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Si riprende la discussione.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2599)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 2599 sezione 4).
Ha chiesto di parlare il deputato Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, il complesso degli emendamenti presentati dal gruppo parlamentare di Forza Italia si richiama, in pratica, alla ratio del disegno di legge alla nostra attenzione, che abbiamo già evidenziato, negli aspetti da noi ritenuti negativi, nel corso della discussione sulle linee generali svoltasi ieri.
Innanzitutto, ritengo che occorra precisare che il provvedimento in discussione è, in quanto tale, affrettato, privo di una riflessione adeguata su ciò che è avvenuto negli ultimi anni in materia di riforma degli enti di ricerca e, soprattutto, teso a cancellare, senza un minimo di considerazione, quanto realizzato dal Governo precedente. Mi riferisco innanzitutto - gli emendamenti presentati risentono, infatti, in profondità di tale aspetto - ai tre decreti legislativi sottoscritti dal ministro Moratti concernenti il riordino, rispettivamente, del Consiglio nazionale delle ricerche, dell'Agenzia spaziale italiana e dell'Istituto nazionale di astrofisica, ai quali è seguito il decreto legislativo concernente l'istituzione dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica.
I suddetti provvedimenti hanno introdotto, piaccia o meno, una modifica significativa degli enti di ricerca, predisponendo e definendo un periodo di transizione, facendosi carico delle situazioni oggettive di difficoltà e, soprattutto, delle richieste della comunità scientifica e, inPag. 25generale, dell'opinione pubblica, di fronte a disfunzioni che sono risultate evidenti a tutti negli anni passati.
I citati provvedimenti, tra l'altro, sono stati votati anche dall'attuale maggioranza, allora minoranza, senza eccessiva contestazione: ricordo, a tale proposito, i lavori svoltisi nella Commissione bicamerale e nella VII Commissione, dove si manifestò una sorta di sostanziale apprezzamento da parte della minoranza di allora, proprio in considerazione di tale finalità.
Gli emendamenti proposti sono rivolti, soprattutto, a definire, in termini precisi, la necessità che il riordino faccia riferimento ad un disegno globale votato dal Parlamento: siamo contrari, in una materia delicata come questa, all'esproprio della funzione di controllo del Parlamento, a nostro giudizio significativa!
Il Governo ha ora, assieme agli enti di ricerca, un compito di riordino e di definizione degli obiettivi, ma senza scavalcare e prescindere dall'apporto essenziale del Parlamento e, in particolare, delle Commissioni competenti.
Durante l'iter in Commissione, sia al Senato sia nella VII Commissione della Camera, sono state apportate varie modifiche, che hanno, in parte, rimediato a tale vulnus. Rimane il fatto, però, che il provvedimento in questione, in quanto tale, risente, nonostante alcune modifiche migliorative, di un impianto che tende a negare e a respingere tutto ciò che di buono è stato realizzato nel passato, senza valutare attentamente il periodo di transizione richiesto da una modifica di enti di tale genere. Si tratta, inoltre, di un impianto che tende a sottoporre l'intera questione all'attenzione del Governo, il quale procederà con diktat e motu proprio, senza alcuna considerazione non solo del parere della comunità scientifica e degli esperti del settore, ma anche di quanto già realizzato e della necessità che in un settore del genere non occorrono improvvisazioni (ricordiamoci che ci stiamo occupando di enti di ricerca). È necessaria, invece, una valutazione attenta sul periodo di transizione richiesto dai decreti prima ricordati.
Di conseguenza, l'opposizione ha avanzato anche la necessità che le modifiche statutarie siano definite con precisione, da un lato lasciando libertà agli enti di ricerca, dall'altro configurando, in termini precisi, il ruolo del Parlamento e concedendo spazio anche ad una legislazione specifica.
In secondo luogo, riteniamo che in un momento come quello presente, in cui viene lamentata, da parte di tutti, la carenza di investimenti nel settore della ricerca scientifica, sia importante collegare la riforma degli enti di ricerca con le esigenze del sistema produttivo tout court e con la valorizzazione dei risultati della stessa. Per inciso, occorre anche un'attenzione particolare verso i ricercatori, vista la differenza di status che intercorre tra quelli universitari e quelli degli enti di ricerca, dotati di un regime giuridico totalmente diverso e di fatto penalizzante.
In terzo luogo, credo che occorra anche - ciò fa riferimento agli emendamenti presentati dal gruppo di Forza Italia - definire in termini precisi la struttura che ha il compito di verificare i risultati conseguiti dagli enti di ricerca (l'ANVUR). In questo senso la dizione contenuta nel disegno di legge è estremamente semplicistica, è carente di alcune indicazioni che invece ci appaiono indispensabili soprattutto alla luce dell'esperienza pregressa, che dimostra come, molto spesso, non siano stati valutati a sufficienza i risultati di alcuni enti di ricerca, ma la loro valutazione sia scaturita da considerazioni politiche oggettivamente non scientifiche. Sul ruolo e la funzione dell'ANVUR - comma 1, lettera b), dell'articolo 1 - ci siamo soffermati molto; occorre definirli in termini più precisi e più compiuti al fine di fornire determinate garanzie soprattutto in un momento come questo in cui l'industria e la realtà internazionale richiedono un potenziamento della ricerca, finalizzata soprattutto al raggiungimento di alcuni obiettivi ben precisi. Da ciò deriva anche la necessità, quando si fa riferimento a competenze tecniche e organizzative dei comitati scientifici e a collegamenti con altre realtà, di definire le capacitàPag. 26manageriali e la comprovata esperienza gestionale degli enti. A questo aspetto è, inoltre, collegata la necessità di sburocratizzare tali enti, finalizzandoli all'ottenimento di alcuni obiettivi ben precisi.
Alcune parti del provvedimento in esame, laddove lasciano una completa libertà d'azione al Governo di scorporare o incorporare altri enti, ci sembrano eccessivamente generiche. L'argomento in discussione è estremamente significativo ed ampio: il riordino degli enti di ricerca. Pertanto, non ci possiamo permettere di affidare una materia così importante e significativa alla valutazione di poche persone - del Governo e di pochi tecnici - senza tenere in considerazione realtà importanti che, come dicevo prima, si sono realizzate in questi anni. Faccio riferimento all'Istituto italiano di tecnologia, che ritengo estremamente importante, realizzato dal Governo Berlusconi con la precisa finalità di essere aperto ai privati e di ricevere un sostanzioso contributo pubblico. Riguardo a tale istituto rivendichiamo alcuni risultati conseguiti in particolari materie che ci sono stati riconosciuti da tutta la comunità scientifica europea. Il provvedimento in esame, di fatto, trancia volutamente il ruolo svolto da tale istituto e ipotizza un'unificazione con altri organismi senza considerare la peculiarità del medesimo e gli obiettivi che ha saputo ottenere in campi - quelli concernenti il suo oggetto - così significativi.
Altrettanto significativi sono gli emendamenti che abbiamo predisposto in tema di governance degli enti di ricerca (quale, ad esempio, quello riferito al consiglio di amministrazione del CNR). Sul punto chiediamo una maggiore competenza ed una maggiore predisposizione verso gli obiettivi degli enti medesimi da parte dei consigli di amministrazione e dei membri dei consessi scientifici.
Ho notato che, in ordine a tale aspetto, vi è stato un tentativo da parte della Commissione di affinare ulteriormente il dettato legislativo, ma noi manteniamo le nostre perplessità. Come ho affermato all'inizio, infatti, l'intelaiatura di fondo del provvedimento in esame risente molto di un'impostazione dirigistica che sembra voler prescindere totalmente dall'apporto esterno di tecnici o soggetti competenti. In tal senso, credo che le nostre proposte emendative si rifacciano ulteriormente alla necessità di definire l'obiettivo, la mission dell'ente di ricerca, collegato ad uno spirito meritocratico che, molto spesso, anche in un recente passato, è mancato. Sono infatti prevalse altre considerazioni, sia di natura organizzativa che di natura sindacale e partitica, che hanno penalizzato l'intuizione di fondo di determinati enti di ricerca.
Vorrei riferirmi precisamente all'ENEA, ma anche al CNR tout court. Si tratta di enti che, pur essendo sorti per una finalità specifica, nel corso dei lavori hanno dimostrato una preoccupante stanchezza e, soprattutto, il venir meno degli obiettivi di fondo. Riteniamo, pertanto - nelle proposte emendative è stato specificato -, che la valutazione dell'attività di ricerca debba essere molto più seria, più probante, più significativa, più indirizzata agli obiettivi che debbono essere realizzati.
La valutazione, così come previsto nel provvedimento in esame, ci lascia molto perplessi, soprattutto perché rischia di essere a maglie troppo larghe (parlavo precedentemente dell'indeterminatezza del dispositivo) e, soprattutto, perché è ritardata nel tempo. Potrà essere espressa un'adeguata valutazione, se viene portata troppo avanti nel tempo, soprattutto sotto il profilo di un giudizio equilibrato sui risultati? In tal modo, si ha una sorta di autoreferenzialità degli enti di ricerca che assolutamente non ci trova consenzienti e che abbiamo voluto ridimensionare nelle proposte emendative predisposte.
Precedentemente ho parlato della questione relativa all'Istituto italiano di tecnologia, ma vi è anche il problema dello scorporo o dell'accorpamento di enti o di loro reparti nel settore della fisica della materia, dell'ottica e dell'ingegneria navale, con la possibilità di creare addirittura nuovi enti di ricerca. Anche su questo punto dobbiamo essere estremamente precisi.Pag. 27
Per quanto riguarda l'accorpamento dell'Istituto nazionale di fisica della materia nel CNR, disposto con il decreto legislativo n. 127 del 2003, abbiamo presentato una specifica proposta emendativa, nella quale abbiamo voluto che fosse presente, considerandolo un punto fermo - si tratta di una questione a nostro avviso molto importante -, l'obiettivo della concentrazione delle risorse di ricerca disponibili in Italia in questo fondamentale settore che sviluppa potenti sinergie con molti altri settori della ricerca presenti nel CNR.
L'accorpamento da noi definito è stato ben motivato alla luce dei risultati conseguiti. Non ci pare che il provvedimento tenga conto - lo ripeto - di tali dati. Infatti, come affermato nelle varie sedi, sia al Senato che alla Camera, riteniamo che troppo superficialmente si sia voluto prescindere dall'esperienza pregressa, da ciò che è stato realizzato soltanto quattro anni fa, dimenticandosi volutamente di dare per acquisiti determinati vantaggi che pure si sono registrati.
Vorrei, inoltre, precisare, per quanto riguarda la struttura di tali enti di ricerca, che non vi è stato alcun riferimento al ruolo dei dipendenti. Credo sia necessario esprimere qualche valutazione in merito, senza cadere nei difetti che hanno caratterizzato precedenti epoche: mi riferisco all'eccesso di sindacalizzazione e di burocratizzazione che ha spesso impedito all'ente di raggiungere le finalità definite nello statuto. Tuttavia, da qui a prescindere disinvoltamente dal ruolo che i rappresentanti, eletti dai dipendenti, possono ricoprire in applicazione del principio di autonomia stabilito dall'articolo 8 della legge 9 maggio 1989, n. 168, ce ne corre!
Pertanto, abbiamo voluto, anche sotto questo aspetto, riservare un certo ruolo ai dipendenti, perché riteniamo che abbiano una loro funzione precipua che deve essere determinata e non debordante, né condizionante, considerato che può essere infinitamente utile al successo degli obiettivi perseguiti dall'ente.
Credo che anche il rapporto con le regioni debba essere definito meglio di quanto non sia stato fatto nel provvedimento. Si tratta di un tema dalla complessità significativa e, personalmente, ho molti dubbi sull'opportunità che le regioni possano esercitare in modo autonomo le competenze in una materia come quella che riguarda la ricerca scientifica. Caso mai ritengo che dovrebbero essere accorpate tutte le esperienze più significative, anche perché conosciamo la situazione delicata in cui si trovano le regioni in relazione alla possibilità di autofinanziarsi e, soprattutto, di finanziare un settore come questo che necessita di un processo di sintesi, d'interazione e che richiede una collaborazione massima tra Governo e regioni.
Ciò detto, credo però che prescindere volutamente dal ruolo che le regioni possono avere nel campo della ricerca, soprattutto quelle più grandi - ed intendo riferirmi alle regioni del nord -, sia quanto di più anomalo si possa concepire! Occorre, infatti, definire in modo nuovo una partnership fra regioni, associazioni imprenditoriali, comunità scientifiche e Stato; il che, invece, non è stato adeguatamente predisposto.
In questo senso, quando nel provvedimento si parla di commissioni, comitati ed esperti di alto livello scientifico, il riferimento, proposto dal gruppo di Forza Italia, ad esperti provenienti dal sistema industriale produttivo si giustifica pienamente, in quanto definisce un obiettivo di fondo e una priorità. Tale riferimento risponde, soprattutto, alla necessità - desidero sottoporre tale questione all'attenzione del Governo e dei colleghi - che gli enti di ricerca sviluppino la loro attività in stretta sinergia e collaborazione con il sistema industriale scientifico e non siano, in ultima analisi, autoreferenziali, prescindendo totalmente da ciò che accade nel Paese, nella Comunità europea, nella comunità economica e scientifica.
Credo che anche l'insistenza con cui abbiamo definito questo obiettivo sia emblematica sotto il profilo di un'esigenza profondamente avvertita: mi riferisco al fatto che la ricerca non può essere separata da una stretta intesa con le esigenzePag. 28del sistema industriale. E non mi riferisco solo ad una parte del sistema, bensì al sistema industriale inteso nella sua globalità e tale aspetto non è presente nel provvedimento del Governo.
Accennavo prima al ruolo delle regioni che non deve essere enfatizzato, perché un settore come questo non può permettersi di dividere e dilapidare risorse - che già sono scarse -, ma deve cercare di raggiungere un livello di sintesi e credo che un collegamento con la Conferenza permanente Stato-regioni sia più che mai opportuno. Anche a tale proposito abbiamo presentato un emendamento, tenendo ben presente la realtà e, soprattutto, la necessità di non distinguere competenze, settorializzando e dividendo risorse che, invece, devono essere valutate per gli obiettivi che con le medesime si raggiungono.
Inoltre, ritengo necessaria una valutazione di fondo sul problema fondamentale della meritocrazia. Anche sotto tale profilo, il riferimento al passato è necessario, se vogliamo introdurre una fase nuova nella vita di questi enti. Non sempre è prevalsa la meritocrazia nella composizione dei consigli di amministrazione, nella definizione degli organi direttivi di questi enti; spesso, erano considerati sine cura, per persone che avevano una competenza limitata nel settore loro assegnato, sicuramente non in grado di eccellere e di produrre risultati scientifici di un certo tipo.
Allora, credo che anche tale aspetto vada definito, soprattutto con riferimento al comma 1, lettera b), laddove si accenna alla necessità che i criteri, che presiedono all'attività di riordino degli enti di ricerca, debbano essere di natura meritocratica. Ciò è importante, perché molto spesso tale aspetto non si è verificato. Si avverte, inoltre, la necessità di avere una qualche forma di collegamento con la conferenza dei rettori e con l'università.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FABIO GARAGNANI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Precedentemente, ho fatto riferimento alla distinzione e alla separazione tra i ricercatori universitari ed i ricercatori del CNR. È necessario definire una forma di sintesi, perché il lavoro e gli obiettivi sono gli stessi e mi riferisco, ovviamente, alle facoltà scientifiche. Concludo, ringraziando i colleghi per l'attenzione, dopo aver espresso le ragioni di fondo che hanno spinto il gruppo di Forza Italia a presentare, in modo costruttivo e altrettanto significativo, alcune proposte emendative.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo esaminando nella sua portata e nelle sue intenzioni risponde ad una delle esigenze decisive per lo sviluppo della società italiana in questo particolare passaggio storico. Certamente, condividiamo l'urgenza di procedere ad un riordino e ad una riforma degli enti nazionali di ricerca, a fronte dell'esigenza di modernizzazione, di razionalizzazione, di maggiore efficienza e rispondenza alle grandi sfide della globalizzazione che investono la competitività del nostro Paese nei mercati mondiali. Una competitività che potrà realizzarsi oggi in condizioni molto diverse rispetto al passato e la differenza sarà data, soprattutto, non tanto dalle quantità di produzione, quanto dalla nostra capacità di realizzare innovazione, qualità e di essere migliori nella modernità e nell'adeguamento del prodotto alle esigenze dei consumatori in termini di sicurezza, di benessere e di giusta percezione del prodotto da realizzare.
Di conseguenza, le esigenze di qualità, di innovazione tecnologica e di valore aggiunto potranno essere soddisfatte, solo migliorando il sistema pubblico e privato in termini di approfondimento della ricerca, di elaborazione di nuove cognizioni, di crescita della conoscenza scientifica. È per tale motivo che un sistema di enti di ricerca e di strutture, ormai datato nel tempo, deve essere aggiornato, adeguato e, in particolare, razionalizzato, affinché rispondaPag. 29alle nuove esigenze di lavoro, di impiego di nuovi cervelli e di nuove risorse, nonché all'esigenza di perseguire in modo mirato i diversi obiettivi di carattere scientifico verso cui tale ricerca si deve indirizzare.
Quindi, in linea di massima, riteniamo che gli statuti, le funzioni, le competenze e le diverse identità degli enti debbano essere, laddove necessario, ridefiniti. Pertanto, in linea generale, condividiamo lo spirito del provvedimento. In ordine al metodo, le singole normative e disposizioni, nutriamo ancora delle riserve e delle perplessità che hanno spinto i nostri rappresentanti, in Commissione, a formulare una serie di proposte emendative - così come gli altri colleghi di opposizione - che possono considerarsi migliorative del testo. Abbiamo presentato alcune proposte emendative di carattere esplicativo e formale, tese a rendere i periodi più compiuti e maggiormente chiari, nel senso impresso dal legislatore alle norme, ovvero proposte emendative di carattere formale volte a rendere più chiari gli intenti del legislatore.
Sono state presentate, inoltre, proposte emendative di merito, volte soprattutto ad accentuare la realizzazione del principio di autonomia dei singoli enti di ricerca che è alla base del provvedimento del Governo e che tende a garantire maggiore funzionalità, efficienza ed «orgoglio» di carattere professionale da parte dei singoli, stimolandone l'iniziativa, la creatività, la competitività e rispettandone le competenze ed il ruolo.
Alcune proposte emendative presentate riguardano l'accentuazione delle competenze nell'iter di approvazione degli statuti e nelle singole decisioni; altre tendono ad evitare sovrapposizioni di carattere normativo, interferenze con leggi adeguate già vigenti o duplicazioni di ruoli e di competenze. Vanno in questa direzione alcune proposte emendative presentate dai colleghi Barbieri e De Laurentiis, che tendono ad accentuare e migliorare la razionalizzazione perseguita dal disegno di legge ed evitare, così, assetti organizzativi che possano configurarsi come eccessivamente dispersivi e costosi e, pertanto, contrari alla razionalizzazione e all'ottimizzazione: si tratta, infatti, di enti che gravano sul bilancio pubblico.
Da qui, il tentativo, con riferimento all'autonomia, di coinvolgere gli enti medesimi, i dipendenti e gli operatori che agiscono nell'ambito degli istituti, nella predisposizione degli statuti e nella definizione delle funzioni e degli assetti riorganizzativi degli enti stessi. Ne deriva anche il coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni - del quale già parlava il collega Garagnani - nell'emanazione dei decreti legislativi previsti nel comma 1 dell'articolo 1 del provvedimento.
È importante che, oltre alle Commissioni parlamentari e ai Ministeri interessati, nella concertazione siano coinvolte soprattutto le regioni, con le quali tali enti devono ugualmente collaborare; è, altresì, necessario prevedere la redazione, ad opera del Ministero dell'università e della ricerca, di un programma di riordino degli enti, prima della predisposizione degli schemi di decreto legislativo previsti nel disegno di legge delega.
Sono state presentate, pertanto, proposte emendative che, ove accolte, possono conferire al provvedimento maggiore funzionalità, razionalità e coerenza, consentendo ad esso di rispondere all'intento fondamentale di rendere tali enti più snelli, più agili e maggiormente in condizione di perseguire le loro finalità, al servizio della crescita delle conoscenze, della crescita qualitativa e dell'innovazione tecnologica nel nostro Paese: se accolte, tali proposte potranno concorrere ad un orientamento favorevole del nostro gruppo parlamentare nei confronti del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, con il disegno di legge in discussione, come è già stato rilevato ed è chiaro, si invoca la libertà di ricerca come elemento fondamentale: siamo consapevoli, però, che tale attività dipende in misura preponderante,Pag. 30purtroppo, dai finanziamenti esterni, in larga misura privati, che condizionano in modo rilevante l'indipendenza nello svolgimento dell'attività di ricerca. A tal proposito, bisogna ricordare che le dotazioni ordinarie stanziate dalla legge finanziaria per il 2007 si sono ridotte al livello di sussistenza, laddove esse dovrebbero essere assicurate, invece, per il buon funzionamento delle strutture di ricerca e lo sviluppo di conoscenze e competenze non immediatamente applicabili.
Abbiamo il caso dell'Istituto nazionale di astrofisica (INAF), che è davvero emblematico. Vi è stato il taglio del 5 per cento dei fondi, che ha significato di fatto tagliare un quinto della ricerca, perché il 75 per cento dei fondi è impiegato per il pagamento del personale, che è sovradimensionato rispetto a chi svolge attività di ricerca.
Nel bilancio dell'ente vi sono milioni di euro destinati agli incomprimibili stipendi di cinquanta impiegati amministrativi, di cui non hanno mai usufruito osservatori e centri esterni all'ente stesso. Si tratta di una situazione disastrosa, causata da un problema di incomunicabilità tra il consiglio di amministrazione e il consiglio scientifico. La conseguenza di ciò è stata la chiusura del telescopio nazionale Galileo presso le isole Canarie, per l'impossibilità di pagare, addirittura, l'ultima rata del progetto internazionale, al quale l'INAF partecipa da dieci anni, che ora diventerà, invece, operativo in Arizona.
Altre conseguenze sono state l'abbandono del radiotelescopio in Sardegna e il blocco di decine di ricerche e progetti già iniziati. La vicenda relativa all'INAF è solo l'ultima in ordine di tempo. Basti pensare all'ASI, all'Istituto nazionale della montagna (Imont), recentemente commissariato, e, infine, al CNR, il cui sistema, fortemente burocratizzato, ha creato una catena gerarchica sorprendente.
Per quanto attiene ai criteri di valutazione in termini di produttività ed efficienza, bisogna tenere conto che i parametri di quantizzazione, adatti a classificare i soggetti di ricerca con un giudizio di merito espresso da uno o più indici numerici, sono validi solo se riferiti a un lungo periodo, perché l'analisi di capacità di ciascun ente di rispondere alla missione assegnata è strettamente connessa con gli strumenti propri dell'autonomia organizzativa e scientifica.
La valutazione del grado di conseguimento degli specifici obiettivi e del loro ritorno ad effettivo beneficio delle esigenze sociali, che attraverso essi si intendono soddisfare, può avvenire a posteriori, ma non prima di otto o dieci anni. Le parole d'ordine per il successo della ricerca si identificano con i principi di produttività, massa critica e capacità di autofinanziamento. La produttività di un ricercatore o di un gruppo di ricercatori è un concetto strettamente associato a quello di efficienza.
Purtroppo, la dura realtà è che il Paese Italia è costituito da laboratori e piccoli centri di ricerca, dotati di una strumentazione obsoleta e situati addirittura in aree di ricerca che costano più di quanto si possa spendere.
Gli scienziati sono di età media, costretti a confrontarsi con finanziamenti privati e, soprattutto quando si tratta di imprese, non hanno né la capacità né il senso della ricerca industriale.
Non vi sono, inoltre, posti di lavoro a tempo indeterminato paragonabili a quelli di cui dispongono gli scienziati di altri Paesi. Una legge delega che interviene operando, per la terza volta in dieci anni, lo scorporo e la fusione di enti di ricerca rischia, quindi, di provocare, come osservato dalla Corte dei conti e da illustri gerarchie degli enti medesimi, dispersione piuttosto che consolidamento dell'attività scientifica.
L'ultima relazione della Corte dei conti spiega, infatti, che presso il CNR il 94 per cento dei fondi assegnati dal Ministero sono stati impiegati per il pagamento degli stipendi e che, tra il 2003 e il 2005, il personale è diminuito del 10 per cento, corrispondente a 758 unità in meno. Tuttavia, i costi sono cresciuti del 5 per cento, pari a 22 milioni di euro in più.
Questo paradosso è determinato dalla politica della buona uscita e degli scattiPag. 31automatici: ogni persona che va in quiescenza costa per quell'anno all'ente come tre persone di pari livello del quiescente.
Il contributo alla ricerca propositiva, secondo la Corte dei conti, è diminuito del 25 per cento e, qualora fossero vere le notizie apparse recentemente sui media, risulterebbe tragicomico che qualcuno vantasse centocinquanta pubblicazioni a fronte di tre lavori, che rischiano di porlo al livello più basso di quello spettante al dirigente di ricerca.
In ogni caso non dobbiamo dimenticare che il principale prodotto dell'attività di ricerca non va individuato nella scoperta in sé, bensì nella figura del ricercatore, che è indispensabile per il conseguimento dell'innovazione scientifica, dato che per compiere ricerca è necessario un lungo processo di apprendimento. L'attività di ricerca è importante in quanto consente di elevare la qualità della struttura sociale che costituisce la cornice comune, diffondendo la percezione dei fondamenti scientifici e tecnologici delle società moderne. In sintesi, la conclusione è che la legge delega non riesce ad andare al di là dell'ingegneria istituzionale.
Entrando nel merito delle proposte emendative volevo sottolineare la questione dell'autonomia. Purtroppo, si insiste nell'azione accentratrice da parte del Governo e per tale ragione abbiamo proposto di integrare i rappresentanti di nomina del Governo e della comunità scientifica con rappresentanti interni eletti tra i dipendenti del settore scientifico e amministrativo dell'ente interessato, proprio per evitare quelle autoreferenzialità di cui si è discusso molto.
Il comma 1, lettera d), dell'articolo 1 del disegno di legge in esame individua il presidente e i membri di nomina governativa dei consigli di amministrazione nell'ambito di rose di candidati proposti da appositi comitati di selezione nominati dal Governo. È vero che questa proposta è determinata anche dalla preoccupazione di eliminare un diffuso corporativismo che si crea all'interno degli enti, ma rimane il fatto che le vicende relative alla gestione contabile - di cui parlavamo anche prima - dimostrano come la predetta situazione disastrosa sia stata causata da un problema di incomunicabilità tra consiglio scientifico ed amministrazione. Questo è il motivo per cui abbiamo presentato proposte emendative che prevedono la presenza di rappresentanti scelti dagli stessi dipendenti che, eleggendoli, li considerano di alto profilo, escludendo dal consiglio i dipendenti del Ministero dell'università e della ricerca.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Filipponio Tatarella. Ne ha facoltà.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario Modica, onorevoli colleghi, quando a Solone chiedevano se avesse dato ai suoi cittadini le leggi migliori, Solone rispondeva che non erano le migliori, ma le migliori che essi erano in grado di ottenere. Del disegno di legge in esame vorrei poter dire almeno quello che diceva niente meno che Solone delle sue leggi: vorrei poter dire che non è la migliore legge in assoluto, però forse è la migliore che i nostri enti e i nostri ricercatori sono in grado di ricevere
Ho una grande stima per i ricercatori e, quindi, non penso proprio che si possa affermare ciò: meritavano di più e, d'altra parte, noi cittadini meritiamo sempre di più. Purtroppo, a mio avviso e secondo Alleanza Nazionale, non è solo in questo senso che tale disegno di legge non soddisfa. Non soddisfa perché è stata un'occasione perduta per due motivi.
Anzitutto, perché è un'occasione che si è voluta cogliere a tutti costi, del tutto inutilmente, perché non c'era il bisogno urgente del disegno di legge in esame. Tuttavia, nel momento in cui si decide di realizzare una legge, allora che si faccia nel migliore dei modi possibili, almeno per dimostrare che non si producono leggi solo per un intento «controperformativo», ovverosia per disfare quanto realizzato dagli altri. Invece, credo che sia avvenuto proprio questo e mi dispiace molto, perché lo spirito che ha animato me ed il gruppoPag. 32di Alleanza Nazionale - naturalmente e come sempre quando discutiamo delle varie proposte, ma in particolare in occasione del disegno di legge in esame - è stato collaborativo al massimo.
Tra i risultati realizzabili, siamo pervenuti a quelli che era possibile raggiungere, e di ciò naturalmente sono grata tanto al sottosegretario Modica quanto alla relatrice Ghizzoni.
Tuttavia, il disegno di legge in esame ha rappresentato un'occasione voluta a tutti costi ma perduta immediatamente. Si tratta, infatti, di un provvedimento che nel momento in cui mi è stato presentato mi è sembrato fosse intitolato nel modo seguente: disegno di legge sul riordino degli enti di ricerca ovvero dell'autonomia degli stessi. Sono stata contenta di ciò, poiché finalmente gli enti di ricerca avrebbero avuto la loro autonomia, anche se mi sono chiesta che cosa avessero avuto finora.
In seguito ho letto l'articolato del disegno di legge e, francamente, l'unica cosa che emergeva, man mano che la mia lettura - anzi ripetuta lettura - andava avanti era proprio l'assoluta mancanza del riconoscimento considerato obbligatorio dagli articoli 9 e 33 della Costituzione.
Non sempre si possono avere le migliori leggi ed il giuspositivismo insegna che una legge o sussiste oppure no, anche se noi vorremmo che ci fosse una legge diversa e migliore. Normalmente non mi reputo una giuspositivista, ma in questo caso lo sono, e purtroppo le leggi che abbiamo sono queste. Abbiamo avuto la forte tentazione di opporci all'approvazione di questo provvedimento. Tuttavia come possiamo opporci, considerato che non abbiamo la forza numerica per farlo?
Poiché forse è meglio provare a realizzare ciò che è possibile anziché l'impossibile, allora l'unica possibilità è tentare di migliorare il disegno di legge in esame: in che modo?
Credo che quando vi sono tanti difetti, il modo migliore sia quello di concentrarsi sui difetti più impossibili da sopportare, e tra i difetti che viziano un oggetto qualsiasi, in questo caso il disegno di legge, mi riferisco a quelli che lo viziano radicalmente nella loro sostanza.
Ritengo - lei, signor Presidente, ci insegna ciò - che il primo aspetto di cui un disegno di legge deve aver cura sia proprio il rispetto delle norme costituzionali, e quando sono giunta - con i miei amici di Alleanza Nazionale - ai commi 3 e 4 dell'articolo 1 del provvedimento, francamente mi sono trovata di fronte ad un'avocazione a sé da parte del Ministero competente dell'intera autonomia statutaria degli enti di ricerca. In altri termini, l'autonomia degli enti di ricerca era totalmente vanificata. Allora cosa abbiamo potuto fare? Ieri, nel mio intervento in sede di discussione sulle linee generali, ho sottoposto all'attenzione del sottosegretario nonché degli altri componenti del Comitato dei nove la criticità assoluta di questi due punti e sugli stessi, insieme all'onorevole Bono, ho presentato vari emendamenti.
Per fortuna, oggi, in Commissione, tanto il sottosegretario Modica quanto la deputata Ghizzoni ci hanno presentato un testo che rivedeva quella prima formulazione (in realtà, la seconda formulazione ma la prima per noi della Camera) di questi due punti particolarmente dolenti del disegno di legge in esame.
La prima riformulazione francamente non ci soddisfaceva perché, come dicevo ieri, mi rendo conto che l'autonomia e la libertà sono belle parole di cui è facile riempirsi la bocca ma che è molto più difficile invece concretizzare. Quindi, non è questo di cui mi dolgo con coloro che hanno presentato il disegno di legge in esame: mi rendo conto che il compito era e rimane molto delicato e difficile, ma per tale motivo bisognava realizzare una maggiore partecipazione, forse una maggiore riflessione, perché - come ho già ricordato - è un disegno di legge che coinvolge immediatamente il nostro futuro, la nostra responsabilità per le generazioni future, la nostra responsabilità per tutto ciò che sarà il nostro sviluppo scientifico e, dunque, economico, competitivo e tutta la positività o meno della nostra vita attuale e futura.Pag. 33
Dunque, era un disegno di legge che necessitava di una particolare cura. Rispetto ad una proposta che non ci piace, l'obiettivo più importante ed essenziale è eliminare almeno i profili di incostituzionalità in essa presenti: oggi, in Commissione, si è raggiunto un accordo in base al quale a me e ad Alleanza Nazionale sembra che il difetto di questa platealmente violata costituzionalità del provvedimento sia stato, per il momento, almeno rispetto a queste due norme, un pericolo scampato.
Ora, ripeto, mi sembrava che fosse necessario aggredire la sostanza, perché poi anche, per così dire, l'accidente potesse essere migliorato. Quindi, gli emendamenti presentati da me e dal collega Bono vanno nella direzione di migliorare le altre disposizioni del disegno di legge che cercano di riordinare gli enti di ricerca. Ci siamo limitati all'essenziale perché abbiamo pensato che, anche se avessimo riformulato gli articoli e le lettere di tutti commi, una per una, non sarebbe stata la legge che noi volevamo - in realtà in questo momento non ne volevamo nessuna - e, perciò, siamo stati parchi e abbiamo fatto ciò che doverosamente, istituzionalmente, ci sembrava la cosa migliore: presentare gli emendamenti di cui sopra e gli altri che, man mano, saranno illustrati e che discuteremo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mario Pepe. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi il Governo chiede una delega allo scopo di promuovere, sostenere, rilanciare e razionalizzare le attività nel settore della ricerca. Al Governo, certamente, non sfugge che il vivaio della ricerca, i soggetti che forniscono i ricercatori agli enti di ricerca sono le università. Pertanto, mi domando: come mai il Governo ha cestinato una riforma che era stata salutata dalla comunità internazionale come una buona riforma (mi riferisco alla cosiddetta riforma Moratti), che sprovincializzava le nostre università e che le apriva al mondo produttivo, come chiedono i nostri deputati con i loro emendamenti? Ho il sospetto che questa delega serva soltanto a mettere le mani sugli enti di ricerca, che sono - lo sappiamo tutti - dei «carrozzoni» clientelari.
Tale sospetto è diventato sempre più consistente quando ho letto, all'articolo 1, comma 1, lettera a), del provvedimento in esame, che il Governo chiede il riconoscimento dell'autonomia statutaria agli enti, nel rispetto della Costituzione. All'articolo 3, tuttavia, è stabilito che gli statuti degli enti sono emanati con decreto del Ministro. Ecco il busillis! L'articolo 3, infatti, limita l'autonomia statutaria proclamata dall'articolo 1, comma 1, lettera a).
Signori miei, la ricerca non fa politica, però la politica deve intervenire laddove la ricerca spreca. Per tale motivo, mi domando: che senso ha che in Italia esista un'Agenzia spaziale italiana che consuma miliardi e che ha un bilancio venti volte superiore a quello dell'Istituto nazionale di geofisica, che è un ente particolarmente utile?
La mia conclusione è che una riforma degli enti disgiunta dalla riforma dell'università sia inutile. Invito, pertanto, il Governo a riflettere su ciò.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, voteremo molti degli emendamenti presentati, come quelli a firma degli onorevoli Aprea e Garagnani, che cercano di migliorare la delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca, partendo dal presupposto che esisteva una legge del precedente Governo, che aveva dato dei buoni risultati. Tale legge è stata completamente stravolta con l'intenzione folle di questa maggioranza di distruggere anche tutto ciò che di buono è stato fatto dal Governo precedente.
Oltre agli emendamenti, già citati, presentati dagli onorevoli Aprea e Garagnani, anche quelli degli onorevoli Barbieri e De Laurentiis colgono molto bene l'obiettivo di migliorare sensibilmente l'argomento in esame. Ci riconosciamo in essi, come in quelli a firma solo dell'onorevole GaragnaniPag. 34o dell'onorevole Goisis, e ci appresteremo a votarli. Perché li voteremo? Perché la legge delega in esame è finalizzata a promuovere, sostenere, razionalizzare, rilanciare le attività nel settore della ricerca e a garantire l'efficienza e l'autonomia degli enti pubblici nazionali di ricerca, ma non di quelli di tutti i ministeri.
Pertanto, è necessario estendere tale legge delega, fin da ora, agli altri ministeri, poiché non può essere zoppa!
La condizione di precarietà, che troppo spesso connota le attività di ricerca, non viene superata; è necessario il coordinamento dell'attività degli enti di ricerca che fanno capo ad amministrazioni diverse - come ho già detto - assicurando che tale attività sia improntata a principi di libertà, indipendenza e responsabilità.
I criteri direttivi dei decreti legislativi devono, ovviamente, garantire il rispetto dei principi costituzionali di libertà e autonomia degli enti di ricerca; per tale motivo, in precedenza, abbiamo detto che essi «cozzano» con i principi costituzionali, i quali sanciscono bene tale materia in due articoli (in particolare nell'articolo 33 della Costituzione).
Lo stesso sottosegretario per l'università e la ricerca, Luciano Modica - il quale, nel suo excursus, è stato magnifico rettore dell'università di Pisa - nel suo intervento di ieri alla Camera, ha addirittura affermato che vi sono errori tecnici, che nei commi 3 e 4 dell'articolo 1 sono presenti profili di contraddittorietà! Ovviamente, essendo un uomo di università ed essendo stato alla guida di una delle università più prestigiose d'Italia, egli si rende conto di ciò che la sinistra massimalista impone al Governo di fare con una delega che, ovviamente, stride e sovverte quei tre decreti dell'allora Ministro Moratti che bene avevano cercato di modernizzare la ricerca in Italia.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,30)
LUCIO BARANI. È ovvio che, così facendo, ci troviamo di fronte ad un'economia globale che, sempre più, sta allargando la forbice nei confronti del nostro «stare al passo» con gli altri Paesi. Infatti, a differenza di molti altri Paesi, a noi manca quella ricerca scientifica e tecnologica che, da sempre, è stata il motore più importante dello sviluppo, della modernizzazione e della «tenuta del passo» dell'Italia nei confronti di tutti gli altri Paesi, non solo europei.
Di conseguenza, quella che è sempre stata una nostra caratteristica - cioè il fatto di possedere una tecnologia che non ci poteva essere portata via da nessuno - adesso, invece, ce la stanno copiando! Si pensi al paradosso, per gli appassionati di Formula uno, della Ferrari con la McLaren! Ci stanno copiando in tutto, non siamo in grado di tenere il passo e, quando ne siamo capaci, riusciamo anche a farcela portar via da sotto il naso!
È, quindi, necessario che lo sviluppo economico e produttivo del Paese trovi, come substrato, come connettivo, il profilo sostanziale e metodologico di una riforma vera, in quanto tale disegno di legge - e soprattutto l'articolo 1 - non è in grado di garantire la competitività. Piuttosto, esso spinge le nostre menti migliori, il nostro «vivaio culturale», ad andarsene via, poiché nel nostro Paese la ricerca è in mano a certi baroni che vogliono statalizzare, bloccare e gestire. C'è troppa politicizzazione nelle università, nei centri e negli uffici di ricerca, che impedisce, a chi ha grandi capacità, di emergere.
Sono convinto che, qualora vi fosse tra di noi un Galileo Galilei, costui dovrebbe andarsene, perché lo status quo non può essere modificato: bisogna passare attraverso le baronie, la burocratizzazione e tutto ciò che si colloca al di fuori di tali profili non è considerato accettabile.
Per tali ragioni, non siamo competitivi. Questo statalismo, ovviamente, ci offende. Poc'anzi ho delineato il quadro che ci si presenta di fronte: le nostre menti migliori se ne vanno, mentre nel Paese entrano cittadini extracomunitari. Pertanto, il nostro Paese è alla deriva ed ha gettato nelPag. 35cestino le nostre grandi riforme, quale la riforma del Ministro Moratti, varata durante il precedente Governo.
Inoltre, vorrei muovere una critica ferma e forte, ammessa implicitamente dallo stesso sottosegretario Modica, il quale ha allargato le braccia: se siamo costretti a comportarci in tal modo, dobbiamo fare di necessità virtù. D'altronde, l'alternativa è rappresentata dalle elezioni anticipate, che non ci possiamo permettere.
I commi 3 e 4 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, stabiliscono che gli statuti degli enti di ricerca siano emanati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca. Ciò stride contro ogni logica, il buonsenso e la nostra Carta costituzionale che, nel quadro che ho delineato poc'anzi, va a finire nel cestino. Non è assolutamente possibile che ciò avvenga, che il Governo si avvalga solo di una commissione di esperti di alto livello scientifico, che ovviamente opererebbero a titolo gratuito.
A mio avviso, se siamo «i furbetti del quartierino», lo siamo a livello veramente basso. Invece, vi è la necessità che la libertà scientifica si concili con il dettato costituzionale, in una logica che sia contro qualsiasi dirigismo e accentramento e permetta alla ricerca di porsi al servizio dello sviluppo economico e produttivo del Paese, come ho già accennato, sia sotto il profilo sostanziale, sia mediante regole certe e stabili, in cui vi sia garanzia anche per il precariato che si colloca all'interno dell'università.
Infine, nel concludere, in relazione al precariato, vorrei far presente che, investendo nella ricerca, nel nostro miglior vivaio e nelle nostre menti migliori, aumentiamo il livello del PIL, facciamo economia, sottraiamo le risorse dagli altri Paesi, anche quelli in competizione con noi, e le portiamo nel nostro paese, per il nostro sviluppo sociale, economico e produttivo (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, non posso che iniziare il mio intervento sul complesso degli emendamenti da dove lo ha terminato il collega Barani, in quanto è proprio sulla possibilità di puntare sulle nuove generazioni e sui migliori cervelli del nostro paese che dovrebbe avere inizio una riflessione ampia e seria sulla ricerca nel nostro Paese e sul riordino degli enti di ricerca.
Abbiamo affrontato tale tematica nella discussione sulle linee generali di ieri che è stata approfondita, sentita e incentrata su un confronto aperto con la maggioranza ed il Governo. Tuttavia, vorrei segnalare un fatto che mi è dispiaciuto. Ieri il professor Modica si era impegnato a riferire al Ministro Mussi la nostra richiesta di vederlo presente tra i banchi del Governo, dove riteniamo dovrebbe essere il suo posto. Anche se a causa delle nuove contestazioni elettorali che si stanno svolgendo ogni cosa può essere messa in dubbio, al momento quella è la collocazione del Ministro Mussi. Invece, quest'ultimo non è presente.
Al di là della presenza o - meglio ancora - dell'assenza del Ministro Mussi abbiamo affrontato, nella giornata di ieri e oggi, all'inizio della seduta, la questione pregiudiziale di costituzionalità che evidentemente, pur essendo stata respinta, aveva un proprio fondamento. Siamo, infatti, venuti a conoscenza di un nuovo emendamento formulato dalla Commissione che va nel senso di salvaguardare maggiormente l'autonomia degli enti di ricerca da noi ritenuta, per come era stata disciplinata a seguito della prima lettura del provvedimento in esame, in qualche misura pregiudicata in quanto il testo non è rispettoso dell'articolo 33 della Costituzione.
Fa piacere considerare una disponibilità di massima della maggioranza, dovuta, immagino, anche al lavoro del Comitato dei nove, della relatrice e all'impegno in questo senso del Governo. Come il sottosegretario Modica e la relatrice ricorderannoPag. 36bene, ieri ci siamo domandati se il provvedimento in esame fosse modificabile. Evidentemente, a volte porsi delle domande porta dei risultati perché scorgiamo una volontà di dialogare, di venirsi incontro su alcune richieste e questioni che poniamo e che sono sì questioni formalmente pregiudiziali, ma non sono, diremmo con un gioco di parole, viziate da un pregiudizio di natura politica, avendo un loro fondamento da questo punto di vista.
Quindi, fa piacere vedere che la Commissione ha elaborato un testo che pure viene incontro ad un'istanza, ad una questione sollevata dall'opposizione.
Vorrei fare un paio di precisazioni in ordine alla replica di ieri del rappresentante del Governo, che è stato presente ed ha assistito con grande attenzione alla discussione in aula replicando anche con una certa precisione alle varie obiezioni sollevate in sede di discussione sulle linee generali da parte di quei colleghi che si sono interessati al provvedimento e che sono intervenuti nella giornata di ieri.
Il sottosegretario Modica ha affermato che, a differenza di quanto io stesso ritengo, l'autonomia e la valutazione non sono affatto in contraddizione. È ovvio che l'autonomia e la valutazione non sono in conflitto; sostengo, però, che sia difficile declinarli in maniera tale da riuscire a salvaguardare sia l'uno sia l'altro aspetto, tanto è vero che è stato necessario riformulare, ad esempio, la norma relativa alla commissione per la redazione degli statuti degli enti.
Si tratta, quindi, di una questione che era ed è ancora presente sul tappeto (speriamo di affrontarla con maggiore serenità), e che è sentita all'interno di questo dibattito.
C'è un altro elemento che segna, secondo me, un terreno comune - ne faremo magari oggetto di un ordine del giorno - ed è quello della riflessione, credo condivisa (mi rivolgo al Governo, alla relatrice e anche al presidente della Commissione), sulla destinazione dei fondi per la ricerca e sulla constatazione della presenza di un elemento negativo. Mi riferisco al fatto che i fondi per la ricerca spesso servono a coprire, nel grande calderone delle destinazioni da dare ad un fondo, i costi per il personale.
Credo che una delle questioni a cui il Governo potrà rispondere durante l'esame degli ordini del giorno più che degli emendamenti sarà proprio quella di assumersi l'impegno a invertire questa tendenza. Dovrebbe cioè fare in modo che i soldi destinati alla ricerca siano prioritariamente utilizzati a tal fine e siano destinati in misura minore a far fronte, conformemente a una tendenza spesso presente nell'apparato pubblico e nella pubblica amministrazione, ai costi del personale, che sono comunque ingenti.
Aggiungerei anche una precisazione: il fondo, che prevede 20 milioni per il 2007 e 30 milioni a regime per il 2008, in realtà serve anche per l'assunzione dei cosiddetti precari, non del personale, della ricerca. Si tratta, in pratica, dei commi 519 e, in particolare, 520 della legge finanziaria per il 2007.
Crediamo che questa parte della legge finanziaria sia forse la meno pasticciata tra quelle con le quali si è trattato dei precari in generale. Riteniamo che si debba riuscire a fare di più per i lavoratori della ricerca, che non sono precari come gli altri, ma sono ricercatori e persone qualificate, con titoli di studio, persone, quindi, capaci e meritevoli. Preannuncio fin d'ora che presenterò un ordine del giorno in questo senso (spero che sia accettato dal Governo) rivolto a prevedere maggiori incentivi e solidità economica per quelle intelligenze - le migliori delle nuove generazioni - che per troppo tempo sono state costrette ad andare all'estero, perché mortificate da un sistema che non ha offerto loro né garanzie né opportunità.
Lavoriamo in questo senso. Credo che in un clima come quello che si sta creando, in cui le proposte dell'opposizione possano essere accolte nell'ambito dello svolgimento di un dibattito finalmente sereno, con un Governo che ascolta con competenza e con rigore l'intero dibattito, con la presenza e l'attenzione della relatrice, si possa cogliere l'occasione dellaPag. 37discussione del presente provvedimento per dare un segnale positivo ai nostri ricercatori, che si aspettano dal Parlamento e dalla classe politica una risposta in piena regola a un problema che c'è e che è condiviso.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti riferiti all'articolo 1.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Barbieri 1.14 e raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.100 il quale, come si diceva nella discussione sul complesso delle proposte emendative, è frutto di un'ampia intesa. Tale emendamento della Commissione abroga i commi 3 e 4 dell'articolo 1 e ne propone una nuova formulazione dei contenuti alle lettere a-bis) e a-ter) del comma 1 dell'articolo 1, che tiene conto dei pareri espressi dalla I Commissione e dal Comitato per la legislazione.
La Commissione esprime, altresì, parere favorevole sull'emendamento Folena 1.78 a condizione che sia riformulato nel seguente modo: premettere alle parole introdotte dall'emendamento le seguenti parole: «nazionale e internazionale» e sopprimere le parole dell'emendamento da: «i componenti» fino a: «dell'ente». Pertanto, signor Presidente, l'emendamento in questione sarebbe così riformulato: al comma 1, lettera d), sostituire le parole da: «e comunque» fino a: «l'interessato e» con le seguenti: «nazionale e internazionale e, in particolare, di quanti sono stati eletti dai ricercatori in organismi degli enti, ove esistenti, e comunque escludendone».
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 1.301 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento), che peraltro è identico all'emendamento Barbieri 1.71. Infine, la Commissione formula un invito al ritiro per tutti i restanti emendamenti e per gli articoli aggiuntivi presentati all'articolo 1.
PRESIDENTE. Il Governo?
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Aprea 1.40.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.
VALENTINA APREA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, come è emerso nella discussione sulle linee generali e anche negli interventi svolti sul complesso degli emendamenti, Forza Italia in particolare ma credo tutti i partiti di opposizione che hanno governato nella scorsa legislatura non hanno condiviso e non comprendono la scelta che il Governo ha fatto di porre mano nuovamente al riordino degli enti di ricerca.
Desidero chiedere al sottosegretario Modica, che stimo e che ho avuto modo di conoscere nella scorsa legislatura anche come autorevole esponente dell'Ulivo in VII Commissione al Senato, se davvero tre riforme degli enti di ricerca in quindici anni possono rappresentare un punto di eccellenza della nostra ricerca e se tutto il lavoro avviato nella scorsa legislatura, che andava in questa direzione, meritava di essere cestinato prima di essere valutato e dare i frutti sperati.
Voglio ricordare, perché rimanga anche gli atti, che nella scorsa legislatura, su impulso del Ministro Moratti, è stato attuato un profondo riordino degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca. Tale riordino si è sviluppato in tre distinte fasi. La prima fase è consistita nella configurazione della forma legislativa di questo riordino, che ha comportato un ampio dibattito sia in seno agli enti stessi sia in Parlamento; nel 2003 vi è stata l'emanazione di tre decreti legislativi che hanno rappresentato l'esito di tale lavoro. Il primo di tali decreti - il decretoPag. 38legislativo n. 127 - ha riguardato il riordino del CNR; il secondo - il decreto legislativo n. 128 - il riordino dell'ASI e, infine, il decreto legislativo n. 138, il riordino dell'Istituto nazionale di astrofisica. Si è trattato, insomma, di un lungo lavoro che aveva portato anche a valutare un nuovo modo di intendere la ricerca italiana, non solo autoreferenziale, e quindi, sia pur di alto livello, ad uso e consumo dei ricercatori, ma ad uso e consumo, come è giusto e sempre più utile che sia, dello sviluppo industriale e dell'eccellenza nella ricerca applicata.
Mi soffermo ora sul merito del mio emendamento. Noi non possiamo pensare di fare a meno di tale collaborazione tra il sistema della ricerca e quello produttivo. Uno dei problemi più evidenti del sistema pubblico di ricerca italiano è ancora la sua scarsa collaborazione con il sistema produttivo e la bassa attenzione alla valorizzazione applicativa dei risultati dell'attività di ricerca. Appare, quindi, fondamentale sottolineare, nel testo che definisce le basi della riorganizzazione del sistema degli enti pubblici di ricerca, che uno degli obiettivi prioritari dell'intervento deve essere quello di aumentare la propensione e la capacità del sistema di dare applicazione pratica ai risultati della ricerca e, soprattutto, di ampliare la collaborazione con il sistema produttivo nazionale.
Non ci sfugge, naturalmente, l'importanza della ricerca pura, della ricerca di natura accademica, che non deve essere vincolata da esiti applicativi, ma sappiamo anche che, non avendo moltissime risorse da destinare alla ricerca, non possiamo neanche fare a meno di considerare prioritaria la ricerca applicata. A me pare - mi rivolgo soprattutto al rappresentante del Governo - che abbiamo fatto un passo avanti e dieci indietro. Nella riorganizzazione degli enti di ricerca nella scorsa legislatura avevamo aperto al sistema produttivo, avevamo individuato delle sinergie che potessero far compiere dei passi in avanti alla ricerca anche sul piano dello sviluppo, proprio ponendo le basi con questi «vincoli con vincoli», per la ricerca e per il sistema produttivo.
Mi domando dunque...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
VALENTINA APREA. ... come sia possibile procedere con una riforma di retroguardia proprio ora, quando siamo minacciati, più esposti - lo sa tutto il Paese e, dunque, è possibile che la Camera si rifiuti di legiferare in tal senso? - alla competitività globale ed alla ricerca internazionale.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
VALENTINA APREA. Domando dunque al sottosegretario Modica perché non voglia accogliere questo emendamento, che mira alla collaborazione e alla sinergia con il sistema produttivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo per chiedere di sottoscrivere l'emendamento in esame e per invitare i colleghi - soprattutto quelli del nord, e, in particolare, del nord-est che sempre affermano l'importanza della collaborazione con il sistema produttivo veneto e del nord-est per la valorizzazione dei risultati della ricerca - ad approfittare del provvedimento in esame. Si chiede, in particolare, con tale emendamento di aggiungere al comma 1 dell'articolo 1, dopo le parole: «le attività del settore della ricerca» le parole: «e di sostenere la collaborazione con il sistema produttivo».
Prevedere tale collaborazione costituisce infatti l'unico strumento utile per far sì che la ricerca possa condurre a risultati concreti e positivi.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
CESARE CAMPA. Peraltro, l'inserimento al comma 1 dell'articolo 1 le parole «e di sostenere la collaborazione (...)» significa non già prevaricare il Governo,Pag. 39ma solo garantire una possibilità in più: cosicché, se esso vorrà (non è che sarà obbligato)...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CESARE CAMPA. ... vi sarà la possibilità di sostenere ed incentivare la collaborazione fra sistema produttivo e ricerca.
PRESIDENTE. Il suo pensiero è chiaro.
CESARE CAMPA. Mi auguro, dunque, che questo emendamento, come sarà votato dal sottoscritto, sia votato anche dall'intera Assemblea ed in particolare dai deputati del nord-est.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.40, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 468
Maggioranza 235
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 249).
Prendo atto che il deputato Mellano ha segnalato che non è riuscito a votare.
Ricordo che l'emendamento Tocci 1.88 è stato ritirato.
Passiamo dunque all'emendamento Aprea 1.41.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere di apporre anche la mia firma a questo emendamento, che è sostanzialmente ispirato al medesimo principio che ho citato poco fa. Devo dire in proposito, infatti, che non riesco a capire per quale ragione l'Assemblea abbia respinto un emendamento di buonsenso che avrebbe garantito al Governo la possibilità - laddove esso avesse voluto essere coerente con le linee programmatiche sempre dichiarate - di sostenere la collaborazione con il sistema produttivo.
Si afferma continuamente che il nostro sistema produttivo deve lavorare in collaborazione con gli enti di ricerca ed in collegamento con l'università e con i parchi tecnologici: eppure, oggi, nel momento in cui si è cercato di affermare proprio che il Governo, nell'emanare il decreto delegato, potesse sostenere tale collaborazione, l'Assemblea ha respinto la proposta. Davvero si tratta di qualcosa che non capisco.
Se dunque l'Assemblea - e in particolare i colleghi parlamentari del nord-est - sono poco fa incorsi in un errore, essi possono rimediare ora votando questo emendamento, che nella sostanza precisa la forma della collaborazione. Di tale collaborazione vi è assoluto bisogno se si vuole che la ricerca miri anche alla promozione e all'avanguardia, e che essa sia produttiva. Oltre ad aggiungere la mia firma all'emendamento al nostro esame, dunque, mi auguro che vi possa essere, almeno su di esso, il voto unanime dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Presidente, stiamo esaminando l'emendamento 1.41, di cui sono prima firmataria. Perché, dunque, mi viene concessa la parola a titolo personale?
PRESIDENTE. Perché la dichiarazione di voto per il gruppo è già stata svolta dall'onorevole Campa.
VALENTINA APREA. Capisco: la ringrazio.Pag. 40
Signor Presidente, in realtà mi rivolgo al Governo e all'Assemblea: l'emendamento da me presentato mira sostanzialmente a sostituire alla parola «riordino» il concetto di: «razionalizzazione». Infatti, la previsione di un riordino va in controtendenza con quel che si è fatto con le passate riforme.
Abbiamo bisogno, soprattutto, di razionalizzare le mission degli enti, ma ciò ha senso solo se si considerano tutti gli enti di ricerca nazionali, in quanto sono molteplici le sovrapposizioni di mission tra gli enti vigilati da parte dei diversi Ministeri, la cui razionalizzazione potrebbe portare davvero, invece, ad un più razionale utilizzo delle risorse pubbliche impiegate a livello nazionale. Il riferimento normativo consente di allargare l'intervento a numerosi altri enti e dunque, più che di riordino, bisognerebbe parlare di razionalizzazione degli enti. Questi principi sono stati alla base di una decennale serie di atti normativi...
PRESIDENTE. Onorevole Aprea, la invito a concludere.
VALENTINA APREA. ...e sono ampiamente applicati: andrebbe, quindi, davvero ripreso tale concetto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.41, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 471
Votanti 469
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 250).
Passiamo all'emendamento Bono 1.1. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 469
Maggioranza 235
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 252).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.14, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 472
Votanti 471
Astenuti 1
Maggioranza 236
Hanno votato sì 466
Hanno votato no 5).
Passiamo all'emendamento Folena 1.77. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, noi riteniamo che sia stato svolto in Commissione un buon lavoro, con interventi migliorativi del testo, cui hanno contribuito tutti. Il senso degli emendamenti presentati dal gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea è stato in gran parte assorbito da alcuni emendamenti proposti dalla Commissione e da un paio di riformulazioni.Pag. 41
Sulla questione alla nostra attenzione siamo disponibili, dunque, di fronte al percorso che abbiamo compiuto, a ritirare l'emendamento in discussione, in virtù del fatto che presenteremo un ordine del giorno, che il Governo intende accettare, che prende in considerazione un aspetto particolare. Il provvedimento in esame reca una delega al Governo per il riordino degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca. Esiste, però, l'esigenza di un analogo intervento sul complesso degli enti - come abbiamo affermato anche ieri nel corso della discussione sulle linee generali -, inclusi quelli che non sono vigilanti dal Ministero dell'università e della ricerca, al fine di scongiurare una divaricazione tra i vari enti, a livello di funzionamento, di modalità organizzative e di autonomia. Pertanto, con l'ordine del giorno che presenteremo impegniamo l'Esecutivo ad estendere l'efficacia del provvedimento in esame agli enti di ricerca non vigilati del Ministero dell'università e della ricerca, nel rispetto della loro autonomia e della libertà della ricerca scientifica, presentando apposite proposte nel corso dell'iter dei provvedimenti che saranno prossimamente all'esame del Parlamento.
PRESIDENTE. Prendo atto, dunque, che l'emendamento Folena 1.77 è stato ritirato dai presentatori, per la ragione appena illustrata dall'onorevole De Simone.
La Presidenza tiene a fare una precisazione di carattere generale: poiché la relatrice, in ordine alle proposte emendative sulle quali non aveva espresso parere favorevole, ha invitato i presentatori al ritiro delle stesse, si intende che, ove i presentatori non segnalino l'intenzione di ritirarle, insistano per la votazione. Di conseguenza, la Presidenza annuncerà sempre, prima della votazione, che il parere è da intendersi contrario.
Passiamo all'emendamento Barbieri 1.66.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, ho apprezzato molto il fatto che la collega relatrice, per risparmiare tempo, abbia scelto la strada che lei ha testè ricordato. Tuttavia, si tratta di una proposta emendativa nei confronti della quale, considerata l'attenzione, la dedizione e l'intelligenza con cui la collega relatrice ha svolto il suo ruolo, mi permetterei di richiamare l'attenzione della relatrice e del Governo, sperando che il parere possa cambiare.
Cercherò di illustrare la ratio dell'emendamento. Come tutti noi sappiamo, gli enti nazionali di ricerca costituiscono un sistema e sono vigilati da diversi Ministeri. L'ENEA è vigilato dal Ministero dello sviluppo economico, il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) dal Ministero delle politiche agricole e forestali e così seguitando. Non ha alcun senso - mi rivolgo al sottosegretario, ora disturbato dalla collega Sasso - intervenire con manovre di razionalizzazione del sistema, senza coordinare le diverse realtà, le cui sovrapposizioni costituiscono un evidente punto di debolezza delle politiche nazionali.
Il riferimento normativo introdotto consente di allargare l'intervento - il sottosegretario, persona seria, lo sa molto bene - a numerosi altri enti, tra cui l'Istituto superiore di sanità, il CRA, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (che tutti conosciamo con la sigla ISPELS), l'Istituto nazionale di statistica (Istat), l'Ente nazionale per le energie alternative (ENEA).
Ci rifacciamo, relatrice e sottosegretario, al decreto legislativo n. 204 del 5 giugno 1998, quello che reca disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59, emanato in attuazione dei principi e dei criteri direttivi della legge Bassanini (approvata dai Governi del centrosinistra e non da noi).
La legge Bassanini considera, infatti, l'intero sistema degli enti nazionali diPag. 42ricerca, individuandoli, come proponiamo di fare nell'emendamento presentato, e richiamando esplicitamente l'articolo del decreto legislativo n. 204 che definisce l'ambito di applicazione delle norme sulla programmazione nazionale.
A mio giudizio, vale la pena sottolineare - lo ripeto: sperando che la relatrice e il Governo cambino il parere - che sono impropriamente richiamati nella formulazione del disegno di legge delega ed intrinsecamente disattesi dallo stesso i criteri direttivi e i principi della legge Bassanini.
Questo è il dato politico che non può sfuggire a chi, dal punto di vista non solo politico, ma anche etico, raccoglie l'eredità dei Governi del centrosinistra che si sono succeduti in questo Paese dal 1996 al 2001. Tra i principi contenuti in quel provvedimento vi era il principio del riordino secondo criteri di programmazione degli enti. Tale principio non è rispettato, sottosegretario, da una legge che riordina solo gli enti vigilati da un Ministero.
PRESIDENTE. Onorevole Barbieri, concluda.
EMERENZIO BARBIERI. Ho concluso, Presidente. Non riesco a comprendere, visto che comunque il provvedimento in esame deve essere trasmesso al Senato per il suo riesame, il motivo per cui non si possa procedere ad una sua razionalizzazione.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'abilità dialettica e la passione civile del senatore Barbieri...
PRESIDENTE. Non ancora! In questa legislatura è ancora deputato!
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. ...scusatemi, dell'onorevole Barbieri richiedono una risposta.
Il disegno di legge in esame, così come si è configurato, prima al Senato e poi alla Camera, interviene sul sistema degli enti che rimane unitario, introducendo un principio del tutto innovativo, che nel 1998 non era immaginato, né compreso. È il principio dell'autonomia statutaria. Chiunque segua tecnicamente tali temi sa che gli enti di ricerca in Italia si dividono o si dividevano in due grandi categorie: gli enti strumentali e gli enti non strumentali. Tipico esempio di ente non strumentale era il CNR che si pone come missione principale l'avanzamento della conoscenza in tutti gli ambiti della cultura e anche, ovviamente, il sostegno al sistema produttivo. Tipici esempi di enti strumentali erano l'ENEA o, ancor meglio l'ISTAT o l'Istituto superiore di sanità che hanno anche altre missioni, oltre a quelle importanti dell'avanzamento della conoscenza.
Introducendo nel disegno di legge in esame un concetto costituzionalmente molto importante ed avanzato, quale l'autonomia statutaria, abbiamo bisogno di introdurre in un prossimo provvedimento, che siamo già impegnati a predisporre, rispondendo all'ordine del giorno dell'onorevole De Simone ed altri, una norma che tenga conto della differenza, che pure esiste, tra i vari enti di ricerca. Se l'emendamento in esame fosse approvato, ci troveremmo nella situazione di avere un criterio di autonomia statutaria generale, applicato in modo indistinto a tutti gli enti, sia quelli di carattere strumentale, sia quelli di carattere non strumentale.
Questo è il motivo per cui abbiamo rinviato ad un provvedimento specifico, concernente gli enti non strumentali, il riordino che lei, come noi, auspica. Siamo, infatti, impegnati a predisporre tale provvedimento proprio in risposta all'ordine del giorno dell'onorevole De Simone ed altri.
PRESIDENTE. Dopo questo dialogo interessante, mi pare che le posizioni nonPag. 43siano cambiate. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.66, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 479
Votanti 478
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 253).
Passiamo all'emendamento Goisis 1.72. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.72, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 479
Maggioranza 240
Hanno votato sì 220
Hanno votato no 259).
Prendo atto che la deputata Goisis ha segnalato di non essere riuscita a votare.
Passiamo al subemendamento Barbieri 01.100.1, riferito all'emendamento 1.100 della Commissione.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.
MANUELA GHIZZONI. Relatore. Chiedo di parlare.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, la relatrice ha un «contenzioso» con me, lo risolva lei!
PRESIDENTE. Prego, onorevole Ghizzoni, ha facoltà di parlare.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Signor Presidente, desidero illustrare l'emendamento 1.100 della Commissione, anche per dare conto all'Assemblea della discussione...
PRESIDENTE. Onorevole relatrice, gli emendamenti non si illustrano in questa fase. Siamo passati al subemendamento Barbieri 01.100.1, riferito all'emendamento 1.100 della Commissione, di cui lei aveva già raccomandato l'approvazione. Viceversa, sul subemendamento Barbieri 01.100.1, lei ha formulato un invito al ritiro.
Chiedo ai presentatori del subemendamento se intendano accedere all'invito al ritiro.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, non avevo dubbi che nella discussione con la relatrice avrebbe avuto ragione lei; d'altra parte, non a caso lei è il Vicepresidente della Camera e, in questa fase, presiede l'Assemblea. Vorrei dire, alla collega Ghizzoni e anche al Governo, che non riesco a capire il motivo del parere negativo espresso su questo subemendamento.
Cerchiamo di capire se vogliamo dire tutti la stessa cosa: noi proponiamo di sostituire le parole: «da parte dei consigli scientifici di ciascun ente, integrati», con le seguenti: «risultanti dai decreti legislativi delegati, da parte dei consigli di amministrazione di ciascun ente, integrati dai rispettivi consigli scientifici».
Questa mattina in Commissione abbiamo svolto una lunga discussione su tali emendamenti, ma il nodo, onorevole Ghizzoni, è rimasto del tutto immutato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 18,15)
EMERENZIO BARBIERI. Mi pare di capire che, in questa operazione di riordino, si voglia attribuire un ruolo assolutamentePag. 44subordinato e marginale ai consigli di amministrazione degli enti e su ciò dissentiamo, perché, a prescindere dal fatto che adesso governate voi, sottosegretario Modica - la mia convinzione, peraltro, è che non durerà ancora per molto, ma questo appartiene alla sfera delle opinioni -, non si può pensare, qualunque sia la forza politica al Governo - e ciò appartiene alla sfera delle certezze - che i consigli di amministrazione degli enti siano di fatto tagliati fuori, come si tenta di fare con questa formulazione della norma.
Quindi, se è vera la volontà affermata in sede di Commissione più che in Assemblea, per evidenti motivi - non sto qui a polemizzare sul fatto che il sottosegretario Modica, nel momento in cui dovesse intervenire per replicare alle mie affermazioni, possa riaprire il dibattito - non riesco a comprendere, alla luce del dibattito svoltosi in Commissione, il motivo per il quale un subemendamento di assoluto buon senso non possa essere accettato (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere il subemendamento Barbieri 0.1.100.1: il gruppo della Lega aveva presentato un emendamento analogo che prevedeva proprio l'intervento degli organi amministrativi degli enti di ricerca, i quali, invece, sono rimasti esclusi. Quindi, aggiungo la mia firma al subemendamento in esame, in modo tale che la nostra proposta emendativa possa essere riconsiderata.
PIETRO FOLENA, Presidente della VII Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIETRO FOLENA, Presidente della VII Commissione. Signor Presidente, sento il dovere di rispondere al vicepresidente Barbieri. Prima però vorrei tornare sull'operazione che abbiamo compiuto attraverso l'emendamento 1.100 della Commissione.
Come è stato detto da molti colleghi, soprattutto dell'opposizione, ieri ed oggi, anche in sede di discussione sulla questione pregiudiziale, il Senato ci aveva consegnato un testo nel quale, a regime, gli statuti degli enti dovevano essere emanati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, previo parere delle commissioni. In sede di prima applicazione della norma, secondo il testo approvato dal Senato, il Governo nominava le commissioni deputate a esprimere tali pareri.
In Commissione, dai colleghi dell'opposizione, da molti deputati della maggioranza, dal gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra europea, nonché dalla I Commissione nel suo parere, è stato osservato che le norme così formulate negavano, di fatto, il principio dell'autonomia, il quale - come rilevato dal sottosegretario Modica - costituisce, invece, il principio fondamentale che deve essere affermato dal disegno di legge delega in esame. Tali disposizioni rischiavano, inoltre, di compromettere in qualche modo anche la libertà e l'autonomia della ricerca scientifica.
L'emendamento 1.100 della Commissione, che voteremo successivamente, prevede un meccanismo in base al quale, a regime, gli statuti verranno formulati e approvati dagli organi statutari degli enti; il Ministero si limiterà ad effettuare un controllo di legittimità e di merito che deve essere sottoposto al parere delle commissioni.
Infine, lo statuto viene emanato dall'ente medesimo. Tuttavia, la medesima proposta emendativa stabilisce che, in sede di prima attuazione della norma, sono i consigli scientifici degli enti, integrati da cinque rappresentanti della comunità scientifica nominati dal Governo, ad effettuare la prima proposta dello statuto. Perché non il consiglio d'amministrazione, collega Barbieri? Perché, sostanzialmente, con i consigli di amministrazione il veroPag. 45rischio è che la crisi o le difficoltà che si stanno ripetendo nella vita degli enti, schiacciati a volte da una dimensione corporativa o anche da un condizionamento politico-governativo eccessivo, si riproducano, in quanto sono i consigli d'amministrazione che, nel passato, erano frutto di quel tipo di nomina.
In sede di prima formulazione, ritengo che debba essere la comunità scientifica, attraverso la sua legittima rappresentanza che è il consiglio scientifico, a formulare lo statuto. In tale modo, i ricercatori verranno coinvolti e coadiuvati da esperti nominati dal Governo e, successivamente, lo statuto a regime verrà modificato dagli organi che lo stesso statuto ha stabilito debbano occuparsi del tema statutario.
Quindi, sinceramente insisto - non spetta a me farlo! - per affermare che spostare il baricentro dal consiglio scientifico al consiglio d'amministrazione in sede di prima attuazione è contraddittorio; sarebbe meglio, invece, sostenere la formulazione della Commissione che tiene conto delle proposte delle colleghe e dei colleghi di opposizione presentate in Commissione questa mattina e anche dei pareri, soprattutto, della Commissione I (Affari Costituzionali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, intervengo solo per preannunziare il voto favorevole sul subemendamento Barbieri 0.1.100.1 e perché tale voto non appaia in contraddizione con quello, comunque favorevole, che il gruppo di Forza Italia esprimerà sull'emendamento della Commissione 1.100. Anche noi, infatti, avremmo preferito - come giustamente ha affermato l'onorevole Barbieri - lasciare in seno agli enti e, quindi, giustamente in capo ai consigli di amministrazione ed ai comitati scientifici la prima stesura degli statuti, naturalmente prevedendo integrazioni e successive valutazioni da parte del Ministero dell'università e della ricerca, come previsto poi a regime. Anzi, plaudiamo al fatto che, a regime, la procedura per l'emanazione degli statuti sarà identica a quella prevista attualmente per le università. Ciò, infatti, costituisce un fatto estremamente positivo ed è per tale motivo che voteremo a favore della previsione della lettera a-bis), mentre per la lettera a-ter) non ci dichiariamo completamente soddisfatti ma, sicuramente, abbiamo apprezzato la volontà della maggioranza - abbiamo ascoltato il presidente Folena - ed il lungo lavoro di mediazione portato avanti dalla relatrice Ghizzoni che ha consentito di modificare un provvedimento che, ricordo all'Assemblea, era arrivato blindato e che non avrebbe dovuto essere oggetto di una terza lettura, in quanto doveva essere approvato definitivamente questa sera.
Pertanto, devo riconoscere alla maggioranza e, in modo particolare, alla Commissione di aver voluto forzare questo meccanismo, attribuendo alla Camera ed alle forze politiche rappresentate in Commissione la possibilità di modificare questo vulnus, perché tale era. Infatti, mentre si andava ad introdurre l'autonomia statutaria, di fatto si sosteneva che il Ministro, attraverso le commissioni ministeriali, dovesse scrivere gli statuti degli enti. Era davvero una situazione che non avremmo potuto accettare noi, come Parlamento libero e democratico, soprattutto per ciò che la Costituzione afferma, a proposito di tali enti. Gli enti di formazione, soprattutto, non avrebbero potuto accettarla e subirla, in quanto costituiva una limitazione eccessiva.
Non abbiamo ottenuto quello che sarebbe stato un nostro desiderio ed auspicio, ossia il riconoscimento di dignità statutaria anche agli organismi di vertice esistenti e vigenti negli enti di ricerca. Ha ragione l'onorevole Barbieri nell'affermare che i consigli di amministrazione, votati dalle Commissioni parlamentari, sono comunque, a tutti gli effetti, consigli di amministrazione di enti di ricerca: non possiamo ricordarci, né prima né dopo, che essi sono stati indicati da maggioranze politiche, altrimenti accetteremmo implicitamentePag. 46la politicizzazione di tali enti e le conseguenze sarebbero molto negative.
Il testo del provvedimento approvato dal Senato, invece, premeva l'acceleratore proprio su tale aspetto: esso, però, invece di «spoliticizzare», in realtà «politicizzava» le commissioni, che sarebbero state sostituite, di fatto, da commissioni del ministro pro tempore. Abbiamo cercato, pertanto, di trovare un equilibrio e la scelta è caduta sui comitati scientifici, integrati da una commissione di cinque membri. Considerato che i comitati scientifici sono ben più numerosi ed hanno un respiro molto ampio - perché al proprio interno prevedono rappresentanti di tutte le istituzioni che governano l'università e la ricerca - possiamo ritenerci soddisfatti, anche se di poco, perché abbiamo fatto cadere un meccanismo che non volevamo assolutamente subire.
È questa la ragione per la quale, da una parte, sosteniamo l'onorevole Barbieri - che ha avuto il coraggio, in Assemblea, di ribadire l'importanza dei consigli di amministrazione - ma, dall'altra, voteremo a favore dell'emendamento 1.100 della Commissione, che è il frutto equilibrato di un accordo e di un consenso (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, voglio anch'io segnalare l'importanza dell'emendamento 1.100 della Commissione - annunciato già ieri, dalla relatrice, nella discussione sulle linee generali - che contiene alcune aperture rispetto al testo formulato dal Senato, in ordine al problema della formulazione degli statuti, perlomeno in prima applicazione della legge, a livello ministeriale. Ritengo che in Commissione, con l'apporto di tutti i gruppi politici, abbiamo svolto un buon lavoro, restituendo alla comunità scientifica una vera e propria autonomia nella definizione del proprio statuto.
Mi rivolgo all'onorevole Barbieri: dal momento che abbiamo lavorato insieme, con spirito unitario e nel rispetto dell'autonomia statutaria - che, a nostro avviso, costituisce l'elemento fondamentale del disegno di legge in esame - credo che si possa ribaltare la sua affermazione, secondo la quale bisogna considerare anche i consigli di amministrazione. Il subemendamento Barbieri 0.1.100.1, infatti, prevede, alla lettera a-ter), che gli statuti siano formulati dai consigli scientifici, integrati da esperti di alto profilo. Se nei consigli di amministrazione degli enti vi sono esperti di alto profilo, essi saranno nominati esperti dei consigli di amministrazione degli enti.
Mi sembra, invece, che non si possa ribaltare - perché stamani non abbiamo lavorato in questa direzione - l'idea di porre al centro il consiglio di amministrazione (che è pur sempre un organismo amministrativo) rispetto al consiglio scientifico. Credo che tale previsione non vada nella direzione del testo che abbiamo approvato insieme.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Nella discussione si stanno, in qualche modo, sovrapponendo l'illustrazione dell'emendamento 1.100 della Commissione, che è condiviso anche dal gruppo di Alleanza Nazionale, che molto ha lavorato per arrivare a questa conclusione, e quella del subemendamento del collega Barbieri 0.1.100.1, che pone un aspetto che riteniamo comunque meritevole.
Non mi pare che la questione meriti tanta passione da parte dei colleghi. Alleanza Nazionale ritiene meritevole di accoglimento anche il subemendamento Barbieri, perché esso non va in una direzione che stravolge il senso e la portata della norma.
Pertanto, voteremo a favore del subemendamento Barbieri 0.1.100.1, ma non vorrei che la vicenda relativa al consiglio di amministrazione ed al consiglio scientifico faccia perdere di vista un aspetto che vorrei sottolineare: avere, per unaPag. 47volta - ogni tanto accade anche questo alla Camera -, raggiunto un'intesa tra maggioranza ed opposizione su un punto fondamentale. Nella stesura originaria del testo presentato dal Governo, in parte migliorata, ma non troppo, da parte del Senato, non vi era alcuna garanzia né in ordine all'autonomia degli enti di ricerca né in ordine al fatto che il provvedimento in esame fosse idoneo a far conseguire agli enti di ricerca quel salto di qualità che tutti auspichiamo e che è stato sottolineato da più interventi.
Questo è il punto fondamentale, insieme ad un altro che non è stato citato: il recupero del ruolo del Parlamento, dato che tutti questi passaggi saranno valutati dal Parlamento, che dovrà pronunciarsi in ordine alle modifiche apportate.
Quindi, si tratta di due grandi obiettivi: la restituzione della dignità, costituzionalmente garantita, dell'autonomia degli enti e un recupero della centralità del Parlamento, all'interno di una norma in cui il Governo, inizialmente, si era posto come l'unico soggetto decisorio e, quindi, idoneo a disporre le provvidenze e i provvedimenti relativi.
In conclusione, il subemendamento Barbieri va nella stessa direzione. Esso estende il principio dell'individuazione dell'organo al quale fare riferimento in ordine alle modifiche statutarie al consiglio di amministrazione, ma salvaguarda - perché si tratta di un inserimento virtuoso - il principio del comitato scientifico e degli esperti, che devono essere individuati e integrati.
Pertanto, voteremo a favore del subemendamento Barbieri 0.1.100.1, ma ovviamente esprimiamo il nostro consenso soprattutto sull'emendamento 1.100 della Commissione, sottolineando l'atteggiamento di apertura della maggioranza e del Governo, che, rispetto a un provvedimento presentato con tutt'altro testo, hanno consentito uno scambio reale e serio di valutazioni e la formulazione di una norma un po' più incisiva di quanto sarebbe stata se fosse rimasta come era stata predisposta.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Barbieri 0.1.100.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 476
Votanti 475
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 253).
Avverto che sono stati ritirati dai presentatori gli emendamenti Filipponio Tatarella 1.85, 1.86, 1.87 e 1.31 e Bono 1.3 e 1.6.
Avverto altresì che dall'eventuale approvazione dell'emendamento 1.100 della Commissione discenderà la preclusione ovvero l'assorbimento delle restanti proposte emendative riferite ai commi 3 e 4 dell'articolo 1.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 478
Votanti 430
Astenuti 48
Maggioranza 216
Hanno votato sì 430).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.42, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 479
Votanti 477
Astenuti 2
Maggioranza 239
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 255).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bono 1.2
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA BONO. Signor Presidente, l'onorevole relatore nell'esprimere il parere sulle proposte emendative ha fornito un parere contrario sull'emendamento 1.2 a mia firma. Vorrei rivolgermi al relatore e al Governo affinché diano un diverso parere sulla proposta emendativa, perché non si tratta di un «emendamento politico», ma di uno squisitamente tecnico che va nella direzione dell'armonizzazione delle norme di legge che riguardano la medesima materia. A tutti è noto che uno degli aspetti più significativi del provvedimento in esame è l'aver introdotto il principio della meritocrazia all'interno della distribuzione dei finanziamenti agli enti di ricerca.
Finalmente si stabilisce il principio che l'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca, provveda attraverso un'indagine continuativa a valutare le politiche di ricerca, la loro efficacia, la loro efficienza e che i finanziamenti siano subordinati alla verifica di tale risultato, fatto estremamente positivo e fortemente voluto da Alleanza Nazionale. Allora dov'è il problema, onorevole relatore, onorevole sottosegretario? Perché rifiutate di accogliere un principio esistente nella legislazione nazionale che prevede già tale meccanismo valutativo (l'articolo 2, comma 139, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modifiche dalla legge 24 novembre 2006, n. 286)?
Alcuni mesi fa abbiamo già stabilito che l'ANVUR doveva valutare gli enti di ricerca e che l'erogazione dei finanziamenti doveva essere proporzionata a tale valutazione. Nell'attuale norma - ed è un fatto virtuoso - viene richiamato tale principio, viene meglio sviluppato, ma non possiamo dare l'impressione di aver fatto una norma nuova; il principio normativo è sempre lo stesso.
Quando proponiamo di collegare questa attività dell'ANVUR alle previsioni già contenute nel comma 139, articolo 2, del decreto-legge n. 262, non facciamo altro che ribadire un principio assolutamente corretto e virtuoso di unitarietà della legislazione e dei principi ispiratori e direttivi delle norme di legge.
Per tali motivi invito caldamente il relatore ed il rappresentante del Governo a riconsiderare il parere negativo nei confronti dell'emendamento in esame ed a trasformarlo in parere positivo, perché tale valutazione favorisce una lettura più chiara della normativa.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bono 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 471
Maggioranza 236
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 252).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.43, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 256).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.44, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 480
Astenuti 2
Maggioranza 241
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 255).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.45, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 479
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato sì 222
Hanno votato no 257).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.46, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 484
Votanti 483
Astenuti 1
Maggioranza 242
Hanno votato sì 223
Hanno votato no 260).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.47, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 483
Maggioranza 242
Hanno votato sì 224
Hanno votato no 259).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Filipponio Tatarella 1.84, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 484
Maggioranza 243
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 263).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.48, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 486
Maggioranza 244
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 261).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 486
Maggioranza 244
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 261).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Folena 1.78.
Chiedo ai presentatori se accedano alla proposta di riformulazione.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, accettiamo la riformulazione. Ci sembra che corrisponda bene alle esigenze che hanno giustificato la presentazione dell'emendamento in esame, che garantisce una più ampia rappresentanza della comunità scientifica degli enti, a partire dai ricercatori e da quanti eletti dai ricercatori in tali enti. In particolare, si tratta di una più ampia rappresentanza nei comitati che selezioneranno le rose di candidati, all'interno delle quali verranno nominati i presidenti e i consigli d'amministrazione.
In tal modo si possono, quindi, salvaguardare la comunità scientifica interna degli enti, onde evitare una pericolosa separazione dalla comunità scientifica universitaria esterna agli enti. In altre parole, la più ampia rappresentanza ci sembra la strada giusta per praticare meno corporativismo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere di aggiungere la mia firma all'emendamento Folena 1.78 al nostro esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, intervengo per chiedere di aggiungere all'emendamento Folena 1.78 la mia firma e quella degli onorevoli Garagnani, Barbieri, Filipponio Tatarella e Goisis: si può quasi dire che in questo modo l'emendamento è presentato dall'intera Commissione!
PRESIDENTE. Onorevole Aprea, si intende che ciascuno degli onorevoli da lei citati chiede di aggiungere la propria firma, in quanto ciascuno di essi dovrebbe prendere distintamente la parola per aggiungere la firma.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Folena 1.78, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 485
Votanti 469
Astenuti 16
Maggioranza 235
Hanno votato sì 465
Hanno votato no 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.49, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 488
Maggioranza 245
Hanno votato sì 231
Hanno votato no 257).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Garagnani 1.12 e Goisis 1.75 non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 485
Astenuti 1
Maggioranza 243
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 258).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.50, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 488
Votanti 487
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 260).
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Folena 1.79 lo ritirano.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.51, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 488
Votanti 487
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 260).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.52, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 487
Votanti 486
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 261).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 477
Astenuti 3
Maggioranza 239
Hanno votato sì 220
Hanno votato no 257).Pag. 52
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 486
Votanti 485
Astenuti 1
Maggioranza 243
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 257).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.54, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 487
Astenuti 2
Maggioranza 244
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 262).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 490
Votanti 489
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato sì 230
Hanno votato no 259).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.55, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 488
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato sì 229
Hanno votato no 259).
Prendo atto che il deputato Ciro Alfano ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 488
Votanti 487
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 260).
I successivi emendamenti relativi ai commi 3 e 4 dell'articolo 1 sono assorbiti, ovvero preclusi dall'approvazione dell'emendamento 1.100 della Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Barbieri 1.71 e 1.301 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento), accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 491
Maggioranza 246
Hanno votato sì 486
Hanno votato no 5).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bono 1.5, Barbieri 1.28 e Aprea 1.62, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 484
Maggioranza 243
Hanno votato sì 232
Hanno votato no 252).
Prendo atto che l'onorevole Folena ha ritirato il suo emendamento 1.83.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.63, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 485
Maggioranza 243
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 257).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 491
Votanti 489
Astenuti 2
Maggioranza 245
Hanno votato sì 262
Hanno votato no 227).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Lusetti 1.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 472
Votanti 257
Astenuti 215
Maggioranza 129
Hanno votato sì 1
Hanno votato no 256).