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TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO PINO PISICCHIO SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2340-A
PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Dobbiamo partire da una considerazione fondamentale accingendoci all'esame di questo provvedimento: è un decreto che ha al centro della sua valutazione l'ordine pubblico, con inevitabili precipitati relativi a profili penalistici e aspetti che ineriscono le dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura essenziale del decreto concerne il profilo dell'ordine pubblico: è un elemento che non va dimenticato e che, anzi, deve rappresentare l'ermeneutica corretta per interpretarlo senza commettere l'errore di attribuire ad esso valenze taumaturgiche per tutto il complesso mondo dello sport.
Ad altro provvedimento, più organico e mirato, sarà consegnato questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo d'essere del calcio italiano, e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo, assunto fin da oggi, saprà spendersi Pag. 135in modo adeguato e nei tempi adeguati: alla nostra attenzione oggi c'è ben altro. C' è un decreto per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, adottato a seguito dei gravissimi episodi di violenza culminati a Catania con l'omicidio dell'ispettore Raciti, annunciato da una lunga sequenza di atti teppistici di estrema gravità che hanno fatto registrare altre vittime nei campi sportivi di mezza Italia. Violenza, dunque, che nulla ha a che vedere con lo sport. Questa la considerazione preliminare che attiene al merito ed ai confini del disegno di legge di conversione.
Ma esiste anche una preliminare questione di metodo che io qui voglio affrontare. Il decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto una maggioranza quasi unanime: questo fatto politico ha rappresentato e rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe anche potuto rappresentare, sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altra Camera, un elemento capace di esercitare un condizionamento per il nostro lavoro.
Le Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del provvedimento, hanno preliminarmente affrontato una questione che travalica il merito dello stesso, coinvolgendo i rapporti tra i due rami del Parlamento. Come è già avvenuto in passato, la Camera dei deputati si trova in una situazione anomala determinata dall'asimmetria che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione di un diverso rapporto tra maggioranza ed opposizione. Se non si vuole pervenire ad una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, ispirato al principio del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli che un testo approvato dal Senato, sia pure all'unanimità, può essere modificato dalla Camera ogni qual volta ciò si dimostri necessario. Nel caso in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare alcune modifiche al testo approvato dal Senato. La circostanza che si tratti di un testo approvato dall'altro ramo del Parlamento pressoché all'unanimità (solo cinque astenuti) ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente modifiche sorrette da una condivisione unanime da parte di tutti i gruppi. Non tanto come relatore per la II Commissione quanto piuttosto in veste di presidente di tale Commissione, vorrei sottolineare che le Commissioni riunite hanno svolto un proficuo ed attento esame del testo che ha visto un atteggiamento costruttivo da parte di tutti i gruppi, senza distinzione tra maggioranza ed opposizione. Solo una condivisione unanime delle modifiche può giustificare la trasmissione al Senato di un testo approvato da quel ramo all'unanimità. Prima di passare all'esame del merito vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni hanno approvato tutti gli emendamenti all'unanimità nonostante che in alcuni casi per qualche gruppo ciò abbia significato la rinuncia ad alcune legittime convinzioni. L'obiettivo di tutti è stato uno solo: approvare un testo condiviso che contenesse misure adeguate per contrastare il fenomeno della violenza nello sport.
Per quanto attiene al testo, mi soffermerò principalmente sulle disposizioni che di più attengono alla competenza della Commissione giustizia.
All'articolo 1, recante misure specifiche concernenti la sicurezza degli impianti sportivi come le limitazioni all'accesso negli stadi dove non siano stati completati gli interventi strutturali ed organizzativi previsti dall'articolo 1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, sono state apportate due modifiche. La prima di natura formale, in quanto si è sostituita la formula «a porte chiuse» utilizzata per indicare le partite da effettuare senza la partecipazione del pubblico. Secondo la formulazione adottata nel decreto-legge , infatti, negli stadi non ancora «a norma» le competizioni sono svolte «a porte chiuse». Non si sarebbe trattato di una ragione sufficiente di per sé a giustificare una nuova lettura da parte del Senato, tuttavia, considerato che una nuova lettura da parte del Senato sarebbe stata comunque Pag. 136necessaria per altre ragioni, si è ritenuto opportuno sostituire l'espressione in questione con quella della «assenza di pubblico».
Di natura sostanziale è, invece, la modifica al comma 7-bis dell'articolo 1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28 in quanto si è ritenuto opportuno precisare che il divieto di vendita alla stessa persona fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro si estende alle persone giuridiche. Ciò al fine di evitare facili elusioni del divieto nel caso in cui l'acquisto dei biglietti sia effettuato da queste. Forse sul punto è necessaria una ulteriore riflessione, considerato che comunque rimangono fuori gli enti privi di riconoscimento giuridico.
L'articolo 2 è stato marginalmente modificato. Non è stata toccata la parte più importante, cioè quella che amplia l'ambito applicativo del divieto d'accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (il cosiddetto DASPO, anche noto come «diffida»), che, fino al decreto-legge in esame, poteva essere disposto dal questore solo nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per una serie di reati specificatamente individuati dal legislatore. Il provvedimento interviene anche sulle disposizioni vigenti in base alle quali alle persone cui è notificato il DASPO il questore può altresì prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, presso un determinato ufficio o comando di polizia, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto. In primo luogo, il decreto-legge ha esteso l'ambito dei reati che consentono l'applicazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione facendovi rientrare anche quello del possesso di artifici pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive. Ancora più importante è la novità che consente di adottare le predette misure anche sulla base di elementi oggettivi dai quali risulti che il soggetto abbia tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse. Come sottolinea la relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, viene così introdotta la possibilità di applicare il divieto di accesso (ma, anche l'obbligo di presentazione di cui al comma 2 del medesimo articolo 6) indipendentemente non solo dalla condanna, seppure non definitiva, ma anche dalla mera denuncia. Si segnala, inoltre, che l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede un ulteriore caso in cui possono essere disposti DASPO e obbligo di presentazione.
Il decreto-legge è intervenuto anche sulla durata del DASPO e dell'obbligo di presentazione disposti dal questore, prevedendo una durata minima di tre mesi, successivamente aumentata ad un anno nel corso dell'esame presso il Senato. Il Senato ha, inoltre, approvato un emendamento che aumenta da tre a cinque anni l'attuale limite massimo di durata delle citate misure preventive. Si segnala, inoltre, che una disposizione introdotta ex novo dal Senato prevede, poi, che il DASPO possa essere applicato anche nei confronti di minori di 18 anni ultraquattordicenni, stabilendo, peraltro, l'obbligo di notifica del provvedimento all'esercente la potestà genitoriale. Il decreto-legge, a seguito delle modifiche del Senato, ha incrementato la pena prevista per la violazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione. Si segnala che più rilevante dell'aumento di pena è la sostituzione della alternatività tra pena pecuniaria e detentiva con la contestualità delle pene detentive e pecuniarie: ciò significa che è stata sottratta al magistrato la possibilità di valutare in concreto se la violazione degli obblighi disposti dal questore sia effettivamente meritevole di una sanzione detentiva. Si tratta di un aspetto estremamente delicato che consente di introdurre nel dibattito parlamentare una questione di particolare rilevanza. Mi riferisco alla funzione preventiva oltre che remuneratoria della pena detentiva. Il decreto-legge, specie a seguito delle modifiche introdotte pressoché all'unanimità al Senato, inasprisce Pag. 137pesantemente le pene attualmente previste nonché introduce nuovi reati puniti con pene detentive. Le Commissioni hanno riflettuto su tale punto: la pena detentiva è il migliore strumento per punire le condotte vietate dal decreto-legge o ve ne sono altre? Mi riferisco alle cosiddette sanzioni alternative, come, ad esempio, ai lavori di pubblica utilità ai quali potrebbero proficuamente essere sottoposti coloro che commettono reati in occasione di manifestazioni sportive. A parte le considerazioni di fondo sull'adeguatezza della pena detentiva come strumento di deterrenza per la commissione di reati, vi è una riflessione alla quale non possiamo sottrarci: il carcere spesso finisce per rovinare definitivamente i giovani che vi sono rinchiusi, i quali entrano in contatto con criminali che li condizionano pesantemente. Si tratta di un discorso delicato che si presta a facili quanto sterili strumentalizzazioni, considerato che la risposta più facile, anche come impatto sull'opinione pubblica, al fenomeno della violenza degli stadi è l'aumento delle pene detentive. Se tale aumento è giustificato per i fatti gravi, non lo è per quelli meno gravi. In questi casi potrebbe essere sufficiente una pena alternativa. Ciò che assolutamente deve essere garantita è la certezza della esecuzione della pena evitando che le norme sanzionatorie finiscano per essere degli sterili proclami. Proprio in relazione a tale tema, il relatore per la VII Commissione ha presentato in sede referente l'articolo aggiuntivo 7.04, diretto a prevedere per i reati commessi in occasione di manifestazioni sportive, con esclusione di quelli che recano danno alle persone, la sospensione del processo e l'applicazione di misure alternative alle pene detentive e pecuniarie, come ad esempio i lavori di pubblica utilità. Tale soluzione avrebbe il pregio di evitare un indiscriminato e pericoloso inserimento di giovani, che comunque hanno sbagliato, nel circuito carcerario nonché di applicare una pena realmente rieducativa. Tuttavia, come avrà modo di chiarire l'onorevole Folena, anche a seguito di un intervento in Commissione del sottosegretario per la giustizia, l'articolo aggiuntivo è stato ritirato con il proposito di trasformarlo in un ordine del giorno. Dal dibattito è emersa la convinzione che il decreto-legge, anche per il suo carattere emergenziale, non sia lo strumento più idoneo per applicare per la prima volta agli adulti un istituto del processo minorile, quale la messa alla prova. Inoltre, il rappresentante del Governo ha annunciato che è allo studio un disegno di legge di modifica del codice di procedura penale che affronta la materia dell'affidamento in prova sia pure in una ottica generale e, quindi, non riferita a particolare reati.
La modifica apportata dalle Commissioni all'articolo 2 ha per oggetto il comma 2. Si tratta di una precisazione più linguistica che normativa in quanto si è eliminata la qualificazione di «morali» dei requisiti previsti dall'articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza in relazione all'incarico che le società sportive possono conferire in riferimento alle attività negli stadi.
Una importante modifica al testo trasmesso dal Senato è stata la sostituzione dell'articolo 2-bis, che introduceva nell'ordinamento il reato relativo al divieto di manifestazioni esteriori. Sulla necessità di modificare la nuova fattispecie penale prevista dal Senato vi è stata una totale e piena condivisione da parte di tutti i gruppi. La norma, al comma 1, introduceva un reato di natura contravvenzionale, punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e consistente nella violazione del divieto di esporre negli impianti sportivi striscioni, cartelli, simboli, emblemi, nonché di svolgere manifestazioni esteriori, anche verbali, riferibili ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. L'incostituzionalità del testo è parsa evidente anche alla I Commissione, che lo ha segnato in una condizione contenuta nel proprio parere favorevole. Anche il Comitato per la legislazione ha ritenuto opportuno sottolineare l'indeterminatezza della fattispecie. In realtà il problema di tale norma non era soltanto l'indeterminatezza Pag. 138della fattispecie, la quale si sarebbe potuta sanare attraverso una definizione più puntuale della stessa, quanto la carenza di lesività della condotta, intendendo questa come idoneità della medesima a ledere un bene giuridico meritevole di tutela penale. Le Commissioni hanno convenuto che ci si trovava innanzi ad un reato di opinione privo di un vero e proprio disvalore. In luogo di tale reato le Commissioni ne hanno introdotto uno che invece esprime di per sé un disvalore giuridico. In particolare, anziché vietare striscioni, cartelli, simboli, emblemi nonché rappresentazioni esteriori anche verbali, relativi ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati, si sono vietati striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla violenza o che contengano insulti o minacce. È stata ovviamente fatta salva la cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) che vieta tutte le manifestazioni razziste. L'emendamento ha inoltre soppresso i commi 2 e 3 dell'articolo 2-bis. Sulla opportunità di sopprimere il comma 2 non vi sono dubbi, trattandosi di una disposizione diretta a prevedere una specifica ipotesi del reato di resistenza a pubblico ufficiale che già può essere ricavata in via interpretativa dalla normativa vigente o che presuppone il reato che le Commissioni hanno soppresso. Diverso è il caso della soppressione del comma 3, diretto a rimodulare le sanzioni previste dall'articolo 2, comma 1, della cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) a carico di coloro che, in pubbliche riunioni, compiano manifestazioni esteriori od ostentino emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Mentre i previgenti limiti di pena consistevano nella reclusione fino a tre anni e la multa da 103 a 258 euro, quelli introdotti dal Senato prevedono una reclusione da uno cinque anni e la multa da 10 mila a 50 mila euro. Nel corso dell'esame in Assemblea si potrà valutare se sia stato effettivamente opportuno procedere alla soppressione del comma 3.
L'articolo 2-ter, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato e non modificato dalle Commissioni, contiene disposizioni relative al personale addetto agli impianti sportivi.
L'articolo 3 del decreto-legge interviene sugli articoli 6-bis, comma 1, e 6-ter della legge n. 401 del 1989, che prevedono due distinte figure di reato. Le Commissioni non hanno modificato le disposizioni del testo trasmesso dal Senato, ma hanno previsto una ulteriore modifica all'articolo 6-bis della legge n. 401 intervenendo anche sul comma 2, relativo alla invasione di campo.
Non sono state quindi modificate le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 6-bis, che configura come reato il lancio di materiale pericoloso in occasione di manifestazioni sportive. Sono stati meglio definiti gli oggetti pericolosi, rientrando tra questi i «razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti o comunque atti ad offendere». La condotta, inoltre, non rileva solo quando sia posta in essere nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, ma anche nelle immediate adiacenze degli stessi. Si considerano commessi nei luoghi suddetti i fatti ivi verificatisi nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva. Durante l'esame al Senato, la norma è stata ulteriormente modificata - oltre che con una riscrittura di natura formale del nuovo comma 1 dell'articolo 6-bis - con la precisazione che l'illiceità dei fatti deve essere comunque ricollegabile alla manifestazione sportiva. La novella interessa anche i profili sanzionatori del reato in oggetto: la pena è ora la reclusione da uno a quattro anni, quindi incrementata rispetto a quella precedente, fissata tra i sei mesi e i tre anni. Pag. 139Le aggravanti speciali previste dall'articolo 6-bis sono invertite. Mentre in passato si prevedeva un semplice aumento di pena se dal fatto derivava un danno alle persone (quindi l'aumento di un terzo, ex articolo 64 del codice penale) e l'aumento fino alla metà se dal fatto derivava il mancato regolare inizio, la sospensione, l'interruzione o la cancellazione della manifestazione sportiva, il decreto-legge ha invertito l'entità dell'aumento della pena tra le due circostanze. Un emendamento approvato dal Senato ha precisato, tuttavia, che l'aumento di pena debba derivare non dal mancato regolare inizio della gara bensì da «un ritardo rilevante dell'inizio» della stessa. Come si è detto, le Commissioni sono intervenute sul reato di invasione di campo, modificando il comma 2 dell'articolo 6-bis. Le modifiche sono dirette a conferire maggior rigore alla normativa vigente facendo venir meno il requisito del pericolo concreto nonché prevedendo che tra la pena detentiva e quella pecuniaria non vi sia un rapporto di alternatività, bensì di contestualità. In tal modo, nel caso di invasione di campo si realizza comunque un reato da punire con pena detentiva. Se poi dall'invasione deriva un ritardo rilevante dell'inizio, l'interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica la pena è aggravata. Secondo le Commissioni, la condotta di invasione di campo è estremamente pericolosa per l'ordine pubblico all'interno degli stadi, per cui, per tale ragione, è irragionevole che al fatto concreto possa applicarsi solo una pena pecuniaria, come è avvenuto nei confronti di coloro che invadendo il campo hanno determinato nel 2004 l'interruzione di un derby romano, con grave pericolo per l'incolumità pubblica.
Non è stato modificato l'articolo 3-bis nella parte in cui modifica l'articolo 635 del codice penale introducendo una nuova aggravante al delitto di danneggiamento, da applicarsi nel caso in cui il danneggiamento di attrezzature e impianti sportivi sia realizzato al fine d'impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. La pena che sanziona l'illecito aggravato è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 309 euro.
Tra le modifiche più rilevanti al decreto-legge si segnala quella apportata all'articolo 4 relativo alla disciplina dell'arresto in flagranza differita effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive. Le Commissioni non hanno modificato le disposizioni del decreto-legge relative alla disciplina della flagranza differita, ma sono intervenute sulla disposizione diretta a stabilizzare l'istituto, che fino al decreto-legge in esame aveva nel 30 giugno 2007 la scadenza della propria vigenza. Le Commissioni hanno modificato la norma che traduce in istituto a regime la flagranza differita, ma hanno portato al 30 giugno 2007 la scadenza.
Le due modifiche apportate alla normativa in tema di flagranza differita non sono state toccate dalle Commissioni. In primo luogo, il decreto-legge ha eliminato la possibilità di utilizzare «elementi oggettivi» per accertare inequivocabilmente la commissione del fatto. Pertanto, d'ora in avanti si potrà procedere esclusivamente sulla base di filmati e fotografie. Su tale punto si dovrà comunque riflettere in futuro, poiché se si vuole protrarre nel tempo la nozione di flagranza occorre anche individuare strumenti oggettivi idonei ad escludere incertezze nella ricostruzione dei fatti. Non sempre i filmati e le fotografie, specialmente se decontestualizzate, sono in grado di rappresentare fedelmente i fatti. In secondo luogo, il decreto-legge è intervenuto sul termine di durata della flagranza, che viene esteso dalle trentasei alle quarantotto ore. La modifica è stata dettata dall'esigenza di attribuire alle forze dell'ordine un ulteriore lasso di tempo per procedere alle identificazioni ed al successivo prelevamento dei soggetti individuati. È chiaro che qualsiasi aumento dei tempi rende ancora più evidente la deroga al principio della effettività della flagranza. Tuttavia, una volta che si ritiene accettabile la deroga a tale principio non sono le dodici ore in più a far modificare una eventuale valutazione positiva dell'istituto essendo Pag. 140queste necessarie per poter applicare in concreto l'istituto della flagranza differita. Ciò che è stato considerato maggiormente rilevante è quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge. Tale disposizione, abrogando l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 28 del 2003 che stabiliva un termine finale per l'efficacia delle disposizioni in materia di flagranza differita e la sottrazione alla disciplina generale delle misure cautelari di cui si dirà a breve, conferiva una definitiva stabilità e normalizzazione a due istituti che sinora erano stati considerati eccezionali e temporanei. Si è ricordato in Commissione che, proprio sulla base di tale natura, gli istituti in questione hanno trovato una loro giustificazione. Si ricorda che questi sono stati trasformati in transitori in sede di conversione del decreto-legge n. 28 del 2003, attraverso la limitazione della loro efficacia al 30 giugno 2005. Tale termine era stato successivamente prorogato al 30 giugno 2007 dal decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115. Le Commissioni hanno ritenuto che un istituto eccezionale, come quello della flagranza differita, non possa essere stabilizzato, ma debba rimanere uno strumento legato a situazioni eccezionali e temporanee. Ci si è anche chiesti se da tale stabilizzazione possa poi conseguire anche una estensione applicativa degli istituti ad ogni ipotesi in cui i reati siano commessi nell'ambito di schieramenti di persone, come può avvenire, ad esempio, nelle manifestazioni politiche. In astratto le considerazioni che giustificano la flagranza differita in occasione di manifestazioni sportive sono valide anche per i cortei politici o comunque per manifestazioni politiche, in quanto anche in tali ipotesi l'arresto in flagranza richiederebbe un intervento delle forze di polizia all'interno del gruppo dei manifestanti. Proprio per evitare ciò, nel 2003 fu conferito il carattere di specialità e temporaneità al nuovo istituto della flagranza differita.
Non sono state modificate le disposizioni, di cui al comma 1 dell'articolo 4, relative all'arresto in flagranza (reale) effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive. Il decreto-legge prevede che questo possa essere effettuato anche nel caso di possesso di materiale. Viene, inoltre, chiarito che l'arresto può essere disposto nel caso di violazione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, anche nell'ipotesi in cui a tale divieto non si accompagni l'obbligo di presentarsi personalmente al comando di polizia. È infine consentito l'arresto nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Sono state confermate le modifiche all'articolo articolo 8, comma 1-quater della legge n. 401 del 1989, secondo cui, nel caso di una serie di reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, le misure coercitive (quali la custodia cautelare e gli arresti domiciliari) possano essere disposte anche per reati la cui pena sia inferiore ai limiti minimi previsti in generale per l'applicazione delle misure cautelari. Ciò allo scopo di evitare che una persona arrestata in base alle previsioni della legge possa poi riacquistare la libertà a causa dell'impossibilità di disporre misure coercitive per tali reati, in quanto aventi limiti edittali di pena insufficienti. La lettera c) prevede che la deroga al regime generale delle misure cautelari si applichi anche nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive che sia stato disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Il comma 3, infine, prevede che - analogamente a quanto già accade per i reati di violazione del DASPO, di violazione degli obblighi di comparizione, di lancio di materiale pericoloso, di scavalcamento di recinzioni dell'impianto sportivo nonché per i reati commessi durante o in occasione di manifestazioni sportive - si proceda sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.
Gli articoli 5 e 6, che non sono stati modificati, hanno per oggetto rispettivamente il sistema sanzionatorio per la violazione del regolamento d'uso degli impianti predisposto sulla base delle linee Pag. 141guida approvate dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive nonché l'estensione delle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza commesse in occasione di competizioni sportive.
Altra rilevante modifica al testo trasmesso dal Senato è quella relativa al comma 1 dell'articolo 7. Tale disposizione, come risultante dall'approvazione di un emendamento interamente sostitutivo nel corso dell'esame da parte del Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge, introduceva nel codice penale la nuova fattispecie di reato delle lesioni personali gravi o gravissime commesse in occasione di servizio di ordine pubblico. In particolare, veniva punito con le pene previste dall'articolo 583 del codice penale, aumentate della metà, chiunque procuri ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime. Nel corso dell'esame in sede referente sono emerse diverse critiche nei confronti di tali aggravanti. In primo luogo, è stata sottolineata l'irragionevolezza della sanzione ivi prevista, in quanto venivano parificate senza alcuna giustificazione quelle previste per le lesioni gravissime con quelle relative all'omicidio preterintenzionale. Per tale ragione le aggravanti sono state punite espressamente con la reclusione da quattro a dieci anni (lesioni gravi) ovvero con la reclusione da otto a sedici anni (lesioni gravissime). La scelta di individuare espressamente la pena da applicare è stata dettata dall'esigenza di sottrarre, ai sensi del terzo comma dell'articolo 69 del codice penale, tali circostanze aggravanti al bilanciamento con le circostanze attenuanti. Altra modifica apportata al testo trasmesso dal Senato è stata quella di limitare l'applicabilità delle circostanze aggravanti in questione alle ipotesi in cui queste siano state cagionate in occasione di manifestazioni sportive. Si è ritenuto, infatti, che tale limitazione sia giustificabile in ragione della peculiarità del fenomeno della violenza negli stadi, che vede come prime vittime proprio le forze dell'ordine. Come ho avuto modo di annunciare in occasione dell'approvazione dell'emendamento sostitutivo del comma 1 dell'articolo 7, sarà necessario trovare una formulazione che identifichi senza alcun dubbio nelle forze dell'ordine i soggetti tutelati dalle nuove aggravanti introdotte nel codice penale in relazione al reato di lesioni.
Per quanto attiene alle altre disposizioni, rinvio alla relazione del relatore per la VII Commissione, riguardando materie rientranti nella competenza di tale Commissione.