Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 2600)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.
Pag. 36
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, affrontiamo oggi, nella disattenzione generale, un tema importante: il recepimento delle direttive europee. Si tratta di tre direttive tra loro abbastanza diseguali. La prima riguarda la cosiddetta direttiva Mifid sui mercati finanziari; la seconda dovrebbe regolare tutta la vicenda delle offerte pubbliche di acquisto; la terza riguarda l'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto e deve essere coordinata con quanto stabilito dall'Unione europea.
Ci sembra del tutto evidente che le tre direttive si collocano nel solco dell'indicazione, data dal Premier Prodi, di adottare quanti più provvedimenti è possibile, nella logica del recepimento delle direttive europee, evitando che, in qualche modo, il Parlamento intervenga in maniera specifica su provvedimenti che, invece, hanno carattere legislativo.
Nascondersi dietro la «foglia di fico» delle direttive comunitarie è, ormai, diventata una prassi! In questo anno abbiamo affrontato tali argomenti tre, quattro volte, sempre nascosti dietro il recepimento delle direttive europee.
È del tutto evidente ai colleghi che, ad esempio, nonostante il Governo fosse stato già delegato a recepire le direttive comunitarie in questione e sia scaduto il termine, l'operazione relativa all'OPA è stata rinviata anche in considerazione del fatto che è in corso l'offerta pubblica di acquisto per l'Alitalia. Sarebbe stato imbarazzante intervenire mediante nuove regole in una vicenda ancora non conclusa. Pertanto si spera che, quando verrà conferita la delega al Governo per intervenire, la vicenda relativa all'Alitalia sia già conclusa.
Il collega Garavaglia ha espresso perplessità relative all'OPA, soprattutto perché il Governo, in Commissione Finanze, ha sostenuto di non essere pronto e non avere le idee chiare su cosa fare in relazione a quest'ultima. Comprendo l'imbarazzo del Governo. Tuttavia, vorrei far presente che, in Commissione finanze, abbiamo chiesto al Governo di impegnarsi quanto prima, fornendo un'idea dell'intervento che lo stesso vorrebbe porre in essere. Soprattutto perché, mentre la direttiva relativa al Mifid è abbastanza puntuale e interviene sulla normalizzazione dei mercati finanziari e l'armonizzazione con la regolamentazione europea, all'interno della direttiva relativa all'OPA vi sono spazi molto più ampi, in quanto la definizione di alcune regole precise è demandata ai governi nazionali.
È chiaro che il gruppo della Lega Nord Padania si interroga sulla questione della reciprocità, in quanto si tratta di un argomento non secondario. Peraltro, è stato preparato un ordine del giorno che affronta tale tematica. Tuttavia, comprendo la preoccupazione del Governo, che vorrebbe evitare un ulteriore rinvio al Senato del provvedimento in esame. Anche in merito alla questione della reciprocità nei rapporti e nelle direttive indirizzate ai Governi dei diversi paesi in relazione alle offerte pubbliche di acquisto, sarebbe necessario - e spero che il Governo si pronunci in questo senso - un impegno preciso per garantire tale criterio di reciprocità.
È di tutta evidenza che non si possa essere alla mercè di offerte pubbliche d'acquisto provenienti da altri paesi, senza possedere un ruolo definito per quanto concerne la vicenda del passivity rule e la difesa delle aziende nazionali.
Naturalmente, vorremmo venisse affrontato anche il tema degli incastri societari che garantiscono a società e persone di possedere e costituire un gruppo di controllo del 30 per cento, mediante la proprietà azionaria anche solo dell'1 per cento, come è avvenuto per la Telecom. Tali considerazioni andrebbero meglio definite. Spero che il Governo, nei passi successivi, anche in sede di preparazione dell'OPA, possa occuparsi di tale problema, che si è posto anche nel dibattito sulla legge in materia di risparmio, in cui si è rilevato che la tematica della costituzione di patti di sindacato che, attraverso un sistema di scatole cinesi, mettono i possessori di quote minoritarie nelle condizioni di acquisire il controllo di società molto grandi è un argomento da affrontare.Pag. 37Auspico che il Governo, anche se non in questa sede, attraverso un proprio intervento, possa garantire che tale questione venga affrontata al più presto possibile.
Sul provvedimento in discussione manterremo un atteggiamento di attesa, in quanto ci rendiamo conto di essere in ritardo nel recepimento delle direttive in questione. Tuttavia, ci aspettiamo un impegno chiaro, forte e preciso da parte del Governo, affinché delinei indirizzi coerenti con la difesa delle nostre aziende e l'ampliamento del mercato finanziario. Su questo non transigeremo.
La nostra, quindi, è una posizione di attesa rispetto ad impegni che il Governo ha assunto in Commissione finanze e che ci attendiamo possano essere puntualmente assolti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, dal momento che ha dato comunicazione dell'informativa del Governo, le chiederei, se possibile, di sostituirla con un'informativa sulla vicenda della Guardia di finanza, assicurando la presenza del Presidente del Consiglio. Penso che si possa fare, e che ciò abbia priorità su ogni altra informativa.
Per quanto attiene al merito della discussione, vorrei riprendere alcune considerazioni che ha svolto molto opportunamente il collega Garavaglia. La Lega Nord Padania tiene molto al fatto che nel provvedimento in esame vengano inserite norme e precisati i principi relativi alla garanzia della condizione di reciprocità nell'ambito delle offerte pubbliche di acquisto presentate da imprese straniere.
Riteniamo che il provvedimento sia assolutamente carente e generico sul punto, e tale genericità sottende un atteggiamento troppo spesso remissivo che la nostra politica - in questo caso, la maggioranza, - tiene nell'ambito dei rapporti internazionali quando sono in gioco interessi di natura economica. Tale atteggiamento assolutamente remissivo è proprio anche del Governo, prima di tutto in sede di Unione europea, e ciò si riflette anche nel testo del provvedimento in esame. Per quanto riguarda i rapporti con l'Unione europea, faccio riferimento alla posizione del nostro Presidente del Consiglio, che, da Presidente della Commissione europea prima, e da Presidente del Consiglio poi, non ha mai difeso gli interessi delle nostre aziende.
È degli ultimi giorni la notizia di un atteggiamento assolutamente remissivo, a livello di Unione europea, nei confronti di norme che dovrebbero tutelare le nostre imprese - e per la verità anche altre imprese europee - di fronte alla concorrenza sleale che proviene dalla Cina e dagli altri Paesi a manodopera a basso costo. Su tali argomenti la Lega Nord Padania ha sempre condotto una battaglia, senza però trovare risposte da parte dell'allora Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, e da parte di questo Governo, in ormai tredici mesi di attività.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, si tratta di due facce della stessa medaglia: la medaglia è quella della tutela degli interessi delle nostre imprese, in un caso, di imprese medie e grandi e, nell'altro, soprattutto di piccole e medie. Come ricordato dal collega Garavaglia, nessuno è contro il mercato: ci siamo sempre battuti contro una politica di assistenzialismo da parte dello Stato. Quando la FIAT veniva a chiedere aiuti di Stato, abbiamo sempre risposto in maniera negativa, e abbiamo sempre detto che un'azienda così grande avrebbe dovuto puntare sulla qualità dei prodotti. I risultati, infatti, si sono visti grazie proprio a tale atteggiamento di fermezza e di rigore tenuto dal Governo nella passata legislatura. Non state facendo altrettanto, lo sappiamo: uno dei primi provvedimenti che avete adottato è a favore di un'azienda e a discapito di tutte le altre.
Siamo per il rispetto delle regole e per la trasparenza all'interno del mercato e vogliamo che le nostre imprese divengano competitive sui mercati internazionali. Ritengo tuttavia che tali principi non possanoPag. 38poi impattare con una situazione in cui noi rispettiamo le regole e gli altri no.
In un campo così delicato come quello delle offerte pubbliche di acquisto, soprattutto delle OPA ostili, è necessario che la condizione di reciprocità venga assolutamente garantita. Occorre che venga garantita analiticamente, con assoluta trasparenza. Abbiamo presentato alcune proposte emendative al riguardo e teniamo al fatto che questo principio venga riaffermato in sede di intervento sul complesso degli emendamenti.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non abbiamo materie prime, non abbiamo ormai più grandi industrie, ma banche sotto attacco. Se tutti i settori strategici finissero in mani straniere, ci ritroveremmo in un Paese più povero, che non sarebbe più padrone delle proprie scelte strategiche; abbiamo visto, infatti, che ormai la politica si determina non tanto attraverso le aggressioni o le pressioni di carattere militare, quanto attraverso le pressioni di carattere economico. Vediamo le conseguenze del braccio di ferro sul gas all'interno dell'Europa e quanto esso sia in grado di condizionare la politica internazionale.
Chiediamo da parte del Governo, della maggioranza e del Parlamento una tutela per gli interessi delle nostre imprese. Non vogliamo il protezionismo, vogliamo che ci sia una condizione di reciprocità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Jannone. Ne ha facoltà.
GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, interverrò con la consueta sintesi, motivata dall'ora, dagli argomenti ancora da affrontare e dalla condivisione delle motivazioni espresse dai colleghi che mi hanno preceduto. D'altra parte, non si può non intervenire su un argomento di questa portata.
Abbiamo purtroppo la tendenza, come Paese, a recepire le normative europee con una certa facilità. Dal Trattato di Roma in poi abbiamo recepito tutto molto facilmente, lo abbiamo applicato con grandi difficoltà e talvolta ci siamo trovati davvero in crisi, quando si è trattato di porci in maniera paritaria rispetto agli altri Paesi.
Anche con il provvedimento in esame il Governo, in ritardo nei tempi, un po' affannosamente, ha tentato di recepire una normativa in una materia, che in realtà si presenta molto complessa e con gravi rischi potenziali per il nostro sistema Paese. In particolare, con riferimento all'OPA, non credo si possa pedissequamente accettare una normativa che rischia di punire il nostro sistema produttivo. In Italia sta accadendo che tutte le maggiori imprese, in tutti i reparti strategici, sono state acquisite o stanno per esserlo da parte di gruppi stranieri. Così è per i grandi marchi che hanno fatto la fortuna della moda o delle grandi aziende produttive, che oggi sono in buona parte in mani straniere; così è per le telecomunicazioni, le infrastrutture e i trasporti; così è, già da tempo, per il sistema creditizio.
Se accettiamo che normative delicate, che investono la proprietà dei sistemi produttivi, quali quelle sull'OPA, vengano recepite senza che l'Italia possa far valere la condizione di reciprocità più volte reclamata dai colleghi della Lega Nord Padania e se accettassimo pedissequamente queste direttive, recheremmo un danno potenziale enorme al nostro sistema produttivo.
E quando parlo di sistema produttivo, non intendo riferirmi solo alle aziende che hanno una certa dimensione e che quindi, in qualche modo, sono protette, per la loro stessa grandezza, dalle possibili acquisizioni; c'è, infatti, una rete di medie e piccole imprese italiane, soprattutto quelle del nord, che rischia davvero moltissimo se questo tipo di direttive, anche in virtù delle nuove facilitazioni per le quotazioni in borsa delle piccole e medie imprese, dovessero essere recepite dal nostro Parlamento e dalle nostre istituzioni, senza che l'Italia faccia valere le proprie prerogative.
Credo, signor Presidente, che non si possa votare a favore del provvedimento,Pag. 39nonostante i tempi lo imporrebbero; che al più si possa arrivare all'astensione, se il Governo dovesse comunque accogliere, a parte gli ordini del giorno, alcuni impegni per tutelare il nostro sistema produttivo.
Credo però che esista da parte del Governo di centrosinistra, ancora una volta, una forte contraddittorietà nelle modalità di azione. Quando ci sono acquisizioni estere che in qualche modo investono il potere, la distribuzione di poltrone, il vantaggio conferito agli amici o agli amici degli amici, siano essi italiani o stranieri, allora nulla si dice riguardo alle potenzialità e alle prerogative delle nostra aziende; quando invece non vengono investite tali questioni, allora si innalzano fortemente le bandiere, si creano degli ostacoli che contrastano con le regole del mercato.
Una volta per tutte, credo che non la destra o la sinistra, non il Governo o l'opposizione, ma il sistema-Paese debba porsi in maniera coerente davanti a tali decisioni. O accettiamo le regole del mercato tout court, ma con il rischio gravissimo, come può essere per la disciplina in esame, che il nostro sistema produttivo possa essere acquisito con grande facilità dalle imprese straniere, oppure cerchiamo, anche attraverso l'attuazione di un criterio di reciprocità, di tutelare il nostro sistema, così come molti altri Paesi - penso in particolare alla Germania e alla Francia - hanno fatto in questi anni.
Voi sapete che quando un'impresa italiana va all'estero e cerca di acquisire un'impresa del suo settore, col medesimo oggetto sociale, si alzano sempre le barricate. Anche per questo motivo siamo il ventre molle dell'Europa: ci apprestiamo ad essere invasi, a vedere spesso acquisiti i nostri brand, i nostri marchi più importanti, per poi vedere queste aziende spostate di sede produttiva, svilite nei loro livelli occupazionali, completamente modificate rispetto alle loro storia.
Non si può - e mi rivolgo soprattutto alla sinistra storica - accettare che ci siano acquisizioni facili del nostro sistema produttivo e poi lamentarsi quando ci sono dei cali di livello occupazionale, perché è chiaro che la tendenza è quella di acquisire i nostri marchi storici, che sono i più famosi del mondo - pensiamo alla moda, alle auto e a tantissimi altri settori - per smontarli poi nella loro forza e spostare i livelli produttivi e occupazionali altrove. Facciamo molta attenzione ad accettare pedissequamente tale tipo di normative, perché stiamo creando un danno non di poco conto al nostro sistema produttivo e anche ai livelli occupazionali del Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Leddi Maiola. Ne ha facoltà.
MARIA LEDDI MAIOLA. Signor Presidente, proprio in relazione alle osservazioni che sono state espresse da ultimo dal collega Jannone, credo che la risposta corretta sia la necessità di procedere al più presto all'approvazione del provvedimento in esame.
Devo osservare che il Senato ha registrato una notevole convergenza da parte di maggioranza ed opposizione, proprio basandosi su tale elemento di fondo. Abbiamo la necessità di superare un oggettivo ritardo che in questo settore c'è, proprio per rispondere, non con delle parole, ma con dei fatti e degli atti normativi, alle preoccupazioni che, lo ripeto, in particolare il collega Jannone ha espresso in questo momento.
Non credo affatto che il nostro Paese sia il ventre debole dell'Europa, per quanto concerne l'acquisizione dei nostri brand e dei nostri settori strategici. Credo che esso, al pari degli altri Paesi europei, si trovi in questo momento a dover far fronte a una situazione che si è evoluta con straordinaria rapidità, caratterizzata da un mercato che si sta muovendo in modo molto aggressivo fuori dei confini nazionali, evidentemente superando nei fatti le rigidità che le normative dei singoli Stati possono presentare.
Sta sostanzialmente capitando che le imprese escono dal confine degli Stati e riescono a presentarsi sugli altri mercati e ad acquisire, laddove hanno gli strumenti e la forza per farlo, delle posizioni importanti.Pag. 40Abbiamo visto grandi aziende straniere presentarsi sul mercato italiano e avere talvolta successo, talvolta no; abbiamo visto grandi imprese italiane muoversi sui mercati stranieri avendo di norma un considerevole successo: penso, tra tutti, a Unicredito Italiano e all'acquisizione da esso compiuta di HVB, prima ancora dell'operazione Capitalia, quindi avendo dimensioni strutturali minori rispetto a quelle attuali. Ciò è la dimostrazione che abbiamo imprese eccellenti nel nostro Paese.
Quando un'impresa è eccellente, essa riesce a stare sugli altri mercati e ad acquisire quel che intende acquisire nel rispetto generale per la capacità organizzativa. Non si alzano barriere, poiché il mercato ha compreso che servono non le barriere, ma regole che naturalmente garantiscano - e su questo sono assolutamente d'accordo con i colleghi che mi hanno preceduto - condizioni di reciprocità. Se occorre non alzare barriere, occorre anche che non ve ne siano in alcun Paese.
È poi fisiologico che ogni Stato tenda a tutelare e difendere i propri campioni: ciò non altera, però, il principio per cui le barriere sono ormai crollate e già le grandi imprese si stanno muovendo.
Il nostro dovere quali legislatori è dunque, in questa come in altre occasioni, quello di definire quali siano le regole del gioco cui tutti debbano attenersi. Si è ricordato in particolare il problema dell'OPA, poiché questo è il tema che in questo momento fa più opinione; mi permetto, però, di ricordare al Presidente ed ai colleghi tutti che, accanto ad esso, vi è anche la necessità di procedere con l'applicazione della direttiva Mifid, poiché - quella sì - è una situazione che ci sta mettendo in difficoltà.
Se, infatti, non procederemo con una rapida applicazione nel nostro Paese della direttiva Mifid, le imprese straniere potranno operare sul nostro territorio, mentre quelle italiane non potranno muoversi sui territori degli altri Paesi: ciò significherebbe negare un contributo positivo alle nostre imprese, che posseggono la struttura necessaria per stare sugli altri mercati, poiché in quel caso, per nostra inadempienza, non avremmo creato condizioni di reciprocità. La sollecitazione rivolta a tutti noi è, dunque, nel senso di procedere al più presto all'applicazione di tali direttive sul cui recepimento siamo in ritardo.
Se si vuol poi aggiungere un'esortazione ulteriore, direi che questa potrebbe cominciare ad essere la fase di risalita da una situazione di oggettiva difficoltà per il nostro Paese nei tempi di recepimento delle direttive. Trovo che, in proposito, non sia un buon argomento affermare che il ritardo con cui recepiamo le direttive deriva da anni e da legislature precedenti: il fatto che ci troviamo nella coda dei Paesi adempienti in Europa, per quanto in buona compagnia, non è certo un buon argomento. Credo che, invece, con questo aspetto si possa dare un segnale di efficienza del sistema Italia: cominciamo a risalire la china sui tempi di applicazione delle direttive, usciamo dai proclami di ordine generale e compiamo atti che vadano in questa direzione!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Turci. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, nel corso di questo dibattito sul complesso delle proposte emendative si sta sviluppando una problematica che va oltre la portata della delega sull'OPA, che è il punto più importante di questo provvedimento. Inizierei, comunque, il mio intervento riferendomi al tema dell'OPA, per dire in particolare che il problema delle offerte pubbliche di acquisto già esiste nel nostro ordinamento e dovrebbe essere ripensato anche con specifico riferimento all'attuale normativa Draghi.
Gli episodi più recenti - ad esempio quello, tuttora in corso, della vendita del controllo Telecom - ci pongono infatti di fronte al problema se la soglia del 30 per cento fissata a suo tempo della nostra normativa nazionale sia tuttora efficace. Nei fatti assistiamo - non solo nel caso che coinvolge la Telecom oggi, ma anche inPag. 41quello che la coinvolse in passato - al fenomeno per cui, quando si tenta di acquistare piccole scatole cinesi che contengono quote minime del capitale di un'azienda, a volte anche offrendo il doppio del prezzo di mercato vi sono comunque acquirenti. Ciò dimostra non solo che non si distribuisce il plusvalore agli azionisti, ma anche che, probabilmente, le forme di controllo su queste grandi utility sono tali per cui si determina per gli azionisti di controllo (anche con quote minoritarie) la possibilità di estrarre un plusvalore sulle spalle della massa degli altri azionisti.
Questo è un problema di trasparenza sul quale dovremmo, comunque, riflettere.
La direttiva europea al nostro esame tendenzialmente indurrebbe a norme più lassiste rispetto a quelle nazionali in vigore.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 13,15)
LANFRANCO TURCI. Non ho nulla contro la possibilità che investimenti e capitali stranieri entrino nel mercato italiano ed acquistino società italiane, perché ciò vorrebbe dire, culturalmente, tornare indietro di cinquant'anni nel nostro Paese. La «caccia allo straniero», le urla contro lo straniero che arriva, francamente mi lasciano di sasso, pensando alla vicenda della nostra adesione alla Comunità europea ed a tutti i passaggi successivi della costruzione di un mercato comunitario.
Tuttavia, ciò presuppone che debbano vigere le stesse regole in tutti i Paesi della Comunità europea. Poiché la direttiva al nostro esame lascia spazio ad ogni Paese di adeguare opportunisticamente la propria disciplina nazionale sull'Opa - sulla base di interessi particolari - credo sia giusta la preoccupazione espressa in un emendamento di alcuni colleghi dell'opposizione e ripresa nell'ordine del giorno della Commissione, cui peraltro aderisco e desidero mettere agli atti anche la mia firma. Credo sia opportuno richiamare l'attenzione del Governo affinché, considerato che esso dispone, sostanzialmente, di una delega in bianco, vi siano un chiarimento ed un approfondimento adeguati, prima del decreto legislativo, sul fatto che dobbiamo adottare una norma che, senza rendere più difficile l'Opa, tuttavia non consenta a qualcuno di venire a giocare in Italia con tutte e due le mani libere, imponendo a noi, quando andiamo in quel paese, di giocare con una mano legata dietro la schiena.
Si tratta di un problema di equità che dobbiamo tenere presente.
Però, a proposito della presenza di capitali stranieri nel nostro Paese, dell'acquisizione di Aeroflot, scusate, di Alitalia (Aeroflot, chiaramente, è uno scivolamento concettuale) oppure di Telecom o di altre società di cui si è parlato negli ultimi tempi, vorrei dire che il problema va oltre la questione dell'Opa e della relativa normativa di applicazione.
Il punto è che il Governo e - se mi consentite - il nostro sistema Paese devono definire una valutazione chiara, trasparente e possibilmente condivisa sui beni e gli asset di interesse pubblico nazionale, che secondo noi non devono né possono passare sotto il controllo di capitali stranieri e che, anche nel caso che siano sotto il controllo di capitali italiani, devono essere protetti da una particolare normativa.
Torniamo al caso Telecom: non mi riferisco alla vendita di Tronchetti Provera, bensì al problema della rete fissa di Telecom, di cui sembra che abbiamo scoperto con dieci anni di ritardo, dopo la privatizzazione, il valore strategico.
Il problema della rete fissa non è tanto se Telecom viene acquisita da TMT, dalle banche italiane o da Telefonica, bensì il fatto che dobbiamo intervenire con una normativa precisa che, sul modello inglese o, perfino, di una ripubblicizzazione della rete fissa, garantisca l'interesse nazionale in materia di telecomunicazioni.
Il problema delle nostre grandi aziende energetiche non è quello della legge sull'Opa, ma di decidere - come ritengo sia opportuno fare - il mantenimento di una presenza di capitali importanti del TesoroPag. 42nell'ENEL o nell'ENI, oppure stabilire che esse sono a disposizione e possono essere anche privatizzate.
Si tratta di decisioni «a monte», di politica economica, che dobbiamo prendere con chiarezza per non trovarci, tutte le volte che si verifichi il caso concreto, impacciati, accusati di «pasticciare» con imprese amiche contro imprese nemiche ed esposti al rischio di mettere la credibilità del nostro Paese in cattiva luce a livello internazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, quanto alla direttiva che si vuole applicare da parte della Comunità europea, qualcuno ha sostenuto che l'Italia di solito ha facilità di recepimento, ma spesso si interviene - e ciò credo sia uno dei grandi difetti del nostro Paese - anche chiudendo gli occhi, le orecchie e la lingua. A me sembra che l'Italia sia diventata una sorta di negozietto di dolci, le cui porte vengono aperte dai padroni perché tutti vengano dentro a prendere a mani basse e a portar via le sportine piene.
Credo sia importante, da parte nostra, capire anzitutto i tre livelli con i quali abbiamo a che fare. Il primo è quello della Comunità europea, il secondo riguarda il Governo, il terzo, infine, un po' più occulto, poiché si cerca sempre di non parlarne, è quello del Governo sopra il Governo (mi riferisco, in particolare alle operazioni di Prodi e dei suoi amici).
Credo che rispetto alla Comunità europea vi sia un primo ragionamento da fare. Non possiamo sempre sostenere che siamo parte dell'Europa, che l'Europa è bella, che siamo tutti «euro-contenti», «euro-soddisfatti», che andiamo ad Eurodisneyland e poi, alla fine, ci troviamo con i problemi in casa.
Ricordo che l'Europa è quella che ha spesso Paesi più furbi e Paesi meno furbi, è quella del mandato minimo di pedofilia, del mandato di cattura europeo, è quella che perdeva mesi a decidere quanto doveva essere grosso il pisello, ma che, in conclusione, quando è necessaria la sua presenza non si trova mai, non svolge politica estera, non interviene negli scenari internazionali come in realtà dovrebbe fare, mentre vi è una banca centrale europea. Non esiste un'Europa così concepita, come qualcuno cerca di far credere, e nemmeno esiste da un punto di vista politico, perché il Parlamento europeo è spesso esautorato e funziona soltanto il Consiglio, nel quale pochi intimi assumono decisioni.
Occorre iniziare da questa posizione, perché all'interno di quella congrega di pochi intimi che prendevano decisioni sciaguratamente fu mandato a presiedere Romano Prodi, svolgendo la carica di Presidente della Commissione Europea. Ebbene, credo che da questa prospettiva debba essere osservato l'intero scenario: il «negozietto da dolci italiano» nel quale le mani in pasta o soprattutto le mani che aprono la porta e le saracinesche del negozietto arrivano a una certa grande finanza, occupata in questo anno soprattutto da Prodi e dai suoi amici.
Non voglio dimenticare che fra le sue amicizie si possano comprendere Draghi, uomini della finanza e dei grandi istituti ricordati poc'anzi, rispetto ai quali in realtà credo che uno Stato più che intervenire con leggi, deve chiedersi cosa intenda fare. In caso contrario, il termine OPA sembra indicare un'«occupazione prodiana accurata», mentre io vorrei che significasse «offerta pubblica di acquisto», ove per pubblica si intende che vi sono delle regole che riguardano tutti. Su di esse dobbiamo confrontarci. Facciamo parte dell'Europa: benissimo! Allora, tali regole devono essere uguali e identiche per tutti.
La reciprocità è un principio che vale non solo per le OPA, ma anche per ogni tipo di rapporto in altri contesti, per l'immigrazione, nell'ambito internazionale e negli scambi. Ricordo quando sostenevamo che in Europa erano necessari i dazi e in Italia si affermava che si trattava di misure anacronistiche, qualcun altro diceva che eravamo matti. Poi - guarda caso - il commissario Mandelson in Europa,Pag. 43dinanzi alla necessità, li ha istituiti. Allora, cominciamo a pensare cosa debba fare questo Paese.
Il terzo livello è quello del Governo. Esso si rivolge alle Camere allorché si rammenta che il Parlamento esiste, perché spesso e volentieri si decide nell'ambito del Consiglio dei ministri e le Camere sono sistematicamente scavalcate; ma il Governo è contraddetto e credo che da qualche settimana non sia neanche più rappresentativo del popolo italiano, mentre il Parlamento si basa su logiche spesso fumose, poiché perde tempo in iniziative che potrebbero essere concluse in due ore, mentre si dilapidano due settimane; però, esso deve fare una scelta su tale problema.
Ora, prima di tutto, credo che un Parlamento serio e che rappresenta il popolo italiano debba affermare: «Prima di tutto casa nostra». Vi sono degli interessi. Ci dicono che facciamo parte dell'Europa, ma come si comportano i francesi, i tedeschi e gli olandesi? Loro fanno shopping da noi, nel «negozietto da dolci», mentre noi non difendiamo mai in nessun modo casa nostra. Loro stabiliscono regole, dazi e barriere, mentre siamo il Paese, che sta nella categoria dei più stupidi, che non fissa mai regole.
Cominciamo a porre delle regole se gli altri fanno lo stesso; se gli altri le revocano, togliamole anche noi; però, facciamo in modo che la situazione sia uguale per tutti. O ci auto-difendiamo, e questo vale per tutti in Europa, oppure loro si tutelano, mentre noi non facciamo lo stesso.
In conclusione, mi riferisco al fatto di avere delle banche che in merito alle OPA possono ragionare in termini generali, con una legge che riguarda tutti, in modo tale che non vi sia più la tentazione da parte del politico di sinistra di scalare e del politico di destra di farlo nell'altro senso. Vi deve essere una logica che riguarda tutto il Paese, in modo che vi sia un'idea che afferma che in principio venga tutelato l'investimento con forze, risorse e capitali che vengono da casa nostra.
Penso a banche come l'Antonveneta, che non ha più come principio primario il territorio, ossia quello di difendere il piccolo e medio risparmio, ma è divenuta proprietà di una multinazionale estera, che ha come criterio ispiratore quello di fare cassa, di raccogliere capitale. Ebbene, sono spaventato, perché queste piccole banche diventate poi grandi ed anche appetibili, erano importanti proprio perché si basavano sulla fiducia reciproca. Vi erano tanti sportelli presenti sul territorio e un altro tipo di organizzazione bancaria di raccolta del capitale. Quest'ultima viene a mancare, se diamo tutto al capitale estero, che viene in Italia solo per fare shopping, per comprare, per fare impresa, per il business immediato, non investendo per il futuro.
Rischiamo realmente che tali operazioni portino, anche dal punto di vista bancario, nell'arco di pochi anni, alla chiusura degli sportelli locali, alla rottura del rapporto fiduciario con i cittadini e con le piccole e medie imprese, le quali non hanno più punti di riferimento sul territorio su cui si vuole intervenire.
Il collega Conte nel suo intervento si augurava che il Governo, sulle promesse fatte in Commissione, compisse un atto di responsabilità. Purtroppo, collega Conte, credo che il Governo non sia assolutamente in grado di poter assumere una simile responsabilità, tantomeno ritengo che possa mantenere le promesse fatte, visto che è un anno che non lo fa.
Credo che da questo Governo possiamo augurarci solo il peggio, ma soprattutto che da parte dei Ministri e di Prodi in primis vi sia una logica che, prima o poi, farà dire: «Houston, c'è un problema» alla base. Bisogna, quindi, che ci poniamo tale problema.
Questo è un Governo euro-succube che, purtroppo, quando arrivano delle direttive comunitarie, se anche sono contro di noi, da Paese stupido, continua a recepirle. Il messaggio che abbiamo dato deve essere forte. Attenzione, prima di perdere tutto, cominciamo a chiudere la stalla, perché i buoi sono quasi tutti scappati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.
Pag. 44
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, intervengo sul complesso degli emendamenti. Ricordiamoci che, innanzitutto, il disegno di legge in esame delega il Governo ad adottare decreti legislativi in una serie di materie importanti, come l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto ed anche la definizione di norme di qualità e sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione di sangue umano e dei suoi componenti.
Indubbiamente oggi focalizziamo la nostra attenzione su due punti importanti: l'attuazione della direttiva OPA e della direttiva Mifid.
Con riferimento a quest'ultima, sono d'accordo con i colleghi che mi hanno preceduto.
Si tratta di una direttiva di grande importanza ed è importante che venga recepita in tempi brevi. Allora mi chiedo come mai all'articolo 1 del disegno di legge in esame si stabilisce che il Governo è delegato ad adottare, entro il termine del 30 settembre, i decreti legislativi per il recepimento della direttiva Mifid, così come delle altre direttive.
Siamo, pertanto, giunti nuovamente, nonostante ciò che hanno detto i colleghi che mi hanno preceduto, anche di maggioranza, con grande ritardo all'attuazione delle direttive e della Mifid in particolare. Mi domando, pertanto, come mai il Governo venga costretto, soprattutto per quanto riguarda la direttiva Mifid, ad una nuova proroga di termini, perché questo bisogna dirlo e puntualizzarlo.
È lecito quindi chiedere, da parte nostra, chiarezza rispetto a responsabilità che appartengono innanzitutto al Governo - ciò sempre per quanto riguarda la direttiva Mifid - perché il Parlamento ha fatto per intero la sua parte.
Dell'OPA abbiamo discusso molto in Commissione. Alleanza Nazionale ha presentato due emendamenti ed il primo riguarda una proroga del termine previsto. L'articolo attuale prevede di fissare il termine al 30 settembre 2007, mentre noi riteniamo che il disegno di legge in esame non dia certezze su come verranno attuate le norme sull'OPA, visto che si dà carta bianca al Governo su come redigere i successivi decreti delegati, anche se abbiamo ricevuto rassicurazioni, anche ufficiali, del sottosegretario Tononi di cui teniamo buon conto.
In pratica, però, il Governo ci chiede, al momento, una delega in bianco in materia, svuotando di contenuto l'intero iter parlamentare. La direttiva OPA 2004/25/CE era inserita nell'allegato b) della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria per il 2004). Ciò nonostante, i termini per l'attuazione della direttiva sono scaduti il 20 maggio 2006.
A mio giudizio, occorre domandarsi la ragione per cui siamo giunti con un così grave ritardo anche all'attuazione di questa direttiva e per quale motivo il Parlamento venga costretto ad una proroga in termini. Anche per tale ragione, è lecito chiedere chiarezza e assunzione di responsabilità al Governo. Noi lo abbiamo chiesto in Commissione e il sottosegretario Tononi ha sottolineato che, al riguardo, il Ministero dell'economia non ha ancora raggiunto un orientamento definito.
Con il primo dei nostri emendamenti all'articolo 1 chiediamo di prorogare il termine previsto dal 30 settembre al 31 dicembre 2007. L'altro emendamento che abbiamo presentato concerne la questione della clausola di reciprocità. L'aspetto principale, infatti, che è stato sollevato da noi in Commissione e anche dai colleghi che mi hanno preceduto, concerne la cosiddetta passivity rule ovvero la disciplina relativa agli strumenti di difesa, che le società bersaglio di un'offerta pubblica di acquisto possono porre in essere.
Tale disciplina riguarda soprattutto la previsione di una clausola di reciprocità in base alla quale, nel caso in cui l'acquisizione del controllo di una società sia promossa da una società estera, alcune norme della disciplina possono essere applicate solo se si applicano anche alla società estera che promuove l'offerta di acquisto.
Alcuni Paesi europei, come per esempio Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna,Pag. 45hanno già adottato una propria normativa nazionale per tutelare le società nazionali da offerte d'acquisto provenienti da società estere. La Germania ha introdotto, solo su base opzionale e non obbligatoria, la regola della passività, mentre la Francia consente l'emissione di speciali warrant che diluiscono il capitale e rendono più costose le scalate.
Credo, pertanto, sia giusto uniformare la legislazione italiana a quella europea in attuazione della direttiva 2004/25/CE e che si tenga conto, anche per quanto ci riguarda, di un criterio di massima di reciprocità per tutti gli Stati membri dell'Unione europea; tutto ciò per non trovarci, in sostanza, in una posizione di sfavore rispetto a quei Paesi, che hanno già applicato norme a tutela delle proprie società nazionali.
Questo è il contenuto delle proposte emendative che abbiamo presentato e su cui ci aspettiamo comunque delle risposte e degli impegni tranquillizzanti da parte del Governo. Presenteremo anche degli ordini del giorno in tal senso, perché è evidente che, per quanto riguarda la direttiva in materia di OPA, siamo tutti fortemente preoccupati, in quanto la normativa comunitaria in oggetto ha delle ricadute importanti per la salvaguardia di società importanti e determinanti per l'economia nazionale. Sugli aspetti che ho evidenziato, ci regoleremo anche per quanto riguarda il voto finale.
PRESIDENTE. Vista l'ora, rinvio il seguito del dibattito alla ripresa della seduta pomeridiana che avrà inizio alle ore 16.