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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 12,15).
(Iniziative in merito all'emergenza umanitaria ed alla grave situazione politico-sociale in Somalia - n. 2-00872)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00872, concernente iniziative in merito all'emergenza umanitaria ed alla grave situazione politico-sociale in Somalia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro degli affari esteri Ugo Intini che è qui presente in aula per rispondere alla mia e nostra interpellanza urgente, sottoscritta dall'intero gruppo dei Verdi. È qui presente anche il collega Cassola che ringrazio.
Abbiamo inteso presentare questa interpellanza urgente proprio perché, come ha detto lei, signor Presidente, leggendo il titolo che riassume il contenuto del nostro atto di sindacato ispettivo, in Somalia siamo di fronte a una spaventosa emergenza umanitaria che è strettamente connessa e correlata ad una emergenza di carattere militare e di carattere politico interno e internazionale.
Pochi giorni fa una serie di ONG italiane, che sono impegnate su questo terreno da molto tempo, quali il Cesvi, il Cisp, il Coopi, il Cosv, Intersos, Movimondo e altri, hanno rivolto un appello per far crollare il muro del silenzio che circonda il dramma somalo. Pacatamente, perché non occorre gridare (gridano già i fatti), questo è, da parte nostra, un tentativo parlamentare di far crollare il muro di silenzio che, in gran parte, si è alzato attorno alla Somalia, in una situazione, da una parte, di terribile indifferenza e, dall'altra, di spaventosa, drammatica e tragica emergenza. Nella nostra interpellanza - non lo ripeto, ovviamente, in questa sede, perché non avrei il tempo di farlo - abbiamo anche ricostruito puntualmente le vicende somale, che, come il Viceministro Intini sa perfettamente, sono lunghe e complesse, con una situazione sostanziale di guerra civile che dura fin dalla caduta della dittatura di Siad Barre, all'inizio del 1991. Tutte queste vicende, che vanno dal 1991 al 2007, ci dovrebbero tenere in quest'Aula per ore, ovviamente, per cercare di ricostruirle, di capirle e di analizzarle, ma non è questa la sede per farlo. Le abbiamo ricostruite sinteticamente nel testo dell'interpellanza al nostro esame, ma basti dire che ci sono state quattordici Conferenze di pace, una dopo l'altra, purtroppo fallite, anche se alcune con esiti da valutare diversamente.
Tutti noi ricordiamo anche l'intervento militare dell'ONU e degli Stati Uniti, di cui fece parte anche l'Italia, nel 1993-1994: anch'esso fu un fallimento, proprio perché fu, soprattutto, un intervento militare piùPag. 19che un intervento politico e di ricostruzione del tessuto civile e istituzionale somalo. Ciò su cui vogliamo attirare l'attenzione del Parlamento, del Governo e dell'opinione pubblica è che, ormai da alcuni mesi, in particolare negli ultimi mesi e nelle ultime settimane, la situazione già storicamente gravissima, come ho ricordato, si è ulteriormente aggravata. Siamo di fronte ad esodi di proporzioni bibliche: le organizzazioni internazionali parlano di circa un milione di persone, di alcune centinaia di migliaia di persone che sono scappate e fuggite dalla capitale, da Mogadiscio. In particolare, le notizie che ho raccolto da parte di un'associazione umanitaria proprio negli ultimi giorni - il Governo sarà sicuramente più informato di me - parlano di 5.960 persone morte soltanto dall'inizio dell'anno, di 7.980 rimaste ferite e di oltre settecentomila che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni (altre fonti parlano, addirittura, di un milione complessivo per quanto riguarda la Somalia e di varie centinaia di migliaia per quanto riguarda Mogadiscio).
Tutte queste vicende presentano numeri tali che non si riesce nemmeno a capire che riguardano singole persone, singole realtà, singole famiglie, singole iniziative. Pochi giorni fa - cito solo un esempio, per far capire anche le connessioni umanitarie che ci sono con la realtà italiana - la signora Gabriella Groff di Trento, che ha dato vita insieme a Sareda Cali, una cittadina italiana di origine somala, e a tante altre persone, all'associazione Una scuola per la vita, che aveva realizzato a Mogadiscio la scuola Madina Warsame, mi ha mandato le foto terrificanti che testimoniano come tale istituto, una scuola materna, sia stata distrutta dalle truppe etiopi, che l'hanno aggredita, buttando giù anche il cancello, il 16 novembre 2007, dopo che era già stata bombardata, nel marzo scorso. Ho con me le fotografie: sono drammatiche, perché si vede un'opera umanitaria di cooperazione internazionale fra il Trentino e la Somalia distrutta in modo vandalico, ma di tali episodi ce sono centinaia, migliaia, decine di migliaia. Ne ho citato uno solo per dare un nome e un cognome a questa vicenda.
Ci troviamo di fronte, signor Viceministro, ad una situazione in cui non possiamo ovviamente immaginare che l'Italia da sola possa assumersi responsabilità di intervento; ma, come tutti sappiamo, l'Italia ha responsabilità e legami di carattere storico con la Somalia che non sto a riassumere, che tutti conoscono, che danno sicuramente al nostro Paese un ruolo di primo piano a livello internazionale ed a livello sia bilaterale sia multilaterale su queste vicende. C'è, come ho già detto, prima di tutto una gravissima emergenza umanitaria cui bisogna cercare di far fronte, perché tutte le notizie che arrivano sono terribili. Sussiste la possibilità, anche con la partecipazione italiana - lo ripeto, non immagino che l'Italia da sola possa risolvere un problema di tal genere - di ripristinare l'ordine e un minimo di sicurezza per far cessare le violenze in quel martoriato Paese. C'è (ed è un aspetto che cito per ultimo, ma che ha, in qualche modo, un'importanza parallela agli altri due che ho menzionato) la necessità di riprendere e sostenere un dialogo politico tra tutte le parti, per arrivare ad una reale riconciliazione nazionale attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti in causa. Abbiamo, fra l'altro, un rappresentante speciale dell'Italia per la Somalia, il nostro ex-collega Mario Raffaelli, che ha avuto anche un ruolo molto importante a suo tempo nel processo di pace del Mozambico; però anche da tale fonte arrivano notizie allarmanti e la richiesta (è apparsa in questi giorni una sua breve intervista su L'espresso) di una svolta politica e una road map per far uscire la Somalia da questa terribile situazione.
Fra pochi giorni (forse il Viceministro ne parlerà), l'8 e il 9 dicembre, è previsto a Lisbona un vertice fra Unione europea e Africa in cui si affronteranno varie situazioni africane, non soltanto quella della Somalia. Paradossalmente, a tutti questi aspetti se n'è aggiunto un altro, che leggo sulle agenzie di stampa (non so se il Viceministro ne parlerà o lo confermerà,Pag. 20ovviamente non è presente nel testo dell'interpellanza): il Presidente somalo Yusuf è stato ieri ricoverato d'urgenza al Nairobi Hospital, in una grave situazione di salute; quindi egli, che avrebbe dovuto essere a Lisbona e avere alcuni colloqui con il Presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, probabilmente, se le notizie da Nairobi dell'agenzia Reuters datata 4 dicembre sono fondate, non potrà essere presente, e anche questa occasione di confronto e di dialogo purtroppo verrà meno. Sappiamo che da pochissimi giorni era entrato in carica, domenica scorsa credo, un nuovo Governo di transizione, un nuovo Governo provvisorio, dopo le dimissioni del precedente Primo Ministro. Il nuovo Primo Ministro Hassan Hussein, conosciuto come Nur Adde, ha cercato, da ciò che si capisce, di formare un Governo provvisorio plurale ed aperto, ma notizie del giorno successivo riportano che già 4 dimissioni da esso sono state presentate nel giro di ventiquattro ore. Quindi, la situazione, anche da tale punto di vista, continua ad essere difficile ed instabile, aggravata dal perdurare, in Somalia, della presenza militare etiope, che si è scatenata a partire dal 24 dicembre dell'anno scorso, se non ricordo male la data, e che continua ormai da quasi un anno; presenza militare che, in modo incauto, credo sia stata a suo tempo sostenuta e sollecitata dagli Stati Uniti d'America contro le cosiddette corti islamiche, dando però un carattere di occupazione militare e di contrapposizione ideologica alla vicenda somala che forse sarebbe stato opportuno evitare.
Leggo che anche da parte degli Stati Uniti d'America, dopo alcuni mesi da ciò che probabilmente è un errore, vi è stato qualche ripensamento, come emerge dalle parole della signora Jendayi Fresar, Assistente segretario di Stato statunitense per gli affari africani. Vi è stato, cioè, un tentativo di frenare l'Etiopia e di cercare di uscire da questa situazione che ha visto tale Paese, sostenuto dagli Stati Uniti, intervenire in contrapposizione alle cosiddette corti islamiche, col risultato di restituire un ruolo fondamentale ai cosiddetti signori della guerra. Si è così annullato l'intero lavoro svolto in precedenza dal gruppo internazionale di contatto (di cui fa parte anche l'Italia), finalizzato a cercare di trovare una soluzione politica alla situazione: ciò attraverso il Governo di transizione, il dialogo anche con l'ala moderata delle corti islamiche, nonché la ricostruzione di un tessuto civile e amministrativo e di un minimo di configurazione politico-istituzionale in quello che, di fatto, è da moltissimi anni uno Stato senza Stato.
Constato altresì che lo stesso sommo Pontefice Benedetto XVI - nell'udienza del 21 novembre scorso - ha rivolto un appello drammatico «a quanti hanno responsabilità politiche, a livello locale e internazionale, affinché si trovino soluzioni pacifiche e si rechi sollievo a quella cara popolazione» (si riferisce alla Somalia). I giornali hanno, in quei giorni, affrontato la questione: cito Avvenire ma potrei citare L'Osservatore Romano per quanto riguarda il pontefice; il 23 novembre, poi, sulle pagine de la Repubblica, è uscito un lungo articolo di Giampaolo Visetti da Mogadiscio intitolato «Mattatoio Mogadiscio». Ciononostante, il predetto muro di silenzio e di indifferenza, in realtà, rimane. La tragedia somala continua giorno dopo giorno a farsi più grave, e credo sia assolutamente necessario intervenire al più presto. Ripeto che è già in corso un'iniziativa da parte dell'Italia: ma probabilmente tutto ciò non è sufficiente, sia per quanto riguarda l'aspetto umanitario sia per quanto riguarda il ripristino di un minimo di ordine e di sicurezza, poiché siamo di fronte ad una situazione che vede ogni giorno decine, centinaia di morti e di feriti. È una situazione di violenza sistematica e soprattutto, se non vi è una ripresa del dialogo per la ricostruzione politica dell'assetto istituzionale del Paese, è destinata ovviamente a perpetuarsi. Signor Viceministro, la ringrazio della sua attenzione ed ascolterò con altrettanta attenzione la sua risposta.
PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Ugo Intini, ha facoltà di rispondere.
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UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, come gli onorevoli interpellanti hanno correttamente rilevato, la situazione in Somalia resta, ad oggi, avvelenata da tre fattori di forte criticità e circondata da un muro di silenzio (che gli stessi interpellanti hanno contribuito a rompere). Vi è una crisi umanitaria, che il rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU ha definito «la più grave in Africa», e che ha assunto proporzioni tali da richiamare l'attenzione internazionale ai più alti livelli. Vi è una difficile situazione della sicurezza che - a fronte della persistente insufficienza numerica della missione di pace africana Amisom (ancora ben lungi dalle previste 8 mila unità) e della sua mancata transizione (re-hatting) sotto egida ONU - registra atti di quotidiana violenza, rendendo difficilmente praticabile una exit-strategy delle truppe etiopiche di sostegno alle istituzioni federali transitorie. Vi è, infine, un faticoso processo di pace che, ad oltre tre mesi dalla conclusione del congresso di riconciliazione nazionale di Mogadiscio, è tuttora bloccato dal perdurare dei dissidi ai vertici delle stesse istituzioni federali transitorie, come l'onorevole Boato ha ricordato in precedenza. Il Governo è naturalmente attento ai sofferti sviluppi della situazione in un Paese al quale siamo storicamente legati da un rapporto speciale. Per questo motivo, abbiamo assunto, e continuiamo a portare avanti, una serie di iniziative concernenti tutti e tre i profili predetti, con l'obiettivo prioritario di favorire il ritorno alla pace di tale tormentato Paese del Corno d'Africa. Ci stiamo da tempo adoperando, infatti, per ridare la dovuta priorità alla Somalia, sia in sede di Unione Europea sia in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Nel primo contesto, si deve all'iniziativa italiana che la Somalia abbia formato oggetto, ultimamente, di uno specifico dibattito al Comitato politico e sicurezza (COPS) del 6 novembre. Anche a seguito delle pressioni che abbiamo mantenuto in tutte le competenti istanze comunitarie, il prossimo Consiglio affari generali (CAGRE) del 10 dicembre adotterà sulla Somalia «Conclusioni» aggiornate dei Ministri degli esteri dell'Unione europea. Parallelamente, manteniamo alta anche in sede ONU l'attenzione sulla gravissima crisi somala, anche per sollecitare il re-hatting di Amisom sotto l'egida delle Nazioni Unite, in linea con quanto previsto dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1772 del 20 agosto scorso, alla cui elaborazione abbiamo attivamente contribuito.
Sempre sul piano multilaterale, abbiamo ospitato, il 10 settembre a Roma, aperta dal Viceministro Sentinelli, la nona riunione del Gruppo internazionale di contatto sulla Somalia, un foro periodico di consultazioni tra gli attori internazionali maggiormente impegnati a favore del processo di pace (vi hanno partecipato, oltre all'Italia, Norvegia, Svezia, Tanzania, Regno Unito, Stati Uniti, Unione europea, Unione africana, Igad e Presidenza del Kenya, Lega Araba, Nazioni Unite, nonché Canada, Egitto, Francia e Yemen in qualità di osservatori). La riunione di Roma si è conclusa con un comunicato finale di forte impatto, che impegna i membri del Gruppo di contatto e le stesse istituzioni federali transitorie somale a promuovere il processo di riconciliazione nazionale e il superamento del problema della sicurezza e dell'emergenza umanitaria. Le azioni svolte nelle sedi multilaterali sono ovviamente complementari alle iniziative adottate dall'Italia sul piano bilaterale. In tale contesto avevamo già assunto una forte iniziativa politica con la visita compiuta a Mogadiscio, il 19 maggio, dal Viceministro degli esteri Patrizia Sentinelli, delegata per l'Africa e per la cooperazione (prima missione in Somalia di un rappresentante di un Governo straniero negli ultimi anni). Con tale iniziativa abbiamo voluto esprimere al Governo transitorio la duplice volontà di porre un argine alla difficile situazione umanitaria e di dare segnali concreti di avvio del processo di pace e di preparazione del congresso di riconciliazione nazionale. Vorrei ricordare che detta assise - che abbiamo sostenuto anche finanziariamente con un contributo di 400Pag. 22mila dollari attraverso l'UNDP - ha poi in effetti avuto luogo (per la prima volta dal 1991 ha avuto luogo a Mogadiscio, svolgendosi dal 15 luglio al 30 agosto scorsi).
L'Italia non ha lesinato poi gli sforzi sul piano della cooperazione allo sviluppo, come confermano le statistiche dell'OCSE, in cui il nostro Paese risulta al quarto posto tra i donatori, dopo Stati Uniti, Norvegia e Lega Araba. Bisogna però essere consapevoli dei limiti che l'azione della cooperazione internazionale incontra in Somalia, principalmente a causa della difficile situazione della sicurezza. Dunque, fino a quando non cambierà l'attuale contesto politico somalo, l'azione della cooperazione italiana si focalizzerà soprattutto su interventi umanitari e di emergenza. Ragioni di sicurezza, la mancanza di strutture italiane in loco e l'assenza di una controparte governativa, hanno spinto per lungo tempo l'Italia ad operare prevalentemente attraverso il canale multilaterale. Negli ultimi anni, abbiamo però ripreso ad operare anche sul canale bilaterale. In assenza di accordi specifici di cooperazione (per i quali sono mancati, fino a tempi recenti, gli interlocutori), gli interventi che rispondono a situazioni di emergenza e quelli delle Ong sono, di volta in volta, concordati con le parti sociali del territorio, previo assenso delle autorità locali. Solo di recente (seconda metà del 2005) è iniziata una forma di coordinamento con il Governo di transizione.
Tutte le iniziative in corso e quelle in programmazione - tanto sul canale bilaterale quanto sul canale multilaterale - sono coerenti con le grandi priorità della cooperazione italiana. I principali obiettivi delle attività di cooperazione in Somalia sono: il ripristino della pace e delle condizioni di sicurezza; la promozione delle capacità produttive; il rafforzamento delle istituzioni emergenti; il miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle popolazioni somale. I principali settori di intervento sono perciò: formazione, risorse idriche, sanità, energia e infrastrutture. Le aree di intervento sono state prescelte in base al livello di sicurezza ed in modo da valorizzare le esperienze passate, soprattutto in considerazione del radicamento delle Ong italiane sul territorio. Anche nella consapevolezza di quanto tale aspetto condizioni la situazione umanitaria nel Paese, il Governo ha poi consacrato una particolare attenzione al tema della sicurezza.
L'Italia ha sostenuto la missione di pace africana Amisom con un finanziamento di 10 milioni di euro all'Unione africana. Questo contributo - il più consistente contributo nazionale, cui si aggiunge la quota italiana di quello di 15 milioni di euro dell'Unione europea - mira, in particolare, a migliorare l'operatività di Amisom. Un requisito necessario anche per consentire il ritiro delle truppe etiopiche. Le nostre ambasciate nei Paesi africani hanno inoltre ricevuto istruzioni di appoggiare gli sforzi della stessa Unione africana per promuovere un maggiore coinvolgimento di altri potenziali donatori e per sensibilizzare quei Paesi africani dai quali ci si attende un concreto concorso di truppe ad Amisom.
Naturalmente tutte queste iniziative trovano riscontro e alimento nel quotidiano rapporto che intratteniamo con le autorità transitorie somale e gli esponenti più rilevanti della Somalia per la ripresa di un costruttivo dialogo intra-somalo. In questo contesto l'Italia è stato il primo Paese a rivolgere un messaggio di forte incoraggiamento e solidarietà al nuovo Primo Ministro Hassan Hussein, che ha sostituito il dimissionario Gedi.
Stiamo anche lavorando in stretto contatto con il rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU per la Somalia, Ould Abdallah, che da tempo sosteniamo nelle funzioni di coordinamento internazionale attribuitegli dalla prima ricordata risoluzione n. 1772, per l'elaborazione di un piano d'azione ONU per la Somalia che dovrebbe essere sottoposto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel corso del corrente mese di Presidenza italiana.
L'Italia resta, inoltre, impegnata ad organizzare a Roma, di intesa con la Svezia, una Conferenza internazionale dei donatori per la Somalia, non appena ne matureranno le condizioni.Pag. 23
Ricordiamo, infine, la recente decisione di istituire un fondo italiano denominato «Africa Peace Facility», con una dotazione iniziale di 40 milioni di euro, specificamente destinato a collaborare con l'Unione africana per il mantenimento della pace e della sicurezza nel continente. Un'intesa con l'Unione africana sulle modalità di utilizzo verrà firmata dai Presidenti Prodi e Konarè in occasione dell'imminente vertice di Lisbona fra l'Unione europea e l'Unione africana (preceduto proprio in questi giorni da una riunione ministeriale a Sharm-el-Sheik). Fra di esse vi è una chiara indicazione di priorità di utilizzo per gli interventi nel Corno d'Africa, inclusa in primo luogo la Somalia.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo è quello che vogliamo e che possiamo fare. Nel 1991 la caduta di Siad Barre era stata vista da molti come una svolta positiva ed epocale. È caduto un dittatore, si è detto. Purtroppo è stato l'inizio di un disastro senza fine perché dal 1991 ad oggi un vero Stato somalo non è esistito più. Prima che l'infezione somala si estenda dobbiamo trasformare il failed State per eccellenza (uno Stato fallito) in uno Stato vero, credibile, con il controllo del territorio e la capacità di imporre la legge. È interesse del popolo somalo, ma anche di tutti noi. È questo l'obiettivo al quale lavora anche l'onorevole Raffaelli, il cui consiglio e il cui impegno si dimostra prezioso.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor Viceministro Ugo Intini, ringrazio il Governo per la sua risposta perché come abbiamo udito - e ho ascoltato con molta attenzione - non si è trattato di una risposta di carattere rituale, come a volte succede durante lo svolgimento delle interpellanze. Sono contento di ciò ed anche che il Governo si sia reso conto della gravità, della complessità, della drammaticità e dell'importanza dei problemi che ho e abbiamo sollevato e che sia stata colta questa occasione parlamentare, anche da parte del Governo - e pertanto ringrazio l'onorevole Intini di averlo fatto presente - per rompere quello abbiamo definito, insieme alle ONG umanitarie italiane, un muro di silenzio.
In ordine a tali profili devo ammettere che la risposta fornita è adeguata e soddisfacente, poiché ha ripercorso il ruolo dell'Italia sui diversi aspetti della crisi umanitaria, sicurezza e possibile ripresa di un processo di pace che attualmente è, in sostanza, del tutto bloccato.
Inoltre, da parte del rappresentante del Governo è stata effettuata anche una ricognizione puntuale di tutte le vicende che hanno visto svolgere un importante ruolo alle Nazioni Unite, all'Unione europea, all'Unione africana e all'Italia. Ricordo, fra l'altro, che al momento presente l'Italia fa parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come membro pro tempore. Tutto questo credo che sia importante. Forse da parte mia aggiungerei, per completezza del dibattito, un'ulteriore considerazione. Giustamente il rappresentante del Governo ha fatto riferimento alla riunione in sede comunitaria del 6 novembre e alla prossima riunione del 10 dicembre (fra cinque giorni) dove dovrebbero essere assunte le conclusioni. Il 10 dicembre cade il giorno successivo al Vertice dell'Unione europea di Lisbona avente per tema «Unione europea e Africa».
Desidero inoltre ricordare, se riesco a ritrovarla tra le mie carte, ma comunque l'ho citata ampiamente nel testo dell'interpellanza urgente che ho presentato, il ruolo che ha avuto il Parlamento europeo il quale, meno di un mese fa, ha svolto un importantissimo e drammatico dibattito sulla questione della Somalia. Al termine di esso il Parlamento europeo, nella seduta di Strasburgo del 15 novembre scorso (quindi circa 20 giorni fa), ha approvato un'importante risoluzione che in parte ho sintetizzato nell'interpellanza urgente e in parte richiamo in quest'Aula. Infatti, oltre ad una serie di premesse che ricostruiscono le vicende che sia io, sia il rappresentante del Governo, abbiamo sinteticamente richiamato, la risoluzione contiene una serie di impegni e di decisioni riguardo alla condanna delle violazioni del diritto umanitario,Pag. 24alla necessità di proteggere la popolazione civile, di evitare il rischio reale che il conflitto somalo si trasformi in una guerra regionale con il coinvolgimento dell'intero Corno d'Africa e di intensificare gli sforzi diplomatici. Vi è, inoltre, l'invito al Governo federale di transizione - che era ancora il precedente Governo poiché, come abbiamo appreso, adesso ve n'é un altro - per riprendere il processo delineato dalla Carta federale transitoria del 2004 e arrivare a elezioni libere ed eque nel 2009. Tuttavia, parlare di elezioni libere ed eque nel 2009 in questo momento, con la spaventosa situazione presente in Somalia, sembra quasi un paradosso.
Il Parlamento europeo chiede che sia posto termine ad ogni intervento militare straniero in Somalia. Si tratta di un riferimento preciso al ruolo che l'Etiopia ha assunto in Somalia dal 24 dicembre dell'anno scorso, purtroppo, lo ripeto, con l'appoggio degli Stati Uniti d'America.
Si chiede il rafforzamento del ruolo della società civile, in particolare delle donne, e si affronta un tema al quale anche il Viceministro Intini poco fa ha fatto cenno, cioè quello di rafforzare la forza di pace da parte dell'Unione africana perché degli 8 mila militari previsti, allo stato, ci sarebbero soltanto 1600 militari dislocati. Ciò rende impossibile raggiungere quegli obiettivi che la forza di pace dell'Unione africana dovrebbe realizzare, primo fra tutti la creazione delle condizioni per l'uscita dal territorio somalo delle truppe etiopi.
Trovo interessante che in questa risoluzione del Parlamento europeo si inviti anche ad evitare interpretazioni troppo semplicistiche relativamente alla minaccia di terrorismo nel Corno d'Africa. Infatti (il Governo non l'ha detto e lo ringrazio per non averlo fatto) la tesi sostenuta per un certo periodo dall'Etiopia e dagli Stati Uniti ha tramutato il conflitto somalo in una sorta di nuova vicenda di contrapposizione con Al Qaeda. È un'interpretazione che sappiamo essere semplicistica, che non fa i conti con la realtà più complessa delle cosiddette «corti islamiche» e che rischia di ideologizzare la contrapposizione spaventosa già in corso.
Vi è anche un appello al gruppo internazionale di contatto per la Somalia ad incoraggiare gli sviluppi politici positivi e la fattiva cooperazione con gli attori presenti in Somalia - il Viceministro Intini ne ha fatto riferimento - e si chiede di rafforzare l'assistenza umanitaria e di rendere effettivo e rigoroso quell'embargo delle armi che risale al 1992, ma che non è stato mai rispettato.
Da ultimo, si chiede anche di proteggere i giornalisti perché un'informazione indipendente è fondamentale. Da questo punto di vista, fino ad ora lo stesso Governo transitorio non ha purtroppo fornito alcuna garanzia e sappiamo quali tragiche vicende giornalistiche hanno riguardato anche il nostro Paese.
Come vede, signor rappresentante del Governo, più che una dichiarazione di soddisfazione ho svolto un'ulteriore interlocuzione, dando atto positivamente di ciò che lei ha detto. Debbo dire che, per la serietà che l'ha sempre contraddistinta in questo ruolo istituzionale, non mi aspettavo nulla di diverso. Lei ha anche fatto bene a ricordare il ruolo del Viceministro Patrizia Sentinelli, che ha una competenza specifica su tale materia. All'inizio di quest'anno, l'8 gennaio, il Viceministro in questione ha svolto un'amplissima audizione presso la Commissione esteri della Camera, in cui moltissimi dei problemi, poi esplosi, erano già evidenziati (eravamo a pochi giorni dall'inizio dell'intervento militare e dell'occupazione dell'Etiopia in Somalia).
Condivido anche il giudizio di apprezzamento dell'ex deputato, oggi inviato speciale dell'Italia, Mario Raffaelli, che ha dimostrato nella vicenda mozambicana una grande capacità di interprete della volontà, del Governo italiano e della comunità internazionale, di realizzare un processo di pace. Oggi la situazione somala è ancora più difficile di quella del Mozambico, però credo che il Governo, sia per la parte istituzionale, sia per quella diplomatica, sia per il ruolo dell'inviato speciale, abbia tutti gli strumenti per affrontare adeguatamente la situazione.
Resta soltanto un'amarezza - e concludo - sul fatto che, anche dette tuttePag. 25queste cose da parte del Governo e da parte mia e nostra, si ha il senso di una spaventosa sproporzione rispetto a ciò che è la realtà effettiva della Somalia: rispetto al milione di profughi, alle migliaia di persone assassinate, alle migliaia di persone ferite, alla catastrofe umanitaria in corso, alla difficoltà di intervenire. Pertanto, non mi dichiaro soddisfatto; da questo punto di vista sarebbe persino ipocrita da parte mia anche perché il Governo italiano non ha la bacchetta magica per risolvere quei problemi. Posso soltanto - ringraziando il signor Presidente per la pazienza - invitare il Governo italiano a rafforzare e intensificare le iniziative politiche, diplomatiche, istituzionali, bilaterali e multilaterali citate, che vanno nella direzione giusta e, soprattutto, di rafforzare nell'immediato l'intervento di carattere umanitario, perché ovviamente non da soli, abbiamo una responsabilità non diretta ma storica (cui lei stesso ha fatto anche riferimento), che ci attribuisce un ruolo particolare rispetto alla martoriata popolazione somala.
PRESIDENTE. Lo svolgimento delle ulteriori interpellanze urgenti all'ordine del giorno è rinviato al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.