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Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 553-A ed abbinate.
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è svolto un ulteriore intervento sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 1.
(Ripresa esame articolo 1 - A.C. 553-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Malfa. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, una discussione parlamentare di proposte di legge che riguardano la modifica della Costituzione è di tale importanza, che impegna tutti i settori del Parlamento ad un esame attento, ad un ascolto delle posizioni reciproche e ad una volontà di entrare nel merito della legislazione e giustifica la partecipazione così ampia dei colleghi al dibattito sulle proposte emendative e sull'articolato al nostro esame.
Non sfuggirà ai colleghi della maggioranza, al signor Presidente della Camera, al rappresentante del Governo, che tale discussione sulla Costituzione - cambiare la quale richiede un procedimento legislativo lungo e complesso - avviene in una situazione politica piuttosto paradossale. Il Parlamento, infatti, è chiamato ad esaminare eventuali modifiche della Carta costituzionale, quando tutti i giorni il Governo mostra una condizione di debolezza, che è resa manifesta dai contrasti interni e dall'impossibilità di procedere (come abbiamo visto ieri su un tema di enorme importanza come le misure per la sicurezza dei cittadini). Ci troviamo in un momento in cui il Governo rivela, per così dire, delle crepe interne molto aspre, che in altri momenti avrebbero portato alle dimissioni dei protagonisti di tali scontri o alle dimissioni del Governo, qualora tali protagonisti non fossero stati in grado di regolarli tra loro.
Dico tutto ciò, signor Presidente, per far notare che c'è un aspetto paradossale in questa nostra discussione. Oggi il Parlamento si avvia ad un esame, che richiede un lungo periodo davanti a sé, di due deliberazioni conformi delle Camere, mentre la situazione politica preme, dà segni di scollamento e probabilmente l'interlocutore che vediamo oggi seduto al banco del Governo sarà presto diverso nelle persone o nella composizione. Questa è una prima considerazione preliminare all'esame del testo che ci è stato consegnato.
Vi è una seconda considerazione che entra nel merito del problema. L'onorevole Sesa Amici nella sua relazione sostiene una cosa che condivido e che vorrei sottolineare, ma dalla quale poi discende una conclusione ben diversa da quella che ci viene sottoposta.
L'onorevole Sesa Amici sostiene che bisogna riconoscere la validità della Carta costituzionale dell'Italia post-bellica, di cui corre quest'anno il sessantesimo anniversario, e che ciò impone una grande misura di prudenza nel considerarne le modifiche. Onorevoli colleghi, io condivido profondamente queste parole. Il mio movimento politico, il Partito repubblicano, non ha mai incoraggiato i tanti discorsi che da vent'anni si fanno sulle modifiche costituzionali, perché la Carta costituzionale delPag. 351948 è un documento fondamentale, meditato in tutte le sue parti e che non merita certamente di essere liquidato. Soprattutto non merita di essere modificato ad ogni legislatura e ad ogni cambiamento di maggioranza.
Questa è la ragione per la quale, lo ricorderà bene l'onorevole Violante, non votammo le modifiche costituzionali proposte dal centrosinistra nel 2001, e non abbiamo votato a favore delle modifiche costituzionali proposte dalla maggioranza di cui facevamo parte nel 2001-2006, perché ci sembrava che la Costituzione italiana meritasse un intervento molto meno frequente e più meditato piuttosto che interventi casuali.
Onorevole Sesa Amici, se così è, se conveniamo che la Costituzione del 1948 costituisce un complesso unitario, meditato profondamente rispetto alla storia e alle esigenze del nostro Paese, allora non possiamo continuare con piccoli interventi e aggiustamenti, come quelli che si fanno nella legislazione ordinaria. Non possiamo pensare ad una modifica costituzionale come questa, così limitata ad alcuni aspetti, negando con ciò quanto lei stessa ha affermato, vale a dire che la Costituzione è un castello costruito meditatamente sulla storia della Repubblica italiana, sulle lotte che hanno portato alla Repubblica e alla libertà, su cui non si può scherzare. Non si può cambiare oggi un certo articolo e domani un altro.
Qualora ci si accinga a questo sforzo, di cui forse l'Italia non ha bisogno (ma che noi comunque rispetteremo, se il Parlamento volesse intraprenderlo), bisogna farlo, onorevoli colleghi, con un senso di completezza. Si può esaminare la prima parte, si può esaminare la seconda, il Titolo V, ma bisogna considerare il tutto nel suo insieme. Non possiamo fare una modifica che riguarda la denominazione del Senato, o i poteri del Presidente della Repubblica, o la nomina del cosiddetto Senato federale, o i procedimenti legislativi, senza un disegno complessivo.
Onorevole Sesa Amici, onorevole Violante, qual è il disegno complessivo? Gli stessi relatori sono ben consapevoli dei nodi che il testo ha lasciato aperti. Se la Commissione e i relatori constatano che vi sono dei nodi aperti, come possono investire l'Assemblea di un problema di una tale portata? Com'è possibile, ripeto, investire l'Assemblea, senza un adeguato lavoro preliminare delle Commissioni, dove sono rappresentati tutti i gruppi, dove deve essere possibile arrivare ad una visione complessiva di questi problemi. Voi vi presentate in Aula e affermate, nella relazione, di sperare nella intersezione fra le forze politiche.
Si è detto, l'onorevole Violante lo ha ripetuto più volte, che le modifiche costituzionali andrebbero concordate con una larga maggioranza delle Camere, vale a dire possibilmente con l'accordo tra maggioranza e opposizione. Non ho mai fatto discorsi di questo genere perché so che la lotta politica è molto complessa e possono non esservi le condizioni, ma pensare, onorevoli colleghi, che si possa affrontare la riforma costituzionale «per intersezione», pensando che su un articolo si formi una maggioranza trasversale di un tipo e su un altro una maggioranza trasversale di altro tipo, equivale ad una condanna della Carta costituzionale!
Allora, onorevole Sesa Amici, sarebbe meglio non dire che la Carta costituzionale del 1948 ha quel grande valore, che giustamente lei gli attribuisce, se poi pensiamo che la si possa «sbocconcellare», per così dire, modificare, a seconda delle combinazioni mutevoli delle maggioranze costituite per intersezione.
Onorevoli colleghi, queste sono le prime considerazioni che sento di dover svolgere. Perché, onorevole Violante, all'esame dell'Assemblea viene sottoposto un testo così? Perché all'interno della maggioranza di questo Parlamento non vi è un consenso e non mi pare che vi siano le condizioni per trovare un'intesa più larga tra la maggioranza e l'opposizione o tra una larga parte della maggioranza e la maggior parte delle opposizioni.
Signor Presidente della Camera, signor rappresentate del Governo, affrontare il tema di una riforma costituzionale in condizioni politiche così fragili e deboli èPag. 36un errore molto grave, specialmente per quanti ritengono che la Carta costituzionale sia un documento fondamentale da non modificare con troppa leggerezza! Vi è una contraddizione nelle posizioni della maggioranza che afferma che la Carta costituzionale è intoccabile nei suoi fondamenti, e poi sostiene di volerla modificare «per intersezione»!
Espongo ora due considerazioni di merito sul progetto in discussione che sono molto importanti. La prima, onorevoli colleghi, attiene a uno dei due nodi della proposta legislativa, l'articolo 92 della Costituzione che leggo nel testo che viene proposto: «Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri (...)». Leggo ora il testo dell'articolo 92 scritto dai costituenti: «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri».
Onorevoli colleghi e relatori, cosa intendete dire con questa modifica costituzionale? Volete dire che il Presidente della Repubblica ha un potere attenuato, vale a dire che nomina il Presidente del Consiglio, ma lo nomina valutati i risultati delle elezioni per la Camera? Ma credo che questo sia stato fatto da qualunque Presidente della Repubblica in tutta la lunga storia della Repubblica italiana! Potete immaginare che un Capo dello Stato abbia nominato il Presidente del Consiglio senza tener conto dei dati politici ed elettorali? Cosa volete sostenere allora? Volete scrivere che il Presidente della Repubblica non ha la libertà di nominare il Presidente del Consiglio perché deve valutare i risultati delle elezioni e, se i risultati delle elezioni indicano - in maniera confusa naturalmente perché la Costituzione non lo consente - di eleggere il capo della coalizione di destra o il capo della coalizione di sinistra, si guardi bene il signor Presidente della Repubblica dal non tenere conto di questo? Ma voi volete preparare le condizioni dell'impeachment dei futuri Presidenti della Repubblica, che già oggi, in questa sgangherata vita politica del nostro Paese, sono sottoposti a una dose di polemica eccessiva! Volete che la metà del Paese o del Parlamento si levi per sostenere che nel nominare quel Presidente del Consiglio, il Capo dello Stato non ha valutato i risultati delle elezioni politiche? E chi è il giudice del Presidente della Repubblica, che può giudicare se egli abbia valutato o meno le condizioni politiche e i risultati delle elezioni?
Voi volete sfasciare le istituzioni del nostro Paese! Onorevole Sesa Amici e onorevole Violante, altro che difendere l'impianto della Costituzione! L'impianto della nostra Carta fondamentale, che è una Costituzione parlamentare, assegna al Presidente della Repubblica il compito alto di assicurare l'equilibrio politico della vita del Paese ed egli, scelto dalla maggioranza (assoluta o qualificata) del Parlamento, deve valutare le condizioni elettorali, politiche, economiche e sociali che gli consentano di trovare un punto di equilibrio fra le posizioni indicate dal Parlamento e di individuare chi possa guidare stabilmente il Paese. Volete eliminare questo punto di garanzia? Ma allora, onorevoli colleghi, dobbiamo cambiare la Costituzione e affrontare il nodo politico che è la ragione per la quale la riforma costituzionale non può funzionare e non è andata avanti in questi anni: vogliamo una Repubblica parlamentare o una Repubblica presidenziale?
Parlo a nome di una forza politica che nella sua lunga storia ha avuto sostenitori autorevoli dell'una o dell'altra tesi. Mio padre, Ugo La Malfa, Oronzo Reale e Bruno Visentini sono stati fermi difensori - come sono io - dei Governi parlamentari e del ruolo del Parlamento. Altri, come Randolfo Pacciardi e Leo Valiani, sono stati sostenitori del presidenzialismo, ritenendo che il valore della governabilità e della forza dell'Esecutivo in un certo senso fosse troppo attenuato dal peso del Parlamento.
Possiamo scegliere una strada o l'altra, ma non possiamo oscillare tra le due e mantenere l'impianto del sistema parlamentare per porci sopra l'elezione diretta del Capo del Governo e, su tale elezione,Pag. 37aggiungere il premio di maggioranza, ovvero pensare di introdurre le modifiche sostanziali della Costituzione via riforma elettorale. Questo, infatti, è un errore profondo, onorevoli colleghi, dal quale ci saremmo dovuti astenere - o meglio vi sareste dovuti astenere - da molti anni.
Mi chiedo quale legge elettorale volete, in quanto essa rappresenta il nodo del sistema politico e non i poteri del Presidente della Repubblica. Qual è la legge elettorale? Se la legge elettorale è quella che abbiamo fin dal 1994 - ovvero la legge Mattarella o la legge Calderoli, identiche in ordine al funzionamento istituzionale - e se per avere la maggioranza si deve avere un'amplissima coalizione costruita prima delle elezioni e prima che si formi il Parlamento, allora, onorevoli colleghi, potete scrivere tutte le volte che volete che il Presidente del Consiglio riceve la fiducia prima di nominare i Ministri.
Vorrei vedere se il Presidente Prodi non avesse nominato centotré sottosegretari, se non sarebbe caduto otto mesi o un anno fa. Se si è, infatti, espressione di una frantumazione - come quella a cui assistiamo - è chiaro che le dimensioni del Governo sono il frutto di quella frantumazione.
Voi pensate che se scrivete che il Presidente del Consiglio riceve la fiducia, egli potrà nominare un Esecutivo come Sarkozy o Bush? Potete pensare che sia sufficiente stabilire che egli ha un potere quando, in realtà, gli viene tolto, poiché per ottenere il premio di maggioranza (o la maggioranza nei collegi uninominali della legge Mattarella) ha bisogno di uno schieramento, il più frastagliato, diverso ed esteso possibile e, dunque, il più contraddittorio e incapace di dare governabilità al Paese?
Questi sono i problemi che voi affrontate. Onorevole Violante, pensate che possiamo apportare un cambiamento alla Costituzione se vi sono punti di incertezza così fondamentali, in quanto non sappiamo se vogliamo andare in una direzione o nell'altra? Vuole la maggioranza del Parlamento - mi riferisco non alla larga maggioranza del Parlamento, ma alla maggioranza attuale - andare in direzione del presidenzialismo? Lo dica con chiarezza! Vuole, invece, costituire una Repubblica parlamentare? Allora vada verso un sistema parlamentare, come si dice troppo spesso, di tipo tedesco, comunque verso un sistema che rimetta al Parlamento e al Presidente della Repubblica la funzione della scelta del Presidente del Consiglio, della formazione delle maggioranze e di tutto ciò che ha rappresentato la forza e la nobiltà della prima Repubblica nei suoi primi cinquant'anni e che noi abbiamo vissuto.
Questo è il primo ordine dei problemi. Sarebbe sufficiente l'articolo 14 del provvedimento in esame, onorevoli colleghi e onorevole Violante, perché i repubblicani dicessero «no» a tutto l'impianto. Ci mancherebbe solo, infatti, che indebolissimo uno dei pochi punti di riferimento della Repubblica, ovvero la posizione del Presidente della Repubblica, impartendogli le direttive su quali giornali debba leggere e su quali notizie debba attingere prima di decidere chi sarà il Presidente del Consiglio.
Vi è, inoltre, un secondo insieme di problemi che tratto molto brevemente, ma che ha trattato in modo molto ampio e con molto senso politico l'onorevole Cirino Pomicino nel suo intervento ovvero la storia del Senato federale. Ho molto apprezzato, onorevole Sesa Amici, la sua deliziosa dichiarazione sul Parlamento federale. La nuova denominazione evidenzia la volontà di individuare nel Senato l'organo costituzionale che connota la scelta in senso federalista del progetto di riforma.
Secondo lei, pertanto, non sono i nomi ad essere conseguenza delle situazioni, ma le situazioni sono conseguenza dei nomi: affermate che allo Stato non si possano conferire poteri federalistici veri e propri, ma che si possa attribuire al Senato l'aggettivo «federale». Questo è il modo di modificare la sacra Costituzione della Repubblica? Come la modifichiamo?
L'onorevole Cirino Pomicino, giustamente, affermava che per avere un Senato federale è necessaria una federazione diPag. 38Stati. Avete già deciso, onorevoli colleghi, che l'Italia si dissolve in una serie di Stati, che si riuniscono tra loro con un trattato federale e stabiliscono i poteri del governo federale e del Senato federale? Siamo arrivati a questo grado di follia? Oppure pensate di potere usare nella Costituzione parole che hanno un peso nella storia (come la parola «federale») e che ciò non abbia conseguenze dissolutrici?
Per quale ragione polemizzate con la Lega Nord, sostenendo che essa vuole dissolvere il Paese, se la inseguite su questo terreno? Noi non siamo d'accordo! Non crediamo che si possa definire «federale» un Senato di un Paese unitario, che deve avere autonomie regionali e locali, ma che non può negare di essere una nazione, dalla Lombardia alla Sicilia, dal Piemonte alla Puglia: altrimenti, viene meno la nostra storia, che è una storia di unità, conseguita a difficile prezzo e che non può essere buttata via!
Onorevole Violante, mi rivolgo a lei: parliamo di Stato «federale» e poi, invece di far eleggere i rappresentanti federali delle regioni del Nord e delle regione del Sud, li facciamo nominare dai consigli regionali! Possono farlo? Hanno un compito limitato e devono legiferare sui loro problemi, invece si prevede che esprimano il vertice della Repubblica, che eleggerà il Presidente della Repubblica, in questa maniera! Onorevoli colleghi, questo è il modo di pensare la riforma costituzionale o è un'avventura?
Mi avvio alla conclusione del mio ragionamento. Rivolgo una domanda, onorevoli colleghi, a tutto il Parlamento, alla sinistra e al centrodestra: siamo sicuri che la priorità di oggi sia la riforma costituzionale? Siamo sicuri che i problemi del nostro Paese troverebbero una soluzione se noi, per due anni e in quelli successivi, lavorassimo per scrivere una diversa Costituzione? Oppure vi è qualcosa di più urgente, come ad esempio - lo affermava questa mattina l'onorevole Napoli nel suo bellissimo intervento - la condizione del «caro pane», del «caro benzina» e della precarietà del lavoro? Oggi ci sono o no problemi drammatici nella vita del Paese? Vi è l'emarginazione dell'Italia in Europa, la sua perdita di peso, il discredito: aspettiamo due anni per affrontare e risolvere tali problemi, dopo che abbiamo riformato la Costituzione?
Onorevole Violante, è questa la priorità del Paese o vi è una priorità politica? E qual è la priorità politica? Le priorità politiche vengono prima delle priorità istituzionali e, forse, le condizioni politiche potrebbero aiutarci ad affrontare i problemi istituzionali: ma se pensiamo di dovere risolvere i problemi istituzionali per poi risolvere i problemi politici, i pensionati, i giovani precari e i malati attenderanno decenni prima di ricevere una risposta. Vi sembra che un Parlamento possa rispondere agli italiani che l'urgenza principale è una riforma costituzionale che, nella migliore delle ipotesi - se il Governo non cade prima e la legislatura non finisce - richiede tre anni? Vi pare una risposta del Parlamento italiano all'altezza dei problemi? La risposta deve essere politica.
Onorevoli colleghi, mi rivolgo a tutti: riteniamo che il Parlamento italiano abbia sbagliato strada l'anno scorso, all'indomani delle elezioni, che indicavano sostanzialmente un risultato di parità. Il centrosinistra, che aveva la maggioranza, doveva raccogliere la disponibilità che era stata data dall'opposizione e, in particolare, dall'onorevole Berlusconi, a tentare una coalizione più larga ed eravamo indirizzati in questa direzione anche dall'esperienza della vicina Germania, che ha votato qualche mese prima di noi.
Non volete che vi si ricordi, colleghi del centrosinistra, che in Germania, nel suo Parlamento, la coalizione che qui ha governato il Paese in questi anni gode di una maggioranza molto più confortevole, circa 350 voti su poco più di 600, se si sommano i socialdemocratici, i verdi e l'estrema sinistra di Gysi e di Lafontaine.
Eppure, il partito socialdemocratico, pur perdendo addirittura il cancellierato, ceduto alla signora Merkel, ha voluto formare un Governo di unità nazionale. Perché in Italia questa opzione non è stata considerata? Professor Prodi, lei nonPag. 39crede che la fine misera che sta facendo in questa seconda esperienza di Governo sia figlia dell'avere scartato, senza un momento di valutazione, una riflessione sui dati emersi dalle urne. Che cosa impediva all'Italia di seguire la stessa strada? L'ho chiesto molte volte, ma non ho ricevuto alcuna risposta.
Vi è poi un altro esempio, quello della vicina Francia, in cui ha vinto le elezioni l'onorevole Sarkozy e vige un modello presidenziale, diverso dal parlamentarismo tedesco. Ha vinto Sarkozy, ma all'indomani delle elezioni, a seguito delle quali il povero partito socialista risultava sconfitto, diviso e debolissimo, egli ha nominato Ministro degli esteri Kouchner, ha mandato al Fondo monetario Strauss-Kahn e ha nominato presidente della commissione che deve studiare le riforme di struttura della società francese Jacques Attali, uno degli esponenti di punta del pensiero socialista.
Onorevoli colleghi, mi sono domandato e chiedo a voi: perché lo ha fatto? Perché Sarkozy, che aveva vinto con una maggioranza più forte di quella con cui aveva vinto Prodi, sceglie Attali e i socialisti e li porta nella sua coalizione? Lo fa per indebolirli? Non ne ha bisogno, perché non ci sono elezioni in vista in Francia. Lo fa per il gusto di vederli litigare? Non mi pare. Oppure lo fa perché sente che la modificazione profonda di una società vecchia come la Francia, le cui condizioni sono vecchie, come emerge dai dati economici, richiede un consenso più ampio di quello che solo i suoi elettori del centrodestra gli hanno dato?
Egli cerca di avere il consenso di una parte che si colloca nel centrosinistra francese. Allo stesso modo, la Merkel e i socialisti tedeschi hanno pensato di avere bisogno di una coalizione più ampia. Non è un caso, onorevoli colleghi, se i bilanci tedesco e francese vanno meglio di quello italiano. Non è un caso se ci sono segni di ripresa più forte nell'economia tedesca e in quella francese.
Nel mondo dell'Europa continentale i tre Paesi malati sono considerati l'Italia, la Francia e la Germania. Onorevoli colleghi, se la Germania e la Francia imboccano una strada - mi rivolgo all'onorevole Veltroni, da una parte, e a Silvio Berlusconi, dall'altra -, non pensate che anche il nostro Paese abbia bisogno di uno sforzo di unità nazionale di fronte a problemi che si dimostrano irrisolti sia che governi la destra da sola, sia che governi la sinistra da sola?
Non credete che uno sforzo di unità nazionale sia la risposta ai problemi, che non può venire dalle riforme costituzionali, che non sono il problema del Paese? È questo l'appello che mi sento di rivolgere.
Non so se ci sarà un Governo domani o se si impediranno le elezioni nei prossimi mesi, ma so che prima o poi le grandi forze politiche - parlo a nome di una forza di minoranza - rappresentative del centrosinistra e del centrodestra avranno la responsabilità davanti al Paese di trovare una risposta comune, pena la sconfitta del Paese e la perdita di peso che registriamo tutti i giorni e che è emersa dai dati disperati che ci ha fornito il collega Osvaldo Napoli.
Onorevoli colleghi, non è la riforma costituzionale il centro del problema. Come sempre, nei momenti difficili della vita di un Paese, è la politica che deve farsi sentire. La politica, però, non è l'arida riscrittura delle norme: è la capacità degli uomini di vedere i problemi, di unirsi in uno sforzo solidale e di rispondere alle attese, da troppo tempo deluse, degli italiani, che mostrano, non a caso, stanchezza nei confronti della vita politica. L'appello che facciamo è che questa sia la risposta alta che il Parlamento italiano sia capace di dare oggi ai suoi problemi.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, colleghi, prendo la parola dopo essermi consultato con i due colleghi relatori del testo unificato in esame.Pag. 40
Sinora hanno parlato 17 colleghi e ancora 74 sono iscritti a parlare: su un tema di tale importanza non è assolutamente fuori dal comune che siano numerosi gli iscritti, ma certamente lo svolgimento di tutti gli interventi comporterebbe sostanzialmente cinquanta ore di lavoro in fase di discussione sull'articolo 1, quindi altri sette, otto o dieci giorni di lavoro.
Sinora il corso del dibattito è stato molto utile per noi che abbiamo impostato questo provvedimento e lo abbiamo presentato in Assemblea con il voto favorevole del centrosinistra e l'astensione di tutte le forze del centrodestra. Sottolineo tale aspetto perché l'astensione, evidentemente, è stata decisa responsabilmente per esprimere un voto unitario della coalizione di opposizione, anche se all'interno di essa si registravano posizioni distinte (più propense per il voto contrario da parte di Forza Italia, più inclini al voto favorevole o all'astensione da parte di altre componenti dell'opposizione).
In questo quadro, è stato particolarmente significativo l'intervento svolto ieri dal presidente Bruno, il quale ha chiesto un ulteriore confronto all'interno del Comitato dei nove su posizioni espresse dall'opposizione; in particolare, egli ha chiesto che il Comitato dei nove discutesse, considerasse ed eventualmente approvasse proposte ulteriori dell'opposizione.
Riteniamo che si tratti di una proposta seria, che va accolta: dobbiamo tenere conto che, se continuassimo l'esame del testo unificato in Assemblea per una decina di giorni, non potremmo certamente svolgere questo tipo di lavoro e, quindi, dobbiamo scegliere cosa fare. Ci pare che potrebbe essere utile, se il Presidente e l'Assemblea lo ritengono appropriato, sospendere i lavori per l'esame del testo attuale, fare in modo che il Comitato dei nove possa riunirsi disponendo di tempo, per poi decidere un'ulteriore calendarizzazione, magari a novembre o quando il Presidente o la Conferenza dei presidenti di gruppo lo riterranno opportuno.
In ogni caso, signor Presidente, sento il dovere di chiarire alcuni punti politici che sono stati posti, da ultimo dal collega La Malfa, ma anche da altri colleghi.
Innanzitutto, molti colleghi sono intervenuti affermando che vi è una situazione politica generale confusa e incerta e che l'approvazione del provvedimento o il suo ulteriore esame comporterebbe una sorta di aiuto al Governo (Commenti). È stato anche affermato che la finalità sostanziale del provvedimento sarebbe quella di «aiutare» la legislatura.
Voglio affermare con chiarezza che questo provvedimento doveva essere esitato prima della pausa estiva: il 31 luglio, sempre il collega presidente Bruno - la citazione è un omaggio alla sua autorevolezza - intervenne sul punto, come riporta il resoconto della Commissione: «Donato Bruno prende atto che, all'interno della minoranza, si registrano posizioni divergenti sulla revisione dell'articolo 70 della Costituzione, pur nella condivisione del superamento del bicameralismo perfetto. Allo stato, la sua parte concorda e chiede poi che si rinvii...
ELIO VITO. Allora andiamo avanti!
PRESIDENTE. Deputato Elio Vito, lasci proseguire: quando il presidente Violante avrà terminato, chiederà la parola.
Presidente Violante, la prego di proseguire.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione.... e chiede poi che vi sia il rinvio dell'esame e il ritiro degli emendamenti da parte di tutte le parti politiche». Il rinvio vi fu e il ritiro degli emendamenti da parte di tutte le parti politiche anche e siamo arrivati a settembre.
A settembre l'opposizione chiese altri quindici giorni, se non ricordo male, per presentare emendamenti, termine che naturalmente fu accordato.
Poi, mentre pendeva in Assemblea l'esame di un decreto-legge sulla circolazione stradale, se non ricordo male, e si correva il rischio che decadesse, si svolse la Conferenza dei presidenti di gruppo nelPag. 41corso della quale i colleghi di maggioranza chiesero che questo provvedimento venisse calendarizzato per il 22 ottobre. In quella sede non vi fu alcuna opposizione da parte dei colleghi di centrodestra, né vi fu nel momento in cui decisero l'astensione, anzi, i colleghi del centrodestra chiesero che venisse congiuntamente trasmesso alla Camera il provvedimento relativo alla riforma elettorale.
Il Presidente della Camera informò i colleghi e chiese alla Commissione affari costituzionali quale fosse l'orientamento in ordine a tale trasferimento. Ci siamo consultati, abbiamo discusso e il presidente della Commissione ha scritto al Presidente della Camera ritenendo che la posizione della Commissione fosse quella di valutare l'andamento dei lavori al Senato: se possono proseguire in modo abbastanza celere, tanto di guadagnato, altrimenti si valuti se qui non vi siano condizioni diverse che consentano un esame più rapido di quel tipo di provvedimento.
Questa è la ragione per la quale siamo arrivati ad una tale decisione e quindi non vi è stata nessuna utilizzazione strumentale di questo tipo di proposta.
Sulle questioni più specifiche che sono state proposte e che ci aiutano a riflettere...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, perché?
PRESIDENTE. Tenga conto che sta parlando sull'ordine dei lavori. La prego di concludere.
LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, non avevo chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori. Avevo chiesto di parlare l'ho detto a lei anche in sede di ...
PRESIDENTE. Si, ma come è stato fatto notare, siccome è stata avanzata una proposta per evitare inutili...
LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, se non posso parlare...
PRESIDENTE. Siccome lei ha avanzato una proposta sull'ordine dei lavori, la prego di tenerne conto.
LUCIANO VIOLANTE. Presidente della I Commissione. Signor Presidente, mi posso fermare qui, ma siccome alcuni colleghi hanno posto alla Commissione una serie di questioni politiche sulle quali la Commissione deve intervenire, intendevo sottolineare alcuni aspetti. Ma se ciò non è possibile, non insisto.
Su un punto soltanto, signor Presidente, mi vorrei soffermare ed è quello attinente alla questione relativa alla ripartizione di competenze prevista all'articolo 117 della Costituzione. In Commissione ho annunciato che, subito dopo, avremmo esaminato l'articolo 117, anche in questo caso con due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione - il collega Piazza e il collega Stucchi - per analizzare una parte dopo l'altra.
L'ultima questione riguarda la ragione del «no» alla riforma del centrodestra. Era una riforma generale sulla quale era difficile esprimersi con un giudizio unitario ed è per questo che abbiamo ritenuto che fosse meglio, anche per chi non era d'accordo, richiedere il referendum e procedere per parti circoscritte che avessero una loro autonomia.
Definito un tale aspetto, si può affrontare l'articolo 117, dopo il quale, se vi è consenso, si affronteranno altre parti.
Il punto di fondo è il seguente: bisogna dare la possibilità di proseguire con interventi omogenei, sui quali ci si possa pronunciare in modo omogeneo. Abbiamo bisogno, cari colleghi, di rendere il nostro sistema veloce e competitivo. Dobbiamo competere con Francia, Spagna e Germania, che decidono in tempi enormemente inferiori rispetto ai nostri. Dobbiamo restituire all'Italia la capacità di competere. Questa riforma ha una tale ambizione: dateci i suggerimenti necessari per conseguire l'obiettivo!Pag. 42
O la democrazia decide o non è democrazia, perché in quel caso decidono altri fuori dal meccanismo della rappresentanza e del controllo. Questo è il dramma politico in cui ci troviamo in questo momento.
La riforma vuole realizzare questo obiettivo, che credo stia a cuore a tutti in quest'Aula, dall'estrema sinistra all'estrema destra e rappresenta uno strumento per raggiungerlo. Ci è stato detto di confrontarci su altre proposte: bene, confrontiamoci pure. È per un simile scopo e per questa ragione soltanto - chiedo scusa per il tempo che ho portato via all'Assemblea - che riteniamo che potrebbe essere opportuno a questo punto sospendere il dibattito sul provvedimento - il Presidente deciderà quando calendarizzarlo -, consentendoci di avviare un ulteriore confronto nel Comitato dei nove, che ci consenta di avere strumenti, magari più raffinati, per raggiungere l'obiettivo.
Una democrazia capace di decidere è capace di competere: questo è lo scopo che la Commissione si è posta (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Verdi e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Riassumendo, tenendo conto delle considerazioni del presidente della I Commissione, secondo il quale, sulla base dell'elevato numero di richieste d'intervento sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso riferite (come è stato ricordato dal presidente Violante, hanno parlato diciassette deputati e residuano settantaquattro richieste) e del mancato contingentamento dei tempi di esame del provvedimento nell'ambito del vigente calendario, ritengo come è avvenuto in analoghe precedenti occasioni nel corso della XIV legislatura, che potremmo rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del testo unificato.
In questo caso la Conferenza dei presidenti di gruppo, già convocata per domani, potrebbe decidere le modalità e i tempi per il seguito dell'esame in Assemblea del testo, fermo restando che nel prossimo calendario, ai sensi dell'articolo 24, comma 12, primo periodo, del Regolamento, i tempi dell'esame saranno contingentati.
Tuttavia, il presidente Vito ha chiesto di parlare per un richiamo al regolamento. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, noi siamo d'accordo con la sua proposta, però ritengo che, prima di procedere ad altri punti iscritti all'ordine del giorno, vi sia una necessità che è sorta dall'intervento del presidente Violante, che è uomo troppo esperto e intelligente per non sapere che, se si fosse limitato a chiedere la sospensione dell'esame del provvedimento e il rinvio al successivo calendario, la sua proposta non avrebbe dato luogo a un dibattito.
Tuttavia, nel momento in cui il presidente Violante ha sentito l'esigenza di motivare una richiesta procedurale attraverso un intervento politico, fortemente caratterizzato nei confronti dell'opposizione da un certo modo di fare - che purtroppo non ha come protagonista il solo presidente Violante, perché appartiene allo stile dell'attuale maggioranza: mi riferisco al fatto che si estrapolano frasi di esponenti dell'opposizione dal loro contesto per renderle in tal modo funzionali al discorso della maggioranza, operazione un po' strumentale e non proprio democratica - si avverte la necessità di intervenire politicamente sul merito della questione.
Per questo motivo, le chiedo, signor Presidente, di consentire un intervento per gruppo - ai gruppi che naturalmente intendessero esprimersi - prima di rinviare l'esame del provvedimento.
PRESIDENTE. Sta bene.
Ritengo che si possa accogliere la sua proposta e dare così la parola ai gruppi che lo chiederanno, per un intervento di cinque minuti.
Ha chiesto la parola anche il deputato Benedetti Valentini. Immagino che sia sullo stesso argomento e, dunque, ritengo che possiamo procedere in tal modo. I gruppi che lo chiedono avranno la parola per cinque minuti, prima di procedere alla decisione.Pag. 43
Il deputato Benedetti Valentini ha facoltà di parlare.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, intendo esprimere alcune brevi considerazioni senza eccedere in commenti. Il collega Vito naturalmente mi ha anticipato e ritengo che lei, Presidente, abbia agito correttamente. Mi perdoni, ma addirittura mi sono risentito quando in qualche modo stava per interrompere l'intervento del presidente Violante, perché, con tutto il rispetto per il Regolamento, mi sembrava lecito che motivasse politicamente una decisione di non secondario rilievo concernente l'ordine dei nostri lavori.
Con altrettanta franchezza le do atto di aver correttamente interpretato questo passaggio, dissentendo, in parte di non secondaria importanza, con le motivazioni addotte dal collega Violante all'Assemblea per richiedere ciò che reputo, nella sostanza, un passaggio opportuno, ovverosia un congruo differimento dell'esame del provvedimento nella sua complessità.
Mi sembra inopportuno, e credo rappresenti anche uno scader di livello, il fatto che tra maggioranza ed opposizione ci si rimpalli la responsabilità - ammesso che sia tale - di un rinvio della trattazione dell'argomento.
Sarebbe troppo facile rispondere all'onorevole Violante - il quale afferma che vi sarebbero state posizioni non identiche e sensibilità non sovrapponibili tra i gruppi dell'opposizione - che vi sono state posizioni molto variegate e molto differenziate, anche polemicamente, all'interno della presunta maggioranza di Governo.
In questa fase basterebbe ricordare che, mentre per un verso o per l'altro i gruppi dell'opposizione si sono regolati allo stesso modo in sede di licenziamento dell'atto da parte Commissione (peraltro, ci siamo astenuti, motivando tale posizione), alcuni gruppi della maggioranza non sono intervenuti e hanno ritenuto di non partecipare a quel voto, motivando anche pubblicamente, sugli organi di stampa, la loro posizione di dissenso.
Allora, in questa sede dobbiamo parlare chiaro. I testi costituzionali - lo ha ricordato egregiamente il collega La Malfa - sono qualcosa di troppo alto e di troppo importante perché siano messi al servizio della contingenza politica. Ci si mette mano quando vi sono condizioni politiche adeguate; ma ciò si deve fare con dignità di legislatori costituenti, poiché non si possono piegare le logiche delle regole alte, permanenti e durevoli a quelle della contingenza politica di un Governo che traballa o di una coalizione che «si appiccica» o che vuole prendere il sopravvento.
Quindi, con alto senso delle istituzioni aderiamo all'istanza di rinvio. Vi è, però, un'ultima postilla, signor Presidente, onorevole presidente della I Commissione, colleghi, che desidero apporre.
Se tutto ciò che abbiamo svolto sotto il profilo procedurale servisse soltanto per incardinare per forza il provvedimento - a ciò ero personalmente contrario: l'incardinamento mi sembrava precipitoso e ritenevo che l'atto non fosse maturo, sopratutto per ragioni di sostanza concernenti questo famoso Senato, se vogliamo chiamarlo così, come è prospettato dal testo in esame - solo per ottenere il mese prossimo il contingentamento dei tempi e per limitare drasticamente i tempi di intervento su un argomento di questa portata alla maggioranza, all'opposizione e a singoli parlamentari, allora dinanzi a tutto ciò esprimerei una forte protesta.
Saremmo un Parlamento e potenziali legislatori costituenti non all'altezza della dignità degli argomenti.
Pertanto, affido alla Presidenza, alla Conferenza dei presidenti di gruppo e agli organi regolamentari della Camera, il compito di affrontare tale nodo che è di alta valenza politica e istituzionale.
Se quanto abbiamo fatto - gli interventi e le relazioni - sono serviti soltanto, senza procedere neanche ad un voto, ad incardinare l'argomento come escamotage per tagliare, poi, i tempi del confronto nel mese prossimo, francamente avremmo fatto qualcosa di molto deplorevole!
Mi auguro che, nel rinviare l'argomento ai tempi che la Presidenza riterrà opportuni,Pag. 44troveremo le forme regolamentari e politiche affinché il dibattito si dispieghi nella sua interezza in tutte le condizioni politiche, ma anche nella pienezza di sovranità del singolo deputato e dei gruppi affinché, persino al loro interno, vi sia la massima libertà di espressione su questo argomento, senza la limitazione e il «taglione» dei tempi.
Ho voluto sottolineare un aspetto particolarmente delicato perché su questo dobbiamo intenderci molto chiaramente nel momento in cui andiamo a disporre un ragionevole e ben motivato rinvio dell'argomento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
GIANPIERO D'ALIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, intervengo a nome del mio gruppo per dire che condividiamo la proposta del presidente Violante di sospensione e aggiornamento della proposta di riforma costituzionale, anche se non ne condividiamo le motivazioni.
Ad esempio, signor Presidente, come lei sa, l'UDC, sia in Commissione che in Assemblea, si è confrontato ed intende confrontarsi, come risulta dal fatto che non abbiamo avanzato alcuna richiesta di iscrizione a parlare, salvo un intervento sul complesso degli emendamenti. La nostra posizione è nota e chiara, tuttavia siamo un po' stanchi di continuare - eufemisticamente parlando - a «bere il brodino».
Ritengo, quindi, che il rinvio di una settimana-dieci giorni (perché credo che di questo si tratti) dell'esame in Assemblea, con tempi più efficienti sul piano dell'esame del merito della proposta di riforma costituzionale, sia opportuno. Tale rinvio ci consentirà, infatti, di comprendere se vi sono le condizioni per affrontare tale tema, con l'altro tema a cui è oggettivamente e intimamente connesso, vale a dire la legge elettorale.
Come ricordava molto opportunamente il presidente Violante, vi è una richiesta da parte di quattro presidenti di gruppo delle opposizioni della Camera, volta a sollecitare l'esame della proposta di legge elettorale che va di pari passo con la riforma costituzionale. Al Senato, in Commissione, sembra che qualcosa si stia muovendo. Per la verità, da sei mesi attendiamo segnali di vita sulla vicenda della legge elettorale ed una proposta anche da parte dell'attuale maggioranza di Governo (proposta che non arriva e che ritengo debba giungere in tempi rapidi).
Per tale motivo, quindi, reputo che il rinvio dell'esame della proposta di riforma costituzionale sia opportuno, affinché la maggioranza si assuma la responsabilità politica di una proposta, oltre che sulla riforma costituzionale, anche sulla legge elettorale (perché, sinceramente, non abbiamo capito in che termini la vogliano approntare), affinché tali proposte si possano esaminare contestualmente e si sciolga il nodo al Senato. È, infatti, evidente che, se nel giro di una settimana la Commissione di merito al Senato non sarà nelle condizioni di garantire tempi di esame e di approvazione della legge elettorale, significa che non la vogliono fare; avrà, infatti, inizio la sessione di bilancio, nel corso della quale tale questione non potrà essere più affrontata.
Pertanto, se riprendiamo l'esame della proposta di riforma costituzionale ai primi di novembre, sapremo anche cosa avviene sulla legge elettorale e ciascuna forza politica sarà completamente nelle condizioni di poter esprimere un'opinione. Questo è quanto chiediamo, ribadendo l'esigenza di esaminare, alla Camera, la proposta di legge elettorale qualora, nel giro di una settimana o dieci giorni, il Senato non produca un testo di legge elettorale.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, anch'io brevemente riassumerò le posizioni che la Lega Nord Padania ha tenuto durante questo dibattito. Abbiamo lavorato in Commissione, fornendo un apportoPag. 45che penso sia stato visto da tutti, oggettivamente, come costruttivo, tant'è che abbiamo votato a favore delle disposizioni sul Senato federale per quanto riguarda la sua composizione, mentre non abbiamo votato a favore di altre disposizioni in quanto non le ritenevamo aderenti alla nostra impostazione.
Vorrei, però, svolgere in questa sede alcune considerazioni, nella maniera, spero, più chiara possibile. Non pensiamo che questo dibattito (quindi, non mi riferisco alle riforme, ma al dibattito sulle riforme, che è cosa diversa) possa essere lo strumento per dare al Governo una maggioranza che non ha. Ciò deve essere molto chiaro!
Ancora: pensiamo che il dibattito - abbiamo visto come quest'ultimo possa essere lungo ed estenuante e non approdare, spesso, a risultati - non possa essere neppure lo strumento per dire che, una volta caduto questo Governo, non si debba andare al voto.
Seconda considerazione: tutte le volte che si discute in Parlamento di federalismo, noi ci siamo: lo abbiamo dimostrato in Commissione e lo dimostriamo oggi, tenendo conto del fatto che l'attività parlamentare è anche un'attività slegata rispetto all'azione del Governo.
Terza considerazione: oggi stiamo discutendo di una riforma che vuole essere una riforma federale. Essa, però, non deve essere una riforma federale soltanto a parole, ma deve esserlo nei fatti, in maniera concreta. Ci sono due aspetti che non abbiamo apprezzato in questo testo... Chiedo scusa, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha ragione. Per favore, eviterei assembramenti che non consentono di ascoltare. Mi rivolgo a tutti: chiederei una compostezza che consenta lo sviluppo della discussione. Prego, deputato Cota.
ROBERTO COTA. Grazie, signor Presidente. Ci sono due cose che non abbiamo apprezzato in questo testo. La prima riguarda il Senato federale: ci va bene la sua composizione, ad eccezione, forse, di alcuni aspetti che abbiamo sottolineato con gli emendamenti presentati, legati alla necessità che il numero di senatori espressi dalle regioni sia esattamente espressione della forza e del numero degli abitanti delle regioni medesime.
Quello che non ci va bene con riferimento al Senato federale è legato ai suoi poteri. Il Senato federale non può essere una Camera consultiva, ma deve essere una vera e propria Camera legislativa, con dei poteri, con la possibilità di dire l'ultima parola nelle materie di sua competenza.
Soltanto così si potrà dare voce ai territori all'interno di un'assemblea legislativa, e soltanto così si potrà superare il meccanismo, il sistema perverso del cosiddetto bicameralismo perfetto, in cui vi sono due Camere con mille persone che fanno esattamente la stessa cosa.
Se stabiliamo che il Senato è soltanto consultivo e che la Camera dei deputati può intervenire anche nelle materie di competenza del Senato, con una maggioranza politica, non diamo rappresentanza ai territori e non superiamo il bicameralismo inutile.
Ulteriore e ultima considerazione: la riforma dell'articolo 117 della Costituzione. Se si istituisce il Senato federale, ma non si organizza la struttura della ripartizione delle competenze tra lo Stato e le regioni, rischiamo di essere al punto di prima. Infatti, in un sistema federale i territori sono sì rappresentati, ma hanno anche dei poteri; è un sistema in cui alle regioni spettano competenze legislative esclusive e chiare su alcune materie individuate. Altrimenti - e concludo - si rischia di rimanere con il sistema della cosiddetta competenza concorrente, dove sono competenti sia lo Stato sia le regioni....
PRESIDENTE. Deputato Cota, deve concludere.
ROBERTO COTA. ... e quindi, alla fine, il risultato è la paralisi dell'attività legislativa. Detto questo...
Pag. 46PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.
ROBERTO COTA. Concludo. Siamo quindi d'accordo sulla proposta di un ulteriore approfondimento nel Comitato dei nove; chiediamo, però, che si agisca con assoluta trasparenza e coerenza.
GABRIELE BOSCETTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, sarebbe stato meglio se questa richiesta di differimento non avesse avuto alla base le motivazioni che il presidente Violante ha voluto dare.
Noi stimiamo il presidente Violante, ma riteniamo che la situazione non sia tale che si possa interpretare qualche lacerto di dichiarazione di alcuni rappresentanti di Forza Italia per trarne sostegno verso l'approdo a determinati lidi.
Noi abbiamo detto nel corso del dibattito che la nostra astensione non ci faceva dimenticare che siamo sì favorevoli alle riforme, ma non a queste riforme, in questo momento politico e con questo Governo!
Noi abbiamo fatto una grande riforma costituzionale, che è stata sottoposta per quattro volte all'esame al Parlamento, è stata definitivamente approvata e poi non è stata confermata dalla popolazione per la strenua lotta, sia in Parlamento sia di fronte al popolo, condotta da coloro che in quel momento erano all'opposizione. Questi ultimi oggi fanno parte della maggioranza e vogliono tentare di fare una «riformicchia», una piccola riforma soltanto per guadagnare tempo e far sì che il Presidente della Repubblica tragga da questa situazione elementi per allungare la vita del Governo Prodi o del Governo che verrà dopo il Governo Prodi.
Noi confidiamo nella saggezza del Presidente Napolitano, sappiamo quanto egli sia equilibrato e quanto guardi alla situazione politica con armonia; abbiamo la certezza che questo tipo di impostazione parlamentare non influirà in alcun modo sulle sue decisioni.
Pur tuttavia, oggi dobbiamo riconfermare la nostra posizione: questa riforma noi non la vogliamo perché è una riforma piccola, inutile, sbagliata. È una riforma che non parte dalla nostra grande riforma per cercare di migliorarla, ma mette sul tappeto alcune norme che non hanno alcun significato, alcune delle quali (mi riferisco, ad esempio, alla composizione del Senato attraverso l'elezione da parte dei consigli regionali al loro interno) snaturano completamente il Senato e fanno sì che diventi un organo ad elezione indiretta senza sostanza.
Si può pensare che i senatori approvino una legge di questo genere, che manda a casa definitivamente il Senato della Repubblica dopo 2000 anni? Questo significa non aver compreso la situazione politica del Paese e i numeri presenti nelle Camere! Ma sono convinto che, se anche al Senato i numeri fossero più stabili, i senatori non approverebbero il proprio suicidio e la sparizione di questa Camera millenaria!
Quindi, signor Presidente, noi rispondiamo al presidente Violante - ferma restando la stima per la sua persona - che il dibattito, dopo i primi interventi, ha fatto comprendere come tutte le forze dell'opposizione siano contrarie alla prosecuzione di questo iter, e come siano critici anche taluni deputati delle forze di maggioranza. Il dibattito ha reso più pesante il clima oppositorio attraverso fondate e motivate ragioni, per cui ci troviamo oggi con questo bagaglio di interventi e in attesa di tutti gli altri interventi dei sessanta deputati di opposizione e alcuni di maggioranza che hanno chiesto di parlare.
Non vediamo quindi possibilità di miglioramenti. Giudichiamo addirittura con qualche preoccupazione il rinvio del testo al Comitato dei nove, sede di affinamento che non ha pubblicità. Preferiremmo dunque o che si torni in Commissione o chePag. 47si presentino eventuali nuove valutazioni in quest'Aula senza che vengano contingentati i tempi della discussione.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GABRIELE BOSCETTO. Preso atto di un possibile rinvio per qualcuna delle ragioni che abbiamo compreso, se il dibattito proseguirà in Assemblea attraverso nuovi interventi e senza contingentamento, faremo la cosa più giusta.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà per tre minuti.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, per quale ragione occorre rinviare questo provvedimento? Per consentire poi che, su una proposta di legge di riforma costituzionale, si applichi il contingentamento dei tempi? Procediamo, onorevole Violante! Non è consentito ad alcuno di scaricare su altri le proprie responsabilità. Ha detto bene l'onorevole Boscetto quando ha affermato che l'intera opposizione è contraria al provvedimento in esame, anche se vi è stato l'equivoco e l'errore di astenersi in Commissione.
Onorevole Violante, lei prima ha forzato la mano alla sua maggioranza e poi ha tentato un abbraccio perverso con l'opposizione, tanto che oggi lei ripaga la disponibilità all'astensione, annunciando o minacciando il contingentamento dei tempi. Onorevole Presidente, si tratta di una competenza della Presidenza della Camera, e credo che la Camera non possa accettare che si abbini il rinvio di questo provvedimento al contingentamento dei tempi. Diverso è il caso in cui si voglia rinviare perché si prende atto che questo provvedimento non sarà votato né della maggioranza né dell'opposizione. Per capirne il motivo è sufficiente citare qualche articolo, ad esempio quello in cui si prevede che il Capo dello Stato debba valutare i risultati delle elezioni. Vi pare possibile?
Questo provvedimento - e concludo - è giunto in Assemblea in una maniera inopportuna, con un testo non condiviso, mentre la terza carica dello Stato afferma che il Governo è arrivato al capolinea e che è malato. Come si può pensare che, mentre il Governo muove i suoi ultimi passi, si possa consentire una riforma costituzionale che rischia di divenire il salvagente per lo stesso Governo?
Onorevole Presidente, lei ci deve garantire sulla questione del contingentamento dei tempi, poiché quella al nostro esame è una proposta di riforma costituzionale.
Mi auguro che coloro che hanno permesso che si giungesse all'esame del suddetto provvedimento in Aula recitino il loro mea culpa. Diciamolo francamente, onorevole Violante: lei ci ha provato, si assuma le sue responsabilità perché le è andata male. Non è assolutamente accettabile che lei voglia far questa censura, stabilendo anche il numero di parlamentari che devono parlare. Questo è ancora un Parlamento libero, nonostante le forzature di Violante e nonostante Prodi non vada a casa!
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, credo che quella del rinvio dell'esame del provvedimento per una migliore riflessione e per un suo approfondimento sia una decisione saggia. La materia delle riforme costituzionali è infatti delicatissima e la sua trattazione ricade in un momento altrettanto delicato; peraltro, non si può non tener conto di ciò che abbiamo alle nostre spalle, ossia i numerosi tentativi di riforme costituzionali praticate attraverso lo strumento di commissioni bicamerali e forzature di maggioranza.
L'esito referendario popolare di appena un anno fa è molto chiaro; dunque crediamo che la questione sia davvero importante per poter essere affrontata e licenziata in così breve tempo, anchePag. 48perché regna molta confusione sul tema, sulle proposte, sulla configurazione che si vuole dare alla Repubblica italiana, al Parlamento. Anche nei precedenti interventi che ho avuto modo di ascoltare ho trovato parecchie contraddizioni e confusione: ad esempio, anche tra coloro che prediligono un impianto costituzionale alla tedesca, per poi agganciarvi la legge elettorale alla tedesca, non ve n'è uno che abbia la medesima idea, ma tutti lo interpretano secondo l'utilità che può derivarne a questo o a quel soggetto politico. Francamente, non si fanno così gli interessi del Paese, non si trovano così le soluzioni migliori per far uscire l'Italia da una transizione che dura ormai da quindici anni!
La via forse più rapida, immediata e - chiedo scusa per l'uso del termine - meno ipocrita, è quella di superare radicalmente il bicameralismo perfetto, per approdare al monocameralismo, ad un Parlamento monocamerale che riesca a soddisfare tutte quelle esigenze che i singoli colleghi e i singoli gruppi politici hanno più volte manifestato.
In conclusione voglio aggiungere un'osservazione: le valutazioni politiche sulla tenuta del Governo sono scorrette, perché non attengono al dibattito che riguarda il tema in discussione; piuttosto esse sono inaccettabili, ed altrettanto indicibile, vergognoso ed immorale il mercimonio che si vuole praticare al Senato per dare una spallata al Governo (ma su questo punto, ovviamente, i colleghi del centrodestra si guardano bene dall'intervenire). Abbiamo ascoltato interventi enfatici e retorici, come quello - formidabile - del collega Boscetto, che ha richiamato duemila anni di continuità del Senato repubblicano: è stato un intervento efficace sotto il profilo dell'enfasi e della retorica, ma dopo il Senato romano, dopo la Repubblica romana e l'Impero romano, onorevole Boscetto, vi sono stati i regni romano-barbarici, e poi il Medio Evo, i Comuni, le Signorie e lo Stato pontificio, che francamente non ha mai avuto un Senato repubblicano!
Dunque, se vogliamo discutere seriamente di riforme costituzionali - sarebbe il momento giusto -, evitiamo propaganda, demagogia, enfasi e retorica, ed entriamo nel merito con estremo rigore e lucidità (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo brevemente e senza far troppo interferire il dibattito sul merito - che abbiamo già svolto e continueremo a svolgere - con quello sull'ordine dei lavori alla nostra attenzione.
Vorrei esprimere, signor Presidente, a nome del gruppo dei Verdi, l'accordo sulla proposta avanzata poco fa dal presidente Violante. Oltretutto, si tratta di una proposta che il presidente Violante - come suo costume - prima di formulare ufficialmente e formalmente nel corso del dibattito in Assemblea, aveva già condiviso e preannunziato sia ai gruppi di maggioranza sia a quelli di opposizione.
Del resto, avevamo già dichiarato in Commissione, nel momento in cui abbiamo conferito il mandato al relatore, che il confronto sarebbe continuato e si sarebbe svolto non solo in Assemblea ma nel Comitato dei nove, che è la sede istruttoria rispetto all'Assemblea quanto alla valutazione degli emendamenti (Commenti del deputato Campa). Però, credo sia giusto, signor Presidente, ricordare che il processo riformatore che si è ripreso...
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Boato. Per favore, voglio ancora invitare a sciogliere gli assembramenti in modo che si possa consentire di svolgere ed ascoltare l'intervento.
MARCO BOATO. La ringrazio, signor Presidente. Anche se si è trattata di una breve interruzione spero di poterla recuperare. L'iter di questo processo riformatore - è bene che l'Assemblea lo sappia - dura da quasi un anno, prima con un'amplissimaPag. 49indagine conoscitiva deliberata addirittura il 19 luglio del 2006 e che si è svolta a cavallo tra l'ottobre e il febbraio del 2007 e poi, a partire dall'inizio del mese di maggio di quest'anno, con l'esame della suddetta materia in sede referente in Commissione per molti mesi. Pertanto, al collega Campa che urlava poco fa alla Commissione, rispondo, pacatamente e senza urlare, che la Commissione ha svolto, per quasi un anno, il proprio doveroso lavoro rispetto a quello dell'Assemblea.
Abbiamo registrato un atteggiamento completamente diverso - e ce ne rammarichiamo - perché, a fronte di una dichiarazione di tutti i gruppi del centrosinistra di portare avanti un confronto aperto, libero, per cercare un'ampia convergenza tra maggioranza e opposizione, abbiamo notato un atteggiamento diverso da parte di quest'ultima. Da una parte, i colleghi dell'UDC, di Alleanza Nazionale e della Lega hanno interloquito positivamente o criticamente, ma sempre accompagnando il lavoro della Commissione nel suo insieme, e dall'altra, il gruppo di Forza Italia, del tutto legittimamente, come è emerso in modo esplicito nell'intervento del collega Boscetto poco fa, ha in qualche modo cercato di non far proseguire il lavoro riformatore.
Abbiamo registrato una dichiarazione del presidente Violante di enorme apertura nei confronti delle richieste di approfondimento che il collega Bruno aveva presentato in Aula e di risposta positiva, mentre poche decine di minuti dopo un altro collega di Forza Italia, Boscetto, ha urlato in quest'aula, affermando: «non vediamo possibilità di miglioramenti. Siamo totalmente contrari a questa riformetta».
Credo che i colleghi di Forza Italia dovrebbero mettersi d'accordo fra di loro, perché mentre UDC, Alleanza Nazionale e Lega hanno avuto atteggiamenti critici e interlocutori ma propositivi e positivi, da parte di Forza Italia assistiamo un giorno ad una richiesta di un confronto più approfondito e un altro giorno, o addirittura pochi minuti dopo, all'annuncio di un'assoluta indisponibilità a qualunque possibilità di miglioramento del confronto parlamentare.
Signor Presidente, credo che sia totalmente indebito fare interferire le vicende politiche governative, quali esse siano, con tale processo riformatore che è di esclusiva iniziativa parlamentare. È ovvio che, se vi fossero eventi traumatici sul piano governativo, tali eventi comporterebbero automaticamente il blocco anche dell'attività legislativa in Parlamento. Tuttavia, usare una situazione politica a pretesto per non voler portare avanti un processo riformatore mi sembra, francamente, pretestuoso.
Noi del centrosinistra abbiamo sostenuto che vogliamo riprendere il processo riformatore; lo abbiamo ripreso e abbiamo escluso di volerlo adottare con le forze della sola maggioranza di centrosinistra e continueremo a cercare un confronto più ampio con tutte le forze rappresentate in Assemblea, almeno con quelle che siano disponibili a tale confronto e a tale possibile convergenza. Per queste ragioni mi sembra utile la pausa di riflessione, di qualche giorno, proposta dal presidente Violante ed é bene accoglierla.
CINZIA DATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CINZIA DATO. Signor Presidente, anche noi della Rosa nel Pugno condividiamo la proposta del presidente Violante e ci sembra ancora una volta un segno opportuno della volontà di approfondire, insieme all'opposizione, riforme che devono vederci uniti e convinti sulle regole di fondo. Sarebbe veramente augurabile che i toni polemici non si riferissero alla nostra attività costituente, che vorrei fosse ricostituente del clima democratico nazionale.
Davvero ogni riferimento ad eventuali fragilità della maggioranza di Governo è assolutamente inopportuno, perché, perdonatemi colleghi dell'opposizione, abbiamo una maggioranza prodotta da una legge elettorale che voi avete voluto perchéPag. 50il vincitore, che sapevate non essere rappresentato da voi, si trovasse in condizioni difficili di governo. Rispetto a queste precondizioni disastrose io credo che il Governo Prodi stia compiendo un eccellente lavoro (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
FRANCO RUSSO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, intervengo perché rimanga agli atti della Camera il nostro completo assenso e la nostra condivisione della proposta avanzata dal presidente Violante che credo lei, signor Presidente, si accinga a far propria. Si propone un ulteriore momento di riflessione in sede di Comitato dei nove nel quale sono presenti le diverse forze politiche parlamentari, in modo da affrontare quei problemi e quei temi che anche la maggiore forza di opposizione (Forza Italia) ha posto nei suoi interventi soprattutto con il discorso pronunciato dal presidente Bruno.
Signor Presidente, vorrei svolgere unicamente due considerazioni per motivare il nostro assenso. Non intervengo ulteriormente sui contenuti perché sarà il Comitato dei nove e poi l'Assemblea naturalmente ad affrontare le tematiche delle riforme costituzionali, ma vorrei semplicemente ribadire che per noi di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea non coincidono assolutamente le maggioranze politiche e le maggioranze costituenti, ossia per la revisione costituzionale, perché riteniamo che la Costituzione sia un bene supremo del Paese e che esso appartenga non alla maggioranza politica, ma a tutte le forze del Parlamento in quanto rappresentative dell'intero Paese.
Per questo anch'io trovo abbastanza inutile fare riferimento alle contingenze politiche e al destino del Governo che, in questo caso, si è comportato con molta sobrietà ed è intervenuto con molta parsimonia, con un unico intervento nel dibattito, rimettendosi alle decisioni del Parlamento.
Pertanto, utilizzare anche questo dibattito per attaccare il Governo Prodi dimostra, a mio avviso, uno scarso senso costituente. Noi di Rifondazione Comunista ci rifacciamo, nell'affrontare la presente discussione, al monito di quel grande liberale che è stato Rawls: quando affrontiamo le questioni costituzionali ci poniamo di fronte ad un velo di ignoranza. Noi di Rifondazione Comunista non sappiamo dove si andrà a parare, perché riteniamo che le decisioni costituzionali siano tali da non prevedere interessi di parte, ma l'interesse generale, da conquistare attraverso il dibattito parlamentare.
Si tratta di una piccola riforma quella oggi in esame, ma onorevole Boscetto, il voto del 25-26 giugno 2006, che ha bocciato la vostra proposta chiarisce che il popolo italiano non vuole la «grande riforma». Il popolo italiano vuole decidere, discutere e, casomai, intervenire con il voto referendario sulla modifica di singoli istituti.
Per tale motivo a me pare, ed ho concluso, signor Presidente, che il percorso indicato dalla I Commissione, espresso dal presidente Violante, sia molto nitido: affrontare la revisione costituzionale di alcuni istituti come il Senato e la forma di governo. Siamo disposti a discutere, con un altro intervento legislativo, sull'articolo 117 della Costituzione; quindi, non ci rifiutiamo di discutere sui punti di criticità del nostro sistema costituzionale, ma vogliamo farlo puntualmente, senza stravolgere il processo di revisione costituzionale stabilito dall'articolo 138 della nostra Carta costituzionale.
Evidentemente le opposizioni non vogliono attenersi a tali regole, ma vorrebbero sempre strumenti speciali oppure realizzare le riforme a colpi di maggioranza, ma noi a quel punto non ci staremo.
FRANCESCO ADENTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, annuncio a nome del gruppo deiPag. 51Popolari-Udeur la piena condivisione della proposta del presidente Violante, per quanto riguarda il rinvio in Commissione del provvedimento, nell'ottica di un confronto più approfondito su alcuni aspetti delicati con l'obiettivo di arrivare ad una riforma la più largamente condivisa.
Il gruppo Popolari-Udeur ritiene che le riforme siano un'esigenza irrinunciabile per il nostro Paese e stigmatizza il comportamento di parte dell'opposizione, che strumentalmente cerca di bloccare tale iter. L'apertura, invece, di parte della minoranza, che avevamo registrato in Commissione, è a nostro parere un credito che non possiamo disperdere per arrivare ad una riforma chiesta dai cittadini, che non ne possono più della politica che non decide e che si rifugia nella pura protesta, che non capisce che il nostro Paese ha bisogno di riforme per la sua crescita, per il suo sviluppo e per la sua modernizzazione in linea con le democrazie europee più avanzate e, soprattutto, per recuperare la fiducia dei cittadini.
È con tale spirito, che oserei quasi definire «costituente», che mi auguro che possa essere accettato anche dalle altre forze politiche, che il gruppo Popolari-Udeur si appresta a sostenere in modo convinto tale processo riformatore, che ha già avuto comunque in Commissione momenti importanti ed interessanti di condivisione, anche con la minoranza, cui rivolgo un appello per non buttare via pregiudizialmente quest'occasione storica per raggiungere un obiettivo atteso da decenni.
CARLO COSTANTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, intervengo anch'io per lasciare agli atti la condivisione del gruppo Italia dei Valori, rispetto alla proposta del presidente di tornare in Commissione, che nasce da una valutazione obiettiva dei fatti. Mi ero iscritto a parlare sul complesso degli emendamenti presentati all'articolo 1. C'era da discutere della definizione della natura federale o meno del Senato che intendiamo costruire ; insieme a me si sono iscritti a parlare ottanta, cento colleghi e non ho avuto la possibilità di intervenire, nonostante la gran parte degli interventi dei colleghi che mi ha preceduto ha trattato argomenti di vario genere, fuorché quelli all'esame dell'Assemblea, cioè l'articolo 1 e le proposte emendative ad esso presentate.
Quindi, credo che la proposta del presidente Violante sia di buonsenso. Personalmente esprimo l'auspicio che questo clima di ostilità precostituita, rispetto ad un processo di riforma che resta una prerogativa esclusiva del Parlamento, venga superato. Mi auguro che le forze di opposizione, che in Commissione si erano rese disponibili al dialogo, al confronto ed al contributo costruttivo, recuperino tale spirito riformatore. Mi auguro soprattutto che venga superata l'idea che riforme così importanti, delle quali il Paese ha bisogno, possano essere messe in campo non considerando l'attività parlamentare, ma le tensioni politiche esterne che riguardano il Governo.
Il Paese ha bisogno di questa riforma, che la legge elettorale approvata dall'allora maggioranza di centrodestra rende ancora più indifferibile ed urgente e che speriamo di mettere in campo, lo ripeto, cercando di recuperare il contributo costruttivo dell'opposizione. Infatti, non è pensabile portare a termine riforme così importanti e significative senza il contributo di tutte le forze politiche presenti in Parlamento.
GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, desidero esprimere il consenso del gruppo dell'Ulivo alla proposta del presidente Violante, la quale ha il grande merito di riconfermare lo spirito costituente con cui ci siamo accinti a discutere e a votare questa riforma. Il presidente Violante non ha utilizzato alcuna argomentazionePag. 52polemica, ma ha cercato di mettere in fila quanto è accaduto nel corso di questi mesi.
«Le riforme costituzionali sono necessarie; abbiamo l'esigenza di ammodernare lo Stato. Lo vuole il Parlamento e lo vuole, in prima battuta, il Paese, quindi è un compito al quale non possiamo sottrarci». Onorevole Boscetto, queste non sono parole mie, sono le parole che il collega onorevole Donato Bruno ha pronunciato ieri in quest'Aula, dando prova di senso di responsabilità da parte del gruppo di Forza Italia, il quale dimostra, con le parole dell'onorevole Bruno, di non volersi sottrarre al confronto sul merito della riforma costituzionale. Al punto che, sempre ieri, l'onorevole Bruno sosteneva in maniera anche molto esplicita «mi auguro che la maggioranza voglia riconsiderare qualche emendamento da noi proposto», in altri termini invitando a fare quello che il presidente Violante ha proposto di fare questa sera all'Assemblea: tornare in sede di Comitato dei nove per consentire un approfondimento dei punti fondamentali che abbiamo in discussione, a partire dal prossimo mese.
Questa è la sostanza e la forza della proposta del presidente Violante: considerare la discussione che stiamo facendo non un modo per allungare la vita al Governo, ma per far sì che il Parlamento si assuma fino in fondo la responsabilità della propria scelta e delle proprie decisioni.
Il collega Boscetto ha sottolineato, in una maniera un po' imprudente a mio modo di vedere, che tutte le forze dell'opposizione presenti in Assemblea sono critiche e non vogliono affrontare la discussione di merito. Ora, queste affermazioni contraddicono, non solo quanto autorevolmente sostenuto dal suo collega di partito Donato Bruno, ma anche le dichiarazioni che abbiamo ascoltato dall'onorevole D'Alia e dall'onorevole Cota, chiaramente indirizzate alla volontà di discutere seriamente nel merito, con assoluta trasparenza, come ha chiesto l'onorevole Cota. Assoluta trasparenza che la proposta del presidente Violante consente di fare a ciascuno di noi nel migliore dei modi possibili.
Ecco perché la proposta dal presidente Violante è seria e - lo ripeto - riconferma lo spirito costituente che anima questa maggioranza, la quale ritiene che la riforma della Costituzione non appartenga ai confini politici della maggioranza che sostiene il Governo, ma alla responsabilità del Parlamento. È quello che noi siamo chiamati a fare, anche approvando la proposta del presidente Violante, che è quanto farò, invitando il mio gruppo a fare altrettanto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Decideremo attorno alla proposta di rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del testo unificato. Tuttavia, siccome è stata posta la questione del contingentamento dei tempi con l'iscrizione in un successivo calendario, affermandosi la necessità di non applicare tale istituto ad un argomento così importante come la riforma costituzionale, faccio notare al riguardo che la previsione del contingentamento in un successivo calendario è espressamente stabilita dal Regolamento. Sicché la Presidenza, salvo che non vi sia un accordo unanime in senso diverso, non può disattendere tale prescrizione del Regolamento, senza pregiudicare le prerogative e le facoltà dei gruppi.
Del resto faccio presente che la prassi costante applicativa del Regolamento è nel senso indicato, anche per i provvedimenti di riforma costituzionale. Così è accaduto nella precedente legislatura, come anche nella XIII. Ovviamente, sarà cura della Presidenza assicurare un'organizzazione dei tempi adeguata all'importanza del tema in discussione.
Dunque possiamo rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame del testo unificato, e assegnare alla Conferenza dei presidenti di gruppo, prevista per domani, la relativa organizzazione dei lavori.
Se non vi sono obiezioni così rimane stabilito.
(Così rimane stabilito).