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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 16,05).
(Gestione della Società Sviluppo Italia - n. 2-00427)
PRESIDENTE. Il deputato Ossorio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00427 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, vorrei ringraziare il viceministro, onorevole D'Antoni, per la sua presenza da cui deduco che l'attenzione del Governo sull'argomento che illustrerò brevemente è enorme, perché immenso è il problema.
Signor Presidente, è da diverso tempo che abbiamo di fronte a noi un problema la cui eventuale e coerente risoluzione rappresenta una grande opportunità di crescita per il nostro paese. È uno dei capitoli più complessi della gestione aziendale pubblica italiana degli ultimi dieci anni, le cui contraddizioni hanno assunto quasi un carattere emblematico. Mi riferisco alla questione di Sviluppo Italia Spa, ossia di quella società nata, come è ben noto, nel 1999, con la missione di promuovere, accelerare e diffondere lo sviluppo imprenditoriale del paese tramite l'attrazione di investimenti esteri.
Come è noto, si è trattato di un esperimento che ha prodotto risultati molto contraddittori che, per alcuni aspetti, qualcuno non esita a definire fallimentari. Certo, al di là di qualsiasi intento polemico, si può affermare che ha rappresentato un investimento costoso e doloroso per le finanze pubbliche del nostro paese. Di certo, per alcuni aspetti ha mostrato l'inclinazione ad una di quelle degenerazioni tipiche del sistema statale italiano - verso cui ormai vi è un'azione contraria da parte della maggior parte della classe politica italiana -, che pare avere quasi un'innata predisposizione all'inefficienza, i cui elevatissimi costi, in termini di sviluppo e di crescita, ciclicamente ci si ritrova a fronteggiare.
Dopo aver creato holding con scopi nobili di attrazione di investimenti per le aree svantaggiate, lo Stato, dopo qualche anno, si è spesso dovuto confrontare con creature diverse rispetto allo scopo per cui erano state create: strutture anacronistiche, enormemente ramificate, estese e cresciute, capaci di vivere di vita propria, basandosi spesso su meccanismi poco chiari dal punto di vista dell'azione quotidiana contabile e gestionale, enormemente costosi, perché inclini a metodi di gestione da guardare con molta attenzione.
A dire il vero, cosciente di questo brutto difetto italico - chiamiamolo così - proprio Sviluppo Italia nasceva, nell'intenzione di chi l'aveva voluta, anche per contrastare questa tendenza, per essere l'esempio di un nuovo modo di fare e di intendere l'investimento pubblico.
A quanto pare, le intenzioni non hanno trovato un chiaro riscontro. Infatti, risulta all'interpellante che Sviluppo Italia si è avvalsa, in questi otto anni, di: 1.677 dipendenti, 11 società controllate direttamente, oltre 30 controllate indirettamente e 17 società regionali; ha speso 84 milioni l'anno per spese amministrative e ha pagato retribuzioni alte ai manager, ben oltre i tetti stabiliti quest'anno in finanziaria. A fronte di tutto questo ha raccolto, se le mie informazioni sono giuste, solo 300 milioni di euro di investimenti in due anni.
Se queste poche cifre corrispondono al vero, e chiedo a lei, signor ministro, di dare al riguardo una conferma definitiva, anche per fare chiarezza rispetto ai tanti dati riportati a più riprese dagli organi di comunicazione, il risultato non si potrebbe definire certo eclatante; al contrario, difficilmente si potrebbe contestare il fallimento rispetto allo scopo per cui l'agenzia Sviluppo Italia era nata e che era nelle aspettative di gran parte della classe politica italiana.
Nell'arco di questo periodo, pare che questa società abbia creato un vero e proprio gruppo piramidale, come si dice in economia aziendale. Si tratta di un sistema di partecipazione, per così dire, «a cascata», con 11 società partecipate, ognuna delle quali non solo aveva al proprio interno decine di consiglieri di amministrazione, secondo le notizie riportate dai giornali, più che lautamente retribuiti, ma, come in un gioco di incastri, Pag. 13possedeva partecipazioni in altre società ove, spesso, i consiglieri ricoprivano anche una doppia mansione, con retribuzioni evidentemente doppie.
Tuttavia, l'oggetto dell'interpellanza non è costituito solo dalle retribuzioni, ma anche dalla qualità della spesa pubblica. Al riguardo, potrei citare diversi esempi, attingendo alle notizie riportate dalla stampa. A tale proposito, pare opportuno che il Governo chiarisca, tra l'altro, la situazione di Italia Navigando, una delle 11 società di scopo che, a quanto pare, non può certo vantare una storia aziendale di grande successo. La società possiede ancora 15 società controllate e 12 collegate, tra le quali anche la Marinagri resort Spa, impegnata nella costruzione di un villaggio turistico sulla costa ionica. Al riguardo, alcune fonti di agenzia (ad esempio, l'Ansa del 26 e del 27 febbraio 2007 o l'AdnKronos del 27 febbraio 2007) hanno avuto modo di interessarsi al problema e di dare comunicazione di ciò che accadeva nella zona della costa ionica, dove era in atto la costruzione di un villaggio turistico.
Appare dunque necessario chiarire anche l'aspetto del livello dei costi e delle consulenze esterne, di cui si è spesso avvalsa Sviluppo Italia, considerandoli in particolare rispetto agli obiettivi effettivamente raggiunti.
Solo per fare alcuni esempi, in virtù di quanto riportato da diversi organi di informazione, in base a dati di cui sono in possesso, tra il 2004 e il 2005 Sviluppo Italia avrebbe speso ben 90 mila euro di consulenze per modificare solo l'immagine del gruppo all'estero (probabilmente il logo) e avrebbe affidato a singole società cifre decisamente considerevoli: 224 mila euro per gestire servizi come il call center. Sarebbero stati anche finanziati piani per individuare gli sprechi, per farne la mappatura e bilanciare così la società.
Allo stato, all'interrogante non è dato conoscere il risultato di tali piani e potrebbe essere utile che il Governo intervenga per renderli noti, forse questo pomeriggio. Insomma a quanto pare ci troviamo di fronte ad una gestione che appare non solo improduttiva, ma anche contraria allo spirito con il quale l'agenzia era stata ideata.
Sviluppo Italia, anziché attrarre investimenti e finanziare progetti ed idee innovative, soprattutto per il Mezzogiorno che ci sta molto a cuore, come sta a cuore al viceministro, onorevole D'Antoni, pare abbia finito per svolgere un ruolo diverso, forse, improprio, facendo salvataggio di aziende anche statali, indebitate, investendo a fondo perduto in imprese già in gravi difficoltà sul mercato. La partecipazione in diverse società con lo scopo di salvare altre imprese pare confermare questa distorsione.
In definitiva, Sviluppo Italia - la mia opinione pare abbastanza consolidata e diffusa - ha evidentemente fallito la missione per cui era stata creata dal Governo nel 1999.
Esistono oggi due ordini di problemi. Da un lato, abbiamo ancora bisogno di fare luce su alcuni aspetti della passata gestione e di individuare le responsabilità di quanti hanno contribuito agli sprechi di risorse, alla deviazione degli investimenti, nonché alla divergenza rispetto alla natura delle progetto, ma dall'altro occorre, a mio parere, fare luce anche sulle responsabilità politiche, se esistono, che hanno contribuito a tale distorsione.
Con la mia interpellanza, le chiedo, pertanto, di fornire una risposta agli interrogativi posti e, successivamente, di indagare per capire come e perché sia stato possibile usare l'agenzia in modo così poco comprensibile e contraddittorio, non perseguendo il bene della nazione.
Chiedo alla Presidenza la possibilità di consegnare agli uffici il testo scritto della restante parte del mio intervento.
PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Ringrazio l'onorevole Ossorio per questa sua iniziativa, che stimola il Governo a misurarsi con un tema significativo ed importante. Pag. 14Del resto, il tema era già stato affrontato in maniera molto puntuale durante l'iter della legge finanziaria, sia in questo ramo del Parlamento sia al Senato e, dopo un dibattito tra le forze politiche e lo stesso Governo, si è pervenuti alla formulazione di alcuni articoli importanti della stessa legge, che indicano una strada nuova per lo strumento Sviluppo Italia. Tale strada è quella che noi stiamo perseguendo ed applicando proprio per cercare di uscire da una condizione che definiamo critica.
Sui particolari si potrebbe fare un esame dettaglio quanto si vuole, ma ciò che conta in questo momento è che noi, applicando la norma della legge finanziaria, abbiamo provveduto alla nomina di un nuovo consiglio di amministrazione composto da tre persone, proprio per aprire una fase nuova di riproduzione di consiglieri e, attraverso questi, di dispersione di risorse, perché, come stabilisce la legge finanziaria, noi, partendo da Sviluppo Italia, dovremo avere la «casa madre», composta da un consiglio di amministrazione di non più di tre persone, e poi quattro società al massimo, tre società di intervento ed una cosiddetta società veicolo, che raccolga tutte le partecipazioni di minoranza che Sviluppo Italia ha collezionato nel corso della sua iniziativa. Nessuna di queste quattro società potrà avere più di tre consiglieri. Questa misura fornisce l'idea di un modo di muoversi da parte di questo Governo e dell'attuale maggioranza, totalmente diverso da quello del Governo precedente.
In questo senso, la formulazione che noi diamo allo stesso strumento Sviluppo Italia, anche a partire dalla sua denominazione, fornisce un contributo di chiarezza. Sviluppo Italia cambierà nome e diventerà Agenzia per l'attrazione degli investimenti e per lo sviluppo di impresa proprio per rimarcare di per sé, sin dalla sua denominazione, il compito per cui era nato e che nel corso degli anni ha smarrito. Puntiamo ad un piano di riconversione molto forte, che, utilizzando anche le risorse professionali interne esistenti, possa determinare una condizione tale da poter svolgere il proprio compito istituzionale: attrarre gli investimenti esteri, soprattutto nel Mezzogiorno. Sappiamo tutti quanto abbiamo bisogno di questo strumento. L'Italia attrae scarsi investimenti dall'estero in tutto il territorio nazionale e ne attrae ancora meno nel Mezzogiorno. Abbiamo assolutamente bisogno, quindi, di uno strumento che serva a questo scopo, una vera e propria agenzia. Altri paesi europei hanno portato avanti un'esperienza di agenzia molto positiva con risultati importanti. Anche noi vogliamo provarci, pertanto, nell'individuare questo piano, che poi il Parlamento ha approvato con la legge finanziaria, abbiamo delineato un percorso per raggiungere questo tipo di obiettivo.
Nel consiglio di amministrazione abbiamo insediato delle persone a nostro giudizio valide e competenti, di grande esperienza professionale, che giudichiamo in grado di affrontare questo tipo di problematiche. Con le organizzazioni sindacali stiamo portando avanti l'impostazione di tutto il progetto, che riordinerà e rimescolerà gli assetti della società.
Quindi, pur nel vincolo del mantenimento occupazionale, che noi vogliamo rispettare, non c'è dubbio che ci sarà un riassetto ed un piano di mobilità significativo, che riguarderà il personale. Noi questo lo vogliamo fare con il consenso delle organizzazioni sindacali e si tratta di una partita importante e significativa, che stiamo portando avanti con impegno e serietà.
Nei prossimi giorni adotteremo il provvedimento, che la stessa finanziaria ci obbliga ad emanare. Dunque, vogliamo rispettare la tempistica molto stretta prevista dalla finanziaria - si parlava infatti del 31 marzo e del 30 giugno -, anche se vi sarà lo slittamento di qualche settimana a causa dei tempi connessi con la nomina del consiglio di amministrazione, con il tipo di governance da garantire alla società e con i passi necessari per l'adozione di questo provvedimento. Vogliamo rispettare nella sostanza quanto scritto nella finanziaria. Per noi è infatti fondamentale questo piano di riordino ed il raggiungimento di questi obiettivi.Pag. 15
Penso che, nel fare tutto questo, dobbiamo stare anche attenti a salvaguardare quello che di buono in questi anni si è creato, nonostante le criticità. Sicuramente c'è un'esperienza di microcredito significativo, soprattutto nelle regioni meridionali, che dobbiamo salvaguardare, perché costituisce uno degli elementi importanti dello svolgimento dell'attività ed anche una delle esigenze del territorio meridionale. Abbiamo inoltre l'esperienza significativa di una società, la Infratel Italia, che nonostante tutte le difficoltà è riuscita a mettere in moto un importante processo di diffusione della banda larga, da nessuno portata avanti nel sud se non da questa società (si tratta infatti della parte meno appetibile dal mercato, che riguarda i piccoli comuni che non hanno una grande domanda). Pertanto, se tale attività non viene portata avanti da una società pubblica, difficilmente questo territorio potrà essere coperto dalle nuove tecnologie. Le regioni hanno poi stipulato una convenzione con la società Infratel Italia, che va proprio in questa direzione. Abbiamo anche registrato un uso del cosiddetto contratto di localizzazione, che è lo strumento che viene messo in moto per l'attrazione di investimenti esteri, pari a 590 milioni di euro di investimenti, che se verranno tutti compiuti daranno un'occupazione vicina alle cinquemila unità di nuovo personale.
Nel complesso, alcune delle attività vanno rispettate e potenziate. Molte altre, invece, dovranno essere letteralmente trasformate, con un processo di ristrutturazione profonda e quindi con un'azione di pulizia e con la fine di ogni pressappochismo e di ogni «formula» che possa far disperdere risorse pubbliche. Tutto ciò, con una grande attenzione da parte del Ministero interessato e da parte del Parlamento. In conclusione, credo che a questo lavoro di attenzione, che il Ministero deve rivolgere a tutto quello che sarà svolto da Sviluppo Italia, deve corrispondere poi quel controllo parlamentare, che iniziative pregevoli, come quella di oggi dell'onorevole Ossario, contribuiscono a determinare.
PRESIDENTE. A conclusione dell'illustrazione della sua interpellanza, onorevole Ossorio, lei aveva chiesto di poter consegnare agli uffici il testo della parte finale del suo intervento. Al riguardo, la Presidenza chiarisce quanto segue. Come lei sa, il procedimento relativo alle interpellanze è caratterizzato dal principio di oralità, per garantire il contraddittorio con il Governo. Quindi, se lei vuole, in sede di replica, consegnare il testo di eventuali considerazioni aggiuntive, naturalmente questo è possibile.
Ha dunque facoltà di replicare il deputato Ossorio.
GIUSEPPE OSSORIO. La ringrazio, signor Presidente, anche per il richiamo formale alle modalità di svolgimento in Assemblea del rapporto con il Governo in tema di interpellanze.
Innanzitutto voglio ringraziare, ma non formalmente, il viceministro, del quale ammiro sempre il garbo e la qualità della politica, come la sua scuola riesce ancora a porgere.
Le devo dire, signor viceministro, che sono parzialmente soddisfatto per l'avvenire, vale a dire per l'orizzonte che lei ha delineato rispetto ad una questione che sta molto a cuore sia alla sua cultura politica, sia alla mia (che ritengo lei conosca).
Tuttavia, dopo averle evidenziato che Sviluppo Italia possiede undici società controllate direttamente, trenta società controllate indirettamente e diciassette società regionali, e che sostiene un costo annuo di 84 milioni di euro per spese amministrative (ciò significa, per un contabile, spese generali), mi sarei atteso che il Governo dicesse all'Assemblea che, a causa della cattiva conduzione - vale a dire, a causa di quella che oggi definiamo la «qualità» della spesa pubblica -, vorrebbe operare in un determinato modo.
Dal momento che so che lei è molto sensibile a questo argomento, signor viceministro, vorrei ribadire che il problema non è ciò che, forse, verrà realizzato - perché sono certo che lo faremo -, ma quanto non è stato fatto. Si è trattato, infatti, di un disastro finanziario a danno Pag. 16della spesa pubblica! Noi dovremmo farci carico di tale questione, comprendendo perché alcune cose non siano state fatte.
Voglio sottolineare che non ho usato l'espressione «scatole cinesi», perché non appartiene al mio linguaggio, ma ho parlato di «catena piramidale». Il problema, tuttavia, esiste, ed allora ritengo - e sono certo che lei, signor viceministro, si farà carico di ciò - che occorra affrontarlo per capire cosa non è accaduto!
Non sono un liberista, come lei sa bene; anzi, devo dirle che rimpiango la Cassa del Mezzogiorno. Tuttavia, il danno che queste macrostrutture arrecano alla finanza pubblica è enorme: è questo il motivo per cui sono certo che il Governo, nei prossimi tempi, presterà maggiore attenzione sotto tale punto di vista.
Non devo ricordarle l'esperienza, che lei conosce bene, compiuta in Irlanda dall'Industrial Development Agency (IDA): in tal caso, infatti, si è registrata una qualità dell'amministrazione della spesa pubblica molto elevata. Soprattutto, non devo ricordare a lei che, nell'ambito di quella esperienza, il cittadino ha l'opportunità di ottenere informazioni su ciò che compie l'azienda pubblica, nonché sul modo in cui tale agenzia agisce e spende il danaro pubblico.
Vorrei, pertanto, che questo Governo - l'Esecutivo che ho voluto e per il quale, in campagna elettorale, mi sono battuto - affrontasse tale problema, anche perché, in questo modo, potremmo dare finalmente una risposta seria alla questione meridionale.
La ringrazio, signor viceministro: spero che, in un prossimo futuro, avremo modo di interloquire sugli interventi che questo Governo saprà sicuramente realizzare, al contrario di quanto è avvenuto in passato
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.