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Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
(Iniziative per il superamento della normativa sugli studi di settore - n. 3-01009)
PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01009 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).
MAURO FABRIS. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, un anno fa, presentando il nostro Governo alla Camera, lei dichiarò che i capisaldi della nostra politica fiscale dovevano essere due, il primo dei quali era una lotta serrata all'evasione fiscale (che lei definì un male patologico dell'Italia, sintomo della crisi etica del nostro Paese). In secondo luogo, affermò la necessità di stabilire un rapporto diverso tra cittadino e fisco. Parlò di «fisco amico» per le imprese e per le famiglie, al fine di alleggerire i dipendenti e le imprese virtuose che pagano le tasse.
La lotta all'evasione comincia a funzionare e ciò è dimostrato dall'aumento di circa 35 miliardi del peso delle tasse. Quello che non sembra proprio funzionare è il rapporto tra fisco, cittadini e imprese. Noi oggi le chiediamo come sia mai stato possibile che, nonostante la maggioranza, come abbiamo detto all'inizio, voglia che la concertazione sia lo strumento per il rapporto con le componenti sociali, si sia arrivati alla vicenda dei cosiddetti studi di settore senza tale concertazione.
PRESIDENTE. Deputato Fabris, la invito a concludere.
MAURO FABRIS. Concludo, signor Presidente, chiedendo come mai si applicano per il 2006 gli indici di normalità economica previsti per il 2007 e, in secondo luogo, se il Governo non pensi di avviare il superamento di questo strumento che è del 1993.
PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi, ha facoltà di rispondere.
ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Vorrei ribadire e specificare quanto ho dichiarato in precedenza, rispondendo all'onorevole Donadi (l'onorevole Tremonti sta uscendo, forse è per quello che non segue). Il 53,81 per cento degli operatori interessati agli studi di settore, non è sembrato congruo. Oltre a quanto affermato in precedenza sul fatto che gli studi di settore non sono assolutamentePag. 42un accertamento fiscale, ma un'indicazione utile sia al contribuente che agli uffici fiscali, vorrei specificare in quest'aula un altro aspetto: il 53,81 per cento degli operatori che hanno dichiarato dei dati che non sembrano congrui dichiara in media 193.600 euro lordi annui di ricavi e un reddito lordo di impresa pari a 10.500 euro all'anno. Il resto degli operatori hanno ricavi e redditi così bassi da determinare, di fatto, una potenziale esclusione dagli studi di settore.
Riguardo alle obiezioni, quindi, il Governo sottolinea che gli studi di settore non sono lo strumento di accertamento automatico, ma tali dati mettono in rilievo la necessità di un'attenzione ai dati stessi, che l'Agenzia delle entrate utilizza come punto di riferimento. Pertanto, se il contribuente si adegua può restare tranquillo rispetto agli eventuali successivi controlli, mentre il contribuente che, invece, ritiene non sbagliati i dati che l'amministrazione contesta, è libero di non adeguarsi.
Quindi non sono una minimum tax e, per evitare equivoci, è stata emanata una circolare diretta ad identificare con più precisione le situazioni di marginalità economica, caratterizzate da peculiari situazioni che consentono la disapplicazione degli studi stessi. Ciò interessa cinquecentomila imprese. Per consentire ai contribuenti e agli intermediari una più approfondita valutazione e una corretta applicazione della nuova normativa, viene ricordato che la scadenza ordinaria per il versamento delle imposte è stata posticipata di venti giorni per chi applica gli studi di settore, in modo che ci sia tempo per approfondire i problemi.
Aggiungo ancora una cosa. Nel triennio 2007-2009 tutti gli studi saranno sottoposti a revisione: se più favorevoli si applicheranno ai contribuenti gli studi revisionati, i quali, prima di essere approvati, saranno sottoposti alla prevista consultazione della commissione degli esperti in cui partecipano i rappresentanti delle categorie interessate. Pertanto le garanzie ci sono.
PRESIDENTE. Presidente Prodi, la invito a concludere.
ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Rilevo, poi, che gli studi di settore non sono né una forma di «catastizzazione» del reddito, né una minimum tax; sono degli indicatori sui ricavi. Da questo punto di vista, nulla vieta che gli operatori possano essere in regola anche se i loro conti sono diversi dalle indicazioni degli studi.
PRESIDENTE. Presidente Prodi, la invito a concludere.
ROMANO PRODI, Presidente del Consiglio dei ministri. Va ribadito che nessuno può obbligare i contribuenti a pagare le tasse secondo gli studi di settore. Il contribuente ha solo l'obbligo di presentare delle dichiarazioni che rispecchiano la realtà.
PRESIDENTE. Il deputato Fabris ha facoltà di replicare.
MAURO FABRIS. Signor Presidente, non posso dichiararmi soddisfatto di questa risposta. Ho posto una questione diversa: ho chiesto come è stato mai possibile che, nonostante avessimo fatto della concertazione lo strumento di soluzione dei conflitti sociali e del rapporto con le parti sociali, si sia arrivati al punto che, con una circolare dell'Agenzia delle entrate, per il 2006 si applichino gli indicatori economici previsti nel 2007. Ciò determina per le imprese un danno che non siamo ancora in grado di calcolare e la difficoltà di affrontare le scadenze che sono state indicate. Il problema non è quello di spostare in avanti il termine di venti giorni.
Il problema è - questa è la nostra proposta, per capirci in maniera molto chiara - che questi indicatori non sono stati determinati con il contributo delle categorie, ma in maniera unilaterale dall'amministrazione. Non c'è stato lo stesso livello di approfondimento e di elaborazione degli studi di settore. Retroagiscono all'anno di imposta 2006, questo è il punto! Pertanto la nostra proposta è chiara: si sospenda l'applicazione di questiPag. 43indicatori ai fini dell'accertamento, e si vada alla rapida revisione degli studi di settore, attraverso un serrato confronto con le associazioni di categoria.
Sul fatto che si debba combattere l'elusione e l'evasione fiscale siamo assolutamente d'accordo. Tuttavia, questo tipo di intervento, da parte del nostro Governo e da parte nostra, è assolutamente insostenibile, perché abbiamo creato un conflitto con parti sociali con le quali abbiamo firmato un protocollo di intesa nel dicembre 2006, non tanto tempo fa. Le categorie oggi non chiedono l'abolizione degli studi di settore, mentre noi proponiamo che si avvii un superamento graduale degli stessi, visto che nessun Governo li ha aboliti e dal 1993 rappresentano una legge nel nostro Paese. Noi chiediamo, dunque, che si ristabilisca un rapporto positivo, costruttivo, con le categorie.
Fermiamo, dunque, questa vicenda che sta letteralmente mettendo in difficoltà decine di migliaia di aziende. Le segnalo che quattro milioni di contribuenti garantiscono lo stipendio al 70 per cento dei lavoratori a reddito fisso in Italia. Questa è la condizione in cui ci troviamo, per una vicenda che non è stata gestita secondo le intese che avevamo sottoscritto. Per il resto, signor Presidente, lei sa che noi siamo concordi nel combattere l'elusione e l'evasione fiscale. Ma la questione oggi è un'altra (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Prima di passare all'ultima interrogazione, desidero segnalare che il deputato Tremonti si era allontanato dal suo banco soltanto per fare una comunicazione al Presidente.
GIULIO TREMONTI. Grazie, signor Presidente.