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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2534-A.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2534-A)
PRESIDENTE. Avverto che è in distribuzione un fascicolo contenente ulteriori proposte emendative.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso l'ulteriore prescritto parere
(Vedi l'allegato A - A.C. 2534 sezione 5).
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono proseguiti gli interventi sul complesso degli emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Volonté. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo anch'io per confermare il nostro voto contrario a questo provvedimento e per riprendere alcuni ragionamenti che sono già stati svolti da molti colleghi. Ricordo ieri l'apertura della discussione da parte dell'eccellente capogruppo della Lega Nord, Andrea Gibelli, che abbiamo molto apprezzato per i contenuti, nonché per lo stile.
Possiamo dire sinceramente in quest'aula - mi rivolgo al sottosegretario, col quale abbiamo condiviso tante battaglie, anche nelle scorse legislature - che il provvedimento al nostro esame rispetta, anche minimamente, un criterio di rigore? Signor sottosegretario, lei ora non può rispondermi, ma, ricordando i suoi tanti interventi in Commissione finanze, la risposta è nel suo sguardo e nel suo volto.
Non è accettabile, infatti, che vi siano governatori che vengono premiati non per un principio di efficienza o per aver fornito servizi maggiori ai propri cittadini, ma per lo sperpero delle proprie risorse. Tutto ciò, evidentemente, non ha nulla a che vedere nemmeno con una «scampagnata», una «goliardata», che il Presidente del Consiglio ha avuto modo di fare qualche settimana fa, incontrando chi ha importato e proposto nel nostro Paese il tema del federalismo fiscale, l'onorevole Umberto Bossi, e promettendo a colui che ha avuto questo pregio che il Governo si sarebbe mosso nella direzione di questo principio.
Il provvedimento in esame dovrebbe rispondere non tanto ad un modello «fantastico» di federalismo, quanto, almeno, ad un principio di federalismo fiscale e al principio di sussidiarietà, approvato quest'ultimo dalla Camera due legislature fa, sotto la Presidenza Violante, come criterio fondamentale per valutare i provvedimenti che, portati in discussione dal Governo, sarebbero usciti dall'Assemblea. Né il federalismo fiscale né il principio di sussidiarietà, dunque, ma, addirittura, il contrario del rigore che, invece, si vorrebbe far digerire ai cittadini italiani, prelevando soldi dalle loro tasche! Ciò per far fronte ad una maggiore spesa in funzione di una maggiore efficienza?
Siamo, dunque, in presenza di un provvedimento che determina una maggiore efficienza di quelle amministrazioni e maggiori investimenti al fine di rendere la sanità pubblica più rispondente alle esigenze di quelle regioni? Se così fosse, ci si Pag. 61potrebbe alzare e rivolgere all'Aula un grande appello, non solo alla solidarietà, ma anche alla compartecipazione, per un miglioramento complessivo delle finanze in funzione di una maggiore efficienza del sistema. Ma neanche di questo si tratta, purtroppo! Ci troviamo, piuttosto, di fronte a situazioni di alcune regioni che vengono ripianate e i cui buchi vengono coperti con la terra di tutti cittadini e ad una pervicace volontà di proseguire in questo sperpero.
Si pone, quindi - lo dico all'amico sottosegretario - una vera questione morale indipendente dai colori politici: è una questione morale che sta al centro della situazione messa in evidenza da questo decreto-legge e che riguarda alcune amministrazioni regionali. Perché non dovremmo dire le cose come sono?
Vi è una questione enorme nel nostro Paese, che riguarda in questo specifico provvedimento alcune regioni nei confronti della sanità pubblica e dei loro cittadini, e - guarda caso - per alcune di esse non concerne solo la sanità, ma anche, per esempio, il problema dello smaltimento dei rifiuti.
Come possiamo fare finta di chiudere gli occhi, come possiamo cucire su di essi dei bottoni scuri per non vedere che questa situazione permane da dieci anni e non vi è il coraggio di affrontarla, né in un dibattito pubblico, né con un provvedimento che abbia un minimo di efficacia? Tutto ciò a scapito di chi? A scapito di quelle amministrazioni regionali e di quei manager sanitari che, invece, nel loro territorio cercano di attuare il principio di efficienza della spesa, non per guadagnare, ma almeno per pareggiare i propri conti.
Allora, questa situazione non può essere accettata, né può essere accettato un provvedimento che finge di nascondere con una toppa un buco che allarga le maglie dell'abito sempre a scapito degli altri.
Non si tratta di un problema di mancanza di sussidiarietà: è una questione di serietà e di volontà da parte di un esecutivo, dopo dieci anni, di affrontare seriamente e di adottare concretamente provvedimenti nei confronti di una situazione che è francamente intollerabile. È intollerabile continuare a premiare non chi vince una gara, ma colui che giunge ultimo, che, anzi, si bea di essere ultimo, perché sa che, arrivando ultimo, avrà la maglia e la medaglia del primo della classe e toglierà la medaglia d'oro al primo, che sarà data all'ultimo.
Mi sembra che questo atteggiamento faccia poco parte della cultura di premiare gli ultimi, facendoli diventare i primi, poiché si tratta di una volontà pervicace di stimolare le amministrazioni di quelle regioni ad arrivare sempre ultime, sapendo che sarà sottratta, attraverso un prelievo dalle tasche dei cittadini, di tutti gli italiani, alle altre amministrazioni regionali la possibilità di continuare a rendere servizi migliori.
Perciò, possiamo sostenere anche che questo provvedimento viola non solo molte parti della Costituzione ed il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, ma anche il principio di libertà! Infatti, i cittadini di quelle regioni sono meno liberi di scegliere con accuratezza i propri amministratori regionali. È più libero un cittadino che, attraverso il proprio voto, sa di poter valutare con oggettività l'operato della propria amministrazione o un cittadino che sa che, qualunque sia il proprio voto, anche se quell'amministrazione svolgerà male i propri compiti, verrà premiata dallo Stato, ossia da chi rappresenta l'interesse generale?
Inoltre, gli eletti in quelle regioni hanno interesse a comportarsi correttamente, secondo il semplice principio della buona amministrazione, del buon padre di famiglia? No, anzi, lo stimolo è quello di continuare a erogare spese e ad assumere clientelarmente i dipendenti di alcuni settori, perché, comunque, quel giudizio, quel vaglio pubblico sarà garantito da quel tipo di mala-amministrazione e non sarà oggetto certamente di un richiamo pubblico da parte dell'amministrazione centrale.
Questo decreto-legge «salva-buchi» o «salva-debiti» premia l'irresponsabilità e la clientela di alcune regioni che per anni Pag. 62hanno continuato con questo atteggiamento, senza fornire alcuna certezza di non volerlo più seguire in futuro.
Si tratta di un decreto-legge che ha come oggetto il premio nei confronti non dei virtuosi, ma di coloro che, invece, ne occupano il posto, di coloro che «bucano» le finanze pubbliche in funzione di un disservizio da erogare ai propri cittadini. Tale criterio, in questo senso, lede non solo il principio di uguaglianza dei cittadini, ma anche - l'ho detto prima - quello della responsabilità finanziaria delle amministrazioni pubbliche.
Mi chiedo e chiedo al sottosegretario, ovvero alla persona che oggi rappresenta il Governo con grande onore, dati anche i suoi trascorsi di rigore nella scorsa legislatura, come sia possibile che il Ministro dell'economia, noto a Bruxelles come in Italia per essere colui che afferma, ad ogni piè sospinto, ad ogni respiro, che la più grande emergenza del Paese è riportare il rigore nella pubblica amministrazione, abbia firmato un decreto-legge come questo, che è il contrario dell'efficienza e del rigore nella pubblica amministrazione. Tale provvedimento non solo viola tali semplici criteri, ma addirittura va contro coloro che li applicano nella gestione delle proprie amministrazioni regionali. Questi principi valgono, pertanto, solo ed esclusivamente in funzione del colore politico? La cattiva amministrazione viene cancellata se il colore politico è quello della maggioranza che sostiene il proprio dicastero?
Si assiste ad una violazione esplicita anche del semplice principio di ragionevolezza, secondo il quale si devono valutare in modo eguale due situazioni uguali; si introduce, cioè, un criterio di ineguaglianza nei confronti dei cittadini, ma anche di giudizio nei confronti della pubblica amministrazione e dell'azione del Governo.
Lo Stato, adottando questo criterio, si presenta al cittadino come un ingordo nei confronti di chi fa il proprio dovere, amministrazioni e cittadini, perché premia non solo chi si sottrae al dovere di lealtà nei confronti dell'amministrazione, ma addirittura chi crea le condizioni perché esso non trovi applicazione.
In conclusione, signor Presidente, onorevole sottosegretario, tutte le ragioni esposte ed i criteri sopra richiamati non sono di ostracismo politico, di colore politico avverso a quello che oggi sostiene l'attuale maggioranza, ma si rifanno a criteri di ragionevolezza e di costituzionalità (cioè di giustizia) che devono informare il lavoro della pubblica amministrazione, che un Governo chiamato dalla Costituzione a fare il bene dei cittadini, non di una parte di essi che viene privilegiata, ha il dovere di rispettare, senza operare discriminazioni.
Per queste semplici ragioni, di buonsenso e di ragionevolezza, invito il sottosegretario che rappresenta il Governo (di cui ricordo molti discorsi che, proprio su tali principi, riprendevano la diversa maggioranza di allora, cui giustamente si opponeva), ad alzarsi in Aula senza aspettare che arrivi un ministro ad annunciare la posizione della questione di fiducia e ad avere il coraggio, per coerenza con le proprie battaglie e con la ragione umana, di dire all'Assemblea che il Governo si è reso conto che il provvedimento in esame è contrario al minimo buonsenso e al rispetto del principio di uguaglianza cui il Governo stesso è tenuto, come ognuno di noi (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Milanato. Ne ha facoltà.
LORENA MILANATO. Signor Presidente, ancora una volta in quest'Aula siamo costretti a stigmatizzare un pessimo modo di legiferare del Governo e della maggioranza, al quale non riusciamo proprio ad abituarci.
Vengono utilizzati strumenti legislativi impropri, come quello del decreto-legge, per raggiungere finalità che potrebbero essere facilmente conseguite attraverso una ordinaria attività legislativa parlamentare.Pag. 63
Ancora una volta, quindi, il Parlamento e l'Assemblea sono messi di fronte al fatto compiuto, rimanendo con poco tempo a disposizione per la discussione di questioni complesse come quella che stiamo affrontando oggi.
Il decreto-legge in esame si inserisce nel quadro di una lunga serie di interventi legislativi che sono stati adottati, negli ultimi anni, per fare fronte al grave problema dello sforamento, da parte di alcune regioni - permettetemi di aggiungere: sempre le solite regioni! -, dei limiti di spesa per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Si prevede, infatti, con uno stanziamento di 3 miliardi di euro per il 2007, il ripiano dei disavanzi regionali per il periodo 2001-2005, in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente, la quale prevede che gli oneri di ripiano dei deficit siano a carico delle regioni.
Poichè il provvedimento interviene dopo oltre un anno e mezzo, è chiaro che è assolutamente escluso che ricorrano i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione, che individua i presupposti affinché possano essere adottati i decreti-legge. Del resto, all'assenza dei requisiti previsti dall'articolo 77, cioè quelli di necessità e urgenza, questo Governo ci ha abituato con la presentazione nei mesi scorsi di molti decreti-legge per nulla giustificabili.
Sul decreto-legge in esame, pertanto, non possiamo che ribadire la nostra totale contrarietà, non solo nel metodo, come già detto, ma anche nella sostanza.
Entrando, quindi, nel merito del provvedimento, vorrei ricordare come per tutta la passata legislatura il Governo Berlusconi abbia lavorato per contenere l'aumento della spesa sanitaria regionale. A tal fine, sono stati conclusi una serie di accordi con le regioni che consentissero il passaggio da un sistema di semplice monitoraggio e controllo della spesa regionale ad un sistema in cui si stabilivano degli obiettivi, prevedendo un meccanismo sanzionatorio nel caso di mancato raggiungimento del risultato ovvero un meccanismo premiale al raggiungimento dell'obiettivo prefissato.
Con questo decreto-legge si dà un segnale che, invece, va esattamente in senso contrario. Si penalizzano le regioni virtuose - e, quindi, tutti i cittadini di tali regioni - mentre si incentivano le regioni meno virtuose, che possono contare, come in questo caso, sul ripiano a posteriori degli sfondamenti di spesa prodotti.
Vorrei ricordare, se dovesse servire ai colleghi della maggioranza, che i cittadini residenti nelle regioni virtuose si sono trovati a dover pagare più tasse e, contemporaneamente, si sono anche trovati a poter usufruire di meno risorse statali.
Secondo quanto si legge nella relazione predisposta dal Governo, il decreto-legge in esame viene configurato come un'azione di risanamento strutturale dei servizi sanitari regionali sistematicamente in disavanzo. In realtà, assistiamo ad un'erogazione straordinaria - e, quindi, tutt'altro che strutturale - di ingenti risorse che vanno a ripianare selettivamente i deficit.
Non dovrebbe essere necessario ricordare - ma evidentemente, invece, lo è - che, in virtù degli accordi tra Stato e regioni stipulati il 3 agosto 2000 e l'8 agosto 2001, dell'intesa del 23 marzo 2005 e, da ultimo, del patto per la salute del 28 settembre 2006, siglato tra le regioni e l'attuale Governo, la normativa vigente stabilisce un livello di finanziamento per il servizio regionale utile a garantire i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie in condizioni di efficienza, lasciando a carico dei bilanci regionali la spesa per l'erogazione di livelli di prestazioni superiori. Tutto ciò è volto proprio a responsabilizzare i comportamenti delle spese regionali.
In quest'ottica, molte regioni hanno provveduto a sanare tempestivamente i disavanzi, attivando tutte le misure utili, compresa quella della leva fiscale. Altre, invece, hanno ritenuto di agire diversamente, determinando quei disavanzi significativi per i quali sono mancate le relative coperture.
Pertanto, in virtù di questo, voglio sottolineare con forza come tale provvedimento Pag. 64sia doppiamente discriminatorio, sia nei confronti delle regioni virtuose, sia nei confronti di tutti cittadini residenti in queste regioni.
Vorrei ricordare - non posso fare a meno di farlo - la regione Veneto, da cui provengo, dove una gestione attenta, oculata e responsabile delle risorse pubbliche consente di raggiungere livelli di eccellenza nella sanità, come affermato non solo da noi, ma dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità.
Ricordo, inoltre, il fenomeno del gran numero di pazienti che giungono dalle aree del Paese dove non si è in grado di garantire un livello di assistenza per i cittadini residenti. Stiamo parlando delle stesse regioni che oggi, con questo provvedimento, stanno ricevendo un ulteriore aiuto dallo Stato, in virtù del fatto che evidentemente hanno saputo creare pochi servizi e molti debiti.
Quando regioni come il Veneto e la Lombardia avranno la possibilità di recuperare i crediti che vantano nei confronti delle regioni meridionali? Forse mai. Quando si potranno migliorare i servizi anche nelle regioni del sud, permettendo ai cittadini residenti di curarsi nelle loro città?
Per concludere, questo provvedimento è la prova provata dell'errore di metodo che state compiendo. Gli obiettivi del patto per la salute per il periodo 2007-2009 dovrebbero concretizzarsi nel contenimento della spesa sanitaria al 6,7 per cento, da raggiungere principalmente attraverso gli strumenti del ticket e della leva fiscale. Non crediamo che quella intrapresa sia la strada giusta e, del resto, il Governo, contraddicendo se stesso, lo conferma riducendo il ticket dal 10 al 3,5 per cento e abolendo quello sulla diagnostica. Vorrei ricordare che tali ticket erano stati inseriti dal Governo solo quattro o cinque mesi fa nella legge finanziaria per l'anno 2007 e che, forse, vengono aboliti oggi solo perché ci troviamo in piena campagna elettorale.
A questo proposito, vorrei sottolineare come tale soluzione susciti, in ogni caso, molte perplessità. Ci sono dei dubbi di violazione sostanziale dell'articolo 81 della Costituzione sulla copertura finanziaria, ossia sull'utilizzo, in un primo momento, del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, mentre successivamente tale proposta è stata riformulata, nel senso di andare a intaccare gli stanziamenti per i vari fondi, tra cui quello per le non autosufficienze e quello per le famiglie. Tuttavia, neanche questa soluzione può andar bene.
Una conduzione sicuramente disordinata e strabica di questo Governo non può che aumentare i dubbi sulla possibile realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica definiti a livello europeo.
In conclusione, siamo contrari a questo provvedimento perché, ancora una volta, penalizza i cittadini e molte regioni serie e attente, come il Veneto, e non accenna minimamente a prevedere sanzioni e misure che rafforzino, invece, il principio di responsabilità degli amministratori regionali.
Tutto ciò crea non pochi allarmi o, quanto meno, seri dubbi sulla realizzabilità degli obiettivi di stabilizzazione della spesa sanitaria indicati dal Governo nell'ultima legge finanziaria. In ogni caso, anche volendo prendere per buoni questi obiettivi e gli interventi per realizzarli, va avviata - questo è un invito che sento di rivolgere al Governo - una discussione sui modi per migliorare l'efficienza della gestione e la qualità dei servizi.
Sarebbe auspicabile, quindi, che si procedesse a dar corpo e vita ad un federalismo pienamente responsabile, che attribuisca alle regioni il potere di stabilire i livelli delle prestazioni, imponendo contemporaneamente l'onere di finanziarli in modo autonomo, ponendo fine a questi meccanismi di assistenzialismo verso una certa area del nostro Paese.
Nella mia regione, il Veneto, stiamo vivendo una stagione di grande preoccupazione. Comunità intere, prima nel bellunese, poi al confine con il Friuli Venezia-Giulia, infine nell'altopiano di Asiago, stanche di essere strette da regioni a statuto speciale che possono godere di molte agevolazioni e che ricevono dallo Pag. 65Stato molto di più di quanto ricevono i nostri cittadini veneti, chiedono di andarsene dalla regione, promuovendo referendum - che finora hanno avuto, come tutti sanno, un esito favorevole - per chiedere l'annessione al Trentino e al Friuli. I comitati promotori - vorrei ricordarlo ai colleghi - non vedono al loro interno i partiti, ma semplicemente cittadini di diversa appartenenza politica e di varie estrazioni, quindi meno politicizzati.
Ritengo che ciò che sta accadendo rappresenti un pericolo per il nostro Paese e sono certa che provvedimenti come quello in discussione oggi non facciano che aumentare il malessere e il grande senso di frustrazione del cittadino, che sempre di più soffre per questa palese violazione del principio di uguaglianza, che dovrebbe essere sempre garantito (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Fitto, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casero. Ne ha facoltà.
LUIGI CASERO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, leggendo oggi le prime pagine dei giornali e vedendo ciò che sta avvenendo in questa Assemblea, potrebbe sembrare che in questo Paese esistano due Governi. Da una parte, un Governo che, con la voce del Presidente Prodi e del Ministro dell'economia e delle finanze, predica rigore e risanamento dei conti e auspica azioni molto dure sulla politica economica, per tenere l'Italia all'interno degli accordi presi in sede europea: il Presidente Prodi, ieri, a Milano, si è vantato di avere riportato l'Italia all'interno del Patto di stabilità europeo, mentre oggi il Ministro dell'economia e delle finanze ha sostenuto che le pensioni non si toccano e che lo scalone è fondamentale per la tenuta dei conti pubblici; dall'altra, invece, in questa Assemblea si discute un decreto che sembra proposto da un Governo che abbia delle idee e delle missioni completamente diverse.
Si tratta di un provvedimento che altera tutti i principi su cui si è cercato di contenere la spesa pubblica a livello sanitario, con il quale il Governo stravolge qualsiasi banale regola del mercato sanitario, ma potrebbe trattarsi di qualsiasi altro mercato presente nel Paese.
Il Governo cerca dunque di stravolgere le regole banali su cui si basa la spesa pubblica. Quest'ultima in Italia è formata da tre grandi macro-aree: la spesa pubblica improduttiva dei servizi, su cui deve essere esercitata un' azione a livello di ministero e di enti locali; la spesa previdenziale; la spesa sanitaria. Quest'ultima, per una serie di meccanismi che si sono determinati nel tempo, è una spesa che è demandata alle regioni e il cui controllo avviene a livello regionale.
Nel passato si è cercato, con grandi difficoltà - si tratta infatti di un settore molto sensibile per il cittadino, in cui spesso l'intervento economico rischia di diminuire il livello dei servizi, in questo caso di un servizio fondamentale come quello della sanità -, di prevedere una serie di regole volte a salvaguardare i benefici del cittadino e, nello stesso tempo, i conti pubblici. All'interno di queste regole, sono stati stabiliti patti che le regioni e il Governo devono mantenere in modo tale da conseguire questi obiettivi.
Se, quindi, con tale decreto, si pensa - come effettivamente si pensa - di far saltare tali patti, premiando le regioni che non li hanno mantenuti (alcuni giornalisti nel passato le hanno chiamate «regioni canaglia», perché non hanno mantenuto il patto per il paese e per tutti i cittadini) e penalizzando invece quelle che li hanno mantenuti, si dimostra quale sia la linea che si intende mantenere nella realtà, a differenza dei proclami enunciati ieri dal Presidente Prodi all'università Bocconi e sui giornali dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Il Governo sta utilizzando un momento favorevole, dal punto di vista economico, nazionale ed europeo, ma rischia di far saltare qualsiasi azione di risanamento intrapresa. Mi chiedo perché un cittadino lombardo, piemontese, veneto od emiliano Pag. 66deve mantenere i patti che un governatore lombardo, emiliano, veneto o piemontese ha sottoscritto con il Governo, quando il Governo, per primo, non li mantiene e non sanziona le regioni inadempienti.
Il decreto in esame, in termini di immagine e di indirizzo futuro, è veramente pesante per i conti del Paese. Mi chiedo dove sono tutti quei professori che nel passato ci attaccavano appena ipotizzavamo una semplice azione di condono. Ho seguito dibattiti, negli anni scorsi, sui media, relativi ai vari condoni presentati, e oggi da quei professori non sento una parola, come non sento una parola da parte di tutti i colleghi del centrosinistra, che nel passato ci accusavano di distruggere i conti del Paese, di alterare le finanze dello Stato, di essere totalmente irresponsabili sul futuro dei nostri figli, quando tutti sappiamo benissimo che questo decreto altera i normali rapporti all'interno della spesa sanitaria, che è una delle componenti fondamentali della spesa pubblica.
Mi chiedo anche dove sono tutti quei parlamentari e quei teorici del centrosinistra e del federalismo che solitamente discutono sull'autonomia impositiva locale, sul maggior decentramento, sul fatto che le regioni debbano avere maggiori responsabilità: come è noto, oltre alle responsabilità, ci deve essere anche un rapporto di responsabilizzazione. Ma se non mettiamo le regioni di fronte alle loro responsabilità, non capisco che genere di responsabilizzazione ci possa essere.
Il decreto in esame tocca altre tre componenti importanti. La prima è quella dei ticket, che avete introdotto nella legge finanziaria per il 2007 e adesso volete togliere, come ha osservato la collega Milanato. Dite ai cittadini che cosa volete; ritengo che il ticket sia uno strumento importante per far partecipare i cittadini ad una spesa rilevante come quella sanitaria: deve essere usato con intelligenza, deve essere usato a fronte di un miglioramento complessivo del sistema sanitario nazionale, ma non può essere utilizzato prendendo in giro i cittadini, dicendo, ad esempio, che lo si introduce a dicembre per poi toglierlo a febbraio, per reintrodurlo a giugno e toglierlo nuovamente a giugno dell'anno successivo. Come fa il cittadino a rispondere a leggi che devono essere credibili, quando è lo stesso legislatore a prenderlo in giro?
La seconda questione riguarda le coperture: mi meraviglio di come il sottosegretario che rappresenta il Governo, che conosco come attento lettore delle coperture - abbiamo trascorso anni in Commissione bilancio a discuterne -, individui coperture come quelle approvate al Senato per decreto-legge in esame, che sono chiaramente inesistenti ed attingono a fondi che dovevano essere destinati ad altre spese, che sono, però, incomprimibili. Penso, ad esempio, che in questo Paese non si possa comprimere la spesa per la non autosufficienza.
L'ultimo tema, quello fondamentale, riguarda il fatto che il provvedimento in esame altera il normale rapporto commerciale fra la pubblica amministrazione e le imprese che si rapportano con essa. Non possiamo pensare di rendere la pubblica amministrazione più efficiente e che le migliori imprese possano competere nelle gare pubbliche quando, un giorno sì e uno no, alteriamo i criteri con cui si sono impostate le gare; quando, un giorno sì e uno no, pensiamo di far saltare le gare sull'alta velocità; quando, con il decreto in esame, diciamo alle imprese, che hanno fatto conti ben precisi su quanto introitare, sui tempi entro i quali introitare, sugli oneri finanziari per effettuare le forniture al servizio sanitario pubblico: «voi questi soldi non li prenderete adesso, molto probabilmente li prenderete tra un anno».
Come fa un normale imprenditore a pensare di competere ancora e quindi di partecipare a queste gare? Come fanno le migliori imprese sanitarie a pensare di fornire la pubblica amministrazione sanitaria quando, in corso di pagamento, alterate le normali condizioni di gara? Su questo, vorrei sentire le voci della sinistra, attente come noi alle esigenze - fondamentali per lo sviluppo del Paese -, oltre Pag. 67che delle imprese, anche dei cittadini e dei contribuenti, che in questo caso sono i malati.
Come potete pensare che le migliori imprese sanitarie, cioè quelle che fanno i migliori investimenti, che sono disposte a spendere di più per la ricerca e per l'innovazione dei propri prodotti, quelle che hanno migliori prodotti per il malato, possano continuare a venire in Italia, in un Paese in cui si alterano in modo così forte le normali regole di mercato? Le più grandi multinazionali non verranno più in Italia, perché sapranno che, se va bene, prenderanno i soldi fra due anni e, se va male, rischiano di non prenderli più.
In questi giorni si discute molto di «sistema Italia» e di difesa dell'italianità delle aziende, si effettuano operazioni industriali molto confuse a difesa dell'italianità del «sistema paese», ma quando si devono stabilire regole per far sì che il Paese diventi appetibile nei confronti degli investimenti stranieri, esse vengono stabilite, a parole, sui giornali, nel modo più giusto, ma poi vengono alterate nella realtà dei fatti con provvedimenti - in questo caso un decreto-legge su cui molto probabilmente porrete la questione di fiducia - che creano una sfiducia nei confronti del mondo che sarà difficile recuperare.
Chiedo al Governo e al sottosegretario, con riferimento a problemi così palesemente rilevanti per il «sistema paese», di porvi rimedio, di cercare di intervenire, di modificare la situazione, per far sì che si arrivi alla fine dell'attuale fase della politica italiana. Si tratta di una fase in cui vi è un ampio dibattito sui giornali, in cui si parla di liberalizzazione, di concorrenza, di Paese che si deve sviluppare, e via dicendo, mentre i provvedimenti concreti vanno in una direzione completamente opposta.
Auspico che con il provvedimento in esame si possa fare qualcosa, che il Governo possa recepire le nostre richieste, che potranno arrecare un beneficio futuro al Paese, e che si possa, una volta tanto, governare non solo a parole, come si sta facendo in questi giorni, ma anche con i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sul complesso delle proposte emendative.
Invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni sulle proposte emendative presentate.
FRANCESCO PIRO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, prima di esprimere il parere, i relatori vorrebbero, se possibile, intervenire nel dibattito.
PRESIDENTE. Nell'ambito dell'espressione del parere, onorevole Piro, ha la possibilità di allargare il ragionamento.
FRANCESCO PIRO. Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, siamo in due relatori....
PRESIDENTE. Entrambi avete la parola per l'espressione dei pareri, e in questo contesto avete la possibilità di estendere la vostra riflessione.
FRANCESCO PIRO. Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, prima di arrivare alla formulazione del parere vero e proprio sulle proposte emendative presentate, ritengo necessario e utile formulare qualche considerazione sul dibattito, molto lungo e approfondito, che si è svolto nella fase degli interventi sul complesso delle proposte emendative stesse.
Signor Presidente, signore e signori deputati, credo innanzitutto che vada svolta una considerazione, perché troppo spesso è stato qui sollevato un problema di carattere politico sulla natura del provvedimento, come se vi fosse una continuità politica tra la responsabilità delle giunte regionali e l'azione del Governo. Tutti credo possano dare atto ai relatori, ma anche a quanti della maggioranza sono intervenuti, di non aver fatto mai riferimento alla diversa natura politica delle giunte che hanno operato ed operano nelle regioni interessate dal provvedimento in Pag. 68esame. È necessario ricordare, però, a questo punto, che tre delle quattro regioni che hanno già firmato i piani di rientro e che quindi sono interessate dal decreto, vale a dire il Lazio, l'Abruzzo e il Molise, nel periodo considerato, cioè il quinquennio 2001-2005, erano amministrate da giunte di centrodestra, mentre la Campania era amministrata da una giunta di centrosinistra. Per quanto riguarda la quinta regione, la Sicilia, che potrebbe essere quasi sicuramente interessata dal provvedimento, visto che è nella fase conclusiva l'elaborazione del piano di rientro, anch'essa nel quinquennio interessato era governata da una giunta di centrodestra. Ritengo che se dovessimo fermarci a tale aspetto, non faremmo compiutamente il nostro dovere.
Credo che il Governo, nell'adottare il provvedimento in esame, se ne sia assunto la piena responsabilità, e abbia assunto su di sé anche un grande compito, che è quello non soltanto di arrivare a una soluzione definitiva - relativa ai debiti pregressi e alle situazioni incresciose che si sono determinate - ma anche quello di porre uno stop definitivo al generarsi, al riprodursi continuo, in tali regioni, di sempre nuovi e più gravi disavanzi.
Tali considerazioni ritengo valgano anche per motivare la costituzionalità del provvedimento in esame. Sono state riproposti, nel corso degli interventi, temi che erano già stati sollevati e dibattuti, con la presentazione di ben tre questioni pregiudiziali, che poi l'Assemblea ha respinto. A tale proposito, intendo esprimere poche considerazioni. In primo luogo, la Corte costituzionale è già intervenuta con alcune sentenze, ribadendo la piena legittimità dell'intervento dello Stato in materia sanitaria e quindi non individuando, in tale intervento - assunto con determinate forme e in determinate circostanze - alcuna lesione delle prerogative costituzionali delle regioni. In secondo luogo, vi è un altro aspetto, a mio avviso costituzionalmente rilevante, ma che ha anche natura sostanziale, riguardante la motivazione dell'emanazione del provvedimento in esame: mi riferisco al fatto che la permanenza di deficit elevati e la produzione di nuovi deficit stanno incidendo - e ancor più sono destinati a incidere - sui livelli essenziali di assistenza nelle regioni.
È compito dello Stato non solo determinare i livelli essenziali di assistenza, ma garantire che in ogni parte del Paese - quindi in ogni regione - tali livelli essenziali di assistenza siano effettivamente assicurati a tutti i cittadini, senza dunque che vi sia pregiudizio di un diritto costituzionalmente garantito per cittadini residenti in regioni diverse. Pertanto, credo sia compito dello Stato, nel momento in cui si prospetta o addirittura si verifica un pregiudizio di tali diritti, intervenire, ed è esattamente ciò che il Governo ha fatto con il provvedimento in esame, prevedendo misure di natura finanziaria, ma anche legate alle procedure, ai vincoli, all'effettiva possibilità di eliminare lo stock di debito che si è determinato nelle regioni.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ORE 17,43)
FRANCESCO PIRO, Relatore per la V Commissione. Pertanto, bene ha fatto il Governo, da questo punto di vista, ad intervenire con un provvedimento che apparentemente è semplice, ma che invece riguarda questioni abbastanza complesse.
Abbiamo già detto, ma credo sia opportuno ribadirlo a fronte degli interventi che sono stati svolti, che il decreto-legge presenta tutti i requisiti di straordinaria necessità e urgenza. La straordinarietà è legata al fatto che i precedenti provvedimenti - assunti nella passata legislatura ma anche all'inizio di quella in corso - da una parte hanno previsto misure volte a fornire risorse alle regioni per il ripiano dei debiti pregressi, e dall'altra hanno costruito un'«armatura» legislativa per impedire la riproduzione dei debiti e dei disavanzi.
Entrambi i filoni, quello finanziario e quello legislativo, con tutta evidenza, non sono stati risolutivi, e non lo sono stati perché non sono state adottate, in questi Pag. 69anni, le due misure davvero necessarie: la prima, volta ad accertare in maniera puntuale quale sia effettivamente l'indebitamento della regione; la seconda, volta a prevedere vincoli forti, ineliminabili, insuperabili alla ripetizione dei disavanzi. Da questo punto di vista - l'abbiamo già osservato, ma credo che sia opportuno ribadirlo - occorre ricordare che le risorse messe a disposizione dell'operazione di rientro dai ripiani non sono soltanto quelle previste dal provvedimento in esame, vale a dire i tre miliardi, ma sono anche le risorse che vengono riattivate e che discendono dai contributi statali che, a causa dell'inadempienza delle regioni rispetto al rientro dai disavanzi, sono stati congelati e adesso vengono liberati.
Ricordo che per le cinque regioni interessate si tratta di una somma che ammonta a poco meno di 7 miliardi di euro. Tali somme erano già di pertinenza delle regioni, ma sono state - lo ripeto - congelate e adesso, a seguito della firma dei piani di rientro e in relazione allo stato di avanzamento degli stessi piani, sono liberate e lo saranno ulteriormente.
A ciò si aggiungono le risorse assegnate dalla legge finanziaria, attribuite anche queste alle regioni per circa 2,5 miliardi. Non va dimenticato che se è importante il contributo dello Stato, altrettanto importante, ovviamente anche superiore in termini numerici, sarà il contributo che sono chiamate a dare, anche dal punto di vista finanziario, le regioni stesse. Ad esempio, nel piano di rientro della regione Lazio, è previsto che, a fronte di un ammontare del debito emerso di circa 10 miliardi, la regione sia chiamata a provvedere con proprie risorse per circa 6 miliardi e 600 milioni di euro. Ma, al di là delle somme, il vero problema è che la massa di risorse mobilitata corrisponde, almeno allo stato dei fatti, all'ammontare dei debiti accertati e, quindi, la massa delle risorse mobilitate e che sarà mobilitata in un lasso di tempo breve - nel giro di un anno - è tale da poter consentire la piena soddisfazione anche dei creditori delle ASL. Ciò assume, ovviamente, notevole rilevanza.
A lungo si è discusso della previsione introdotta al Senato relativa al blocco per dodici mesi delle procedure esecutive. Da una parte, sia in sede di relazione, sia in Commissione abbiamo manifestato le nostre perplessità e abbiamo dato la disponibilità a verificare gli interventi. Come sarà successivamente chiarito dalla collega Zanotti, a questo problema è stata data una soluzione definitiva, nel senso che i relatori si sono fatti carico di presentare un emendamento soppressivo, eliminando di conseguenza il problema. Dall'altra parte, invece, la massa delle risorse dà, almeno fino a questo momento, piena garanzia della totale soddisfazione dei crediti vantati dai fornitori e dai prestatori d'opera.
Altre due questioni sono emerse con grande forza dal dibattito, collegate a numerose proposte emendative che sono state presentate. La prima questione è quali garanzie abbiamo che non si ripeteranno i disavanzi e quali eventualmente dovranno essere gli interventi «repressivi» di tale comportamenti.
A questo punto, credo che debba essere data una risposta, che non è tanto contenuta nel testo del decreto-legge, quanto nell'insieme delle misure che già sono previste, ad esempio nel comma 796 della legge finanziaria, che vengono inasprite e di cui viene prevista l'attivazione automatica, all'interno dei piani di rientro che sono stati firmati con le regioni. È previsto, ad esempio, che nel caso in cui si dia origine nel corso della vigenza dei piani di rientro a qualunque inadempienza da parte delle regioni - in queste fattispecie rientra sicuramente la produzione di nuovo disavanzo - scatti automaticamente la misura consistente nell'incremento dell'addizionale all'IRPEF e dell'addizionale all'IRAP, non più soltanto nella misura massima prevista dalla legge, ma nella misura necessaria a coprire il nuovo disavanzo che eventualmente non dovesse essere coperto da mezzi ordinari di bilancio da parte della regione. Dico ciò in particolare ai tanti colleghi della Lega che sono intervenuti e che hanno fatto riferimento Pag. 70a questo aspetto nei loro interventi. A me sembra una misura molto forte, sicuramente efficace.
La seconda questione attiene all'eventuale sanzione della responsabilità degli amministratori: credo che non si sia prestata sufficiente attenzione al fatto che...
FEDERICO BRICOLO. Ladri, ladri! Avete rubato dalle tasche del nord!
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Stai zitto! Vergognati!
PRESIDENTE. Invito il relatore a proseguire e l'onorevole a non intervenire.
FRANCESCO PIRO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente proseguo con tutta serenità.
Non si è ben valutato quale meccanismo viene messo in piedi con il decreto-legge e con la firma e l'attuazione dei piani di rientro.
La più grave forma di sanzione per gli amministratori e per i politici amministratori ritengo consista nel fatto di essere privati della possibilità di agire o meglio di agire autonomamente. Questo succederà perché tutti i provvedimenti in materia sanitaria, con l'assistenza dei nuclei tecnici e degli advisor che verranno nominati dal Governo, potranno essere assunti soltanto previa sottoposizione e approvazione da parte del Governo. Qualcuno l'ha definita una cessione di sovranità. Metto le virgolette al termine sovranità; sicuramente è una forma di limitazione fortissima delle autonome possibilità di determinazione.
Per quanto riguarda la questione di sanzionare coloro che hanno generato deficit, ricordo che è stata inserita nella legge finanziaria una norma, con il comma 734, che impedisce a tutti coloro che hanno ricoperto incarichi di amministrazione, negli enti, nelle istituzioni, nelle aziende pubbliche e che abbiano provocato disavanzi per tre esercizi consecutivi di poter essere nominati in qualunque altra istituzione, ente, azienda analoga; quindi da questo punto di vista esiste già una norma abbastanza efficace.
Concludo il mio intervento, signor Presidente, esprimendo, come mi compete, il parere per quanto riguarda gli emendamenti all'articolo 1. Esprimerò il parere solo sugli emendamenti per cui il parere delle Commissioni è favorevole, rimanendo inteso che per gli altri è contrario.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sugli identici emendamenti Garavaglia 1.70, Giudice 1.154, Cancrini 1.183, Zinzi 1.184, Ulivi 1.187, Angelo Piazza 1.189, D'Elpidio 1.192 e Zanella 1.200, in considerazione del fatto che si tratta di emendamenti identici all'emendamento 1.500 delle Commissioni, che sopprime all'articolo 1, comma 3, il terzo, quarto e quinto periodo.
Le Commissioni esprimono altresì parere favorevole sugli emendamenti Leone 1.331 e 1.332.
Per quanto riguarda gli emendamenti riferiti all'articolo 1-bis del decreto-legge, il parere sarà espresso dalla relatrice Zanotti.
PRESIDENTE. Sta bene. Prego, onorevole Zanotti.
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune considerazioni, di replica per quanto riguarda la discussione generale e gli emendamenti, dopodiché esprimerò il parere sugli emendamenti relativi all'articolo 1-bis.
Sono sconcertata - lo dico ai colleghi della minoranza e in particolare a quelli della Lega - per il dibattito che si è sviluppato in Assemblea. Anche in ragione delle ultime interruzioni dell'onorevole Bricolo, con l'accusa di essere ladri, ricavo l'impressione che vi sia una questione che ci divide profondamente, e forse tale divisione è persino insanabile.
Si tratta di una questione di cultura politica, per cui dico a tutti i colleghi dell'opposizione che c'è una divisione profonda che riguarda proprio l'idea di federalismo, con l'aggettivo, che io sottolineo: solidale.
PAOLO GRIMOLDI. Va a cagare!
Pag. 71KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Ma ci vada lei e la smetta! La prego, Presidente.
PRESIDENTE. È un linguaggio non consono all'Assemblea, e la preghiera è quella di sospendere realmente questo tipo di manifestazioni verbali.
ANDREA GIBELLI. Sospenda la seduta, Presidente! Il federalismo solidale è un'altra cosa. Questo è un furto!
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. No, non sospenda la seduta. Ho il diritto di parlare come relatrice.
GAETANO FASOLINO. È un provvedimento vergognoso!.
MATTEO BRIGANDÌ. Deve esprimere il parere (Commenti del deputato Trupia)!
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. È un problema di cultura politica. Voglio ricordare a proposito di furti che noi facciamo riferimento ai debiti 2001-2005, che riguardano gestioni... (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania). È un problema di cultura politica che ci divide, in un'ottica di federalismo solidale... (Commenti).
PRESIDENTE. Credo che la vostra opinione possa comunque essere contenuta in manifestazioni più adatte al linguaggio da mantenere in Assemblea. Continui pure, onorevole Zanotti.
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Tale ottica ha al centro la tutela del diritto alla salute di tutti i cittadini di questo Paese, ma si tratta di una tutela che riguarda i cittadini ovunque siano residenti. Ciò determina da parte delle regioni più forti un impegno, un aiuto, un accompagnamento nelle situazioni di difficoltà di alcune regioni.
Voglio anche dire, a tutti i colleghi dell'opposizione che si sono intrattenuti nei loro interventi in questi giorni, che persino nella stessa Commissione si è preso atto del lavoro svolto.
Mi riferisco alle proposte emendative presentate dai relatori, alla discussione che ha dato conto della disponibilità espressa sia dai relatori sia dai colleghi della maggioranza, raccogliendo e dando risposta ai due punti di maggiore criticità - esclusivamente due - su cui la discussione nelle Commissioni indubbiamente è stata intensa e abbiamo persino avuto delle opinioni fortemente condivise.
Come ho ricordato nella relazione, non abbiamo dovuto discutere a lungo per produrre un emendamento che desse immediata risposta alla questione della riduzione a 3,5 euro dei ticket sulla specialistica e per esprimere la totale contrarietà a quel tipo di copertura di spesa.
Ho sentito nel corso di questa discussione - forse perché gli argomenti non erano tantissimi - molti colleghi soffermarsi sulla questione della non autosufficienza, delle politiche giovanili, della cooperazione allo sviluppo, del Fondo per lo spettacolo, sapendo bene che tale problema in Commissione era già stato risolto. Ci siamo presentati in Aula con un emendamento dei relatori che ha dato risposta in termini sia di abolizione del ticket, sia di una copertura di spesa che era assolutamente alternativa a quella che abbiamo messo in discussione e che ha cancellato una copertura così discussa.
PAOLO GRIMOLDI. Per un anno!
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Per un anno, e poi si è detto che in sede di finanziaria si sarebbe ragionato complessivamente, secondo me in maniera corretta, sulle modalità di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti. Mi pare che si sia affrontata la questione con molta serietà.
PAOLO GRIMOLDI. Per un anno!
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Sì, fino alla fine del 2007, poi in sede di finanziaria ragioneremo.Pag. 72
Abbiamo discusso a lungo anche della questione che riguarda il blocco per dodici mesi delle procedure relative ai crediti. I colleghi del Comitato dei diciotto sanno bene che oggi, come relatori, abbiamo dato una risposta che è andata esattamente nella direzione di tutte le obiezioni che sono state sollevate e che hanno trovato in un emendamento soppressivo, come si dice, la cancellazione della questione. Non era possibile essere più chiari e netti nel tentare un'interlocuzione che fosse, intanto, un segnale di disponibilità, e poi una raccolta, anche positiva, di valutazioni, sulle quali, non lo neghiamo, anche dentro la maggioranza sono state sollevate osservazioni.
Ritengo che la discussione di oggi abbia evidenziato elementi di assoluto pregiudizio nei confronti del provvedimento, soprattutto da parte dei colleghi della Lega. È del tutto evidente che si tratta di un pregiudizio - voglio ricordarlo ancora e voglio sottolinearlo -, nonostante si parli di debiti riferiti agli anni 2001-2005 e relativi a regioni governate dal centrodestra.
PAOLO GRIMOLDI. Ma non da noi!
KATIA ZANOTTI, Relatore per la XII Commissione. Ma di cosa stiamo parlando?
Per concludere, voglio dire che, respingendo questa posizione di principio, è opportuno ragionare anche sulla strumentazione normativa utilizzata in questa fase. Si tratta di una strumentazione normativa prevista dal Governo di centrodestra, dal Governo Berlusconi, che, fra l'altro, con le leggi finanziarie per gli anni 2005 e 2006, ha stanziato 4 mila miliardi di euro per dare risposta, ancora in quella fase, alle situazioni di sbilancio e di disavanzo economico delle regioni più in difficoltà.
Con il provvedimento in esame non solo si è fatta chiarezza sull'entità del debito, ma si è fatto di più: si è costruito un sistema di controllo molto stringente, con un affiancamento molto forte dei Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze rivolto a quelle regioni che presentano situazioni di difficoltà.
Tutto questo per dare un segnale netto e chiaro di svolta sulla questione finanziaria, delle risorse che alimentano il sistema sanitario di questo paese; che, ripeto, non è solo una questione fa riferimento alla tutela sacrosanta dei diritti delle persone in termini di salute, ma diventa un fattore di grande sviluppo economico. E diventa tale se si arriva all'azzeramento dei debiti, per evitare una situazione non più sostenibile che rischia di portare all'implosione della sanità.
Voglio anche ricordare che questo non è un ripiano a piè di lista: ci siamo abituati per anni a ragionare in questi termini, per anni siamo stati di fronte ad un sistema sanitario assolutamente sottofinanziato rispetto ai bisogni reali e poi, alla fine, si procedeva ad un ripiano a piè di lista. Anche in termini di cultura, il provvedimento, segna un'innovazione ed è uno scarto davvero forte rispetto al passato.
Il dibattito non è riuscito, poiché è pregiudiziale, a dare conto di tutto questo. Noi speravamo e continuiamo a sperare che la discussione svolta nelle Commissioni porti ad una valutazione definitiva sul provvedimento sgombra da pregiudiziali, proprio perché - voglio ribadirlo - in Commissione si è lavorato intensamente e, a conclusione, si sono trovati dei punti di condivisione.
Passo, quindi, a formulare il parere sugli emendamenti.
Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Giudice 1-bis.200 e sul subemendamento Giudice 0.1-bis.0100.10, poiché integra l'articolo aggiuntivo 1-bis.0100 (nuova formulazione) delle Commissioni, di cui si raccomanda l'approvazione.
Le Commissioni raccomandano altresì l'approvazione del loro emendamento Tit. 1 (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Pag. 73
MATTEO BRIGANDÌ. Credo ci sia una logica che porta ad esprimere il parere del Governo. La logica è chiara: c'è una preposizione normativa che è fatta da chi la propone, in questo caso dal Governo, che viene discussa in Commissione e, poi, in Assemblea. Nel momento in cui in Assemblea si esprime la posizione di tutti i parlamentari, questa posizione deve essere vagliata nel momento in cui si formula il parere, prima da parte delle Commissioni e, poi, da parte del Governo. Però, in questo caso, ci siamo ritrovati di fronte - giudichi lei, signor Presidente, se dico una cosa per un'altra - ad un dibattito in cui l'ultima parola è rimasta ai relatori in rappresentanza delle Commissioni, invece che all'Assemblea. Se così è, il Governo esprimerà un parere dopo aver sentito, per ultimo, quello che le Commissioni avevano da dire. Questo ha portato ad un'inversione della procedura.
Chiedo, allora, che venga consentito di replicare a quanto detto dai relatori, i quali hanno dimostrato di parlare non nella loro competenza di soggetti che esprimono il parere sugli emendamenti. Quindi, chiedo che venga riaperta la fase degli interventi sul complesso degli emendamenti, perché si possa controbattere serenamente a quello che hanno detto i relatori a nome delle Commissioni e il rappresentante del Governo possa esprimere il suo parere, che non deve essere necessariamente identico a quello delle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, la legittima esigenza di ribattere può trovare espressione, conformemente alla prassi e al Regolamento, in sede di discussione sui singoli punti, non con la riapertura, in questa fase, della discussione.
Qual è il parere del Governo sulle proposte emendative presentate?
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, intanto vorrei tranquillizzare l'onorevole Brigandì: quest'Aula non annoia mai! I dibattiti parlamentari sono sempre e comunque utili e il Governo ringrazia tutti coloro che sono intervenuti, perché, al di là del taglio polemico di alcuni interventi, essi dimostrano che c'è una sostanziale condivisione delle preoccupazioni per lo stato della situazione debitoria che si registra in alcune regioni che sono parte importante del nostro Paese.
A me non interessano le polemiche. Ringrazio la Commissione, i relatori, tutti coloro che, nel corso di alcune defatiganti riunioni, hanno lavorato con grande impegno. Tutti - non solo la maggioranza, anche l'opposizione ha dato un contributo notevole, al di là del voto finale che potrà essere espresso - intendevamo fare in modo che il testo pervenuto dal Senato fosse modificato, fosse migliorato.
È stato fatto riferimento, nel dibattito, a una volontà del Governo di adottare il decreto-legge in esame perché le regioni interessate sarebbero amministrate da coalizioni coincidenti con quella della maggioranza di governo. Devo dire con franchezza che ritengo non troppo convinti coloro che hanno fatto tale supposizione, proprio perché il periodo cui si fa riferimento è quello del 2001-2005, nel quale le maggioranze erano molto diverse. C'è un dovere da parte del Governo di intervenire, non verso gli amministratori delle regioni che hanno sicuramente pesanti responsabilità per la situazione debitoria che si è determinata, ma per garantire ai cittadini di quelle regioni, a tutti i cittadini di tali regioni i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, i diritti ad avere un'assistenza sanitaria di elevato livello. Qualsiasi Governo, non solo questo, anche un altro se fosse stato in carica, sarebbe stato costretto ad adottare un provvedimento simile. Non è il colore politico delle ricordate amministrazioni che è alla base della decisione adottata dal Governo, né tantomeno - mi sia consentito - lo è una valutazione di tipo elettoralistico, perché siamo in presenza di una consultazione locale diffusa in varie parti del territorio nazionale.Pag. 74
Vorrei ancora sottolineare che, nel merito, il decreto-legge prevede - e ciò è stato richiamato con puntualità dall'onorevole Piro - vincoli stringenti per gli amministratori regionali. Non è che diciamo: bravo, bravi, perché oggettivamente bravi non lo sono stati (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se si legge attentamente il testo, ci si accorgerà che non soltanto sono previsti un monitoraggio, una vigilanza e un controllo continui da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e da parte del Ministero della salute, ma per tali regioni si prevede anche una forma di «tutoraggio»; che, detto con molta franchezza, è una forma di penalizzazione almeno sul piano dell'immagine, di cui gli amministratori interessati non possono certo essere gratificati.
Vi è, quindi, un vincolo molto forte per quanto riguarda il piano di risanamento: se gli amministratori regionali non si atterranno a quei vincoli, se non li rispetteranno, scatteranno - purtroppo, ma è necessario prevederlo - aumenti dell'IRPEF e dell'IRAP, come ricordato poc'anzi dai relatori.
Altro che regalo! Non è un regalo quello che facciamo: ci rendiamo conto che il servizio sanitario, relativamente ai livelli di qualità da offrire ai nostri cittadini, deve essere uniforme, omogeneo in tutte le regioni e, in una fase in cui il federalismo sta facendo progressi - faticosamente, se volete - riconosco anche il merito di coloro che, per primi, ne hanno parlato e hanno imposto a quest'Assemblea, più volte, il dibattito in materia.
Il nostro, però, è un Paese che ha bisogno di gradualità; voi sapete che il Governo è fortemente impegnato in questa materia, per cui la prossima discussione sulla legge relativa al federalismo fiscale ci vedrà impegnati a dimostrare se la scelta effettuata è coerente con i nostri desideri. Il Governo è stato chiaro su tale punto: vogliamo dare attuazione agli articoli della Costituzione, come modificati dalla recente riforma, e quindi anche al federalismo fiscale, sempre tenendo conto del dovere di offrire servizi omogenei sul territorio.
Per quanto riguarda la responsabilità degli amministratori regionali, che, in questo caso, non sempre c'è stata - voglio ricordarlo -, c'è da augurarsi che il provvedimento in esame, che, lo ripeto, non penalizza i cittadini delle menzionate regioni (si tratta di regioni molto importanti), spinga tutti gli amministratori ad un maggiore rigore.
In Commissione, è stato anche introdotto un articolo - sul quale il Governo si è pronunciato favorevolmente - che prevede che gli esiti della verifica annuale dei piani di rientro siano tempestivamente trasmessi dal Ministro dell'economia e delle finanze al presidente della Corte dei conti, per le valutazioni di competenza dell'istituto, anche ai fini dell'avvio di un eventuale giudizio di responsabilità. Quindi, colleghi, non c'è alcuna «tenerezza» nei confronti di coloro che, ripeto, hanno la responsabilità di attuare il piano di risanamento sottoscritto.
Il Governo, in sede di dibattito in Commissione, ha dato il proprio assenso a rivedere, come dicevo poc'anzi, alcune norme, compresa quella dell'abolizione, fino al 2007, del ticket sanitario, già ridotto da 10 a 3,5 euro in sede di discussione del provvedimento al Senato. La volontà parlamentare - in questo caso, di tutta la Commissione - è stata quella di abolirla e il Governo ha dato il proprio assenso, e ci siamo fatti carico di rivedere la copertura finanziaria, perché ritenevamo quella approvata al Senato non coerente con le nostre scelte di politica sociale. Si attingeva a fondi destinati alle fasce deboli, alle famiglie, ai disabili e così via e quindi abbiamo ritenuto di dovere individuare una diversa copertura; è stato fatto e credo con grande soddisfazione da parte di tutti i rappresentanti delle varie forze politiche.
Su un altro punto molto discusso si è giunti ad una soluzione, anche se il voto - almeno formalmente - non è stato unanime. Dell'accettazione relativa all'estrapolazione del comma 3 dell'articolo 1, tanto Pag. 75discusso negli ultimi due giorni, possiamo attribuire il merito - se mi è consentito - non solo alla maggioranza, ma anche a quei parlamentari di tutti i gruppi che nel corso dell'esame nelle Commissioni di merito si sono coerentemente battuti, facendosi carico di tutelare il «mondo», diciamo così, dei creditori che, purtroppo, la norma, così come era prevista, finiva per penalizzare.
Abbiamo tentato inizialmente di trovare una soluzione mediata, che giungesse sostanzialmente ad una stessa soluzione positiva per i creditori, soprattutto per quelli che erano, e sono, in possesso di una sentenza che riconosceva i loro crediti nei confronti delle varie aziende sanitarie e così via. Alla fine, il Governo ha preso atto delle perplessità mostrate da tutti i gruppi politici, compreso qualche gruppo della maggioranza, e responsabilmente abbiamo deciso di accogliere questo emendamento, frutto del lavoro delle Commissioni.
Come vedete, non è il caso di dare sempre, su una materia così delicata come questa, una valutazione strumentale, perché questo è un atto dovuto. Lo ripeto: qualsiasi Governo avrebbe dovuto adottare un provvedimento di fronte ad una situazione che, ripeto, ci preoccupa profondamente e ci ha chiamato alla responsabilità di assumere una decisione, questa che abbiamo adottato, di un decreto-legge che entrasse in vigore immediatamente, proprio per non consentire un aumento esponenziale di questa massa debitoria che - lo ripeto - è enorme.
Il nostro Governo in questo caso ha adottato un provvedimento che noi riteniamo efficace. Mi preme sottolineare semplicemente un dato, prima di concludere il mio intervento. Nel corso del dibattito svoltosi in sede di Conferenza Stato-regioni sul decreto-legge in esame, i rappresentanti di alcune importanti regioni che non sono interessate alle misure da esso recate, pur esprimendo formalmente il loro dissenso, hanno però compreso l'urgenza e la necessità di un intervento che individuasse una soluzione per frenare la crescita di questi debiti. Sono infatti convinto che anche agli amministratori di queste importanti regioni del nord stia a cuore il destino dei cittadini di quelle regioni del centro-sud che, purtroppo, si sono trovate ad affrontare questa situazione certamente non gratificante.
Ciò detto, rinnovo il mio ringraziamento a quanti, in quest'aula, sono intervenuti e rassicuro l'onorevole Brigandì che quest'Assemblea non annoierà mai questo Governo.
Sulle proposte emendative presentate il Governo esprime parere conforme a quello espresso dai relatori.
PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.