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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative per garantire il diritto alla libertà della ricerca scientifica e alla diffusione dei suoi risultati - n. 2-00572)
PRESIDENTE. Il deputato Colasio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00572 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).
ANDREA COLASIO. Signor Presidente, rinvio al testo dell'interpellanza, molto analitico, che intendo in questa sede sviluppare, a fronte della molteplicità di colleghi - circa una cinquantina - che hanno ritenuto opportuno rimarcare un aspetto veramente problematico.
Ringrazio innanzitutto il Governo, il Ministro Mussi e il sottosegretario Modica per aver dato una risposta oltremodo sollecita, considerato che l'interpellanza è stata depositata pochi giorni fa. Ciò denota la consapevolezza del punto di criticità assoluto che stiamo affrontando. Cercherò, nel tempo a mia disposizione, di soffermarmi su alcuni aspetti, sia puntuali, sia di carattere più analitico e generale.
Veniamo ai fatti: nel 2003 il sociologo Renzo Guolo, studioso oltremodo apprezzato di sociologia delle religioni, pubblicava un volume per gli editori Laterza, Xenofobi e xenofili: gli italiani e l'islam. L'11 dicembre 2004 lo stesso Guolo veniva citato per diffamazione e vilipendio della religione da Adel Smith e l'11 aprile 2007 veniva imputato da un pubblico ministero della procura di Bari del reato di diffamazione e vilipendio della religione islamica, per avere offeso la reputazione di Smith, presidente dell'UMI (Unione musulmani italiani), e perché - si dice nel decreto - così facendo offendeva la stessa religione islamica.Pag. 80
Credo sia un caso emblematico. Stiamo affrontando una vicenda le cui implicazioni sono profonde e attengono a sfere concernenti non solo la libertà di pensiero o di ricerca, ma la stessa possibilità che ambiti disciplinari del nostro mondo accademico possano affrontare questioni che attengono al conflitto sociale. È evidente che, qualora si desse conseguenza logica, in via giudiziaria, ai capi di imputazione, si verrebbero a delimitare dei territori franchi rispetto alla ricerca scientifica.
Devo fare una piccola premessa metodologica. È evidente che quando si affronta il problema delle scienze sociali - va anche detto come nel nostro Paese si sconti già un ritardo per via dello storicismo - vi sono scuole di pensiero e metodologie. C'è l'approccio quantitativo e l'approccio qualitativo. Almeno dagli inizi del secolo, nella scuola di Chicago, negli Stati Uniti, c'è un approccio attento alla dimensione qualitativa, cioè alle rappresentazioni degli attori in campo. Thomas e Znaniecki scrissero un libro, intitolato Il contadino polacco, costruito sulle lettere.
Tale metodologia di ricerca, che poi ha avuto altri filoni - come l'etnometodologia o l'interazionismo simbolico -, costruisce delle rappresentazioni del sociale a partire dal vissuto, dal narrato, dalla dimensione simbolico-relazionale degli attori in campo. È una metodologia di ricerca oltremodo foriera di risultati da un punto di vista analitico. A voler essere ancora più chiari, è dall'inizio del secolo che il dibattito sul metodo, la differenza tra spiegazione e comprensione ha posto il problema della particolarità delle scienze sociali rispetto ad un laboratorio che non è un laboratorio asettico, ma la società. Quando quest'ultima viene analizzata, evidentemente ci si confronta con la dimensione linguistica, con la dimensione simbolica, con l'incrocio degli attori. Ciò appartiene al patrimonio consolidato della comunità scientifica: vi sono regole, protocolli, metodologie e tecniche di ricerca condivise dalla comunità stessa. Una cosa è la valutatività, un'altra cosa è l'obiettività.
Il professor Guolo, all'interno di tali discipline di ricerca, rappresenta un esempio rigoroso di obiettività. La comunità scientifica riconosce in Guolo uno studioso oltremodo rigoroso e attento agli attori in campo. Come ha proceduto il professor Guolo? Lo esporrò prima di soffermarmi sui capi di imputazione, e su una loro «ermeneutica», perché il punto che stiamo osservando è veramente drammatico.
Il professor Guolo scrive: «La strategia adottata da Smith per far diventare l'UMI il perno dell'aggregazione islamica è innanzitutto mediatica. Privo di una rappresentatività reale, l'UMI cerca di sfruttare quella virtuale. Nella società dei mezzi di comunicazione di massa Smith, leader senza seguito, si legittima grazie alle sole apparizioni in video». E continua (questo è un passaggio oltremodo importante): «Quanto alle altre organizzazioni «- e questo è un punto significativo della ricerca di Guolo: egli non vuole analizzare il fenomeno religioso, che gli interessa in senso lato, gli interessa semmai l'Islam organizzato -», nel nostro Paese esiste una dimensione ideologica simbolica organizzata dell'Islam». L'obiettivo del volume di Guolo è questo: fare una mappa di quello che definisce il «campo verde»; ricostruisce quindi in modo rigoroso e analitico quelle che egli definisce, e i sociologi chiamano, le «rappresentazioni degli attori in campo». Non affronta solo l'immagine, quindi, la rappresentazione che l'opinione pubblica italiana ha dell'Islam, o meglio dell'Islam organizzato, cioè della religione musulmana mediata dalla veicolazione ideologica di esso, ma - ed è il punto dirimente - anche le modalità concrete con cui, nel conflitto, essa si rappresenta, perché Guolo dimostra che l'Islam politico organizzato, il «campo verde», come lui lo definisce, non è una realtà monolitica ma è attraversata da conflitti e linee di frattura.
È evidente che, per fare ciò, lo studioso ricorre ad una ricostruzione attenta del dibattito tra le varie realtà organizzate, ed è anche evidente - consegue dall'analisi - che ad un certo punto egli ricostruisce ilPag. 81processo del conflitto e il tentativo di ogni singola organizzazione di essere competitiva rispetto all'altra, anche ricorrendo a modalità di delegittimazione del concorrente. Nel far ciò la tecnica prescelta non può essere che quella della narrazione, delle rappresentazioni reciproche in conflitto degli attori.
Voglio essere chiaro: vediamo il capo di imputazione. Quel che risulta anomalo è che egli viene imputato perché - e ciò è riportato nel decreto di citazione diretta -, contrariamente a quanto dichiarato dal predetto Smith, Guolo afferma che egli sarebbe privo di rappresentatività reale, leader senza seguito, leader musulmano del tutto virtuale, boicottato dalla stessa comunità islamica. Inoltre lo farebbe riportandosi al pensiero di altri, ma - qui vi è un punto abbastanza enigmatico - con sostanziale condivisione. Qui nasce il problema, perché a pagina 34 del suo volume Guolo scrive: «Quanto alle altre organizzazioni, Palazzi, leader dell'AMI, che è un'altra associazione islamica, ritiene - sottolineo tale «ritiene» - che l'UMI (che sarebbe l'associazione di Smith) abbia più a che fare con il mondo dell'estrema destra antisemitica che con la comunità islamica, posizione testimoniata dalla lettera aperta - ripeto, dalla lettera aperta - che il segretario dell'AMI scrive a Carlo Pelanda, l'uomo che ha schiaffeggiato Smith, esprimendogli solidarietà per l'aggressione subita da parte di due demenziali pregiudicati come Smith e Zucchi».
Si tratta evidentemente della citazione di dichiarazioni di attori in conflitto, che vengono riportate fra virgolette - il testo lo esplicita - allo scopo di attestare l'esistenza di tale conflitto all'interno dell'Islam organizzato (in altri termini, si riporta quel che Palazzi ritiene dell'UMI).
Ciò detto, quel che è emblematico e problematico - poiché, lo ripeto, ha implicazioni sulla libertà di ricerca scientifica nel nostro Paese - è questa idea della «sostanziale condivisione»: è evidente, infatti, che, per uno studioso attento e rigoroso come Guolo, che applica una metodologia di tipo qualitativo, riportare l'autorappresentazione degli attori in campo costituisce un aspetto della metodologia di ricerca.
Se dunque si dovesse dar seguito a tali imputazioni, si aprirebbe un problema enorme per la libertà di ricerca scientifica nel nostro Paese. Diciamolo con chiarezza: non solo abbiamo delimitato territori assolutamente avulsi dalla possibilità di fare ricerca ma ancor di più, metteremmo in atto quella che un epistemologo definirebbe una «rottura epistemologica», una rupture épistémologique, cioè l'introduzione di un nuovo paradigma. Così facendo, però, diverrebbero territori a rischio l'antropologia culturale o politica, la sociologia di tipo qualitativo, perfino la storia contemporanea: tutte discipline cui sarebbe impedito nel nostro Paese di affrontare temi e questioni di interrogazione ed indagine secondo categorie analitiche condivise dalla comunità scientifica che si occupa di questi ambiti. Credo che sarebbe davvero un colpo gravissimo alla libertà di ricerca e al progresso della scienza nel nostro Paese e oggi più di qualche studioso si sta interrogando sull'opportunità di mettere in campo determinate ricerche con determinate metodologie.
Ma vi è un ulteriore aspetto che lascia perplessi. Credo che - nel rispetto assoluto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura, poiché è evidente che stiamo parlando anche di questo - sarebbe però sbagliato non porre alcuni quesiti alla magistratura, con tutte le conseguenze del caso. La scienza giuridica ha un proprio statuto deontologico ed epistemologico: ebbene, la stessa scienza giuridica, in un processo per diffamazione così delicato, deve attenersi a protocolli disciplinari.
Mi spiego meglio. Nel decreto di citazione si legge: «(...) inoltre, riportandosi al pensiero di altri», sempre con questa improbabile «sostanziale condivisione» da parte di Guolo, si attribuisce «all'UMI la volontà di opposizione ad una legge sulla libertà religiosa in realtà mai manifestata». In questo caso, sarebbe stato sufficiente andare a leggere - cosa che ilPag. 82magistrato avrebbe dovuto fare - pagina 35 del testo di Guolo, dove si legge: «La critica di Palazzi» - e dunque non è l'UMI, è l'AMI - «investe anche la Chiesa, accusata per la sua propensione al dialogo interreligioso; da qui la palese contestazione al dialogo da parte dell'UMI». È evidente, insomma, che si tratta di un refuso tipografico: si sta parlando non dell'UMI, ma dell'AMI. Questi, però, mi sembrano dettagli marginali.
Quel che mi sembra assolutamente improbabile è che uno studioso rigoroso come Guolo possa essere accusato - proprio lui, studioso attento ai processi di integrazione e che ha portato un contributo importante alla conoscenza dell'Islam nel nostro Paese, attraverso una ricerca modulata secondo criteri di grande obiettività e rigore - non solo di avere offeso la reputazione di Smith, ma anche, così facendo, di aver offeso la stessa religione islamica. Si inferisce però in questo modo che Smith sia un ministro di culto, il che non è, per il semplice motivo che non vi è alcun atto normativo che riconosce l'imam come ministro di culto: si tratta di una sorta di imam autoproclamatosi. Di conseguenza, davvero non si comprende come sia possibile imputare a Guolo di aver offeso, avendo messo in discussione la rappresentatività politica di Smith, la stessa religione islamica.
Penso che vi siano ambiti molto delicati, dove bisogna muoversi con grande attenzione, rigore e intelligenza. La nostra sensazione è condivisa - voglio dirlo - con i colleghi parlamentari sottoscrittori dell'interpellanza urgente, i quali appartengono ai più disparati gruppi politici: ciò denota che vi è una comune consapevolezza, perché la posta in gioco è oltremodo pericolosa. Il nostro Paese - lo ripeto - è caratterizzato da grande apertura alla ricerca scientifica, da grande libertà, da capacità inclusiva e libertà di accoglienza. È però evidente che questo problema ci pone interrogativi pressanti.
Perciò, vogliamo interpellare al riguardo il Ministro dell'università e della ricerca, che rappresenta colui che deve dare declinazione politica e costituzionale agli articoli 21 e 33 della nostra Costituzione, che da un lato definiscono la libertà di pensiero e dall'altra la libertà di ricerca, anche perché non vi è solo la libertà di ricerca, in quanto è evidente che un giornalista che dovesse riportare, recensire o narrare parte di questo volume, a sua volta incorrerebbe nel rischio di una querela per diffamazione.
PRESIDENTE. Onorevole Colasio, la prego di concludere.
ANDREA COLASIO. Pertanto, vogliamo sapere, signor sottosegretario, se, come e con quali modalità il Ministro intenda intervenire per dare concreta attuazione al diritto costituzionalmente sancito a proposito della libertà di ricerca e della sua diffusione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, desidero premettere che intervengo in qualità di rappresentante del Ministero dell'università e della ricerca e pertanto non sono in grado di dare risposta a quella parte dell'interpellanza urgente dell'onorevole Colasio che peraltro, a titolo esclusivamente personale, condivido pienamente; tuttavia non posso rispondere alla domanda che riguarda la situazione del procedimento giudiziario di cui si parla nell'atto di sindacato ispettivo.
In relazione ai contenuti dell'interpellanza presentata dall'onorevole Colasio ed altri, il Ministero dell'università e della ricerca concorda totalmente con le considerazioni espresse in merito alla necessità che siano attuati, senza limitazione alcuna, i principi costituzionali affermati negli articoli 21 e 33 della Costituzione, che costituiscono il presupposto ineludibile per lo svolgimento dell'attività di ricerca scientifica libera da condizionamenti e per la conseguente diffusione dei risultati conseguiti.Pag. 83
La tutela di tali diritti è garantita dalle norme costituzionali e deve essere impegno comune evitare che vengano posti in essere, sul piano sia politico sia legislativo, provvedimenti che limitino la portata delle disposizioni richiamate.
Per quanto riguarda il caso del professor Guolo, si deve rilevare che è stato iniziato un procedimento penale, come del resto affermato nella medesima interpellanza e ben noto a tutti, che dovrà ormai concludersi secondo le procedure previste. Il Ministro della giustizia interpellato ha infatti confermato, sulla base delle indicazioni ricevute dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Bari, che in data 11 aprile 2007 il pubblico ministero ha esercitato l'azione penale nei confronti del professor Guolo, citandolo a giudizio dinanzi al giudice monocratico, il quale ha fissato l'udienza dibattimentale il 10 luglio 2007.
Non si ritiene, pertanto, opportuno entrare oggi nel merito della questione, in quanto al momento non si può che attendere l'esito del processo, che dovrà fare chiarezza e accertare se sia sostenibile l'imputazione del reato di diffamazione e vilipendio della religione islamica nonché di offesa alla reputazione del presidente dell'Unione musulmani italiani e imam Adel Smith, per la quale la procura di Bari ha ravvisato i presupposti.
Il Ministero dell'interno ha comunicato che la figura dell'imam, nella religione musulmana, non è preventivamente ordinata da un'autorità superiore, ma qualunque fedele può svolgere la funzione di guida spirituale.
La tematica della provenienza e della formazione degli imam è al centro di un vivace dibattito in molti Paesi europei, ivi compreso il nostro, tanto da essere stata inserita nell'ambito dei lavori della Consulta per l'Islam italiano, che, come è noto, è un organismo presieduto dal Ministro dell'interno, che svolge funzioni consultive, esprimendo pareri e formulando proposte in ordine a questioni riguardanti l'integrazione della popolazione di cultura e religione islamica in Italia.
Lo stesso Ministro Amato, peraltro, ha sottolineato la necessità di addivenire ad una regolamentazione della materia, mediante un'intesa con la confessione religiosa, ovvero attraverso una specifica normativa che permetta di sottoporre ad una verifica i ministri di culto di qualsiasi religione, auspicando, nel contempo, una rapida approvazione del disegno sulla libertà religiosa, attualmente all'esame di questo ramo del Parlamento.
Ovviamente, la libertà dei ricercatori di esprimere il proprio pensiero deve comunque essere esercitata nel rispetto delle convinzioni altrui, come si ritiene che sia avvenuto nel caso del professor Guolo citato dagli interpellanti, a cui il Ministro ha fatto giungere pubblicamente la sua solidarietà personale.
Solo in questo modo è possibile mantenere alla ricerca scientifica il connotato di libera e rigorosa argomentazione razionale che le compete e assumere iniziative a sua tutela.
Si segnala anche che l'università di Torino ha notato con preoccupazione come la querela in questione rimandi - lo ha fatto anche l'onorevole Colasio - al più generale problema della legittimità o meno di condurre un'attività di libera ricerca su problemi di carattere religioso o socio-religioso.
Il Ministero reputa questa legittimità indubbia ed essa deve realizzarsi in un clima di confronto intellettuale aperto e rispettoso evitando, fin dove possibile, il ricorso a strumenti giudiziari, poco adatti alla natura dell'attività di ricerca.
PRESIDENTE. Il deputato Fouad Allam, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
KHALED FOUAD ALLAM. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto dell'esauriente risposta in una materia che indubbiamente è anche complessa ed inedita dal punto di vista epistemologico.
Mi sembrano particolarmente importanti due aspetti che emergono dal suo ragionamento e dalla sua risposta. Il primo è che mi pare evidente che le ricerche sull'Islam,Pag. 84in Italia e in Europa, si confrontano con dei soggetti non passivi, ma attivi (io stesso sono anche sociologo del mondo musulmano e collaboro con Renzo Guolo sul quotidiano la Repubblica).
Mi pare evidente che tali ricerche si confrontano con linee di tensione e tipologie che, talvolta, sono anche ideologiche che il ricercatore non può fare a meno di considerare nella sua ricostruzione teorica e nella sua riformulazione a livello scientifico, e dunque la narrazione di un discorso sull'Islam contemporaneo in Italia e in Europa prende parte a tali linee di tensione.
Il secondo aspetto, che mi sembra fondamentale e che costituisce un problema estremamente complesso e difficile che deve essere risolto in Italia e in Europa, è la grande questione dell'autorità nell'Islam (chi fa cosa ed in nome di chi).
Dal punto di vista del diritto musulmano appare evidente - e tutti lo sanno oramai - che nell'Islam sunnita il concetto di autorità è inesistente. Storicamente l'autorità si è definita in funzione dei tempi storici utilizzando un concetto del diritto musulmano che si chiama igma (del consenso). Il consenso era o quello globale della comunità o quello dato dai sapienti. Mi sembra evidente che molti utilizzano la categoria di imam quando, in realtà, non lo sono assolutamente.
Su tale situazione credo che il nostro Paese e l'Europa in generale dovrebbero fare un po' di ordine e aiutare molto di più la grande questione, in un certo senso, di un'autonomia dell'Islam in Europa e della nascita di un Islam di tipo europeo consonante, ovviamente, con i principi di libertà di riunione, ma anche di libertà e di ricerca scientifica. Ringrazio il sottosegretario.