Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Seguito della discussione del disegno di legge: Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese (A.C. 2161-A); e delle abbinate proposte di legge Pedica ed altri; Nicola Rossi ed altri; La Loggia e Ferrigno (A.C. 1505-1588-1688) (ore 18,40).
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2161-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, intervengo per una breve dichiarazione di voto, non certo commisurata all'importanza dell'argomento che è notevole per tanti aspetti, poiché noi abbiamo dato un contributo molto dettagliato durante l'esame degli articoli del provvedimento e, quindi, se ci ripetessimo sarebbe un inutile tedio per l'Assemblea.
Non daremo alla maggioranza e al Governo la pretestuosa soddisfazione di affermare che l'opposizione è stata contraria a un generoso tentativo di modernizzazione e di semplificazione, soprattutto per le imprese, ma anche per i cittadini e le famiglie in genere. In momenti come questo e in temperie come queste nelle quali, come abbiamo visto poco fa, ogni argomento viene impugnato come un brando o una sciabola polemica per dibattere il contingente, non forniremo questo alibi.
Sarebbe assurdo se proprio noi di Alleanza Nazionale che ci siamo battuti - e non solo nell'attuale legislatura - per una semplificazione e modernizzazione del modo di porsi della pubblica amministrazione al proprio interno e nei confronti dei cittadino, che abbiamo fatto di questo tema una discriminante di tante opzioni programmatiche e, permettetemi anche di aggiungere, che spesso siamo stati additati come statalisti che attribuivano un peso eccessivo o dei riconoscimenti privilegiati ai gangli del personale e delle realtà della pubblica amministrazione (quasi che non volessimo allungare con troppa decisione il passo nei confronti del rapporto tra il pubblico e il privato e dell'alleggerimento delle strutture pubbliche), negassimo la massima attenzione e disponibilità a uno sforzo volto a tale alleggerimento.
Anzi, dirò di più aggiungendo una brevissima annotazione. Più volte in dibattiti a titolo molto personale (ma forse non solo personale) ho affermato che, se nell'agone elettorale, oltre che nel dibattito, scendesse una forza politica che con proposte concrete, leggibili e credibili si battesse per la semplificazione della vita del cittadino, molte delle nostre famiglie andrebbero a votare per quel movimento. Ho la sensazione - uso un paradosso, prendetelo come tale - che in questo momento il cittadino, le imprese e le comunità locali trovino nella semplificazione della vita, degli oneri procedurali e degli adempimenti il loro principale obiettivo e anelito.
Siamo, quindi, a favore della trasparenza, della rapidità e della lealtà della pubblica amministrazione per un cambiamento della qualità della vita, individuale e collettiva, che è la prima esigenza dei nostri tempi.
Oggi si parla spesso di delegificare, abrogare le legge inutili e riunificare le leggi in testi unici che siano consultabili, leggibili e maneggiabili dai cittadini e dai loro consulenti, ma poi, ad ogni piè sospinto,Pag. 54si appesantisce la ramificazione delle leggi una volta per l'esigenza della sicurezza, un'altra per prevenire o per reprimere un fenomeno. Vi è chi enfatizza un aspetto, chi un altro settore della pubblica amministrazione, e non si fa che «caricare» di leggi e «controleggi» il cittadino e la società organizzata.
Questo, forse, è un portato della società moderna, evoluta e complessa. Tuttavia, ho la sensazione che il serpente rischi di mordersi la coda, ovvero che la complessità delle normative finisca per avviluppare il cittadino in una impotenza, nella quale non può che sorgere la sua protesta. Quindi, non esprimeremo un voto contrario su questo provvedimento, ma non possiamo esprimere neanche un voto favorevole. Abbiamo ben motivato tale posizione, in quanto la gran parte delle nostre proposte costruttive, purtroppo, non sono state accolte e recepite nel testo e ce ne dogliamo fortemente.
Riteniamo che non vi siano mezzi economici e risorse adeguate perché possano trovare effettiva attuazione le previsioni del testo in esame. Sono intervenuto, inoltre, un po' pedantemente per sottolineare i tre o quattro passaggi più importanti. Riteniamo che la normativa non si sia estesa efficacemente a tutte le pubbliche amministrazioni, a tutti gli enti, le aziende e le società ad ordinamento privatistico (forse è più lecito chiamarle pubblica amministrazione) che, invece, vengono a contatto con il cittadino e che, oggi, rappresentano i due terzi dei rapporti che esso ha con i pubblici servizi.
Abbiamo sostenuto che per molti aspetti il tentativo di semplificazione ha finito per incrostare le nuove normative - quindi, tutt'altro che semplificare - e non siamo stati d'accordo nella creazione di un nuovo organismo, che abbiamo considerato un'inopportuna superfetazione rispetto a ciò che già esiste, per arrivare ad un meccanismo di valutazione che io stesso, prendendo la parola, ho avuto modo di sottolineare che finisce per essere una deresponsabilizzazione di chi, senza bisogno né di ispettorati, né di commissariamenti, né di commissioni di valutazione, deve essere in grado di rispondere di se stesso e, se dirigente, di tutto il personale e degli operatori che, alle proprie dipendenze funzionali, espletano il loro dovere.
Vi deve essere, dunque, un clima e un insieme di responsabilizzazione diretta di ciascuno, senza avere l'alibi della «superdelega» verso un organismo destinato, forse, ad alimentare se stesso, ma a non produrre risultati.
Sono motivazioni di un certo peso che, mi auguro, colleghi della maggioranza e signori del Governo, non vogliate sottovalutare. Non vogliamo, quindi, esprimere un voto che stronca un tentativo in tale direzione, ma non possiamo assumerci la corresponsabilità di un provvedimento che nelle sue articolazioni pratiche non ci trova fiduciosi e consenzienti. Il nostro voto, quindi, così motivato, sarà di astensione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dato. Ne ha facoltà.
CINZIA DATO. Signor Presidente, consideriamo il disegno di legge in esame assolutamente necessario, per quanto ancora insufficiente. L'onorevole Turci con altri parlamentari di varie parti politiche - oltre che del nostro gruppo - aveva avanzato una proposta di legge che traeva spunto da un dibattito importante, tenutosi nel Paese sui principali organi di stampa che prevedeva l'istituzione di una authority.
Ringraziamo l'accoglimento di una serie di proposte emendative e l'inserimento nel disegno di legge della commissione per la valutazione che, senza violare sostanzialmente le regole del rapporto tra i sindacati e i datori di lavoro, fornisce strumenti di valutazione delle risposte e del funzionamento della pubblica amministrazione. Naturalmente non rispecchia del tutto la proposta avanzata in modo trasversale, sia alla Camera sia al Senato, ma risponde ad un'esigenza prospettata.
Ci auguriamo, naturalmente, che gli elementi che tale commissione fornirà aiPag. 55nuclei di valutazione e i parametri che essa renderà disponibili possano addirittura portarci verso pubbliche amministrazioni in cui i burocrati possano essere giudicati anche in base al gradimento reale dell'utenza: penso, ad esempio, a come cambierebbe la nostra vita se, entrando in un ospedale o in una ASL, potessimo scegliere l'infermiere e il medico e questi potessero essere giudicati in base al gradimento del cittadino e al fatto che il cittadino richieda loro anziché altri.
Con il disegno di legge in esame abbiamo mosso davvero un passo importante. Non vi è dubbio che, senza il buon funzionamento della pubblica amministrazione, non solo il cittadino vive con difficoltà e mortificazioni, ma non sono possibili né la crescita né lo sviluppo e vi sono un'incompiuta cittadinanza e, sicuramente, l'impedimento allo sviluppo.
La pubblica amministrazione costituisce l'infrastruttura fondamentale per le imprese e per l'economia, oltre che per il cittadino, e rende le decisioni politiche pubbliche azioni reali, efficaci e constatabili. In questo Parlamento si potrebbero assumere le decisioni più brillanti, ma non avrebbero significato se non fossero tradotte da una pubblica amministrazione efficace ed efficiente, che, con il disegno di legge in discussione, rendiamo sempre più trasparente.
La trasparenza, onorevoli colleghi, è un momento fondamentale della costruzione della pubblica amministrazione in un Paese, come il nostro, che ha fatto dell'arcana imperii un principio ingombrante e scomodo, ma a lungo non discusso.
La trasparenza, tra l'altro, vuol dire comunicazione con il cittadino, anzi, per la verità, mi permetto di dire che essa implica l'informazione al cittadino. Vorrei ricordare al Ministro che, nel testo di legge, viene spesso adoperato il termine «comunicazione» in casi in cui il termine «informazione» sarebbe più adeguato. Non dimentichiamo, infatti, che la comunicazione pubblica, che è importante, non può che essere bidirezionale: si comunica perché si forniscono informazioni e se ne assumono, consentendo al cittadino di parlare con la pubblica amministrazione.
Su questa strada, naturalmente, abbiamo ancora un percorso importante da compiere con urgenza. La comunicazione esterna, tra l'altro, implica e impone la razionalizzazione della comunicazione interna: naturalmente, se non si riorganizza la comunicazione interna alla pubblica amministrazione, la comunicazione esterna sarà forzosamente non funzionale, non utile e non soddisfacente: ci aspetta comunque, pertanto, un grande lavoro di riorganizzazione del funzionamento interno delle nostre amministrazioni.
Sono importanti anche le misure che impongono un'accelerazione dei tempi, oltre che una semplificazione delle procedure. Riduzione e certezza dei tempi per il cittadino, attraverso il riconoscimento del diritto al risarcimento di un danno ingiusto, come avviene, ad esempio, con le sanzioni pecuniarie per i ritardi ingiustificati previste nel testo.
È importante che il provvedimento non solo riguardi la pubblica amministrazione, ma che si estenda anche a tutti gli enti fornitori di pubblici servizi, anche quelli privati.
Apprezziamo la maggiore flessibilità dell'azione amministrativa, perché si mette il dito in una piaga della modernità. Non vi è dubbio che ognuno di noi sia angosciato dal suo rapporto con l'amministrazione che, a volte, assume dimensioni assolutamente kafkiane.
Riteniamo che questo disegno di legge costituisca un importante passo avanti e che metta il dito in piaghe molto sentite relative al malfunzionamento della nostra pubblica amministrazione e, quindi, alla lesione sostanziale dei diritti dei cittadini.
Quindi, è con convinzione assoluta e soddisfazione per gli elementi e gli emendamenti recepiti nel testo che dichiariamo il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adenti. Ne ha facoltà.
Pag. 56
FRANCESCO ADENTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, molti degli attuali processi di cambiamento e di riforma che interessano la pubblica amministrazione in Italia sono nati sotto la spinta di esigenze e pressioni differenti, tra cui spiccano, in particolare, le istanze di cambiamento espresse dai cittadini e dai soggetti economici, pubblici e privati operanti nello spazio comunitario. Nell'attuale contesto economico, caratterizzato da forti spinte all'internazionalizzazione delle attività e alla liberalizzazione dei mercati, infatti, si rende necessario un adattamento del ruolo, delle funzioni e delle logiche di intervento della pubblica amministrazione.
Il contesto competitivo europeo e internazionale è sempre più dinamico e imprevedibile e richiede, da parte della pubblica amministrazione, uno sforzo importante verso una maggiore e migliore capacità di rispondere, in modo rapido ed efficace, alle nuove esigenze specifiche e variegate provenienti dai cittadini e dalle imprese, nonché, più in generale, ai nuovi bisogni sociali ed economici emergenti dalla società civile. Ecco perché il tema dell'efficienza della pubblica amministrazione è costantemente al centro dei dibattiti sulla modernizzazione del nostro Paese, che non potrebbe realizzarsi se a una maggiore competitività delle imprese non si accompagnasse un adeguato sviluppo qualitativo dei servizi resi dalla pubblica amministrazione.
È cambiato il ruolo e sono cambiati i compiti della pubblica amministrazione. Ciò implica la necessità di nuove logiche e di nuovi modelli di comportamento legati a una maggiore trasparenza ed efficienza. Per questo motivo, il provvedimento che ci apprestiamo a votare costituisce una tappa fondamentale nel percorso intrapreso da questo Governo per cambiare profondamente il rapporto tra cittadino, fornitori di servizi e pubblica amministrazione.
Si tratta di misure estremamente incisive, in grado di ridurre e dare certezza ai tempi dell'azione amministrativa, nonché di diminuire il peso della burocrazia sia sui cittadini, sia sulle imprese. È questo, infatti, l'obiettivo ultimo del provvedimento su cui dobbiamo pronunciarci: riequilibrare i rapporti tra amministrazione e cittadino a favore di quest'ultimo, in armonia con quanto può ricavarsi dalla lettura degli articoli della Costituzione concernenti la pubblica amministrazione, che, secondo l'articolo 98 della Costituzione, deve porsi al servizio esclusivo della Nazione. La pubblica amministrazione deve porsi al servizio del cittadino e delle imprese, quindi, e cessare di essere un soggetto autoreferenziale, come spesso rileviamo, capace solo di frapporre ostacoli a ogni loro attività.
Più in particolare, con questo provvedimento si rafforza il principio della certezza dei tempi di conclusione del procedimento amministrativo, già contenuto nella legge n. 241 del 1990, ma soprattutto si afferma, per la prima volta, una sanzione a carico dell'amministrazione inadempiente, che non rispetti i tempi del procedimento medesimo.
Inoltre, i gestori pubblici e privati dei servizi di pubblica utilità saranno tenuti a corrispondere agli utenti un indennizzo, in caso di mancato rispetto degli standard di qualità e quantità definiti e pubblicati nella carta dei servizi.
Da tutto ciò e da altre numerose disposizioni contenute nel provvedimento in esame, appaiono evidenti i benefici che cittadini e imprese otterranno dalla sua approvazione.
Per questo motivo, a nome del gruppo dei Popolari-Udeur esprimo viva soddisfazione per il provvedimento in esame e annuncio che voteremo in modo convinto a favore (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rocchi. Ne ha facoltà.
AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, annuncio il voto favorevole del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sul provvedimento in esame.
La discussione che si è svolta e gli esiti di un lavoro proficuo - di cui va dato attoPag. 57al relatore, alla Commissione e alla disponibilità del Governo - hanno portato a definire un risultato positivo.
Non ci dobbiamo nascondere che il dibattito su questo tema è stato per lungo tempo segnato dal tentativo di individuare nei lavoratori e nelle lavoratrici della pubblica amministrazione, in una sorta di «caccia alle streghe», i responsabili dei mali del Paese, con l'invocazione di commissioni che dovessero magari sanzionare, decidere chi fossero i buoni e i cattivi, pensando che i problemi di funzionamento della pubblica amministrazione derivassero solo da tali problemi.
Invece, con un buon lavoro e con una buona discussione, si è evitato di scivolare su un terreno così povero, misero e sbagliato. Il lavoro positivo che abbiamo realizzato ha permesso di determinare interventi su più campi: snellimento di procedure e di iter, che possono quindi determinare una maggiore efficacia, un risparmio di tempi e una maggiore trasparenza nell'azione della pubblica amministrazione.
Per affrontare questi argomenti, si pone come un aspetto rilevante la necessità di affrontare i temi dei modelli organizzativi e delle responsabilità, a partire anche dai dirigenti della pubblica amministrazione, per approdare ad un corretto ed efficace modello organizzativo e di funzionamento e ad una capacità di misurare, in un rapporto con i cittadini, l'efficacia di tale azione. Infatti improvvisamente, nel corso del dibattito, dopo tanti anni in cui sembrava che qualsiasi ruolo pubblico e qualsiasi soggetto pubblico fossero sostanzialmente un ente inutile o un laccio inconcludente al dispiegarsi potente del mercato e della logica delle privatizzazioni totali, si è scoperto che il ruolo della pubblica amministrazione può essere centrale e strategico a due fini: da un lato, quello di facilitare politiche di sviluppo del Paese, senza che esse vadano a scapito anche di difese di interessi generali dei cittadini e, dall'altro lato, nel campo delle politiche sociali, di rendere servizi e prestazioni ai settori più deboli della società, garantiti appunto da un efficace, capace e spesso ammirevole ruolo di tanti lavoratori e lavoratrici che operano nei servizi pubblici.
Sono proprio i settori più deboli della società che hanno bisogno di queste risposte. Altri possono permettersi, pagando, di ricercarle sul mercato, in ben altre forme. Ai soggetti più deboli, invece, non è concessa tale possibilità. Pertanto, tutti abbiamo a cuore una maggiore efficacia e capacità di azione della pubblica amministrazione.
Stupisce positivamente - è successo, del resto, anche nel corso della discussione sul provvedimento in esame - che tanti sostenitori del «privato è bello» si siano accorti che il pubblico che funzioni e sia efficace sia un fattore importante per tutta la società.
Contemporaneamente a ciò, allora, invece che perdersi in «cacce alle streghe» contro i lavoratori e le lavoratrici, occorre affrontare il fatto che molti di coloro che operano e lavorano in questo settore, lungi dal vedere riconosciuto il proprio ruolo - in termini retributivi, di valorizzazione personale e di qualificazione professionale - si trovano sottoposti al ricatto di una sempre maggiore precarizzazione, di un'assenza di qualificazione o di una mancanza di riconoscimento delle proprie capacità professionali e del proprio lavoro.
Anche nel pubblico impiego, nell'attività dei lavoratori e delle lavoratrici del pubblico impiego si pone un problema più generale che coinvolge tutta la società e tutto il mondo del lavoro dipendente: il superamento delle forme di precarietà, il riconoscimento in termini di crescita delle retribuzioni e di qualificazione professionale della loro opera e prestazione.
Ritengo che nel lavoro svolto abbiamo affrontato positivamente questi temi e abbiamo sconfitto invece - lo dico con sincerità - chi voleva spostare su un altro terreno la discussione. Le scelte che si sono realizzate, il contributo che tutti potremo dare alla realizzazione della legge e nel lavoro di costruzione di un processo che non sarà né breve né semplice, ma che dovrà essere condotto con fermezza per la riorganizzazione e il rilancio del ruolo delPag. 58settore pubblico, sono i motivi per i quali come gruppo voteremo in maniera convinta a favore del provvedimento.
Voglio anche sottolineare come riguardo al futuro del nostro Paese il lavoro svolto restituirà centralità alla qualificazione del ruolo del settore pubblico e a chi in esso ci lavora (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Ministro, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, vorrei annunciare in maniera convinta il voto favorevole del gruppo dei Verdi ad una legge così importante che arriva al voto conclusivo in questo ramo del Parlamento. Siamo soltanto a metà del percorso e ovviamente un lavoro impegnativo spetterà successivamente ai colleghi del Senato.
In questa occasione vorrei tuttavia ringraziare pubblicamente il collega Giovanelli, relatore del disegno di legge e delle proposte di legge abbinate, e dare atto al Ministro Nicolais e al sottosegretario Scanu di avere assiduamente e correttamente accompagnato il lavoro prima della Commissione affari costituzionali e poi dell'Assemblea. Si è trattato di un lavoro difficile, complesso e delicato in una materia che, come è stato ricordato da tutti colleghi che mi hanno preceduto, ha una grande importanza sia in rapporto a un miglior funzionamento, ad un modello maggiormente efficiente delle amministrazioni pubbliche sia soprattutto nei confronti dei cittadini, italiani e non, e delle imprese. Si arriverà, infatti, ad avere una riduzione degli oneri burocratici e verrà anche istituito un adeguato strumento come la commissione indipendente di valutazione dell'amministrazione pubblica.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono passati diciassette anni da una legge epocale come fu la legge del 7 agosto 1990, n. 241, approvata dal Parlamento nella X legislatura. Questi diciassette anni hanno messo in luce sì l'importanza di quella legge ma hanno anche evidenziato alcuni limiti, alcuni tentativi di aggiramento delle norme, alcuni ritardi, alcune inadempienze burocratiche e la necessità - era inevitabile - di un processo di modernizzazione e di maggiore efficienza anche in relazione ai nuovi strumenti informatici che nel frattempo si sono affermati non solo nel nostro Paese ma su scala planetaria.
Credo che sia giusto ricordare che, se il disegno di legge in esame - come mi auguro e come il gruppo dei Verdi si augura - verrà definitivamente approvato dal Senato, vi sarà la possibilità - per citare soltanto alcuni esempi - di ottenere la rimozione di quegli «aggiramenti» della legge n. 241 del 1990, che avevano impedito di garantire tempi certi per una risposta da parte della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini e del sistema delle imprese, ottenendo altresì una riduzione dei tempi con la possibilità di deroghe eccezionali stabilite, non con regolamenti, ma solo attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Riveste una grande importanza anche il fatto che, quando questo provvedimento sarà approvato, avremo la certezza che, di fronte ai cittadini e alle imprese, la pubblica amministrazione avrà l'obbligo di mettere in rete tutta l'elencazione dei documenti necessari rispetto all'istanza degli interessati; in altri termini, la pubblica amministrazione dovrà far sapere prima cosa richiede, renderlo pubblico e dare certezza di diritto ai cittadini e all'imprese.
Un altro strumento di particolare importanza riguarda il protocollo informatico, che diventerà sempre più uno strumento fondamentale di trasparenza, consentendo la tracciabilità dell'iter di ogni provvedimento, con la possibilità di un commissariamento ad acta dell'ente risultato inadempiente. Si stabilisce, comunque, che entro centottanta giorni il protocollo informatico venga messo a regime.
Ho già citato all'inizio del mio intervento - e intendo ricordarlo ancora adesso - l'importanza di avere introdottoPag. 59un nuovo articolo (durante i lavori in Commissione tale disposizione era stata soppressa e, infine, fortunatamente e positivamente reintrodotta durante i lavori in Assemblea), allo stato indicato come articolo 10-bis (ma suppongo che diventerà l'articolo 11 del provvedimento), con il quale viene istituita una commissione indipendente per la valutazione delle amministrazioni pubbliche.
Non si tratta di pregiudicare in alcun modo il corretto rapporto con le organizzazioni sindacali nell'ambito del pubblico impiego, ma di fornire strumenti adeguati, efficienti ed efficaci per la valutazione della produzione della pubblica amministrazione.
Da ultimo, signor Presidente, vorrei ricordare che il provvedimento in esame è di particolare importanza anche perché comporta una grande estensione dei principi già originariamente contenuti nella legge più volte citata n. 241 del 1990. Questa nuova legge, infatti, si applicherà non soltanto a tutte le amministrazioni pubbliche, ma anche a tutti gli enti pubblici nazionali fornitori di servizi, nonché alle società private che gestiscono servizi pubblici locali.
Quindi, se il provvedimento dopo la prima lettura - mi auguro con un ampio consenso da parte della Camera dei deputati - potrà completare il suo iter anche nell'altro ramo del Parlamento, avremo, certo con gradualità e con un procedimento impegnativo, come è stato ricordato da chi mi ha preceduto, un forte ed importante impulso al processo di modernizzazione, di efficienza e di trasparenza dell'amministrazione pubblica, e soprattutto un grande impulso alla riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese.
Per tali ragioni confermo convintamente il voto favorevole del gruppo dei Verdi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, ci troviamo al voto finale, in questo ramo del Parlamento, sul provvedimento n. 2161, che abbiamo seguito con attenzione in Commissione e che abbiamo discusso con interesse in Assemblea, perché mira ad ottenere risultati importanti almeno per quanto riguarda il funzionamento e l'efficienza dell'amministrazione pubblica e, quindi, anche risultati importanti per quanto concerne l'interesse diretto dei cittadini, che giustamente chiedono efficienza alla pubblica amministrazione.
Noi - come abbiamo già avuto modo di affermare sia durante la discussione sulle linee generali sia in tanti altri interventi, di chi vi parla, del collega Garavaglia, del collega Cota e in modo particolare del collega Fava - abbiamo ritenuto che il provvedimento in esame potesse rappresentare un gesto positivo rispetto ai risultati che si intendono perseguire, in altre parole un indirizzo giusto da seguire. Tuttavia, riteniamo questo provvedimento insufficiente.
Dire insufficiente non significa bocciare il provvedimento, serve solamente come stimolo al Governo e a tutti noi, anche per riflettere sulle necessità ulteriori della nostra pubblica amministrazione in termini di interventi legislativi, anche se, spesso, pur in presenza di norme precise e puntuali, i risultati non si ottengono perché, magari, non vi è una particolare attenzione o dedizione alla propria attività lavorativa da parte del dipendente pubblico. Con ciò non voglio dire, naturalmente, che tutti i dipendenti pubblici agiscono allo stesso modo. Tuttavia, ritengo che questo provvedimento vada comunque nella giusta direzione.
Non voglio dilungarmi troppo. Ritengo che in questa sede sia necessario ribadire la posizione già espressa durante la discussione sulle linee generali e, quindi, per quanto riguarda il voto finale, ribadire il convincimento della Lega Nord Padania di dover esprimere un voto di astensione e invitare il Governo a fare di più. Infatti, la strada che ha intrapreso il Ministro Nicolais è quella giusta; vi sono muri che devono essere abbattuti e se ci mettiamo tutti insieme, con il piccone, probabilmentePag. 60riusciamo anche ad abbatterli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Buffo. Ne ha facoltà.
GLORIA BUFFO. Signor Presidente, siamo tutti consapevoli, in quest'Aula e anche al di fuori, quanto sia importante la pubblica amministrazione. Infatti, non vi è società, non vi è economia, né vi sono diritti esigibili che non abbiano bisogno di una buona amministrazione pubblica e quest'ultima è davvero buona quando è efficiente, semplice, trasparente, imparziale e, dunque, giusta.
Quando è così, non si risponde solo al bisogno di un Paese di essere competitivo, ma al bisogno - altrettanto, se non più importante - di rendere un servizio alla democrazia. Infatti, quando la cosa pubblica è degna di stima e di cura da parte dei cittadini e anche di chi vi opera, la democrazia gode sicuramente di salute migliore; e la democrazia a noi sta a cuore quanto e più della competitività.
Il provvedimento oggi in esame è ispirato ad un principio forte che credo sia anche popolare, ossia quello che afferma: «meno burocrazia, più responsabilità». Non stiamo parlando di uno slogan, ma di una scelta di fondo che si traduce in modifiche concrete e positive. Si prevedono, infatti, tempi certi per le procedure e responsabilizzazione dei dirigenti delle singole amministrazioni; si sceglie di garantire una trasparenza che oggi, a volte, non c'è e si stabiliscono norme che prevedono anche il risarcimento di un eventuale danno agli utenti che vengono penalizzati da un cattivo funzionamento dell'amministrazione. Inoltre, come è stato già ricordato, tali principi si estendono anche ai gestori dei servizi di pubblica utilità.
Oggi lo sappiamo tutti: troppi italiani ogni giorno devono ingaggiare un «corpo a corpo» faticoso con l'organizzazione della macchina pubblica, anziché potersene avvalere. Questa organizzazione in troppi casi è arretrata, barocca, ridondante e noi dobbiamo riformarla. Dirò di più: riformarla è un gesto di rispetto verso i cittadini e una necessità per l'economia, ma è anche una manutenzione di quella cosa pubblica senza la quale - e lo sanno tutti, appena si tolgono i panni dei propagandisti del libero mercato autosufficienti - non si è né moderni, né giusti.
Detto ciò, ha fatto bene il mio gruppo, insieme ad altri, a respingere l'idea - per nulla riformatrice, anzi decisamente declamatoria - che questa riforma potesse essere fatta a danno di chi lavora nell'amministrazione pubblica. È un'idea sbagliata e improduttiva. Abbiamo bisogno, invece, di un'alleanza che si fa forte dell'impegno e della responsabilizzazione di coloro che, ogni giorno, fanno vivere centinaia di migliaia di postazioni dove lo Stato e il cittadino si incontrano.
Come sa chi ha seguito il dibattito, si è discusso molto della commissione di valutazione. Il nostro gruppo, insieme ad altri, si è impegnato perché la proposta iniziale fosse cambiata ed è stato così, con il contributo di tutti.
La richiesta era fondata, perché la commissione, per avere un senso e conseguire risultati, doveva essere davvero autonoma, ma all'inizio quella terzietà non era garantita.
Non doveva essere l'ennesima authority, ma nella prima versione i caratteri erano quelli di un'authority; non doveva essere inverosimile, ovvero promettere a tutto il mondo che cinque soloni avrebbero medicato i guai della pubblica amministrazione, e anche qui si è operata una correzione; la commissione non poteva cozzare contro ambiti di autonomia delle regioni e degli enti locali e abbiamo cercato, anche in questo caso, di porre rimedio.
Non si tratta, naturalmente, di allontanarsi neanche di un millimetro dall'obiettivo della trasparenza e dell'efficienza, ma per centrare il bersaglio ci vogliono gli strumenti giusti. Mi sembra che insieme, in molti, abbiamo contribuito anche a migliorare il testo in altri punti più specifici e abbiamo respinto, secondoPag. 61me operando bene, la modifica proposta da una parte della destra che voleva rendere incompatibile la funzione dirigenziale nell'amministrazione pubblica e l'iscrizione al sindacato. Si trattava di una misura lesiva di una libertà fondamentale, che nulla ha a che vedere con l'imparzialità richiesta a chi lavora nell'amministrazione pubblica.
Un bene di tutti al servizio di tutti: questa è l'amministrazione in un Paese civile e moderno e mi pare che stiamo cercando, senza la pretesa di fare miracoli, di avvicinarci a questo obiettivo. Il provvedimento che ci accingiamo a votare questa sera va nella giusta direzione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 19,25)
GLORIA BUFFO. Vorrei solo ricordare che per centrare appieno questo scopo occorrono anche risorse adeguate. Bisognerà trovarle, bisognerà mettere in moto molte energie, coinvolgere tutti gli attori e ci vorranno i finanziamenti necessari, altrimenti le riforme avranno il fiato corto.
Questa è soltanto la prima puntata di una storia che deve vederne altre, a partire da un investimento nella formazione. I Paesi moderni di solito fanno così: investono e riformano; i risparmi arrivano dopo.
Sarebbe bello e particolarmente utile, credo, onorevoli colleghi, che noi legislatori considerassimo sempre che, per semplificare la vita ai cittadini e alla nazione, oltre ad un'amministrazione efficiente, occorre anche una legislazione snella. Oggi non è così e a volte la moltiplicazione degli oneri burocratici nasce proprio dalle leggi che scriviamo e approviamo.
Credo che, mentre si fanno le riforme che stanno a cuore agli italiani, dobbiamo provare a riformare noi stessi, cambiando in meglio il nostro modo di lavorare. Uno sforzo in questa direzione sarebbe, credo, molto apprezzato dai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, l'UDC si asterrà su questo provvedimento, perché ravvisa in alcune disposizioni una serie di apprezzabili miglioramenti, ad esempio in materia di riduzione dei termini e di conclusione del procedimento amministrativo, anche se solleva qualche dubbio sulla circostanza per cui la norma, per quanto generale, subisce delle eccezioni con i decreti del Presidente del Consiglio che individuano quei procedimenti per cui il termine può essere allungato o sfuggire e così via, il che attribuisce all'Esecutivo e al Presidente del Consiglio un potere discrezionale nell'ambito dell'applicazione di una norma di diretta attuazione costituzionale.
Riteniamo apprezzabile il potenziamento della tutela risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione, che è una norma innovativa, importante, di cui va dato atto al Ministro, al sottosegretario e all'intero Governo.
Riteniamo, altresì, risibile l'introduzione della multa, che è un costo inutile per i cittadini e per le amministrazioni, nella formulazione contenuta nel testo che ci accingiamo a votare. Vorrei motivarne le ragioni in via di estrema sintesi: da un lato, non credo che ci saranno tanti cittadini disponibili a pagare un avvocato per fare applicare una multa, nella sua sanzione massima, pari a 250 euro; dall'altro lato, ritengo che la responsabilità dell'amministrazione o del funzionario sia una responsabilità formale ravvisabile oggettivamente in tante amministrazioni, sicché il costo non ricade sul funzionario inadempiente ma sulle amministrazioni e, quindi, sui cittadini.
È stato posto un rimedio in sede di esame in Assemblea, con la trasmissione degli atti alla competente procura regionale della Corte dei conti, ma in realtà il meccanismo migliore sarebbe stato quello di agevolare e ampliare quanto più possibile la sfera del silenzio-assenso. Infatti, ciò di cui il cittadino ha bisogno è unaPag. 62risposta efficiente da parte dell'amministrazione, e non una multa applicata da un giudice amministrativo.
Riteniamo apprezzabili le modifiche introdotte - anche queste innovative - al codice dell'amministrazione digitale e le disposizioni sul protocollo informatico, anche se riteniamo inadatte e insufficienti le risorse soprattutto per gli enti locali, che sono chiamati più degli altri ad adeguare la propria piattaforma informatica alle esigenze di un dialogo con l'amministrazione dello Stato.
Riteniamo, altresì, apprezzabili i miglioramenti introdotti in materia di accesso agli atti amministrativi e i miglioramenti e l'estensione di alcune norme che creano meccanismi virtuosi per quanto riguarda gli enti locali: mi riferisco a quelle riguardanti il taglio delle consulenze e il freno all'utilizzo indiscriminato di società miste e partecipate o controllate, che sono fonte di spreco di risorse. Di tutto ciò va dato atto ai colleghi dell'Italia dei Valori, a quelli dell'UDC, per la battaglia condotta a tal fine, al Governo e agli altri colleghi che si sono mostrati disponibili ad appoggiare questo tipo di proposte.
Riteniamo utile l'introduzione di un altro istituto: mi riferisco all'ipotesi di una responsabilità dirigenziale. Riteniamo, però, insufficiente la norma - e questa è una delle ragioni per le quali ci asteniamo - perché bisognava avere il coraggio di fare un passo in più. Occorreva, cioè, decontrattualizzare la fattispecie e non affidare ai contratti collettivi la definizione della stessa. Anche oggi, ad esempio, il meccanismo con cui si definisce il trattamento accessorio alle cosiddette indennità di risultato (che avrebbe dovuto incentivare la produttività dei dirigenti o dei quadri, essendo stato affidato alla contrattazione collettiva) di fatto ha diluito il sistema delle responsabilità, i parametri e gli standard di valutazione dell'efficienza dei singoli dirigenti e delle strutture amministrative. Ciò vale anche con riguardo alla materia (ma questo è un tema che dovremo affrontare ancor di più e ancor meglio, non avendolo potuto fare in questa sede) delle responsabilità dirigenziali dei dirigenti degli enti locali che siano stati dichiarati in dissesto. Infatti, non è possibile - signor Ministro, lei lo sa meglio di me - che gli amministratori degli enti dissestati o dichiarati in dissesto finanziario giustamente subiscano la sanzione della ineleggibilità, mentre i dirigenti degli enti che vengono dichiarati in dissesto finanziario o strutturalmente deficitari non subiscono alcun tipo di sanzione, anzi continuano a percepire i premi di produttività anche quando il frutto di tale produttività è stato il fallimento dell'ente locale che dirigono.
Non condividiamo la modifica al ricorso straordinario, per quanto riguarda l'abbreviazione dei termini. Dal nostro punto di vista non ha senso, considerato che comunque, com'è noto, i termini per la proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato non subiscono la sospensione feriale; quindi, l'idea della riduzione penalizza le parti e i dipendenti pubblici, nel momento in cui si restringe l'ambito degli atti impugnabili con ricorso straordinario in materia di pubblico impiego.
Siamo perplessi anche sulla circostanza che la giurisdizione in materia di pubblico impiego sia stata trasferita dal giudice amministrativo al giudice del lavoro. Lo dico perché non credo che ciò abbia prodotto risultati significativamente positivi, né nei confronti dei lavoratori né nei confronti della pubblica amministrazione: tutt'altro!
Infine, la ragione reale, fondamentale, principale per la quale non possiamo - anche se lo vorremmo - esprimerci favorevolmente sul provvedimento in esame nasce dalla mancata introduzione di una vera e propria autorità indipendente per il controllo della pubblica amministrazione.
Apprezzo lo sforzo compiuto dal Ministro, apprezzo meno - lo dico con la stima e la franchezza che credo sia solita dalle nostre parti - il risultato finale. Una commissione interna al CNEL rende ancora più inutile la discussione in ordine a tale organo. Essa, inoltre, non ha alcun potere reale di incidenza: non è nemmeno un organo ausiliario per le pubbliche amministrazioniPag. 63per definire ad esempio piattaforme contrattuali, standard e parametri che possano essere presi a modello per definire gli indici di misurazione dell'efficienza delle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali; infine, essa non ha alcun potere penetrante per individuare singoli casi di responsabilità, di inefficienza e di malaffare.
Avremmo inoltre gradito che venisse colto il senso e lo spirito della proposta che l'UDC aveva presentato, quella cioè di attribuire a questa autorità indipendente (la cui composizione non può essere quella che si prevede nel testo, anch'esso poco indipendente, per così dire) anche le competenze e le funzioni dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione: un organo sconosciuto ai più, sia nella precedente che nell'attuale legislatura, che credo non abbia prodotto alcun risultato utile per la comunità, se non quello di aumentare il numero dei posti e degli stipendi. Credo peraltro che l'assorbimento di tali funzioni da parte di questa autorità avrebbe anche costituito uno stimolo a costruire un modello di controllo a trecentosessanta gradi della pubblica amministrazione.
In conclusione, l'altra ragione per la quale non possiamo ritenerci soddisfatti del testo al nostro esame è lo zibaldone delle deleghe e delle materie estranee che esso presenta. Non credo che un tema serio come quello che è stato proposto dal Ministro Nicolais - la semplificazione amministrativa - possa essere «imbastardito», lo dico tra virgolette, da questioni che non hanno nulla a che vedere con la semplificazione, anche se così sono state definite: mi riferisco alle deleghe sui servizi aeroportuali, sulle commissioni mediche per il rilascio delle patenti, sulle adozioni internazionali o sulle singole disposizioni anagrafiche che vengono più o meno migliorate. Tutto ciò rende infatti meno percepibile il senso innovativo e l'efficienza della proposta.
Su tale tema potremo comunque tornare a discutere, magari anche attraverso un'indagine conoscitiva ad hoc, che proporremo in Commissione affari costituzionali, sullo stato della pubblica amministrazione che noi ci ostiniamo a considerare in tutte le sue articolazioni, come precisato all'articolo 114 della Costituzione, vale a dire regioni, province ed enti locali, che non fanno qualcosa di diverso da quel che fa lo Stato. L'articolo 97 della Costituzione si applica, volenti o nolenti, a tutti: non vi sono Stati negli Stati, e non si può prevedere un passaggio ulteriore, mi riferisco alla Conferenza Stato-regioni-autonomie locali, per applicare leggi che sono di diretta attuazione di principi indefettibili sanciti nella Carta costituzionale.
Per tali ragioni, signor Presidente e signor Ministro, preannunzio che su questo provvedimento, saremo costretti, nostro malgrado, ad astenerci.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevoli membri del Governo, l'odierno provvedimento all'esame della Camera dei deputati testimonia finalmente l'intervento del legislatore in un ambito nevralgico del nostro sistema giuridico, quello del funzionamento della pubblica amministrazione. In tale ambito è forte la necessità di assicurare, dopo anni di inerzia, un'adeguata modernizzazione e di conseguire un apprezzabile livello di efficienza. È dunque evidente che, a fronte della sentita esigenza di fornire un deciso impulso alla modernizzazione della nostra amministrazione, un intervento legislativo quale quello in esame non può che configurarsi già di per sé come assolutamente positivo.
Ciò detto in linea generale, riteniamo che il provvedimento oggi all'esame della Camera presenti indubbi aspetti positivi, anche dal punto di vista concreto: rappresenta infatti un segnale davvero positivo il fatto che, per ciò che attiene alla disciplina del procedimento amministrativo, ci si ponga in una posizione di sostanziale continuità giuridica rispetto al percorso diPag. 64riforma del nostro impianto amministrativo avviato con l'entrata in vigore dell'ormai ben nota legge n. 241 del 1990.
In tale contesto, fermo restando quanto già evidenziato in sede di discussione sulle linee generali, sono varie le innovazioni o modificazioni degne di una positiva menzione.
Innanzitutto, segnalo la previsione rigorosa di un termine di carattere generale - volutamente esiguo - per la conclusione dei procedimenti amministrativi, rafforzata dal principio della assoluta eccezionalità di termini più ampi di quello generale.
Apprezziamo, inoltre, la previsione di un obbligo risarcitorio per i casi di danno ingiusto derivante al cittadino dalla violazione - dolosa o colposa - del termine per la conclusione del procedimento amministrativo, e ciò indipendentemente dalla spettanza al cittadino del beneficio derivante dal provvedimento richiesto.
Egualmente positivo, al fine di rendere più efficiente l'operato della pubblica amministrazione, risulta il processo di progressiva responsabilizzazione delle figure del responsabile del procedimento e del dirigente di riferimento. Per quest'ultimo, il disegno di legge in esame prevede, peraltro, un rigoroso regime di dirette responsabilità e di sfavorevoli correlate conseguenze in caso di inadempienza da parte della pubblica amministrazione rispetto ai propri obblighi di legge.
Rispetto a tale ultimo aspetto riteniamo, tuttavia, opportuno osservare come, pur ritenendosi doverosa la conferma della responsabilità dirigenziale anche in tale peculiare settore, sia però preliminarmente necessario che il dirigente sia realmente posto nella condizione - sia a livello strutturale sia a livello funzionale - di poter effettivamente adempiere alle prescrizioni di legge in tema di procedimento amministrativo.
Passando agli aspetti di criticità del testo in questione, analizzati nel dettaglio in sede di discussione sulle linee generali, esprimiamo perplessità per la riduzione del termine previsto per la proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato.
In luogo di tale modificazione, infatti, sarebbe stato presumibilmente preferibile stabilire termini di carattere perentorio per l'emissione del necessario parere da parte del Consiglio di Stato. Non possiamo che ribadire le nostre perplessità, del resto già espresse in sede di discussione sulle linee generali, rispetto alla previsione nel nostro ordinamento di una commissione o autorità indipendente per la valutazione delle amministrazioni pubbliche: non se ne sentiva veramente il bisogno! Riteniamo infatti che la stessa, oltre a porre in essere l'ennesima ed assai onerosa - a livello finanziario - autorità indipendente, sia in realtà semplicemente destinata ad arricchire il quadro pletorico di enti di tale genere già esistenti nel nostro ordinamento.
Infine, ancorché si tratti di norme di buon senso e dunque di per sé condivisibili, dobbiamo rilevare la frammentarietà delle innovazioni legislative previste dalle ultime disposizioni del disegno di legge, assolutamente disomogenee rispetto al tenore generale del disegno di legge in questione, e pertanto meritevoli di una separata disciplina.
In conclusione, riteniamo comunque che il disegno di legge al nostro esame rappresenti effettivamente un'innovazione dotata di indubbio pregio, proprio per l'espressa finalità di porre le basi per consentire finalmente al Paese un importante passo in avanti nel processo di modernizzazione della pubblica amministrazione.
Un positivo intervento, peraltro, consentirà altresì di estendere efficacemente nei confronti del crescente numero di soggetti privati, gestori del servizio di rilievo pubblicistico, tutte le garanzie di carattere procedimentale previste dalla normativa sul procedimento amministrativo.
Un cammino di rinnovamento e di modernizzazione della pubblica amministrazione che, inoltre, potrà senz'altro trovare, nel tentativo, operato dal testo inPag. 65esame, di favorire finalmente la piena digitalizzazione degli atti e dei documenti dei procedimenti amministrativi, un effettivo presupposto, oltre che un adeguato supporto.
Per tutte le menzionate ragioni, il gruppo parlamentare dei Comunisti Italiani preannunzia il proprio voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, preannunzio a nome del mio gruppo l'espressione del voto contrario sul provvedimento in esame che cercherò di riassumere in pochissimi minuti. In effetti, il tema è importante. Quando si sente parlare di modernizzazione, efficienza delle amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese verrebbe da dire: qualunque cosa venga disposta al riguardo, non può che essere utile ed importante!
Invece, noi critichiamo quelle tiepide e poco incisive misure per ridurre e rendere certi i tempi dell'azione amministrativa, e diminuire il peso della burocrazia per i cittadini e le imprese.
Si doveva e si poteva fare di più!
In particolare, secondo tale disegno di legge, che prevede che le amministrazioni siano tenute a definire ed a rendere pubblici i tempi per la conclusione delle pratiche, con periodi certi e con tempi massimi da rispettare e soprattutto con piani per la riduzione dei tempi che le amministrazioni si devono dare, sembrerebbe che l'impegno sia giustamente teso all'efficienza della pubblica amministrazione. Tuttavia, quando ci concentriamo sull'aspetto del risarcimento e sul fatto che le amministrazioni inadempienti sono tenute a risarcire il danno provocato dal mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento e che tale questione è di competenza di un giudice amministrativo, viene spontaneo sostenere che per il cittadino è necessario ricorrere ad un avvocato. Dunque, ecco la pletora e la congestione. Non vi è semplificazione, ma burocratizzazione; vi sono oneri che, comunque, i cittadini inizialmente devono sopportare. Inoltre, insieme al risarcimento del danno le amministrazioni e gli enti locali sono sanzionati per il ritardo con una multa a favore del cittadino. Sembrerebbe un fatto ovvio, ma al cittadino occorre un legale.
Si dispone che l'entità della multa e le modalità del pagamento siano stabilite con regolamento che deve emanare il Presidente del Consiglio o con regolamenti delle regioni e province. Sembrerebbe, inoltre, che anche i gestori pubblici e privati di pubblico utilità, ossia i gestori dei servizi relativi all'acqua, alla luce, al telefono, al gas, siano tenuti a corrispondere agli utenti un indennizzo automatico e forfettario in caso di mancato rispetto degli standard di qualità e di quantità definiti e pubblicati nella carta dei servizi e addirittura che l'indennizzo possa essere anche detratto dalla bolletta. Il ragionamento che vi presento e a cui vi vorrei, in sintesi e in conclusione, condurre è questo: ma gli enti locali e le amministrazioni sono effettivamente in grado di portare avanti l'impegno previsto da tale disegno di legge, che modifica la grande legge che i padri della Repubblica, della prima Repubblica, ci hanno lasciato, ossia la legge n. 241 del 7 agosto 1990? Sono in grado di farlo? Nel disegno di legge si parla di dirigenti, ma nel 42 per cento dei comuni italiani non vi sono dirigenti, perché si tratta di piccoli comuni con dipendenti responsabili di area e senza adeguate figure professionali. Fate attenzione, perché in Italia vi sono 1.970 comuni con popolazione fino a mille abitanti. I comuni con popolazione compresa tra i mille e i duemila abitanti sono 1.652. I comuni con popolazione fino a diecimila abitanti costituiscono l'86,5 per cento dei comuni italiani e non hanno dirigenti. Pertanto, tale disegno di legge non presenta copertura economica perché si ripercuote sugli enti locali. Gli enti locali devono pagare e sono i cittadini che devono ricorrere ad un legale e sono perciò i comuni che non riescono a sopportare,Pag. 66con i loro dipendenti, il carico che il provvedimento in esame gli attribuisce in termini di modernizzazione e di efficienza, perché non hanno un apparato. Questi comuni sono troppi, non organizzati e con uffici obsoleti. Non possiamo adottare una legge contro natura.
In merito all'efficienza della pubblica amministrazione, l'Italia è al terzultimo posto della zona euro. Vediamo cosa fanno gli altri Paesi e ci renderemo conto che le nostre imprese non sono competitive rispetto a quelle straniere, ma sono bloccate dalla pletoricità, dalla burocratizzazione che le sta opprimendo.
Il provvedimento in esame non le libera, anzi impedisce loro, ancora di più, di effettuare una politica di competitività non solo a livello nazionale ma, soprattutto, internazionale.
Allora, se è vero come è vero che in Italia abbiamo l'86 per cento di comuni sotto i diecimila abitanti senza dirigenti, come si fa a prevedere in una legge che siano i dirigenti a pagare con il salario accessorio una loro mancanza? Poi è sempre Pantalone a pagare: ossia gli enti locali che, è vero, risarciranno il danno, ma poi dovranno tassare i propri cittadini, con un circolo vizioso che vede soccombere unicamente questi ultimi.
Infine, si poteva prevedere nel provvedimento (e non si è voluto farlo) una continuità con la legge n. 554 del 1988 ed il D.P.C.M. n. 325 del 1988, nei quali si parlava di mobilità volontaria, regolamentata per legge, per favorire i processi di mobilità volontaria all'interno delle pubbliche amministrazioni. Ciò avrebbe permesso nelle amministrazioni con esuberi e squilibri di utilizzare meglio ed in misura maggiore i dipendenti pubblici, trasferendo coloro che si girano i pollici tutto il giorno, cercando di farli utilizzare da altre amministrazioni.
Si era iniziato nel 1988, ma non si è voluto procedere su questa strada, perché si è voluto perpetrare il clientelismo nelle pubbliche amministrazioni, continuando ad effettuare assunzioni. Pertanto, per la mancanza di mobilità volontaria e, ovviamente, di copertura finanziaria e per il fatto che si è voluto attribuire ai comuni la responsabilità ed il danno che subiscono i cittadini, non possiamo esprimere il nostro voto favorevole sul provvedimento e, anzi, diciamo un «no» forte e chiaro perché si doveva e si poteva fare di più.
Abbiamo perso un'occasione importante che ci poteva rilanciare anche tra i Paesi della zona euro. Siamo ancora il fanalino di coda: cresciamo meno degli altri Paesi della zona euro. Vi è anche una spiegazione: se tali sono le leggi che approviamo non possiamo assolutamente crescere ed è per questo che siamo condannati ad essere il ventisettesimo Paese dell'Unione europea, sempre più distante dal penultimo e quindi pronto a retrocedere.
Quindi, per tali motivi, manifestiamo la nostra contrarietà, a differenza di molti altri colleghi che hanno visto il bicchiere mezzo pieno. Noi non solo non lo vediamo mezzo pieno, ma lo vediamo completamente vuoto per i numeri che ho riportato. Si tratta di dati statistici che ognuno di voi può verificare. Il provvedimento in esame non porterà alcun beneficio in termini di sburocratizzazione, di modernizzazione e, soprattutto, di riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese. Sono stati solamente spostati sulle pubbliche amministrazioni, anche in riferimento al fatto che ognuno si deve poi rivolgere ad un legale, lo deve pagare e via seguitando.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Costantini. Ne ha facoltà.
CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, l'Italia dei valori voterà a favore del provvedimento in esame. Lo avrebbe fatto anche se fosse rimasto invariato. Lo fa con maggior convinzione dopo l'esame dello stesso in Assemblea e l'accoglimento di numerosi emendamenti, nostri e di altri colleghi di maggioranza e di opposizione. Penso all'estensione alle società pubbliche di tutti gli obblighi relativi al procedimento amministrativo quando si trovino ad esercitare un'attività amministrativa. SiPag. 67tratta di un rapporto nuovo fra tali società ed i cittadini. Penso all'invio alla Corte dei conti delle sanzioni comminate alla pubblica amministrazione per il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento amministrativo, funzionale all'accertamento della responsabilità individuale.
Penso al blocco delle consulenze delle società pubbliche che non abbiano prima verificato se negli organici dell'ente locale azionista esistano o meno corrispondenti professionalità. Penso all'estensione a tali società degli obblighi previsti dal codice dell'amministrazione digitale: esse dialogheranno con i cittadini attraverso la rete Internet, saranno più trasparenti, i loro dati e le informazioni in loro possesso saranno accessibili per i cittadini e, soprattutto, per le imprese.
Resta il rammarico per una proposta emendativa che vietava la costituzione di società in house, laddove l'ente locale non avesse garantito il contestuale trasferimento del personale dipendente. Sappiamo, infatti, che in moltissimi casi tali società sono nate per la gestione di un servizio pubblico, hanno avuto in acquisizione un ramo d'azienda come avviene nel diritto privato, dove però il ramo d'azienda è costituito oltre che dalle attività, dai beni e dalle attrezzature, anche dal personale.
Avevamo presentato una proposta emendativa per impedire che tale attività diventasse uno strumento surrettizio di proliferazione di assunzioni clientelari. Si trattava di una proposta che andava nella direzione del contenimento dei costi della pubblica amministrazione. Abbiamo riscontrato un parere contrario della V Commissione bilancio, che francamente ancora oggi non sono riuscito a comprendere.
Resta, tuttavia, un giudizio positivo - lo ribadisco - per la piccola, ma significativa, rivoluzione culturale che il Ministro Nicolais e il relatore hanno saputo mettere in campo con questa importante riforma. Nel dibattito, anche poco fa, qualcuno ha messo in discussione l'utilità di una sanzione che raggiunge al massimo l'importo di 250 euro. Altri, durante il dibattito sulla proposta emendativa hanno messo in discussione l'utilità dell'invio degli atti alla Corte dei conti (Commenti).
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, il tempo lo controlla la Presidenza e per svolgere il suo intervento il collega ne ha ancora a disposizione.
CARLO COSTANTINI. Tuttavia, per noi del gruppo Italia dei Valori non è importante la misura della sanzione, ma il fatto che per la prima volta nella pubblica amministrazione siano stati introdotti due principi che operano automaticamente, senza filtri, né controlli sindacali.
Il primo principio che il provvedimento in esame introduce è che «chi sbaglia, paga». Il dirigente che non evade nei termini l'istanza del cittadino o di un'impresa paga perché la sanzione viene comminata alla pubblica amministrazione, che invia gli atti alla Corte dei conti, affinché persegua il responsabile. Credo che tale cambiamento, al di là del dato quantitativo, marchi un'inversione di tendenza, un salto di qualità nei rapporti tra pubbliche amministrazione, cittadini ed imprese.
Il secondo importantissimo aspetto introdotto per la prima volta dal provvedimento in esame è legato all'affermazione del merito, anche in questo caso senza filtri, né verifiche, né tentennamenti. Il dirigente che svolge il suo dovere e conclude nei termini il procedimento percepisce l'indennità di risultato. Il dirigente che non lo fa perde il diritto di percepire l'indennità accessoria.
Tali aspetti uniti alla previsione di una commissione per la valutazione dell'efficacia dell'azione amministrativa (debole rispetto alle nostre aspettative, ma che comunque rappresenta un principio) costituiscono secondo noi davvero un salto di qualità importantissimo. Debbo dire che questo salto di qualità è stato possibile anche grazie al contributo di colleghi dell'opposizione, a dimostrazione di come, per vincere le resistenze, per attuare riforme più importanti nell'interesse del Paese, sia necessario mettere in campo lePag. 68intelligenze di tutti, di centrodestra e di centrosinistra.
Per tali ragioni, è con convinzione che il gruppo Italia dei Valori voterà a favore del provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baldelli. Ne ha facoltà (Commenti di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, se avessi qualcosa di scritto consegnerei il testo, ma per la «gioia» dei colleghi di Alleanza Nazionale non ce l'ho!
PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, consentite al collega Baldelli di intervenire.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, proprio oggi un'agenzia di stampa dice che per pagare una fattura alle imprese che lavorano con la pubblica amministrazione servono 839 giorni. È ovvio che un provvedimento di modernizzazione della pubblica amministrazione, che avrebbe come obiettivo ridurre i tempi e migliorare l'efficacia del sistema, dovrebbe andare a incidere su tali aspetti e non su altri. Abbiamo visto che ci sono deleghe e materie sostanzialmente estranee.
Se è vero, come dice il presidente Violante, che un provvedimento che riguarda la pubblica amministrazione per sua natura va a toccare trasversalmente diversi argomenti, è anche vero che probabilmente ha facoltà di toccarli non tanto con le deleghe e con interventi di merito, quanto piuttosto con elementi di struttura e con la riduzione dei termini. Su questo tema abbiamo già manifestato e continueremo ad esprimere le nostre perplessità.
È stata fatta una scelta di equilibrismo, Ministro Nicolais, perché parlare di pubblica amministrazione significa rendere più efficiente la macchina attraverso il personale della stessa. Tale equilibrismo si è mosso tra la posizione del sindacato, che purtroppo - come sostiene a ragione Luca di Montezemolo - ha tutelato a volte sacche di inefficienza, e una politica che, almeno a livello teorico, ricalca le posizioni efficientiste e rigoriste del professore Ichino e di altri. Si tratta di una politica equilibrista tra questi due opposti estremi che ci fa pensare che ci sia una dicotomia per cui quando sui giornali leggiamo le dichiarazioni del Ministro Nicolais ci sembra di leggere le interviste del professor Pietro Ichino, mentre quando lo vediamo invece all'opera nei fatti ci sembra che sia Epifani, perché alla fine l'appiattimento sul sindacato appare completo e totale.
Si tratta di un'occasione persa dalla sinistra per quanto riguarda le collaborazioni esterne e la riduzione dei cosiddetti comma 6 che riguardano la dirigenza; sono aspetti che potevano essere inseriti nel provvedimento, ma così non è stato. Qualcuno si è ispirato a Pietro Ichino; mi riferisco in particolare ai colleghi della Rosa nel Pugno, che però non hanno avuto il coraggio di dire «no» ad una proposta poco coraggiosa giunta alla fine di questo esame, relativa alla commissione cosiddetta «antifannulloni». Quest'ultima partiva da una proposta tutt'altro che entusiasmante formulata dal Ministro, ma almeno si prevedevano alcune sanzioni all'interno della prima formulazione, nel testo iniziale presentato dal Ministro Nicolais, ma su diktat del sindacato è stata soppressa. Quest'ultima versione non solo ci lascia perplessi ma, lo ripetiamo, è l'ennesima espressione di equilibrismo.
Sulla pubblica amministrazione abbiamo molto da fare, signor Ministro: ci sono le questioni che riguardano il licenziamento dei dipendenti fannulloni, il controllo effettivo delle presenze e quindi la lotta all'assenteismo, tante iniziative. Cito Pietro Ichino, anche in ordine alla sua proposta di incentivazione all'uscita degli anziani: «incentivando ad andare via gli anziani in quanto tali, si rischia che se ne vadano solamente gli anziani migliori, quelli che trovano più facilmente qualcun altro per cui lavorare. Cosa trattiene il Governo dal dirigere, invece, le proprie forbici verso i casi assolutamente indifendibili? L'opinione pubblica è ormai sensibilissima su questa materia, per ragioni di equità prima ancora che di efficienza.Pag. 69Se non sarà questo Governo a voltare pagina in modo deciso rispetto a decenni di inerzia, dei quali la politica porta una pesantissima responsabilità, su questo terreno si giocherà probabilmente gran parte della prossima campagna elettorale».
È evidente che la prossima campagna elettorale, di fronte all'assenza di coraggio e a questo equilibrismo che il Governo cerca di mettere in campo, noi la faremo anche su questo argomento.
Vede, signor Ministro, l'11 giugno del 2006, la contorsionista americana Leslie Tipton, a Madrid, riuscì a mettere con i piedi sei uova in altrettanti portauova in 57 secondi. Ora il «contorsionismo» del Governo può cercare di eguagliare questa specie di guinness, però Ministro, ci dia retta: se qualche uova bisogna romperla, rompiamola nell'interesse dei cittadini per maggiori servizi e per una maggiore efficienza della pubblica amministrazione. Facciamoci un po' di coraggio in più. Preannuncio l'astensione del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Incostante. Ne ha facoltà.
MARIA FORTUNA INCOSTANTE. Signor Presidente, questo provvedimento riguarda la pubblica amministrazione, la sua riforma, la sua modernizzazione. Noi siamo interessati a inquadrarlo soprattutto all'interno di un disegno generale, perché puntiamo sulla modernizzazione della pubblica amministrazione e crediamo che essa rappresenti un valore fondamentale per la crescita del Paese, perché la pubblica amministrazione pesa sul nostro prodotto interno lordo quanto l'industria.
Tutti possono comprendere che un processo di modernizzazione è cruciale per la crescita. Non possiamo permetterci di agire su due livelli: da una parte, l'impresa e lo scenario della competizione globale e, dall'altra, la pubblica amministrazione che talvolta rallenta, come è stato detto, la crescita e sicuramente, talvolta, non è all'altezza della modernità e delle sfide.
Sappiamo che la pubblica amministrazione inefficiente è fonte di diseconomia perché l'impresa decide dove investire e nell'ambito dei calcoli sui vantaggi e gli svantaggi decide anche se un territorio sia più o meno competitivo, e ciò vale in particolare per il sud del Paese.
Credo che tutti siamo consapevoli di quanto la pubblica amministrazione rappresenti un dato di inefficienza e di diseconomia. Tuttavia, dobbiamo puntare su un processo di riforma e d'innovazione della pubblica amministrazione che, anche attraverso i piccoli passi contenuti nel provvedimento in discussione, inizi a dare dei segnali decisivi. Al di là di ciò che è stato detto in alcuni interventi, come da ultimo quello del collega Baldelli, ritengo che tali segnali siano presenti e puntino sui tempi dell'azione amministrativa, sull'innovazione tecnologica e sulla trasparenza.
A mio avviso, una pubblica amministrazione trasparente agisce complessivamente in modo positivo nel rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, e puntare sui processi di informatizzazione (come è stato fatto in questo provvedimento, a partire dal protocollo informatico), non è solo un dato tecnologico, ma significa dare la possibilità di ridurre anche gli spazi discrezionali, siano essi affidati al potere politico o a quello burocratico. L'informatizzazione, infatti, fa crescere sicuramente la possibilità di controllare il lavoro delle istituzioni, rende certi i tempi, chiare le responsabilità e visibili i percorsi. Credo, inoltre, che in tal modo si sancisca e si tuteli anche il principio di imparzialità previsto dalla nostra Carta costituzionale.
Infine, onorevoli colleghi, anche se spesso in quest'aula perdiamo tanto tempo prezioso per svolgere numerose considerazioni, credo valga la pena affermare che, con il provvedimento in esame, e in particolare con l'articolo 10, sul quale si è molto discusso, da parte del gruppo dell'Ulivo vi è la volontà di puntare su una cultura della valutazione positiva della pubblica amministrazione e non su quellaPag. 70della valutazione dei singoli, come invece ho sentito ribadire ancora in alcuni interventi.
Ripeto, infatti, che quest'ultima non può essere affidata a un Ministero o allo Stato, perché abbiamo varato una riforma costituzionale e vi sono leggi che prevedono i controlli interni e la valutazione che ogni singolo ente deve svolgere.
È anche vero, però, che qualcosa non funziona e a mio avviso dobbiamo dirci qualche verità prima di scagliarci contro i fannulloni di turno, sport molto preferito e sicuramente mediaticamente favorevole.
Ritengo che la verità sia un'altra: in Italia la politica in tanti anni non ha investito nella pubblica amministrazione e ciò vale anche per l'Esecutivo del centrodestra che ha governato per cinque anni. In questo Paese siamo arrivati tardi a sancire alcuni principi come quello della separazione tra la politica e la gestione e spesso la pubblica amministrazione è stata piegata ad interessi di parte.
Ritengo, invece, che con il provvedimento in discussione possiamo imboccare la strada giusta per garantire quale sia la funzione alta della pubblica amministrazione e la mediazione tra il cittadino e le istituzioni. Su questo terreno possiamo trovare anche alleanze nella società e nell'economia, senza trascurare - come spesso è accaduto in questo dibattito - quanto siano importanti le alleanze interne, vale a dire ciò che è dentro le pubbliche amministrazioni, che sono interessate al cambiamento e vogliono ragionare sul merito e sulle capacità professionali.
Credo che aver cura della pubblica amministrazione, coltivarne con fatti concreti il rinnovamento e non inseguire mode mediatiche, ricette miracolistiche e nemmeno scetticismi di riformabilità sia una strada giusta. È per questo che su questa strada il voto del gruppo dell'Ulivo è convinto e favorevole (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.