Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Seguito della discussione delle mozioni Leoni ed altri n. 1-00159 e Fabris ed altri n. 1-00203 sulle iniziative in favore del popolo saharawi (ore 10,15).
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, comprendo la posizione del Governo ora illustrata dall'onorevole Intini. Tuttavia, penso - e proverò a spiegare - per quale motivo, a mio avviso, vi sono tutte le condizioni per procedere alle votazioni e soprattutto perché ciò, dal mio punto di vista, aiuterà il processo negoziale.
Il rappresentante del Governo, onorevole Intini, ha fatto riferimento ad alcuni recenti atti istituzionali, tra cui quello del Parlamento spagnolo. In effetti, nel mese di aprile scorso il Senato spagnolo ha approvato all'unanimità una risoluzione sul Sahara occidentale, proposta inizialmente dal gruppo popolare al quale poi ha aderito il gruppo socialista. La mozione, che abbiamo presentato e che mi vede primo firmatario, è per la sua quasi totalità una traduzione in italiano della mozione approvata dal Parlamento spagnolo.
Il nostro atto di indirizzo fa seguito a molte iniziative parlamentari, molte mozioni e risoluzioni approvate in Assemblea o in Commissione; fa seguito, ad audizioni, missioni nel Sahara occidentale, che mi fanno dire che la Camera dei deputati ha costantemente seguito il conflitto del Sahara occidentale. Tutto ciò è avvenuto in analogia con molti comuni, province e regioni italiane, gemellate con autorità locali dei campi dei saharawi rifugiati nel deserto algerino, che ospitano bambini, garantiscono loro cure mediche. Ci troviamo innanzi ad una rete di volontariato ampia e senza colore politico.
Può apparire strano che una così ampia solidarietà si sviluppi nei confronti di un popolo di cui non c'è quasi traccia sulla stampa e nei notiziari televisivi. Perché non se ne parla? Eppure si tratta dell'ultimo residuo coloniale presente in Africa; eppure è in un'area calda del pianeta, il Maghreb, tra Marocco, Algeria e Mauritania, un'area, come sappiamo, a rischio terrorismo. Tutti dicemmo, dopo l'11 settembre, che per battere il terrorismo bisognava innanzitutto prosciugare i bacini di tensione e di potenziale conflitto e questo è indubbiamente un bacino di potenziale e ulteriore conflitto da prosciugare.
Sulla grande stampa non se ne parla forse perché - ed è amaro dirlo - quel popolo rispetta il cessate il fuoco stabilito molto tempo fa dalle Nazioni Unite, non imbraccia kalashnikov, non compie azioni terroristiche. Se questa fosse la valutazione sarebbe un pessimo segnale da parte della comunità internazionale, come a dire: se vuoi far sentire le tue ragioni devi sparare, uccidere oppure rapire degli occidentali, come avviene nel Delta del Niger o nello Yemen.
Dalla comunità internazionale deve, invece, venire un segnale del tutto opposto che premia quei movimenti di liberazione che non fanno ricorso alla violenza ed al terrorismo, come il movimento del Fronte Polisario. Pertanto dobbiamo occuparcene, dobbiamo trovare una soluzione. Per questo è lodevole l'impegno che da molti anni la Camera dei deputati, in diverse forme,Pag. 4profonde per la soluzione del conflitto nel Sahara occidentale. In tutti i suoi atti fin qui compiuti, la Camera dei deputati si è sempre mossa nel solco del lavoro svolto dalle Nazioni Unite, come fa anche la nostra mozione che sostiene sostanzialmente tre punti.
Come ha ricordato l'onorevole Intini, vi sono dei negoziati in corso incoraggiati anche - è bene ricordarlo - dal voto positivo del rappresentante italiano nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. È bene che questi negoziati vadano avanti ed arrivino ad una soluzione condivisa.
In secondo luogo, nei negoziati, come sappiamo, si stanno discutendo varie ipotesi: indipendenza del Sahara occidentale, forme di autonomia permanente, forme di autonomia a tempo, come era indicato in una proposta Baker che non fu accolta dal Marocco. Con la nostra mozione non prendiamo posizione né per l'una né per l'altra scelta, perché questo spetta al negoziato, ma diciamo che in ogni caso è bene che venga chiamata a decidere la popolazione interessata, i saharawi, mediante un referendum, secondo quel principio di autodeterminazione che è scritto nella Carta delle Nazioni Unite e che è stato già applicato, ad esempio, per risolvere la delicata questione di Timor Est. Quest'ultimo punto non è precisato nella mozione Fabris ed altri n. 1-00203, che pure si muove in una direzione complessivamente positiva e, pertanto, annuncio fin d'ora che il gruppo Sinistra Democratica si asterrà su tale mozione.
Il terzo punto della nostra mozione invita il Governo a studiare e trovare una forma di riconoscimento di status per i rappresentanti del Fronte Polisario in Italia. Il Fronte Polisario ha un rappresentante alle Nazioni Unite, ha rapporti ufficiale con l'Unione europea, è riconosciuto, visti i negoziati in corso, come un interlocutore ufficiale del Regno del Marocco. Ha rapporti con molti Governi, compreso il nostro, e non riteniamo giusto che i loro rappresentanti siano privi di uno status e siano presenti in Italia con visto turistico; ciò non corrisponde alla realtà. Riteniamo che risolvere anche tale questione aiuti il dialogo perché lo rende più trasparente.
Voglio precisare, ma credo che non ve ne sia bisogno, che non c'è da parte dei firmatari di questa mozione nessuna ostilità pregiudiziale verso il Regno del Marocco. Si tratta di un Paese importante e amico dell'Italia, che svolge e può svolgere ancora di più un ruolo chiave per la crescita economica e civile del Maghreb e per quel dialogo euromediterraneo al quale il nostro Paese tiene molto. Siamo convinti che il Marocco farà questo ed altro, ancora meglio il giorno in cui si sarà liberato di un conflitto pluridecennale che costa al Marocco dal punto di vista economico e politico, ad esempio nelle relazioni con gli altri Paesi africani che riconoscono la Repubblica araba saharawi democratica e con altri Paesi della comunità internazionale.
Infine, com'è evidente a tutti i colleghi, quella in discussione non è una mozione di parte; reca, infatti, le firme di esponenti autorevoli di entrambi gli schieramenti politici e di molti gruppi. Vorrei ricordarli: oltre al sottoscritto, la collega Vicepresidente Meloni, i colleghi D'Elia, De Simone, D'Antona, Forlani, Giulietti, Mantovani, Mariani, Motta, Venier, Mellano, Scotto, Giancarlo Giorgetti, Boato, Leoluca Orlando e Burgio.
Questa proposizione così ampia può consentirci, ancora una volta, come è già avvenuto in Assemblea, un voto ampio e unitario che rappresenti un concreto contributo della Camera dei deputati alla pace e alla sicurezza nel Mediterraneo (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, colleghi, anch'io a nome del gruppo de La Rosa nel Pugno ringrazio il Viceministro Intini per il suo intervento, per la prudenzaPag. 5e per le parole espresse riguardo alle mozioni in esame. In particolare, lo ringrazio per l'attenzione manifestata verso una situazione che è assolutamente emblematica di come funzionino i rapporti a livello internazionale e di come non funzionino gli organi delle Nazioni Unite.
Il caso del Sahara occidentale è paradigmatico di una vicenda e di un processo di decolonizzazione che ha portato una parte importante del territorio africano ad essere invasa dal Marocco e dalla Mauritania e a diventare una zona cuscinetto di nessuno, in un'area davvero strategica ed importante dello scacchiere geopolitico mondiale.
Per questo a nome de La Rosa nel Pugno dichiaro il voto favorevole ad entrambe le mozioni presentate, sottolineando che io e il collega Sergio D'Elia abbiamo sottoscritto la mozione del Vicepresidente Leoni, che ringrazio per il lavoro svolto, i contatti e l'istruttoria del testo in esame, e anche per la limpidezza con cui ha illustrato il nodo critico, sul quale anche il rappresentante del Governo ha voluto focalizzare la sua attenzione.
Il riconoscimento di una rappresentanza diplomatica al popolo saharawi, alla Repubblica araba democratica del saharawi e al Fronte Polisario è certamente un elemento nuovo e forte ma che, a nostro giudizio, deve essere valutato positivamente dal Parlamento ed è per questo che confermiamo la nostra convinta adesione a tale mozione.
Dopo oltre trent'anni di permanenza di una situazione incancrenita, che ha visto quella parte d'Africa sparire completamente dalle cartine geografiche e diventare una linea tratteggiata, poiché è stata sostanzialmente compresa nel territorio del Marocco, in nome dell'importanza, del ruolo e dell'amicizia che abbiamo con il Regno del Marocco, ritengo sia doveroso da parte nostra attivarsi per la risoluzione del problema. Forse pochi lo sanno, ma voglio ricordare che il re del Marocco, nel 1987, ebbe la capacità e la lungimiranza di chiedere l'adesione alle Comunità economiche e politiche europee, come elemento di gestione di una realtà regionale che nel rapporto con l'Europa, con il Mediterraneo e con l'Italia e la Spagna in particolare, trova la sua frontiera, che è una frontiera politica, di diritto e di conquiste civili.
E dunque, a questo Marocco che guarda all'Europa, che è amico e partner commerciale importantissimo, dobbiamo avere la forza di dire che riconosciamo, come rappresentanza diplomatica del popolo saharawi, la Repubblica democratica araba del saharawi e il Fronte Polisario; tale riconoscimento costituirebbe un aiuto di chiarezza e di franchezza per le trattative e gli incontri che in questi giorni e in queste settimane si stanno svolgendo, e che proprio nella rappresentanza del popolo saharawi individuano un elemento cardine delle trattative da svolgere intorno ad un tavolo che non può prescindere dal ruolo dei Paesi amici - in particolare Spagna e Italia - rispetto all'Algeria, al Marocco e alla zona più larga e complessiva.
Il Viceministro Intini si rimette all'Assemblea, mentre, per quanto ci riguarda, dichiariamo il voto favorevole su entrambe le mozioni presentate, consapevoli che la mozione Leoni n. 1-00159 - che abbiamo firmato e condiviso - presenta un elemento in più.
Il Governo, forse, può riscontrare un aspetto di provocazione e una spinta in avanti eccessiva, ma è questo il ruolo del Parlamento: la prudenza spetta al Governo, mentre il ruolo innovativo, di forza e anche di proposta spetta al Parlamento. Spero, dunque, che l'Assemblea voti a favore della mozione Leoni (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Venier. Ne ha facoltà.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, condivido appieno gli auspici del Viceministro Intini sulla necessità di intervenire per realizzare, di fronte a noi, un Maghreb unito e partner della costruzione di un Mediterraneo di pace, di incontro, di cooperazionePag. 6e di sviluppo. Riteniamo, infatti, che proprio l'area del Mar Mediterraneo rappresenti uno snodo cruciale per la costruzione di una nuova e grande comunità politica che metta insieme le due sponde di questo mare.
Eppure, il Governo non ha voluto accennare, nel suo intervento, alla questione fondamentale della mozione in esame, ovvero il fatto che il diritto internazionale, le risoluzioni delle Nazioni Unite e il contesto della decolonizzazione riconoscono al popolo saharawi il diritto all'autodeterminazione e a poter scegliere autonomamente e liberamente il proprio destino su quel territorio, il Sahara occidentale, che è stato illegalmente occupato dal Marocco con un'operazione militare mai riconosciuta a livello internazionale e che mai potrà esserlo.
Siamo, quindi, di fronte ad un doppio problema. È necessario riconoscere sia i diritti dei popoli che hanno vissuto la lotta contro il colonialismo - i saharawi, infatti, hanno pagato un prezzo altissimo al colonialismo spagnolo - sia il diritto dei popoli che si battono contro le occupazioni illegali militari dei loro territori (i saharawi da trent'anni vivono sotto occupazione o sono espulsi quali esuli dal loro Paese).
Questo è il nodo fondamentale su cui l'Assemblea, oggi, è chiamata a pronunciarsi, ed è, quindi, importante che abbia piena consapevolezza dell'urgenza di risolvere e di dare una spinta decisiva alla soluzione di questo conflitto. Non ci si può occupare, infatti, dei problemi delle popolazioni martoriate solo quando queste usano gli strumenti della lotta armata per difendere i propri diritti.
Il popolo saharawi ha sempre investito nella legalità internazionale, nelle Nazioni Unite e nella relazione fraterna con i popoli del Mediterraneo. Tantissime famiglie italiane, inoltre, conoscono la vicenda di questo popolo sfortunato grazie alla presenza costante dei bambini nei campi che vengono, ogni anno, a farsi ambasciatori della disperazione, ma anche della speranza, di questo orgoglioso e coraggioso popolo del deserto.
Credo, quindi, che la mozione Leoni n. 1-00159 - che sosteniamo - contenga l'essenziale, in quanto racchiude la definizione di cosa sia oggi il Sahara occidentale: un territorio occupato illegalmente dal Marocco, dove vengono costantemente violati i diritti umani.
Si verificano sparizioni, arresti senza accusa, detenzioni illegali, torture denunciate dalle associazioni internazionali che si occupano di diritti umani e che sono state portate anche all'attenzione del Comitato permanente per i diritti umani della Camera dalle donne che vivono sotto occupazione.
Per quanto riguarda la condizione giuridica del Sahara occidentale, esso è riconosciuto come territorio occupato dall'Assemblea generale e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma è anche riconosciuto come repubblica autonoma, la RASD, da oltre ottanta Paesi nel mondo, che hanno voluto, con il riconoscimento della RASD e non solo del Fronte Polisario, affermare il diritto fondamentale dei saharawi di poter decidere del proprio destino.
I saharawi hanno organizzato nei campi profughi e nelle tendopoli una struttura democratica laica, in cui sono garantiti i diritti fondamentali dell'uomo, delle donne e dei bambini all'istruzione.
Pertanto, la questione fondamentale, che sta alla base dell'accordo di pace che ha portato alla fine del conflitto armato, è il riconoscimento del diritto ad un referendum. Lo dobbiamo dire con amicizia fraterna al Marocco, perché non possiamo dimenticare che in Marocco è in corso un difficile e complesso, ma positivo, processo evolutivo, che ha visto anche l'emergere di elementi importanti di democrazia politica e di riconoscimento del ruolo e dei diritti, addirittura per quanto riguarda il diritto di famiglia nei confronti delle donne.
Il Marocco, però, deve riconoscere il diritto al referendum - che trova fondamento in una risoluzione delle Nazioni Unite e in un impegno della comunità internazionale - che oggi può essere esercitato,Pag. 7essendo stata sostanzialmente definita la platea degli aventi diritto a decidere del loro destino.
Quindi, non vi può essere un negoziato - come è stato detto - senza precondizioni. La precondizione fondamentale è che una delle opzioni del referendum deve essere la possibilità dell'autodeterminazione.
Altre opzioni possono essere valutate, come l'autonomia o addirittura l'annessione al Marocco ma, se non riconosciamo il diritto all'autodeterminazione nel processo politico negoziale ed anche nel referendum che si dovrà svolgere, avremo minato fondamentalmente il diritto di quel popolo, che si batte in modo politico per il proprio destino.
Infine, il negoziato richiamato nella mozione Leoni vede delle parti impegnate. Una di queste parti è il Fronte Polisario - e non può che essere così - che è il rappresentante legittimo e riconosciuto del popolo saharawi ed elemento fondamentale per la pace.
È per questo che chiediamo che lo status del Fronte Polisario sia riconosciuto. Non abbiamo chiesto, con la nostra mozione, il riconoscimento della RASD, ma dobbiamo fare un passo in avanti: non possiamo attendere altri trent'anni per affermare ciò che è nei fatti, cioè che il Fronte Polisario ha e deve avere uno status diplomatico in relazione alla rappresentanza del proprio popolo. L'Europa e, in particolare, l'Italia devono riconoscere lo stato dei fatti, anche perché in questo modo si può influire sul processo di pace in modo positivo.
Infine, vi è il dramma umanitario del popolo saharawi, che vive nei campi, su cui bisogna intervenire ancora di più. Bisogna dare risposte. Vi sono costanti problemi dovuti anche a brusche catastrofi climatiche. Poco tempo fa si è verificata un'enorme inondazione dei campi. Vi sono momenti drammatici per chi vive in quelle situazioni. Dobbiamo dare speranza e fiducia a quel popolo, che ha tanto investito nella legalità internazionale e nella relazione con l'Europa.
Ecco perché crediamo che questo sia il momento giusto e non abbiamo preoccupazioni.
Pensiamo, anzi, che attraverso la mozione in esame si possa chiarire al Marocco - in amicizia, lo ripeto - che l'unica strada possibile del negoziato è quella del riconoscimento reciproco della legalità e, quindi, del diritto all'autodeterminazione, che poi verrà esercitato e che deve essere garantito dalla comunità internazionale.
Vi è un muro di guerra che divide il Marocco dal resto della comunità araba e dall'Africa: tale muro deve essere abbattuto con la pace, con la relazione, con il dialogo.
Ma vi è anche un'ultima questione - lo voglio ricordare al nostro Governo - che deve essere assolutamente affrontata: il Sahara occidentale non è una «scatola di sabbia», ma è un luogo ricchissimo, di risorse ittiche, di fosfati, di petrolio e per la sua posizione geopolitica. L'ipocrisia di alcuni Stati europei, che parlano di diritto e di legalità, ma poi non vogliono affrontare i problemi fondamentali - concludo, signor Presidente - che sono legati all'affermazione del diritto del popolo saharawi di decidere delle proprie risorse, deve cadere e non deve vedere il nostro Governo complice.
È per questo motivo che credo che l'Assemblea debba votare in modo convinto, unitario e trasversale la presente mozione, che afferma un diritto che non può essere cancellato (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Onorevole Presidente, colleghi, ci troviamo di fronte, per ciò che riguarda le prospettive del popolo saharawi, ad una questione che - come è stato sottolineato dagli altri colleghi che sono intervenuti - si trascina da troppo tempo.
La cessazione delle ostilità e del conflitto armato avvenuto molti anni fa, nella prospettiva della definizione del processoPag. 8di pace, non può renderci completamente sicuri e tranquilli in termini di stabilità di quell'area. Infatti, quando le promesse, le aspettative e gli impegni per troppo tempo vengono disattesi, dopo solenni formalizzazioni, facilmente le tensioni possono di nuovo esplodere, le speculazioni e le strumentalizzazioni possono trovare terreno favorevole e le derive di tipo fondamentalista ed estremista, nel senso della destabilizzazione, possono esercitare la loro influenza.
Sappiamo quanto, nell'area islamica, nel mondo arabo e nel Medio Oriente siano forti oggi le tensioni e i disegni strategici di destabilizzazione e come essi si propaghino in modo contagioso, soprattutto nelle situazioni dove emergono insoddisfazioni e frustrazioni in ordine alla divisione delle risorse, del territorio e alla sovranità.
Pertanto, quello del popolo saharawi è un tema che deve trovare una soluzione: vi sono ormai tutti gli strumenti (tutte le deliberazioni del diritto internazionale) che hanno indicato la strada che deve essere seguita. Non stiamo parlando di diverse opinioni su quella che deve essere la soluzione, perché la strada è comunque quella dell'autodeterminazione, ossia della scelta da parte del popolo saharawi, mediante referendum, del proprio avvenire: se restare in qualche modo assorbiti dal Regno del Marocco - come è avvenuto in via di fatto, ma senza alcun elemento di diritto che possa sostenere tale situazione - oppure se diventare uno Stato indipendente, sovrano e distinto dal Regno del Marocco.
Questa è la strada maestra indicata dalle Nazioni Unite; ciò è quanto è stato detto solennemente al popolo saharawi ed è stato sino ad oggi disatteso, con intenti dilatori, con vari tatticismi che hanno portato il problema molto avanti nel tempo, consolidando uno stato di fatto che è chiaramente, protraendosi, diventa sempre più difficile da rimuovere.
Credo che la comunità internazionale debba intervenire in modo più intenso, più deciso e più pressante rispetto a quanto è stato fatto in passato nel momento in cui le due parti e le Nazioni Unite da sole non si sono rivelate in grado di raggiungere una soluzione. È importante che la comunità internazionale, i Paesi terzi rispetto a questa vicenda e le organizzazioni internazionali facciano sentire la propria voce e lascino percepire l'urgenza di una soluzione.
È vero che il popolo saharawi ha avuto pazienza, ma io ho visitato i campi profughi di Tindouf in Algeria dove si sono insediati i saharawi che non hanno accettato di vivere sotto la sovranità del Marocco: ho trovato nuove generazioni nate in quei campi che si trovano oggi senza una prospettiva, senza un Paese, senza una terra, senza conoscere il proprio futuro e senza la prospettiva di svolgere un ruolo sociale ed economico e di un avvenire dignitoso, vivendo in condizione di povertà e di grande disagio sociale, economico e igienico, completamente a carico della comunità internazionale.
La situazione non può rimanere tale! Si ravvisa anche fortemente critica la condizione dei saharawi che vivono in quella parte del Paese occupata dal Marocco nella zona di El Aaiun - anche quella visitata dai parlamentari - che, rispetto alle condizioni della popolazione saharawi che vive sotto la sovranità marocchina (abbiamo ricevuto più volte segnalazione dalle organizzazione internazionali e dallo stesso Fronte Polisario), subiscono violazioni dei diritti umani, repressioni e oppressioni che non sono accettabili, che non possono essere ancora tollerate e che non possono proseguire, soprattutto alla luce delle deliberazioni adottate dalla massima espressione della comunità internazionale che è il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Anche io come altri colleghi ribadisco la mia amicizia e il mio apprezzamento per il Regno del Marocco, una grande potenza africana, una potenza con rapporti consolidati e distesi con l'Occidente, tanto di ordine politico quanto di ordine economico. Si tratta di uno Stato che ha saputo resistere alle lusinghe e alle influenze del fondamentalismo e degli estremismi e alla tentazione autoritaria. InPag. 9fondo, è un Paese arabo che ha un Parlamento, dei partiti, dove si svolgono elezioni e in cui gradualmente si sviluppa un processo di acquisizione di una coscienza e di un ordinamento democratico. Ritengo, quindi, molto importante l'attenzione - giustamente rilevata dal Viceministro Intini - rivolta alle relazioni con il Marocco, per incoraggiarlo in tale prospettiva. Ma l'aspetto della politica marocchina relativo all'occupazione indebita del Sahara occidentale dopo la fine della colonizzazione spagnola ritengo debba essere criticato e censurato, perché non trova fondamento sotto il profilo del diritto internazionale.
Non c'è nessun elemento che possa giustificare una sovranità del Regno del Marocco su quell'area; del potere sovrano è depositario il popolo saharawi, che dovrà votare e decidere. Noi dobbiamo andare in questa direzione.
Sono stati proposti più piani di attuazione della prospettiva di autodeterminazione: l'ultimo piano Baker, per come era formulato e articolato, appariva quasi più favorevole alle ragioni più volte ribadite dal Regno del Marocco che non a quelle dei saharawi, ma è stato ugualmente rifiutato. In quel caso abbiamo percepito atteggiamenti dilatori che non sono costruttivi né utili, ma che ostacolano e rendono più tesi gli stessi rapporti tra Marocco e Algeria e allontanano la prospettiva di realizzazione di quell'unione maghrebina che, sull'esempio della Unione europea, dovrebbe diventare un elemento di stabilizzazione e di ulteriore pacificazione, crescita e sviluppo di quell'area geografica e di tutta l'area araba dell'Africa del nord.
Quindi anche sotto il profilo geopolitico, nella prospettiva di una più ampia stabilizzazione, di un più ampio superamento dei conflitti e della realizzazione di una maggiore distinzione, la soluzione del problema, circoscritto ai saharawi ed al Sahara occidentale, potrebbe portare a risultati positivi per tutta la comunità internazionale ed in particolare per tutta l'area.
Ricordo che la Repubblica araba saharawi democratica, la RASD, non riconosciuta dal nostro Governo, è tuttavia riconosciuta dall'Unione africana e vi è una forte condivisione in ambito africano delle ragioni di questa popolazione, che non è mai stata soggetta al Regno del Marocco. L'area era una colonia spagnola, ed oggi si trova indebitamente e di fatto occupata, dopo la «marcia verde», dai coloni marocchini, con una forte presenza militare del Marocco.
Se nella mozione Leoni ed altri n. 1-00159, di cui sono firmatario, troviamo anche dei toni, non dico polemici, ma particolarmente risoluti e determinati, questi ultimi sono legati al tentativo di scongiurare e vanificare certi intenti dilatori che si sono ravvisati nel tempo, e non di ostacolare le negoziazioni - come affermava il Viceministro - bensì di dare un impulso più forte e far sentire, da parte del Parlamento di un grande Paese come quello italiano (nei limiti di quella che può essere la sua influenza) amico sia del Marocco sia dei saharawi, l'apprensione, la preoccupazione e la fretta di risolvere un problema che si è andato incancrenendo e che può produrre nel tempo effetti destabilizzanti.
Per tali ragioni preannuncio il voto del mio gruppo a favore della mozione Leoni ed altri n. 1-00159. Per quanto riguarda la mozione Fabris ed altri n. 1-00203, non vedo francamente significative differenze nei contenuti, nella sostanza, negli intenti e negli obiettivi che vengono perseguiti, e ritengo pertanto che si possa esprimere voto favorevole anche su tale atto di indirizzo, perché non vi sono incompatibilità.
Spero - rimettendosi il Governo, come ha affermato il Viceministro Intini, al voto del Parlamento - che il nostro atto e la nostra presa di posizione possano accelerare una soluzione favorevole che sia condivisa dalle due parti e che non lasci uno strascico di tensioni e di polemiche o di risentimenti, assicurando finalmente dignità, territorio e risorse ad un popolo innocente che da trent'anni subisce questa ingiustizia (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani ePag. 10dei Democratici di Centro) e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ricordo che alle 12 è prevista la riunione del Parlamento in seduta comune e che a tal fine occorre sospendere la seduta alle 11,45 circa, per consentire la predisposizione delle cabine di voto. Al fine di concludere l'esame delle mozioni entro tale ora, occorre, da parte di ciascuno di noi, uno sforzo di brevità.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cioffi. Ne ha facoltà.
SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, accolgo senz'altro il suo invito. Ringrazio il Viceministro Intini per averci chiarito una situazione per la quale proprio questo Parlamento sta dimostrando, come sempre, di avere un grande interesse.
Credo che l'obiettivo di cercare di portare la pace in un luogo che è drammaticamente attraversato da grandi problemi come quelli del popolo saharawi sia comune. Sono tuttavia d'accordo sul fatto che in questo momento - come proposto dal Governo, del quale accetto l'invito - è importante astenersi da iniziative che potrebbero compromettere un momento così delicato, tenuto conto che alla fine di agosto si terranno le importantissimi riunioni cui si è fatto riferimento.
Il collega Leoni ha rammentato l'approvazione di un documento, nella materia in esame, da parte del Parlamento spagnolo, nel quale si afferma che è necessario astenersi dal promuovere qualsiasi azione che possa compromettere il lavoro che si sta svolgendo all'ONU. Vorrei anche ricordare che il Fronte Polisario non è assolutamente citato in tale documento del Parlamento spagnolo.
Quindi, in realtà, la mozione presentata dal gruppo Popolari-Udeur rispecchia perfettamente quella approvata dal Parlamento spagnolo. Però, nonostante questo, rendendoci conto della delicatezza della situazione, riteniamo opportuno ritirarla perché, considerato che alla fine di agosto si svolgeranno gli incontri, riteniamo necessario aiutare questo «effetto serra» di cui ha parlato il Viceministro Intini. Il più grande aiuto può essere quello di vigilare e di seguire con attenzione il processo, che in realtà l'Italia ha sempre seguito, e di non creare problemi che possono impedire ciò che tutti quanti noi in questo Parlamento trasversalmente auspichiamo, vale a dire la soluzione del drammatico problema del popolo saharawi, per il quale è veramente necessaria una definizione rapida della crisi. Si tratta, infatti, di una crisi che ormai da anni attraversa quella popolazione e che colpisce soprattutto i più deboli, le donne, i bambini, gli anziani: ciò è sotto gli occhi di tutti.
Ritirare la nostra mozione non significa non essere interessati, ma significa solamente auspicare che finalmente la situazione trovi una risoluzione. Ciò non toglie - lo dico fin da adesso - che, se alla fine di agosto e nei prossimi mesi la situazione non si sbloccherà e non andrà avanti verso un processo di pacificazione di quella zona, saremo noi per primi a ripresentare la nostra mozione. Quindi invito i colleghi a tenere conto dell'appello del Governo: in fondo, siamo a luglio, si tratta solamente di aspettare un mese, visto che alla fine di agosto ci saranno i prossimi incontri; attendere, anziché far precipitare la situazione, potrebbe senz'altro aiutare.
Pertanto, annuncio il ritiro della mozione Fabris ed altri n. 1-00203, di cui sono cofirmataria, e l'astensione sulla mozione Leoni ed altri n. 1-00159, qualora sia posta in votazione. Questa posizione vuole costruire e incrementare in modo continuo i rapporti con il nord dell'Africa, e in particolare con il Marocco e con l'Algeria. È un obiettivo da perseguire e da raggiungere, cercando di capire quale sia la strada migliore per costruire nel Mediterraneo, tenuto conto della posizione strategica dell'Italia, un rapporto che aiuti la pace, combatta l'immigrazione clandestina e dia la possibilità di incrementare le relazioni economiche e commerciali, utili per il nostro Paese e per tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Quindi, invito ancora una volta i colleghi ad ascoltare la proposta del Governo; ma, nel caso in cui non lo facessero, il gruppo PopolariPag. 11Udeur si asterrà sulla mozione Leoni ed altri n. 1-00159
(Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Prendo dunque atto che la mozione Fabris ed altri n. 1-00203 viene ritirata dai presentatori.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.
GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, la storia del conflitto nel Sahara occidentale è impressionante per la sua durata. È dal 1965 che il territorio del Sahara occidentale fa parte della lista, stilata dalle Nazioni Unite, dei territori che sono limitati nel loro diritto all'autodeterminazione. Da allora, il termine autodeterminazione non è mai scomparso dai successivi atti internazionali, in particolare da quelli dell'ONU riguardanti la vicenda. Lo stesso Marocco non si è mai opposto ufficialmente alla necessità di un referendum del popolo saharawi sulle proprie prospettive politiche. Nel piano di pace firmato nel 1988, infatti, con la prospettiva del referendum, si riconosceva anche, da entrambe le parti, l'esistenza di una questione politica e di un interlocutore, il popolo saharawi, con legittime aspirazioni. Nessuno ha poi dato seguito alle parole pronunciate: certamente non il Marocco, che ha in concreto reso impossibile l'attuazione del piano di pace, ma nemmeno le Nazioni Unite, che hanno inviato una missione, ancora oggi sul campo, con il preciso compito di rendere possibile lo svolgimento di un referendum.
Dal 1991 ad oggi si è riusciti a concludere solo un censimento della popolazione, peraltro contestato dal Marocco. L'unico soggetto cui possiamo dare atto di aver mantenuto gli impegni assunti è proprio il Fronte Polisario, che ha rinunciato unilateralmente e senza contropartita alla lotta armata.
La discussione odierna sul tema è giustamente sollecitata dal recente riavvio dei negoziati tra la Repubblica saharawi e il Regno del Marocco, sulla scia della risoluzione n. 1754 del Consiglio di sicurezza dell'ONU del 30 aprile scorso. Ma iniziative e mozioni sulla questione del Sahara occidentale si discutono e si approvano in questa Assemblea sin dai primi anni Novanta. Non è in discussione, quindi, l'attenzione di questo Parlamento verso la necessità di una soluzione condivisa e definitiva della vicenda. Ovviamente, in mancanza di concreti punti di svolta e dopo più di trent'anni di occupazione marocchina, cristallizzatesi all'ombra della missione ONU, il dubbio di un ennesimo rinvio nei tempi e senza motivazioni di rilievo, raffredda un po' le speranze.
Signor Viceministro Intini, non è stato un bell'intervento quello del rappresentante del Governo durante la discussione sulle linee generali: il sottosegretario Craxi ci ha descritto il ruolo di terzietà giocato dal nostro Paese, vale a dire eguale amicizia verso il Marocco, l'Algeria e il popolo saharawi, concetti, peraltro, ribaditi nel suo intervento di oggi. Ritengo, tuttavia, che un'amicizia sana e solida non escluda prese di posizione nette e dure, se necessario, su punti specifici. Non vedo il rischio connesso a iniziative unilaterali, se le iniziative sono quelle proposte dalla mozione Leoni ed altri n. 1-00159, perché facilitare la soluzione del conflitto, in particolare nel periodo in cui l'Italia gode di un seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, non significa altro che stimolare costantemente il processo negoziale, senza alcuna sovrapposizione.
Vorrei soffermarmi su un punto della mozione, che ritengo importante e attuabile se sussistesse, in tal senso, una volontà reale da parte del Governo: riconoscere al Fronte Polisario lo status diplomatico è atto che rientra nella piena disponibilità del Governo e che, con oneri praticamente simbolici, offrirebbe un altissimo sostegno morale e politico alla causa del popolo saharawi. Non dimentichiamo che la Repubblica del Sahara occidentale è riconosciuta da 76 Paesi nel mondo, è interlocutore delle Nazioni Unite e membro dell'Unione africana. Non sussiste impedimento oggettivo, e l'apertura di relazioniPag. 12diplomatiche costituisce sempre un canale di sostegno, ma anche di pressione, nei confronti di un altro Paese.
Sarebbe una mossa coraggiosa e segnerebbe, realmente, una svolta e una novità da parte dell'Italia, offrendo anche un messaggio inequivocabile alla comunità internazionale; segnerebbe, oltretutto, un atto di coerenza rispetto a quanto già concesso alla delegazione in Italia dell'Autorità nazionale palestinese, la quale, dal 1996, gode di status diplomatico e di contributi statali per la sede di rappresentanza, come forma di sostegno alla soluzione del conflitto mediorientale. Credo che, a maggior ragione, la causa saharawi - che si è a lungo trascurata, ma che è anche totalmente priva di aspetti legati al terrorismo e che, da molto tempo, ha superato la lotta armata - meriti uno status diplomatico riconosciuto.
Viceministro Intini, ho ascoltato con attenzione il suo intervento. Lei, abilmente, ha girato al largo, e con una prudenza che probabilmente è connessa al ruolo che riveste, ha evitato di usare, nel suo intervento, un termine che, tuttavia, racchiude il significato profondo della questione e che è anche il motivo per cui voteremo con convinzione a favore della mozione Leone ed altri n. 1-00159: ha evitato di usare il termine autodeterminazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
L'autodeterminazione, vale a dire la possibilità di esprimersi con un referendum (che, peraltro, il Fronte Polisario ha già ribadito più volte di voler accettare), è il motivo che ci spinge a provare simpatia verso tutti i popoli in lotta, democraticamente, per la propria libertà; il principio dell'autodeterminazione è, altresì, il motivo che ci spinge a votare con convinzione a favore della mozione Leoni ed altri n. 1-00159
(Nuova formulazione), che abbiamo anche sottoscritto (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Zulueta. Ne ha facoltà.
TANA DE ZULUETA. Signor Presidente, la crisi del popolo saharawi si è protratta molto a lungo - come hanno ripetuto i colleghi, troppo a lungo - e di ciò siamo convinti.
La storia della profonda cooperazione, non solo dei partiti ma soprattutto della società civile italiana, e la solidarietà che ha unito il nostro popolo, le nostre città e le nostre province a quel popolo così martoriato, rappresenta una pagina importante della storia dei nostri rapporti con il Sahara e con il Maghreb. Vorremmo rimanere e rafforzare questo percorso. Inoltre, pensiamo che una mozione che, in tale fase delicata ma importante, incoraggi un negoziato diretto fra le parti, rappresenti qualcosa di utile.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 11,05)
TANA DE ZULUETA. Ritengo che il Governo abbia fatto bene a rimettersi all'Assemblea. Tuttavia, vorrei far subito presente che condivido le considerazioni espresse dal Viceministro degli affari esteri, Intini. Voteremo a favore della mozione Leoni ed altri n. 1-00159, firmata anche dal collega Boato. Successivamente spiegherò i motivi per cui anch'io vorrei chiederne la votazione per parti separate.
Ritengo che la violazione dei diritti umani, citata all'inizio della mozione in discussione, rappresenti un punto molto importante e che i colleghi abbiano fatto bene a mantenere tale riferimento. Ciò rappresenta altresì un elemento sottolineato dalla mozione depositata in seno al Parlamento spagnolo dai colleghi del gruppo Catalunya Verds e della Izquierda unida. Nell'ambito del Comitato permanente sui diritti umani della Commissione affari esteri della Camera dei deputati, si è svolta un'audizione, nel corso della quale abbiamo potuto ascoltare importanti testimonianze su quanto poco siano tutelati iPag. 13diritti fondamentali delle persone che si trovano nel Sahara attualmente occupato.
Inoltre, vi sono anche i diritti di coloro che sono stati costretti a fuggire e vivono in condizione di grave difficoltà nei campi attualmente situati in Algeria. L'Italia ha sempre mostrato grande attenzione ai bisogni di questa popolazione. Tuttavia, ritengo che probabilmente sia un peccato che la mozione in discussione non vi faccia riferimento e non impegni il Governo ad una particolare attenzione nel vigilare affinché non vi siano problemi di sussistenza e non si aggravi il rischio di una crisi alimentare in tali campi. Pertanto, vorrei chiedere al Governo, anche se non ve ne è cenno nell'ambito di tale mozione, di seguire anche questo aspetto, assicurando un quadro di adeguate garanzie umanitarie per la popolazione che vive nei campi, anche sotto l'egida dell'ONU.
Giustamente, la mozione Leoni ed altri n. 1-00159, pone altresì il principio di autodeterminazione, ribadito anche nel documento, citato da parte del Viceministro Intini, dell'Internazionale socialista, e ripetutamente confermato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite in diverse risoluzioni dell'Assemblea e, da ultimo, nella risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1495 del 2003. Tuttavia, lo sviluppo più interessante si è avuto quest'anno, mediante la risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1754 del 30 aprile 2007, nella quale si sostiene il negoziato diretto fra le parti.
Si tratta di uno sviluppo importante, che testimonia un'evoluzione politica in Marocco, un'attenzione ed una maggiore flessibilità, che non possiamo che sostenere ed incoraggiare.
Per tale motivo sarebbe forse opportuno accogliere la richiesta del Governo e non votare a favore di quella parte del dispositivo in cui si fa una richiesta molto particolare: il riconoscimento dello status diplomatico alla rappresentanza del Fronte Polisario in Italia; delegazione che ha lavorato bene e con grande efficacia per lunghi anni. Sarebbe una forzatura che andrebbe, come dire, a predeterminare l'esito di un negoziato che è in corso.
Concedere lo status diplomatico vuol dire predeterminare l'esito in quanto si riconosce una sovranità piena, una statualità all'interlocutore così come si è fatto con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina. A tale proposito, faccio notare ai colleghi che anche il Governo di Israele riconosce e saluta la creazione di uno Stato sovrano palestinese, ma c'è una grande differenza. Allora, proprio accogliendo quello che era il cuore della risoluzione spagnola, cioè di non creare problemi al negoziato, credo che sarebbe opportuno accogliere l'invito del rappresentante del Governo. Ci sono stati cambiamenti nella situazione di cui dobbiamo tenere conto al fine di arrivare a quella soluzione positiva che tanto desideriamo.
Ringrazio i colleghi che si sono occupati della questione con costanza e si sono fatti portatori di un'istanza molto seguita nel Paese, che spero potremo oggi onorare nel modo più efficace, facilitando il raggiungimento di una soluzione pacifica di un conflitto che si è trascinato troppo a lungo e che deve essere risolto (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Mi permetto di ribadire la sollecitazione rivolta poc'anzi dalla Vicepresidente Meloni di contenere, se possibile, la durata degli interventi, ferma restando la prerogativa di ogni parlamentare, in modo da riuscire a votare la mozione prima della sospensione della seduta prevista per le 11,45, dovendo il Parlamento in seduta comune procedere all'elezione di un giudice costituzionale. Abbiamo, quindi, davvero molto poco tempo. A tale fine, conto sulla comprensione dei colleghi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente raccoglierò senz'altro il suo invito e sarò brevissimo anche perché si rischia di ripetere cose che si sono dette più volte non soltanto questa mattina, ma in questi anni, direi in questi decenni, in cui abbiamo cercato di prestare attenzione ePag. 14portare la nostra solidarietà al dramma che vive il popolo saharawi.
Ho grande rispetto per la posizione assunta dal Governo, in particolare dal Viceministro Intini; capisco, inoltre, che se da quello scranno ci viene rivolto un invito, questo lo dobbiamo prendere assolutamente in considerazione, sebbene ci si debba ragionare sopra. Intendo dire che sicuramente non può essere accolto l'invito a non fare niente, però c'è da interrogarsi su quel passaggio difficile che veniva poco fa sottolineato, ossia il riconoscimento dello status diplomatico ai rappresentanti in Italia del Fronte Polisario.
Poco fa la collega De Zulueta - a cui presto sempre molta attenzione e che considero una delle più sensibili espressioni del panorama politico italiano in tema di diritti umani - ha ricordato come in questo momento, più che di un riconoscimento, ci sarebbe bisogno di attenzioni materiali, persino del sostentamento alimentare al popolo saharawi.
Permettetemi di fare una breve digressione: io provengo da una regione, la Toscana, che, come istituzione, da anni è impegnata a sostenere le istanze del popolo saharawi. C'è un comune nella provincia di Firenze particolarmente attivo nelle relazioni con tale popolo, tant'è che ogni anno ospita centinaia di bambini saharawi i quali trascorrono, accolti in famiglie, almeno 15 giorni di vacanza nel nostro Paese.
In questi anni abbiamo potuto appurare quanto sia considerata importante questa vicinanza, questa forma di solidarietà, che si concretizza nell'inviare viveri e medicinali, nell'installare negli accampamenti del popolo saharawi le celle frigorifere per mantenere le derrate alimentari, ma quello che ci viene chiesto oggi è di concorrere a trovare una soluzione definitiva del loro problema.
Il riconoscimento dello status diplomatico non deve e non può suonare come un'offesa per altri interlocutori. Poiché c'è questa novità dell'avvio dei negoziati sulla base dell'ultima risoluzione delle Nazioni Unite, noi vorremmo - parlo al plurale perché anche il gruppo dell'Italia dei Valori, con Leoluca Orlando, ha sottoscritto la mozione di cui è primo firmatario l'onorevole Leoni - non accentuare i dissapori e i problemi esistenti, ma sottolineare lo sforzo profuso in questo caso dall'ONU e, quindi, favorire l'azione diplomatica.
Il riconoscimento può suonare come un'offesa? No, il riconoscimento è nelle corde del popolo italiano e nella tradizione diplomatica del nostro Paese. Suona, invece, persino offensivo che i rappresentanti del Fronte Polisario in Italia possano operare soltanto con un visto di carattere turistico.
Per tale motivo, sono favorevole, se ci saranno le condizioni - lo dico, in primo luogo, all'onorevole Leoni -, anche ad una riformulazione della mozione; ma se le condizioni non vi fossero, non credo che verrebbe alcun nocumento ai negoziati in corso se la Camera dei deputati italiana votasse a favore della mozione Leoni ed altri nella sua interezza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ovviamente il suo invito alla brevità sarà tenuto in grande considerazione.
Intervengo, innanzitutto, per chiedere di apporre anche la mia firma alla mozione Leoni ed altri e per dire al rappresentante del Governo che noi non possiamo condividere la sollecitazione che ci ha rivolto, perché il punto centrale, il più importante, di questa mozione è proprio il riconoscimento dello status diplomatico alla rappresentanza in Italia del Fronte Polisario È questo, lo ripeto, il punto centrale! Noi non possiamo, se vogliamo votare questa mozione, attenerci a quello che ci dice il Parlamento spagnolo o a quello che altri ci dicono - di stare in silenzio, perché altrimenti potremmo alterare gli equilibri - al fine di trovare una soluzione al problema, che si protrae dal 1965, cioè da più di quarant'anni. No, il nostro grido a favore di questo popolo delPag. 15Sahara occidentale lo dobbiamo lanciare senza «se» e senza «ma»! Il Parlamento italiano non può essere condizionato da altri! Altri ci condizionano e ci dicono: «occhio se dite qualcosa di più».
Condivido gli interventi svolti da quasi tutti i colleghi intervenuti, tranne quelli di colleghi che affermano che bisogna votare la mozione per parti separate. La mozione in esame tratta argomenti che sono un tutt'uno; ogni parte del dispositivo è importante per intervenire su una situazione che ormai si è incancrenita.
Vorrei suggerire ai due rappresentanti del Governo che sono intervenuti, cioè al Viceministro Intini e all'altro Viceministro presente nel corso della discussione sulle linee generali, che forse, se prendessero a riferimento colui che è stato per uno il padre biologico e per l'altro il padre politico, si renderebbero conto che quello statista aveva più coraggio di quello che questo Governo sta mostrando! Quando doveva essere riconosciuto il popolo palestinese e aprire la prima ambasciata in Italia, negli anni Ottanta, egli lo ha fatto senza «se» e senza «ma», anche contro i pareri espressi da altri Paesi europei, perché aveva capacità e coraggio, sapeva quello che andava a fare e non avrebbe mai proposto al Parlamento di compiere un passo indietro. A quell'insegnamento, quindi, vi invito a riferirvi, perché sicuramente, se ci fossero statisti di quel livello oggi in Italia, le violazioni dei diritti umani che il popolo saharawi continua a subire sarebbero cessate. Com'è possibile che il Parlamento italiano sia sensibile su un problema così importante, ma che ai rappresentanti di quel popolo, per venire in Italia, si debba ancora concedere il visto turistico e non già il riconoscimento dello status di rifugiati politici?
Per tale motivo, noi voteremo la mozione in esame nella sua interezza, invitando il Governo a guardare indietro, a chi aveva grande capacità, e a trarre da quegli esempi le dovute conclusioni. La voteremo, ripeto, nella sua interezza e invitiamo i colleghi a fare altrettanto. Dobbiamo avere il coraggio di farlo senza essere ricattati o a mezzo servizio perché altri Parlamenti ci chiedono di non esagerare nel difendere, anzi nell'urlare il nostro totale appoggio all'autodeterminazione di quel popolo, che non merita le sofferenze che gli stanno facendo partire.
PRESIDENTE. Invito alcuni colleghi del gruppo di Forza Italia, che stanno telefonando, ad abbassare almeno i toni, perché disturbano i colleghi che sono vicini e sicuramente quelli che stanno parlando. Purtroppo, i colleghi in questione non mi stanno ascoltando. È il caso che qualcuno glielo dica.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.
DARIO RIVOLTA. Signor Presidente, desidero manifestare al Viceministro Intini il duplice sentimento che ha suscitato in me la sua interessante relazione.
Il primo è di approvazione, di ammirazione e anche, come parlamentare e cittadino italiano, di gratitudine per quello che il Governo italiano sta facendo, in modo particolare negli ultimi tempi presso l'ONU, quale sede competente, per cercare di recare rimedio a una situazione che, come da più parti è stato sostenuto, si è malauguratamente incancrenita, con gravi sofferenze da una parte e dall'altra e col coinvolgimento, in termini di rapporti, fra due Stati vicini che, come il Viceministro ha sottolineato, sono entrambi nostri amici.
Sono molto soddisfatto - ringrazio per questo il Viceministro - del fatto che l'ultimo incontro svoltosi all'ONU su tale problematica abbia fatto registrare una posizione attiva dell'Italia ai fini di una mediazione.
Il Viceministro ha ricordato quanto è contenuto nella premessa della mozione Leoni ed altri, ovverosia che nel mese di agosto, il giorno 10, il negoziato proseguirà, con buone chances che esso arrivi a buon fine: almeno questo è l'auspicio che tutti rivolgiamo. Siamo convinti che il Governo, in nome del Parlamento italiano, farà tutto ciò che è nelle sue possibilità affinché si arrivi a una soluzione positiva che ponga termine, o almeno ponga lePag. 16premesse perché questo avvenga, alle sofferenze che in quell'area del mondo più persone, non soltanto sedicenti appartenenti al popolo saharawi, ma anche sedicenti puramente marocchini, stanno patendo.
Vi è però l'altro dei sentimenti che sono nati in me nell'ascoltarla, signor Viceministro: esso paradossalmente si contrappone al precedente, poiché è di delusione. Infatti, signor Viceministro, lei - e tutti coloro che con lei hanno riflettuto sulle mozioni presentate - ha certamente e attentamente letto parola per parola la parte dispositiva della mozione presentata dai colleghi Leoni ed altri. E dal momento che voi vi occupate, per ragioni istituzionali, di politica estera, certamente non vi è sfuggito che alcune affermazioni contenute in essa, in questa situazione non soltanto potrebbero rendere più difficile l'opera di mediazione, come lei ha sottolineato, ma addirittura, in circostanze normali, potrebbero creare problemi nei rapporti bilaterali fra l'Italia e il Regno del Marocco.
Signor Viceministro, quando vi è un negoziato in corso - lei lo ha detto molto bene - esso deve avvenire, se vi sono possibilità di riuscita, il più possibile lontano dai riflettori e soprattutto al riparo da pressioni che delegittimino uno dei mediatori nella sua funzione. Ora, è evidente a tutti che, dopo tanti anni - almeno dieci - che il Parlamento si occupa della vicenda, la possibile vicinanza di una soluzione positiva va guardata con attenzione eccezionale. Dunque, dopo tutti questi anni, perché vi è tanta fretta? Si vuol forse esercitare una pressione specifica? Si vuol forse porre voi negoziatori - o chi per il Governo effettuerà la negoziazione - nella difficile posizione di doversi giustificare e di dire che non si può mediare? Lei ha giustamente sottolineato questo aspetto; ma non ha evidenziato il fatto che, nell'ultima parte del dispositivo, si rigetta la politica non solo del Governo italiano, ma anche di tutti i Paesi europei in relazione ai rapporti con il Regno del Marocco. Dal momento in cui la mozione dovesse essere approvata, si negherebbe al Governo italiano qualunque possibilità di riconoscere al Governo del Marocco ogni tipo di autorità su una parte di territorio, che fino ad oggi noi, così come gli altri Paesi europei, abbiamo continuato - mi dica lei se abbiamo finto di continuare - a considerare una regione amministrata legittimamente, sia pur in presenza di punti interrogativi cui si doveva dare risposta, da parte del Regno del Marocco.
Signor Viceministro, la delusione nei confronti del suo intervento si è completata quando lei ha affermato che il Governo si rimette all'Assemblea. È ovvio che il Governo si rimette all'Assemblea: mi dica quando il Governo potrebbe (o vorrebbe) non rimettersi all'Assemblea. Il Governo deve sempre, nei fatti, rimettersi all'Assemblea, poiché, secondo la Costituzione, sovrano è il Parlamento e non il Governo, che è un organo esecutivo. Allo stesso tempo, però, il Governo ha il dovere di informare il Parlamento della sua posizione e anche delle possibili conseguenze di scelte che quest'ultimo può compiere. In particolare nel caso della politica estera non è detto che tutti membri del Parlamento possano essere immediatamente a conoscenza del cento per cento delle conseguenze dei propri atti. In proposito, però, lei ha esposto solo una parte di queste conseguenze, non l'altra: cioè non ha detto quelle che sarebbero le conseguenze nei rapporti bilaterali con il Regno del Marocco nel momento in cui questa mozione dovesse essere approvata. Eppure ciò non può esserle sfuggito.
Noi sappiamo, signor Viceministro, che in quella zona è auspicabile ed indispensabile - lo abbiamo detto e sostenuto anche come gruppo di Forza Italia, votando in favore di risoluzioni presentate in Commissione - che si arrivi ad un referendum per l'autodeterminazione; sappiamo che questo è il disegno proprio delle negoziazioni in corso. Sappiamo, altresì, che il Marocco non ha mai negato questa possibilità: dal piano Baker in poi, il contenzioso verteva e verte - e speriamo non verterà più - su chi sia titolato a partecipare a tale referendum.
È una sottigliezza. In tutti i referendum e in tutte le elezioni il problema principePag. 17- oltre, evidentemente, a decidere di tenere le elezioni - è costituito dalla decisione riguardo a chi potrà parteciparvi. Pertanto, si tratta - come lei sa - di uno dei punti cruciali, mentre l'altro è rappresentato dai rapporti bilaterali tra Marocco e Algeria, che lei ha opportunamente citato.
Signor Viceministro, lei ha invitato il Parlamento ad esprimersi, però ha detto anche di non auspicarsi che si arrivi a votare. È un modo, un po' nascosto, di dire che voi ritenete negativa l'approvazione, a seguito anche delle altre sue parole, della mozione in esame. Lo dichiari in maniera esplicita, lo dica, non abbia il timore di violare la sensibilità di qualcuno della maggioranza. Lei non ha dei doveri nei confronti della maggioranza: lei, innanzitutto, ha dei doveri nei confronti del Paese; poi, viene la maggioranza. Il nostro Paese, in questo momento, ha il diritto e l'onore di poter essere mediatore e deve salvaguardare tali possibilità. Il nostro Paese ha il diritto di continuare ad avere rapporti ottimali con i Paesi che sono amici, fra cui il Regno del Marocco. Il nostro Paese ha anche il diritto e il dovere di cercare di aiutare a risolvere le situazioni che sono penose - uso un eufemismo - per tanta gente che sta soffrendo da molti anni, ma bisogna sempre che ogni Governo responsabile cerchi di fare in modo che questi tre diritti e doveri trovino un punto di incontro e di equilibrio.
Il gruppo di Forza Italia ha deciso di astenersi. Avremmo preferito, glielo confesso, che non si arrivasse a votare le mozioni. L'onorevole Cioffi - e lo apprezzo molto - con senso di responsabilità, ha presentato una mozione molto più moderata, che rispecchia esattamente il vero spirito di quanto già presentato e approvato in altri Parlamenti. Lo ripeto: avremmo auspicato che non si arrivasse a votare adesso su tale argomento, e che si aspettasse settembre (oppure ottobre, ma non oltre) nel caso in cui, malauguratamente, l'accordo del 10 agosto (quello che auspichiamo diventi un accordo) dimostrasse l'impossibilità di proseguire il negoziato; però, sembra che qualcuno, a mio giudizio un po' meno sensibile alle esigenze del nostro Paese e della pace, abbia insistito per votare ora.
Signor Viceministro, la invito - quando potrà farlo, alla fine degli interventi - a dichiarare nettamente che non solo auspicavate che non si arrivasse a votare, ma auspicate che non si voti e che venga ritirata anche l'altra mozione o nel caso in cui questo non avvenisse, che si voti contro.
Il gruppo di Forza Italia si asterrà. Personalmente, preannuncio che, ove si dovesse arrivare a votare, voterò contro.