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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative volte a monitorare la gestione dell'istituto dell'affido temporaneo da parte delle amministrazioni comunali - n. 2-00726)
PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00726, concernente iniziative volte a monitorare la gestione dell'istituto dell'affido temporaneo da parte delle amministrazioni comunali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, signor Ministro, purtroppo oggi ci troviamo - lo dico senza retorica - di fronte ad un caso veramente odioso di pedofilia avvenuto nel comune di Forlì. Non vogliamo assolutamente scendere nei dettagli per non alimentare quel clima di voyerismo che c'è nel Paese quando accadono questi odiosissimi fatti. Però, il nostro ruolo ci impone di riflettere sui meccanismi dell'affido che vengono demandati ai comuni.
Ricostruiamo i fatti che sono citati in premessa. Il 1o settembre scorso i carabinieri del nucleo operativo provinciale di Forlì hanno proceduto all'arresto di un giovane, trentacinquenne, single, accusato di reati pedofilia.
Il reato sarebbe stato compiuto nei confronti di un bambino piccolissimo, di cinque anni, tra l'altro con una situazione familiare abbastanza difficile. Qualcuno si dovrebbe chiedere cosa ci facesse un bambino con una situazione familiare difficile in mano ad un single di trentacinque anni, che era già stato segnalato alle autorità competenti come molestatore di un altro ragazzo maggiorenne e disabile.
È normale porsi quella domanda e fare un'analisi su come vengono stabilite, nello specifico, nel comune di Forlì, le procedure per il rilascio sia degli affidi temporanei, sia degli affidi permanenti.
Dalle indagini è risultato che questa persona non solo è riuscita ad ottenere l'affido temporaneo del bambino compilando un semplicissimo questionario, senza che nessuno, psicologi o psichiatri, abbia tracciato un profilo di questa persona che chiedeva l'affido. Ciò che è veramente sconvolgente è che nel questionario compilato da questo pedofilo - perché di tale soggetto si tratta - questi abbia indicato chiaramente che voleva dei bambini piccoli e che voleva, anche se in affido temporaneo, tenerli la notte. A nessuno sono scattati i campanelli di allarme? Nessuno si è preso la briga di verificare se questa persona era obiettivamente in grado di badare ad un bambino e quali fossero le sue reali intenzioni. È gravissimo perché il meccanismo di affido che abbiamo verificato nel comune di Forlì è veramente dilettantesco.
Il problema è che non stiamo giocando, ma stiamo parlando di minori che spesso, se vengono dati in affido, hanno situazioni familiari molto difficili.
Lei sa benissimo, signor Ministro, che la legge che regola gli affidi ha un obiettivo ben chiaro: il diritto del minore ad una famiglia (lo sottolineo: una famiglia, non un single).Pag. 37
A questo proposito si potrebbe aprire un dibattito molto più ampio, ma lo evitiamo e cerchiamo di focalizzare l'intervento sull'episodio specifico che si è verificato nel comune di Forlì.
L'obiettivo di questa legge non è far sentire felici, per qualche ora, single o persone frustrati - che magari abusano di minori, come purtroppo è successo - bensì (lo leggo direttamente dal dispositivo della legge) riuscire a realizzare un compiuto recupero nella famiglia di origine, cioè superare le difficoltà che incontrano i minori che vengono dati in affido.
Invece, nel comune di Forlì accade che la sussidiarietà verticale troppo spinta ha creato una gestione molto allegra. Non ci sono più specialisti o medici che, prima di affidare i soggetti minori (o persone che, pur non essendo minori d'età, sono affette da disabilità psichica) alle famiglie o alle persone, ne tracciano un profilo psicologico. Si affidano - molto all'acqua di rose - ad una serie di associazioni di volontariato, che ricevono denaro dallo Stato per svolgere tale servizio, demandando loro la valutazione.
A lungo andare la questione si è incancrenita. All'inizio venivano tracciati tali profili psicologici (skill). Successivamente ciò non è più accaduto e ci si è accontentati semplicemente di ascoltare i responsabili di queste associazioni per sapere se le persone che avevano inoltrato richiesta fossero meritevoli o meno, eludendo tutte quelle garanzie a tutela dei minori, che devono essere assolutamente ripristinate, per lo meno nel comune di Forlì.
Signor Ministro, cerco di essere breve perché non userò tutto il tempo a disposizione in quanto non ci troviamo qui per fare retorica, bensì per cercare di capire quali possano essere le soluzioni immediate che il suo Ministero può mettere in campo. Pertanto, le chiediamo, innanzitutto, se sia a conoscenza di questo episodio - ma immagino di sì, considerato che è stato riportato anche dalle cronache nazionali - e quali provvedimenti intenda adottare per monitorare la gestione dell'istituto dell'affido temporaneo da parte delle amministrazioni comunali al fine di evidenziare tempestivamente distorsioni e anomalie e garantire, conseguentemente, il diligente rispetto delle leggi vigenti.
PRESIDENTE. Il Ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.
ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Pini per l'interpellanza urgente che ha presentato, la quale certamente ci porta a riflettere insieme su un episodio molto increscioso - purtroppo, non l'unico, non il primo e che si spera sempre sia l'ultimo - che, tuttavia, ritengo richieda una puntualizzazione anche dei fatti riportati dalla stessa interpellanza.
Si tratta di precisazioni che, ovviamente, provengono da approfondimenti che ho dovuto svolgere e che, insieme a me, sono state svolte dai miei uffici, trattandosi di una materia nella quale il mio dipartimento non svolge una funzione diretta e specifica e rispetto alla quale, in realtà, la vera responsabilità è quella di un ente locale, il comune di Forlì.
La precisazione che vorrei fare, riguardo ai fatti che lei stesso ha appena descritto, consiste nel fatto che non ci troviamo di fronte ad un vero e proprio caso di affido familiare tradizionalmente inteso, bensì di fronte ad un affido cosiddetto estivo, inserito all'interno di un programma per minori del comune di Forlì (peraltro, monitorato anche attraverso l'intervento dell'azienda sanitaria locale) per l'affidamento estivo dei bambini con situazioni familiari difficili, ma non solo.
Come lei saprà, la procedura dell'affido familiare strettamente intesa è molto più rigorosa e richiede non soltanto il parere favorevole della famiglia del bambino, ma anche l'intervento del giudice tutelare o, in mancanza della volontà della famiglia, un procedimento più complesso sempre e comunque di competenza del tribunale dei minori.
L'istituto dell'affido familiare è volto al reinserimento nella famiglia di origine del bambino del quale la famiglia affidatariaPag. 38per un periodo si assume, sotto la vigilanza e il controllo dei servizi sociali per l'infanzia, l'educazione, la cura e la tutela, spesso anche attraverso il rapporto con la famiglia di origine.
Si tratta di un istituto molto importante, soprattutto per la generosità delle famiglie affidatarie, che è richiesta e che comporta, trattandosi di un istituto che, al contrario dell'adozione, non crea mai veri e propri rapporti di parentela e di filiazione.
Le nuove politiche per i minori, anche in relazione alle scelte giustamente fatte nei confronti delle istituzioni, hanno portato in questi anni a trovare nella rete delle famiglie affidatarie e delle loro associazioni un punto di riferimento fondamentale importantissimo per l'infanzia in difficoltà.
Siamo di fronte a un caso che non rientra in una tipologia prevista dalla legislazione nazionale, ma da un programma di servizi sociali da parte dell'ente locale. Come lei saprà, è stata aperta un'inchiesta amministrativa proprio al fine di verificare perché non si fosse a conoscenza dell'affidabilità della persona alla quale il bambino veniva assegnato, ancorché per un periodo breve. Se non se ne era a conoscenza, si tratta - come giustamente lei ha sottolineato - di un aspetto sicuramente non positivo, tanto più se, magari, qualche elemento, seppure noto, non è stato tenuto in considerazione da parte degli uffici del progetto per l'infanzia. Evidentemente la questione si profila di una serietà che non può essere sottaciuta.
Che cosa fare di fronte a una situazione del genere? Innanzitutto è chiaro che ci troviamo di fronte ad un'autonomia e ad un'ipotesi che lei ha chiamato di sussidiarietà verticale, mentre si tratta di politiche sociali per l'infanzia che il livello nazionale si limita a finanziare, peraltro all'interno del fondo sociale, non essendo stata rifinanziata in maniera specifica la legge 28 agosto 1997, n. 285.
È prevista una programmazione di carattere regionale e ci sono naturalmente richieste esplicite riguardo alla qualità dei programmi e all'affidabilità delle figure professionali che devono seguire tali programmi, nonché alle caratteristiche delle persone alle quali viene affidata la tutela dei minori.
Il Ministero ha riorganizzato recentemente, insieme al Ministero della solidarietà sociale, l'osservatorio delle politiche per l'infanzia, che si insedierà nelle prossime settimane e che, tra l'altro, ha il compito, insieme al centro di documentazione dell'istituto degli innocenti, di monitorare tutte le politiche per l'infanzia e le politiche per l'adolescenza nel nostro Paese, mettendo ovviamente in evidenza le buone pratiche, ma anche non sottacendo il verificarsi di casi come quello del quale, purtroppo, ci stiamo interessando in questa sede.
Allo stesso modo è funzionante e in via di ristrutturazione l'osservatorio contro la pedofilia e l'abuso nei confronti di qualunque minore con l'istituzione di una banca dati che viene considerata una buona pratica segnalata anche a livello internazionale dal Consiglio d'Europa.
Credo che da questo punto di vista il nostro Paese, anche grazie all'azione svolta dalla nostra Polizia postale, abbia dato prova non solo di nessun tipo di cedimento, ma anche di importanti risultati ottenuti in questi ultimi mesi e in questi ultimi anni.
È chiaro che ci troviamo di fronte a programmi degli enti locali che vanno assolutamente monitorati e nei confronti dei quali, probabilmente, sarà necessario, anche in sede di Conferenza Stato-regioni, stabilire dei criteri di qualità e di accreditamento delle associazioni di volontariato e delle figure professionali coinvolte nell'attuazione di questi programmi.
Mi auguro che nelle prossime ore la Conferenza unificata vari una sperimentazione per il rilancio dei consultori, che consideriamo, da questo punto di vista, anche la sede nella quale realizzare una formazione per gli operatori, soprattutto dell'infanzia, dimenticata in questi ultimi anni.
Dopodiché è evidente che la responsabilità non può che essere in capo allePag. 39singole amministrazioni locali per i programmi locali. Confido sulla sua cultura autonomista e federalista per condividere con me questo elemento, evidentemente. Credo che dobbiamo dotarci di tutti gli strumenti che diano garanzia e sicurezza e valutino la qualità dei programmi, ma la gestione degli stessi non può che essere di competenza degli enti locali.
Per quanto riguarda l'affido, anche in relazione alle mie competenze sulle adozioni, stiamo predisponendo dei programmi per la valutazione e il monitoraggio dei risultati e delle buone relazioni genitoriali e familiari sia degli affidi che delle adozioni, perché riteniamo che, mentre siamo dotati di legislazione e di programmi che ci consentono di intervenire per una valutazione preventiva, sicuramente dobbiamo ancora compiere molta strada per un serio monitoraggio dei risultati ottenuti nella vita e nella crescita dei bambini e dei ragazzi, sia di quelli che hanno la possibilità di usufruire di programmi di affidamento, sia di quelli oggetto di vera e propria adozione.
PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di replicare.
GIANLUCA PINI. Signor Ministro, partiamo da quella che lei ha citato come la nostra innata cultura federalista. Indubbiamente, per noi questa autonomia decisionale, anche e soprattutto nel campo dei servizi sociali, se ben gestiti, è un faro per noi.
Però, proprio perché abbiamo ben chiari i crismi di un sistema federale, sappiamo che ci sono anche strumenti, come l'intervento dello Stato federale, da utilizzare qualora le autonomie non rispondano ai criteri principali e ai principi fondamentali del foedus, l'unione di un Paese.
Non sono soddisfatto totalmente, ma parzialmente. Devo dire che posso cogliere qualcosa di positivo nella sua replica: in primis, il fatto che lei abbia sempre citato la famiglia. Questo era un buon inizio, dal mio punto di vista, per una risposta, che però non è arrivata.
L'applicazione della normativa nazionale, con tutto ciò che determina a livello di autonomie locali, secondo il titolo della legge, prevede: «Diritto del minore ad una famiglia». Che si tratti di affido temporaneo o definitivo, bisogna sempre affidare una persona estranea (un bambino, un minore) ad una famiglia.
Non ci è mai stato chiarito - nutriamo in proposito dubbi e sospetti - il perché, nonostante tutta una serie di famiglie, nel comune di Forlì, fossero in attesa di avere in affido, anche solo temporaneamente, per qualche ora al giorno, minori con disabilità, queste siano state scavalcate deliberatamente (e poi le dirò perché «deliberatamente») e il minore sia stato affidato ad un single. Capiamo che vengono esercitate pressioni da parte della politica, da parte dell'estrema sinistra; pressioni che in qualche modo vogliono equiparare non solo le coppie di fatto, ma addirittura i single alla famiglia, il che non può essere. Sappiamo benissimo - e non lo diciamo solo noi della Lega, ma lo sostengono tutti gli studi in materia - che, quando manca la figura materna in un nucleo familiare, poi diventa molto difficile crescere un bambino o una bambina.
Mi richiamo dunque al primo passaggio della mia replica. Mi sarei aspettato perlomeno che lei avesse dichiarato di voler verificare la situazione, anche senza poter né commissariare l'ente né operare chissà quali interventi sul comune di Forlì. Lei si è invece limitato a chiarire che è in corso un'indagine amministrativa. Forse, però, nessuno le ha riferito che l'indagine amministrativa è un'iniziativa del comune che verifica cosa ha fatto il comune stesso. È il controllore che controlla se stesso: mi sembra onestamente un po' una presa in giro! Una presa in giro soprattutto dopo le «giravolte» politiche del sindaco di Forlì: prima, tirata in ballo sulla effettiva efficienza dei servizi sociali, il sindaco li ha difesi a spada tratta senza nemmeno conoscerli; poi però, l'assessore e il dirigente competente, due giorni dopo, l'hanno smentita, perché davanti ad un pubblico ministero hanno riconosciuto di essere andati oltre la legge. Quando un entePag. 40locale, quando persone di massima responsabilità all'interno di esso, come l'assessore e un dirigente, riconoscono di essere andati oltre la legge, mi aspetterei, da parte del suo Ministero, perlomeno - visto che la legge-quadro ha carattere nazionale - un intervento, un'ispezione, un qualsiasi atto che dia un segnale. Ministro, non sono qui per fare polemica: siamo qui per cercare in qualche modo di trasmettere - a quelle famiglie che aspettano l'affido anche solo temporaneo dei bambini e a quelle altre che hanno bambini con problemi e che sono costrette a darli in affido - un segnale di chiarezza, di tutela dei minori, di tutela della serietà e della legalità in questo Paese.
Se il sindaco di un comune, dopo aver subito (non dico «provocato», ma «subito») un caso così «pesante» all'interno della propria amministrazione, non trova di meglio da fare che difendere per partito preso i servizi sociali dimostrando di non conoscerli e sa solo promettere di attivare una commissione comunale per controllare gli interventi del comune in materia di affido, ciò rappresenta una «presa per i fondelli»! Anche nei confronti del suo Ministero! Anche nei confronti della legislazione nazionale! È questo che non mi può assolutamente far dire che la sua risposta mi trova soddisfatto.
Mi auguro sinceramente che, con un qualsiasi atto legislativo o anche con una semplice circolare, lei voglia chiarire, alla luce di un fatto così grave, che la massima priorità nell'affido di minori o di giovani che comunque soffrono di disabilità o di situazioni di disagio debba essere attribuita alle famiglie, che i single sono solo ed esclusivamente l'ultima possibilità qualora non vi siano più famiglie disponibili ad accettare gli affidi. Altrimenti, si degenera nel malcostume delle segnalazioni fatte dagli amici degli amici, cioè da queste associazioni di volontariato che fanno il bello e il cattivo tempo ricevendo soldi pubblici e determinando questi risultati. Di più: sarebbe bene, da parte del suo Ministero, che sia fornito un altro chiarimento; qualsiasi tipo di affido, anche quelli temporanei, dovrebbe obbligatoriamente comportare una valutazione da parte di uno psicologo che tracci un profilo dei richiedenti. In tal modo potremmo evitare sicuramente che casi così odiosi si ripetano in futuro.