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Discussione della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura (ore 10,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Marinello ed altri n. 1-00146 sulla crisi del settore della pesca e dell'acquacoltura (Vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che è stata altresì presentata la mozione Franci ed altri n. 1-00153, il cui testo è in distribuzione, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà discussa congiuntamente.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni, che sarà comunque pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna, è in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Marinello, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00146. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, vi era proprio la necessità che presentassimo una mozione sulla crisi del settore della pesca per far sì che una questione così importante e così fondamentale venisse all'attenzione del Parlamento, perché su di essa potessimo discutere e confrontarci e, alla fine, si potesse - e questo è veramente il mio auspicio - trovare un'ampia e condivisa soluzione e quindi un'ampia approvazione della mozione a mia prima firma (ma anche della mozione presentata dal collega Franci e da altri colleghi). Il fatto stesso, d'altronde, che le due mozioni contengano spunti per certi versi assolutamente condivisibili e affrontino in maniera abbastanza completa ed esaustiva una questione così importante in un settore Pag. 5antico e tradizionale del nostro paese, oggi in gravissime difficoltà, dimostra che la mozione ha già raggiunto una parte significativa dei propri obiettivi.
Il fatto stesso, quindi, che tali argomenti possano venire all'attenzione dell'Assemblea e possano determinare - così come auspichiamo - un ampio voto favorevole rappresenta evidentemente un buon viatico per affrontare in maniera seria queste problematiche.
Prima di illustrare nel dettaglio la mozione a mia prima firma è giusto fare qualche riflessione sul comparto della pesca, che è assolutamente strategico nel nostro paese per una serie di motivazioni che brevemente accennerò.
Per cominciare, si tratta di un settore che riguarda moltissime regioni d'Italia, e cioè tutte quelle che sono bagnate dal mare Mediterraneo, anticamente definito come mare nostrum proprio per evidenziare il legame stretto tra la nostra nazione, l'Italia, ed il mare Mediterraneo medesimo. Questo comparto interessa tante e tante comunità locali e ha interessato ed interessa una serie di attività tradizionali, coinvolgendo non soltanto l'attività della pesca in senso stretto ma tutto quello che c'è a monte e a valle.
Questo è un settore che inizia con la cantieristica tradizionale delle imbarcazioni in legno, che oggi si va sempre più evolvendo nella cantieristica più moderna, e che interessa una serie di attività collaterali, relative all'armamento necessario per poter svolgere un'attività di questo genere, ampi settori del commercio, le industrie ittico-conserviere e così via.
I numeri stessi del settore della pesca lo dimostrano, anche se apparentemente sono dei numeri abbastanza modesti perché in Italia, grosso modo, esistono e sono in attività 13-14 mila armamenti e l'occupazione primaria è rappresentata da 40-50 mila addetti; ma tutto quello che smuove questo sistema è molto più ampio e, così come ho detto prima, ha la caratteristica di essere ampiamente diffuso sul territorio nazionale, dalla Liguria alla Toscana, scendendo sino alla Calabria ed al resto della penisola, alla Puglia e ad altre importanti marinerie, alle marinerie dell'Adriatico e alle marinerie siciliane (al riguardo, ricordo all'Assemblea che soltanto le marinerie siciliane rappresentano circa un terzo dell'intero settore nazionale).
Questo è un settore caratterizzato, tra l'altro, anche da un altro dato che voglio qui ricordare: il nostro è un paese fortemente importatore di materie prime perché le marinerie oggi non riescono assolutamente a soddisfare il fabbisogno nazionale e quindi si è costretti ad importare altro prodotto, pescato non soltanto nel mare Mediterraneo, ma che viene anche della pesca oceanica. Ciò, evidentemente, è un altro parametro di cui si deve tener conto, per due ordini di motivazioni. Anzitutto, il Mar Mediterraneo ha evidentemente delle caratteristiche: è quasi un mare chiuso e insistono nel Mar Mediterraneo tutta una serie di marinerie di altri paesi anche extracomunitari (vengono a pescare nel Mar Mediterraneo anche delle flotte non europee e non mediterranee - scusate il gioco di parole - provenienti da tutte le parti del mondo). Ma, al contempo, la marineria italiana e gli armatori italiani non hanno avuto la forza, nell'arco di questi decenni, di riuscire a competere con il sistema internazionale: ad eccezione di alcune marinerie - in particolare qualcuna nell'Adriatico e quelle mazaresi e siciliane - la presenza delle flotte italiane nella pesca oceanica non è così significativa come, ad esempio, quella di altri paesi.
Tutto il comparto di cui stiamo discutendo, tra l'altro, nell'arco degli ultimi decenni è stato contrassegnato da una serie di crisi e di fenomeni di natura strutturale, caratterizzati e determinati da alcuni aspetti che voglio qui assolutamente citare.
Ad esempio, la vecchiaia dei nostri armamenti, caratterizzati proprio dalla vetustà dei motori e delle imbarcazioni stesse e da una serie di pratiche di pesca oggi assolutamente non in linea con le normative europee, e quindi costretti ad uscire progressivamente fuori dal mercato per quella doverosa tutela di natura ambientale di cui bisogna tener conto.Pag. 6
Ma il fenomeno è stato particolarmente aggravato - e si è aggravato - anche per una scarsa attenzione, da parte delle regioni e anche dello Stato, nei confronti di questo settore.
Tutto ciò ha determinato anche uno scarso turn over, e quindi si è costretti ad imbarcare sempre più nelle nostre flotte cittadini extracomunitari, anche in ragione del fatto che c'è stata una scarsa attenzione nei confronti di questa problematica ed una scarsa formazione che potesse consentire il naturale avvicendamento.
Altra motivazione, di cui evidentemente dobbiamo tener conto, è il grandissimo aumento (ormai assolutamente fuori da ogni misura) della materia prima necessaria per esercitare le battute di pesca, cioè il carburante.
Il carburante - lo ricordiamo - rappresenta infatti la voce primaria tra le spese necessarie per affrontare una battuta di pesca. In alcuni casi si tratta di centinaia e centinaia di chili al giorno di carburante (per le imbarcazioni più significative si parla di decine di quintali di carburante al giorno). Anche se questa materia prima è sprovvista di accise, e quindi il costo pagato dall'armatore equivale proprio a quello della materia prima è il costo industriale (cioè non c'è un sovrapprezzo dovuto al sistema delle accise), tutto ciò determina uno scompenso di natura economica, e quindi molto spesso le stesse battute di pesca non sono più assolutamente remunerative.
Ad aggravare tutto questo quadro dobbiamo citare anche una situazione della quale ci occupiamo fin dalla passata legislatura. Tra il finire del 2000, e l'inizio del 2001, sotto il Governo D'Alema, si procedette ad una rivisitazione delle tabelle che inquadravano e consideravano i lavori particolarmente usuranti e, per incomprensibile e strano motivo, l'attività dei marittimi imbarcati in attività di pesca venne esclusa da quelle tabelle usuranti e, quindi, quell'attività oggi non dà più la possibilità - così com'è giusto e logico che sia - di poter accedere a determinati benefici.
Voglio proprio citare e sottolineare la stranezza di tutto questo, perché se non è lavoro usurante un lavoro come quella dei marittimi che per 200-250 giorni l'anno, praticano attività in condizioni difficoltose, talvolta in condizioni estreme, mi chiedo quale può essere il lavoro usurante. Mi si consenta di dirlo da medico, da sanitario e quindi per la particolare attenzione che ho nei confronti di queste problematiche: l'attività dei marittimi è un'attività caratterizzata da una serie di patologie professionali che determinano molto spesso malattie croniche e anche un invecchiamento precoce. Mi si consenta di ricordare i particolari rischi a cui sono sottoposti i marittimi.
Colgo inoltre l'occasione per ricordare qui in Assemblea l'ultimo naufragio che ha riguardato un'imbarcazione italiana, siciliana in particolare, la Karol Woityla; voglio qui ricordare i 4 marittimi imbarcati, che in modo assolutamente non casuale, sono tutti familiari tra loro: un papà, Francesco Grimaudo, e i suoi tre figli, Giacomo, Leonardo e Salvatore. Al di là del fatto specifico, una famiglia - si tratta di un padre con i suoi tre figli - completamente distrutta, ciò mostra anche un'altra caratteristica prevalente nel sistema della pesca italiana, ovvero la familiarità. A proposito di questo naufragio, prego il Governo di prestare un attimo di attenzione. Devo segnalare che in questa circostanza vi sono stati notevoli ritardi da parte della marina militare, da parte della guardia costiera, perché non si è riusciti a localizzare in tempo utile l'area del naufragio; devo anche segnalare che soltanto altri marittimi, altri armatori, altri marinai, hanno localizzato per primi la zona del naufragio. Infatti, ci sono state ben quattro imbarcazioni che, in situazioni estremamente difficoltose, hanno dovuto presidiare per ventiquattro ore quella difficile area di mare. Questi ritardi, tra l'altro della marina militare e della guardia costiera, hanno determinato non solo altre condizioni di pericolo, ma soprattutto delle condizioni di incertezza, che in quella situazione assolutamente disperata per i familiari, ma anche per i colleghi di Pag. 7lavoro e per tutta la marineria, per tutta la città di Trapani, hanno contribuito ad esasperare gli animi provocando momenti di grande tensione. L'unico ente pubblico che ha subito prestato immediata solidarietà - mi dispiace dirlo - non è stato lo Stato, ma la provincia di Trapani; in una occasione di questo genere, avremmo voluto una maggiore presenza dello Stato nelle persone del ministro o comunque dei sottosegretari. Evidentemente, c'è stata, non voglio dire scarsa sensibilità, ma sicuramente molta disattenzione. Per ritornare al merito del problema, abbiamo segnalato nelle premesse della nostra mozione, una serie di problematiche che caratterizzano oggi l'intero comparto e abbiamo proposto delle soluzioni, che voglio brevemente illustrare
Innanzitutto, uno degli impegni che erano stati assunti dall'attuale Governo, in sede di legge finanziaria, era quello di occuparsi dell'estensione del regime speciale IVA, così come era stato previsto nella legge 11 marzo del 2006, n. 81. A tal proposito, devo ricordare all'Assemblea che in quel provvedimento, varato dal Governo Berlusconi e fortemente voluto dalla maggioranza di allora e dal sottosegretario Paolo Scarpa, che aveva allora una delega specifica (altra piccola anomalia di questo Governo che non ha previsto istituzionalmente una figura che si occupi in maniera esclusiva di pesca), si era individuato questo percorso che avrebbe potuto garantire una sorta di perequazione tra produttori agricoli e pescatori. Si era individuato un percorso, si era varata una disposizione, si era anche stanziata una posta in bilancio.
Da quella data, poi, sappiamo come sono andate le cose: ci sono state le elezioni. Gli uffici e il Governo non hanno predisposto tutti gli atti necessari nonostante le nostre sollecitazioni e nonostante che il Governo, più volte da noi richiamato, avesse rassicurato di voler rispondere su tali argomenti. Adesso ci si trincera dietro una serie di questioni che riguardano le problematiche di natura europea, vale a dire la compatibilità tra questo sistema e le regole in tema di aiuti previste dall'Unione europea.
A tal proposito, voglio proporre un'idea all'Assemblea. Si tratta di una questione, cari colleghi, sulla quale dobbiamo assolutamente meditare e confrontarci. Ormai è da diversi anni che il settore della marina mercantile, per quanto riguarda il sistema della pesca, è stato completamente «traghettato» - voglio usare questo termine - verso le competenze del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Oggi, non possiamo non sottolineare come una serie di interventi legislativi introdotti dal 2001 in poi - voglio ricordare il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, il decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, e la stessa legge 11 marzo 2006, n. 81 - tendano sempre più ad assimilare questo settore produttivo ad un comparto agricolo vero e proprio. Non ci si rende assolutamente conto degli effetti che derivano da questa scelta. Dobbiamo sviluppare un'azione politica e uno sforzo comune per evitare che la discriminazione tra i due sistemi - quasi una sorta di conventio ad excludendum - possa assolutamente continuare.
Guarda caso, tale sistema continua ad operare a sfavore della pesca. Infatti l'IVA forfettaria, il credito di imposta, lo stesso sistema della valutazione della cassa integrazione, gli interventi in favore delle associazioni di produttori e così via sono tutte misure che riguardano il comparto agricolo. Ebbene, non ci rendiamo assolutamente conto della difficoltà di mutuare questo genere di interventi per il comparto della pesca.
Tra l'altro, voglio ricordare che si tratta di numeri non così ampi, tali da impensierire le casse del bilancio dello Stato.
Dunque, mi rendo conto che bisogna lavorare molto, ma ritengo che si debba utilizzare un percorso di questo genere per arrivare a perequazioni che possano garantire una sostanziale parità di trattamento tra questi soggetti, oggi sottoposti alla competenza del medesimo Dicastero.
Una delle cose che noi chiediamo nella nostra mozione, ad esempio, è l'estensione Pag. 8per il 2007 del regime speciale IVA, cosa che dovrebbe essere assolutamente agevole visto che c'è una posta in bilancio. Chiediamo anche una valutazione benevola per il periodo dal 2007 al 2013 in merito all'applicazione del credito di imposta, in maniera tale che ci possa essere una sostanziale piattaforma per rilanciare la competitività dell'intero comparto.
Un altro argomento che ci sta particolarmente a cuore è il sistema fiscale. Oggi, siamo perfettamente convinti che tutto il sistema di sperequazioni a danno del comparto della pesca, mi riferisco in particolare agli studi di settore, non farà altro che penalizzare la pesca italiana e creare delle condizioni addirittura di svantaggio per essa. Gli studi di settore, tra l'altro, signor Presidente, prendono in considerazione il costo del carburante tra gli indici di riferimento. Come ho detto poc'anzi, il costo della carburante per la maggior parte delle tipologie di armamento, cioè per le imbarcazioni che si trovano a diverse ore e giornate in mare, rappresenta una quota importantissima del costo di produzione; allora non è opportuno considerarlo in maniera assolutamente acritica come uno dei fattori di produzione e di reddito e non come un fattore sfavorevole, visto che tra l'altro non c'è assolutamente garanzia di produzione del reddito in una battuta di pesca, non si tratta di un investimento ad utile garantito o di una attività industriale simile a tutte le altre. La pesca costituisce infatti una attività che comporta notevoli rischi, comporta perdite e una serie di difficoltà. Dunque, non trovare un sistema di compensazione, andando a rivedere ad esempio il sistema degli studi di settore almeno per quanto riguarda questo comparto, a mio avviso, rappresenta sicuramente un danno per il settore.
Nell'attesa di riesaminare tali questioni, a mio avviso, occorre una moratoria, poiché il problema è impellente, vista l'immediata applicazione degli studi di settore ed il fatto che nelle prossime settimane i consulenti delle cooperative di pesca e dei pescatori si occuperanno di questo tema. Con la sospensione proposta nella nostra mozione - chiaramente siamo pronti a valutare in questa sede eventuali proposte del Governo - si possono creare condizioni molto interessanti.
Occorre inoltre riflettere sulla situazione della marineria italiana nel bacino del Mediterraneo, non soltanto in riferimento al rapporto con gli altri paesi dell'Unione europea, ma soprattutto a quello con i paesi non comunitari, cioè i paesi frontalieri (penso specialmente ai paesi del Maghreb: al Marocco, all'Algeria, alla Tunisia e alla Libia) che stanno utilizzando sempre più flotte molto aggressive, creando discrepanze per una serie di motivazioni.
Innanzitutto, si assiste, da parte di questi paesi, alla tendenza ad aumentare unilateralmente l'area di loro competenza, tanto che è in atto un contenzioso con i paesi dell'Unione europea relativo alla valutazione del concetto di «acque territoriali» è ciò costituisce il primo problema.
Il secondo attiene alla mancanza, per le nazioni sopra citate, di vincoli di natura comunitaria (come invece ha l'Italia) relativi ai sistemi di pesca. Tali paesi praticano sistemi di pesca obsoleti ed estremamente invasivi, hanno armamenti (che non ho difficoltà a definire dal punto di vista delle risorse ittiche ed ambientali) quasi «di rapina», che tendono a depauperare enormemente le risorse ittiche creando condizioni di grande difficoltà ai nostri armatori. Infatti, grazie a simili sistemi di pesca e di prelievo, nonché alla maggiore competitività dovuta al bassissimo (quasi inesistente) costo del lavoro ed alle inesistenti condizioni di sicurezza del lavoro creano situazioni di difficoltà ed esportano il loro prodotto verso l'Italia o verso i paesi comunitari a dei prezzi notevolmente più bassi.
Tutto ciò sta creando, in particolare, una situazione di emergenza nel settore del gambero rosso, che da sempre ha visto e continua a vedere (per dire la verità) la leadership della marineria italiana di Mazara del Vallo non soltanto in Europa, ma in buona parte delle marinerie mondiali. Sicuramente, per il tipo di pesca praticato dalle flotte magrebine, ciò non durerà a lungo.Pag. 9
Altro tema affrontato nella nostra mozione è quello relativo al sistema di rilevazione satellitare, il cosiddetto blue box. Si tratta di un meccanismo, imposto da norme comunitarie, che le nostre imbarcazioni sono costrette a montare, a manutenere e a pagarsi, perché non si paga soltanto il costo dell'attrezzatura, ma anche quello di gestione dell'intero sistema.
Tuttavia, nel vasto sistema di proroghe e deroghe esistenti, risulta che alcune fasce di armamento sono state esentate dall'obbligo, mentre altre devono dotarsi del sistema di rilevazione satellitare, creando una sperequazione tra armatori, quindi tra colleghi, e rappresentando, al di là di tutto, un costo aggiuntivo che le nostre marinerie non possono sopportare.
Noi abbiamo proposto, nel corso dell'esame della legge finanziaria, alcune ipotesi alternative, ed abbiamo presentato due emendamenti che prevedevano la possibilità di far slittare di almeno un anno l'approvazione definitiva del sistema blue box, nonché altri emendamenti con i quali abbiamo chiesto la compartecipazione dello Stato non nell'acquisto delle attrezzature, ma nella gestione dell'intero sistema.
Nella presente mozione, chiediamo oggi una moratoria che consenta di spostare in avanti l'applicazione del sistema del blue box. Devo anche dire che sembra che la tecnologia abbia messo a punto altri strumenti che danno uguali possibilità di sicurezza e di controllo con costi di gestione molto più contenuti e, quindi, si tratta di una strada che va sicuramente percorsa.
Un'altra questione, oggetto della mozione, sulla quale intendiamo confrontarci con il Governo, è il tema degli interventi strutturali, vale a dire del Fondo europeo della pesca 2007/2013 (il cosiddetto FEP), che rappresenta un pacchetto importantissimo per il settore: trattasi di circa 700 milioni di euro tra i fondi comunitari e i fondi messi a disposizione dallo Stato e dalle regioni. Abbiamo l'impressione, infatti, che vi siano notevoli ritardi dovuti ad una serie di difficoltà che oggi incontra il Ministero delle politiche agricole a rapportarsi con le regioni in sede di Conferenza Stato-Regioni. Non ci appassioniamo più di tanto alla questione relativa all'individuazione del soggetto competente a gestire materialmente le risorse, perché ci rendiamo conto che probabilmente è una sorta di gara, o di guerra, tra burocrazie nazionali e burocrazie regionali. Siamo dell'idea, però, che questi fondi vadano spesi al più presto e che, quindi, bisogna far partire immediatamente una programmazione triennale. Riteniamo inoltre che rendere più vicina alle marinerie la gestione della spesa e, con ciò, attribuire maggiori competenze e maggiori fondi a livello regionale, possa garantire più efficienza ed efficacia nella spesa stessa.
L'altro aspetto affrontato nella mozione riguarda un problema specifico, che si ripete ormai molto spesso: il fenomeno della mucillagine nell'Adriatico, che sta creando grandi difficoltà alle marinerie del Veneto, del Molise, delle Marche e, via via, anche della Puglia. Su questo tema chiediamo che il Governo si impegni a dare risposte esaustive ed in tempi assolutamente rapidi. Tra l'altro, proprio in queste regioni - mi riferisco ad esempio alla Puglia, dove mi sono recato la settimana scorsa per incontrare le marinerie locali - c'è una certa ritrosia da parte degli armatori a sospendere l'attività. Tale ritrosia sta per diventare pericolosa perché, come lei sa benissimo, signor sottosegretario, dall'incredulità spesso poi si passa alla totale sfiducia nei confronti dello Stato e delle istituzioni in relazione all'erogazione di eventuali aiuti e provvidenze.
Per ultimo, ma non da ultimo, nella mozione di cui sono primo firmatario, chiediamo un intervento forte e serio del Governo volto a rivedere la questione dei marittimi imbarcati, con particolare attenzione alla possibilità di poter inquadrare questa categoria tra le tabelle dei lavori usuranti, poiché siamo fondamentalmente convinti che così facendo compiremmo sicuramente un atto di equità e di giustizia.
Ho sommariamente esposto una serie di questioni da noi rappresentate nella mozione; ho anche letto con attenzione la Pag. 10mozione presentata dai colleghi della maggioranza, che sicuramente contiene spunti interessanti e condivisibili. Ritengo che oggi il Parlamento debba confrontarsi su questi temi in maniera assolutamente «laica», scevra da pregiudizi, per trovare soluzioni che possano condurre ad una valutazione complessiva e positiva dei temi affrontati, poiché sono convinto che un comparto così importante che guarda con attenzione all'attività del Parlamento necessiti di risposte positive (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Maderloni, che illustrerà anche la mozione Franci n. 1-00153, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
CLAUDIO MADERLONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, non posso non condividere la parte iniziale del discorso del deputato Marinello. Il comparto della pesca non può essere considerato solo con riferimento all'imbarcazione che va in mare ed effettua la raccolta del pesce: è un comparto enorme, che coinvolge tante persone, al di là dell'atto della pesca. Posso citare, ad esempio, le imprese artigiane collegate alla costruzione delle imbarcazioni, fino ad arrivare alla distribuzione nel mercato ed a quella all'interno dei ristoranti. Si tratta, quindi, di un comparto strategico e di interesse per la nostra nazione.
Il trend degli ultimi anni evidenzia un calo costante sia della produzione lorda vendibile, sia del numero degli addetti al settore della pesca. La pesca artigianale - o piccola pesca costiera -, con i suoi 10.296 battelli su un totale di 15.915, rappresenta il segmento più numeroso della flotta italiana e costituisce, inoltre, l'attività prevalente in molte regioni italiane e in diversi Paesi del bacino del Mediterraneo.
Sulla fascia costiera sono concentrati troppi interessi di attori in conflitto tra loro e, tra questi, i pescatori artigiani rappresentano l'anello più debole. Tale attività economica, malgrado costituisca l'attività tradizionale più antica e radicata e rappresenti ancora, per numero di imbarcazioni e di addetti, un vero e proprio presidio della fascia costiera, negli ultimi decenni è andata incontro ad un'involuzione che l'ha relegata ad un ruolo marginale da un punto di vista sia economico che sociale.
Tutto il settore della pesca, comunque, è investito da un processo di ristrutturazione e riorganizzazione, con un calo della consistenza numerica delle imprese e degli occupati. L'ammodernamento del patrimonio peschereccio e la riduzione dello sforzo del pescato stanno condizionando fortemente le prospettive di tutto il settore. Si considerino, altresì, gli indirizzi delle politiche comunitarie - che hanno sollecitato misure di organizzazione e di attenzione allo sfruttamento delle risorse del mare e del ripopolamento ittico - e gli effetti negativi in termini di aumento dei costi, ad iniziare da quello del gasolio, che incide per circa il 40 per cento sui costi di produzione, aggiungendosi ai costi di manutenzione e funzionamento dei sistemi di localizzazione satellitare.
Tali fattori hanno contribuito fortemente alla crisi del settore. Malgrado ciò, si è registrato un processo di diversificazione produttiva, che ha attenuato la crisi, sviluppando l'attività di acquacoltura e di marinicoltura e l'avvio di esperienze significative nell'ambito del turismo ittico e della pesca, incentivate dal decreto legislativo n. 226 del 2001. Si è registrata, inoltre, l'intensificazione dell'ammodernamento della filiera, unitamente allo sviluppo della qualità delle iniziative, volte a stabilire legami sempre più saldi tra il settore e l'identità agroalimentare del Paese. A ciò si aggiunga un più accentuato associazionismo - con la coesione tra gli addetti alla piccola pesca - per frenare la tendenza ad un'ulteriore marginalità sociale, tendenza alla quale l'associazionismo ha dato risposta, dopo l'inserimento nei fondi strutturali 2000-2006, attraverso l'adozione di specifiche misure per la piccola pesca costiera.Pag. 11
In particolare, ne sono conseguenza i progetti collettivi integrati, riguardanti la sicurezza, l'innovazione tecnologica, l'organizzazione della catena di produzione, la trasformazione e la commercializzazione, la formazione, la riqualificazione professionale, proposti in ambito consortile - con la gestione affidata alle regioni - da cooperative di pescatori, da gruppi di proprietari di imbarcazioni da pesca e da nuclei familiari di pescatori attivi nel settore.
Una rilevante incidenza positiva, in particolare per quanto concerne l'abbattimento degli oneri previdenziali a carico delle imprese, è derivata dalla proroga delle agevolazioni tributarie e contributive (decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1998, n. 30), che risulta valida anche per l'anno corrente.
A partire dall'anno in corso, è divenuta operativa la nuova programmazione europea del Fondo europeo per la pesca, che assegna all'Italia, come finanziamento comunitario complessivo, 376,5 milioni di euro, destinati nella misura di 282,5 milioni alle regioni dell'obiettivo convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e, nella misura di 94 milioni, alle restanti regioni. A tali risorse, bisogna aggiungere il cofinanziamento degli interventi da parte dell'Italia, in modo che l'impegno finanziario complessivo per il settore nei prossimi sette anni ammonti a circa 700 milioni di euro. A livello comunitario, è in via di definizione la fase attuativa della nuova disciplina relativa ai sistemi della pesca nel Mediterraneo. Al riguardo, occorre tener conto che nel 2010 era presente il termine a partire dal quale è prevista la creazione di un'area di libero scambio tra i paesi del Mediterraneo. A livello nazionale, dovrà essere approvato il prossimo piano triennale della pesca e dell'acquacoltura.
Con la legge finanziaria del 2007, analogamente a quanto disposto per l'agricoltura, sono state prorogate le agevolazioni fiscali a sostegno del settore della pesca. Più in generale, in un contesto tanto complesso, occorre dare atto al Governo: dell'impegno profuso in questi mesi a sostegno della pesca italiana nell'ambito dei negoziati a livello comunitario ed internazionale; della capacità di ristabilire un confronto costruttivo per le regioni, mentre in passato si erano registrate forti tensioni che hanno nuociuto a tutto il settore; del proficuo rapporto che è stato in grado di sviluppare con il sistema associativo e cooperativo, in assenza del quale non è possibile realizzare alcun rafforzamento della qualità e della competitività del sistema italiano delle imprese operanti nel settore della pesca; rispetto all'emergenza determinata in questi giorni dalla precoce presenza delle mucillagini nel mare Adriatico, della tempestiva decisione di costituire una unità di emergenza per la gestione della crisi, che permette di rendere operativo uno strumento utile a definire l'intervento necessario.
La nostra mozione impegna il Governo: ad orientare la politica della pesca ad un'azione di forte rilancio del settore, che si fondi sulle grandi linee di indirizzo; a sottolineare il rilievo dell'attività della pesca e di chi concretamente la esercita nell'identità culturale ed economica dell'Italia e a valorizzare i prodotti della pesca come parte integrante del patrimonio agroalimentare e delle tradizioni enogastronomiche del Paese, anche nella prospettiva di promuovere la presenza dei mercati esteri; ad individuare, nella creazione di un'area di libero scambio nel Mediterraneo, una fondamentale opportunità sia di sostegno all'interscambio culturale e alle prospettive di pace, sia di sviluppo e crescita per i paesi che su questo mare si affacciano; ad evidenziare e sostenere il ruolo della pesca e dei pescatori nelle politiche di salvaguardia e valorizzazione delle risorse dei mari, non solo con riferimento alle specie ittiche, ma anche in relazione alla ricchezza ambientale, alla tutela del patrimonio culturale di importanti aree del Paese, allo sviluppo della ricerca; a favorire la riorganizzazione e la competitività, attraverso lo sviluppo dell'associazionismo e della cooperazione.Pag. 12
Per quanto concerne le misure di carattere economico-finanziario, inoltre, la mozione impegna il Governo ad adottare investimenti rivolti in particolare: a rendere operativa l'estensione del regime IVA del settore della pesca, così come previsto dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni nella legge 11 marzo 2006, n. 81; a fare in modo che al settore possa applicarsi il credito di imposta per l'acquisizione di nuovi beni strumentali, di cui ai commi da 271 a 278 della legge 27 dicembre 2006, n. 296; a verificare la possibilità di superare gli studi di settore attualmente vigenti, orientandoli verso i nuovi strumenti fiscali; a verificare la possibilità, nell'ambito dell'istruttoria relativa al riordino del sistema pensionistico, di inserire l'attività dei pescatori tra i lavori particolarmente usuranti; a sostenere tutte le attività volte a sviluppare la multifunzionalità del settore attraverso la progressiva uniformazione della disciplina relativa alla pesca e al settore agricolo, come previsto dalla legge 5 marzo 2001, n. 57, e dai decreti legislativi adottati in attuazione di tale legge.
Inoltre, la mozione impegna il Governo a favorire la modernizzazione del settore e a promuoverne la qualità, in particolare attraverso interventi volti ad agevolare e a sostenere la tracciabilità della filiera ittica; ad attuare una riforma volta a semplificare e ridurre gli oneri burocratici e amministrativi ai quali il settore è soggetto; a favorire il rafforzamento dei rapporti tra il sistema della ricerca e il settore ittico coinvolgendo il sistema associativo e cooperativo, che rappresenta gran parte del settore, e l'associazionismo; ad approvare e rendere esecutivo in tempi brevi il piano triennale per il settore come strumento fondamentale di orientamento e programmazione che permetta di superare le incertezze e la provvisorietà che hanno caratterizzato gli interventi in questi ultimi anni.
In conclusione, concordo con l'onorevole Marinello sulla necessità che il Parlamento esprima un orientamento che sia il più unitario possibile perché le marinerie non hanno la necessità di constatare quale parte politica sia stata più attiva, hanno la necessità che il Governo a e lo Stato intervengano in questo settore. Esse tengono in considerazione il nostro lavoro, che credo, con il dibattito di oggi, possa condurre ad una giusta soluzione.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Di Gioia, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, sul problema della pesca vanno rilevati alcuni aspetti. Innanzitutto porrei una questione di metodo operativo, considerato che gli argomenti si discutono anche in Commissione. Pochi giorni fa, in occasione della discussione delle mozioni concernenti il problema della siccità avevo rivolto l'invito ad unificare il testo dei quattro documenti di indirizzo presentati: pur avendo lo stesso contenuto sono state presentate quattro mozioni separate solo perché ciascun presentatore non voleva attribuire agli altri il merito di aver presentato per primi i documenti in oggetto.
Per coerenza, rivolgo oggi lo stesso invito. Chiedo di non utilizzare una prassi, che è un po' da consiglio comunale e forse meno da Parlamento, quando si affrontano temi così importanti perché onestamente la mozione presentata in extremis dalla maggioranza è di fatto una fotocopia di quella che ha presentato il collega Marinello. Al riguardo il collega Marinello afferma che in quella mozione ci sono alcuni spunti, ma lo dice perché è buono! Non ci sono buoni spunti; sono più o meno gli stessi, avete aggiunto o tolto piccole cose, ma alla fine non cambia assolutamente nulla. La vostra mozione è uguale a quella del collega Marinello e la presentate per farne votare due separatamente o per poter dire domani che ci sono due mozioni: una di Forza Italia ed una della maggioranza. Credo che sia un modo sbagliato di dare un messaggio agli operatori della pesca come era stato, credo, un messaggio sbagliato quello che abbiamo Pag. 13dato con le quattro mozioni praticamente uguali sul problema della siccità.
Ora l'invito che faccio è quello di convergere su un unico documento di indirizzo. Per coerenza sottoscriverò quindi la mozione Marinello n. 1-00146, che è stata presentata per prima, chiedendo però uno sforzo da parte della maggioranza in questo senso.
Il problema della pesca rimane serio, ma bisogna anche essere chiari perché riguarda un settore importante. Proprio per tale ragione avrei voluto presentare anch'io una mozione, puntando però su altri aspetti, cercando in particolare di mettere in evidenza il fatto che con la concorrenza estera sono molti i settori e i comparti oggi in crisi, non solo quello della pesca.
Si pone anche il problema di investire sul territorio. Una cosa che non è stata ricordata è che la pesca crea nelle zone costiere e mantiene una antropizzazione. Si vive ancora la zona costiera grazie ai porti e all'attività degli artigiani che lavorano sul territorio nel comparto della pesca. C'è ancora vita, si mantiene ancora viva la tradizione, si mantiene ancora vivo il mare, non solo dal punto di vista turistico con i grandi centri di accoglienza. Diventa allora importante investire sul territorio, sulle tradizioni, sulle comunità, sull'indotto e su un lavoro che oggi è minato da una serie di conseguenze.
Da leghista dovrei anche dire che l'obiettivo convergenza apporta l'80 per cento dei fondi destinati, guarda caso, sempre alle solite quattro regioni meridionali, chissà perché? La pesca esiste anche in Veneto e ha una grande tradizione, la Serenissima. Esiste nella mia Emilia-Romagna, esiste nelle Marche, esiste in Liguria: noi in Padania non siamo esenti dalla pesca. Il problema della mucillagine ci ha toccato in prima persona.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,30)
ANGELO ALESSANDRI. Credo si debba dare - e lo dico in maniera positiva, collega Marinello - una sorta di segnale anche alla pesca padana, per fare un po' più lobby, per cercare di farsi «pesare» e di farsi «contare». Mi sembra infatti che in questo frangente si evidenzi ancora una volta come il comparto produttivo della Valle padana risulti sempre la ruota di scorta e quando si destina un aiuto, esso è pari al 20 per cento delle risorse, mentre l'80 per cento finisce sempre alle solite regioni. Questo deve essere un monito, un messaggio: la Padania, anche nella pesca, si svegli!
Resta però un dato di fatto: quelli contenuti nella mozione sono aiuti a un settore. A volte è importante capire quando un settore è in crisi, però dobbiamo comprendere che ci sono anche altri settori in cui dovremmo cercare di trovare soluzioni: penso ad esempio al comparto dei servizi, molto in crisi con la concorrenza estera, penso ai mercati della maglieria, delle scarpe, del biomedicale, che comincia ad essere insidiato, della ceramica. Oggi vi sono moltissimi comparti in grande sofferenza, però, considerato il contesto agroalimentare ed enogastronomico del nostro Paese, si è deciso di prestare un'attenzione particolare a determinati settori.
All'interno di tutta la serie di aiuti previsti, anche nell'ultima finanziaria e nelle ultime leggi, vi sono alcuni sgravi (ad esempio per l'IVA, per l'esenzione contributiva), che rappresentano un segnale positivo, che vanno in aiuto ad un settore in difficoltà. Pertanto, per quanto ci riguarda, oltre a sottoscrivere la mozione del collega Marinello, vogliamo rilevare che quello in esame non è un problema - come ricordava Marinello - solo di Forza Italia, seppure nella scorsa legislatura se ne era fatto, anche con il sottosegretario Scarpa, una sorta di cavallo di battaglia, si era investito anche dal punto di vista politico in questo senso. Noi allora facemmo la nostra parte e oggi non ci tiriamo indietro.
Vogliamo dare un segnale positivo all'intero comparto della pesca, vogliamo darlo all'intero comparto agroalimentare, vogliamo però darlo in maniera unitaria, Pag. 14perché noi siamo opposizione, altri sono maggioranza, e si rischia pertanto di presentare molte mozioni differenti.
Ho il sospetto - di solito ad avere sospetti, mi dicono, si pensa male, si fa peccato, però purtroppo spesso ci azzecco, e allora continuo a pensare male e ad avere sospetti - che si presentino tante mozioni-fotocopia perché non c'è una volontà reale di occuparsi del problema, per cui si approva una mozione che non avrà alcun seguito dal punto di vista operativo. Ciò che chiedo invece è di dare un segnale di unità: un'unica mozione, in modo che vi sia un Parlamento compatto, che dia al settore un segnale chiaro, nel senso che se c'è una sofferenza, se c'è un momento di grande difficoltà, lo Stato non «sparisce» ma viene a dare una mano ed è vicino e accompagna il settore per cercare soluzioni per farlo ripartire.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sperandio. Ne ha facoltà.
GINO SPERANDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, pur esprimendo il consenso di Rifondazione Comunista alle mozioni, provo un certo disagio, nel senso che mi pare che oggi, di fronte al rischio capitale della desertificazione nel Mediterraneo, si parli della pesca semplicemente in termini economici. Ciò che sta succedendo nel Mediterraneo ha aspetti epocali e rischia di impoverire le prossime generazioni di uno degli ambienti più delicati e più belli che vi siano al mondo. Il Mediterraneo, il nostro mare, che conosciamo come un grande mare, è in realtà un mare piccolo, delicato, che ha uno scarsissimo ricambio d'acqua. Questo piccolo mare rischia di essere travolto dalla rivoluzione climatica che sta attraversando il nostro pianeta.
Oggi nel Mediterraneo sono ricomparse specie che probabilmente non erano più presenti da duecentomila anni. Inoltre, il Mediterraneo, in particolare l'Adriatico, è interessato da un processo di eutrofizzazione che rischia di far diventare proprio l'Adriatico, vale a dire la culla di quella civiltà cui poc'anzi faceva riferimento l'onorevole Alessandri, sostanzialmente un lago morto.
La questione vera della pesca riguarda proprio l'oggetto, cioè il patrimonio ittico, che noi dobbiamo salvaguardare. Va benissimo quindi la mozione illustrata dal collega Maderloni, che noi abbiamo sottoscritto, ma ritengo necessario, sia come Commissione agricoltura sia come Parlamento, compiere uno sforzo maggiore, affrontando la questione locale in maniera globale. Credo che sarebbe davvero francamente misero per un Parlamento ritenere che l'impoverimento delle possibilità di pesca nel Mediterraneo sia dovuto in gran parte all'aggressione maghrebina al patrimonio ittico mediterraneo. Ritengo che la questione sia diversa. In questi anni abbiamo pensato alla pesca come ad un patrimonio sostanzialmente infinito; in realtà esso non è un patrimonio infinito e, proprio per tale motivo, deve essere tutelato.
Per Rifondazione Comunista la questione va affrontata tenendo conto anche di questo complesso di avvenimenti, quali l'accelerazione del fenomeno della mucillagine, l'impoverimento dei santuari di riproduzione dei tonni, il fatto che sempre meno delfini si vedono in questo benedetto mare Mediterraneo, che i cetacei sono a rischio di estinzione e che si trovano, persino nell'Adriatico, pesci tropicali. Tutto ciò allude ad un'altra realtà.
La mia non vuole essere una critica alla mozione del collega Marinello, ma, a mio avviso, la questione della pesca va valutata davvero in maniera complessiva. La sensibilità di ognuno di noi è stimolata dalle persone che ci raccontano le loro storie, le loro esperienze e le loro difficoltà di lavoro, ma oggi - come ha ricordato l'onorevole Marinello - la pesca in Italia coinvolge non solo la Sicilia ma anche l'Adriatico e riguarda anche i diversi tipi di pesca praticati.
Le varie tipologie di pescato rischiano anche di essere, nel loro complesso, inquinate; conseguentemente, ciò finisce per coinvolgere anche la qualità del nostro cibo, cioè quello che mangiamo: il pesce che spesso consumiamo nei ristoranti e Pag. 15nelle nostre case non ha più il sapore che dovrebbe avere perché inquinato da molti farmaci; inoltre, il pesce che cresce negli allevamenti spesso è sottoposto a dosi massicce di antibiotici. Noi ci ricordiamo i sapori a cui facciamo riferimento nella nostra memoria, così come conosciamo i sapori che spesso siamo costretti ad assaggiare nelle nostre cucine e nei nostri ristoranti.
Tutto ciò deve rappresentare un tema da trattare nelle nostre discussioni; faccio riferimento, in particolare, alla ricostruzione di questo benedetto ciclo corto, paradossalmente anche nell'agricoltura. È necessario riportare al centro del tipo di raccolto della pesca quella memoria di sapori, di storie che noi abbiamo saputo costruire nel nostro paese.
E passo alle questioni poste dall'onorevole Marinello. Sarò breve anche perché gli interventi svolti dai colleghi Maderloni e Marinello hanno ben illustrato il tema della pesca. Ritengo sia utile oggi la discussione di una mozione. Secondo me è significativo dare atto dei notevoli punti di incontro esistenti tra la mozione presentata dall'onorevole Marinello e quella presentata dal centrosinistra.
A me pare giusto porre al centro la questione lavoro.
Oggi il lavoro nella pesca deve trovare le stesse garanzie che hanno altri settori: lavorare all'aperto in agricoltura deve essere la stessa cosa che lavorare all'aperto nella pesca.
L'onorevole Marinello accennava ad una tragedia di mare avvenuta purtroppo poco tempo fa. Orbene, probabilmente quella tragedia non sarebbe avvenuta se ci fosse stato il riconoscimento della possibilità di utilizzare le condizioni atmosferiche avverse come condizioni per accedere a forme di sostentamento del reddito dei lavoratori della pesca.
Credo che sia una questione da porre, come credo che lo sia quella dei lavori usuranti che correttamente l'onorevole Marinello ha riportato al centro della sua mozione e che noi, nella nostra, abbiamo ripreso. Non solo: oggi un'altra importante questione è al centro dell'attenzione, quella del riconoscimento del danno da esposizione ad amianto anche per i lavoratori della pesca. Si tratta di una questione importante che riguarda anche un'altra ampia battaglia che sta avvenendo nel paese, una questione che ci parla, come ci parlava il 1o maggio appena passato, di sicurezza sui posti di lavoro.
A me pare che si possa davvero arrivare ad una mozione unitaria, e inviterei anche i primi firmatari delle mozioni oggi all'esame di valutare se ciò sia anche tecnicamente possibile, attraverso una sintesi dei due documenti. Vi è solo un punto della mozione presentata dall'onorevole Marinello che non mi convince, perché mi sembra apodittico, e che riguarda le misure fiscali.
A mio avviso, tale aspetto, così come è esposto nell'atto di indirizzo, ma anche nell'intervento dell'onorevole Marinello, che pure ho ascoltato con attenzione, non è sufficientemente motivato: a tale proposito inviterei, se possibile - ma ciò non vincolerà sicuramente il nostro voto -, ad attenuare quella affermazione, in modo tale da impegnare il Governo a verificare la compatibilità con le linee di rigore fiscale, che pure questo Esecutivo sta attuando, e ad attenuare, ove possibile, il rigore non dei controlli fiscali ma degli studi di settore relativi alla pesca.
Da ultimo, tornando alla questione iniziale, credo che quella della pesca sia una delle tematiche riguardanti il nostro modello di crescita; essa concerne ciò che sta avvenendo non soltanto nel mare ma anche nella pianura padana, cioè la questione dei fosfati che dalle nostre colture arrivano al mare: in altre parole, l'ambiente nel suo complesso.
Noi dobbiamo compiere lo sforzo di affrontare una questione così importante, come è quella della pesca, e non in termini economistici. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare in Parlamento una delle grandi emergenze politiche di questo decennio, l'emergenza ambientale, dell'acqua e del cibo, che il nostro paese deve fronteggiare in tempi brevi (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che l'onorevole Marinello abbia avuto l'intuizione di affrontare in questa aula, al cospetto della Camera, un problema reale e che quindi gli vada riconosciuto il merito di aver dimostrato una sensibilità che apprezziamo.
Pur tuttavia, bisogna dire le cose come stanno, ovverosia che la maggioranza riteneva che la presente discussione dovesse svolgersi presso la Commissione XIII. Probabilmente, avevamo riconosciuto alla questione un'importanza notevole (poi dirò come e perché) e, tuttavia, ritenevamo che essa dovesse essere discussa in Commissione.
Il collega Marinello ha il merito di aver sottoposto direttamente alla Camera tale problema, che, se non urgente, è certo importante, e di questo lo ringraziamo. Mi sembra, comunque, osservando l'aula sia alla mia destra sia alla mia sinistra, che l'argomento non sia molto apprezzato. Mi permetto, quindi, di dire che la scelta della maggioranza di discutere in modo approfondito queste tematiche in Commissione, realizzando un processo complesso e di sfida (poi dirò perché), era forse la più «azzeccata». La sfida qual è? Signor Presidente, onorevoli colleghi, il problema è che la normativa comunitaria vuole massificare la questione dell'economia ittica, nel senso che considera l'economia ittica dell'Atlantico come quella del Mediterraneo.
La sfida che abbiamo di fronte e con la quale dobbiamo confrontarci deve tendere ad un risultato: ottenere che la normativa comunitaria tenga conto del fatto che non è possibile applicare principi generali laddove le condizioni sono del tutto diverse e non assimilabili. Sia la maggioranza che la minoranza devono essere unite nell'affrontare questa sfida per ottenere questo risultato. Non sarà facile, anche perché, come sappiamo, la normativa comunitaria tende ad omogeneizzare ciò che non è omogeneizzabile.
Caro collega Marinello, le due mozioni, pur assomigliandosi nella parte dispositiva, sono abbastanza diverse nella parte motiva. Io poi arriverò, sostanzialmente, alla conclusione cui è arrivato il collega Sperandio, cercando però di ottenere un risultato che sia più completo e quanto meno stimolante rispetto a ciò che dobbiamo fare. Le due mozioni adottano un diverso metodo; la mozione di cui sono cofirmatario, ad esempio, prevede la valorizzazione delle forme associative e cooperative, aspetto di cui non vedo traccia nel dispositivo della mozione della minoranza, a prima firma del collega Marinello. Con un'economia ittica come la nostra (sfido chiunque a sostenere il contrario), se non vi fosse stata la cooperazione, avremmo avuto veramente un'economia ittica non degna di questo nome. La cooperazione, come al solito, ha quindi sostituito l'iniziativa che non viene dagli investimenti di capitale ed è riuscita ad ottenere alcuni risultati in una situazione alquanto difficile, data la normativa comunitaria che vede la concorrenza dappertutto, anche quando questa non è in alcun modo alterata.
Preciso che non voglio di certo affermare che la maggioranza è più brava della minoranza, ma si tratta di un fatto oggettivo: mentre la mozione della maggioranza dà un quadro ed una prospettiva più ampie, quella della minoranza, a prima firma del collega Marinello, che apprezzo, fornisce delle indicazioni al fine di risolvere alcuni problemi.
Volevo poi mettere in rilievo che abbiamo alcuni strumenti estremamente importanti, introdotti dal sistema cooperativo, come il reddito cooperativo, che, come forse pochi colleghi sanno (mi scuso con chi ne sa più di me), è stato introdotto nella legislazione italiana. Tale reddito implica che il pescatore associato in cooperativa ha una remunerazione non scollegata dal valore del pescato, ma direttamente collegata ad esso. Tale strumento può sembrare banale e di poca importanza, ma, invece, è importantissimo perché permette alle nostre imprese cooperative di essere flessibili e modulabili Pag. 17rispetto ai valori di mercato. In un mercato europeo globalizzato, il reddito cooperativo ci consente di attutire in modo migliore la concorrenza dei mercati.
Credo che la maggioranza, con la mozione presentata, da me sottoscritta, abbia fatto bene a mettere in rilievo il grande ruolo che hanno avuto l'associazione e la cooperazione anche nel settore dell'economia ittica, soprattutto in quelle regioni del meridione ove, se esse non vi fossero state, i problemi sarebbero stati maggiori e non si sarebbero gettate le basi per un rilancio effettivo dell'economia stessa.
Produciamo circa il 50 per cento di quanto consumiamo e siamo quindi fortemente carenti rispetto ai consumi. Si tratta di un mercato che potrebbe essere colmato e divenire appetibile e che dovremmo recuperare anche rispetto alla bilancia dei pagamenti, che è un elemento di stabilità che contraddistingue le economie occidentali.
Come ha già rilevato il collega Sperandio, sarebbe utile giungere ad una mozione unica, che contenga lo spirito di entrambe le mozioni, di maggioranza e di opposizione, e do quindi la mia disponibilità a raggiungere tale obiettivo, nell'attesa dell'espressione delle dichiarazioni di voto. Ciò sarebbe davvero importante perché la mozione unica, votata da tutta la Camera, darebbe al Governo la forza per operare le scelte necessarie nel portare avanti quella sfida che ho già definito quale sfida dell'economia ittica mediterranea rispetto all'economia ittica del complessivo nord d'Europa, che è completamente diversa. Rinnovo, quindi, la mia disponibilità ad unificare le due mozioni al fine di giungere ad un voto più ampio possibile dell'Assemblea.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciccioli. Ne ha facoltà.
CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, colleghi, francamente sono molto interessato a questo argomento sia perché l'ho sempre seguito, sia perché abito in una città di mare, Ancona, dove la pesca è un fattore importante dell'economia e della vita cittadina. In primo luogo, vorrei fare un'osservazione di fondo: oggi, il consumo di pesce è aumentato, essendo un alimento sano dal punto di vista organolettico e dietetico, sia nelle famiglie che nella ristorazione, la cui qualità spesso dipende proprio dalla cucina dei piatti a base di pesce. Vorrei però segnalare un altro aspetto che riguarda l'impoverimento della risorsa: tale impoverimento è legato sia ad un fortissimo prelievo di pesce (oggi i motopesca, dotati di motori potentissimi, arano vere e proprie aree di pesca), sia al fatto che esistono mezzi sofisticati e scandagli in grado di intercettare i banchi di pesce. In sostanza, il pescatore non va più alla cieca, ma il pesce viene intercettato, seguito e pescato.
Poi vi è un altro fattore che sicuramente non è il più importante, ma che fa anch'esso la sua parte: l'incursione di flottiglie di pescatori fuori area con la tecnica del mordi e fuggi. Un gruppo di pescatori arriva in un'altra area che non è la sua tradizionale zona di pesca, che non appartiene alla sua area dal punto di vista geografico, cerca di pescare tutto quello che si può e poi se ne va.
A ciò si aggiungono alcuni fattori che si sono sempre ripetuti nella storia. La sinistra sostiene spesso che la mucillagine è fattore legato alla forzatura dell'ecosistema. Ho riletto i libri antichi della mia città e già nel 1852 - non se ne conoscono le ragioni - c'era stata una fortissima presenza di mucillagine, questa sostanza grassa che intasa le reti, si deposita sui motori, spesso causando la fusione del blocco del motore e sostanzialmente rende la pesca impossibile (tra l'altro, in presenza di mucillagine anche il pesce scompare).
Altro errore, anch'esso di non secondaria importanza nella gestione della pesca, è il fermo biologico che viene praticato da molti anni: un periodo di trenta, quaranta o cinquanta giorni in cui non si pesca. Molto spesso il fermo biologico è universale, ovvero praticato in tutte le aree della costa e in tutte le aree marittime, ma la riproduzione del pescato si differenzia da un'area ad un'altra; è diversa dal nord Pag. 18Italia rispetto alle aree della Sicilia, o ai gradi di temperatura. Quindi anche questo modo di procedere comporta degli errori. Spesso ci sono dei periodi di fermo che danno una scarsa riproduzione biologica, al contrario possono esserci dei periodi in cui il fermo effettivamente è una misura centrata e dunque al termine del fermo si realizza un incremento della risorsa, così che le flottiglie di peschereccio possono disporre di una grande quantità di pescato, talvolta superiore addirittura all'assorbimento del mercato.
Certamente, dal punto di vista politico, la madre di tutti gli errori è la sostanziale assenza dell'Italia dai tavoli dell'Unione europea per la politica della pesca (devo dire però che nell'ultima legislatura l'onorevole Alemanno si è adoperato moltissimo, assieme al sottosegretario Scarpa, per partecipare nuovamente a quei tavoli). L'assenza dell'Italia dalla definizione delle politiche della pesca a livello europeo ha fatto sì che tutte le politiche siano dettate dalle nazioni del nord Europa che hanno problemi di pesca completamente diversi rispetto a quelli del nostro mare, del Mediterraneo in generale e delle coste italiane in particolare. In particolare, vorrei ricordare che - ne parlava poc'anzi l'onorevole D'Ulizia (che nella sua centrale cooperativa ha anche la pesca) - l'Italia, come risulta dai verbali, è quasi sempre assente dalla sottocommissione pesca o, quando è presente, si tratta di una presenza isolata, con il risultato che al tavolo dell'Europa conta pochissimo.
È necessario dunque ripercorrere all'inverso questi errori, cercando innanzitutto di assicurare una forte presenza dell'Italia che non è solo lo Stato: nella sottocommissione sono presenti le categorie ed i tecnici. Si tratta di tavoli non politici che poi però definiscono la politica europea con scelte che molto spesso sono assolutamente disinteressate, se non indifferenti, ai problemi della pesca italiana.
Mi sento di dire che bisogna procedere nella direzione dell'acquacoltura e della maricoltura, ovvero della responsabilizzazione delle marinerie attraverso l'attribuzione di aree di pesca. Questo è fondamentale per realizzare condizioni analoghe a quelle dell'agricoltura. Infatti, il contadino che fa? Il contadino coltiva la sua area come un imprenditore agricolo, coltiva lo spazio cercando di farlo rendere al meglio. Quindi, con sapienza, semina, raccoglie quando è il momento, adottando una strategia che tiene conto di un punto di vista di tipo ambientale così come di un punto di vista di tipo economico.
Al contrario, il prelievo della pesca è cieco: sostanzialmente nessuno è responsabile del mare e tutti, ovviamente, lo occupano. Occorre giungere ad una responsabilizzazione con riferimento alle aree di pesca, istituendo delle autorità e contemporaneamente apponendo dei vincoli in modo tale da arrivare ad una coltivazione del prodotto. Questo è, sostanzialmente, il percorso futuro.
Per quanto riguarda alcune politiche - citavo prima le politiche europee per il settore della pesca - aggiungo che il prezzo del gasolio è fluttuato a livelli altissimi. Ovviamente, il gasolio per autotrasporto è molto superiore a quello della pesca, ma per le imprese di pesca il gasolio è diventato un costo talmente alto che talvolta, se la pesca non è adeguata, comporta una passività, addirittura, in una giornata di pesca.
Pertanto, l'Europa si schiera per il «no», ritenendo che non si possano dare misure di sostegno per rendere il prezzo del gasolio della pesca uguale a quello del gasolio agricolo. Alcuni paesi - cito, ad esempio, la Spagna - pongono in essere politiche di questo tipo. Pertanto, il prezzo del gasolio in Spagna è inferiore al prezzo del gasolio italiano. Quindi, dobbiamo muoverci verso un'accentuazione della parità di concorrenza proprio in questo settore.
Inoltre, vorrei sottolineare il problema dell'IVA. Con grande difficoltà, nella precedente legislatura, si era arrivati ad un regime speciale per l'IVA. In questa legislatura, con questa legge finanziaria, questo sistema non è più in essere. Ciò ha comportato un danno per le marinerie. Queste ne sono consapevoli e sono arrabbiatissime in questo periodo, in quanto, Pag. 19ovviamente, si è tornati indietro. Io ho presenziato ad alcune loro assemblee. Con grande difficoltà il ministro Alemanno - scontrandosi anche all'interno del Governo di cui faceva parte - aveva cercato di introdurre delle misure a sostegno della pesca nella legge finanziaria, che sono state revocate da questo Governo.
Inoltre, esiste il problema del blue box che costa moltissimo. Alcune imprese di pesca hanno constatato l'esistenza di strumenti ugualmente validi che presentano costi di gestione minimi (di 200 euro l'anno). Ciò è stato sperimentato in Puglia; in particolare si è constatato che il costo dell'apparecchiatura è la metà della metà (anche questo costo ha la sua incidenza).
Pertanto, sottoscrivo in pieno la mozione dell'onorevole Marinello, che in questo momento non è presente, seppure con qualche ritocco su alcuni punti. Infatti, introdurrei degli argomenti importanti, quale quello dell'Europa, del rapporto tra Governo italiano, la nazione Italia, e l'Unione europea.
La pesca rappresenta una filiera, costituita da tanti anelli: esistono gli artigiani, quindi tutta l'assistenza a terra, la cantieristica (che è altrettanto importante), la distribuzione, dal piccolo commercio alla grande distribuzione (addirittura all'esportazione), importanti sotto il profilo della qualità del prodotto italiano.
Pertanto, bisogna porsi un problema di strategia complessiva. Tra l'altro, esiste una diversità tra la pesca europea, (la pesca d'altura, la pesca nel mare del nord Europa e il grande pescato), la pesca nel Mediterraneo (in particolare, quella siciliana), la pesca del mare Adriatico (che, sostanzialmente, è un mare chiuso ove la pesca va gestita in modo diverso) e la pesca nel mare Tirreno.
Pertanto, bisogna tornare ai tavoli europei con un altro spirito e aggressività e promuovere l'impresa giovane. A questo proposito, voglio essere testimone della storia della pesca. Mio padre era pediatra (per 35 anni è stato pediatra delle famiglie dei pescatori) all'epoca in cui esisteva la mutua ed io ho visto, dal punto di vista generazionale, una città abbastanza piccola con poco più di centomila abitanti, dove le persone si conoscono tra loro.
Ricordo che l'impresa di pesca era a conduzione familiare: c'erano il patriarca (capofamiglia che si recava in mare), tanti figli (che andavano tutti a bordo) e, successivamente, in età adulta, si rendevano autonomi, disponendo di una loro barca da pesca. L'amministrazione era tenuta dalle mogli, le quali, a terra, facevano e disfacevano tutte le scelte dal punto di vista economico.
Oggi, ovviamente, questa è una visione quasi romantica della pesca. Tuttavia, bisogna dire che non esistono più marinai italiani (sono pochissimi). Soltanto l'armatore è italiano, mentre la maggior parte dei marinai è tunisina, algerina o, comunque, extracomunitaria, in quanto si tratta di un lavoro fortemente usurante. Bene ha fatto l'onorevole Marinello a dire che, con il lavoro di pesca si parte il lunedì alle ultime ore della notte e si torna, in genere, il giovedì dopo quattro giorni di sforzo nell'attività di pesca, quando non si recupera, quando non c'è il mare mosso, quando non ci sono altri mille problemi. L'impresa spesso è gestita da terzi. Spesso ci sono pescatori, cioè armatori della pesca che, a causa dei loro debiti, hanno ceduto parte significativa della barca a terzi, i quali non vanno in mare, ma ormai sono diventati loro stessi investitori.
Invece, bisogna tenere presente che il mare è il nostro futuro, dal punto di vista alimentare, economico, turistico e anche in termini di risorse d'acqua. Quindi, occorre prestare una particolare attenzione nei confronti di questo settore.
Non vorrei aggiungere altre osservazioni se non quella per cui mi sento di sottoscrivere la mozione presentata dall'onorevole Marinello, che ringrazio.
Ovviamente, se vi sarà uno sforzo da parte di tutti in vista di un lavoro comune, sarò contento di collaborare con gli altri gruppi su un problema che - ne sono convinto - non ha un'impostazione di destra e una di sinistra ma, al contrario, ci riguarda tutti: sulla gestione del mare non dovrebbero esservi spaccature o visioni Pag. 20diverse per motivi di parte (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, il mio intervento in questa sede è rivolto a favore di un tipo di pesca di cui non parla quasi mai nessuno, quella praticata dai parenti poveri dei pescatori, ovvero, i pescatori (professionisti, ovviamente) delle acque interne. Personalmente, ho l'altisonante titolo di commissario italiano per la pesca delle acque internazionali italo-elvetiche, un incarico che mi piace moltissimo perché sono - con orgoglio - dell'Isola dei pescatori, sul lago Maggiore. Rappresento la realtà di alcune centinaia di pescatori dei laghi prealpini, lombardi (anche dei laghi del centro Italia che, però, sono fuori della mia giurisdizione) i quali svolgono attività di pesca professionale in acque interne e, pur rappresentando una nicchia di alcune centinaia di persone, rivestono una loro importanza anche se, in un ambiente povero come quello della pesca, assomigliano sempre più ai parenti poveri dei poveri.
Mi rimetto, quindi, al Governo sottolineando l'interesse per questa mozione e chiedendo un po' più di attenzione verso questo mondo.
Riprendendo il secondo capoverso della mozione, laddove essa sottolinea il rilievo dell'attività della pesca e di chi la esercita, vorrei che fosse inserito il riferimento - lo chiedo ai presentatori - anche alle acque interne. In questo settore, infatti, non vi sono soltanto problemi di carattere economico, posto che si tratta di una pesca diversa: occorre anche valorizzare il prodotto. Nei laghi non si può produrre pesca in quantità (perché le quantità sono forzatamente limitate), ma si può dare un valore aggiunto importantissimo che sta nella qualità. Ciò non significa soltanto pesca di allevamento, ma anche pesca naturale il cui prodotto, però, venga poi inserito in una filiera dalla quale le cooperative dei pescatori - già esistenti - possano trarre il loro sostentamento, dato proprio dal valore aggiunto di questi prodotti.
Per questo motivo, nel momento in cui vengono stabiliti per il settore della pesca aiuti e provvidenze - come già accaduto in passato -, anche le cooperative e i singoli imprenditori ittici delle acque interne, come quelli di mare, dovrebbero avere, pro quota - ovviamente, previa la documentazione necessaria -, le loro provvidenze. Se ciò non avverrà, si perderà una catena storica, culturale, economica ed anche di importante equilibrio naturale. Già da molti anni, nei laghi, si attua un'attenta politica ecologica per evitare di trarre da essi troppo rispetto a ciò che possono produrre. Avendo un'attenzione particolare verso l'ambiente si possono ottenere ottimi risultati.
A nome dei pescatori professionali delle acque interne, invito i presentatori della mozione ad inserire specificatamente anche questo accenno nel secondo capoverso (o altrove) e li ringrazio.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi e colleghe, naturalmente, noi Verdi apprezziamo per molti versi la mozione del collega Marinello e abbiamo sottoscritto quella che ha come primo firmatario il collega Franci. Tuttavia, sentiamo veramente l'esigenza di intervenire riprendendo quanto già detto dal collega Sperandio per far capire che non è possibile, all'alba del terzo millennio, presentare due mozioni che ignorino, trascurino o, comunque, non diano importanza sufficiente al fattore chiave, cioè, il fattore ambiente. Diceva Engels: «I prodotti sono natura trasformata». Bene, il ragionamento, lapalissiano, da fare è che per poter continuare l'attività della pesca ci deve essere il pesce e, affinché questo possa continuare ad esistere, dobbiamo tutelare l'integrità degli ecosistemi marini! Questo è il punto cruciale: la sostenibilità della pesca!
Il tema che affrontiamo oggi è di vitale importanza perché rappresenta un tassello Pag. 21della crisi ecologica globale che, sempre più, ormai si traduce in crisi economica e sociale, man mano che l'erosione graduale delle risorse, provocata da un modello di sviluppo insostenibile, si trasforma in vero e proprio rischio di collasso delle risorse e del sistema stesso.
La mucillagine non si trova lì per caso: è un segnale che ci dice che il mutamento del clima e l'inquinamento del mare sono arrivati ormai al punto di non ritorno.
Oggi nel mondo si pesca sempre meno e le risorse ittiche si assottigliano sempre più, soprattutto a causa di metodi di pesca insostenibili (basti pensare a quella con reti derivanti, a quella a strascico e in generale ai metodi che sono spesso utilizzati dai giapponesi e dai citati pescatori extracomunitari, ma anche da quelli italiani: non dobbiamo sempre pensare ai tunisini come se fossero loro i colpevoli!). Va detto peraltro che noi ambientalisti, con gli scienziati e gli esperti, già nei decenni scorsi avevamo avvertito che si era giunti al punto in cui il saccheggio delle risorse aveva superato la capacità dell'ecosistema di autorigenerarsi, cioè di guarire per virtù propria dalle ferite inferte dall'uomo. Dunque: sostenibilità della pesca al primo punto.
Anche in Italia - per venire al nostro Paese - oggi si pesca meno: fra il 2000 e il 2005 la media annuale dei giorni di uscita delle flotte è precipitata da 167 a 134, mentre durante il 2004 le catture sono scese dell'8,1 per cento. Questa tendenza è naturalmente dovuta anche al rincaro del prezzo del gasolio e al ruolo non secondario giocato dall'Unione europea - che ha tagliato i finanziamenti e diminuito le flotte, con tutti gli strascichi di polemiche e problemi che conosciamo - ma è soprattutto dovuta al fatto che sono le risorse ittiche ad essere sempre più scarse (e con il cambiamento climatico cui andiamo incontro, dobbiamo sapere che questo sarà un problema sempre più grave). Ciò non vuol dire però che sulle nostre tavole sia arrivato meno pesce, anzi l'Italia è un paese di ittiofagi: nel 2005 ognuno di noi ha consumato in media 21,2 chili di pesce. Ma questo pesce arriva per la maggior parte dall'estero: mentre 860 mila tonnellate di spigole, orate, sgombri provengono da Grecia, Turchia, Croazia e Spagna (per un corrispettivo di 3.300 milioni di euro), il pescato made in Italy ammonta a 516 mila tonnellate. Il 68 per cento del pescato, dunque, è estero e solo il 32 per cento italiano.
Vi è poi un ulteriore fattore che ancora non è stato preso in sufficiente considerazione: quelli di cui parliamo non sono solo prodotti di paranza, ma anche prodotti di allevamento, che ammontano al 45 per cento del totale. Nel nostro Paese l'acquacoltura è in espansione e solo nel 2004 ha prodotto un giro d'affari di 554 milioni di euro, con una produzione di 232.800 tonnellate. Essa rappresenta dunque una fonte di reddito di tutto rilievo; ma può purtroppo rappresentare anche un problema dal punto di vista ambientale. Mi soffermerò dunque un poco su questo aspetto - piuttosto che su quello della pesca - per non ripetere quello che ha detto il collega Sperandio e per sottolineare problematiche meno note.
La quasi totalità dei circa 800 allevamenti ittici in Italia - si tratta prevalentemente di impianti a terra in vasche di cemento - è di tipo intensivo: sono dunque impianti che immettono notevoli quantità di sostanze di rifiuto e di nutriente nell'ecosistema marino, provocando spesso fenomeni di eutrofizzazione, cioè quella spaventosa proliferazione di alghe che, rubando ossigeno a tutti gli altri organismi, provoca talvolta una vera e propria desertificazione dell'area circostante. È ovvio che l'impatto degli impianti a mare (sono circa 450, dislocati soprattutto in Veneto, Marche, Campania e Sardegna) dipende molto dalla distanza dalla costa, dalle dinamiche delle correnti e dei venti, dal carico delle gabbie e dalla qualità del mangime. Inoltre, sappiamo tutti che, oltre al decreto legislativo n. 152 del 1999, esistono anche numerose direttive dell'Unione europea che regolano l'ubicazione in mare aperto: spesso, però, i processi di applicazione di queste normative Pag. 22sono lenti ed eterogenei, poiché la competenza per la loro messa in opera spetta alle regioni.
Negli ultimi anni, comunque, grazie anche alle denunce di ambientalisti ed esperti, si rivolge maggiore attenzione a questi processi: ad esempio, non vengono più attribuite concessioni a mare in acque con profondità inferiore a 20-30 metri e quasi mai in zone protette, oppure coperte da praterie di posidonia oceanica, che naturalmente verrebbero sterminate della presenza degli impianti.
Oltre al problema ambientale, ve ne è un altro che attiene alla pesca d'allevamento, che è forse meno conosciuto: quello di tipo sanitario. Infatti, l'alta densità del pesce allevato, aggirantesi intorno ai 20-35 chilogrammi per metro cubo, facilita purtroppo il diffondersi di malattie all'interno dello stock. E anzi va detto che la cura di queste malattie è spesso peggiore del male, poiché vengono utilizzate dosi massicce di antibiotici, non sempre permessi. E ciò avviene nonostante si dovrebbero rispettare le prescrizioni del medico veterinario e nonostante le sostanze farmacologiche in oggetto dovrebbero essere controllate sia del Ministero della salute che dall'EMEA, l'Agenzia europea per i medicinali.
I prodotti della decomposizione dei farmaci, a volte i farmaci stessi, quelli illegali, possono causare la formazione di ceppi batterici resistenti, con conseguenze patologiche sugli organismi marini e, in taluni casi, possono rappresentare un rischio anche per i consumatori, quando ci sono fenomeni di accumulo. Però, grazie al cielo e all'impegno degli ambientalisti e degli esperti, esistono oggi anche metodi di acquacoltura che non arrecano danni all'ambiente: dalla vallicoltura tradizionale - penso a quella praticata nelle Valli di Comacchio - all'acquacoltura biologica, che sarà presto regolamentata da una direttiva comunitaria e che è in fase di certificazione da parte di strutture nazionali come l'AIAB (Associazione italiana per l'agricoltura biologica) o internazionali come l'IFAM (International federation of organic agriculture movements). Questi metodi rispettano drastici criteri per la tutela dell'ambiente e delle specie allevate.
In Italia il primo impianto di questo tipo - lo dico con piacere, perché spesso della Calabria si parla soltanto per dirne male - è a Vibo Valentia. Tale impianto è certificato dall'ICEA (Istituto per la certificazione etica e ambientale) ed è stato realizzato da una cooperativa di giovani, una cooperativa di ricerca, tecnologie e servizi che ho avuto il piacere di visitare e che si chiama Nautilus.
Bisogna dunque impegnarsi in futuro perché questo tipo di acquacoltura sostenibile prenda sempre più piede, sia per rispettare l'ambiente, sia per dare al consumatore un prodotto di qualità certificato, sia per contrastare la concorrenza delle produzioni estere a basso costo.
Concludo con un invito: sarebbe interessante se molti parlamentari potessero partecipare a Genova nei prossimi giorni, dal 4 al 7 maggio, alla terza edizione di Slow Fish, il salone del pesce sostenibile; si tratta di una grande mostra e di un grande evento organizzato a Genova da Slow Food con il supporto della regione Liguria. Al centro ci sarà non soltanto il piacere della buona tavola - anche questo è un elemento non trascurabile - ma soprattutto il rispetto della tutela dell'ambiente, del mare e degli ecosistemi acquatici, senza il quale, lo ripeto, non ci sarà futuro per l'attività della pesca. Tra le novità di quest'anno c'è la campagna, che vorrei segnalare, «Mangiamoli giusti», una campagna di sensibilizzazione nei confronti dei consumatori per tutelare la biodiversità etica attraverso una migliore cultura gastronomica e un consumo responsabile. È anche in fase di formazione l'Osservatorio europeo permanente sulla biodiversità, che si occuperà anche del problema della sostenibilità della pesca.
Ripeto, quindi, che è assolutamente importante che in queste mozioni - che auspico vengano accorpate in una mozione unitaria, sulla quale possa convergere un consenso molto ampio (perché il tema riguarda veramente tutti) - trovino il dovuto spazio, oltre alle misure a difesa del lavoro - sono assolutamente d'accordo, anch'io ho Pag. 23lavorato molto sul tema dell'amianto -, soprattutto le misure che mettono al centro la difesa degli ecosistemi marini e la sostenibilità della pesca e dell'acquacoltura, senza la quale, ripeto, non ci sarà futuro né per il mare né per noi (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
(Intervento del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Boco.
STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, intendo solamente ringraziare i colleghi che sono intervenuti, iniziando dal collega Marinello che, presentando la prima mozione, ha dato la possibilità di svolgere quest'ampia discussione.
Mi permetterò, signor Presidente, di esprimere successivamente, nella parte pomeridiana della seduta, il parere sulle mozioni all'ordine del giorno. Vorrei ora limitarmi a sottolineare che le mozioni in esame hanno dato la possibilità di svolgere una discussione ampia, concernente non solo l'oggetto dei dispositivi, ma anche un'analisi complessiva del settore. Io credo infatti che sia arrivato il tempo di svolgere un'ampia discussione ed una analisi approfondita sull'intero comparto, sul meraviglioso e straordinario patrimonio lavorativo del nostro Paese, che è anche un patrimonio enorme, considerato che viviamo contornati dal Mediterraneo, da tutti i nostri mari, e quindi gli interventi a sostegno della pesca rappresentano anche la capacità di difesa di questo importante settore.
Ritengo pertanto che sia venuto il tempo di una discussione a tutto tondo, senza limiti, e che il Paese si interroghi e sia data la possibilità di interrogarsi a tutti coloro che operano nel settore. Sottolineo, peraltro, che il problema non è solo nostro, ma si pone a livello mondiale. Tutti i paesi si stanno interrogando, ed alcuni stanno anche, operativamente, ipotizzando soluzioni.
Credo che - e spero che la Commissione agricoltura, vedo qui il presidente Lion, possa continuare questa analisi - alcuni modelli - come quello neozelandese che invito i colleghi a considerare - rappresentino prospettive alle quali l'Italia dovrà in futuro guardare. Mi riferisco a «pezzi» di mare nei quali sia data la possibilità di ricreare dimensione ittica, vere e proprie nurseries che siano messe al servizio di tutto ciò che c'è sott'acqua, affinché poi anche l'industria peschiera ne possa avere il suo tornaconto.
Queste ipotesi, però, non vanno mai imposte, ma discusse. Devono partire dalla dimensione parlamentare - ed il Governo si mette a disposizione - ma devono rappresentare un patrimonio cognitivo: dobbiamo consegnare al Paese, tutti insieme, una riflessione, ed elaborare soluzioni con tutti gli operatori del settore.
Dico questo non per catastrofismi, ma perché vorrei ci si interrogasse se la discussione che facciamo oggi sarà uguale, se non cambiamo nulla, fra dieci anni. Credo che dobbiamo porci questo interrogativo: il mondo non è così infinito nelle sue ricchezze, come tante volte abbiamo creduto, ed è per questo che nei momenti di difficoltà dobbiamo anticipare le crisi e saperle prevedere.
Per questo motivo ho citato il modello neozelandese che mira, nel 2010, a porre il 20 per cento delle coste in stato di riserva integrale. Sono percentuali enormi (Commenti del deputato Ciccioli)... Collega, cito con grande rispetto i dati riferiti ad alcuni Paesi. Alcuni paesi lo possono fare, ma non è un problema di percentuali: se non ci interroghiamo sulla necessità di lasciare un «pezzo» del nostro straordinario patrimonio al servizio di tutto il resto della collettività - questo è il problema -, ci interrogheremo davvero su qualcosa di problematico. Pag. 24
Comunque, ringrazio per le mozioni sulle quali esprimerò successivamente il parere, e ringrazio tutti i deputati intervenuti per il contributo fornito alla discussione.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.