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Discussione di un documento ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione (Doc. IV, n. 6-A) (ore 11,43).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del seguente documento: Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Michele Ranieli, deputato all'epoca delle intercettazioni.
La Giunta formula due proposte distinte: denegare l'autorizzazione all'utilizzazione dell'intercettazione del 3 maggio 2004; concedere l'autorizzazione all'uso delle altre intercettazioni.
Ricordo che a ciascun gruppo è assegnato un tempo di cinque minuti. A questo tempo si aggiungono cinque minuti per il relatore, cinque minuti per eventuali richiami al regolamento e dieci minuti per interventi a titolo personale.
(Esame - Doc. IV, n. 6-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Tenaglia.
LANFRANCO TENAGLIA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella vicenda in esame siamo chiamati a giudicare sull'autorizzazione all'utilizzo processuale di intercettazioni telefoniche che riguardano un ex parlamentare intercettato in costanza di mandato.
Nel nostro sistema processual-penalistico e costituzionale si hanno due tipi di possibili autorizzazioni per quanto riguarda le intercettazioni a carico del parlamentare: le intercettazioni dirette, previste dal terzo comma dell'articolo 68 della Costituzione, e le cosiddette intercettazioni indirette, previste dall'articolo 6 della legge n. 140 del 2003. In questo caso vertiamo in ipotesi di intercettazioni indirette, ovvero di intercettazioni effettuate a carico di un soggetto diverso dal parlamentare, con il quale il parlamentare si era trovato a interloquire. In particolare, si tratta di intercettazioni ambientali, svolte nell'ambito di un complesso procedimento, che coinvolgeva diversi imputati per varie ipotesi di reato, relativo alla gestione dell'ASL n.8 di Vibo Valentia. Le intercettazioni ambientali erano state disposte nei locali di quella ASL e, in particolare, nello studio e nei locali attigui a quelli del direttore generale.
I capi di imputazione per i quali si procede nei confronti dell'onorevole Ranieli riguardano due diverse ipotesi di reato: il concorso in concussione e il concorso in violazione delle disposizioni penali a tutela della libertà elettorale.
Questa è la differenza. Una delle intercettazioni per le quali è stata richiesta l'autorizzazione, quella del maggio 2004, si riferisce alla seconda ipotesi di reato, mentre le altre tre alla prima ipotesi di reato. La Giunta si è trovata, per la prima volta in questa legislatura, a stabilire criteri e princìpi da applicare nel caso di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni indirette. Mentre per l'autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni dirette, di cui al terzo comma dell'articolo 68 della Costituzione, è parso a tutti condivisibile il principio che richiama gli stessi criteri utilizzabili per l'autorizzazione al mezzo restrittivo massimo della libertà personale, costituito dalla custodia cautelare, per quanto riguarda le intercettazioni indirette la Giunta, perlomeno nella sua parte maggioritaria, ha ritenuto invece che il criterio del fumus persecutionis non potesse essere utilizzato, trattandosi di un mezzo di prova acquisito al processo e dunque dell'utilizzo processuale di questo mezzo di prova.
Abbiamo individuato, con riferimento ai criteri da seguire nel caso di cui all'articolo 6 della legge n. 140 del 2003, il criterio del risultato probatorio di un'istruttoria già effettuata e, quindi, della rilevanza ed utilizzabilità processuale di tale risultato rispetto all'oggetto dell'accusa, costituito dalle astratte fattispecie contestate. Non spetta al Parlamento, quindi, un giudizio di raffronto tra la fondatezza dell'imputazione e la prova ricavabile dal materiale probatorio raccolto,Pag. 18per non sovrapporre le due valutazioni, quella dell'autorità giudiziaria - che rimane di competenza dell'autorità giudiziaria - e quella del Parlamento, quanto piuttosto quello dell'astratta rilevanza e utilizzabilità processuale.
Per questo la Giunta, all'unanimità, è pervenuta a una dichiarazione di inutilizzabilità dell'intercettazione indiretta, effettuata con riferimento alla fattispecie di violazione delle disposizioni penali in materia elettorale, in quanto essa è al di fuori del confine di utilizzabilità del mezzo di prova, così come il codice di procedura penale lo delinea; per quanto riguarda le altre due intercettazioni, invece, dagli atti, e in particolare dal provvedimento del giudice delle indagini preliminari di richiesta all'utilizzo delle intercettazioni e dal successivo verbale del 7 dicembre 2006, con il quale abbiamo chiesto un supplemento di motivazione, non emergono elementi di incongruità e di illegittimità dell'intercettazione - a suo tempo autorizzata verso terzi - o comunque di erroneità della motivazione dell'astratto legame tra il mezzo di prova e l'ipotesi accusatoria oggetto dell'indagine.
Ritengo sia questo il principio che deve essere approvato e mi sembra questo il confine tra la legittima tutela delle prerogative parlamentari ed il travalicare, dalla semplice tutela di tali prerogative, ad un vero e proprio principio di impunità.
PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crema. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, prendo la parola perché sono nettamente in dissenso e contrapposizione rispetto ai criteri ed ai princìpi valutativi per l'esame delle intercettazioni indirette nei confronti di un parlamentare. Sono fermamente convinto che sia corretto ritenere che l'intercettazione indiretta - ossia quella disposta sull'utenza di un terzo sottoposto ad indagini - sia sempre utilizzabile nei confronti del parlamentare, una volta verificata la rilevanza rispetto all'astratta ipotesi accusatoria e l'utilizzabilità processuale - mancanza di illegittimità o nullità - come propone l'onorevole relatore. Il Parlamento si arrogherebbe, infatti, valutazioni di competenza dell'autorità giudiziaria, da esprimersi nelle sedi processuali previste (il tribunale della libertà, la Cassazione ed altri organi processuali), andando ad esercitare, in sede di Giunta, una funzione ed una verifica - non siamo magistrati, non siamo pubblici ministeri - che non spetta a noi e che l'ordinamento costituzionale non assegna alla Giunta.
Si dovrà valutare, invece, di volta in volta, se nella singola fattispecie possa essere concessa l'autorizzazione ex post. I criteri in base ai quali effettuare la valutazione dovranno essere riferiti essenzialmente - cito degli esempi - all'assenza di furbizie o artifici che in qualche modo valgano ad aggirare la prerogativa parlamentare. Se parliamo di intercettazioni indirette o casuali, come le definisce la Corte costituzionale, dovranno essere opportunamente valutati anche il numero delle disposte intercettazioni e l'arco temporale nel quale sono state eseguite. Ad esempio, occorre valutare la «parlamentarietà» del contenuto delle intercettazioni, intesa anche come riconducibilità astratta del contenuto delle conversazioni all'esercizio dell'ordinaria vita di relazione del parlamentare.
Inoltre, occorre valutare il rapporto funzionale oggettivo e soggettivo con l'attività parlamentare. Ad esempio, l'interlocuzione del parlamentare con un soggetto istituzionalmente compatibile, come un funzionario di una Commissione, piuttosto che un plurigiudicato, determinerà chiaramente effetti e valutazioni notevolmente differenti.
Non mi soffermo oltre, Signor Presidente, perché il mio articolato intervento è scritto e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Crema, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
GIOVANNI CREMA. Lo voglio consegnare affinché sia allegato agli atti e rimanga a testimonianza di un atteggiamento diverso per il futuro del lavoro parlamentare e della Camera dei deputati.
Da ultimo, essendo io un uomo coerente, non posso in quest'aula comportarmi in maniera difforme da come mi sono comportato per tutta la passata legislatura, e ciò non solo come presidente della Giunta delle immunità del Senato, che ha sempre assunto quasi all'unanimità in casi analoghi a quello in esame un comportamento conforme ai dettati principi che ho illustrato, diversamente da come oggi propone la Giunta.
Quindi, anche da parlamentare, avendo una forma mentale e culturale di rispetto della Costituzione, discordante rispetto al caso in esame, non posso che oppormi in maniera ferma a quanto propone invece la Giunta della Camera quest'oggi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà.
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, intervengo brevemente per richiamare l'attenzione dell'Assemblea, che, per antica esperienza parlamentare, so non essere sempre molto attenta a tali questioni. Anche al di là del caso relativo all'onorevole Ranieli, si tratta di costituire un precedente, poiché, probabilmente, in futuro saremo chiamati a interessarci anche di altri casi di intercettazioni telefoniche che, basta leggere i giornali, vengono preannunciate e, quindi, può darsi che saranno sottoposte anche all'attenzione di quest'aula. Vi richiamo, quindi, alla delicatezza della questione, nonché alle problematiche ad essa sottostanti. Se può servire, rivolgo un appello ai colleghi a seguire con attenzione gli interventi di coloro che, nel merito, si sono interessati della vicenda, per arrivare poi ad esprimere un voto che, al di là della questione specifica del collega di cui oggi stiamo trattando, costituirà anche un precedente per altre questioni, che, probabilmente, saranno sottoposte all'attenzione dell'Assemblea in un prossimo futuro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mormino. Ne ha facoltà.
NINO MORMINO. Signor Presidente, la premessa al mio discorso ricalca l'esortazione del presidente Giovanardi a prestare particolare attenzione alla questione sulla quale stiamo dibattendo. Ciò perché è la prima volta che ci occupiamo di un simile problema e certamente non sarà l'ultima. Anzi, è assai prevedibile che presto torneremo ad occuparci della questione in casi egualmente rilevanti e, forse, anche più impegnativi. Proprio per tale motivo, nel dissentire dalla relazione del relatore, collega Tenaglia, che pure stimo ed apprezzo (egli conosce il mio sentimento nei suoi confronti), devo rilevare che essa è certamente incompleta ed in un certo senso contraddittoria.
È incompleta, signori colleghi, perché trascura un punto che - a mio avviso - è essenziale e fondamentale rispetto alla questione e che è stato ampiamente dibattuto nell'ambito della Giunta mi riferisco alla possibilità di verificare se, nella specie, si tratti solamente del problema dell'autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni già acquisite presso terzi ovvero si verta nel caso di cui all'articolo 4 della legge n. 140 del 2003, relativo all'esigenza di una preventiva autorizzazione alle intercettazioni anche quando esse siano captate in ambienti appartenenti a terzi.
La questione è di estrema rilevanza proprio per le ragioni che sono state prospettate dall'onorevole Tenaglia, perché superare la pregiudiziale dell'autorizzazione all'intercettazione significa eludere quel principio fondamentale, da lui richiamato, dell'articolo 68 della Costituzione, rispetto al quale l'autorizzazione alle intercettazioni - autorizzazione preventiva - è equiparata anche alle altre ipotesi diPag. 20tutela e di garanzia del parlamentare, secondo l'individuazione anche del fumus persecutionis, per cui, eludendo la possibilità, anzi la necessità dell'autorizzazione preventiva all'intercettazione, si elude l'applicazione del principio richiamato.
In realtà, il valore protetto fondamentalmente dalla norma in tutti i casi è quello della riservatezza del parlamentare, il quale si deve trovare nella piena possibilità di esprimere le proprie opinioni, senza che vi sia un'interferenza non autorizzata rispetto alla propria colloquialità.
Pertanto, la questione si pone in questi termini essenziali: considerata la situazione esaminata, ci si domanda se il problema poteva essere affrontato con una richiesta di autorizzazione all'intercettazione ambientale, sia pure presso terzi che, nella elevata probabilità dell'intervento captativo, avrebbe potuto riguardare anche il parlamentare.
Questa è la situazione nella quale ci troviamo e rispetto alla quale l'onorevole Ranieli ha fornito una serie di indicazioni di carattere sostanziale che poi hanno trovato riscontro ex post, nel fatto che, durante le intercettazioni che sono state compiute presso un ufficio dell'ASL di Vibo Valentia, tutte le volte si trovava l'onorevole Ranieli.
Infatti, Ranieli dice e sostiene - e vi sono gli elementi per poter dar conto di questa sua affermazione - che egli abitualmente frequentava quei locali e tale frequentazione era perfettamente a conoscenza degli organi inquirenti. Pertanto, intervenire con un'azione di captazione delle conversazioni nell'ambiente nel quale abitualmente si trovava il deputato avrebbe dovuto sollecitare una richiesta di autorizzazione all'intercettazione, perché la probabilità di intercettare le conversazioni o le interlocuzioni del parlamentare era assai elevata.
È stata posta un'obiezione che apprezzo e non trascuro (mi pare che ne abbia parlato proprio il collega Vacca) ...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
NINO MORMINO. Signor Presidente, se mi concede qualche minuto in più ...
PRESIDENTE. Qualche minuto?
NINO MORMINO. Ha detto che sono 10 i minuti per le dichiarazioni a titolo personale. Cercherò di ridurre il tempo al minimo.
Non vi è dubbio che la richiesta preventiva dell'intercettazione può anche compromettere l'efficacia dell'indagine che mira all'accertamento del fatto che costituisce reato.
Tuttavia, di fronte a due valori contrapposti, posso anche omettere di chiedere l'intercettazione al fine di perseguire e di accertare la sussistenza del reato, ma poi devo sacrificare la possibilità dell'utilizzazione nei confronti del parlamentare laddove, pur essendovi la probabilità di intercettare le conversazioni del parlamentare, non ho provveduto all'intercettazione preventiva.
Sotto questo profilo, mi pare che un primo rilievo possa essere condiviso e, conseguentemente, sotto questo aspetto, ritengo che la riflessione e l'attenzione dei colleghi parlamentari debba essere assolutamente piena, perché ciascuno di noi si potrebbe trovare in una situazione simile; potrebbe in altre parole frequentare un ambiente non «tutelato» e, conseguentemente, essere sottoposto ad intercettazioni telefoniche.
L'altro aspetto, e concludo, signor Presidente...
PRESIDENTE. L'altro e ultimo aspetto.
NINO MORMINO. L'ultimo aspetto è quello che riguarda la valutazione circa l'utilizzo delle intercettazioni sotto il profilo del rilievo probatorio che possono rivestire. In questo caso, il relatore si è attestato su una posizione di carattere squisitamente formale, perché ha posto in relazione il valore dell'intercettazione con un aspetto puramente formale: mi riferisco alla relazione materiale con la fattispecie astratta. Devo dire che, nel contesto della sua relazione, signor Presidente, èPag. 21stata compiuta anche una valutazione di carattere sostanziale che deve essere comunque valutata.
PRESIDENTE. Onorevole Mormino, concluda.
NINO MORMINO. Concludo, Presidente. Il Parlamento deve avere sempre la possibilità di porre in relazione il valore della intercettazione a fini probatori con l'utilizzabilità giudiziaria per evitare un abuso del potere giudiziario nei confronti del parlamentare; si avverte, pertanto, la necessità che una valutazione debba essere compiuta. Lo stesso relatore si era posto il problema nel corso del dibattito in Giunta, laddove aveva segnalato la possibile interferenza con l'attività del magistrato che, a mio avviso, deve essere sempre valutata in tutte le questioni di conflitto tra l'iniziativa giudiziaria e la tutela dei diritti e delle prerogative del parlamentare.
PRESIDENTE. Faccio presente che assiste ai nostri lavori una classe dell'Istituto tecnico commerciale Filangieri di Frattamaggiore di Napoli. La Presidenza e l'Assemblea la salutano (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, l'onorevole Mormino ha svolto alcune considerazioni totalmente condivisibili e, pertanto, mi rifaccio al suo intervento. Vorrei solo precisare alcuni aspetti. Occorre che questa Assemblea stabilisca il limite e le prerogative dell'attività di parlamentare. Può anche esprimersi nel senso di stabilire che non sussistono prerogative. Il problema è che i singoli parlamentari devono sapere quali attività possono svolgere nell'esercizio delle funzioni che il popolo italiano ha conferito loro, quando è lecito o illecito esercitarle ed in quali modalità.
L'Italia è l'unico Paese europeo che non prevede situazioni di tranquillità per il parlamentare, perché è l'unico Paese che non prevede l'immunità. La Corte costituzionale ha cambiato indirizzo giurisprudenziale, stabilendo essa stessa - come se fosse sovrana - l'ambito dell'attività dei singoli parlamentari; in questo modo pone oggettivamente nel nulla quella che è stata da sempre una prerogativa della Camera ossia la possibilità di stabilire quando un parlamentare si muove o meno nel suo ambito funzionale. Ritengo che i diritti vadano bilanciati; ad esempio, sebbene il diritto allo sciopero va a ledere altri diritti, la Carta costituzionale lo fa prevalere. I criteri di cui all'articolo 68 della Costituzione pongono in essere una contrapposizione tra diritti e questa contrapposizione, proprio in base alla lettera costituzionale, ha fatto ritenere al legislatore del 1948 che siano di maggiore interesse queste prerogative rispetto ad altre.
Nel momento in cui si afferma che anche altri diritti costituzionalmente garantiti devono essere bilanciati, si và a svuotare il contenuto delle prerogative del parlamentare.
Per quanto riguarda il caso in esame, ritengo che la Carta costituzionale sia estremamente chiara. È stata molto elegante la relazione - scusi il gioco di parole - del relatore e sicuramente forbita, ma la Costituzione recita: «Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre il membro del Parlamento a intercettazioni, in qualsiasi forma (...)».
Questo cosa significa? Significa che i membri del Parlamento non possono essere mai intercettati. A ciò si aggiunge un meccanismo di un certo rilievo, ovverosia che si trova - ed è quanto avviene nel caso in esame - una sorta di escamotage per poter effettuare l'intercettazione. In altre parole, se non posso intercettarti a casa, ti intercetto a casa della tua fidanzata, oppure nell'ufficio dove ti rechi (magari in un luogo in cui non è esposta la targa con il tuo nome, ma solitamente è lì che eserciti la tua attività).
In tal modo, permetteremmo l'attività d'intercettazione sostanzialmente sempre e comunque: ricordo il caso di una perquisizione domiciliare nell'ambito della quale l'autorità giudiziaria invece di eseguirla nei confronti del parlamentare, l'ha effettuata nei confronti della moglie; quindi, gliPag. 22agenti hanno tenuto chiuso il cassetto dove il parlamentare teneva la sua biancheria intima, ma, per il resto, hanno guardato dappertutto.
La Costituzione afferma precisamente: «in qualsiasi forma». In altre parole, si riferisce sia alla forma diretta sia a quella indiretta; pertanto, la distinzione tra un'intercettazione incidentale ed una diretta - a mio modestissimo avviso - serve non tanto per sapere se l'intercettazione è utilizzabile o meno, quanto per capire se colui che l'ha eseguita ha agito senza dolo o commettendo abuso di atti d'ufficio.
Per tali motivi, ritengo che un parlamentare non sia mai intercettabile né direttamente né indirettamente. Se l'autorità giudicante ritiene di voler effettuare, direttamente o indirettamente, questo tipo di intercettazione ha di fronte una strada che è la via maestra indicata dalla legge che abbiamo approvato: presenti istanza alla Camera e la Camera sarà il soggetto tenuto a realizzare il bilanciamento fra l'esigenza di un parlamentare...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MATTEO BRIGANDÌ. ... di esperire il proprio mandato e l'esigenza della magistratura di eseguire le indagini.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, la richiesta relativa al caso in esame riguarda un procedimento avviato nel 2004 per il quale il GIP di Vibo aveva già formulato un'istanza alla Camera, come ricordato anche dal relatore, la quale è stata respinta all'unanimità per mancanza dei requisiti formali necessari per la sua formulazione.
Il GIP di Vibo oggi ritorna sulla questione e reitera l'istanza di autorizzazione all'utilizzazione delle intercettazioni, in questo caso ambientali, realizzate nei confronti dell'onorevole Michele Ranieli, all'epoca dei fatti componente di questa Assemblea, ai sensi dell'articolo 6, comma 2 della legge n. 140 del 2003.
Le ipotesi contestate, come affermato chiaramente nella relazione del collega Tenaglia, sono due: concorso in violenza privata elettorale e concorso in concussione.
Il relatore propone un voto per parti separate, quindi esprime due richieste: rispetto alla prima ipotesi di reato ritiene non doversi procedere all'autorizzazione; per quanto riguarda le intercettazioni legate alla seconda ipotesi contestata, quella relativa alla concussione, l'onorevole Tenaglia, invece, chiede che sia autorizzata l'utilizzazione delle intercettazioni stesse, sulla base di alcune considerazioni ben riportate nella sua relazione ed, in particolare, su un assunto, sul quale vorrei soffermarmi, relativo alla valutazione che la Giunta e l'Assemblea devono fare del cosiddetto fumus persecutionis.
L'onorevole Tenaglia ritiene non doversi indagare l'esistenza di un intento persecutorio rispetto a questa tipologia di richiesta autorizzatoria perché è una richiesta che interviene ex post e quindi non vi è la possibilità di intravedere, anche attraverso un'indagine meticolosa, un intento persecutorio. Non ritengo di poter condividere questo tipo di analisi e di considerazione. Provo a ripercorrere brevemente i fatti che sono a sostegno di questa istanza.
La procura raccoglie più conversazioni in cui è parte l'onorevole Ranieli, ben consapevole di farlo come risulta dagli atti, in quanto è a conoscenza della periodicità e della puntualità dell'accesso dell'onorevole Ranieli presso gli uffici dell'ASL, dell'azienda ospedaliera. La procura utilizza, tra l'altro, stralci di conversazioni alle quali l'onorevole Ranieli partecipa, che però non sono afferenti alle ipotesi accusatorie, ma ricava, per deduzione, da silenzi o da frasi non comprensibili attribuite all'onorevole Ranieli, il suo coinvolgimento nell'ipotesi di reato contestata.
Inoltre, la procura insiste sulla richiesta autorizzatoria per un'ipotesi di reato, violenza privata elettorale, per la quale il codice di rito non prevede la utilizzazione dello strumento di indagine della intercettazione. Da ultimo, il GIP, come ho dettoPag. 23prima, reitera un'istanza, pur avendo già avuto il diniego da parte di questa Assemblea, un anno e mezzo fa. Riformula, riorganizza l'ipotesi accusatoria per poter giungere comunque alla conclusione che si è prefissato di ottenere la possibilità di utilizzare quelle intercettazioni.
Allora, per quanto susciti attenzione l'ipotesi dell'onorevole Tenaglia, perché è abbastanza piena di contenuti che dovrebbero essere valutati - non è mai facile individuare l'attività persecutoria e capire qual è il limite dell'indagine che noi dobbiamo svolgere come Giunta e come Assemblea - ritengo che nel caso specifico tutti questi elementi ci diano la dimensione di una attività investigativa, di un'attività d'indagine e anche accusatoria piena di errori, di falsi, di ipotesi costruite malamente in danno dell'ex collega onorevole Ranieli. Quindi, rispetto a questa approssimazione di costruzione accusatoria e investigativa, non si può che ritornare alla necessità di indagare questa attività persecutoria diretta contro chi svolge una funzione istituzionale, in particolare la funzione parlamentare.
Credo, sulla base di queste considerazioni, che la Camera non possa che confermare il voto contrario all'utilizzazione di queste intercettazioni perché vi è una attività chiaramente strumentale, svolta in questo caso dagli organi della magistratura, che non serve a mettere chiarezza nelle indagini e non è assolutamente funzionale all'accertamento della verità, che, invece, è lo scopo ultimo per il quale la magistratura dovrebbe attivare le sue funzioni.
Chiedo un voto favorevole rispetto alla proposta di diniego di utilizzazione dell'intercettazione per il reato di violenza privata elettorale e un voto contrario alla richiesta di concessione dell'autorizzazione all'uso delle altre intercettazioni, formulata dal relatore.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, devo dire che sono grato all'onorevole Mazzoni per il suo intervento, perché ha portato il ragionamento al punto al quale era necessario che pervenisse. Devo dire, senza alcuna volontà polemica o ironica, che, prima di sentire l'intervento della collega Mazzoni, non soltanto per me, ma anche per altri colleghi che non hanno seguito in Giunta il lavoro sulla vicenda, sarebbe stato magari difficile, nel caso di specie, sapere di che cosa concretamente si parlasse.
Il relatore - con il quale sono totalmente d'accordo - ha omesso (anche per una questione di eleganza nell'esposizione) di parlare della vicenda nei suoi aspetti concreti. Alla fine, ci siamo arrivati. Innanzitutto, si tratta di distinguere tra due fattispecie di reato: una più specifica (la violenza privata elettorale) e una più generale (la concussione), in relazione alle quali si è pervenuti, in Giunta, a due conclusioni di tipo diverso.
Le argomentazioni che il collega Mormino, tanto in Giunta quanto in Assemblea, ha fornito e denunciato con la sua nota (non solo in simili ambiti) capacità, ci dicono sostanzialmente questo: non siamo d'accordo - dice il collega Mormino - non riteniamo di poter concedere l'autorizzazione che oggi si richiede ex articolo 6 della legge n. 140 del 2003, perché essa avrebbe ben potuto essere richiesta ex articolo 4. Si tratta di un'argomentazione che, astrattamente, ha una sua nobiltà e dignità, anche tecnica, ma che, nel caso specifico, è molto difficile accogliere, proprio in considerazione di quanto testé sostenuto dalla collega Mazzoni. È vero, cioè, che nella scorsa legislatura (io non ero presente, ne prendo atto), sulle intercettazioni telefoniche era stata fatta una richiesta preventiva di autorizzazione, che non è stata concessa, ma è pur vero che se ancorassimo, ogni volta, all'applicazione dell'articolo 6 la possibilità astratta - con un giudizio, tecnicamente detto, prognostico ex-post - di chiederla preventivamente, non dovremmo mai concedere alcuna autorizzazione ex articolo 6. È evidente, infatti, che in tutti quei casi in cui sussistono elementi per i quali concederlaPag. 24a posteriori, si sarebbe potuta richiederla a priori: con quale esito, non lo sappiamo.
Un'ulteriore questione che vorrei evidenziare (riprendo, anche in questo caso, l'ultimo intervento) riguarda la sussistenza o meno del fumus persecutionis. Tale argomento, per la verità, era già stato introdotto, nella Giunta per le autorizzazioni, dal presidente Giovanardi, il quale, con encomiabile sforzo, aveva letto tutte le carte processuali, giungendo alla conclusione che esse contenevano, nel merito, tali e tante incongruenze sotto il profilo logico e giuridico, da indurci a credere che vi fosse stata non solo approssimazione, ma anche un intento di rivolgere ad personam tutti gli errori e le imprecisioni di questo processo.
Ma questo, colleghi, è un giudizio che spetta al tribunale del riesame, alla Corte di cassazione, a chi valuta - sulla utilizzabilità o meno nel merito delle intercettazioni - se siano stati commessi errori o violazioni di legge. Non si tratta di un giudizio che può consentirci di riconoscere, gratuitamente, l'esistenza di fumus persecutionis perché diversamente (voglio anche credere che l'indagine sia stata «fatta male») in ogni indagine «fatta male» dovremmo ravvisare, nei confronti di chiunque, l'esistenza di fumus!
In conclusione, ritengo che la proposta del relatore sia assolutamente equilibrata. Essa dimostra che la materia è stata sviscerata nei minimi dettagli, che si è voluto distinguere su una fattispecie di reato rispetto ad un'altra e che, rispetto a quella più grave, nel caso specifico - riprendo l'intervento del collega Brigandì con cui, questa volta, sono in disaccordo - non si può dire che si sia approfittato di intercettazioni carpite in un luogo di abituale frequentazione del parlamentare. Non stiamo parlando, infatti, né dell'ufficio né dell'abitazione del parlamentare, ma di un luogo che, contestualmente e per un breve lasso di tempo, è stato da lui frequentato. Pertanto, ricondurre anche a tale caso l'ipotesi di dimora o domicilio abituale mi sembrerebbe eccessivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, prendo la parola dopo aver ascoltato l'intervento di colui che «rimane il mio presidente»: mi riferisco a Giovanni Crema, il quale presiedeva l'analoga Giunta quando io ero al Senato.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, le considerazioni che ho sentito esprimere in modo unanime al Senato, all'epoca in cui ero componente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, in qualità di senatore, sono state svolte in modo totalmente distorto in quest'aula.
So che c'è un bicameralismo perfetto e che ogni Giunta è indipendente nelle proprie decisioni. Tuttavia, la circostanza è veramente singolare e, pertanto, il richiamo alla ragione avanzato dal deputato Crema, che all'epoca era presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, mi induce alle riflessioni che sto per fare. Non intendo dilungarmi sulla portata successiva o preventiva dell'articolo 6 della legge 20 giugno 2003, n. 140. Esiste, a monte, una norma di rango costituzionale, l'articolo 68 della Costituzione, ai sensi della quale, da parte del Parlamento «analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni in qualsiasi forma (...)».
È singolare che una parte politica - mi si potrebbe ricordare che, in tal caso, il problema non è politico ma giuridico - che in passato ha sposato un problema giuridico, oggi lo interpreti in modo totalmente diverso. È possibile che una norma venga interpretata in un modo, positivo o negativo, in un ramo del Parlamento ed esattamente al contrario nell'altro? Mi chiedo e vi chiedo: perché?
L'articolo 68, quanto meno in relazione alla libertà di pensiero, è rimasto identico sin dai tempi dei costituenti, che nel tutelare il parlamentare hanno inteso tutelare qualcosa di più, cioè gli interessi che il parlamentare, il quale rappresenta i cittadini, porta avanti.Pag. 25
Non mi vergogno di dirlo, in questa sede si sta manifestando una sorta di pudore per rivendicare prerogative parlamentari. A mio avviso, il pudore è sbagliato. Fintanto che esiste una norma in tal senso, occorre interpretarla nell'unico modo corretto, richiamato dall'onorevole Mormino e dal presidente Crema. Secondo la mia opinione, questo è l'unico modo di interpretare la norma in questione, fino a quando l'articolo 68 della Costituzione prevedrà la necessità di autorizzazione delle intercettazioni in qualsiasi forma effettuate.
PRESIDENTE. Faccio presente che assiste ai nostri lavori dalle tribune una classe dell'Istituto comprensivo di San Fele, in provincia di Potenza. Sono presenti anche il sindaco e la giunta. La Presidenza e l'Assemblea li salutano (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali ci troviamo sempre in presenza di una situazione particolarmente delicata e problematica, in particolare perché queste ultime sono fortemente invasive e, conseguentemente, lesive dei diritti fondamentali. Ritengo che la situazione sia maggiormente problematica nel caso in cui si ponga a confronto l'intercettazione con la previsione contenuta nell'articolo 68 della nostra Costituzione (che, come già ribadito da alcuni colleghi, è norma fondamentale e di riferimento per i nostri comportamenti), la quale esclude qualsiasi forma di intercettazione salvo autorizzazione preventiva. Intendiamo fare riferimento a tale applicazione rigorosa della norma e, pertanto, riteniamo la non utilizzabilità delle intercettazioni ascritte al collega Ranieli.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale, l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.
MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, già nella Giunta per le autorizzazioni avevo espresso, in termini molto chiari, la mia opinione. Non si tratta di discutere dei privilegi dei parlamentari, ma dei diritti garantiti dalla Carta costituzionale che è molto precisa in proposito: per intercettare un parlamentare occorre la preventiva autorizzazione della Camera dei deputati o del Senato.
Su tale norma non sono consentite interpretazioni tecniche diverse perché il testo letterale è assolutamente preciso e addentrarci in interpretazioni tecniche peculiari significa svilire il contenuto di una norma che è di assoluta ed immediata percezione. Credo che, nel caso specifico, consentire che vengano utilizzate intercettazioni adottate senza rispettare tale norma significa far rientrare dalla finestra quello che, come aveva affermato la Camera in termini molto chiari, non poteva entrare dalla porta.
Non ci possono essere dubbi riguardo alla vicenda in esame; non è consentito un voto disgiunto, il voto deve essere unico e preciso. La Camera non può acconsentire alla richiesta e il suo diniego deve essere fermo, in omaggio al principio fondamentale in base al quale la Camera dei deputati deve essere sovrana nei confronti dei suoi appartenenti (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
(Votazione - Doc. IV, n. 6-A)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che, secondo le proposte della Giunta, procederemo a due distinte votazioni: una relativa all'utilizzazione delle intercettazioni del 3 maggio 2004 e l'altra relativa all'utilizzazione delle altre intercettazioni.
Passiamo alla prima delle due votazioni. Avverto che chi intende votare per il diniego dell'autorizzazione deve esprimere un voto favorevole e chi intende votare per la concessione dell'autorizzazione deve esprimere un voto contrario.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione diPag. 26nomi, la proposta della Giunta di denegare l'autorizzazione all'utilizzazione dell'intercettazione del 3 maggio 2004.
(È approvata).
Passiamo alla seconda votazione. Avverto che chi intende votare per il diniego dell'autorizzazione deve esprimere un voto contrario e chi intende votare per la concessione dell'autorizzazione deve esprimere un voto favorevole.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta della Giunta di concedere l'autorizzazione all'utilizzazione delle altre intercettazioni (È respinta - Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Lega Nord Padania, Democrazia Cristiana-Partito Socialista e Misto-Movimento per l'Autonomia).
La Camera ha pertanto deliberato di denegare l'autorizzazione all'utilizzo delle altre intercettazioni di conversazioni di Michele Ranieli, deputato all'epoca delle intercettazioni.