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Si riprende lo svolgimento delle interpellanze urgenti.
(Iniziative con riguardo alla situazione dell'organico del tribunale di Parma, in vista dello svolgimento del processo sul caso Parmalat - n. 2-00902)
PRESIDENTE. Il deputato Alessandri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00902, concernente iniziative con riguardo alla situazione dell'organico del tribunale di Parma, in vista dello svolgimento del processo sul caso Parmalat (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, la vicenda della Parmalat è abbastanza nota a tutti. Nel 2003 si è diventati consapevoli di ciò che stava accadendo nella città di Parma, ovvero dell'ascesa di un'azienda a gestione familiare che era diventata il leader a livello forse mondiale nella distribuzione dei latticini e dei derivati.
A mano a mano si è scoperto che troppe persone, troppi gruppi di potere, troppi gruppi finanziari e troppe banche erano coinvolti all'interno della vicenda. Quest'ultima ha avuto dei risvolti incresciosi, dei quali si è parlato nei primi mesi, salvo poi essere messa, anche dalla stampa internazionale e dalla politica, nel dimenticatoio.
La vicenda, tuttavia, non è stata messa nel dimenticatoio dai tanti risparmiatori, i quali, come parti in causa, sono circa 30 mila, e cercheranno (se riusciranno) di ricorrere ad una sorta di class action. Vi sono, inoltre, altre centinaia di migliaia di persone che sono state truffate con la complicità anche delle banche, le quali vendevano i titoli senza la dovuta garanzia e senza aver svolto le dovute indagini. Si è scoperto con il tempo che anche le banche erano in qualche modo coinvolte all'interno del consiglio di amministrazione della Parmalat e, dunque, diventa facile capire perché i controlli che si sarebbero dovuti effettuare non vi sono stati.
Non è mio compito svolgere ora il processo, in quanto è stato svolto ampiamente sugli organi di stampa e nella società civile (se ne è dibattuto con libri, e in tutti i modi), per capire come sia possibile fare impresa e diventare leader mondiale senza soldi, ma semplicemente continuando a «fare i buchi». Questa vicenda ha fatto scoprire un modello tutto italiano.
Da un articolo pubblicato sul Corriere della sera il 6 dicembre scorso si evince Pag. 23che presso il tribunale di Parma vi è un problema, evidenziato dai responsabili del tribunale medesimo: vi si sostiene che, per lo svolgimento dell'udienza nella prossima primavera, potrebbero esservi alcuni problemi. Per presiedere la sezione del tribunale che celebrerà il processo - che, ripeto, è atteso da migliaia di persone - è stato nominato un giudice civile. Tale giudice vorrebbe comporre il collegio con giudici esperti nel settore civile, e non penale: ciò potrebbe causare molti problemi, considerato che il processo che sta per iniziare ha risvolti di carattere penale e che vi è anche il pericolo serio che (proprio per la serie di contrapposizioni fra le parti interessate e il collegio che dovrebbe far partire il processo) si possa giungere addirittura ad un rinvio.
Considerato che in tale processo sono coinvolti personaggi eccellenti (da Fausto Tonna a Callisto Tanzi, fino a Cesare Geronzi), la grande preoccupazione avvertita è che, attraverso rinvii e polemiche tali da far slittare la prima udienza e il regolare percorso del processo, questo possa prescriversi. Se ciò dovesse succedere, comprendete che verrebbero presi in giro tutti, ma in particolare quei cittadini che attendono con ansia di poter far valere le proprie ragioni: essi si sono fidati delle banche e dei titoli - che sembravano sani - e oggi si ritrovano a vedere svanire e sfumare i risparmi di un'intera vita.
Dal punto di vista giudiziario - ma anche politico - la vicenda non può essere trattata in maniera semplice, non si può semplicemente affermare che si vigilerà: considerata anche la grande importanza sociale che il processo svolge, credo sia compito del Ministero della giustizia attivarsi immediatamente per sollecitare (altro non si può fare, essendo la magistratura autonoma), affinché, anche dal punto di vista politico, vi sia la possibilità, e anzi la certezza, che in primavera il processo possa prendere corpo in modo corretto, regolare, senza sfasature e senza rinvii.
Lo affermo anche perché altri interventi e dichiarazioni seguiti alla pubblicazione dell'articolo sul Corriere della sera confermano la grande preoccupazione che abbiamo, e che proviene anche dagli ambienti legali di Parma; ritengo importantissimo e indispensabile non chiudere un occhio e non fare finta di niente: il Governo deve assumere un impegno chiaro, già a partire da oggi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati, ha facoltà di rispondere.
ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, prima di entrare nel vivo della risposta, mi limito a ricordare all'onorevole interpellante, al fine di rassicurarlo - in merito a un passaggio del suo intervento, relativo al timore dallo stesso espresso sul fatto che un giudice civile che possa presiedere il collegio -, che il primo storico maxiprocesso che fu celebrato a Palermo fu presieduto da un magistrato di esperienza esclusiva nel settore civile. La struttura e la preparazione della nostra magistratura sono tali che questa eventuale particolarità non può e non deve preoccupare.
Rispondo all'interpellanza in esame rilevando con piacere che la sua formulazione ci solleva dalle risposte più difficili. Appare evidente, infatti, che gli onorevoli interpellanti siano consapevoli del carattere eccezionale della vicenda dalla quale scaturiscono i cinque processi penali riguardanti il fallimento della Parmalat.
I problemi che ci troviamo a fronteggiare derivano essenzialmente dall'enorme divario tra la mole, l'importanza e la difficoltà dei processi, da un lato, e la consistenza, dall'altro, della struttura giudiziaria, sulla quale si sono letteralmente rovesciate le responsabilità connesse agli esiti penali del fallimento.
Il tribunale penale di Parma aveva sempre onorato, senza troppe difficoltà, i suoi compiti ordinari, con una dotazione di mezzi e di personale concepita, però, per una provincia benestante e sostanzialmente quieta, nei limiti in cui un simile giudizio può applicarsi alle moderne realtà urbane.
I processi Parmalat hanno letteralmente sconvolto questa routine sotto più Pag. 24profili, creando dapprima un nutrito contenzioso civile relativo alle revocatorie fallimentari e alle azioni di responsabilità, dal quale è derivata l'incompatibilità dei giudici civili a conoscere delle stesse vicende in sede penale (sono norme che abbiamo voluto nel nostro Paese per garantire la serenità e la terzietà del giudice, ma che in questo caso hanno determinato questo effetto), e impegnando, poi, l'ufficio del GIP/GUP nella difficile celebrazione delle udienze preliminari, con decine di migliaia di persone offese e parti civili costituite già nel processo. Infine, è stata imposta la costituzione di più collegi giudicanti per ciascuno dei tre principali settori nei quali è stata canalizzata l'indagine penale.
Ben difficilmente una simile eccezionale contingenza sarebbe potuta trascorrere senza intoppi, né sembra possibile ridisegnare totalmente e stabilmente le dimensioni del tribunale a misura del processo Parmalat, per ritrovarci, poi, alla conclusione dei processi, con risorse sottoutilizzate, che sarebbe comunque difficile riallocare in altro contesto.
Il competente dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Ministero è stato prontamente investito della problematica riguardante la situazione del personale di magistratura del tribunale di Parma, rilevando che le sue attuali condizioni, se si potesse per assurdo prescindere dal processo Parmalat, sarebbero tra le migliori del Paese.
Infatti, secondo il parere espresso, in data 8 maggio 2006, dalla commissione per la valutazione dei flussi e delle pendenze istituita presso il distretto di Bologna «il tribunale di Parma si colloca tra i tribunali di quel distretto aventi il minor carico di procedimenti pendenti per magistrato in organico e/o in servizio».
L'organico del tribunale di Parma è tabellarmente costituito, oltre che dal capo dell'ufficio, da un presidente di sezione e da ventidue giudici togati, due dei quali con funzioni di giudice del lavoro. Allo stato, risulta vacante solo uno dei ventidue posti di giudice, ma questa vacanza è stata pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura il 25 maggio 2007.
La situazione organica delineata tiene conto anche della recente assegnazione come giudice del dottor Carlo Saverio Ferraro, trasferito dal tribunale di Crotone al tribunale di Parma, con deliberazione assunta dal Consiglio superiore della magistratura nella seduta del 12 dicembre scorso. Per il dottor Ferraro è già stata avanzata richiesta di anticipato possesso.
Rappresento, quindi, che il presidente della Corte di appello di Bologna, a fronte delle necessità causate dalla mole degli incombenti riconducibili alla vicenda giudiziaria del gruppo societario Parmalat, ha disposto - e successivamente prorogato - l'applicazione presso l'ufficio parmense del dottor Domenico Truppa, proveniente dal tribunale di Modena. Anche il predetto presidente, nel motivare il decreto di proroga dell'applicazione, ha dovuto mettere in risalto «le differenti cause oggettive» a motivo delle quali il giudice applicato «non ha ancora potuto completare l'incarico relativo al processo Parmalat».
Comunico, inoltre, che la III commissione del Consiglio superiore della magistratura ha proposto l'applicazione extradistrettuale presso il tribunale di Parma del magistrato dottor Alessandro Conti, proveniente dal tribunale di Lodi e che, proprio da qualche giorno, il Consiglio superiore della magistratura ha accolto un'altra richiesta di applicazione nel settore penale di un magistrato proveniente da fuori distretto. Il presidente del tribunale di Parma, dottor Stellario, ha infatti riferito che, a decorrere dal 7 gennaio 2008, prenderà servizio presso il tribunale di Parma il giudice Modestino Villani, proveniente dal tribunale di Napoli.
Infine, il presidente Stellario ha fatto sapere che il 14 marzo 2008 verranno celebrati i cinque processi scaturiti dall'insolvenza Parmalat. Tali processi, sicuramente complessi per la mole di documenti e di atti di indagine, saranno inizialmentePag. 25 chiamati singolarmente, visto che l'azione penale è stata esercitata in momenti distinti.
Termino comunicando che nell'assemblea del 18 dicembre 2007, indetta dal presidente del tribunale tra tutti i magistrati del tribunale di Parma, il presidente della sezione penale tabellarmente competente a trattare i reati associativi e fallimentari, dottoressa Eleonora Fiengo, ha comunicato di essere disponibile a presiedere il primo collegio giudicante del caso Parmalat e di riservarsi la decisione sul numero e sulla composizione dei collegi nominati per gli altri filoni, che, presumibilmente, dovrebbero essere due.
Attualmente, dunque, sempre secondo quanto riferito dal presidente Stellario, il primo collegio giudicante dovrebbe essere costituito dalla dottoressa Eleonora Fiengo, dal dottor Carlo Saverio Ferraro e dal dottor Conti.
PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, non sono del tutto soddisfatto, perché il sottosegretario mi ha illustrato il quadro della situazione del tribunale di Parma, che in parte conoscevo. La dottoressa Fiengo aveva sollevato dubbi sulla composizione di questo collegio, dai quali era scaturita la nostra interpellanza.
Tali dubbi, però, non sono del tutto fugati, perché comunque lei avrebbe richiesto di estrarre dall'organico civile di Parma alcuni magistrati, che stanno già seguendo una serie di procedimenti.
Ciò potrebbe significare lasciare incompiuto tutto il loro lavoro e creerebbe una serie di problemi al tribunale di Parma.
Ciò che avevo chiesto nello specifico e con i colleghi interpellanti avevo cercato di evidenziare - senza naturalmente, come lei ha affermato in premessa, entrare nel merito, perché la magistratura ha la sua autonomia e un processo deve avere il suo corso: noi non possiamo entrare nelle pratiche del tribunale di Parma - era se lo Stato e il Governo e, in particolare, il Ministero della giustizia avessero intenzione di garantire la sicurezza dei cittadini.
Infatti, è questo ciò che stanno chiedendo a Parma i cittadini che si apprestano ad assistere all'udienza: sarà sicuramente una mole enorme di lavoro, sarà un processo complesso, riguarderà tre filoni e non è escluso che se ne debba individuare anche un quarto.
Chiediamo se vi è un impegno, da parte del Governo, a garantire che il 14 marzo 2008 si proceda con la prima udienza, di fronte al primo collegio giudicante, in modo del tutto regolare, senza intoppi, senza rinvii, assicurando che si farà di tutto per sollecitare il CSM, il tribunale e tutti gli organi che devono essere interessati, affinché questo processo parta e inizi, magari anche in tempi stretti, ad offrire significative conclusioni.
Si tratta, secondo me, di un impegno politico importantissimo, sul quale il Governo, considerata l'eccezionalità del caso, non può esimersi dal prendere una posizione, che non deve essere quella di intervenire nel merito, ma quella di assumersi la responsabilità di intervenire come garanti, assicurando ai cittadini che questo processo non diventi, come purtroppo in questo Paese spesso siamo stati abituati ad assistere, un processo-farsa, nel quale - magari - i cittadini dovranno protestare fuori dal tribunale perché non sono stati riconosciuti i loro diritti o qualche imputato viene prosciolto per prescrizione (non risale a molto tempo fa un processo riguardante le banche che ha avuto conclusioni simili).
Sarebbe davvero l'ennesima beffa, l'ennesima brutta figura per un Governo e uno Stato come quello italiano: ci siamo abituati ed è anche uno dei motivi per i quali credo che i cittadini ormai non vi si riconoscano più. Però, credo che da parte vostra sia importante assumere un impegno chiaro davanti alla stampa e davanti ai cittadini, altrimenti avreste davvero rinunciato a svolgere l'unico vero ruolo che spetta ad un Governo e, in particolare, ad un Ministero della giustizia in questi casi.
(Indirizzi e criteri per la localizzazione di discariche, con particolare riferimento alla realizzazione di una discarica nel comune di Pignataro (Caserta) - n. 2-00892)
PRESIDENTE. Il deputato Zinzi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00892, concernente indirizzi e criteri per la localizzazione di discariche, con particolare riferimento alla realizzazione di una discarica nel comune di Pignataro (Caserta) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, signora sottosegretario, il commissario per l'emergenza rifiuti, prefetto Pansa, con proprio decreto n. 2942 del 30 novembre 2007, notificato al sindaco di Pignataro il 2 dicembre 2007, ha comunicato che, in esecuzione del decreto di occupazione d'urgenza n. 425/2007, si immetterà nel possesso dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile del comune di Pignataro, distinti al catasto al foglio 27, particella 28, e al foglio 28, particelle 2, 3, 4 e 8, per gli studi di fattibilità di una discarica di rifiuti solidi urbani.
I terreni oggetto dell'intervento sono beni confiscati alla criminalità organizzata ai sensi della legge n. 575 del 1965 e sulla particella 9 del foglio 28 insistono strutture abitative che ospitano persone svantaggiate, come da progetto presentato dalla cooperativa sociale cui il comune affidò in gestione con provvedimento n. 11670 del 18 dicembre 2001 per il riuso sociale dei beni.
Detti beni, con progetto esecutivo approvato dal comune e finanziato dalla regione Campania per circa un milione di euro, sono stati in parte già oggetto di adeguamento e ristrutturazione per l'utilizzo ai fini sociali cui sono destinati e risultano già occupati da persone svantaggiate che seguono corsi di recupero e formazione.
Detti beni immobili e aziendali confiscati fanno parte del patrimonio indisponibile del comune e la destinazione d'uso degli stessi è stata effettuata con provvedimento del direttore centrale del demanio del Ministero dell'economia e delle finanze e pertanto, ai sensi dell'articolo 828 del codice civile, gli stessi non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Trattandosi di beni confiscati ai sensi della normativa antimafia, a precetti di natura giuridica si sommano motivi etici per il rilievo peculiare che, nell'ambito della lotta contro la criminalità organizzata, assume l'utilizzo e il riuso a scopo sociale dei beni.
Ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000, il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo. Sono stati disposti accertamenti tecnico-scientifici che hanno evidenziato potenziali devastazione ambientali e danni alla salute ove mai sul sito venisse realizzata la discarica provinciale, come risulta dalle relazioni del professor Corrado Buondonno dell'università degli studi di Napoli «Federico II», del professor Franco Ortolani, ordinario di geologia dell'università di Napoli «Federico II» e dei geologi dottor Giuseppe Cuccaro e dottor Giuseppe D'Onofrio, con allegato stralcio della relazione geologica allegata al piano regolatore generale del comune di Pignataro.
È emerso, quindi, da uno studio di fattibilità degli enti locali interessati, che la realizzazione di una discarica in un'area ad altissima fertilità e potenzialità produttiva, dove le falde acquifere affiorano a 50 centimetri dal piano di campagna nei periodi di massima alimentazione meteorica, sarebbe causa di un vero disastro ambientale con possibili ed estesi contagi di infezioni e patologie varie in danno dei cittadini di tutti i comuni limitrofi. Il rischio di una devastazione ambientale dell'ecosistema che si è creato nei dintorni del paese è certamente insito nel pericolo di una lesione al diritto alla salute, che merita adeguata tutela.
È stata accertata sotto diversi profili l'assoluta inadeguatezza del sito per la realizzazione della discarica, perché è il Pag. 27presupposto certo di un preciso danno ambientale cui si aggiunge una serie interminabile di danni ulteriori a tutto il comparto agricolo individuato dal disciplinare del consorzio a tutela di bufala campana come territorio per la produzione del formaggio a marchio «DOP».
Dai fatti sopra esposti si evidenzia un disinvolto e disattento uso del potere emergenziale e derogatorio. Per vero, anche in situazioni di emergenza che richiedono l'apertura di una discarica, l'ubicazione della stessa non può essere disposta in deroga alle prescrizioni poste a specifica garanzia degli stessi interessi pubblici, prioritari e non disponibili, cui gli interventi urgenti per lo smaltimento dei rifiuti dovrebbero ovviare.
Si richiede se i Ministri interpellati non ritengano di verificare la sussistenza di quanto anzi premesso e, se confermato, non ritengano opportuno disporre quanto necessario alla tutela della salute dei cittadini adottando provvedimenti d'indirizzo volti alla localizzazione delle discariche in zone, improduttive e sterili, prive di pregio naturalistico.
Si chiede anche di sapere se i Ministri non ritengano inoltre di accertare i criteri tecnici e le indicazioni seguite dal prefetto Pansa per l'individuazione dei terreni confiscati alla criminalità organizzata per la localizzazione della discarica provinciale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, rispondo ai quesiti posti dall'onorevole Zinzi concernenti la presunta inadeguatezza del sito per la realizzazione della discarica nel territorio del comune di Pignataro riportando quanto espresso dal Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella regione Campania con nota n. 31239 del 17 dicembre scorso.
Innanzitutto, tengo a precisare che un gruppo di lavoro istituito dal dipartimento nazionale di protezione civile e composto da rappresentanti dello stesso dipartimento del Ministero dell'ambiente, dell'APAT e della provincia di Caserta ha individuato nel 2007 una cava in calcare ubicata nel comune di Pignataro Maggiore quale sito potenzialmente idoneo alla realizzazione di una discarica provinciale di rifiuti solidi urbani.
Successivamente, nel corso di vari incontri che il commissariato del Governo per l'emergenza rifiuti in Campania e le rappresentanze locali, sono stati discussi gli elementi che hanno portato a tale scelta, proponendo la realizzazione della discarica in un luogo diverso da quello precedentemente individuato e meno vicino alle abitazioni.
Con ordinanza del commissario delegato per l'emergenza rifiuti è stata istituita una commissione con il compito di esaminare la fattibilità della realizzazione del nuovo sito ubicato nel comune di Pignataro Maggiore.
Su mandato del suddetto commissariato è stata eseguita un'indagine geologica e geomorfologica dell'area e si sono acquisiti elementi utili per una valutazione preliminare della situazione idrogeologica e delle caratteristiche geotecniche del sito, al fine di determinare la fattibilità al suo interno di una discarica per rifiuti solidi urbani.
Sulla base dei risultati ottenuti dalla predetta indagine, si può concludere che la realizzazione della discarica nel sito di Ciccotito, nel comune di Pignataro Maggiore, è vincolata all'adozione delle necessarie misure progettuali imposte dalla situazione idrogeologica del sito così come descritta nel corpo della relazione di fattibilità redatta a cura della commissione, nel puntuale rispetto della normativa comunitaria e nazionale.
Le ulteriori indagini che dovranno essere sicuramente compiute permetteranno l'ottimale realizzazione dell'impianto ai fini della sicurezza dello stesso in tutte le fasi della sua vita: progettazione, esercizio, chiusura, incluso lo sfruttamento del biogas, e messa in sicurezza post mortem.
PRESIDENTE. Il deputato Zinzi ha facoltà di replicare.
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, credo che probabilmente abbiamo parlato di siti diversi.
Chiaramente non posso ritenermi soddisfatto, anzi voglio sottolineare che stiamo parlando della regione del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare. Ritengo, perciò, che a maggior ragione non si dovrebbe agire con superficialità, perché - mi consenta - non vi è stata chiarezza nella risposta che lei ha dato.
Atteso che stanno per iniziare i lavori per realizzare la discarica, lei ha fatto ancora riferimento a studi di approfondimento e di indagine che devono a tutt'oggi essere conclusi.
Voglio anche sottolineare come la situazione della Campania - sono fatti noti - sia senza via di uscita. Infatti, dodicianni di gestione commissariale hanno aggravato e non risolto l'emergenza rifiuti. Oggi ci troviamo con 100 mila quintali di rifiuti per le strade della Campania, che penso in questi giorni siano destinate ad aumentare.
Non vorrei, quindi, sottolineare ancora o immaginare che si continui con un uso disinvolto e disattento dei poteri emergenziali. Tra l'altro, ci troviamo anche in una condizione di grande sperpero di denaro pubblico. Ma per restare in provincia di Caserta e al riferimento a Pignataro e Carinola, non si comprende tra l'altro - lei si è soffermata sull'individuazione di una cava - perché si è passati dalla cava ad un'altra località. Quindi, non si comprende neanche l'assenza del presidente dell'amministrazione provinciale che, in qualità di vicecommissario per l'emergenza rifiuti, avrebbe dovuto elaborare qualche proposta seria per aiutare il commissario, il prefetto Pansa. In questo caso pare che la sua latitanza tenda a scaricare sulle decisioni del commissario tutta la responsabilità di questa situazione.
Signor Presidente, signor sottosegretario, la provincia di Caserta paga già un prezzo altissimo per l'aumento di patologie direttamente connesse all'inquinamento ambientale. Le aree menzionate, Pignataro Maggiore e Carinola, ricadono in un bacino agrozootecnico alimentare che insiste su terre ancora incontaminate, senza diossina, con acqua pulita e, soprattutto, con terreni di prima classe, da cui originano prodotti tutelati come la mozzarella di bufala e le mele annurche.
Quei terreni sono stati giudicati assolutamente inadeguati da riconosciuti scienziati, atteso che la falda idrica si trova ad appena 50 centimetri dal piano di campagna. Si tratta, quindi, di un terreno in cui una discarica provocherebbe certamente gravi danni.
In conclusione, si richiede di intervenire in modo consapevole, attraverso il commissario Pansa, per arrivare a scelte tecniche adeguate per individuare eventuali discariche e per evitare ulteriori disastri.
(Vicende relative al naufragio del gommone con 44 migranti avvenuto l'8 agosto 2007 tra Tunisi e Lampedusa, e iniziative per il pieno rispetto dei diritti dei migranti - n. 2-00885)
PRESIDENTE. L'onorevole Mascia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00885, concernente vicende relative al naufragio del gommone con 44 migranti avvenuto l'8 agosto 2007 tra Tunisi e Lampedusa, e iniziative per il pieno rispetto dei diritti dei migranti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, si tratta di una vicenda all'ordine del giorno nel nostro Paese, che ha coinvolto la stampa internazionale già diversi mesi fa. Si tratta di un naufragio in cui sette pescatori tunisini, l'8 agosto, hanno portato in salvataggio un gommone con a bordo 44 migranti, tra i quali undici donne e due bambini, che stavano naufragando nel Mediterraneo tra Tunisi e Lampedusa.Pag. 29
Essi hanno compiuto tale azione di salvataggio e il soccorso è avvenuto a 37 miglia da Lampedusa e a 80 miglia da Tunisi, in acque internazionali. In questo frangente, la Guardia di finanza, che aveva inizialmente intimato ai pescherecci di avvicinarsi delle acque dell'isola di Lampedusa solo dopo una visita medica (che avrebbe escluso un'emergenza sanitaria), ha intimato agli stessi pescatori di fare rotta verso le coste nordafricane, comunicando a gesti che, diversamente, sarebbero stati arrestati.
Pertanto, dalle testimonianze che si sono determinate (si tratta, infatti, di una vicenda per la quale un processo è in corso ormai da mesi), sembra che soltanto da lontano abbiano tentato di verificare se vi fossero problemi sanitari effettivi e poi hanno intimato al gommone e ai pescherecci di andarsene. I pescatori, che nel frattempo hanno verificato la salute dei migranti, hanno invece deciso di far sbarcare i naufraghi. I pescatori avevano totalmente ragione perché, poco tempo dopo, nelle ore successive, una delle due donne incinte ha partorito ed altre persone sono state ricoverate in ospedale per ragioni gravi di salute.
In ogni caso, in tutta questa vicenda, il problema consiste nel fatto che si determinano molti punti interrogativi e anche qualche violazione.
Vi sono, infatti, da una parte, il decreto interministeriale del 14 luglio 2003 e, dall'altra, la legge 25 luglio 1998, n. 286 che, all'articolo 12, facendo riferimento a queste situazioni, prevede che «non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato», nonché «l'obbligo dello Stato di cooperare per la conclusione delle operazioni di soccorso». Tutte le norme e le convenzioni internazionali - pur nell'ambito di tali accordi europei (Frontex e quant'altro) volti a contrastare gli scafisti e le organizzazioni criminali - mettono al primo posto, chiaramente, la vita umana e, quindi, l'obbligo di soccorso. Vi è inoltre la proibizione ai respingimenti collettivi, che si sarebbe determinata in un'eventualità come questa, se queste persone non fossero state soccorse e accolte a Lampedusa. Tra questi migranti, infatti, vi erano otto persone che, poi, hanno presentato richiesta d'asilo e sono state, per questa ragione, ammesse a tale procedura (parliamo di soggetti di nazionalità eritrea e sudanese, quindi con delle condizioni particolari). Ebbene, se queste persone non fossero state portate in salvo, avremmo violato anche questi principi internazionali assai importanti.
Nonostante tutto ciò, questi pescatori sono sotto processo, con l'accusa di favoreggiamento della clandestinità a scopo di lucro. Pertanto, è evidente che non solo non vi era il favoreggiamento, né lo scopo di lucro, ma, al contrario, queste persone (che in un primo momento sono state arrestate, poi sono state liberate e sono tornate nel loro Paese) oggi si trovano in condizioni di difficoltà poiché le loro imbarcazioni sono state sequestrate e la loro attività principale di vita è tuttora impedita poiché tali imbarcazioni sono ancora sotto sequestro.
Pertanto, le nostre domande sono molteplici. La prima riguarda l'atteggiamento delle nostre Forze dell'ordine: perché non hanno accompagnato e favorito questo sbarco? Al contrario, si sono determinate queste situazioni, peraltro, in qualche modo confermate durante le udienze del processo. Infatti, le argomentazioni che sono state addotte - accusando, addirittura, questi pescherecci di speronamento - sono già state dichiarate, dal tribunale, tutte inesistenti e, quindi, non vi erano ragioni per cui le operazioni di soccorso non fossero agevolate dalle nostre forze dell'ordine. E questa è la prima questione, ossia quali sono le ragioni e quali i rapporti di cui disponiamo, dal momento che vi erano anche queste condizioni urgenti di salute.
In secondo luogo, vorrei capire cosa può fare il nostro Governo per procedere al dissequestro di queste imbarcazioni, che sono indispensabili per il lavoro e la sopravvivenza di queste famiglie tunisine.Pag. 30
Vorrei sapere cosa sia accaduto, quali rapporti siano intercorsi tra il Governo italiano e il Governo tunisino in quel frangente. I pescatori della terza imbarcazione hanno dichiarato di aver avvisato il loro Governo e che quest'ultimo avrebbe avvisato il nostro per sostenere e confermare che queste persone non erano scafisti, ma semplicemente dei pescatori. L'ambasciatore tunisino, durante l'udienza processuale, si è recato a testimoniare questa interlocuzione e, quindi, a confermare questi elementi. Pertanto, vorremmo conoscere qual è la versione del nostro Governo.
Infine, soprattutto a questo punto, si pone il problema di chiarire quali siano i compiti di tutti i soggetti che possono trovarsi in condizioni del genere in acque internazionali. Affinché la vita umana venga davvero considerata prioritaria rispetto a qualunque altra cosa e affinché le operazioni di soccorso siano un dovere per tutti, forse (e questa è una domanda che, naturalmente, attiene alla nostra legislazione) vi è bisogno di capire se è necessario procedere con norme attuative o, comunque, con procedure che chiariscano il significato dell'articolo 12 della legge n. 286 del 1998; o ancora, se vi può essere la necessità di intraprendere un'iniziativa congiunta, anche con altri Paesi, per chiarire il significato di questo decreto interministeriale del 14 luglio 2003 (che fa riferimento appunto ad una zona contigua alle acque internazionali), precisando così quali siano le competenze di controllo e di soccorso.
Questi sono elementi indispensabili perché, dopo la vicenda dei pescatori tunisini che sono stati condotti in carcere, naturalmente, qualunque altro pescatore si trovasse nella medesima situazione prima di prestare soccorso penserebbe - o può aver pensato, qualora sia già capitato nel corso di questi mesi - di tutelare in primo luogo se stesso.
Pertanto, vi sono questioni di grandissimo rilievo sia sul piano internazionale che su quello legislativo, relativamente all'interpretazione delle norme. In considerazione anche di altri episodi che si sono verificati - questo in esame non è l'unico, sebbene sia di particolare rilievo - vorremmo sapere se non sia il caso di formalizzare l'accesso delle associazioni di tutela dei diritti dei migranti nei luoghi di frontiera, perché si tratta di presenze che, anche in tale vicenda, si sono dimostrate particolarmente utili.
Infine, chiediamo se - come è previsto nel programma dell'Unione - il Governo non intenda sottoporre a ratifica del Parlamento tutti gli accordi bilaterali, compresi quelli esistenti, previa eventuale rinegoziazione nell'ambito di un'azione diplomatica generalizzata per il pieno rispetto dei diritti dei migranti, in base alla Convenzione di Ginevra e alla Convenzione dell'ONU per i diritti del fanciullo.
Come si vede, le questioni aperte sono molto numerose. Naturalmente vi dovrebbero essere diversi passaggi, anche dal punto di vista dell'iniziativa parlamentare legislativa e dell'azione di Governo. Prima di tutto, comunque, vorremmo capire meglio, almeno, come si è svolta questa vicenda. Essa può costituire un precedente sia rispetto alla vita di queste persone che sono state direttamente coinvolte, sia sulla lettura che sull'interpretazione di queste norme giuridiche di grandissimo rilievo sul piano internazionale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, innanzitutto ribadisco che il Governo italiano è impegnato ad assicurare una gestione efficace e rigorosa dei flussi migratori, nel pieno rispetto delle regole nonché dei diritti e delle tutele fondamentali da garantire a tutti gli immigrati.
Si tratta di obiettivi che non si pongono in contraddizione tra di loro, ma che fanno parte di un unico disegno, un filo conduttore mirante a tutelare e difendere i diritti e la dignità personale dei migranti, attraverso la prevenzione di tutte quelle situazioni o circostanze che possono indurre il degrado delle loro condizioni di Pag. 31vita o favorirne lo sfruttamento, il coinvolgimento nell'illegalità e l'esposizione a manifestazioni di intolleranza e razzismo. Da questo punto di vista, assicuro che l'azione delle autorità italiane è orientata al rispetto dei diritti umani dei migranti e dei potenziali richiedenti asilo, sia nelle attività in mare che in quelle a terra, ed ove previsto (oltre che di accoglienza, identificazione e intrattenimento degli stranieri) anche di allontanamento dal territorio nazionale.
Oltre tre quarti delle imbarcazioni con clandestini a bordo giunte in Italia sono soccorsi in mare nell'ambito di specifiche operazioni search and rescue, condotte in piena conformità alle fonti normative vigenti nella materia del soccorso e salvataggio in mare, dal codice della navigazione alla legge n. 147 del 1989 di ratifica della Convenzione internazionale di Amburgo sul soccorso marittimo.
Nello specifico dei fatti richiamati nell'interpellanza risulta che il centro operativo di Palermo era stato allertato dalla centrale di coordinamento soccorso marittimo di Roma, che aveva a sua volta ricevuto dal centro omologo di Tunisi la comunicazione che quel giorno, 8 agosto 2007, alle 14,15 si segnalava la presenza di un gommone con 45 migranti a bordo.
Considerato il pericolo per le persone imbarcate sul gommone, la VII squadriglia attivava tutte le misure utili al soccorso del natante tra le quali l'invio di motovedette della guardia costiera e della guardia di finanza ormeggiate nel porto di Lampedusa e il dirottamento verso il punto segnalato di nave Vega della Marina militare, già in servizio di pattugliamento nel Canale di Sicilia.
Alle ore 18,10 convergevano tutti i mezzi che ho menzionato, in particolare la motovedetta della guardia di finanza accertava la presenza di due motopesca identificati come Mohammed El Hedi, con matricola MO768, iscritto al compartimento di Monastir (Tunisia) e motopesca Mortadha, con matricola MO 865, iscritto al medesimo compartimento tunisino.
Il pattugliatore G79 verificava che a bordo dei motopescherecci vi era la presenza di numerose persone, sia uomini che donne, evidentemente non appartenenti all'equipaggio e non c'era la presenza di alcun gommone nelle vicinanze. Successivamente entrambi gli equipaggi chiedevano assistenza medica per un presunto bambino presente a bordo e bisognoso di cure urgenti.
Il procuratore della Repubblica di Agrigento ha precisato che non essendo possibile, ad oggi, stabilire con esattezza l'ora in cui i migranti sono stati tratti a bordo dei due pescherecci (la circostanza sarà stabilita all'esito della perizia disposta dal tribunale sul telefono satellitare rinvenuto in uno dei motopescherecci) non è neppure possibile stabilire se, in quel frangente, l'autorità tunisina fosse già stata allertata.
Va ricordato che nell'azione delle unità militari italiane e della guardia costiera ci si attiene ad una prassi costante del rispetto primario del principio di salvaguardia della vita umana in mare e quindi le operazioni di salvataggio vengono disposte con assoluta priorità. Analogo principio viene applicato nelle azioni di pattugliamento congiunto che sono condotte dall'agenzia europea di controllo delle frontiere esterne (Frontex).
A seguito della richiesta di assistenza sanitaria avanzata dai marittimi tunisini in favore di un bambino, il medico della nave militare italiana è salito a bordo di entrambi i pescherecci per verificare le condizioni di salute dei presenti, che non presentavano patologie di emergenza.
Non sussistendo quindi i presupposti di emergenza per un soccorso umanitario il responsabile della guardia costiera ha invitato gli equipaggi delle due imbarcazioni a dirigersi verso le acque territoriali tunisine. Nonostante l'invito, le stesse hanno proseguito nella navigazione verso il nostro Paese giungendo a Lampedusa.
Il procuratore della Repubblica di Agrigento, avendo constatato la flagranza del reato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, ha disposto l'arresto dei sette uomini dell'equipaggio dei due natanti ed il sequestro di questi ultimi.Pag. 32
A bordo delle imbarcazioni non è stato rinvenuto alcun tipo di attrezzo per la pesca, né esche, né tanto meno prodotti ittici, nonostante la dichiarazione di un membro dell'equipaggio che si era definito pescatore.
Il procedimento penale è tuttora pendente presso il tribunale di Agrigento ed è stato rinviato all'udienza del 7 gennaio 2008 per il seguito dell'istruttoria dibattimentale. È al riguardo opportuno sottolineare come il dissequestro delle imbarcazioni sia rimesso alla competenza dell'autorità giudiziaria trattandosi, in particolare, di sequestro probatorio.
I quarantaquattro migranti clandestini rintracciati a bordo delle imbarcazioni, dopo essere stati visitati dal personale dell'organizzazione «Medici senza frontiere» ed avere ricevuto le cure necessarie, sono stati accompagnati presso il centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa per le procedure di prima identificazione e successivamente trasferiti presso il centro di prima accoglienza di Crotone dove sedici di loro, cittadini extracomunitari, hanno formalizzato istanza di asilo politico.
Un cittadino marocchino ed uno sudanese sono stati trattenuti presso il centro di permanenza temporanea ed assistenza di Caltanissetta per esigenze connesse al procedimento penale in corso.
Il 10 settembre scorso il tribunale di Agrigento, nel valutare l'istanza di revoca della custodia cautelare in carcere presentata dai sette cittadini tunisini, ha disposto l'immediata liberazione di cinque di essi, non avendo riscontrato gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
La decisione dell'autorità giudiziaria è peraltro legata alla considerazione che i cinque scarcerati erano semplici componenti dell'equipaggio e, pertanto, non avrebbero potuto influire sulle decisioni assunte dai due comandanti di dirigersi verso le coste italiane; nei confronti di questi ultimi è stata confermata la misura cautelare, commutata negli arresti domiciliari.
Il Ministero dell'interno sta dedicando la massima attenzione alle problematiche connesse all'immigrazione per un governo efficace e rigoroso dei flussi migratori, nel rispetto della normativa attualmente vigente e dei diritti fondamentali da garantire a tutti gli immigrati. Le coste meridionali del nostro Paese, in modo particolare quelle siciliane e calabresi, e più recentemente quelle della Sardegna, sono state interessate in questi ultimi anni da flussi consistenti di immigrazione che hanno reso necessario mettere in piedi un sistema di accoglienza articolato in diverse tipologie di strutture, a seconda del tipo di soggetti ospitati o della particolarità del servizio offerto.
Nonostante le difficoltà logistiche, in ogni caso, a fronte di situazioni di emergenza, viene data priorità assoluta al salvataggio della vita umana, offrendo, nel contempo, la prima assistenza alla persona. Questo criterio viene applicato in primo luogo a Lampedusa, ma anche in altre parti della costa siciliana, dove per gran parte dell'anno continuano ad arrivare, a cadenza pressappoco giornaliera, imbarcazioni che trasportano stranieri in condizioni di alto rischio per la sicurezza, che spesso versano in condizioni di salute precarie.
L'isola di Lampedusa è stata negli ultimi anni particolarmente esposta a flussi migratori che ne hanno fatto una delle principali porte di ingresso in Europa per l'immigrazione clandestina. È stato riqualificato così il centro, che è divenuto da centro di permanenza temporanea un centro di soccorso e prima accoglienza, ed è stato consentito agli extracomunitari così sbarcati di sostare nella struttura il tempo strettamente necessario per ricevere la prima assistenza di carattere umanitario e socio-sanitario ed essere successivamente trasferiti in altre strutture, a seconda della posizione giuridica di ciascuno.
Per quanto concerne il profilo dell'assistenza sanitaria, a Lampedusa da anni ormai viene assicurato ai migranti irregolari che raggiungono l'isola un'assistenza sanitaria che consiste in un primo triage sanitario sul molo, all'atto dello sbarco, a Pag. 33cura di personale medico-infermieristico, supportato da mediatori culturali appartenenti all'organizzazione «Medici senza frontiere», con cui è stata stipulata un'apposita convenzione di collaborazione.
Specifica attenzione viene dedicata alle indicazioni terapeutiche offerte dalla medicina transculturale, di cui il personale di «Medici senza frontiere» è particolarmente esperto. Detto personale, effettuata una prima sommaria valutazione delle condizioni fisiche e psichiche dei migranti, può disporre la somministrazione di farmaci di primo soccorso e, nel caso di patologie più gravi o in situazioni emergenziali, dispone l'invio dei pazienti al poliambulatorio dell'isola.
All'interno del centro di Lampedusa è presente il presidio medico-infermieristico dell'ente gestore, il cui dimensionamento in termini di operatori/ospiti e relativi turni orari di presenza è regolato sulla base dello schema di capitolato unico di appalto per la gestione dei centri di permanenza temporanea ed assistenza e di accoglienza per immigrati irregolari, che è stato recentemente rinnovato ed approvato con decreto del Ministro in data 8 ottobre 2007.
Presso il predetto centro viene effettuata una prima visita medica, all'atto dell'ingresso, con raccolta dell'anamnesi clinica del migrante e la compilazione di una cartella clinica nominativa, la cui gestione deve rispettare le vigenti norme in tema di trattamento dei dati sensibili.
Per quanto riguarda l'accesso delle organizzazioni di tutela dei migranti ai centri per immigrati, presso il centro di Lampedusa sono operativi i presidi dell'ACNUR, della Croce Rossa Italiana e dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni, con i quali il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ha sottoscritto, sin dal 23 febbraio 2006, singole convenzioni bilaterali nell'ambito del progetto comunitario Argo 2005, che si è concluso lo scorso 28 febbraio. In virtù degli ottimi risultati raggiunti, la Commissione europea ha rinnovato il finanziamento del programma Argo 2006, dal 1 marzo 2007 al 1o marzo 2008, per il prosieguo del progetto denominato Praesidium II - Consolidamento delle capacità di accoglienza rispetto ai flussi migratori che interessano l'isola di Lampedusa ed altri punti strategici di frontiera sulle coste siciliane. In tal modo, si estende il raggio di attività delle tre organizzazioni anche ad altri centri di accoglienza per immigrati irregolari della Sicilia, quali Trapani, Caltanissetta, Siracusa, con possibilità di intervenire sulle coste interessate da eventuali sbarchi clandestini. In base a tale iniziativa le tre organizzazioni suddette prestano il proprio contributo per potenziare il sistema di accoglienza di migranti irregolari, e, nello specifico, per fornire un primo orientamento legale ai migranti, comprensivo di un supporto informativo sulla legislazione italiana in tema di immigrazione clandestina, tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù, nonché sulle procedure di ingresso regolare in Italia. Vengono, inoltre, illustrate le possibilità del ritorno volontario o concordato nel Paese di origine e nello stesso tempo vengono individuati i gruppi vulnerabili ai fini dell'adozione di opportune iniziative di tutela. Sull'attività svolta è assicurato un costante monitoraggio, con particolare attenzione alla conformità ed al rispetto dei diritti umani.
È in corso di approvazione, da parte della Commissione europea, il progetto Praesidium III, che entrerà in vigore il 10 marzo 2008, con scadenza 2009 e che amplierà il raggio di intervento delle tre organizzazioni, oltre alla Sicilia e alla Calabria, anche alla Puglia e alla Sardegna. Il Ministero dell'interno, per contribuire alla creazione di un diritto di asilo comune a livello europeo, opera nello spirito delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere: si fa riferimento, in questo ambito, ai testi normativi approntati per il recepimento delle direttive comunitarie 2004/83/CE, recante «Norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezionePag. 34 riconosciuta» e 2005/85/CE, concernente «Norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato». Inoltre il Ministero dell'interno, in attuazione di apposite deleghe, ha predisposto due schemi di decreto legislativo, che sono stati approvati in via definitiva dal Consiglio dei ministri lo scorso 9 novembre. Tali provvedimenti introdurranno una disciplina sistematica e completa in materia di asilo, da intendersi riferita al riconoscimento dello status di rifugiato o di persona soggetta alla protezione sussidiaria, basata sull'applicazione della Convenzione di Ginevra, come integrata dal Protocollo di New York. Infine, eventuali istanze di modifica alla vigente disciplina in materia di immigrazione, com'è noto a questo ramo del Parlamento, potranno essere approfondite in occasione dell'esame da parte del Parlamento del disegno di legge recante «Delega al Governo per la modifica della disciplina dell'immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero». Si tratta di disposizioni che, com'è stato ancora detto ieri dal Ministro Amato, il Governo auspica vengano al più presto tradotte in legge.
PRESIDENTE. La deputata Amici, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
SESA AMICI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Lucidi per la sua dettagliata risposta in ordine alla quale, però, vi sono due livelli da analizzare. Da un lato vi è la richiesta molto specifica e dettagliata, formulata nell'interpellanza; dall'altro, invece, il sottosegretario Lucidi ha esposto un vasto ragionamento intorno alla condizione del cittadino straniero, sui flussi migratori e sul funzionamento delle associazioni. Credo si tratti di dati importanti ma che non riguardano, nella fattispecie, le richieste specifiche oggetto dell'interpellanza. Ritengo sia doveroso affermarlo, poiché siamo completamente insoddisfatti della risposta, dato che non vi è stato alcuno sforzo di fornire elementi chiari in ordine al merito delle questioni poste e i tre quesiti oggetto di questa interpellanza urgente continuano a rimanere dubbi. Pertanto, anche luce di ciò, è intenzione degli stessi interpellanti ripetere tale strumento di sindacato ispettivo, aggiornandolo alla luce di alcune delle indicazioni contenute nella risposta, che ci sembrano ancora del tutto ingiustificabili e comunque non comprensibili.
Intendo, in particolare, concentrare la mia attenzione su due questioni: la prima riguarda i ricoveri. Essi sono stati molti di più e pertanto non è vero che nello svolgimento di tale vicenda non vi è stato neanche un aspetto concernente la salute delle persone che si trovavano nei pescherecci. La seconda questione è che anche nella vicenda pendente di fronte al tribunale (ai cui esiti ci atteniamo), risulta che lunedì 10 settembre è stata concessa la liberazione di cinque dei sette pescatori tunisini, così come confermato dal sottosegretario Lucidi, mentre i due capitani delle navi sono state trattenuti agli arresti domiciliari, con l'obbligo di non lasciare la Sicilia. Successivamente, il 21 settembre 2007, il tribunale del riesame di Palermo ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, disponendo l'immediata liberazione dei due comandanti. Questo è un elemento non chiaro nella risposta del sottosegretario e credo sia opportuno, ancora una volta, interrogarci a fondo in ordine a quanto avvenuto la notte dell'8 agosto.
Il terzo elemento, sul quale non possiamo dichiararci soddisfatti riguarda temi che attengono non solo alla disciplina dei flussi migratori e al semplice richiamo alla tutela e alla salvaguardia della difesa umana. Il punto, sottosegretario Lucidi, è che abbiamo chiesto quali iniziative si intendono assumere rispetto ad alcune leggi già esistenti, a partire dal testo unico sull'immigrazione, che riguarda fondamentalmente il decreto relativo alla cosiddetta zona contigua alle acque territoriali. È necessario capire cosa si intende per zona contigua, perché altrimenti anche l'intimazione ad allontanarsi dall'area di Lampedusa e ad andare verso le zone Pag. 35africane rende tale elemento non semplicemente rinvenibile nel codice della navigazione ma ambiguo, perché non è chiaro nelle sue disposizioni attuative. L'altro elemento è che la stessa norma di interpretazione dell'articolo 12 del testo unico non è soddisfacente perché non fa luce sulla predetta strana zona d'ombra fra difesa della tutela del soccorso umanitario e l'idea che se le persone sono accompagnate diventano clandestine. Ciò era quanto gli interroganti chiedevano. In ordine a tale punti la risposta non è stata soddisfacente. Mi permetta di dirlo con estrema franchezza, credo che costituisca un dovere da parte del Governo, nel rispetto delle sue prerogative, ma soprattutto di quelle dei parlamentari che sottopongono ad esso le interpellanze, fornire risposte che intervengano in maniera positiva o negativa rispetto ai precisi quesiti posti, altrimenti anche gli strumenti di sindacato ispettivo diventano una ritualità di cui si potrebbe fare anche a meno.
Voglio sollevare un'ultima questione in ordine alla vicenda dei pescherecci sequestrati. È evidente anche agli interpellanti che tale aspetto riveste competenze di tipo giurisdizionale. Ma è anche chiaro che, alla luce di una vicenda che già il tribunale del riesame rileva come contraddittoria, tale elemento determini una situazione di ineguaglianza profonda. È del tutto evidente che non siamo dinanzi ad un'operazione volta ad introdurre nel nostro territorio clandestini, ma ad un soccorso in acque internazionali all'interno dell'area d'ombra rappresentata dalla zona contigua, nelle cui acque è realmente avvenuto un intervento di tipo umanitario. In secondo luogo, si è dimostrato che si trattava di pescherecci e lo stesso Governo di Tunisi ha interloquito con il Governo italiano.
Già di per sé, questo darebbe ragione agli interpellanti per chiedere con maggiore efficacia ed efficienza un intervento del Governo italiano anche nei confronti delle questioni da noi sottoposte, affinché si arrivi alla definizione più rapida possibile della situazione, per non costituire un precedente e, soprattutto, per non dare l'idea che sulle politiche dell'immigrazione si usano due pesi e due misure. È, infatti, necessario avere una linea netta e chiara a favore delle operazioni verso i clandestini, ed anche a favore di chi oggi viene nel nostro Paese e, talvolta, inoltra anche richiesta d'asilo. Ciò testimonia che nelle vicende legate all'immigrazione la complessità può essere semplicemente assunta come un elemento per un intervento politico efficace e non semplicemente per negarne l'evidenza (Applausi della deputata Mascia).
PRESIDENTE. Chiedo scusa ai colleghi del Governo e agli altri colleghi deputati presenti, ma, per un inderogabile impegno istituzionale del Presidente, dobbiamo sospendere la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.
La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,30.