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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Piano industriale Alitalia e sue conseguenze negative sull'economia del nord Italia - n. 2-00700)
PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00700, concernente il piano industriale Alitalia e sue conseguenze negative sull'economia del nord Italia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, credo che i dati e i contenuti della mia interpellanza, riguardando il piano industriale di Alitalia e la scelta di tagliare delle rotte su Malpensa, siano noti a tutti; tra l'altro, la Camera ne ha discusso proprio all'inizio di questa settimana. Pertanto, ascolterò con attenzione il Governo e mi riservo di replicare per dichiararmi soddisfatto o meno, dopo l'intervento del sottosegretario.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.
RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, credo sia opportuno soffermarsi, innanzitutto, sulle motivazioni che hanno indotto la società a predisporre un nuovo piano industriale, ritenendo che tale adempimento non fosse ulteriormente procrastinabile. Fino allo scorso mese di giugno, infatti, considerata la procedura di vendita in corso da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, l'azienda non aveva ritenuto di effettuare la revisione del precedente piano industriale e aveva rinviato ogni ulteriore valutazione al riguardo a data successiva all'acquisizione di tutti gli elementi necessari.
In seguito, preso atto del mancato esito della procedura di privatizzazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, la società, già prima del rinnovo del vertice aziendale, aveva ritenuto ormai non più procrastinabile l'impostazione di un nuovo documento programmatico, che definisse tempestivamente le più opportune iniziative idonee a contenere l'emorragia patrimoniale e finanziaria che continua a indebolire l'azienda e che, inoltre, assicurasse l'imprescindibile mantenimento dei presupposti di continuità aziendale, il cui venir meno determinerebbe una rapida accelerazione nella già grave situazione finanziaria di Alitalia.
Nell'impostazione delle linee guida del nuovo piano industriale, l'azienda, e in particolare il nuovo management, ha comunque sempre evidenziato come lo stesso s'incardini nel più volte confermato intendimento del Governo di cedere il controllo di Alitalia, risultando, quindi, come lo ha definito la società, un piano di transizione e sopravvivenza, in attesa che si realizzi l'ingresso del nuovo azionista di controllo.
Prima di esporre alcune considerazioni in merito ai contenuti del piano di Alitalia, ritengo sia comunque necessario qualche cenno ai diversi ruoli che rivestono la società e il Ministero azionista.
Alitalia è una società quotata e, in quanto tale, è soggetta a obblighi informativi e di comportamento vigilati dalla Consob, quali l'informativa periodica (relazioni trimestrali, semestrali e bilancioPag. 60certificato), l'informativa continua (comunicati al mercato per eventi price sensitive) e le regole di governo societario e di organizzazione (amministratori o dipendenti, sistemi di controllo interno).
Se, quindi, il Ministero, nel rispetto delle regole di mercato, deve necessariamente limitarsi all'esercizio dei diritti connessi alla partecipazione detenuta - sebbene la stessa sia di maggioranza relativa - da parte loro, gli amministratori di Alitalia devono operare per il perseguimento degli interessi, non del socio pubblico di riferimento, ma esclusivamente della società e, quindi, di tutti gli azionisti. Sono quindi tenuti, con responsabilità diretta e personale, a rispettare i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale e a perseguire unicamente finalità economiche, di sana e corretta gestione e, ove possibile, di creazione di valore per gli azionisti.
Tengo a rilevare in questa sede che il Ministero non esercita attività di direzione e coordinamento né su Alitalia, né sulle altre società controllate e, in quanto soggetto pubblico, è tenuto al rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa nazionale e comunitaria (ad esempio, in tema di trasparenza e non discriminazione per quanto attiene alle procedure di dismissione di partecipazioni e in tema di aiuti di Stato relativamente al sostegno finanziario che intende assicurare alle società partecipate).
Queste poche precisazioni sono essenziali per chiarire in modo puntuale quanto l'intervento del Ministero, ma, con esso, dell'intero Governo, in tema di partecipazioni pubbliche, specie se quotate, debba necessariamente ed obbligatoriamente mantenersi sempre in una logica di pieno e totale rispetto del mercato e di scelte gestionali che competono agli amministratori scelti dagli azionisti; amministratori che con il loro operato devono rispondere agli stessi azionisti, e non a uno solo (anche se di maggioranza).
Tornando, quindi, ai contenuti del piano industriale di Alitalia, rilevo che gli obiettivi di fondo che lo stesso intende perseguire, sino senz'altro condivisibili. Tali obiettivi possono così essere riassunti: modificare e ridimensionare l'assetto di business della compagnia nel periodo transitorio, in modo da renderlo più sostenibile da un punto di vista economico e in un contesto di migliore efficienza operativa; preservare il valore del brand Alitalia attraverso la ridefinizione della missione industriale e di un profilo competitivo distintivo; realizzare un miglior posizionamento industriale in grado di favorire l'ingresso di soggetti terzi in possesso di competenze specifiche e risorse finanziarie da destinare allo sviluppo della compagnia.
È, inoltre, confermata l'esigenza di un consistente apporto di risorse finanziarie, mediante aumento di capitale.
In tale visione complessiva, quindi, il piano appare del tutto coerente sia con l'esigenza di definire le più opportune iniziative, da avviare nel più breve tempo possibile, per preservare il valore dell'azienda e rallentare il trend di perdite e di erosione delle liquidità, sia con il percorso di privatizzazione confermato dal Governo per la tempestiva individuazione di soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo della società.
Le finalità sottese sono, infatti, quelle di perseguire prioritariamente condizioni di sostenibilità e continuità dell'attività aziendale nel breve-medio periodo, con le sole risorse disponibili e gli interventi attuabili con immediatezza per realizzare un modello aziendale più efficiente e flessibile, in un contesto di relazione industriale orientato al massimo sforzo comune di management e lavoratori; tutto questo in attesa di decisioni in ordine al futuro assetto proprietario della compagnia e al conseguente assetto industriale definitivo.
Come la società lo ha correttamente definito, il piano industriale è un «piano di sopravvivenza e transizione», caratterizzato - come ricordavo precedentemente - dall'esigenza improcrastinabile e prioritaria di contenimento delle perdite e dell'assorbimento di cassa, nella consapevolezza che, nel contesto di criticità attuale,Pag. 61l'alternativa rispetto a questo piano di sopravvivenza/transizione è rappresentata da scelte irreversibili e di ben maggiore impatto sui complessivi assetti industriali, sociali ed in termini di ricadute sul territorio.
Le azioni previste derivano, pertanto, da scelte obbligate, dettate da aspetti di carattere tecnico-economico dell'azienda sulle quali tutti, ritengo, possiamo convenire: il trend di perdite accumulate e prospettiche nell'attuale assetto e la sua insostenibilità; l'impossibilità, per la compagnia nell'attuale stato, sotto il profilo competitivo ed economico, di alimentare in modo efficiente e produttivo due hub; la conseguente indifferibile esigenza di ridimensionamento del posizionamento della società e di modifica del suo assetto industriale, attraverso interventi sulla rete, sulla qualità del prodotto, sui costi operativi e sull'organizzazione dell'azienda.
Naturalmente, alla luce della confermata volontà del Ministero dell'economia e delle finanze di procedere in tempi brevissimi alla dismissione della partecipazione di controllo nella compagnia e alla connessa volontà dell'azienda di individuare i soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisirne il controllo, il piano potrà e dovrà essere oggetto di modifiche e affinamenti in relazione alle scelte di tipo industriale che l'acquirente del controllo del capitale di Alitalia intenderà effettuare, ferma restando, ripeto, l'irrinunciabile esigenza per il Governo che le stesse scelte siano in grado di perseguire i requisiti di interesse generale che risultano irrinunciabili per lo Stato. Del resto, va sottolineato come il piano, ad eccezione di alcune prime e propedeutiche azioni, si avvierà sostanzialmente dalla prossima summer season, ovvero a partire dall'aprile 2008.
Vorrei, infine, sottolineare in questa sede l'impegno del Governo volto a garantire il mercato del trasporto aereo attraverso una sua corretta regolamentazione.
A testimonianza di ciò, si rammenta che tale impegno si è concretizzato nella presentazione di un disegno di legge delega, in discussione presso il Senato della Repubblica, che tra l'altro prevede il piano nazionale degli aeroporti, mirato a garantire un ordinato e coordinato sviluppo del sistema aeroportuale nazionale, nel rispetto delle reciproche competenze istituzionali dello Stato e degli enti territoriali.
Pertanto, in tale contesto non si può ribadire che l'aeroporto di Malpensa costituisca un asset, un'opportunità essenziale del Paese per lo sviluppo del settore in questione, con benefici per il settore economico-imprenditoriale e per gli utenti.
Sulla base del ruolo specifico e sostanziale dello scalo all'interno del sistema aeroportuale nazionale, come previsto dall'impianto complessivo della riforma e del piano nazionale, l'impegno da attuare sarà quello di sostenere la crescita di Malpensa con risorse corrispondenti al traffico, alle strategie e alle priorità stabilite in un'ottica nazionale per ciascun aeroporto.
PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di replicare.
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, credo che anche lei, avendo ascoltato, come me, la risposta del Governo e conoscendo di cosa stiamo parlando, capisca che non posso dichiararmi soddisfatto per quanto affermato dal sottosegretario.
È evidente a tutti la genericità della risposta e, purtroppo (entrerò, quindi, nel merito di alcune osservazioni svolte dal Governo), anche un'impostazione sbagliata dell'azione del Governo in quest'anno e mezzo, in ordine alla risoluzione dei problemi di Alitalia. Affermo questo perché il sottosegretario, nel rispondere all'interpellanza, ha sottolineato giustamente innanzitutto che un'azienda deve agire nell'interesse non solo del socio di maggioranza, ma dell'integralità dei suoi soci, che cioè deve perseguire l'interesse dell'azienda.
Per le poche cose che conosciamo - purtroppo neanche adesso siamo riusciti a conoscere nel dettaglio i contenuti di questo piano industriale - la scelta che è stata compiuta fino ad oggi e che adesso viene portata a termine con il piano industriale (dettato ovviamente, e in maniera moltoPag. 62chiara, come ha affermato il Governo, dalla necessità di sopravvivenza di quest'azienda) va contro l'interesse della società e degli azionisti.
Chiedo al Governo, al Presidente, ai colleghi in aula e a chi ci ascolta: andare contro il mercato, per un'azienda, significa tutelare gli interessi dell'azienda e degli azionisti oppure no? Un'azienda sta sul mercato, vende i propri servizi al mercato e risponde alla domanda del mercato; altrimenti fa un altro mestiere: o fa assistenza o fa altro. Si tratta di un'azienda di trasporto, che dovrebbe essere l'azienda di trasporto nazionale. Non per fare una concorrenza o una guerra «tra poveri» (tra Malpensa e Fiumicino; tra il nord, il centro e il sud del Paese), ma è noto a tutti che il mercato, quello più redditizio, quello più favorevole (è su questo che dovrebbe riflettere l'azionista di maggioranza: oggi il Governo in carica, ieri il Governo precedente), quello buono, quello vero, quello della domanda, quello ricco e che fa fare profitti, è situato in una parte del Paese, non contro un'altra parte.
È paradossale, se guardiamo alle previsioni dei dati di trasporto di passeggeri del 2007 - e per questo affermo che non c'è guerra tra Fiumicino e Malpensa - che in entrambi gli aeroporti cresca il numero di passeggeri: non è un caso che, mentre i dati di Fiumicino sono in crescita del 5 per cento rispetto a quelli del 2006 (che erano altrettanto in crescita), i dati di Malpensa registrino una crescita dell'11 per cento. Com'è pensabile che, in una situazione florida di mercato, un'azienda di trasporto, leader in Italia, abbia perdite, sia «alla sopravvivenza» (nel senso che dovrebbe aver già chiuso, purtroppo, da alcuni anni) e oggi discutiamo della sua sorte? Com'è pensabile ciò?
Vi è un mercato ricco, vi è una domanda, ma l'azienda è in perdita. A fronte di ciò, la scelta del consiglio di amministrazione di Alitalia (purtroppo, come ho appena appreso, condivisa da questo Governo) è di tagliare ciò che, invece, produce reddito. Non si sceglie di tagliare le inefficienze, di individuare gli sprechi né di capire perché quest'azienda continui a subire perdite nonostante il mercato ci sia, ma di tagliare ciò che è più comodo, ciò che è «meno soggetto alla politicizzazione», ciò che è meno soggetto ad influenze non di politica industriale, non di scelte imprenditoriali e di strategie, ma determinate da altri fattori, quelli che si direbbero esterni al mercato, ma che lo condizionano, come la sindacalizzazione, la politicizzazione dell'azienda, la rendita politica, l'impopolarità di alcune scelte.
Altrimenti, la prima scelta che l'azienda Alitalia avrebbe dovuto fare da anni era - a fronte di un protocollo di intesa e di un accordo commerciale siglati dal Governo precedente a quello Berlusconi, in particolare dal Ministro Bersani, che individuava come scelta strategica l'hub di Malpensa, anche a fronte di condizioni commerciali vantaggiose per Alitalia stessa - di non continuare, per esempio, a mandare in trasferta i propri piloti, che da sei anni partono puntualmente con un aereo da Roma per andare a Malpensa e da Malpensa raggiungono i diversi scali. Lo sappiamo tutti che c'è un aereo che trasporta i piloti e il personale di Alitalia.
Qualsiasi azienda, di qualsiasi genere o settore, avrebbe inviato una lettera ai propri dipendenti dicendo: «Dal giorno x, la tua sede di lavoro è là: se ci vuoi andare bene, se non ci vuoi andare male, vai via, vai da un'altra parte!». Così si sarebbero ridotti tutti costi delle trasferte.
Quanto è costata all'azienda Alitalia e ai soci Alitalia, quindi allo Stato questa scelta dettata dalla paura di andare verso il mercato? Quanto è costata?
Allora, noi affermiamo che quanto è stato deciso oggi con questo piano industriale è stata la scelta più semplice che si potesse fare, ma quella meno coraggiosa, più sbagliata. Si è scelto, cioè, non di andare verso il mercato e chiedere all'azienda di individuare le inefficienze, ma di fare ciò che avrebbe reso politicamente più agevole l'attesa del nuovo compratore.
Qui veniamo al secondo punto. Mi perdoni, sottosegretario, mi rivolgo al Governo. Grazie a Dio non è passato tanto tempo da quando il Presidente del ConsiglioPag. 63Prodi e il sottosegretario Enrico Letta proclamarono urbi et orbi alla nazione che finalmente, con la gara per vendere Alitalia, si apprestava la più grande operazione di privatizzazione della storia del Paese. È però la storia degli «undici» piccoli indiani. Prima i soggetti che partecipavano alla gara erano undici. Allora, Prodi - me lo ricordo ancora - parlò su tutte le agenzie di grande modello industriale. Egli disse: «Finalmente si fa una privatizzazione rivolta al mercato; tutti sono interessati». In seguito, i partecipanti divennero otto, poi quattro, poi tre, poi uno, poi, alla fine, nessuno.
Quanti mesi abbiamo perso a causa di questa scelta? Quanto sono costati allo Stato, azionista di maggioranza, e ai risparmiatori questi otto mesi senza scelte, senza criterio?
Forse ciò ha consentito al Presidente del Consiglio Prodi di sopravvivere per altri otto mesi, ma adesso la realtà è quella che abbiamo tutti di fronte. La domanda che pongo a lei e al Governo è la seguente: ora che si dovrà procedere ad una trattativa privata e alla vendita diretta, quale sarà il criterio di scelta del piano industriale, del socio? Ancora una volta quello politico, della rendita politica, della sindacalizzazione dell'azienda o quello invece dell'interesse degli azionisti e del mercato? Infatti, è il mercato che determina la vita di un'azienda e che risponde in maniera più efficiente alle esigenze dei cittadini.
Se è vero, come è vero, che nell'area di Malpensa ci sono 1.986 mila imprese contro 509 mila imprese nell'area di Fiumicino, che i passeggeri in transito a Fiumicino sono il 26 per cento, mentre quelli di Malpensa sono il 34 per cento, che il 62 per cento dei biglietti della business class sono emessi al Nord, a Malpensa, e che 52,6 milioni di passeggeri sono al nord di questo Paese, di che cosa stiamo parlando?
La vocazione di Fiumicino è certamente importante, tant'è che la scelta che si fece allora era di avere due hub: ritenevamo, infatti, che si dovesse andare a prendere il mercato, quello attivo, «non turistico», che è importante, ovviamente nel nord, e che si dovesse tenere Fiumicino per il mercato turistico e del centro-sud del Paese.
Non contestiamo questa scelta, ma l'inefficienza con cui è stata gestita l'azienda e l'incapacità di reimpostarla con coraggio per aggredire il mercato.
Sentiamo oggi che vi sono proposte di imprese e di aziende interessate ad investire su Malpensa e per favorire tale esito si spendono il presidente Formigoni e il sindaco Moratti. Ma vi sarà un motivo per cui queste imprese sono interessate ad investire su Malpensa? Il Governo, invece, come scelta ottimale per il Paese sostiene di condividere il piano industriale di sopravvivenza predisposto dal consiglio di amministrazione di Alitalia. Ma allora mi chiedo se non sarebbe meglio portare i libri in tribunale piuttosto che sopravvivere. È necessario, con coraggio, rimettere in discussione tutto!
Apprendiamo, inoltre, dagli organi di stampa che, nonostante questa scelta, Alitalia non venderebbe i propri slot, secondo la logica: non ci vado io, allora non ci va nessuno.
Noi ci scaldiamo su tali temi perché non si tratta di una questione di centrodestra o di centrosinistra ma di discutere su un settore strategico e fondamentale per un Paese che sostiene di essere il sesto o settimo paese industriale al mondo. Si tratta di capire sia le motivazioni di quanto è successo sia quale politica industriale si intende adottare e dove si vuole andare. Però, se la concezione di questo Governo è di confondere la politica industriale con il politichese, con la rendita politica, con la scelta dell'inefficienza, allora non ci siamo!
Ci «vendono» l'amministratore unico della RAI come la scelta migliore: dopo che avete occupato tutti i posti della RAI è giusto mettere un amministratore unico nominato ovviamente dal vostro Governo il quale, guarda caso, risponderà sempre alle stesse logiche! Cacciate Petroni dal consiglio di amministrazione della RAI perché sostenete che non è stato indipendente e subito dopo il Ministero dell'economiaPag. 64e delle finanze designa un rappresentante che non è indipendente perché ha votato alle primarie dell'Ulivo ed è noto per essere un uomo strettamente connesso politicamente con il Presidente del Consiglio. La stessa cosa voi la state facendo con l'Alitalia. Questa è la questione di fondo!
In conclusione, ritengo che per una volta dovremmo mettere da parte - ma onestamente devo dire che nutro poche speranze che ciò avvenga - impostazioni di questo tipo e cercare insieme una soluzione. Il Governo non può rinunciare alla propria responsabilità proprio perché ricopre il ruolo di azionista di maggioranza e, come tale, spetta ad esso, come avviene nelle società anche quotate in Borsa, il dovere di dare gli indirizzi che debbono essere attuati dagli amministratori.
Siamo ancora in tempo per verificare, non facendoci una guerra tra poveri, se nell'ambito del confronto tra Governo, istituzioni, soggetti imprenditoriali interessati (Alitalia e Sea) e le regioni del nord, si possa fare una scelta con la quale fare l'interesse vero del Paese e non quello della sopravvivenza politica del Governo ((Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).