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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 16,05).
(Applicazione della convenzione sul trasferimento delle persone condannate - n. 2-00417)
PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00417 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, una delle forme più avanzate di cooperazione tra Stati in materia penale, la quale persegue obiettivi diversi ed ulteriori rispetto alla realizzazione del processo penale, nella fase delle indagini ed in quella del successivo giudizio, consiste nel cosiddetto trasferimento dell'esecuzione, ovvero nel pieno inserimento di una fase del processo penale in un ordinamento statale diverso da quello nel quale il processo stesso ha avuto origine. Lo strumento in parola risponde all'esigenza, diffusamente avvertita nell'attuale contesto caratterizzato dalla libera circolazione delle persone e dall'aumento della criminalità internazionale, di trasferire il procedimento nello Stato in cui appaia più semplice o conveniente l'esecuzione, tenuto conto della duplice esigenza di evitare la duplicazione dei giudizi per i medesimi fatti e di realizzare una migliore tutela del condannato mediante l'esecuzione della pena nel luogo più adatto al suo reinserimento sociale.
Tali obiettivi sono perseguiti dalla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata dal Consiglio d'Europa il 21 marzo 1983, entrata in vigore il 1o luglio 1985 e ratificata da sessantuno Pag. 10Stati, di cui diciassette non facenti parte del Consiglio d'Europa. Come emerge dal preambolo, tale cooperazione deve essere attuata nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia e deve favorire il reinserimento sociale dei condannati.
L'Italia ha ratificato la predetta Convenzione con legge 25 luglio 1988, n. 334, ed ha dato attuazione alle sue disposizioni con legge 3 luglio 1989, n. 257. Il quadro giuridico è completato dal Protocollo addizionale adottato il 18 dicembre 1997, entrato in vigore il 1o giugno 2000, ratificato da trentuno Stati (mi risulta che, al momento, non l'abbia ratificato l'Italia).
Signor Presidente, tracciato in sintesi il quadro giuridico generale, vorrei soffermarmi brevemente sul contenuto dell'interpellanza, che, come anticipato, ha lo scopo di sollecitare il Governo e gli organi competenti ad assicurare una migliore applicazione della Convenzione e ad instaurare una prassi decisionale adeguata all'iter temporale in uso presso gli Stati firmatari della stessa. Si tratta di un'accelerazione assolutamente necessaria al fine di favorire il preconizzato reinserimento sociale dei condannati.
Certamente, non può essere ignorato che la Convenzione in parola è ispirata ad un'ampia discrezionalità degli Stati firmatari nella decisione e nella definizione dell'eventuale accordo di trasferimento del condannato, secondo il tradizionale modello della cooperazione interstatuale.
Tuttavia, trattandosi di una prassi piuttosto ricorrente nell'area geografica dei quarantasei Stati membri del Consiglio d'Europa, si deve ritenere che un paese come l'Italia, considerato uno dei maggiori difensori dei diritti umani in ogni parte del mondo, non debba dare adito a critiche feroci per i ritardi negli adempimenti degli obblighi sottoscritti a livello internazionale.
Ciò evidenziato, signor Presidente, non si ritiene debbano essere imputati solo ai problemi tecnico-giuridici i notevoli ritardi lamentati dai cittadini interessati all'espletamento della procedura di trasferimento. Il problema delle lungaggini burocratiche nell'attuazione delle disposizioni della Convenzione sul trasferimento dei condannati riscontrato in Italia è un problema ben noto su cui diversi Stati hanno già presentato osservazioni al Consiglio d'Europa.
Pur considerando le difficoltà da affrontare, derivanti non solo dalla diversità dei sistemi giuridici dei diversi paesi, ma anche consistenti, per esempio, nella necessità di traduzione dei numerosi documenti richiesti dalla procedura di trasferimento, gli interpellanti sollecitano il Governo a porre in essere tutte le misure possibili per accelerare l'iter amministrativo e giudiziario per il trasferimento dei condannati nei rispettivi paesi d'origine. Il loro reinserimento sociale si realizza anche con il sostegno e la vicinanza delle persone appartenenti alla sfera familiare.
Vorrei aggiungere che, essendo stato eletto parlamentare europeo, sono ben a conoscenza dell'enorme lavoro svolto dalla nostra rete di sostegno all'estero, dove vi sono tanti cittadini italiani che, talvolta anche per problemi di mancato inserimento, incappano nelle maglie della giustizia. In tali casi, una procedura più attenta e rispondente alle richieste dei nostri connazionali eviterebbe sicuramente mali peggiori.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. In merito all'interpellanza dell'onorevole Narducci, si deve osservare che la procedura di trasferimento in Italia dei cittadini italiani condannati all'estero è disciplinata dalla Convenzione di Strasburgo del 1983. In base ad essa, le domande di trasferimento in Italia dei nostri concittadini devono essere indirizzate dal Ministero della giustizia dello Stato richiedente al Ministero della giustizia dello Stato richiesto e le risposte devono seguire lo stesso canale di comunicazione ministeriale. In via generale, non appena perviene l'istanza del detenuto nello Stato estero, il dipartimento degli affari di giustizia apre immediatamente un fascicolo ed inizia ad istruire la pratica, Pag. 11richiedendo la documentazione necessaria, ai sensi dell'articolo 6 della predetta Convenzione, e provvedendo alla traduzione degli atti e delle sentenze. Una volta che tutta la documentazione è stata tradotta nella lingua italiana, che è la lingua imposta dal codice, viene iniziata la procedura giurisdizionale per il riconoscimento della sentenza ai sensi dell'articolo 730 del codice di procedura penale, con la fissazione dell'udienza per il riconoscimento della sentenza penale straniera da parte della Corte d'appello competente. La fissazione più o meno tempestiva dell'udienza dipende da diverse ragioni, quali, ad esempio, il carico dell'ufficio giudiziario che dovrà trattare la causa di delibazione oppure le difficoltà incontrate per la notifica di documenti all'interessato, che non abbia eletto domicilio in Italia.
Il Ministero della giustizia, dopo aver atteso l'irrevocabilità della sentenza, deve attendere - come dicevo - l'ordine di esecuzione della pena da parte della Procura generale e, una volta esaurito questo iter, può autorizzare il trasferimento del detenuto.
A tale autorizzazione segue la presa in consegna del detenuto da parte degli uffici Interpol in Italia, che devono operare di concerto con gli uffici Interpol del paese richiedente.
In base ai dati statistici risultanti dall'applicazione della Convenzione di Strasburgo si rileva che il termine per i trasferimenti di detenuti con i paesi aderenti alla Convenzione, tra cui la Germania, va mediamente dai dieci ai sedici mesi.
Considerando che molti di questi passaggi - oltre a quello giurisdizionale rappresentato dalla delibazione della sentenza - sono anche di natura burocratica, ci siamo mossi in due direzioni. Da una parte, il Ministero degli affari esteri ha comunicato che le rappresentanze diplomatico-consolari, allorché vengano a conoscenza di una richiesta di trasferimento, svolgono ogni possibile intervento per accelerare l'iter procedurale nel paese estero e, dall'altra, il Ministro della giustizia curerà con attenzione che la fase burocratica sia svolta il più celermente possibile sollecitando, nei limiti delle competenze ministeriali, anche la fase della delibazione giudiziaria da parte dell'autorità competente.
PRESIDENTE. Il deputato Narducci ha facoltà di replicare.
FRANCO NARDUCCI. Innanzitutto, ringrazio il rappresentante del Governo per la chiarezza della risposta e per i dettagli che, del resto, agli interpellanti sono ben noti. In ogni caso, lo ringraziamo per l'impegno, che traspare dall'esposizione della risposta, a voler accelerare i necessari tempi tecnico-amministrativi e burocratici.
Signor sottosegretario, lei sa bene che molti paesi - la Svizzera, la Bulgaria e tanti altri - hanno presentato osservazioni presso il Consiglio d'Europa sul «caso Italia». Infatti, mentre il Ministero della giustizia del Baden-Württemberg, nel giro di cinque giorni, ha risposto ad un nostro concittadino condannato a dieci anni di carcere, la risposta del nostro Governo - quello precedente - è giunta solo dopo più di un anno, per comunicare che l'udienza è calendarizzata dopo sei mesi.
Pertanto, chiedo a questo Governo - che anche io sostengo -, in qualità di parlamentare eletto all'estero - e non per una forma di indulgenza, ma per una forma di rispetto delle convenzioni sottoscritte -, cosa intenda fare per accelerare il processo decisionale relativamente al trasferimento delle persone condannate. Tra l'altro, conoscendo tutta la rete di sostegno che, come italiani all'estero, abbiamo costruito anche per motivi che hanno a che fare non con la criminalità internazionale, ma con ragioni di sfortuna (non ci sono solo i vincenti, ma anche i perdenti), ritengo che a queste persone dovrebbe essere riconosciuta una possibilità di reinserirsi a titolo pieno nella società.
In tal senso, gli interpellanti chiedono al Governo di analizzare a fondo questa problematica, affinché si possa sottrarre l'Italia dal tiro delle osservazioni che si vanno sempre più accumulando.