodernamento dei nostri impianti.
Il secondo pilastro, altrettanto importante, è costituito dalla gestione della sicurezza all'interno degli impianti affidata alle società di calcio. È necessario ed imprescindibile «smilitarizzare» i nostri stadi; è necessario ed imprescindibile far sì che le società, una volta entrate in possesso degli impianti, ne siano responsabili; è necessario far sì che le società siano responsabili, ovviamente, anche degli oneri per il mantenimento della sicurezza all'interno e all'esterno, in modo tale che non siano più scaricati sulla collettività costi impropri. In terzo luogo, occorre considerare che l'Inghilterra può contare su un sistema giudiziario diverso dal nostro, più efficiente e tempestivo.
Nella XIV legislatura, la Commissione cultura ha affrontato ed approfondito la questione disponendo un'indagine conoscitiva all'esito della quale è arrivata ad approvare, all'unanimità, un documento conclusivo che metteva in evidenza la necessità di procedere a riforme strutturali per arginare e prevenire la violenza. Purtroppo, nulla è stato fatto e nulla è cambiato nel mondo del calcio. Oggi, a pochi giorni dalla conclusione dell'ennesima indagine sulla sicurezza e sullo stato del calcio nel nostro paese, mi auguro che si abbia un segno di discontinuità con il passato e che, sulla base delle numerose dichiarazioni rese in quest'aula ed in Commissione e della volontà espressa da molti esponenti delle varie forze politiche, si riescano finalmente a creare le condizioni affinché gli stadi ritornino ad essere luoghi di civiltà e di cultura sportiva, luoghi in cui le famiglie possano entrare non in virtù di provvedimenti speciali, di decretazioni d'urgenza (come, purtroppo, sta avvenendo oggi), ma semplicemente per il piacere di condividere la gioia di uno sport unico. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Grazie a lei.
È iscritto a parlare il deputato Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, colleghi, in due miei precedenti interventi in quest'aula, il 26 maggio 2003 ed il 21 settembre 2005, avevo sottolineato con rammarico che era sbagliato legiferare sul tema della sicurezza e della violenza negli stadi solo in conseguenza di fatti gravissimi, in un clima di emergenza ed emotività, ed avevo evidenziato come, a settembre 2005, non fossero stati realizzati negli impianti i dispositivi previsti, parte entro il 1o agosto 2004 e parte entro il 25 febbraio 2005.
Il provvedimento in discussione, ovvero il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 8 dell'8 febbraio 2007, già applicato finalmente con serietà e rigore, è il risultato positivo, però, di una nuova ed ancor più grave emergenza, ovvero l'uccisione dell'ispettore Filippo Raciti, caduto nell'assolvimento del suo dovere e l'aggressione mortale, una settimana prima, ad un dirigente di una società dilettantistica su un campo di terza categoria, alle famiglie dei quali va il nostro cordoglio profondo.
La prima responsabilità, dunque, che ci deve coinvolgere tutti è che, rispetto alle nuove norme previste, non vi potranno più essere atteggiamenti di perdonismo, condiscendenza o addirittura di copertura. Da questo punto di vista, l'immagine dei tornelli installati a San Siro in meno di 48 ore, per permettere l'entrata allo stadio almeno agli abbonati, rivela chiaramente che non vi erano scuse all'applicazione immediata di norme previste dai decreti del 2003 e del 2005.
D'altra parte, come evidenziato ampiamente dalla stampa, il Parlamento, nel corso di una audizione svoltasi in sede di VII Commissione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul calcio professionistico, lo scorso 20 dicembre 2006 era stato avvisato della mancata applicazione del decreto Pisanu. Leggo alcuni stralci dei verbali da una articolo - mi dispiace che il collega Pescante si sia allontanato - che reca un titolo significativo: «È rimasto il centrosinistra Pag. 119a difendere il decreto Pisanu». In questi stralci si leggono le dichiarazioni di un responsabile della tifoseria: «Di frequente, poiché ci occupiamo anche della biglietteria, ci vengono chieste delle liste che poi vengono cambiate e la documentazione è relativa a persone che molto spesso non hanno i documenti oppure presentano la documentazione di una persona e poi allo stadio ne entra un'altra». E ancora: «Quando ci arrivano gli elenchi con nomi dichiaratamente inventati e sappiamo che all'interno dello stadio può succedere di tutto ci rendiamo conto che le norme introdotte non possono arrivare alla minima conclusione». Per questo motivo, in sede di Commissione, i deputati del gruppo de L'Ulivo sono stati disponibili ad un confronto nel merito per verificare e accogliere emendamenti che agevolassero l'iter del disegno di legge di conversione del decreto-legge, rinunciando deliberatamente a presentarne dei nostri, per il rischio, gravissimo, che la tempistica prevista per il ritorno del provvedimento al Senato portasse alla decadenza del medesimo. Vorremmo auspicare che questo senso di responsabilità sia assunto in questa Assemblea e in quella del Senato da ogni parlamentare. In gioco non vi è la simpatia o l'appoggio di questa o quest'altra tifoseria; vi è, invece, la credibilità della politica rispetto a fatti gravissimi e dello sport italiano - penso all'importanza della assegnazione all'Italia degli europei di calcio del 2012 - rispetto al contesto internazionale. Basterebbe leggere i dati di confronto degli incidenti avvenuti negli stadi di calcio professionistico italiani nel 2005-2006 e nel solo girone di andata di quest'anno: 59 sono stati gli incontri con feriti, a confronto dei 55 incontri nel solo girone di andata della stagione 2006-2007; vi sono stati 142 feriti tra le forze di polizia, a fronte di 202, 94 feriti civili a fronte di 65 e 96 persone arrestate a fronte di 108.
Vorrei anche rispondere a quella parte di opinione pubblica che ha interpretato gli emendamenti limitati che abbiamo condiviso nelle Commissioni II e VII in maniera pressoché unanime, grazie al ruolo fondamentale di mediazione dei relatori Pisicchio e Folena, come un abbassamento della guardia rispetto alla severità e all'urgenza del provvedimento. Non si tratta solo di rassicurare. Condividiamo l'affermazione che i colleghi del Senato hanno svolto un ottimo lavoro, ampiamente condiviso, ma erano necessarie alcune precisazioni e alcune opportune riformulazioni. L'intervista rilasciata questa mattina dal ministro Melandri al più diffuso quotidiano sportivo chiarisce con puntualità i motivi che hanno condotto Governo e Commissioni di riferimento ad adottare modifiche unanimi. Proprio questa condivisione non permetterà, come è accaduto per il decreto Pisanu, che lobby trasversali cerchino di smantellare quello che è stato costruito faticosamente. D'altra parte, il decreto-legge ha già dimostrato la sua efficacia. Ad oggi, rispetto al panorama desolante della situazione degli stadi italiani successivamente alla tragedia di Catania, solamente lo stadio etneo e quello di Brescia risultano ancora chiusi al pubblico. Di questo positivo obiettivo raggiunto dobbiamo onestamente ringraziare la Lega calcio e riconoscerne il lavoro svolto sulle società professionistiche. Inoltre, questo decreto-legge non dimentica, all'articolo 11-bis, iniziative per promuovere i valori dello sport e, all'articolo 11-ter, più volte richiamato nei precedenti interventi, la necessità per il calcio italiano di un cambiamento di cultura. Mi riferisco alla violenza verbale e, soprattutto, mediatica, e desidero in questa sede ricordare, con rimpianto e riconoscenza, una voce moderata e di grande saggezza come quella di Giorgio Tosatti, recentemente scomparso, lontana dall'esasperazione di rincorrere maggiore audience con trasmissioni urlate che infangano l'idea di lealtà e correttezza nello sport e che elevano il sospetto a giudice.
Se l'obiettivo del legislatore fosse innanzitutto quello di formare gli atleti prima che i tifosi, di condannare esplicitamente e con forza ogni forma di violenza nello sport, di far crescere una cultura dove la sconfitta è una realtà da accettare, senza per forza trovare colpevoli certi, Pag. 120dopo infinite e sfinite trasmissioni, moviole e ingiustizie arbitrali, forse la violenza nel calcio sarebbe un fenomeno più limitato.
Questo passaggio ci permette di fare chiarezza, dichiarando apertamente che gran parte dei tifosi appassionati che frequentano le curve non ha nulla a che fare con piccole organizzate frange di facinorosi che non meritano l'appellativo di tifosi. Tale distinzione deve essere netta, con la ferma condanna di ogni forma di violenza, che non può in alcun caso essere giustificata. Infatti, di fronte a vere e proprie aggressioni e violenze brutali, che nulla possono avere a che spartire con il tifo organizzato, ad azioni, simboli, scritte e linguaggi che segnalano riferimenti ad estremismi politici ed offendono la civiltà e la cultura di tutto il paese, non vi possono essere clemenza, tolleranza o tatticismi, comunque inaccettabili. Anzi sarebbe opportuno che tutti i partiti presenti in questo Parlamento prendessero le distanze da episodi e simboli che comunque vogliono evidenziare una provocazione politica.
In conclusione, esprimo due considerazioni ed un auspicio. Il calcio in Italia - lo ricordava prima il relatore Folena - è sicuramente il fattore socializzante maggiore per tanti giovani adolescenti, che troviamo non solo allo stadio, ma a scuola, sul lavoro e nella società. L'obiettivo di questa legge non è solo punitivo, ma quello di rendere questa partecipazione sempre più educativa. Allora, il compito non sarà solo del mondo dello sport, ma della politica, della scuola, della famiglia e degli enti locali.
Una seconda considerazione: il calcio professionistico in Italia è probabilmente il più grande business, ma lo dico anche in senso positivo, dal momento che economisti molto abili hanno dichiarato che il titolo di «campioni del mondo» è servito in maniera autorevole anche per il rilancio dell'economia italiana.
Ebbene, penso che in questi mesi abbiamo avuto due immagini del calcio in questo paese. Dobbiamo lavare, dobbiamo eliminare quella di Catania del 2 febbraio 2007 e dobbiamo riproporre quella esaltante per tutti noi di Berlino del 9 luglio 2006.
L'auspicio è quello che ci deve accomunare tutti: dopo una seconda Commissione fruttuosa nella collaborazione e nel lavoro di indagine sul calcio professionistico, dobbiamo essere tutti consapevoli e responsabilizzati nello scrivere, in modo globale ed organico, una legge sullo sport professionistico in Italia, lontana, una volta tanto, non solo dall'emergenza e dall'emotività, ma soprattutto da nuovi episodi di violenza e di delinquenza (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, data l'ora, cercherò di essere telegrafico, perché dilungarmi a questo punto significherebbe essere fosse offensivo della sensibilità dei pochi colleghi che sono presenti e, in particolare, del Presidente della Camera, del rappresentante del Governo e dei presidenti delle Commissioni giustizia e cultura.
Parlerò, dunque, per sintesi, rimandando eventualmente l'approfondimento dei concetti che vorrei esprimere alla dichiarazione di voto.
Innanzitutto, la violenza nello sport, signor Presidente, autorevole esponente del Governo, è circoscrivibile esclusivamente al sistema del calcio.
Il basket si svolge in palazzi dello sport senza barriera e nel basket si vince o si perde soltanto per un punto, all'ultimo secondo; eppure non c'è mai stata una manifestazione di violenza all'interno di un palazzo dello sport. Nel rugby, che è uno sport più violento del calcio, si vince e si perde per un punto e alla fine le due squadre si danno la mano e il pubblico applaude la squadra che vince. Parlo di sport di squadra. Soltanto nel calcio si verificano episodi di violenza e non solo questi ultimi, che ci hanno drammaticamente colpito: l'assassinio di Filippo Raciti, Pag. 121nello spazio prospiciente lo stadio Massimino di Catania, anticipato - non l'avete ricordato e non è bello - dall'omicidio di un povero dirigente di una squadra di terza categoria, in un campetto di terra battuta, come si è intravisto per televisione, della provincia di Cosenza.
Poco dopo la decisione del commissario Pancalli di sospendere le partite di calcio, la domenica successiva, in omaggio alla morte di Raciti e di Licursi, si è dato il permesso di svolgere il torneo giovanile di Viareggio. Ebbene, a Viareggio è successo che una squadra argentina, alla luce di un presunto torto arbitrale, si è messa a rincorrere l'arbitro per prenderlo a botte e a calci. Ciò vuol dire che il mondo del calcio è malato non soltanto a livello professionistico, ma in tutte le sue articolazioni, perché si è fatto del calcio un feticcio e perché del calcio si parla ormai nelle radio, nelle televisioni, in un insieme di esercitazioni, di elucubrazioni giornalistico-sportive, diciamo così, ventiquattr'ore al giorno. È diventato cioè un fenomeno estremamente esaltato, rischiando in tal modo di degenerare in atteggiamenti di eccessiva tensione e di violenza.
In secondo luogo, si interviene con questo decreto-legge alla luce di questi avvenimenti di violenza e per la prima volta facciamo una legislazione speciale per gli stadi. Vorrei che fosse ben chiaro che la legislazione speciale l'abbiamo introdotta in Italia sulla mafia e sul terrorismo. La introduciamo adesso per ciò che riguarda gli atteggiamenti del pubblico negli stadi e nelle zone limitrofe agli stadi. Io, da garantista, ho sempre diffidato delle legislazioni speciali. Sono profondamente ancorato ad un'idea della difesa del diritto dei cittadini. Purtuttavia, guardo con un certo interesse a quei modelli, come quello inglese, che hanno permesso di sconfiggere la violenza negli stadi, partendo da un quantum di violenza non certamente inferiore a quella italiana. Ricordiamoci del fenomeno degli hooligan e di quello che essi combinarono nel 1985 nella partita di finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles e ancor prima in uno stadio inglese, dove vi furono, come ha ricordato prima il collega della Lega, diverse decine di morti.
Guardo ad un modello che ha permesso di sconfiggere la violenza negli stadi e di ripopolare gli stadi di pubblico, di giovani e di famiglie. Nello stesso tempo, mi chiedo fino a che punto riusciremo a garantire diritti elementari con una legislazione appositamente studiata e da applicare negli stadi italiani. Dobbiamo conciliare bene le due cose, anche perché il modello inglese, signor rappresentante del Governo, è certamente repressivo. Quando si parla di garantismo - io sono garantista - non significa che, se vediamo una persona dirigere un razzo contro un calciatore, non lo dobbiamo arrestare. Garantismo significa applicare le leggi in modo tale da non mettere mai in discussione la presunzione di innocenza, se questa presunzione ha spazio.
Il modello inglese è certamente anche repressivo, ma avere un magistrato che fino a mezzanotte resta attivo nella città dove si svolge una competizione calcistica è certamente una garanzia che un processo si fa e che a breve un imputato può subire una sentenza di condanna o di assoluzione: cosa che in Italia non esiste.
Inoltre, il modello inglese è anche un modello disincentivante: ricordiamoci che in Inghilterra sono state abbattute tutte le barriere negli stadi. Non ci sono più le separazioni tra i tifosi di una e dell'altra squadra; inoltre, non ci sono le separazioni tra la tribuna d'onore e la tribuna laterale, tra le curve e le tribune.
Gli spettatori sono comodamente seduti, anche perché gli steward si occupano della disposizione del pubblico e devono controllare la corrispondenza tra il biglietto nominativo ed il posto occupato.
Se voi fate questa operazione, giusta, dei biglietti nominativi, peraltro introdotta a partire dai decreti 2003 e 2005 di Pisanu all'interno degli stadi italiani, dovete prevederla soprattutto per le curve; se lo fate solo per le tribune e per i posti che saranno occupati da persone che non sono certamente personaggi pericolosi, è un'operazione che non serve a nulla. Tuttavia, per applicare la misura del decreto Pag. 122sui biglietti nominativi delle curve occorre una sorveglianza, un controllo o da parte delle forze dell'ordine, che non vogliono entrare nelle curve dove ci sono gli ultrà per paura, o da parte degli steward.
Dobbiamo introdurre questa nuova figura degli steward e capire la sua natura, vale a dire se si tratta di un funzionario di pubblica sicurezza o semplicemente di una maschera, come quella dei teatri, all'interno dei stadi. Se è soltanto una maschera, faccio tanti auguri agli steward che si recheranno nelle curve per mettere a sedere i nostri ultrà, disponendoli a seconda dei numeri risultanti nel biglietto nominativo.
Quindi, occorre un'ulteriore attenzione da parte delle autorità che devono vigilare, perché le norme vengano concretamente applicate.
Vorrei esprimere due ultime considerazioni: bisogna sapere cosa fare con gli stadi non a norma. Si dice che il decreto-legge viene applicato agli stadi superiori ai 7.500 posti. Si riduce la capienza minima richiesta prima dall'applicazione del decreto Pisanu (da 10.000 a 7.500).
Vi sono due possibilità: uno stadio da 7.500 posti, che risulta a norma, può contenere questo numero di persone. Uno stadio da 30.000 posti, non a norma, non può contenere neppure 7.500 persone. Non mi sembra logico, per cui avevo introdotto l'eventuale possibilità di modificazione del decreto, prevedendo che gli stadi superiori ai 7.500 posti non a norma vengano derubricati ad impianti inferiori a 7.500 posti.
Certamente, qualcuno potrà obiettare che, ormai, quasi tutti gli stadi stanno per essere messi a norma, quelli che non lo sono già. Ma vi sbagliate completamente, perché gli stadi di serie C1 e C2, costruiti quando le squadre di quelle città erano in serie A o in serie B, non sono affatto a norma e, dal prossimo campionato, voglio vedere che fine faranno quelli che non saranno messi a norma con i tornelli e con tutte le disposizioni previste dal decreto Pisanu e ribadite dal vostro decreto-legge!
Una terza ed ultima annotazione riguarda i biglietti per le squadre ospiti. Leggevo sulla Gazzetta dello sport proprio ieri la difficoltà nella quale si è trovata la questura di Milano, a fronte della invasione di 3 mila tifosi atalantini per la partita Milan-Atalanta che si è svolta allo stadio di San Siro.
Prima si sapeva esattamente quanta gente sarebbe arrivata da fuori, perché i biglietti venivano inviati alle società ospitate, le quali segnalavano alla questura della città quanti tifosi ospiti sarebbero arrivati. Si sapeva con che mezzi sarebbero arrivati, come si doveva affrontarli, scortarli e quali posti dovevano essere attribuiti loro.
Con questo decreto-legge, con il quale vengono praticamente aboliti i pacchetti di biglietti inviati alle società ospiti, le questure non sanno quanti tifosi sopraggiungeranno, in che modalità, e si trovano in forte difficoltà. Pertanto, verificate bene se questa è veramente la misura più idonea per bloccare le trasferte, perché se vogliamo raggiungere tale intento, bisogna abolire i posti per i tifosi ospiti e, conseguentemente, la vendita di biglietti di quei posti ai tifosi ospiti.
In questo modo, non si aboliscono né i biglietti ai tifosi ospiti né si abolisce la possibilità che questi arrivino anche in massa per comprarli direttamente allo stadio o in mattinata o il giorno prima nelle rivendite autorizzate, ed è un problema!
Noi voteremo ad ogni modo a favore di questo provvedimento, perché lo riteniamo una risposta importante e positiva, a fronte di una situazione drammatica come quella che si è creata negli stadi italiani (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, logicamente, vista anche l'ora, non ripeterò i vari richiami ai principi di legalità e di responsabilità, già espressi dal collega Caparini nel suo esaustivo intervento. Permettetemi tuttavia alcune considerazioni, utili a portare un contributo al dibattito, visto che un po' tutti i colleghi intervenuti Pag. 123fino ad ora - e un po' anche la stampa e l'opinione pubblica - hanno parlato del modello rappresentato dal sistema inglese. Mi riferisco a quel sistema che ha permesso in pochi anni di trasformare il calcio inglese da regno degli hooligans in un divertimento a misura di famiglie e di giovani e di sposare un principio fondato sulla sportività e sul sano tifo.
In ogni caso, vi è un problema di fondo a carattere culturale: a mio avviso, poche persone conoscono effettivamente i principi cardine di questo famigerato sistema inglese. Comunque, penso che più o meno tutti possano comprendere che nel nostro paese non vi sarebbe bisogno di applicare leggi speciali o decretazioni d'urgenza se la magistratura funzionasse, se le leggi che puniscono comportamenti devianti, violenti venissero effettivamente applicate nei confronti dei delinquenti.
Quindi, bisogna partire anche da questo tipo di ragionamento, anche se, purtroppo, siamo nuovamente costretti - come diceva prima il collega Caparini - a riproporre misure molto drastiche, urgenti, speciali; in ogni caso, riteniamo che debbano fare un passo avanti anche coloro i quali sono deputati a far rispettare la legge. Altrimenti, potremmo prevedere anche pene vicine all'ergastolo, ma se queste ultime non venissero comminate a causa delle lungaggini burocratiche della magistratura il deterrente verrebbe completamente smontato.
Il presidente Folena ha riconosciuto che vi è stato un accordo a 360 gradi che ha coinvolto anche il gruppo della Lega Nord, che ha profuso i suoi sforzi per definire soluzioni pratiche, più che drastiche.
Abbiamo cercato di introdurre i principi del cosiddetto modello inglese, cercando, allo stesso tempo, di crearne uno italiano: ciò, perché bisogna smetterla di mutuare sempre esperienze dall'estero.
Quindi, il contributo tecnico della Lega Nord, che mi premeva sottolineare nella fase della discussione sulle linee generali, è legato alla figura degli steward, che tutti indicano come una seria soluzione per ciò che concerne il controllo preventivo di accesso agli stadi; ad ogni modo, questo decreto-legge manca di alcune basilari puntualizzazioni. Certo, l'articolo 2-ter, introdotto grazie alle sollecitazioni della Lega Nord, ci lascia ben sperare circa un riconoscimento della figura degli steward, che dovrebbero svolgere un serio servizio di sicurezza ausiliaria. Quindi, noi confidiamo molto sul fatto che l'articolo 2-ter, introdotto al Senato, sia in grado di creare delle figure professionalmente valide e moralmente serie ed ineccepibili. Tra l'altro, le società, per ottemperare all'obbligo di svolgere questo servizio di sicurezza ausiliaria, non debbono appoggiarsi a personaggi di dubbia moralità o di dubbia legalità.
Vedete, richiamandomi al modello inglese, ricordo che esiste la figura dello steward prevista per legge: deve avere una formazione professionale, dei requisiti morali e dei compiti ben specifici. Essi non si sovrappongono e non tolgono alcun tipo di competenza alle forze dell'ordine, ma li vanno a coadiuvare. Sanno che possono intervenire sino ad un certo punto, non sono sicuramente armati, ma svolgono il ruolo primario di prevenzione e in qualche modo riescono a fermare principi di risse o tafferugli. Svolgono dei controlli seri, fanno da filtri, che non sono rappresentati solo dai tornelli, ma anche dalla valutazione che queste persone possono dare a chi entra negli stadi o meno, ma per fare ciò, a nostro avviso è necessario che successivamente all'emanazione di questo decreto vi sia un'attenzione alle trasformazioni della società.
A questo punto, è necessario modificare parte del Testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza e dare a queste persone dei compiti ben specifici e, soprattutto, ben conoscendo, Presidente, la sua attenzione per i diritti del mondo del lavoro, riconoscere anche professionalmente queste figure, perché al momento non esistono nell'ordinamento italiano. Abbiamo le forze dell'ordine e le agenzie di vigilanza private. Le stesse figure esistono anche nel cosiddetto modello inglese, ma nel modello inglese esiste anche la figura del servizio di sicurezza ausiliaria.Pag. 124
Per poter rendere efficace questo decreto-legge è necessario compiere un ulteriore passo in avanti.
Concludo, invitando il rappresentante del Governo, gli esponenti della maggioranza ed il presidente della Commissione a valutare anche la possibilità di inserire in questo decreto un'estensione dell'articolo 7, in modo da rendere efficace la funzione di questo steward. Deve essere chiaro che chi commette un reato nei confronti di queste persone è come se lo commettesse nei confronti di un agente delle forze di polizia, perché altrimenti anche in questo caso il deterrente viene lentamente a scemare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.
PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Scotti, vorrei segnalare due dati positivi. In primo luogo, è giunto un testo non facile e non perfetto, per usare un eufemismo, e ci siamo trovati di fronte ad un interrogativo che lei, Presidente, sa bene essersi presentato molte altre volte. Giunge dal Senato un decreto-legge votato magari all'ultimo momento, che presenta, almeno ad avviso delle Commissioni e dell'Assemblea, delle falle che devono essere sanate in qualche modo, ma non si riesce a farlo perché i tempi sono strettissimi e la diversità della composizione in termini numerici della maggioranza di Camera e Senato spesso «consigliano» di non rimandare al Senato la legge. È un problema serio che si è presentato più volte. Questa volta credo che la Camera abbia fatto bene a prendere in mano la situazione e a decidere di correggere alcuni punti lasciando al Senato la decisione di far decadere o meno il decreto-legge, visto che in passato lo abbiamo dovuto fare sempre noi.
Infatti, siamo stati noi in qualche modo a dover subire. A mio avviso si tratta di un primo dato positivo da non sottovalutare. L'aver ristabilito, almeno su questa materia, il bicameralismo non è un aspetto di poco conto. Si tratta di un esempio.
In secondo luogo, un altro dato positivo è come si è arrivati a questa decisione e come alla fine si sono comportati i gruppi politici. Proprio perché vi era questa necessità e nessuno voleva che, qualora il provvedimento fosse tornato al Senato, non vi fossero i tempi necessari per approvarlo, tutti i gruppi hanno fatto passi indietro rispetto alle loro tesi iniziali. Il testo scaturito da tale atteggiamento non è bellissimo, perché poteva essere molto migliore, con maggiore riflessione ed articolazione e con l'inserimento di alcune linee che avrebbero completato un quadro essenzialmente repressivo. Tutti abbiamo compiuto quindi un passo indietro e si è arrivati all'approvazione di un testo non straordinario, ma che comunque affronta quella situazione di emergenza che ha portato all'emanazione di questo decreto.
Se tuttavia ci fermassimo a questo provvedimento senza proseguire oltre, a mio avviso non avremmo realizzato nulla. In proposito vorrei fare alcuni esempi. Nel decreto è previsto un determinato trattamento nei confronti dei tifosi che, in occasione di partite di calcio, commettono determinati atti nello stadio o nelle sue immediate vicinanze nelle ventiquattro ore precedenti o successive all'evento sportivo. Tuttavia, il problema non è questo, perché esso consiste nel rapporto tra alcuni settori, per fortuna marginali, della tifoseria ultrà e le società. Esso consiste nel ruolo che svolgono queste frange ultrà quando stabiliscono rapporti che sanno molto di ricatto (ed uso il termine vero, anche se crudo) nei confronti della società, e non solo per procurarsi i biglietti o per operazioni di merchandising. Prima qualcuno ha parlato di società quotate in borsa. Non far giocare un certo giocatore o attaccare l'allenatore sono comportamenti che possono far oscillare il titolo. Esiste un problema che riguarda la finanza che ruota intorno al calcio. Se è vero - come è vero - che esistono gruppi i quali cercano di influenzare i comportamenti della società, essi non si fermeranno nelle zone limitrofe. Tuttavia, è già qualcosa aver previsto Pag. 125un intervento straordinario vicino allo stadio e nelle ore immediatamente precedenti o seguenti l'evento sportivo.
Ma non ci possiamo fermare qui e credo che il rappresentante della Lega Nord abbia colto un punto essenziale. Si deve proseguire sulla strada della regolamentazione all'interno dello stadio, tuttavia ciò presuppone che si chiarisca definitivamente il problema della proprietà degli impianti. Devono rimanere in mano pubblica? Devono appartenere ai comuni? Bisogna far intervenire le società e vendere loro gli stadi? Bisogna costruire stadi nuovi perché molti di essi sono vecchi e difficilmente ristrutturabili secondo l'ottica della prevenzione?
C'è bisogno di una legislazione complessiva intorno al fenomeno. Il calcio ha questa straordinaria caratteristica, oltre al fatto che è lo sport più praticato e seguito in Italia: è un grande business. Infatti, attorno ad esso girano miliardi. Ho fatto l'esempio dei giocatori, la cui quotazione sale più o meno a seconda di come ne viene iscritta la quotazione a bilancio.
Allora, non si può pensare che tutto questo venga risolto da una legislazione speciale che affronta un aspetto, cioè quello della violenza in un determinato luogo e in determinate circostanze. Noi abbiamo bisogno - e concludo - di una legislazione complessiva che affronti il fenomeno sotto l'aspetto penalistico, repressivo e preventivo, ma anche di regole diverse. Vogliamo che queste società continuino ad essere quotate in borsa? Possiamo arrivare a concludere che vada bene così, ma poi non possiamo lasciare che tutto ciò che ruota attorno all'azienda calcio sia il frutto dell'attività di pochi che magari si travestono da tifosi ultrà e condizionano sia l'andamento della società, sia la partecipazione popolare nei confronti dello sport più bello cui si può assistere negli stadi.
Dopo questo intervento sull'onda dell'emergenza, dobbiamo riprendere tutta la discussione e ripartire da un discorso che parta da premesse culturali, così come accennavamo anche nelle Commissioni. Ci dobbiamo chiedere che cosa debba essere questo sport e come possa vivere insieme alla società, mediante una nuova regolamentazione (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, l'argomento è delicatissimo perché, quando si parla di sicurezza, si chiama direttamente in causa un diritto fondamentale dei cittadini e un dovere precipuo dello Stato. C'è voluto il morto, come nella meno nobile tradizione italiana, per aprire gli occhi e chiudere gli stadi. Episodi di violenza reiterati, consumati ad ogni latitudine del nostro paese sono stati per decenni trascurati e certamente ridimensionati se la violenza viene considerata come un fatto fisiologico, come una valvola di sfogo di una società che regala ogni giorno frustrazioni, e se inoltre si considera il tifo degli ultrà una componente della carovana corrotta del calcio. È difficile ergersi a maestri di vita e salire in cattedra quando chi dovrebbe dare l'esempio dà di matto in campo o crede di poterlo governare con un cellulare, nel senso del telefonino.
Bisogna dire che questioni di natura sociologica si incrociano con problemi di sicurezza, di strutture inadeguate e di stadi fatiscenti. Si è passati dal «torello» - consentitemi la battuta -, quel gioco che i calciatori fanno in allenamento, al «tornello», nelle recenti domeniche divenuto uno spartiacque tra gli stadi vuoti e gli spalti gremiti. Non si poteva fare prima? Perché non si sono dotati stadi come il Meazza di Milano di misure che poi sono state improvvisate in qualche ora?
La verità è che le società preferiscono spendere decine di milioni di euro per calciatori «strombazzati» e mediocri, piuttosto che investire sulle infrastrutture, nonché su quell'operazione «stadi sicuri» che il CONI avrebbe dovuto imporre alla Federcalcio quale condizione per dare il via libera ai campionati.Pag. 126
Quale rimedio, allora, oltre al giro di vite del Viminale, con i prefetti chiamati a fare da gendarmi sul territorio? Stiamo attenti a non lasciarci infatuare dai modelli anglosassoni o dalle tribune d'onore spagnole, dove i presidenti delle squadre di calcio si siedono accanto per vedere la partita ma poi, in campo, se le danno di santa ragione, con scene, come quelle viste a Valencia, che ricordano più il toro nell'arena!
C'è davvero una cultura dello sport diversa in Inghilterra, come più volte ricordato da numerosi interventi. Non dimentichiamo, tuttavia, che fino a qualche anno fa gli hooligan hanno imperversato e seminato vandalismi e violenze in tutta Europa. È mai possibile che dobbiamo sempre copiare gli esempi stranieri? Si potrebbe adottare il modello tedesco per la legge elettorale, quello inglese per il calcio e, magari, quello olandese per i quartieri «a luci rosse»!
Io sostengo che ci debba essere una «via italiana», come ha detto bene in precedenza l'onorevole Pini, che tenga conto di ciò che è storicamente il calcio nel nostro paese, di quale animosità siano armate le tifoserie e di quali colossali cifre circolino nel paradiso artificiale di uno sport palesemente drogato!
Occorre intervenire sull'educazione scolastica primaria, nonché sul comportamento dei calciatori in campo, i quali istigano alla violenza i tifosi non accettando mai il giudizio ed il fischio dell'arbitro e dimostrandosi arroganti e fragili! Non si può reprimere senza educare, anche se è chiaro che, verso chi calpesta le regole, bisogna essere severi e tempestivi, senza indulgere in facili «buonismi»!
Il gioco del calcio è un bellissimo romanzo popolare, con il finale mai scontato; ma ci sono troppe pagine scure, per cui a molti - io sono tra quelli - viene voglia di chiudere il libro e di buttarlo! Ritengo, allora, che si debbano mettere letteralmente in campo investimenti per le strutture sportive, a partire dalle serie minori. Occorre investire, inoltre, nelle forze dell'ordine, nei giovani e negli educatori, al fine di costruire un futuro nel quale il viaggio allo stadio non sia un'avventura, magari senza ritorno!
Concludendo, vorrei ricordare ciò che è capitato a Filippo Raciti, il quale ha pagato con la propria vita il senso del servizio allo Stato ed ha lasciato due piccoli figli ai quali nessuno - sottolineo: nessuno! - saprà mai spiegare come il padre sia stato ucciso in un giorno nel quale, in Italia, si celebra la più diffusa ed amata festa popolare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, il provvedimento in esame impone sicuramente una riflessione critica, né può essere diversamente considerando che lo stesso trova la sua fonte in un fatto di sangue da molti ricordato. È il fatto di sangue per eccellenza, poiché si tratta della cancellazione volontaria della vita umana a danno di un servitore dello Stato, che prima di essere tale era, come già rammentato, sia un lavoratore nell'esercizio delle sue funzioni, sia un padre di famiglia.
Ancora, era un servitore dello Stato della specie appartenente alle cosiddette Forze dell'ordine, cioè a coloro che mettono in discussione più di altri la propria incolumità fisica a vantaggio di una condizione di sicurezza generale, che si esplica nei confronti dell'intera comunità statuale. È chiaro, allora, che la risposta dello Stato non poteva che essere quella che noi oggi andiamo a proporre: una risposta forte, che nel limite del possibile usa ,alcuni degli istituti già compresi nel codice penale (mi riferisco alle misure di sicurezza), ne introduce di nuovi (penso alla flagranza differita) e, addirittura, si avventura nel discusso e difficilissimo campo del reato di opinione. Si tratta di misure forti, che girano intorno al concetto e all'istituto della pena.
Penso che sia utile alla riflessione generale riportare il concetto di un grande Pag. 127maestro del diritto penale, Antolisei, il quale, descrivendo la pena, stabiliva che la stessa ha una funzione di prevenzione generale, perché esercita una minaccia nei confronti dei consociati, ma anche di repressione speciale, perché viene comminata al singolo che viola l'ordinamento giuridico penale. Oggi ci troviamo quindi dinanzi ad una situazione difficile e ad un testo che ne è la logica conseguenza.
È chiaro, la legislazione d'urgenza nasce da un'onda emotiva che, nelle diverse esplicazioni di sensibilità, trova ovviamente consonanze diverse e che inevitabilmente genera un flusso. Si può fare probabilmente un paragone con la legislazione antimafia, che su molti punti mostra i limiti dell'onda emotiva e nel tempo, man mano che l'onda emotiva si calma e che si sviluppano meglio discorsi ed analisi più particolareggiate, i limiti del reflusso.
Allora, non accetto che nel terzo millennio si debba pensare ad un gioco, ad uno sport - seppur nelle sue notevolissime sfaccettature finanziare, societarie, di rilievo sociale, coinvolgendo tante persone e quant'altro - come ad un fenomeno che attiene all'ordine pubblico, che ci costringe a misure di prevenzione di una tale rilevanza da sfiorare molto spesso lo Stato di polizia.
Ho sentito parlare tanto dell'ordinamento e delle misure anglosassoni, ma non so quanto possa considerarsi un fatto positivo arrivare allo stadio con una banca dati di impronte digitali, perché siamo quasi arrivati a ciò. La decretazione d'urgenza nasce in definitiva su un'onda emotiva, che rende ancora più difficili queste considerazioni.
Credo che non potessimo fare altro che recepire, comunque, una forma di risposta che lo Stato repubblicano non può permettersi di non dare. Credo anche che sia nostro dovere e nostra coscienza intavolare quanto prima una riflessione più ampia, che dia vita ad una legge organica che parta da un'analisi più compiuta dei personaggi, degli attori, degli elementi costitutivi della problematica al nostro esame.
Da un lato bisognerà porsi il problema degli stadi, inteso come fenomeno da privatizzare in gestione diretta con i connessi obblighi di custodia e garanzia a favore delle società, che sono quotate in borsa e che hanno ormai una gestione tutta finanziaria; dall'altro, bisognerà anche seguire un approccio diverso e sotto questo profilo taluni elementi sono già contenuti nella decretazione d'urgenza, ad esempio il biglietto gratuito per i minori di quattordici anni. Occorre indubbiamente una riflessione sul punto delle tifoserie. In buona sostanza, si tratta di varare una legge organica che ricomprenda gli elementi base e che, in ipotesi, sappia mutuare dal mondo anglosassone un concetto, che sembra stia trovando spazio all'interno delle commissioni di riforma del codice penale e del codice di procedura penale ovvero quello delle sanzioni prescrittive, vale a dire di quelle sanzioni, che, basandosi su istituti quali l'affidamento in prova ovvero su misure alternative alla detenzione, puntino ad una rieducazione civica e ad un recupero: non ad una resa dello Stato, cioè di tutti noi, dinanzi alla violazione la legge ma alla coscienza di non dover abbandonare la persona che viola la legge, nella consapevolezza che errare è umano e che l'errore può essere recuperato in un percorso dialettico, che tenga per l'appunto conto di tutti gli elementi in campo.
Voglio concludere questo mio breve intervento in tema di sport ricordando a tutti noi che pochi anni fa, negli Stati Uniti - che pure sono un grande paese - si è sospesa la celebrazione di un intero campionato di baseball perché evidentemente gli elementi in gioco erano tali da non essere più compatibili con un ordinamento giuridico ovvero da non essere più compatibili con elementi di civiltà, di rispetto, di dignità della persone intesi nel senso comune di tali termini.
Ciò deve farci riflettere e deve infonderci una consapevolezza; noi discutiamo di un fenomeno complesso che necessita di una legiferazione complessa, ma si tratta pur tuttavia di un fenomeno attinente allo sport, al divertimento, a funzioni di ricreazione e di svago. Queste mai e poi mai, Pag. 128dal mio modesto punto di vista, potrebbero addirittura essere qualificate come problematiche di ordine pubblico, di ribellione sociale o, addirittura, di eversione. Ciò sarebbe un fallimento, non solo nostro; lo consegneremmo infatti ai posteri, ai quali è invece nostro dovere dare una speranza in più.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Guadagno. Ne ha facoltà.
WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, colleghi deputati rimasti e resistenti, considerata l'ora, sottosegretario Scotti, non si può nascondere il clima di violenza e di odio diventato insopportabile negli stadi: insulti, atti di ostilità, scontri fisici tra diverse tifoserie, tra tifoserie e Forze dell'ordine e anche, per la verità, tra giocatori, allenatori, accompagnatori; ma penso anche alla violenza dallo stadio allo studio (quello televisivo).
Ha fatto orrore il caso dell'omicidio dell'ispettore capo Filippo Raciti, ucciso il 2 febbraio scorso a Catania; ma non dimentichiamo, e non vogliamo dimenticarlo, il dirigente della San Martinese, Ermanno Licursi, morto dopo una rissa scoppiata alla fine di una partita del campionato di terza categoria a Luzzi, in provincia di Cosenza. E non dimentichiamo neanche altre vittime, i ventuno morti ultrà in Italia dal 1962 ad oggi: i morti non sono mai parte del sistema.
Questo disegno di legge - che, come si è detto, grazie al lavoro bipartisan svolto in sede di Commissioni, è stato modificato e temperato rispetto al carattere iniziale che aveva al Senato, eccessivamente repressivo - è sicuramente severo, molto rigido e risente dell'onda emotiva dei gravi fatti accaduti (e bisogna sempre fare attenzione a non farsi mai travolgere dalle onde).
Tra le conseguenze negative di questa atmosfera di violenza negli stadi, vi è la disaffezione del pubblico; è una disaffezione dovuta anche alle vicende di tangentopoli, al calcio come business, alla corruzione, al virus del sospetto, all'incertezza del risultato sportivo: il calcio dovrebbe essere spettacolarità ma, quando intervengono accordi segreti, esso ne viene distrutto. Nel 2006 il pubblico del teatro, e dello spettacolo in generale, ha superato quello dei campi sportivi e bisogna gioire sempre dell'aumento di pubblico, mai del contrario. Non basta dire che ciò è stata causato dalla trasmissione in televisione delle partite, perché anche lo spettacolo si può vedere in televisione, eppure in quest'ultimo caso, come ho detto, sono aumentati gli spettatori a teatro. Dobbiamo creare un'atmosfera più tranquilla per chi vuole andare allo stadio, certo non pretendendo l'aplomb di chi va a teatro, dove è maleducazione far suonare il cellulare o parlare mentre si ascolta una rappresentazione; non certo il certo silenzio chiediamo, ma un luogo più sicuro, non solo da un punto di vista di ordine pubblico, ma anche di sicurezza degli stadi, di stadi a norma, riscaldati, illuminati e non fatiscenti.
Le società calcistiche devono sapere che spendere qualche soldo in più per la manutenzione degli stadi e un po' meno nel calciomercato è un investimento per l'affezione allo sport e i club hanno l'obbligo di investire una percentuale dei diritti televisivi anche per queste risorse.
Si parla spesso di «modello inglese». Non bisogna dimenticare che il tanto celebrato «metodo inglese» deriva non solo dalla violenza, ma dall'insicurezza degli stadi: insufficienti vie di uscita per la folla hanno prodotto, nel 1989, la tragedia a Sheffield (96 persone calpestate a morte nella calca all'interno dello stadio).
Nella tragedia - che è stata anche ricordata - allo stadio Heysel, in Belgio, nel 1985, durante lo scontro tra i tifosi del Liverpool e della Juventus, fu il crollo di un muro di sostegno a causare la morte di trentanove persone. Le società calcistiche furono obbligate a modernizzare con impianti sportivi, Manchester insegna: oggi a Manchester non ci sono muri divisori, ma solo pochi steward a dividere le tifoserie.
Per quanto riguarda i tornelli si è parlato, in precedenza, di «ravvedimenti» da parte di questa nuova legislatura rispetto Pag. 129alla normativa Pisanu. Debbo dire che si è «ravveduto» anche l'ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che soltanto poco tempo fa, il 10 febbraio 2007, si era invece molto arrabbiato contro la stessa applicazione della normativa Pisanu, perché lo stadio San Siro era stato definito fuori norma secondo le stesse disposizioni del cosiddetto decreto Pisanu e, quindi, si è dovuto giocare a porte chiuse in tale stadio.
Devono essere tornelli ovviamente moderni ai quali non vi è bisogno di fare lunghe file, con un lettore magnetico per la lettura di tessere e biglietti, come si fa in occasione delle grandi mostre e di biglietti nominativi con il controllo della carta di identità, come si fa per imbarcarsi all'aeroporto, con steward come maschere di teatro, che si assicurino che ad un determinato posto sieda il titolare di quel posto. Gli steward non sono polizia privata, controllata dalla società: hanno il compito di sorveglianza in coordinamento con le forze di polizia, senza un numero eccessivo di divise visibili che diano l'idea della militarizzazione all'interno dello stadio, che possano provocare tensione e che distrarrebbero anche molti poliziotti dall'espletamento di altri compiti. Saranno vietati i materiali esplosivi, quali i fumogeni, che creano una atmosfera irrespirabile, in tutti i sensi, con un sistema di videosorveglianza.
Si è parlato della flagranza differita a quarantotto ore per chi è riconosciuto colpevole con foto o riprese, ma non con altro, norma su cui vi sono stati dubbi di costituzionalità. È stato ricordato in precedenza il carattere rigido di questa estensione a quarantotto ore e noi chiediamo garanzie, non solo che si debba trattare di un'eccezione a termine e circoscritta agli stadi, ma vogliamo garanzie che questo tempo serva a fare in modo che si possa avere il tempo necessario per verificare bene i filmati e il materiale fotografico prima di accusare qualcuno. È stato aggravato il Daspo, ossia il divieto di accesso agli stadi in termini di anni. Fin qui la repressione.
Ma è importante è stata anche l'affermazione dell'ingresso gratuito per i bambini minori di quattordici anni, accompagnati da un adulto. Ciò è stato il risultato del lavoro delle Commissioni riunite, per riportare le famiglie negli stadi, per rendere questo sport accessibile e godibile a tutti e non come se uno della famiglia debba lasciare casa per andare a vedere la partita come se partisse per una guerra (e, come si faceva ai tempi delle guerre, solo l'uomo partiva, mentre le donne, i bambini e gli anziani rimanevano a casa). Ciò per fare in modo che, con il sistema del biglietto nominativo, i membri della famiglia possano sedersi insieme.
Infine, concludo dicendo che questo disegno di legge è molto severo nei confronti di chi espone striscioni che incitano alla violenza, non tutti gli striscioni.
Chiunque di voi vede la rubrica su Striscia la notizia, «Striscia lo striscione», sorride per la fantasia usata in alcuni slogan che fanno tutt'altro che incitare alla violenza.
Non vorremmo però vedere più simboli nazisti, non vorremmo più leggere frasi razziste e, con l'ampliamento della legge Mancino, prevista con l'estensione della aggravante discriminatoria anche per orientamento sessuale e identità di genere a firma del ministro della giustizia Clemente Mastella, non vorremmo neanche più vedere slogan omofobi all'interno degli stadi. Grazie. (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, la Camera dei deputati ha svolto un buon lavoro su questo provvedimento. Credo forse - lo dico senza tema di essere smentito - che si tratti della prima vera occasione di confronto sereno tra maggioranza e opposizione su un argomento non solo unanimemente condiviso in ordine agli obiettivi da raggiungere, ma anche ben gestito sul piano del metodo parlamentare.
Se ne sentiva il bisogno dopo un lungo periodo di contrapposizioni che non Pag. 130hanno sicuramente recato beneficio al paese in ordine alla bontà della legislazione.
Ci siamo trovati nella difficoltà di dover gestire un provvedimento che proveniva dal Senato in una forma che obiettivamente presentava molte difficoltà interpretative e causava non poche perplessità in ordine alla reale portata delle norme.
Ciò perché a nessuno sfugge che quando si procede alla elaborazione di un provvedimento legislativo sotto la spinta emotiva di fatti gravi come quelli che avevano determinato l'inizio della discussione su questo provvedimento, non sempre il legislatore si muove con la necessaria pacatezza, serenità, e visione dei problemi da affrontare in maniera generale e astratta, come richiederebbe il principio ispiratore di ogni provvedimento di legge.
Fare leggi in stato di emergenza non è mai una buona cosa. Tuttavia, quello che era accaduto a Catania, con la morte tragica dell'ispettore Raciti, e tutto quello che aveva preceduto quell'avvenimento, cioè una continua recrudescenza di fatti violenti che avevano negativamente contraddistinto l'attività che ruota attorno ad uno spettacolo (perché di questo si tratta: uno spettacolo sportivo che attrae decine di milioni di persone nel nostro paese, e non solo nel nostro paese), imponevano da parte del Parlamento delle forme di intervento radicali e decise.
Abbiamo quindi messo mano al provvedimento che ci era pervenuto dal Senato e ne abbiamo avuto la capacità.
Devo quindi dare un giudizio complessivamente positivo del lavoro che è stato svolto, sia per l'equilibrio dei relatori, che hanno sicuramente dato un grande contributo al dialogo e alla costruzione di un percorso comune, sia per la partecipazione serena e determinata, ma anche ispirata a principi di buon senso, da parte di tutte le forze politiche. Abbiamo notato che comunque questo provvedimento si muoveva in termini positivi, perché si è posto immediatamente nella continuità e nel completamento doveroso del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28.
Tale provvedimento è stato il primo vero grande intervento che ha tentato di mettere ordine nella disciplina riguardante la violenza negli stadi, introducendo una serie di disposizioni repressive che hanno prodotto alcuni risultati, ma non tutti positivi. Alcune disposizioni, in ogni caso, abbisognavano di un ulteriore intervento.
L'aspetto positivo del lavoro che abbiamo svolto alla Camera è stato quello di abbinare ad una serie di norme repressive anche la capacità di individuare misure di carattere sociale e culturale, per diffondere i valori dello sport nella società italiana, cosa che forse, in passato, ha registrato un gap per quanto riguarda l'impegno, la capacità e la sensibilità del legislatore.
Abbiamo individuato alcuni temi che andavano modificati ed aggiustati.
Siamo intervenuti sul piano delle dizioni formali attraverso proposte emendative sulle quali diverse forse politiche si sono ritrovate a convergere, sostituendo la definizione «a porte chiuse» con l'espressione più corretta «inibire l'accesso al pubblico negli stadi non dotati di tutti gli impianti di sicurezza previsti».
Abbiamo individuato nella necessità della certezza delle pene uno dei passaggi fondamentali dal momento che, probabilmente, proprio la mancanza di tale elemento è stato alla base della proliferazione della violenza: quando si commettono atti di violenza e non si scontano pene o si scontano pene irrisorie, certamente ciò non è educativo.
Il gruppo di Alleanza Nazionale rivendica il principio della certezza della pena come un motivo conduttore di tutte le sue azioni politiche. E ci ha fatto non poco piacere constatare che questo sentimento è condiviso anche da chi, in passato, ha adottato atteggiamenti più permissivi e, magari, ha votato a favore dell'indulto. Ma si fa sempre in tempo a rivedere le proprie convinzioni.
Abbiamo ritenuto opportuno approfondire il tema del divieto delle manifestazioni esteriori, non solo perché si ravvisavano pericolosi richiami di ipotesi, costituzionalmente non consentite, di perseguimento Pag. 131del reato d'opinione, ma soprattutto perché tali norme, così draconiane e, a volte, anche di difficile applicazione, non potevano essere circoscritte all'ambito sportivo. Se avessimo lasciato quell'impostazione, probabilmente avremmo creato un grande vulnus all'impianto costituzionale italiano.
Abbiamo valutato l'inadeguatezza delle norme sulla sicurezza negli stadi e abbiamo ritenuto che alcune di esse andavano corrette. Le abbiamo corrette. Altre hanno bisogno di ulteriori interventi. Infatti, il tema della sicurezza degli stadi, a nostro avviso, non può essere scisso da una diversa regolamentazione della vendita dei biglietti, che non possono non essere nominativi e con posti assegnati. È la prima regola che viene attuata nel cosiddetto sistema inglese, che spesso viene richiamato a sproposito come esempio da seguire, ma che, nei fatti, non viene attuato, perché in Inghilterra l'impianto della gestione dello sport è completamente diverso, a partire dal fatto che la proprietà degli stadi è delle società sportive. Quindi, le società sportive diventano naturalmente i soggetti deputati al controllo della sicurezza e, quindi, devono sperimentare strumenti adatti alla realizzazione concreta della sicurezza.
È stata contestata, quindi eliminata, una norma manifesto che serviva solo a fare pubblicità e che era contenuta nell'articolo 11-bis, con cui si proponeva di promuovere i valori dello sport senza spese aggiuntive per la pubblica amministrazione. È una contraddizione in termini e anche su questo siamo riusciti a trovare una soluzione. Abbiamo «aggiustato» le norme sul Daspo, che sono importanti e fondamentali in quanto, pur essendo repressive, consentono di escludere non solo i soggetti direttamente responsabili, ma anche quelli potenzialmente responsabili di possibili disordini e, di conseguenza, sono certamente destinate a rendere più vivibile l'ambiente degli stadi.
Si è molto discusso sulla flagranza differita. Si tratta di un istituto che, alla fine, tutti abbiamo accettato e condiviso, in quanto dettato da situazioni emergenziali; tuttavia, è stato opportunamente fissato - al 30 giugno 2010 - un termine entro il quale si dovrà valutare la possibilità di un suo superamento. Ci auguriamo davvero che alla data indicata non perduri la necessità di utilizzare l'istituto in parola: al momento attuale, esso è indispensabile per cercare di dare alle forze dell'ordine uno strumento concreto per intervenire, ma sicuramente si porrebbero problemi qualora se ne ipotizzasse una stabilizzazione nel sistema a regime.
Un aspetto problematico sul quale Alleanza Nazionale non ha espresso condivisione è, invece, quello che riguarda le circostanze aggravanti previste per l'ipotesi di lesioni a pubblico ufficiale. Abbiamo condiviso la norma relativa alla recrudescenza della pena - abbiamo anche discusso come farla diventare cogente - ma non riteniamo giusto che questo aspetto di tutela dei pubblici ufficiali, delle forze dell'ordine sia limitato soltanto alle manifestazioni sportive. Non comprendiamo il senso e l'equità di una norma che, a fronte della pericolosità dell'esercizio del dovere di tutela dell'ordine pubblico, distingue tra una manifestazione che avviene all'interno di uno stadio, o che è collegata ad un evento sportivo, e qualunque altra. Questo è un aspetto del provvedimento che non condividiamo. Mi auguro che, al riguardo, vi possa essere un «ravvedimento operoso» da parte del Parlamento; in ogni caso, la distinzione va superata perché le forze dell'ordine hanno il diritto di essere difese dalle leggi dello Stato senza che, nell'apprestare tale difesa, si facciano distinzioni a seconda delle ragioni per le quali si verificano gli incidenti.
Il giudizio di Alleanza Nazionale - e mi avvio a concludere - è favorevole. Noi abbiamo già votato a favore del provvedimento al Senato: l'abbiamo fatto con convinzione, anche se avevamo manifestato già in quella sede alcune perplessità e riserve relativamente ad alcuni aspetti. Devo dire che, in larga misura, fatta eccezione per la questione alla quale ho accennato poc'anzi (in relazione alle lesioni a pubblico ufficiale) quelle perplessità Pag. 132e riserve sono ampiamente superate. Non soltanto vi è stata una nostra convergenza sul testo che è stato redatto, ma abbiamo anche partecipato attivamente alla sua elaborazione: sono stati molti gli emendamenti presentati da Alleanza Nazionale che sono stati approvati e condivisi anche dalle altre forze politiche, a dimostrazione di un lavoro che ha portato alla predisposizione di un testo condiviso e di buona fattura.
Nell'esprimere, quindi, la nostra soddisfazione, riteniamo che sull'argomento si debba ritornare al più presto senza la spinta emergenziale, per completare il quadro, il disegno e le definizioni di tutela del diritto alla sicurezza dei cittadini, oltre che delle forze dell'ordine, quando vanno a godere di uno spettacolo coinvolgente e meraviglioso come quello del gioco del calcio (Applausi).
PRESIDENTE. Grazie.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2340-A)
PRESIDENTE. Avverto che il presidente della Commissione giustizia, deputato Pisicchio, ed il presidente della Commissione cultura, deputato Folena, hanno comunicato di rinunciare alla replica. Dunque, li ringrazio.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. La ringrazio, signor Presidente e, scusandomi, anticipo che impiegherò pochissimo tempo.
Prima di tutto, il Governo ringrazia per il loro impegno il presidente Pisicchio ed il presidente Folena, i quali hanno svolto un'opera meravigliosa; ringrazia altresì tutti i componenti di entrambe le Commissioni per quanto è stato fatto.
Il Governo condivide il testo che è stato licenziato dalle due Commissioni per alcune ragioni, nell'esposizione delle quali mi riferirò ad alcune considerazioni svolte nel corso degli interventi precedenti.
Non si tratta innanzitutto di una legge speciale, perché non deroga ad alcuno dei principi fondamentali del nostro ordinamento. In altri ordinamenti, invece, sono state introdotte leggi speciali per rispondere, con immediatezza ma anche con norme che hanno carattere di specialità, a fenomeni abbastanza gravi che si erano verificati negli anni passati. Si tratta di una legge specifica, per il contesto in cui il fenomeno si verifica. Neppure alcuni istituti di cui si è parlato hanno carattere di specialità.
Nello stesso tempo sono state riviste alcune fattispecie e sono state corrette e meglio individuate le fattispecie incriminatici per quanto riguarda l'aspetto più delicato, cioè quello penalistico. Sono state inoltre riproporzionate le pene e ne sono state ridotte alcune, ritenute eccessive. Esse sono state rapportate non soltanto al quadro delle singole pene previste per le fattispecie di questo contesto, ma anche ad altre ipotesi generali di reato.
Nel provvedimento è stata prevista anche una parte preventiva, specificata in rapporto non soltanto agli interventi di controllo, quali ad esempio la nominatività dei biglietti e i controlli successivi dei posti assegnati, ma anche alle specifiche indicazioni che successivamente saranno contenute nel decreto ministeriale circa la gestione dei campi sportivi. A questo proposito, rispondendo agli inviti rivolti da alcuni gruppi in sede di Commissione, il Governo si dichiara disponibile fin d'ora a impegnarsi a rispettare le indicazioni specifiche che lo stesso decreto dovrà contenere.
È stato attribuito un carattere repressivo alle norme contenute in questo provvedimento, ma sono stati previsti anche alcuni aspetti relativi alla partecipazione a queste grandi manifestazioni sportive anche di interi gruppi familiari. Ad esempio, è stato previsto il cosiddetto quinto biglietto gratuito per favorire la più ampia partecipazione a tali eventi, in tutta serenità.Pag. 133
Il decreto-legge in esame non è stato completato con misure alternative perché, come ho affermato in sede di Commissione, il Ministero della giustizia si accinge ad approvare un testo, in gran parte già pronto, sulla messa in prova di carattere generalizzato per reati minori. Quindi, l'impegno del Governo è quello di portare a compimento questo testo al più presto possibile.
Il Governo si rende infine conto che si tratta di un tessuto normativo ancora da completare. Più volte è stata richiamata l'incompletezza del testo. È vero: esso va completato in vari aspetti, attraverso una rielaborazione più profonda e più attenta, affinché si dia una risposta definitiva e completa ad un fenomeno che non deve più preoccupare.
L'auspicio del 30 giugno 2010, cui è stato limitato uno dei provvedimenti, quello che maggiormente ha suscitato preoccupazioni, vuole significare che il Governo si impegna a far sì che entro quel termine la situazione sarà normalizzata, in modo da assicurare il pieno godimento di questi spettacoli che interessano tanti cittadini. Quindi, non si avrà più bisogno di ricorrere a misure, che hanno pur sempre il carattere di preoccupazione e di eccezionalità.
PRESIDENTE. Ringrazio il rappresentante del Governo.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.