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TESTO AGGIORNATO AL 8 NOVEMBRE 2007
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia.
(Interventi a favore delle aziende agricole sarde in relazione alla grave situazione di indebitamento ed alla crisi del settore - n. 3-01396)
PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01396, concernente interventi a favore delle aziende agricole sarde in relazione alla grave situazione di indebitamento ed alla crisi del settore (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).
ELIAS VACCA. Signor Presidente, signor Ministro, da un mese a questa parte la notizia del giorno sui quotidiani sardi è quella relativa alla situazione drammatica nella quale versano centinaia anzi migliaia di aziende agricole piccole e grandi della Sardegna che si trovano, per usare un termine un po' crudo, strangolate da un rapporto con le banche che ha avuto un'evoluzione terribile a seguito della dichiarazione di illegittimità in sede dell'Unione europea di una legge regionale che concedeva agevolazioni a queste aziende, sulla scorta della quale tali aziende hanno tentato di adeguare ed ammodernare il proprio capitale produttivo.
La situazione è particolarmente grave, e noi ce ne stiamo in qualche modo occupando, nel momento in cui addirittura alcune di queste aziende sono state poste in vendita all'asta; conseguentemente, intere famiglie si sono viste sfumare posti di lavoro ed investimenti in un momento di particolare crisi per l'intera economia sarda.
PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, la crisi socio-economica in cui versano le aziende agropastorali sarde trova la propria origine nel tempo e solo di recente è emersa in tutta la sua gravità. Infatti, gli aiuti previsti dalla legge regionale n. 44 del 1988, resi operativi con ben quattro provvedimenti della giunta della regione Sardegna nel 1992, sono stati estesi a tutti gli operatori agricoli che versavano in condizione di mercato sfavorevoli a seguito di avversità climatiche. Di conseguenza, a seguito di tale estensione, sono state avanzate alla regione Sardegna 7500 domande di finanziamento. Nell'agosto del 1994 la Commissione europea ha comunicato all'Italia l'avvio della procedura d'infrazione ai sensi dell'articolo 93 del Trattato nei confronti appunto della legge n. 44. In riscontro a tale comunicazione l'Italia ha fornito le proprie motivate risposte, ma la Commissione europea, non accogliendo le motivazioni addotte, ha ritenuto di proseguire l'iter della procedura d'infrazione. In particolare, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia sarebbe venuta meno agli obblighi sanciti dall'articolo 93 del Trattato, avendo omesso di notificare le misure di aiuto nella fase di progetto e avendole rese esecutive prima di qualsiasi pronuncia della Commissione stessa. Al termine della procedura pertanto la Commissione europea ha dichiarato illegali gli aiuti; da qui il motivo per il quale ci siamo trovati nella difficile situazione descritta dall'interrogante.
A fronte di questa situazione la Commissione agricoltura nella seduta del 30 Pag. 34ottobre scorso ha approvato una risoluzione con la quale impegna il Governo ad intraprendere con la massima urgenza tutte le iniziative che si rendono più opportune per far fronte alla grave crisi socio-economica in cui versano le aziende in questione. Il Governo intanto si è attivato e, attraverso un tavolo di concertazione che ha visto l'incontro con Banca popolare dell'Emilia Romagna, Banco di Sardegna e la regione Sardegna, abbiamo individuato un'ipotesi di soluzione condivisa, e, grazie a questo incontro che formalizzerà tale ipotesi condivisa nell'incontro del 20 novembre prossimo, noi riteniamo che si possa, non solo bloccare le azioni esecutive, fatto sul quale la banca si è presa l'impegno, ma anche individuare un'ipotesi di rateizzazione e di abbattimento degli interessi che possa venire incontro alla grave situazione generatasi.
PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di replicare, per due minuti.
ELIAS VACCA. Signor Ministro, sono soddisfatto della sua risposta e dell'andamento dei lavori del tavolo. Apprendo da lei - se non ho capito male - che comunque vi sarebbe già un accordo per quello che riguarda la moratoria sulle esecuzioni in corso, ed è quello che principalmente chiedevano queste persone, queste famiglie e questi imprenditori, in modo tale da potere riadeguare i piani di ammortamento degli investimenti a suo tempo effettuati.
La questione non nasce con il question time di oggi, vi è stata già un'interrogazione proposta dal nostro gruppo, nonché la risoluzione, approvata all'unanimità, in Commissione agricoltura che lei ha ricordato.
Vorrei soltanto dire che la crisi del comparto agropastorale della Sardegna non è un fatto che può avere un rilievo soltanto relativamente alla Sardegna, ma è una crisi che investe il nostro sistema produttivo nazionale.
La Sardegna si sta interrogando su una profonda crisi del modello industriale, che a suo tempo alla stessa venne imposto, e sta cercando alternative di sviluppo economico, di dignità e di lavoro.
Quello che adesso possiamo auspicare è che anche il Paese si renda conto dell'importanza del comparto agropastorale sardo nell'economia globale e che anche in sede di Unione europea si sappia incidere politicamente, poiché non sempre le misure volte a tagliare i cosiddetti aiuti in violazione della concorrenza trovano una risposta e una giustificazione sul piano sociale.
Mi domando che cosa si vuol fare della nostra isola: se non industria, non agricoltura e se il turismo ancora non decolla sufficientemente, allora è bene interrogarsi su quale possa essere lo sviluppo segnato per quella terra (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
(Iniziative per la convocazione di un tavolo di concertazione tra Stato, regione Sardegna e banche in relazione ai debiti contratti dalle imprese agricole sarde - n. 3-01397)
PRESIDENTE. Il deputato Marras ha facoltà di illustrare per un minuto l'interrogazione Leone n. 3-01397, concernente iniziative per la convocazione di un tavolo di concertazione tra Stato, regione Sardegna e banche in relazione ai debiti contratti dalle imprese agricole sarde (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmatario.
GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, sono 7500 le imprese agricole della regione Sardegna messe in crisi dalla cancellazione operata dall'Unione europea degli aiuti previsti dalla legge regionale n. 44 del 1988. La vicenda, iniziata ormai venti anni fa sotto forma di sostegno alle aziende agricole che avevano subito danni, sembra avviarsi a conclusione con aziende poste all'asta e famiglie sul lastrico.
È necessario che la regione Sardegna ed il Governo nazionale si confrontino con le proprie responsabilità: la prima per aver redatto una legge d'aiuto non compatibile con le regole comunitarie, per Pag. 35avere indotto gli imprenditori agricoli a sottoscrivere impegni con le banche sotto la supervisione dei funzionari regionali, per aver continuato ad attuare una legge che era già in pericolo di annullamento e per aver lasciato incancrenire la situazione sino ai traumatici eventi di questi giorni; il secondo per non aver richiamato per tempo la regione ai suoi doveri.
PRESIDENTE. Deputato Marras, la invito a concludere.
GIOVANNI MARRAS. Chiedo al Governo se non ritenga necessario convocare con assoluta urgenza un tavolo di concertazione trilaterale tra Stato, regione Sardegna e banche interessate, ai fini della forfettizzazione e posposizione del debito aggiuntivo caricato sulle imprese agricole sarde...
PRESIDENTE. Deputato Marras, deve concludere.
GIOVANNI MARRAS. Chiedo, inoltre, al Governo se non ritenga assolutamente indispensabile predisporre un piano di recupero graduale e sostenibile degli aiuti illegittimamente erogati in violazione della normativa comunitaria...
PRESIDENTE. Deputato Marras, la prego di concludere.
GIOVANNI MARRAS. ...eventualmente vincolando a tale finalità una quota delle risorse che lo Stato trasferisce alla regione.
PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, ha facoltà di rispondere.
PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, come ho già detto rispondendo all'interrogazione precedente, non solo è stato individuato un tavolo di concertazione tra le banche e la regione, ma abbiamo già dato ampio risalto al blocco delle azioni esecutive. Quindi, sotto questo profilo, la situazione adesso è stata assolutamente fermata. Dobbiamo, però, renderci conto che tale situazione è determinata da un comportamento non corretto, secondo le regole europee, compiuto dalle precedenti giunte. Non possiamo certo attribuire la responsabilità all'attuale giunta della regione Sardegna. Da anni in Sardegna sono state avviate procedure esecutive senza ascoltare e senza neanche notificare le azioni a Bruxelles. Dobbiamo imparare a regolarci con le nostre iniziative legislative, seguendo le norme europee.
Grazie all'impegno che si sta mettendo in atto tra Governo, regione e banche, ritengo che il 20 novembre prossimo - come annunciavo prima - con la formalizzazione del piano di rientro e la ristrutturazione del debito, possa essere il giorno cruciale nel quale potremo offrire una risposta definitiva.
Credo, comunque, che lo sviluppo del sistema agropastorale sardo sia determinante, tanto importante per mobilitare l'interesse non solo della regione, ma anche del Governo, del Parlamento e di tutte le istituzioni.
PRESIDENTE. Il deputato Cicu, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare per due minuti.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, non siano assolutamente soddisfatti della risposta del Ministro perché oggi auspicavamo certezze rispetto ad un processo che oramai da troppo tempo è stato determinato da una giunta regionale di centrosinistra e, ancora oggi, sempre da una giunta regionale di centrosinistra viene con superficialità affrontato.
Credo che oggi, doverosamente e responsabilmente, doveva essere data certezza di come e in quale modo superare tutti gli aspetti che strangolano 7500 imprese e 45 mila famiglie. Penso che oggi, forse, invece di aspettare altri venti giorni, si poteva ritenere che la proposta di legge a firma Cicu, Marras, Oppi e altri, fosse quella che consentiva di superare le questioni che attengono agli aiuti di Stato e, quindi, al «blocco» dell'Unione europea.Pag. 36
Ritengo, in altre parole, che si potesse già definire una ripartizione per il consolidamento del debito in quattordici anni, con il pagamento di interessi legali e con la possibilità che, attraverso l'utilizzo di quelle risorse già destinate alla Sardegna dallo Stato (che, peraltro, apparirebbero ancora oggi virtuali perché dovrebbero essere incassate dal 2011 al 2023), si potesse destinare una quota importante di quei fondi per iniziare a consolidare i debiti. Gli agricoltori non possono aspettare e, soprattutto, non possono aspettare con le chiacchiere!
Noi riteniamo che, forse, prima dell'antipolitica (è già annunciata la presenza di Beppe Grillo a Decimoputzu), lo Stato, le istituzioni, il Governo e il governo della regione Sardegna avevano il dovere e la responsabilità di dare una risposta di certezza su tale problematica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
(Iniziative per garantire la gratuità dei libri di testo per l'intera durata della scuola dell'obbligo - n. 3-01395)
PRESIDENTE. La deputata Sasso ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01395, concernente iniziative per garantire la gratuità dei libri di testo per l'intera durata della scuola dell'obbligo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).
ALBA SASSO. Signor Presidente, signor Ministro, l'istruzione è un bene primario per i singoli e per il Paese. La Costituzione italiana stabilisce la gratuità dell'istruzione obbligatoria, il cui limite è stato innalzato a sedici anni. Il costo dei libri di testo aumenta di anno in anno e diviene una spesa pesante per molte famiglie, in particolare per quelle che vivono in condizioni disagiate. Questo è in contraddizione con l'articolo 34 della Costituzione.
Vorremmo sapere, dunque, quali iniziative intenda assumere per garantire la gratuità dei libri di testo per la scuola dell'obbligo, a partire dalle famiglie a più basso reddito.
PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, com'è noto, per favorire l'obbligo di istruzione, i libri di testo sono stati forniti gratuitamente agli alunni della scuola elementare dagli inizi degli anni Sessanta, con una decisione ormai lontana. Con l'elevamento dell'obbligo di istruzione si è posto il problema di estendere questa gratuità anche agli studenti della scuola media, ma, considerata la notevole incidenza dei costi dei libri di testo, in relazione alle diverse discipline di studio, non si è intervenuti con un provvedimento analogo.
La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla questione della gratuità dei testi scolastici per la fase dell'obbligo, si è espressa con sentenze del 1967, e successive, nel senso che la gratuità dell'istruzione obbligatoria, stabilita dall'articolo 34 della Costituzione, è da riferirsi alla prestazione, cioè l'insegnamento, mentre la gratuità degli strumenti didattici rappresenta un'opportunità e rientra nelle misure economiche e provvidenze volte a favorire il diritto allo studio - che io credo, come lei, debbano essere assicurate - e che, dal 1972 in poi, attiene soprattutto alla competenza delle regioni.
Lo Stato centrale è intervenuto ad adiuvandum per rendere agevole la partecipazione alla scuola per l'assolvimento dell'obbligo con misure che limitino il più possibile il peso economico a carico delle famiglie. La legge finanziaria del 1999 ha previsto, per la prima volta, la fornitura gratuita parziale o totale dei libri di testo a favore degli alunni meno abbienti della scuola dell'obbligo e secondaria, stanziando dei finanziamenti appositi. Con il decreto-legge n. 159 del 2007, in corso di conversione, tali stanziamenti sono stati integrati in modo notevole, anche in relazione all'innalzamento a sedici anni dell'obbligo di istruzione, cui lei faceva riferimento.Pag. 37
Il Ministero della pubblica istruzione, con un provvedimento del 17 luglio scorso, ha destinato circa 155 milioni di euro in borse di studio da assegnare al sostegno delle famiglie meno abbienti per agevolare la frequenza scolastica nelle scuole medie superiori. Infine, con la legge finanziaria del 2007, nell'obiettivo di contenere il più possibile i costi per le famiglie, è stata data l'opportunità di potenziare il comodato d'uso, positivamente attuato in alcune realtà territoriali, ed agevolare l'attivazione della pratica del noleggio.
A questo fine sono stati predisposti specifici stanziamenti. Inoltre, per effetto della stessa legge finanziaria per il 2007, il tetto di spesa entro cui i collegi dei docenti debbono deliberare le adozioni dell'intera dotazione libraria sarà esteso a tutti gli anni di corso della scuola secondaria superiore. Anche quest'anno le scelte dei libri di testo sono state oggetto di monitoraggio, soprattutto riguardo ai costi e al rispetto dei tetti di spesa. Il Ministero, in una circolare di imminente emanazione, predisporrà una serie di ulteriori misure per contenere e verificare il rispetto del tetto di spesa e favorire la predisposizione dei testi in braille per gli allievi non vedenti.
PRESIDENTE. La deputata Sasso ha facoltà di replicare.
ALBA SASSO. Signor Ministro, mi ritengo in parte soddisfatta. Purtroppo, in Italia le leggi ci sono ma non sempre vengono fatte applicare, anche la questione del noleggio non è andata avanti. Ritengo che questo Governo abbia lodevolmente innalzato l'obbligo scolastico, portandolo a sedici anni (come già avviene da tempo in tutta Europa); oggi, infatti, si deve sapere di più, in ogni età della vita e in ogni tipo di lavoro.
Tuttavia, se davvero vogliamo parlare di riconoscere e premiare il merito, di premiare i capaci e i meritevoli - come si dice in Costituzione - la res publica, lo Stato deve mettere ragazze e ragazzi in grado di accedere a pieno titolo all'istruzione e sappiamo quanto pesi, in un bilancio familiare, il costo dei libri di testo, soprattutto all'inizio di ogni ciclo scolastico. Non possiamo permettere che vi siano famiglie che rinuncino all'istruzione.
Tutto quello che si fa, oggi, si fa su questo terreno, per rendere concreto un diritto e per garantire a tutte le ragazze e i ragazzi del nostro Paese pari opportunità. È questo il tema che ho posto.
(Iniziative per la piena operatività della normativa in materia di credito d'imposta a favore delle aree svantaggiate - n. 3-01398)
PRESIDENTE. Il deputato Li Causi ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01398, concernente iniziative per la piena operatività della normativa in materia di credito d'imposta a favore delle aree svantaggiate (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, nella seduta del 13 giugno 2007 avevo chiesto al Governo quali iniziative intendesse assumere al fine di ovviare al ritardo nell'avvio del regime del credito d'imposta previsto dalla legge finanziaria. Il Ministro Santagata rispondeva a quella interrogazione a risposta immediata, garantendo che in tempi rapidi - poche settimane - sarebbe arrivata la definitiva autorizzazione dell'Unione europea, necessaria per dare effettiva operatività a quanto previsto dalla suddetta legge finanziaria per il 2007.
Considerato che il credito d'imposta per i nuovi investimenti, principalmente nel meridione d'Italia, risulta essere di fondamentale importanza per l'economia di queste aree e malgrado le più ampie rassicurazioni da parte del Governo, non risulta ad oggi essersi avviato il regime del nuovo credito d'imposta, recando così notevoli e pesanti conseguenze alle imprese.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
VITO LI CAUSI. Si chiede, allora, quali iniziative urgenti il Governo abbia intenzione Pag. 38di promuovere al fine di rendere pienamente operative le disposizioni previste nella legge finanziaria.
PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, come l'interrogante stesso ha affermato, in una precedente risposta era stato ribadito l'impegno del Governo ad ottenere l'autorizzazione dell'Unione europea. Infatti, come è noto, l'efficacia di tali disposizioni in materia di credito d'imposta è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo. Questa autorizzazione non può essere rilasciata se non dopo l'approvazione della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013, la cui predisposizione è stata curata dal Ministero dello sviluppo economico.
Il 30 marzo scorso, il Ministero dello sviluppo economico ha inviato alla Commissione europea, in prenotifica, la proposta di Carta italiana degli aiuti 2007-2013, sulla quale, il 2 maggio successivo, si è tenuto un primo confronto con la direzione generale della concorrenza.
Nel mese di giugno si è provveduto alla notifica formale della proposta italiana, cui ha fatto seguito una richiesta di informazioni aggiuntive da parte della Commissione europea.
Successivamente all'invio da parte delle necessarie informazioni da parte delle regioni interessate, il Ministero dello sviluppo economico ha dato riscontro alle richieste della Commissione fornendo tutte le spiegazioni e tutta la documentazione.
A questa interlocuzione sono seguiti due incontri formali: il primo tra il Ministro Bersani e il commissario alla concorrenza, la signora Kress, in data 5 ottobre, e il secondo a livello tecnico, in data 11 ottobre, nel corso dei quali sono stati ulteriormente chiariti alcuni aspetti tecnici che hanno conclusivamente soddisfatto la direzione generale della concorrenza.
Si è pertanto in attesa della conclusione delle procedure di consultazione interna da parte della Commissione europea, per l'adozione della decisione di approvazione della Carta, come segnalato dallo stesso Ministro Bersani con lettera del 24 ottobre scorso.
L'Agenzia delle entrate ha comunicato, infine, di aver già predisposto una bozza di circolare interpretativa sul nuovo regime del credito di imposta che è stata inviata ai servizi della Commissione europea per la valutazione di competenza.
Quindi, come vede, il Governo sta effettivamente seguendo la questione con grande impegno, perché vuole dare attuazione ad una scelta che noi abbiamo voluto e che è importante per lo sviluppo di quelle aree.
PRESIDENTE. Il deputato Li Causi ha facoltà di replicare.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, onorevole Ministro Chiti, la ringrazio. È evidente che il Governo non si sottrae al continuo confronto con le forze politiche e il Parlamento. A tale riguardo, vorrei ricordare l'impegno profuso in questo settore con la legge finanziaria dello scorso anno, ove è stato previsto un bonus per gli investimenti per il Mezzogiorno d'Italia.
Tuttavia, con rammarico, è da constatare che, nonostante gli sforzi dell'Esecutivo, ancora oggi tale bonus non risulta operativo. Inoltre, la mancata fruibilità di un incentivo come quello del credito di imposta per il Meridione d'Italia continua a frenare la risposta del Mezzogiorno, mentre gli stessi imprenditori - scoraggiati da una politica di sostegno non ben definita - potrebbero definitivamente stornare i propri capitali in maniera diversa.
Se, infatti, è vero che le politiche di sviluppo regionale comunitario alla base della nostra azione parlamentare mirano a recuperare il ritardo di sviluppo delle aree depresse dell'Unione europea, è necessario che queste regioni siano dotate concretamentePag. 39 degli strumenti idonei ad attirare quel capitale esterno che, combinato con quello locale, sia in grado di creare una accelerazione maggiore rispetto a quella delle aree più avanzate del nostro Paese, il tutto nel processo di crescita e produzione del reddito.
Tuttavia, per attivare nuovi capitali di investimento è necessario che il Governo sostenga con grande decisione gli strumenti agevolativi per il capitale privato al fine di rendere più appetibile - mi scusi per il termine - un investimento in aree che altrimenti resterebbero indefinitamente escluse da un'adeguata prospettiva di sviluppo economico.
Lo stop di Bruxelles alla Carta degli aiuti a finalità regionale, indispensabile - come lei stesso ha affermato - per l'operatività dei benefici alle imprese, inizia ad allarmare gli imprenditori. Inoltre, un sud d'Italia composto da gente che lavora, ha diritto al massimo impegno da parte del Governo per attuare quanto è stato già deciso ed è già a disposizione per il suo sviluppo economico (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
(Misure recentemente approvate dal Consiglio dei ministri in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali - n. 3-01399)
PRESIDENTE. Il deputato Brugger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01399 concernente misure recentemente approvate dal Consiglio dei ministri in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, in data 30 ottobre 2007, il Consiglio dei ministri ha approvato il pacchetto sicurezza sulle piste da sci - prevedendo l'introduzione di nuovi obblighi e sanzioni nei confronti di chiunque pratichi lo sci, o altra pratica sportiva minore - il quale ha suscitato molte perplessità fra gli sciatori e non poche critiche, soprattutto negli ambienti interessati, con i quali non c'è stato confronto: gestori di impianti e maestri di sci.
Riteniamo sia giusto intervenire nella materia per salvaguardare maggiormente l'incolumità delle persone. Tuttavia, crediamo che il testo approvato dal Consiglio dei ministri presenti troppi punti in cui si sono volute dettare regole di controllo indiscriminato senza le necessarie differenziazioni. Alcune tra le misure previste sono: il controllo eccessivo sulle piste, il ritiro dello skipass anche per tre giorni, multe fino a 5 mila euro, costi aggiuntivi per i gestori e restrizioni del libero esercizio di diversi sport invernali fuori pista.
Chiediamo se il Governo...
PRESIDENTE. Deputato Brugger, deve concludere.
SIEGFRIED BRUGGER. ...non ritenga di dover aprire un reale confronto con le regioni e le province autonome interessate nonché con i gestori degli impianti per migliorare il testo.
PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 30 ottobre è stato preceduto dalla costituzione di un tavolo di confronto con le regioni, con le province autonome, con gli enti locali e anche con i rappresentanti delle categorie interessate.
La proposta è stata inviata, prima dell'adozione in Consiglio dei ministri, alla Conferenza Stato-regioni e sono state accolte le principali richieste che in quella sede erano state formulate.
Il disegno di legge si propone di aumentare la prevenzione dei sinistri e la sicurezza degli sciatori, anche alla luce degli incidenti mortali della stagione invernale scorsa, mediante il rafforzamento della vigilanza e del soccorso sulle piste. Pag. 40Piste da sci più sicure costituiscono, oltre ad un dovere del legislatore, un'ulteriore opportunità per lo sviluppo turistico del settore. Viene esteso il potere di segnalazione dei maestri di sci di comportamenti che violano le norme sulla velocità e ogni altra condotta dello sciatore contraria alle disposizioni di legge.
Il disegno di legge introduce anche un regime sanzionatorio unitario a livello statale e una sanzione che è stata ritenuta di particolare efficacia, come il ritiro dello skipass giornaliero e la sospensione fino a un massimo di tre giorni del plurigiornaliero, facendo comunque salva la facoltà delle regioni di prevedere ulteriori sanzioni.
Rispetto a tale previsione che lei richiama, nessuna obiezione risulta essere stata mossa dalle associazioni dei gestori in questi incontri e dalle regioni e province autonome nelle sedi istituzionali cui ho fatto riferimento, anzi tale misura è stata considerata di grande efficacia e d'altra parte è prevista anche in altri paesi europei come, ad esempio, l'Austria.
Evidenzio piuttosto il fatto che solo alcune regioni ed una sola provincia autonoma hanno conformato la loro legislazione alla legge quadro 24 dicembre 2003, n. 363, nonostante il termine di sei mesi previsto per adeguarsi e tale difformità da regione a regione comporta particolari problemi per le aree sciabili che comprendono il territorio di più regioni.
Rispetto all'inasprimento del trattamento sanzionatorio va sottolineato che sanzioni fino a 5 mila euro sono già previste dalla vigente disciplina, ma esclusivamente a carico dei gestori che non ottemperino all'obbligo di esporre documenti relativi alle classificazioni delle piste, alla segnaletica, alle regole di condotta funzionali agli scopi di prevenzione e alla sicurezza degli sciatori.
Potrei continuare rispetto alle altre questioni specifiche che lei ha segnalato, ma mi pare che il problema non sia tanto questo. Il problema di fondo che lei pone riguarda il fatto che questo disegno di legge è ormai in via di trasmissione alle Camere. Nel corso dell'esame parlamentare possono essere recepiti miglioramenti che siano coerenti con quello che tutti condividiamo ossia come garantire sicurezza, trovando un equilibrio con la valorizzazione di questa attività e le dico fin d'ora che, nonostante questi confronti ci siano stati - come ho detto all'inizio - qualora ciò si renda utile...
PRESIDENTE. Ministro Chiti, deve concludere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. ...il Governo sarà disponibile ad ulteriori approfondimenti anche con i soggetti interessati così come da lei richiesto.
PRESIDENTE. Il deputato Brugger ha facoltà di replicare.
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, non posso dichiararmi soddisfatto della risposta, o meglio lo sono solo per l'ultima parte, quando lei afferma che c'è un'ulteriore possibilità di confronto. A quanto mi risulta, infatti, un confronto nella Conferenza Stato-regioni c'è stato, anche se più formale che sostanziale, mentre non mi risultano confronti con le categorie interessate, in modo particolare non mi risulta un confronto approfondito con l'Anef, l'associazione che riguarda i gestori di impianti.
Vorrei dire che ovviamente anche a noi sta a cuore l'incolumità delle persone sulle piste da sci e condividiamo sanzioni, anche severe, però per chi mette realmente in pericolo altre persone. Su tale punto vorrei essere molto chiaro: la sicurezza dipende in primo luogo dal comportamento individuale dello sciatore e non può essere un sistema di norme e disposizioni, anche abbastanza o molto macchinose, a penalizzare in modo indiscriminato tutti gli sciatori.
Vorrei solo ricordare che se andiamo avanti di questo passo, con segnaletiche ed ulteriori restrizioni, arriviamo ad avere una pista di sci come una strada, con un codice dello sci come un codice della strada. Questo è eccessivo, perché lo sci Pag. 41deve procurare piacere, non può essere qualcosa dove si hanno solo regole e nient'altro. Per questo, bisognerebbe focalizzare molto di più l'intervento normativo sul comportamento individuale.
Dopodiché è chiaro che questa legge comprende anche regolamenti su altri sport, che sono lo sci fuori pista, lo sci alpinismo...
PRESIDENTE. Deputato Brugger, concluda.
SIEGFRIED BRUGGER. Concludo, Presidente. In questi casi non si tratta di discese, di piste di sci e regole troppo dettagliate proprio non servono.
Il confronto serve e io, da quel punto di vista...
PRESIDENTE. La prego, deputato Brugger, deve concludere.
SIEGFRIED BRUGGER... sono contento che almeno in questa fase dell'iter parlamentare ci sia un confronto ulteriore.
(Misure per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa anche attraverso l'utilizzo dell'esercito in Sicilia - n. 3-01400)
PRESIDENTE. Il deputato Lo Presti ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-01400, concernente misure per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa anche attraverso l'utilizzo dell'esercito in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6), di cui è cofirmatario.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, signor Ministro, in Sicilia è ancora acceso e particolarmente vivo il dibattito tra chi vuole l'Esercito per contrastare la mafia e chi no. È un dibattito - lo ricordo - che si è aperto all'indomani di gravi e ripetuti attentati perpetrati dal racket del pizzo ai danni di numerosi imprenditori, fatti, questi, che indicano una forte recrudescenza dell'attività mafiosa.
Ma proprio i recenti successi delle forze dell'ordine, primo fra tutti l'arresto dei boss Lo Piccolo (e voglio ringraziare con l'occasione le forze di polizia di Palermo), dimostrano che se lo Stato dispiega tutti i mezzi necessari per quello che in gergo militare si chiama «sfruttamento tattico del successo», è possibile, concretamente, sperare nella sconfitta della mafia.
Molte, signor Ministro, sono ormai le voci che si levano a favore dell'intervento dell'Esercito in Sicilia: anche molti prefetti della Sicilia l'hanno chiesto espressamente. Ciò servirebbe per liberare le forze dell'ordine, sgravarle da quei compiti di controllo del territorio che, invece, potrebbero essere affidati all'Esercito, che riporterebbe sicuramente ancora di più la fiducia nella popolazione siciliana di sperare veramente che la fine della mafia sia ormai prossima e vicina.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, mi unisco al collega nel sottolineare l'impatto positivo dell'arresto avvenuto due giorni fa dei due Lo Piccolo, che erano e stavano diventando ormai le figure sempre più dominanti, il cui ruolo negli ultimi mesi, probabilmente, è una delle spiegazioni di una pressione che il mondo economico siciliano ha avvertito essersi accresciuta nei suoi confronti sul terreno delle estorsioni.
Una spiegazione che viene dalle forze dell'ordine e da coloro che seguono da vicino queste cose è che, proprio per dimostrare il suo assurgere a capo della mafia siciliana dopo la caduta di Provenzano, Lo Piccolo stesse fornendo dei contributi usuali alle famiglie, ai carcerati mafiosi e ad altri, sue risorse, e che quindi avesse aumentato la pressione estorsiva sul mondo economico e commerciale siciliano.
Questo lo dico perché c'è la ragionevole aspettativa che per il futuro, ma lo verificheremo presto, questa pressione possa diminuire in ragione del successo che abbiamo conseguito eliminando Lo Piccolo dalla scena.Pag. 42
Come lei diceva, la vicenda di questo arresto dimostra che un dispiegamento efficace di forze realizza dei risultati; aggiungiamo anche un dispiegamento di intelligenza investigativa, perché qui ce n'è voluta molta dopo che un precedente tentativo di ottenere lo stesso obiettivo, avvenuto nell'agosto, non aveva avuto successo.
L'impiego dell'Esercito, che viene suggerito nei momenti di punta di preoccupazione, di insoddisfazione (e questo è, se vogliamo, e speriamo in modo duraturo, un momento invece opposto, di punta di aspettative positive), presenta parecchi svantaggi. Il vantaggio qual è? Il vantaggio è che per la tutela,...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ...peraltro di obiettivi fissi e non di obiettivi mobili, un poliziotto può essere ritenuto sprecato, un soldato fa invece vigilanza fissa. Però, dobbiamo evitare situazioni nelle quali debba assolvere anche a compiti diversi dalla mera vigilanza.
PRESIDENTE. Ministro, deve concludere.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Sto finendo. Il prezzo che si paga per avere la vigilanza degli obiettivi fissi da parte dei militari è molto alto: l'operazione avviata nel 2001 ha avuto un costo medio di 16 mila euro a soldato in più, aggiuntivi.
PRESIDENTE. Mi dispiace ma deve concludere, Ministro. La prego. I tempi valgono per tutti.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Allora ci si domanda se, disponendo delle risorse, sia quello il modo migliore per spenderle.
PRESIDENTE. Il deputato Lo Presti ha facoltà di replicare per due minuti.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Ministro, credo che, di fronte a una possibile sconfitta della mafia, non ci siano risorse che tengano. Per carità, mi rendo conto che il Paese attraversa un momento difficile, siamo tutti alla ricerca di come far quadrare i conti: è un compito che voi tentate di assolvere alla meno peggio (piuttosto peggio che meglio per la verità in queste ore), con una legge finanziaria che non si capisce bene dove vuole andare a parare. Però, francamente, le risorse che possiamo impiegare in questo senso, credo debbano essere utilizzate in pieno.
Lei stesso, signor Ministro, ha sottolineato che il dispiegamento dell'Esercito avrebbe comunque sicuramente un effetto positivo, importante, io aggiungo determinante nella sconfitta, non nella lotta alla mafia. Sono tra coloro i quali si iscrivono al partito degli ottimisti, credono che la mafia possa essere sconfitta, non soltanto contrastata, e che possa essere vicino il momento in cui ci possiamo lasciare alle spalle questo fenomeno. E allora non possiamo trascurare alcuno sforzo.
Vede, signor Ministro, c'è in Sicilia una nuova consapevolezza morale e legalitaria; ci sono i giovani che manifestano in piazza, industriali e commercianti che sempre più spesso trovano il coraggio di denunziare chi cerca di taglieggiarli con il pizzo; c'è una nuova coscienza morale che sta sorgendo e che ha tanta fiducia non solo nella lotta alla mafia (perché su quella evidentemente confidiamo tutti, con un impegno diuturno, costante, giornaliero dello Stato, delle istituzioni, dei cittadini, delle forze politiche) ma ha la speranza, il desiderio e la consapevolezza che la vittoria è a portata di mano.
Il successo dell'altro ieri, con la cattura del boss Lo Piccolo, è qualcosa di straordinario perché si aggiunge a un successo clamoroso che è stato ottenuto poco meno di un anno fa,...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONINO LO PRESTI. ...con la cattura dell'altro capomafia, Provenzano. Siamo vicini, secondo me, alla sconfitta dell'organizzazione criminale.
Pag. 43PRESIDENTE. Deve concludere.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, l'argomento è molto delicato.
PRESIDENTE. Sono obbligato a far valere il Regolamento per tutti.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, ancora un secondo.
Allora decidete una volta per tutte di dare veramente sfogo a tutte le energie possibili, per contrastare e debellare questo fenomeno (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Invito tutti coloro che intervengono, sia che facciano le domande sia che rispondano, ad attenersi ai tempi previsti, che non sono una mia discrezionalità: sono fissati dal Regolamento. E dunque le domande devono essere composte in un minuto, la risposta del ministro in tre, la replica in due. Chiedo a tutti di attenersi, senza dover esporre il Presidente a questo compito antipatico.
(Carenza di mezzi e risorse a disposizione delle forze dell'ordine - n. 3-01401)
PRESIDENTE. Il deputato D'Alia ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-01401, concernente carenza di mezzi e risorse a disposizione delle forze dell'ordine (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario, per un minuto.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, nel corso di un'intervista al TG1 lo scorso 4 novembre il Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, ha assicurato che sarebbero state erogate risorse per le politiche per la sicurezza nel nostro Paese, che sono stati stanziati nuovi fondi per quest'anno e che ne verranno stanziati altri per il prossimo. Nel corso dell'indagine conoscitiva che - come il Ministro sa - la I Commissione sta svolgendo, il Ministro Amato per primo, il Capo della polizia poi, e i sindacati delle forze di polizia da ultimo hanno lanciato un grido di allarme molto serio, responsabile e forte, che potrebbe essere sintetizzato nella battuta del prefetto Manganelli: stiamo raschiando il fondo del barile.
Poiché, ad oggi, non ci sembra che vi siano in proposito atti concreti, al di là degli annunci del Ministro dell'economia e delle finanze (peraltro non ne abbiamo riscontrati neppure nel famoso decreto-legge che ha utilizzato il cosiddetto tesoretto, attribuendo alle forze di polizia un'elemosina per talune questioni: penso ad esempio alle riassegnazioni)...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIANPIERO D'ALIA. ...la domanda che noi rivolgiamo al signor Ministro in questo momento di particolare emergenza è quante e quali risorse potremo realmente e concretamente assegnare con la prossima legge finanziaria.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole D'Alia, poiché è dalla parte dell'assegnazione di risorse al Ministero dell'interno: il che è sempre apprezzato e gradito. Non posso comunque non constatare che - dopo una difficile gestazione, anche per quanto mi riguarda - il disegno di legge finanziaria, che dovrebbe approdare alla Camera la prossima settimana, ancorché nell'insieme dell'aggregato delle risorse destinate al Ministero dell'interno risulti ad un gradino inferiore rispetto a quello che in gergo chiamiamo l'«assestato» (cioè le risorse di bilancio a disposizione del Ministero dopo l'intervento del bilancio di assestamento dell'estate), invece, per la parte relativa alla pubblica sicurezza, ci pone in una condizione non molto, ma leggermente superiore con riferimento alle risorse di cui si disponeva nell'assestato per tale finalità.Pag. 44
Ho giudicato questo dato come positivo, constatando anche che ad esso si aggiungono tre ulteriori elementi che erano stati da me richiesti.
Il primo - che può apparir piccolo ma è in realtà importante - è che le amministrazioni che si avvalgono di poliziotti, a volte anche non per mansioni direttamente di polizia, o se li pagano o me li restituiscono. Ciò nell'ambito di un disegno che implica anche (e vi è un'altra norma del disegno di legge finanziaria su questo punto), tramite la mobilità interministeriale, il recupero di alcune migliaia di uomini che potranno essere rimandati a svolgere compiti di polizia sul territorio, essendo sostituiti da altri nello svolgimento di mansioni amministrative e di supporto.
Il secondo elemento va oltre quel che si può fare con la mobilità, poiché, per quanto quest'ultima possa aumentare il numero delle forze, lo fa comunque - purtroppo - a parità di un'età che è sempre più avanzata, a causa del blocco del turn over che opera da anni. Questo secondo elemento è dunque proprio l'apertura di tale blocco con riferimento a 4.500 unità, che saranno suddivise fra le diverse forze di polizia.
Il terzo elemento è lo stanziamento di un fondo di 100 milioni per il rinnovo dei mezzi, di cui 80 sono già destinati alla polizia e 20 ai vigili del fuoco.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. A questo proposito, prego sin d'ora la Camera di trasferire quel fondo dalla parte corrente - nella quale, per ragioni che mi sfuggono, risulta collocato nel testo del Senato - a quella in conto capitale, sede in cui più propriamente si dovrebbe trovare.
Non è moltissimo, ma è più di quel che abbiamo ora, e ci consente di aprire il 2008 con maggiore serenità.
PRESIDENTE. Il deputato Volontè ha facoltà di replicare.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Beh, ma allora giocate partita doppia: io invece sono solo!
LUCA VOLONTÈ. Onorevole Presidente, onorevole Ministro dell'interno, noi l'attendiamo sempre con piacere non solo al question time, ma confidiamo anche in un'informativa che possa metterci a confronto sulle tante cose che lei avrà da dirci al riguardo, disponendo di informazioni che potrà fornire non solo a questo ramo del Parlamento ma anche ai cittadini italiani.
Certo, si tratta di un passo avanti, come lei ha significativamente affermato: vi è la possibilità di nuove assunzioni per 4.500 unità, ma teniamo conto che forse al Ministro dell'economia e delle finanze è sfuggito che mancano 16.100 unità di agenti della guardia di finanza, dei carabinieri e della Polizia di Stato, secondo le richieste che sono emerse alla Commissione affari costituzionali. Risorse pari a 120 milioni euro sono meglio che zero milioni, ma le forze di polizia, come lei sa, denunciano un ammanco di cassa di 240 milioni.
Si tratta quindi di un passo avanti, ma confidiamo che il Governo al Senato possa compiere un ulteriore passo avanti, altrimenti diventa difficile capire non certamente l'urgenza del decreto, ma come si voglia approfondire il tema della sicurezza in funzione di un rasserenamento della situazione del Paese e di un confronto reale con le forze di opposizione di questo Paese che hanno a cuore la sicurezza (ed in questo senso si pongono i finanziamenti alle forze di polizia ed il sostegno ad una sua eventuale azione in tale direzione come Ministro dell'interno).
Le aggiungo, onorevole Ministro Amato, nella speranza che il suo impegno in questa direzione prosegua con determinazione - anche con il sostegno di tutti coloro che hanno a cuore la sicurezza dei cittadini -, che la legge finanziaria dello scorso anno prevedeva l'abolizione e la chiusura della dirigenza interregionale delle forze di polizia (mentre è rimasta quella dei carabinieri e della guardia di finanza).
PRESIDENTE. Deputato Volonté, deve concludere.
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LUCA VOLONTÈ. Sarebbe utile, forse, rivalutare quella scelta o comunque decidere, rispetto alla scelta già operata lo scorso anno, come arrivare ad un'efficiente sistemazione dell'organizzazione e del quadro complessivo delle forze di polizia all'interno del nostro territorio nazionale.
Buon lavoro, onorevole Ministro Amato, noi saremo qui ad aspettarla!
(Iniziative volte alla sospensione dell'applicazione del trattato di Schengen in relazione alla disciplina sul soggiorno di lungo periodo - n. 3-01402)
PRESIDENTE. Il deputato Alessandri ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-01402, concernente iniziative volte alla sospensione dell'applicazione del trattato di Schengen in relazione alla disciplina sul soggiorno di lungo periodo (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario, per un minuto.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, Ministro Amato, credo che sia sotto gli occhi di tutti il fatto che il problema emerso con i fatti incresciosi degli ultimi giorni non costituisce un problema che esplode solo perché è accaduto un certo episodio a Roma: in Padania siamo subissati da questi eventi ormai da troppo tempo, e ciò deve farci riflettere!
Credo però che il compito di un Governo - e di un Ministro dell'interno in particolare - sia quello di fornire risposte certe.
Abbiamo appena letto cosa è uscito dall' «aria fritta» siglata a Palazzo Chigi tra il Primo Ministro rumeno e quello italiano: non ci aspettavamo niente di diverso, ma vi sottopongo una questione molto più concreta.
La gente fuori aspetta risposte concrete e non «aria fritta», nonché di sapere come si applicano le norme. Il trattato di Schengen prevede l'ingresso delle persone all'interno del nostro Paese e di quelli facenti parte della Comunità europea, o comunque dell'area Schengen (e ricordo che dal 21 dicembre ne entreranno a far parte altri nove), attraverso periodi di tre mesi o più lunghi, in base a determinate condizioni. Se però noi in qualche modo non certifichiamo l'ingresso delle persone che entrano (e basterebbe un semplice visto!), credo che in ciò vi sia davvero molta ipocrisia ed anche un paradosso. Altrimenti si fanno le leggi ma poi non vi sono i modi per poterle rispettare!
PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, non vi è dubbio che il collega ha sollevato un problema che esiste e di cui sono l'ultimo a negare l'esistenza. Il problema, piuttosto, consiste nelle soluzioni alle quali possiamo pervenire nel contesto delle regole comuni che ci governano.
Tutti coloro che sono presenti in quest'aula sanno meglio di me che il trattato di Schengen - che costituisce ormai acquis comunitario - prevede certe regole, ma anche che si possano sospendere, stabilendo controlli efficaci, esclusivamente per periodi temporanei e per particolari esigenze di ordine o di sicurezza pubblica, cosa che ogni tanto accade e, quando possibile, può essere programmata, ma si ha anche il potere di farlo ex abrupto quando ciò è inevitabile (sebbene ciò porti a periodi di trenta giorni).
Personalmente, connetto il tema che lei solleva al fatto che oggi disponiamo di una norma presente nella direttiva n. 38 del 2004 sui movimenti dei cittadini comunitari, secondo la quale chi proviene anche da un altro Paese comunitario e che soggiorna sul nostro territorio da più di tre mesi deve essere in condizioni di dimostrare che possiede mezzi sufficienti, altrimenti viene allontanato. Abbiamo il problema di questa data certa che il trattato di Schengen aumenta, eliminando qualunque forma di controllo sulla data di ingresso.Pag. 46
Ci troviamo dinnanzi ad un ordinamento comunitario che, da un lato, con il trattato di Schengen abolisce ogni forma di controllo sull'ingresso e, dall'altro, prevede che si possa espellere qualcuno nel caso in cui si sappia che è sul territorio nazionale da più di tre mesi. In tale contesto, le confesso che mi sto domandando - sto facendo istruire la questione dai miei uffici - se non sia possibile prevedere che, in assenza di una data certa di ingresso definita a carico di chi entra, si possa presumere che il soggetto sia nel Paese da più di tre mesi e, in tal caso, in assenza di mezzi leciti di sussistenza, lo si possa allontanare. Forse, possiamo adottare tale soluzione, che è compatibile con l'ordinamento comunitario. Ciò mi sembra fattibile, mi sto già adoprando in tal senso.
PRESIDENTE. Il deputato Alessandri ha facoltà di replicare per due minuti.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Ministro, credo che la sua risposta sia abbastanza disarmante. Infatti, se qualcuno sta ascoltando - mi rendo che non la sta ascoltando tutto il Paese, ma sarebbe stato utile - lei ha ammesso che come Ministro, ma in particolare questo Governo, non è in grado di poter gestire il fenomeno.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. No, è Schengen, non è questo Governo!
ANGELO ALESSANDRI. State studiando, lei pensa di poterci riuscire, di poter presumere, dando mandato agli uffici, che forse si troverà una soluzione. Tuttavia, le persone continuano ad entrare e lei ha ammesso pochi giorni fa che è in corso un'invasione. Credo che quello che è scoppiato sia molto grave.
Noi della Lega Nord lo abbiamo sempre detto; cominciamo anche con le amministrazioni, signor Ministro! Facciamo una bella moratoria per i campi nomadi che escono dalle regole e che non potete mai andare a controllare. Reintroduciamo la moratoria, soprattutto con l'ingresso di rumeni e bulgari parificati ad europei, come era già previsto e si poteva fare visto che l'invasione era precedente al primo gennaio del 2007.
Tuttavia, è necessario un Governo che abbia la volontà di mostrare i muscoli nei momenti in cui vi è la necessità di reagire. Credo che non abbiate tale capacità e tale forza. Ascoltate la Lega Nord! Siamo gli unici che vi danno i consigli per tempo. Fate sempre scappare i buoi fuori dalla stalla quando è troppo tardi. Mi auguro e spero che noi, insieme alla nostra gente, chiuderemo alla svelta quella stalla e quella porta e voi rimarrete fuori con quei buoi che continuate a difendere.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Bell'intervento!
(Misure per garantire la sicurezza nei centri urbani e iniziative per la modifica della normativa sul possesso delle armi - n. 3-01403)
PRESIDENTE. Il deputato Naccarato ha facoltà di illustrare l'interrogazione Zaccaria n. 3-01403, concernente misure per garantire la sicurezza nei centri urbani e iniziative per la modifica della normativa sul possesso delle armi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario, per un minuto.
ALESSANDRO NACCARATO. Signor Ministro, nei giorni scorsi si sono verificati due diversi episodi, che hanno fortemente turbato l'opinione pubblica. A Guidonia sono state uccise due persone da un ex ufficiale dell'esercito, che ha sparato dalla sua abitazione. A Roma è stata barbaramente uccisa Giovanna Reggiani dal cittadino romeno Nicolae Mailat.
Il primo episodio evidenzia i limiti della normativa sui controlli delle condizioni fisiche e psichiche necessarie per possedere armi da fuoco. Il secondo fatto si aggiunge al clima di violenza diffusa che provoca un senso di insicurezza e Pag. 47paura tra i cittadini, in particolare nelle aree urbane. Prima di tali episodi, il Governo ha varato alcuni disegni di legge per garantire maggiore sicurezza ai cittadini e per dotare magistratura e forze dell'ordine di strumenti efficaci per contrastare e reprimere la criminalità e la violenza. La parte di tali norme concernente le espulsioni è stata trasferita in un decreto-legge che il Parlamento dovrà rapidamente convertire in legge. Si tratta di provvedimenti utili, attesi da tempo, che consentono, al di là della propaganda - che abbiamo appena ascoltato anche in quest'aula e che troppo spesso si fa su tale materia, anche alla luce dell'assoluta inefficacia dimostrata dalla normativa in vigore sulle espulsioni, la cosiddetta legge Bossi-Fini - di affrontare in modo serio l'effettiva esecuzione dell'espulsione.
PRESIDENTE. Deputato Naccarato, la prego di concludere.
ALESSANDRO NACCARATO. Si chiede di sapere quali ulteriori misure il Governo intende adottare per assicurare la sicurezza dei cittadini romani e quali provvedimenti intende assumere per modificare la norma sul possesso delle armi da fuoco.
PRESIDENTE. Un minuto è un minuto, scusi la banalità!
Il Ministro dell'interno, Giuliano Amato, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. Signor Presidente, il Ministro è terrorizzato dal fatto di superare il tempo che ha a disposizione! Chiedo scusa, Presidente, ma fa bene a richiamarci ai tempi perché è una regola oggettiva e noi dobbiamo rispettarla.
Ringrazio gli onorevoli interroganti per questo atto di sindacato ispettivo che entra in un terreno con riferimento a regolazioni che sono state da tutti condivise quando hanno fatto ingresso nel nostro ordinamento, e di cui ora dobbiamo constatare la parziale inadeguatezza. Vorrei che i colleghi della Lega, che ora sono scomparsi dopo aver fatto la loro parte, andassero a rileggere gli atti parlamentari del momento in cui, nella precedente legislatura, venne deliberato e votato l'ingresso finale della Romania e della Bulgaria nell'Unione europea. Non una parola! Nessuno che evocasse le misure di contenimento di possibili ingressi, nessuno che segnalasse il rischio di possibili invasioni! E ora mi devo sentir dire: «Noi ve l'abbiamo detto per tempo». No! Voi non l'avete detto per tempo, lo state dicendo ora! Allora, furono dette cose totalmente diverse e le regolazioni, tra le quali, in particolare, la direttiva del 2004 che regola l'ingresso in ciascun Paese di altri cittadini comunitari, è stata deliberata dal Consiglio dei ministri europei nel 2004, quando non vi era ancora questo Governo!
Non voglio fare lo scaricabarile, ma dal momento che ci troviamo di fronte ad un problema comune, affrontiamolo in modo comune e smettiamola con questa ridicola scena che dei movimenti che riguardano il mondo intero, la colpa o è mia o è di Fini!
Vi è qualcosa di più grosso, ed è in relazione a questo che oggi, giustamente, il Presidente del Consiglio italiano ha convinto il suo collega rumeno a scrivere una lettera comune al Presidente della Commissione, ponendo il problema in sede europea, compreso il rafforzamento di norme varate nel 2004, nell'aspettativa che si spostasse da un Paese all'altro solo qualche professionista, attore o lavoratore, e non centinaia di migliaia di esseri umani!
Quanto all'altro episodio, ho avviato in sede di Governo, avendolo diramato...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIULIANO AMATO, Ministro dell'interno. ... un disegno di legge che modifica le norme sul porto d'armi e prevede controlli severi e ripetuti sull'idoneità fisica e psichica di chi possiede le armi, proprio per evitare che si ripetano fatti come quello di Guidonia.
Pag. 48PRESIDENTE. Il deputato Zaccaria ha facoltà di replicare per due minuti.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Ministro, lo ringraziamo e ci è utile chiarire anche questo supplemento di intervento da lei svolto con riferimento alla questione della sicurezza e al rapporto tra il nostro ordinamento e le norme comunitarie, in particolare quelle approvate nel 2004, che sono state attuate dal Governo di centrosinistra nel 2007, e che comportano delicati problemi di ordine anche costituzionale. A noi questo punto è chiaro, come è chiaro che l'intervento di urgenza (e non di emergenza), che il Governo ha predisposto, anticipando alcune disposizioni, tende a rispondere a problemi che acquistano una carica particolare - vorrei dire simbolica - come è stato fatto con riferimento alle vicende del calcio, quando un caso emblematico, quale quello di Catania, ha consentito poi al Governo di intervenire e di ottenere dei risultati in questa materia.
Riguardo al problema cui si riferisce in particolare la vicenda di Guidonia, mi fa piacere apprendere che vi è un'iniziativa del Governo al riguardo. Casi analoghi si verificano anche all'estero, e non solo negli Stati Uniti, dove è molto facile disporre delle armi, ma anche nella più rigorosa Inghilterra. Ricordo, ad esempio, l'episodio avvenuto in Scozia, quando mi pare che furono uccisi sedici bambini e Tony Blair colse l'occasione per varare una normativa più rigorosa, soprattutto sulla detenzione delle armi e le visite mediche.
Ricordo, tra l'altro, che vi è stato un caso recente in cui le visite mediche effettuate con leggerezza sono state sanzionate dalla magistratura. È importante anche distinguere tra la detenzione di un'arma (quindi la licenza di porto d'armi) e la detenzione di arsenali che, effettivamente, nei casi visti sono al di fuori, a volte, delle disposizioni normative. Credo, quindi, che sia giusto intervenire su questa materia, e ciò che lei ha affermato ci rassicura ulteriormente.
(Iniziative normative per definire criteri di priorità nella trattazione dei processi in relazione all'applicazione dell'indulto concesso con la legge n. 241 del 2006 - n. 3-01404)
PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01404, concernente iniziative normative per definire criteri di priorità nella trattazione dei processi in relazione all'applicazione dell'indulto concesso con la legge n. 241 del 2006 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), per un minuto.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, Signor Ministro, il gruppo Italia dei Valori era contrario all'indulto, non solo e non tanto perché avrebbe assunto vastissime proporzioni - oltre 26 mila scarcerati e oltre 40 mila beneficiari - ma anche perché concedeva un bonus di tre anni di reclusione «a futura memoria» per tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006, anche se i processi non erano conclusi con sentenza definitiva.
Prevedevamo che in questa situazione gli operatori sarebbero stati demotivati nel celebrare i processi per condanne che non sarebbero mai state eseguite. Inoltre, queste norme avrebbero creato una «zavorra giudiziaria», che secondo il Consiglio superiore della magistratura rappresenta oltre l'80 per cento dei processi pendenti, e avrebbero intralciato il lavoro giudiziario e la celebrazione degli altri processi.
Ella, rendendosi conto dell'inconveniente, assai responsabilmente chiese al CSM la fissazione di regole di priorità, che, però, secondo quell'organo, compete solo alla sede legislativa. Le chiedo, quindi, Signor Ministro, di sapere se ella ritiene...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
FEDERICO PALOMBA. ...se vi sia ancora l'esigenza di stabilire i criteri di priorità nella trattazione, che pongano in posizione residuale i processi in questione o, comunque, come ritiene che il problema possa essere risolto.
Pag. 49PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, premetto che ho già avuto modo di affrontare tali problemi connessi all'adozione della cosiddetta «circolare Maddalena», in quanto ho risposto al riguardo a più riprese in sede di sindacato ispettivo. In questa occasione, quindi, mi limiterò soltanto a ricordare che i dirigenti degli uffici inquirenti e giudicanti possono e devono, nell'ambito delle competenze in tema di amministrazione della giurisdizione, adottare iniziative e provvedimenti idonei ad elaborare soluzioni organizzative dirette ad assicurare la più sollecita definizione dei processi pendenti.
Anzi, voglio sottolineare che lo stesso CSM, in attuazione dell'articolo 227 del decreto legislativo n. 51 del 1998, sul giudice unico di primo grado, ha dettato criteri e priorità e prospettato molteplici soluzioni operative volte alla gestione dell'arretrato esistente presso gli uffici giudiziari. Successivamente, a seguito della legge n. 241 del 2006, di concessione dell'indulto, è stata prospettata da più parti la possibilità di differenziare, rispetto agli altri procedimenti, la tempistica dei processi penali interessati all'indulto.
In questa prospettiva, che trova fondamento nei principi di buon andamento dell'amministrazione sanciti anche dagli articoli 97 e 111 della Costituzione, con nota del 13 settembre 2006 ho proposto - l'ha ricordato l'onorevole Palomba - al CSM e ai magistrati dirigenti degli uffici la possibilità di adottare la stessa ratio del sistema indicato dal citato articolo 227, così da venire incontro alle esigenze che sono state richiamate. Ovviamente, tutte le iniziative adottate dai capi degli uffici al fine di razionalizzare la trattazione degli affari non possono prescindere dal principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, ovvero non possono operare, in via di principio, una selezione dei procedimenti, per destinarne alcuni alla non trattazione.
Si aggiunga anche che l'iniziativa del dottor Maddalena non blocca i procedimenti penali suscettibili di indulto, ma consiglia soltanto un'estesa applicazione dell'articolo 125 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Peraltro, la preoccupazione che l'ufficio della procura possa, attraverso propri orientamenti organizzativi, come la circolare in esame, condizionare l'attività giurisdizionale in senso stretto non è configurabile, giacché l'iniziativa del pubblico ministero si limita al potere di richiesta e non integra certo i provvedimenti definitivi. Questi ultimi sono, infatti, riservati al giudice, ovvero ad un organo terzo, cui spetta il potere di accertare se ricorrono gli elementi sufficienti per sottoporre l'imputato a giudizio, affinché l'eventuale richiesta di archiviazione non rappresenti un'elusione dell'obbligo di esercitare l'azione penale, anche quando sia applicabile il beneficio dell'indulto.
Per tali ragioni, ritengo che la «circolare Maddalena» e analoghe iniziative rientrino, in generale, nei poteri di organizzazione propri del capo dell'ufficio. Al riguardo rilevo, altresì, che anche il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 15 maggio 2007, ha adottato, anche se a maggioranza, una delibera nella quale ha preso atto, allo stato, dell'adeguatezza dei moduli organizzativi adottati con la circolare del procuratore della Repubblica di Torino.
Il Governo non è inattivo rispetto all'intera materia, che riguarda lo smaltimento di una serie di vicende, e prossimamente sarà presentato un disegno di legge per la riforma organica della magistratura ordinaria.
PRESIDENTE. Il deputato Palomba ha facoltà di replicare, per due minuti.
FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la chiarificazione resa sulla materia in discussione: mi sembra di aver capito che il Ministro non reputi necessario un intervento legislativo, ma consideri che, nell'ambito e nella sfera dell'autorganizzazione, ogni ufficioPag. 50 possa determinarsi come ritiene. Questa situazione crea alcuni problemi, come il signor Ministro può comprendere.
Il fatto che il CSM abbia dichiarato che la «circolare Maddalena» non sia «irritante» rispetto ai principi generali non significa che, forse, non sarebbe stato necessario un provvedimento normativo di carattere generale, che indicasse le priorità nella trattazione dei processi. Prendiamo comunque atto, signor Ministro, della sua risposta, e la ringraziamo.
(Misure per il potenziamento dell'organico del tribunale di Ortona (Chieti) - n. 3-01405)
PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01405, concernente misure per il potenziamento dell'organico del tribunale di Ortona (Chieti) (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).
GIAMPIERO CATONE. Signor Presidente, signor Ministro, il tribunale di Ortona, dal 2001, ha una nuova struttura, attesa da decenni e costata diversi milioni di euro. Ultimamente, il consiglio dell'ordine degli avvocati di Chieti ha lanciato l'allarme di una sua paventata chiusura, al quale ha fatto eco il consiglio comunale di Ortona, che ha fermamente respinto tale ipotesi. In organico, attualmente, vi è un solo giudice per i processi civili, ed alcuni intervengono occasionalmente per quelli penali. Il vero problema, comunque, è il personale di cancelleria, composto da due soli impiegati, uno prossimo alla pensione e l'altro inabile per malattia. Per tale carenza è probabile che, sin dal prossimo dicembre, tutte le udienze siano sospese.
Signor Ministro, alla luce di quanto esposto, le chiedo se non ritenga opportuno prevedere un potenziamento dell'organico del tribunale di Ortona, in modo da garantirne funzionalità ed efficienza.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere, in sostituzione del Ministro della giustizia, Clemente Mastella, che si è dovuto recare in Senato.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, prima di entrare nel merito delle specifiche questioni sollevate dall'onorevole interrogante, ritengo opportuno rassicurarlo in merito alla paventata chiusura della sezione distaccata di Ortona. Il dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi non ha avviato alcuna iniziativa tesa alla sua chiusura, né mi risulta sia stata prospettata un'azione diretta a ridimensionare l'organico del personale amministrativo del tribunale di Chieti, di cui Ortona costituisce sezione distaccata.
Rappresento, comunque, che, secondo i dati trasmessi dal dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, la pianta organica del personale amministrativo del tribunale di Chieti è stata rideterminata con il decreto ministeriale 8 marzo 2007 e che attualmente, a fronte di otto unità previste in organico, nell'ufficio di Ortona sono presenti sette dipendenti: il solo posto vacante è quello di cancelliere C2. Sono coperti, infatti, gli organici di cancelliere C1 (due unità), di cancelliere B3 (un'unità), di operatore giudiziario B2 (due unità) e di ausiliario A1 (due unità). Peraltro, fino allo scorso mese di ottobre, era in servizio un'unità con contratto a tempo determinato (un ex lavoratore socialmente utile), oltre a un operatore giudiziario B2, in posizione soprannumeraria rispetto alla dotazione organica, cessato dal servizio per motivi di salute.
Per quanto riguarda, poi, la situazione relativa al personale amministrativo, si rappresenta che, nell'ufficio UNEP di Ortona, a fronte di un organico di nove unità, sono presenti otto dipendenti. Il solo posto vacante è quello di ufficiale giudiziario C2, relativo a una posizione economica introdotta in funzione delle procedure di riqualificazione e per la quale, allo stato, non esiste personale in servizio. Nell'ufficio del giudice di pace, Pag. 51infine, a fronte di cinque unità previste in organico, sono presenti sei dipendenti, due dei quali nelle posizioni economiche C1 e B3, comandati ai sensi dell'articolo 26, comma 4, della legge n. 468 del 1999.
L'unico posto vacante di operatore giudiziario B1 è stato pubblicato con interpello per la mobilità interna del 10 maggio 2007. In considerazione dei dati che ho sinteticamente esposto, ritengo che la situazione dell'ufficio giudiziario di Ortona non sia dissimile da quella di molte altre sedi giudiziarie e che molti dei problemi evidenziati dall'onorevole Catone possano essere arginati dal presidente della Corte d'appello dell'Aquila. Questi, infatti, può intervenire sulle situazioni di maggior disagio, mediante l'applicazione di personale proveniente da altri uffici del distretto, secondo quanto sancito dall'articolo 14 dell'accordo sulla mobilità interna, sottoscritto dall'amministrazione con le organizzazioni sindacali il 27 maggio 2007.
In ogni caso, in considerazione del carico di lavoro gestito dall'ufficio giudiziario di Ortona e proprio per sopperire alle necessità evidenziate dall'onorevole interrogante, manifesto sin d'ora la disponibilità dell'amministrazione ad attivare il comando di dipendenti di altre amministrazioni del comparto ministeri.
PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di replicare.
GIAMPIERO CATONE. Mi dispiace sinceramente che non ci sia il Ministro Mastella a rispondere, perché citare nomi, date e organici non rispondenti alla realtà, solo per il gusto di citarli, è molto facile. Di fatto, il tribunale di Ortona rischia di chiudere dal prossimo mese di dicembre, perché privo di organico. Quanto al personale di canecelleria, un conto sono i distacchi immediati per garantire lo svolgimento di alcune udienze, mentre altro conto è il personale facente parte dell'organico del tribunale di Ortona, che è vero che è una sezione distaccata del tribunale di Chieti, ma è l'ufficio giudiziario di Ortona, e quindi dovrebbe avere organici effettivi propri.
Soffermandomi su un altro punto, tengo a precisare che non ho mai parlato di ridimensionamento, ma di organici effettivi. Mi sembra che il tribunale di Ortona non li abbia, e che non abbia nemmeno molti giudici. Non basta dire che il presidente della Corte d'appello dell'Aquila può sopperire; stiamo chiedendo al Ministro della giustizia di intervenire: non si può sempre attingere da altre situazioni.
Per quanto riguarda le assicurazioni, ne abbiamo ricevute tante da questo Governo e dal Ministro Mastella. Colgo l'occasione per elencarne alcune ancora in sospeso, che stanno molto a cuore alla Democrazia Cristiana per le Autonomie: la soppressione della direzione generale regionale della giustizia a L'Aquila; un'interpretazione autentica della legge sulla professione di giornalista, inerente al precariato, di competenza del Ministero della giustizia, la cui mancanza pone a rischio centinaia di posti di lavoro; il caso degli agenti di polizia penitenziaria di Marassi e di altre case circondariali. Potrei continuare, ma preferisco fermarmi qui.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIAMPIERO CATONE. Nonostante tutto, resto fiducioso su un serio, vero e proficuo intervento da parte di questo Ministero.
(Elementi in merito a detenuti deceduti per malattia in carcere, in ospedale o nella propria abitazione - n. 3-01406)
PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01406, concernente elementi in merito a detenuti deceduti per malattia in carcere, in ospedale o nella propria abitazione (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).
SERGIO D'ELIA. Signor presidente, signor Ministro, il caso che le sottopongo non riguarda la lotta alla mafia, sulla quale siamo tutti d'accordo, ma riguarda Pag. 52semmai i metodi con cui la conduciamo, la nostra umanità, il nostro senso dello Stato di diritto e, soprattutto, il rispetto delle regole basilari del nostro ordinamento, in primo luogo del diritto alla salute, anche delle persone detenute.
Si tratta della vicenda di Antonio Cordì, detenuto ai sensi dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, il cosiddetto «carcere duro», morto per un tumore. Morto il detenuto, come si suol dire, il caso è chiuso. Non è chiuso per me, non è chiuso per noi e non dovrebbe esserlo neanche per il Ministro della giustizia. A parer mio, ci sono responsabilità, comportamenti omissivi e, quanto meno, inadempienze, non so se dell'amministrazione penitenziaria, sicuramente della magistratura di sorveglianza.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SERGIO D'ELIA. Le chiedo di accertare queste responsabilità, e di dirci quanti sono i casi di detenuti morti in regime di 41-bis, oppure nelle loro abitazioni o in ospedale, dopo essere usciti da tale regime.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. In risposta all'interrogazione dell'onorevole D'Elia, comunico che i detenuti deceduti in carcere per cause naturali nell'anno 2006 sono stati 84, e 70 nel 2007, fino alla data odierna. Nessun dato può essere invece fornito in merito ai detenuti usciti dal carcere per sospensione della pena per malattia e successivamente deceduti in ospedale o presso la propria abitazione, trattandosi di eventi avvenuti al di fuori del contesto carcerario.
Quanto alla vicenda di Antonio Cordì, mi riporto integralmente alle notizie già riferite in data 7 marzo 2007, in occasione della risposta al question time a cui faceva riferimento l'onorevole interrogante, comunicate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dalle autorità giudiziarie competenti. L'amministrazione penitenziaria ha posto in essere tutti gli interventi in suo potere per assicurare al Cordì le cure prescritte di volta in volta dagli specialisti che lo hanno seguito, osservando puntualmente le loro indicazioni terapeutiche.
Il regime detentivo speciale, di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, è stato confermato, pur in presenza della ben nota patologia sanitaria del predetto, poiché ritenuto necessario dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, in virtù dello spessore criminale del soggetto e del suo ruolo di vertice, non affievolito dalla malattia, in un'organizzazione criminale di carattere mafioso.
Si fa presente che il detenuto Cordì era stato scarcerato in virtù del provvedimento emesso in data 30 aprile 2007 dal tribunale di sorveglianza di Napoli, in quanto ammesso ad un periodo di detenzione domiciliare di sei mesi presso il reparto oncologico dell'ospedale Cardarelli di Napoli. In data 11 giugno 2007, il magistrato di sorveglianza rigettava la richiesta di prosecuzione della misura alternativa presso l'abitazione del condannato, in Locri, ritenendo che la condizione clinica del Cordì, affetto da carcinoma polmonare, richiedesse cure ospedaliere. In data 26 luglio 2007 il difensore reiterava l'istanza di prosecuzione della misura presso la residenza del Cordì o presso il nosocomio di Locri. Il magistrato di sorveglianza di Napoli la respingeva nuovamente in data 3 agosto, ritenendo che il reparto oncologico del Cardarelli garantisse cure più adeguate dell'ospedale di Locri, privo di reparto specialistico. In data 7 agosto il magistrato di sorveglianza di Napoli, sulla base della relazione sanitaria ricevuta il 6 agosto, sospendeva provvisoriamente l'esecuzione della pena, alla luce del peggioramento delle condizioni di salute del condannato.
La sequenza dei fatti, così ricostruita, non dimostra alcuna violazione dei diritti del Cordì e non suggerisce perciò altri accertamenti sulla condotta della magistratura di sorveglianza.
PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di replicare.
SERGIO D'ELIA. Signor Ministro, non sono assolutamente soddisfatto della risposta. Il signor Cordì è stato affetto da un cancro, che gli è stato diagnosticato la prima volta nel febbraio 2006: è stato ricoverato in ospedale soltanto alla fine di luglio e, quando è stato ricoverato, il primario dell'ospedale ha riscontrato condizioni di salute così gravi da ritenerlo inoperabile, perché le metastasi si erano estese in tutto il corpo. Quindi sono passati mesi, da febbraio a luglio, senza che si effettuasse l'intervento chirurgico.
Il 7 marzo scorso, rispondendo alla mia interrogazione, il Ministro della giustizia affermava che la situazione era sotto controllo e il detenuto era sottoposto a trattamenti sanitari adeguati. Solo alla fine dell'aprile scorso, Cordì veniva ricoverato in ospedale nelle condizioni di detenzione domiciliare, come lei ha ricordato. Il 1o giugno il difensore avanzava richiesta di sospensione della pena per gravi motivi di salute: tale richiesta, come lei ha riferito, è stata respinta. Il 2 agosto il detenuto è entrato in stato di incoscienza. Il 6 agosto è entrato in coma e lei ci conferma che il 3 agosto, cioè tre giorni prima che il detenuto entrasse in comma, il magistrato di sorveglianza ha ritenuto di non dover concedere al Cordì di morire a casa sua, invece che in un ospedale. Pertanto, Cordì è arrivato la sera del 7 agosto nella sua abitazione di Locri - dove è morto dopo alcune ore - e ci è arrivato in coma.
Le sembra umano? Le sembra civile? Le sembra cristiano, questo? Tutto ciò risponde ad una logica, e anche ad una semplice verità: dal 41-bis si può uscire soltanto in due modi, o da pentiti oppure, come si suol dire, con «i piedi davanti», cioè da morti.
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
SERGIO D'ELIA. Molti saranno contenti - concludo Presidente - perché un mafioso, o presunto tale, se n'è andato all'altro mondo. Vorrei che lei, signor Ministro, valutasse che, poiché questo uomo è morto in tale modo, se n'è andata all'altro mondo anche un po' della nostra umanità e della nostra civiltà giuridica (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
(Vicenda del decesso verificatosi recentemente nel carcere di Capanne (Perugia) e iniziative per scongiurare ulteriori eventi analoghi - n. 3-01407)
PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01407, concernente la vicenda del decesso verificatosi recentemente nel carcere di Capanne (Perugia) e iniziative per scongiurare ulteriori eventi analoghi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, il caso oggetto dell'interrogazione è quello tragico del signor Bianzino, che è stato imprigionato il 12 ottobre 2007 ed è stato ritrovato morto il giorno dopo nella sua cella di isolamento. Il medico ha rilevato lesioni che accreditano l'ipotesi di omicidio: quattro commozioni cerebrali, lesioni al fegato, due costole rotte. Sul caso Amnesty International e il Comitato europeo per la prevenzione della tortura hanno aperto dei dossier e, tra l'altro, i familiari non hanno ancora potuto vedere il corpo del congiunto.
Tutto ciò è avvenuto in un carcere in cui, negli ultimi due anni, si sono verificate morti in circostanze misteriose: un infarto per il quale non si capisce se i soccorsi siano stati tempestivi, ed altri casi di overdose.
Intendo semplicemente capire quali strumenti di informazione il Ministero competente intenda acquisire e mettere in atto per chiarire questa dolorosa vicenda e assicurare ai cittadini che il carcere, oltre che un luogo di pena, non sia anche un luogo di paura e di sofferenza indebite.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
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GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, nel rispondere agli onorevoli interroganti premetto che tutte le notizie e le informazioni che riferirò in merito all'avvenuto decesso del detenuto Aldo Bianzino sono state comunicate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Perugia.
Il signor Bianzino è stato arrestato il 12 ottobre 2007 per violazione della legge sugli stupefacenti e ha fatto ingresso nella casa circondariale di Perugia alle ore 18,40 del 12 ottobre 2007. Sottoposto a visita medica di primo ingresso, è stato trovato in discrete condizioni di salute e senza alcuna lesione fisica. Contestualmente è stato collocato da solo in una cella ubicata presso la sezione cosiddetta zona filtro, per valutare la presenza di fattori di rischio connessi alle sue condizioni di soggetto facente uso da più di venti anni di sostanze stupefacenti, ma non seguito dal SERT.
Secondo quanto certificato dal medico di guardia e dal medico legale, che è intervenuto su disposizione dell'autorità giudiziaria, il decesso del signor Bianzino è avvenuto alle 8,10 del 14 ottobre 2007. Da un primo esame clinico, entrambi i sanitari non hanno riscontrato sul cadavere la presenza di segni di traumatismo esterno o di agopuntura e hanno ricondotto la morte del detenuto «ad un'insufficienza cardiaca acuta di natura da determinarsi con esame autoptico ed eventuale esame tossicologico». Inoltre, è stato attestato che il Bianzino è stato trovato privo di coscienza sul letto della sua cella e che, nel vano tentativo di rianimarlo, gli è stato praticato il massaggio cardiaco per ben ventidue minuti.
In ogni caso, sia i tempi, sia le modalità e le cause del decesso del signor Bianzino sono al vaglio del consulente medico legale nominato dalla magistratura inquirente perugina, che ha dato inizio all'attività d'indagine proprio sulla scorta delle informazioni trasmesse dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
L'ipotesi che la morte del signor Bianzino possa essere conseguenza di una condotta colpevole, sia pur di natura esclusivamente omissiva, è uno dei temi delle investigazioni in corso, alle quali concorrano anche consulenti tecnico-medici legali nominati dalla famiglia del defunto.
Il procuratore della Repubblica di Perugia ha comunque precisato che attribuire la causa della morte ad un evento patologico o violento costituirebbe attualmente affermazione imprudente, priva di supporto scientifico certo e non accreditata dal complesso delle indagini svolte finora.
Sottolineo che la procura di Perugia, in collaborazione con la squadra mobile della questura di Perugia e con il personale del nucleo investigativo centrale del DAP, sta accertando l'esatto svolgimento di quanto accaduto nella casa circondariale di Perugia e che, proprio per effetto dell'avvio dell'indagine giudiziaria, l'amministrazione penitenziaria non ha intrapreso ulteriori attività amministrative di contenuto sovrapponibile a quello dell'indagine preliminare.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Allo stato, la condotta dell'amministrazione è concentrata sull'esatto e tempestivo adempimento delle deleghe di indagine ricevute dal magistrato, al cui esito si riserva la decisione su eventuali altre iniziative.
PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di replicare per due minuti.
ALBERTO BURGIO. Signor Ministro, in realtà riguardo alle cause del decesso lei sa che le versioni sotto molteplici, perché il medico legale Lalli ha ritenuto di potere escludere con certezza una causa cardiaca e, d'altra parte, il pubblico ministero Pedrazzini ritiene che ormai si debbano giudicare prevalenti le ipotesi di morte violenta del Bianzino.Pag. 55
È chiaro, comunque, che con la risposta il Ministero si è impegnato a prestare particolare attenzione su questo caso, che evidenzia profili oscuri, e, più in generale, vorremmo pregare lei e la persona del Ministro Guardasigilli di prestare particolare attenzione alle vicende di un carcere che certamente si distingue per qualche problema di troppo.
Signor Ministro, potrei ricordarle che uno dei principi dell'illuminismo giuridico e - direi - della civiltà è che la qualità di una forma della convivenza civile e, persino, della legittimità di uno Stato e di un sistema istituzionale si misura anche per il trattamento riservato agli ultimi e, tra gli ultimi, vi sono indubbiamente anche le persone detenute e private della libertà.
Lei ha rivolto un accenno alla legge in vigore sulla detenzione e sull'uso delle sostanze stupefacenti, una legge che genera, autorizza e, in qualche modo, impone condanne esorbitanti: è di oggi la notizia di una condanna a quattro anni nei confronti di una persona che è stata sorpresa in possesso di 1,3 grammi di hascish: ben quattro anni di carcere! Proprio questa legislazione proibizionista è una causa certo non diretta, ma sicuramente indiretta, di una vicenda come quella di Bianzino e di molte altre morti.
Concludendo, ricordo a lei signor Ministro - ma ciò chiama in causa la responsabilità di tutto il Governo - che il programma dell'Unione prevede precisamente la decriminalizzazione del consumo e della detenzione ad uso personale di sostanze psicotrope, nonché l'abrogazione della vigente legge Fini-Giovanardi.
(Dati relativi al numero di detenuti stranieri e alle tipologie di reati da questi commessi - n. 3-01408)
PRESIDENTE. La deputata Balducci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01408, concernente dati relativi al numero di detenuti stranieri e alle tipologie di reati da questi commessi (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14).
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, come è noto l'ultimo gravissimo episodio di violenza avvenuto a Roma nei giorni scorsi ha riportato in primo piano il bisogno di sicurezza dei nostri cittadini, che reclamano un maggiore controllo della criminalità nei centri urbani.
Gli ultimi episodi di criminalità hanno portato di nuovo all'attenzione forme di criminalità violenta riferibili a soggetti che, in gran parte, sono isolati anche dalle rispettive comunità di appartenenza. In relazione a ciò, il Governo ha predisposto un decreto-legge che rende più facile l'allontanamento dei cittadini comunitari pericolosi, attribuendo maggiori poteri ai prefetti e ai questori.
Al fine di comprendere la reale portata del fenomeno in atto, chiediamo di conoscere il numero dei rumeni attualmente detenuti nelle carceri italiani e le più frequenti tipologie di reati commessi, nonché i dati relativi ai detenuti stranieri di altri Paesi comunitari ed extracomunitari.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Il recente grave episodio criminale ricordato dall'onorevole Balducci ha posto all'attenzione del Governo il crescente bisogno di sicurezza avvertito dal Paese. Per tale ragione, con il decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, il Governo ha introdotto nell'ordinamento alcune disposizioni rivolte ad assicurare, nel rispetto della normativa europea, celerità ed effettività dell'esecuzione degli allontanamenti dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari quando tali provvedimenti siano adottati per motivi di pubblica sicurezza.
Inoltre, il Ministro Mastella ha recentemente incontrato il Ministro della giustizia della Romania, con il quale ha realizzato un accordo che consentirà all'Italia di richiedere nominativamente il trasferimento nelle carceri della Romania dei detenuti rumeni condannati con sentenzaPag. 56 definitiva in Italia e raggiunti da un provvedimento di espulsione affinché scontino in Romania l'intera pena residua.
In una riunione tenutasi a Bucarest il 31 ottobre si è convenuto che, sulla base dell'accordo, saranno trasferiti, entro la fine dell'anno, i primi cento detenuti. Si prevede di poterne trasferire altri duecentotrenta nel corso del 2008. Nuovi incontri con il Ministro rumeno sono previsti a partire dalla prossima settimana per concordare ulteriori misure che rafforzino la cooperazione bilaterale nella lotta alla criminalità.
Con riferimento al quesito specifico posto dall'interrogante, comunico che alla data del 5 novembre scorso presso gli istituti penitenziari italiani erano presenti 17.942 detenuti stranieri. Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha fatto presente che, di essi, 14.218 sono cittadini extracomunitari, 3.712 sono cittadini dell'Unione europea e 2.744 (pari al 15,29 per cento) sono cittadini rumeni (si tratta, quindi, del 15,29 per cento su 17.942 detenuti stranieri totali).
Quanto ai dati relativi alle più frequenti tipologie dei reati commessi da cittadini rumeni, faccio presente che, alla data del 30 ottobre scorso, la percentuale di cittadini rumeni detenuti per ciascuna tipologia di reato era quella riportata dalla tabella che ho portato e che mi premurerò di fornirle. I dati più significativi sono i seguenti: il 50,5 per cento era detenuto per reati contro il patrimonio, quasi il 26 per cento per reati contro la persona, il 4,23 per cento per reati contro la pubblica amministrazione e il 3,75 per cento per reati in materia di prostituzione.
PRESIDENTE. La deputata Balducci ha facoltà di replicare.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro e mi dichiaro soddisfatta, salvo verificare con esattezza i dati della sua risposta.
La soluzione al problema della criminalità, anche quella legata ad individui isolati o a gruppi criminali provenienti dall'estero, è necessariamente connessa al corretto funzionamento della giustizia italiana, che risente di un grave deficit di efficienza: lentezza dei processi e perdita della certezza della pena sono due mali con i quali un sistema giudiziario moderno non può convivere a lungo.
La sicurezza rappresenta un diritto inalienabile per il cittadino, che sia italiano oppure no. Tuttavia, nel nostro dibattito, è centrale fare i conti con nuove realtà, che occorre comprendere e governare. La mobilità è diventata un elemento caratterizzante delle società contemporanee e ancor più nelle comunità sovranazionali, come l'Unione europea, che costituisce un esempio unico di lungimiranza politica ed ideale, capace di unire i popoli, anche assai diversi, con l'obiettivo di farne un'entità politica unitaria ispirata ai valori della democrazia e dell'inclusione.
La condizione di disagio sociale, coniugata alle conseguenze proprie dell'abbattimento delle frontiere, ha prodotto però un naturale fenomeno d'immigrazione, che richiede oggi una regolamentazione intelligente, centrata su questi punti: certezza del diritto, rigore nell'applicazione del principio di legalità e capacità di governo dei flussi migratori.
In conclusione, sicurezza e accoglienza non rappresentano due valori antitetici. Le leggi non possono mai discriminare singoli individui o comunità, né possono comprimere i diritti umani. La risposta, quindi, non deve essere autoritaria, ma intelligente e democratica, pena la negazione dei principi dello Stato di diritto, scongiurando - lo ripeto con forza e autorevolezza - le sempre latenti reazioni xenofobe (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 17 con il seguito dell'esame del testo unificato delle proposte di legge costituzionale.
La seduta, sospesa alle 16,40, è ripresa alle 17,10.
Pag. 57PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI