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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Interventi in relazione alla situazione del sistema universitario italiano - n. 2-00729)
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00729, concernente interventi in relazione alla situazione del sistema universitario italiano (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, non esporrò compiutamente l'interpellanza urgente che ho presentato, la quale, tra l'altro, riteniamo sia molto corposa e puntuale nei propri contenuti. D'altronde la presenza del Ministro Mussi ci dà pienamente ragione non solo sulla bontà, in senso lato, di tale interpellanza (o comunque delle questioni in essa contenute) ma, soprattutto, della cogenza della problematica. Le questioni che abbiamo rilevato sono state rappresentate in maniera molto puntuale e pertanto, rimando il mio intervento alla replica e attendo le risposte del Ministro.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere.
FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Signor Presidente, non ho voluto mancare l'occasione! L'università italiana è la più antica del mondo, è un'istituzione di grande rango e il contributo della scienza e della cultura italiana al sapere universale è enorme. Inoltre, nel mondo moderno, università e ricerca rappresentano, sempre più, la chiave del futuro per tutti paesi. Vorrei dichiarare, preliminarmente, che accolgo e accoglierò con favore tutte le convergenze politiche e parlamentari orientate alla soluzione dei problemi, perché è in gioco - non costituisce retorica dirlo, in questo caso - realmente un interesse nazionale prioritario.
Ho letto attentamente l'interpellanza dell'onorevole Marinello e degli altri che l'hanno sottoscritta; non sono sicuro di essere il legittimo destinatario di tutti punti dell'interpellanza, ma proverò a non sottrarmi a nessuno di essi. Ne ho individuati undici rilevanti.
Il primo riguarda il clima di sospetto e di sfiducia che si dice si va diffondendo anche nei media relativamente all'università. Fra le molte citazioni possibili si menziona un titolo del giornale Il Manifesto (gli amici de Il Manifesto saranno contenti di questa citazione anche se se ne potevano trovare infinite altre) e nel vostroPag. 53testo, onorevole Marinello, si parla di «quotidiani scandali». Questo non è l'anno in cui avvengono gli scandali, ma quello in cui cominciano a svelarsi, in cui c'è una reazione.
Ho provato a porre al centro del Governo e del sistema la questione morale, la questione della legalità e della trasparenza. In questi mesi - cosa che non mi sarei neanche immaginato all'inizio - ho dovuto continuamente coinvolgere magistratura, forze di polizia e alla fine anche l'alto commissariato anticorruzione ed ho incoraggiato molti, a partire dai rettori, a prendere decisamente l'iniziativa; se alcuni episodi di corruzione sono venuti fuori si deve anche all'iniziativa, quest'anno, di alcuni rettori ad esempio quelli di Catanzaro e di Bari.
Mi ero permesso qualche giorno fa di citare il motto evangelico «o portet ut scandala eveniant»; padre Giordano Muraro - importante teologo - su Famiglia cristiana mi ha ricordato il seguito dello scritto evangelico: «guai però a coloro per i quali gli scandali avvengono» e sono del tutto d'accordo con lui. Occorre entrare, frusta in mano, per cacciare i mercanti dal tempio; mettere fuori dall'università corrotti e corruttori è diventato un imperativo morale e politico, altrimenti il sistema non si governa.
Il secondo punto della vostra interpellanza, onorevole Marinello, alla lettera b) considera l'«infausta logica dei concorsi universitari». Come si sa, le regole concorsuali sono state continuamente mutate negli anni, con un processo di riforma praticamente ininterrotto e sono state provate infinite combinazioni. Vorrei dire che non è vero che è tutta spazzatura; nell'università italiana esiste qualità ed eccellenza, come dimostrano tanti successi dei nostri laureati, tuttavia c'è anche una quota insopportabile e all'apparenza irriducibile di clientelismi, di cordate di potere, di nepotismo che deprimono il principio cardine di qualunque sistema di alta formazione: il principio del merito.
Da uomo di sinistra si faccia dire, onorevole Marinello - e ho l'impressione che qui possiamo trovare importanti convergenze - che si vede bene come mediocrità si accompagni facilmente con abusi e disuguaglianze e merito si accompagni, al contrario, bene con trasparenza e rispetto del principio di uguaglianza.
La Costituzione parla di valutazione comparativa per l'accesso a posti pubblici e, dato che il posto di insegnante all'università è un posto pubblico, sono necessarie valutazioni comparative. Allora bisogna lavorare - come stiamo facendo - a criteri nuovi che riducano i fattori d'arbitrio ed a incentrare tutto il sistema intorno alla valutazione.
È molto più importante un meccanismo valutativo dei risultati che premi i miglioramenti e i buoni risultati e punisca i peggioramenti e i cattivi risultati piuttosto che puntare ad un controllo delle procedure sempre più di dettaglio.
È valutando a valle e risalendo a monte per orientare le risorse che forse si può trovare la chiave della soluzione.
Sono sorpreso per il paragrafo successivo, alla lettera c) dell'interpellanza dove si scrive «casta» di valutatori «anonimi». Immagino ci si riferisca al regolamento, che aspetta di ricevere il parere definitivo del Consiglio di Stato, per il piano straordinario di assunzione dei ricercatori. Voglio ricordare ancora che nell'ultima legge finanziaria sono state allocate poste di bilancio di 20 milioni per il 2007, 40 per il 2008, 80 per il 2009, più altri 37 milioni, che ho trovato nel bilancio del Ministero e destinato a questo, per i ricercatori degli enti di ricerca.
Si tratta di un piano volto a riaprire ai giovani l'accesso alla docenza universitaria, visto che uno dei problemi, segnalato anche in sede internazionale, è quello dell'invecchiamento del corpo docente. Noi abbiamo il corpo docente più vecchio del mondo: l'età media degli ordinari sfiora i sessanta anni, ma anche tutte le altre figure, ormai, sono state sottoposte ad un progressivo invecchiamento.
Nel regolamento c'è una novità nella selezione, perché quest'ultima è attribuita in prima battuta a referees anonimi su liste, come si dice, a domanda, nazionali e internazionali, i quali valutando il curriculumPag. 54dei candidati ne portano all'esame delle commissioni di ateneo il quarto con la valutazione più alta. È il sistema della peer review, la rivista tra pari, e dei referees, che è un sistema di largo uso in Europa e nel mondo, che corrisponde a standard internazionali evoluti.
Tra l'altro, molti docenti e ricercatori italiani fanno i valutatori per altri Paesi e mandano le loro anonime valutazioni per stimare i curricula dei candidati all'assunzione nelle università francesi, tedesche, inglesi, americane ed altre.
Si dice, sempre in questa parte dell'interpellanza, che non siamo un Paese coloniale. Ora, questo scatto di orgoglio nazionale in questo punto mi pare, lo dico sommessamente, fuori luogo, proprio perché l'Italia è impegnata, insieme a tutti gli altri Paesi dell'Unione europea, a costruire quello che si chiama lo spazio europeo della formazione superiore della ricerca. Questo diventa un unico spazio, in cui si armonizzano i sistemi e in cui si muovono liberamente, ben oltre i criteri di Schengen, i ricercatori e i docenti universitari.
Non ho capito bene quanto scritto nella lettera d), dove si fa riferimento a «annunciate modificazioni dello stato giuridico del personale docente dell'università». Su ciò, pubblico e privato, non ho fatto niente di particolare, salvo una volta, mi pare, notare che molti atenei privati, che sono pienamente inseriti nel sistema della formazione superiore, lavorano con una certa abbondanza di insegnanti pubblici, i cui stipendi sono prevalentemente a carico dello Stato. Siamo il Paese in cui spesso teorie liberiste nascondono pratiche stataliste.
Si arriva poi alla lettera e), da cui la nostra discussione origina: lo scandalo dei test. I test, i concorsi di ammissione a test derivano dall'esistenza di corsi a numero chiuso.
Voglio fornire un dato che non è noto, che è «fresco fresco». Il primo anno di applicazione del numero programmato, dei corsi a numero chiuso è stato, sulla base della legge del 1999, il 2000-2001. Nel 2000-2001, ultimo anno del Governo di centrosinistra, i corsi a numero chiuso erano - a parte quelli che sono statuiti da accordi europei, a cui verrò subito - 183. L'anno scorso - ultimo anno di gestione del precedente Governo, ma non sono qui a scaricare responsabilità - i corsi erano 998: in cinque anni vi è stato un incremento di oltre il 500 per cento. Sono state lasciate le briglie sciolte sul collo di questo cavallo, che ha corso, corso molto. Quest'anno - 2006-2007 - i corsi a numero chiuso sono stati 922, cioè 76 in meno. Il primo anno in cui la curva si interrompe e scende è questo. Credo che derivi anche dalla lettera - si tratta di una procedura, come si dice, di moral suasion - che in aprile ho mandato ai rettori per dire: «Cari amici, non esagerate». L'effetto è che si è fermata la corsa all'aumento dei corsi a numero chiuso, anzi vi è stato quasi il 10 per cento di riduzione.
Sono contrario al numero chiuso. Però c'è un doppio problema. In primo luogo, abbiamo vincoli europei per quanto riguarda cinque profili: medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura e ingegneria civile, anche se bisogna riguardare bene i numeri, perché alcuni non mi paiono congrui. Per esempio, il fatto che in Italia, dove le cure dentistiche hanno i costi che conosciamo, dove evidentemente c'è così scarsa concorrenza, il numero di ottocento per tutti i candidati a odontoiatria sembra più volto a difendere una categoria, che non effettivamente a rispondere ad una domanda di cura dei cittadini. In primo luogo, dunque, vi sono i vincoli europei: nelle materie da essi regolati non possiamo fare quello che ci pare, e lo si capisce anche per certe categorie, perché è del tutto evidente che per diventare medico sono necessari i malati, i posti letto, cioè si ha bisogno di una parte pratica che richiede possibilità concrete, luoghi, occasioni; non si può studiare sui libri a casa e basta.
In secondo luogo, la legge impone alle università dei requisiti minimi per aprire un corso: ci vuole un certo numero di insegnanti e ci vogliono certi spazi. È del tutto evidente che con quattro docenti e una stanza di quaranta metri quadri èPag. 55difficile fornire un adeguato livello per un corso rivolto a duemila, tremila, quattromila, cinquemila studenti. Bisogna, quindi, progressivamente curare la «doppia curva»: quella a scendere dei corsi a numero chiuso e quella a salire delle risorse, che mettiamo a disposizione delle università per corrispondere alla domanda crescente di formazione.
Vi sono poi i sistemi di selezione e la questione del test. Prima vediamo la patologia, le truffe che sono state svelate. A Catanzaro è stato il rettore a informarmi che erano sparite la sera prima delle buste; quindi si è fatta la prova senza sapere esattamente chi conoscesse già in anticipo i risultati ed essa è stata poi ripetuta. A Bari è stato il rettore che, avendo avuto segnalazioni che descrivevano per filo e per punto il «sistema», si è rivolto alla Guardia di finanza, effettuato che ha un'eccellente operazione. Qualunque sia il sistema, la truffa non si giustifica in nessun modo, va colpita duramente. Questa truffa deriva da altre cose: per esempio un certo «familismo amorale», per cui si ritiene che per il pargolo si possa fare tutto, e da parte loro, come si è visto dalle interviste sulla stampa, molti pargoli ritengono che abbiano fatto bene i genitori a dare un «aiutino», magari pagando per avere in tempo reale i risultati dei test.
Si deve poi dire che, fra coloro che sono stati segnalati dalla magistratura a Bari per aver comperato le risposta ai test ho constatato che la grande maggioranza sono figli di medici. In merito si riscontrano un po' i caratteri fossili della società italiana: i medici che pretendono che i figli facciano i medici, i dentisti che i figli facciano i dentisti e poi tutti sono scandalizzati se sono magari gli operai a volere che i propri figli facciano i medici.
I test sono un metodo di larga diffusione internazionale. Ne abbiamo verificati i limiti, tanto è vero che il 27 luglio io ed il collega Fioroni abbiamo firmato un decreto - che è oggi all'attenzione delle Camere - nel quale si afferma che le prossime prove dovrebbero svolgersi su 105 punti, dei quali 80 determinati dal test e 25 in base ai risultati medi degli ultimi tre anni di scuola superiore e a quello di maturità, in modo da far pesare anche il curriculum scolastico precedente. È l'occasione per una discussione più aperta sui sistemi di selezione. Su di essa mi dichiaro totalmente aperto: credo che tutte le buone idee che dovessero venire possano essere raccolte.
Al settimo punto si parla degli errori compiuti da chi ha compilato il test. Tali errori sono deprecabili: 2 su 80 è una percentuale insopportabile. Pure, anche se la percentuale è alta, vi sono molti precedenti, anche nell'ambito di concorsi pubblici, non solo per l'università ma anche in altri settori dello Stato. Nell'università, in particolare per medicina, vi sono stati errori nel 2000 e nel 2005, così anche per altri concorsi; ed errori vi sono stati persino negli elaborati per gli esami di maturità. In proposito, ho richiesto un giudizio preciso all'Avvocatura generale dello Stato, che lo ha fornito a tempi di record. L'Avvocatura afferma che, in base a tutti i precedenti, non vi è fondamento giuridico per sostenere che, dal momento che alcuni quiz presentavano risposte sbagliate, andrebbe annullata l'intera prova: quest'ultima è comunque valida sul numero dei quiz giusti, poiché ciò rispetta comunque la par condicio. Non solo si tratta di un parere molto autorevole, ma vi sono anche moltissimi precedenti di comportamenti analoghi.
All'ottavo punto si fa riferimento - ma in merito interpreto - allo scandalo della vendita degli esami. In particolare, credo vi possano essere un'allusione ed un riferimento alle lauree facili in convenzione. Si tratta di un fenomeno molto diffuso, che ho trovato al mio insediamento, in base al quale chi è dipendente di un'amministrazione, magari di un ministero, o chi è membro di un ordine professionale (in un'università ho persino visto parlare degli iscritti ad un sindacato), ottiene magari 120, 125 o 115 punti su un totale di 180. Si tratta di una sorta di compravendita: l'università ne guadagna perché aumenta il numero dei suoi studenti e dunque partecipa alla ripartizione di una fettaPag. 56maggiore del Fondo di finanziamento ordinario; chi ottiene le lauree facili, invece, torna sul proprio posto di lavoro e chiede l'avanzamento di qualifica, giungendo così a sedere con la stessa qualifica di chi ha invece faticato - eccome! - per avere il suo titolo.
Quella di laureare l'esperienza è un pratica presente in tutto il mondo: tutte le università riconoscono, sulla base dell'esperienza, la possibilità di ottenere un certo numero di crediti. Nell'ambito di cui stiamo trattando, però, si era fuori da qualunque ragionevole misura. Ho così chiuso i rubinetti: oggi la legge prevede che all'esperienza non si possano attribuire più di 60 crediti e che tali crediti vadano non alla categoria, ma alla persona cui si riconosce di aver appreso una lingua, di aver scritto libri, di aver partecipato a stage, insomma di avere un'esperienza che merita. Si tratta, dunque, al massimo di 60 crediti e di crediti alla persona e non alla categoria. Avendo comunque avuto da un'inchiesta giornalistica l'informazione che qualcuno continua a fare il furbo, ho messo il tutto nelle mani della magistratura.
Al nono punto si fa riferimento ad atenei non statali, direttamente nati dalla iniziativa di centri di preparazione di esami universitari e collegati, con contratti di franchising, con scuole private.
Può darsi che vi sia qualche università telematica che ha creato questo circuito chiuso. Subito dopo però, al punto dieci, si fa riferimento all'importante contributo fornito dalle università telematiche. Al riguardo voglio essere chiaro: se una università telematica è valida, è una buona università: non è che il carattere telematico la declassi ipso facto (se è valida, ripeto, è una buona università). Abbiamo avuto un'alluvione di università telematiche: come le cateratte per i crediti facili e le lauree in convenzione si aprono con la legge finanziaria del 2001, così l'alluvione delle università tematiche si è aperta in questi anni. Il boom si è registrato negli ultimi anni con un altro Governo (spiace doverlo ricordare): ne abbiamo dodici, ma non vi è alcun paese in Europa che abbia dodici università telematiche. Quando mi sono insediato al Ministero ne ho fermate altre cinque i cui provvedimenti istitutivi erano in fase di registrazione presso la Corte dei conti (lo ripeto erano altre cinque: se non le avessi bloccate sarebbero state diciassette); ed ho fermato anche situazioni che sono un po' curiose. Ho trovato, per esempio, un corso telematico per infermieri: posso immaginare che si possa imparare a misurare la pressione stando davanti ad un computer, ma mi è difficile capire come si impari a praticare un'iniezione stando di fronte ad un computer, pertanto tali corsi sono stati sospesi ed annullati. Per avere università telematiche buone bisogna disporre più stringenti requisiti per garantire la qualità delle stesse università telematiche.
Infine, condivido il punto undici, relativo alle lezioni private a pagamento agli studenti della propria facoltà: si tratta di un sistema «casa e bottega», che deve essere fermato in quanto non è né etico né legittimo, impedendo il verificarsi di abusi. Nell'immediato vi è un provvedimento d'urgenza, che arriverà all'esame delle Camere. Avanzo un'ipotesi - che è anche una proposta - che non ho discusso con il resto del Governo (ne sottolineo, quindi, il carattere di ipotesi), ossia che si possano introdurre d'urgenza alcune norme di ulteriore e più forte garanzia come, ad esempio, l'istituzione di un corpo di ispettori, del quale attualmente il Ministero non dispone, per arrivare sul fatto tempestivamente e non quando i buoi sono scappati, nonché la previsione di norme severe nei confronti di chi tenta di avanzare con le truffe, disponendo, ad esempio, che gli studenti coinvolti in truffe vengano esclusi per cinque anni dall'università italiana.
Credo che sia un dovere del Governo e del Parlamento separare il sano dal malato ed il pulito dal marcio e restituire fiducia all'opinione pubblica nei confronti dell'università e prestigio e reputazione all'università stessa: il bene più prezioso di cui dispone l'università è, infatti, la reputazione. Se si incrinasse questa, si verificherebbe una perdita irrimediabile: abbiamoPag. 57quindi il dovere di restituire reputazione, compiendo gli atti giusti allo scopo. Per tale obiettivo mi dichiaro pronto a lavorare in Parlamento con tutte le forze politiche e con tutti i gruppi parlamentari.
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, non mi dichiaro soddisfatto, anche se devo riconoscere, nell'appassionato intervento del Ministro Mussi, una serie di spunti meritevoli di un approfondimento (che tenterò di svolgere nel mio intervento), fermo restando che cogliamo in maniera assolutamente positiva la disponibilità, manifestata dal Ministro, perché siamo fermamente convinti che l'università italiana, proprio per l'antichità, il prestigio, la nobiltà e i grandi risultati che la stessa ha raggiunto, non soltanto nel nostro Paese e per il nostro Paese, ma anche nell'interesse - non abbiamo paura delle parole altisonanti - più universale, sia un'istituzione che deve essere difesa, un sistema di tutti e a cui tutti teniamo.
Vede, signor Ministro, lei giustamente ha svolto una difesa dell'università, evidentemente non soltanto per dovere di ruolo. Anche noi siamo fondamentalmente convinti che tale istituzione vada assolutamente difesa, ma non possiamo sottacere che negli ultimi decenni (non è un fatto che ascriviamo a questo Governo o a quello precedente, ma è un vezzo che denunziamo da parecchio tempo) il sistema universitario italiano è diventato sempre più autoreferenziale.
Ciò che abbiamo scritto, al di là dei fatti momentanei dovuti alle recenti notizie di cronaca, sono aspetti che vengono periodicamente denunziati da decenni e che costituiscono la punta di un iceberg. Si tratta di un sistema pensato e sviluppato negli ultimi decenni più per alimentare se stesso che per alimentare il desiderio e la necessità di scienza, di cultura, di innovazione e di ricerca del nostro Paese. Il sistema universitario, come dicevamo, è diventato sempre più autoreferenziale ed è per questo che vi sono le dinamiche feudali, gli scandali dei concorsi, le caste dei valutatori anonimi (ritorniamo su questo problema, signor Ministro). Mi dispiace che lei non abbia assolutamente colto il significato della nostra osservazione. Siamo proprio convinti che in questo sistema vi sia del marcio e che il sistema stesso vada scrupolosamente attenzionato e modificato.
Siamo convinti che i metodi ricordati hanno, di fatto, contribuito ad aggravare il sistema, a creare situazioni di nepotismo, che si sono ripetutamente verificate dalle Alpi al canale di Sicilia, e che, alla fine, hanno contribuito a dequalificare, non soltanto dal punto di vista del prestigio - è già importante, ma non è tutto - ma soprattutto dal punto di vista dei risultati, l'università italiana nel suo complesso.
Siamo anche convinti che un'università - ma questo discorso potremmo anche estenderlo alla scuola o ai sistemi di formazione, più in generale - che non abbia a cuore, tra le proprie mission, formare nuove forze per il lavoro, l'innovazione e lo sviluppo del Paese, ma che abbia come mission (non ovviamente dichiarata, ma di fatto) auto-alimentare il sistema, auto-incrementarlo con la proliferazione senza fine di cattedre e di corsi di laurea (che molto spesso, di fatto, producono lauree che non danno alcun accesso al mondo del lavoro) non serva al Paese. Siamo dunque convinti che un sistema così pensato, che si è continuato e si continua a perpetrare, faccia male al Paese (soprattutto alle giovani generazioni) e serva solo ad alimentare un sistema di potere, a perpetuare l'interesse di una vera e propria casta alla proliferazione di un sistema che, nella sua autoreferenzialità, vuole continuare a perpetuarsi.
Siamo anche soddisfatti della parte del suo intervento, signor Ministro, in cui parla di principio del merito. In Italia, una certa cultura ha coccolato le lobby universitarie, nella convinzione che tali lobby non andassero governate, né controllate, ma appunto coccolate, perché in determinati momenti erano assolutamente funzionaliPag. 58a disegni politici estranei all'università, alla ricerca e all'innovazione del Paese ma finalizzati a interessi di altra natura, talvolta «di bottega». Siamo convinti che nel mea culpa che tutta la politica deve fare, vi sia una grande parte politica - che oggi, per certi versi, è anche al Governo del Paese - che dovrebbe recitare anch'essa un mea culpa, a mio avviso con qualche momento di maggiore sincerità. Infatti, non si può coccolare una determinata casta quando quest'ultima serve a sottoscrivere appelli che nulla hanno a che vedere con il mondo dell'università e della ricerca scientifica. Non è possibile coccolare una casta quando serve a rimpolpare la folla dei girotondi e dei girotondini e poi non tenere presente che quella stessa casta nel tempo ha creato la serie di guasti che già abbiamo denunziato. Proseguendo oltre, siamo convinti che ciò che abbiamo definito «florido mercato dei test di ammissione» sia un fenomeno tutto italiano - o prevalentemente italiano - che, probabilmente, riteniamo in assoluta buona fede non ascrivibile al Governo in carica, che tuttavia aveva il compito di una migliore e maggiore sorveglianza. Sarà un caso, ma i due più gravi scandali nelle ammissioni alla facoltà di medicina si sono verificati in due anni precisi: nel 2000, quando alla guida del Paese c'era il centrosinistra e, ora, nel 2007. Evidentemente, sarà un caso, sarete anche sfortunati, non voglio assolutamente pensare alla malafede, sarà anche una casualità, però - mi scusi la battuta, che serve a riportare un po' di ironia nel nostro intervento - evidentemente anche la fortuna e la sfortuna fanno parte del gioco della vita.
Per tornare ai nostri ragionamenti, siamo convinti che vi siano implicite responsabilità in alcune strutture del Ministero, mi riferisco evidentemente non all'apparato politico, ma all'apparato burocratico. Vi sono, inoltre, fenomeni da riconsiderare nella società, la Cineca, che contribuisce alla gestione del sistema. Lei, signor Ministro, ha giustamente fornito, in un certo qual modo, la risposta alla parte dell'interpellanza nella quale abbiamo puntato il dito sui consulenti. È assolutamente deprecabile che dei consulenti commettano errori, e riteniamo che prove di tal genere debbano essere soggette a più verifiche preventive.
Siamo, tuttavia, convinti che qualche altra ulteriore leggerezza sia stata commessa. Signor Ministro, quando giustamente parla di Catanzaro e correttamente sostiene che in tale sede il quiz è stato annullato, essendo state riscontrate alcune buste aperte, in un certo qual modo sostiene, di fatto - e le diamo ragione - che probabilmente attraverso le suddette buste aperte sono stati commessi illeciti. Pertanto, è presumibile che uno, dieci, cento, molti o pochi studenti - o aspiranti tali - abbiano compiuto illeciti e, quindi, si è resa necessaria la ripetizione delle prove. Nell'epoca delle comunicazioni, nell'epoca dell'informatica e della telefonia mobile, che imperversa in ogni dove, chi impedisce di pensare che, attraverso le ricordate buste aperte a Catanzaro, in altri atenei d'Italia siano stati compiuti illeciti grazie alle schede provenienti dall'università calabrese? Ciò, evidentemente, rappresenta un'ipotesi, ma è credibile e verosimile. Quindi, di fatto, ciò rappresenta un vulnus per l'intera operazione.
Dunque, a mio avviso, la responsabilità politica che lei oggi detiene doveva spingerla a porsi, almeno, la domanda e a fornire una risposta all'interrogativo che le sto rivolgendo. Tra l'altro, se la memoria non m'inganna...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. ... nel passato, allorquando in un altro ateneo si verificò un'ipotesi di questo genere, gli esami vennero annullati in tutta Italia.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione, sto cercando di recuperare i tempi dell'illustrazione.
PRESIDENTE. No, purtroppo lei ha già superato il tempo a sua disposizione, quindi deve concludere.
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GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Concludo velocemente, Presidente. Non ci riteniamo soddisfatti della riposta del Ministro sulle questioni che abbiamo sollevato.
Inoltre, per quanto riguarda i fenomeni da noi denunziati dei «diplomifici» e delle università a loro collegate, crediamo che vada fatta chiarezza nell'interesse della cultura italiana e delle future generazioni e che i fenomeni speculativi vadano intercettati, ma non possiamo ritenere che si debba fare di tutta l'erba un fascio!
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Nel decreto ministeriale del 17 aprile 2003 sono previsti controlli ispettivi di qualità per le università telematiche; allora, signor Ministro, sia consequenziale, li attivi subito, così che si possa separare il grano dal miglio.